Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 104 del 26/2/2002
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(Assassinio della giornalista Cutuli - n. 3-00460)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, signora Boniver, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Spini n. 3-00460 (vedi l'allegato A - Interrogazioni sezione 3).

MARGHERITA BONIVER, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. La ringrazio, signor Presidente. Vorrei in primo luogo ricordare la dinamica dei fatti relativi alla drammaticissima morte di Maria Grazia Cutuli e dei suoi colleghi di lavoro.
La mattina del 19 novembre 2001, all'unità di crisi del Ministero degli affari esteri giungeva una prima segnalazione: un convoglio composto di diversi automezzi, sui quali viaggiavano in tutto una quindicina di persone, era stato attaccato da un gruppo di uomini armati a circa 90 chilometri dalla capitale Kabul, in località Pouli-es-the-Kam. Veniva, in particolare, fatto presente che gli occupanti della prima vettura erano stati costretti a scendere, mentre gli altri autoveicoli riuscivano a fuggire. Sull'autovettura bloccata si trovavano la nostra Maria Grazia Cutuli, del Corriere della sera, l'inviato del giornale spagnolo El Mundo, Julio Fuentes, un corrispondente dell'agenzia Reuters di nazionalità australiana ed un fotografo afgano. Secondo quanto riferito dall'autista del gruppo, che è riuscito a sfuggire agli assalitori, i quattro giornalisti sono stati immediatamente uccisi.
L'unità di crisi, al fine di acquisire tutte le informazioni disponibili, attivava immediatamente la nostra ambasciata in Pakistan, all'epoca competente anche per l'Afghanistan, nonché la Croce rossa internazionale a Kabul. Nel tardo pomeriggio del 19 novembre, giungeva purtroppo la conferma dell'accaduto; infatti, si erano sparse delle voci per cui si sperava che la Cutuli fosse ancora viva; voci che, purtroppo, non corrispondevano al vero.
Il 20 novembre, la Croce rossa internazionale riusciva a recuperare i quattro corpi, che venivano trasportati nella vicina località afgana di Jalalabad: qui, in una struttura sanitaria locale, veniva effettuato un primo riconoscimento formale dell'identità delle vittime. Il 21 novembre, le salme venivano trasportate all'ospedale della cittadina di Peshawar in Pakistan e, successivamente, nella capitale Islamabad. Il 22 novembre i corpi di Maria Grazia Cutuli e di Julio Fuentes rientravano in Italia a bordo di un aereo dell'aeronautica militare italiana, messo a disposizione dal nostro Governo. Sullo stesso volo viaggiavano alcuni familiari degli scomparsi, i direttori delle due testate giornalistiche ed alcuni colleghi.
Il Ministero degli affari esteri, dall'inizio della crisi afgana, aveva emanato diversi comunicati facenti stato dell'estrema pericolosità di recarsi nel paese, in considerazione del conflitto in corso. Tali comunicazioni erano state indirizzate direttamente ai giornali e agli organi di informazione italiani attraverso il servizio


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stampa e pubblicate anche sul sito Internet del ministero. Gli avvertimenti sono stati più volte ribaditi nel corso del tempo, al fine di assicurare la massima diffusione in tutti gli ambienti interessati.
La procura della Repubblica di Roma ha avviato un'indagine sull'omicidio.
Il Ministero degli affari esteri, anche tramite l'ambasciata d'Italia, recentemente riaperta a Kabul, sta appoggiando gli sforzi delle competenti autorità giudiziarie e di polizia nello svolgimento delle indagini su questo caso.
Peraltro, si deve notare che non esistono accordi di cooperazione giudiziaria con l'Afghanistan - ove il sistema giuridico è ancora assolutamente confuso - e che l'acquisizione di elementi probatori richiede la collaborazione della controparte afgana. In stretto collegamento con le autorità giudiziarie italiane, nel rispetto dei principi della separazione dei poteri e della sovranità territoriale, si stanno concordando le iniziative da intraprendere per agevolare l'acquisizione e la trasmissione di elementi informativi e probatori ai magistrati italiani.
Il Governo italiano sta esercitando una costante azione sul neoistituito Governo afgano - sull'autorità interinale - affinché i responsabili di questo efferato delitto vengano assicurati alla giustizia. In questo senso, si è attivato recentemente l'ambasciatore d'Italia a Kabul, Giorgi, dal momento del suo arrivo. Io stessa, in occasione della mia visita nella capitale afgana, pochi giorni dopo l'insediamento dell'autorità interinale, ossia a metà dicembre, ho sensibilizzato, con riferimento a tale questione, il ministro degli interni Quanooni, nel corso dei colloqui avuti, sia con lui sia con il Presidente ad interim Karzai. In cambio, ho ricevuto assicurazioni sul massimo impegno di quelle autorità afgane. Sono stata inoltre informata che avevano già dato disposizioni per la costituzione addirittura di tre commissioni d'inchiesta per fare chiarezza sull'accaduto.
Com'è noto, nei giorni scorsi un risultato è stato ottenuto: si è arrivati all'arresto di un sospetto - un miliziano talebano - che potrebbe essere stato coinvolto nell'omicidio e che viene attualmente interrogato - naturalmente è agli arresti - dalla polizia locale.
Il Governo italiano - come è ovvio e doveroso - intende continuare a seguire con la massima attenzione l'evolversi delle indagini su questo caso drammatico.

PRESIDENTE. L'onorevole Spini ha facoltà di replicare.

VALDO SPINI. Signor Presidente, signora sottosegretario Boniver, prendo la parola in quest'aula per chiedere che sia fatta giustizia sulla morte di Maria Grazia Cutuli e dei suoi tre colleghi. Prendo la parola anche per un altro motivo. Cinquantatré persone, tra giornalisti e lavoratori per i media, sono state uccise nel 2000 e settantuno nel 1999. Per quanto riguarda il 2001, si contano, per il momento, trentatré persone. L'ultimo caso riguarda il corrispondente del Wall Street Journal, Daniel Pearl, assassinato in Pakistan.
Una cosa è chiara. Poiché non possiamo pensare di mettere i giornalisti sotto scorta, limitare la loro libertà di movimento e quant'altro - perché i giornalisti lavorano per noi, per darci in tempo reale, nel tempo più breve possibile, notizie ed informazioni di prima mano sui luoghi di conflitto armato e di tensione - dobbiamo dare degli esempi: chi uccide i giornalisti deve essere assicurato alla giustizia, processato equamente e, se riconosciuto colpevole, punito.
Sono soddisfatto, quindi, della risposta del sottosegretario Boniver ma ad una condizione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è imminente il viaggio in Afghanistan di un uomo di Governo autorevole, il ministro della difesa, Antonio Martino. È vero ciò che il sottosegretario ha dichiarato, ossia che il 15 febbraio il ministro dell'interno Quanooni aveva annunciato il fermo di un sospetto (secondo il Corriere della sera, tale Mohamed Taher). Tuttavia, secondo notizie giornalistiche che mi sono giunte, questo sospetto sarebbe già stato rilasciato. Allora, ciò che vorrei comprendere è questo: è vero che non ci


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sono accordi di collaborazione e che non c'è l'Interpol. È anche vero che la magistratura italiana, le forze di polizia italiane, il Ministero degli esteri si stanno muovendo molto alacremente. Ma credo che, a questo punto, il viaggio di un uomo di Governo così importante come l'onorevole Martino debba rappresentare l'occasione per mettere il Governo di Karzai di fronte alle sue responsabilità.
Secondo le voci giornalistiche e gli articoli che abbiamo raccolto, potrebbe trattarsi di rapinatori, di bande talebane che diventano ex talebane e che magari cercano copertura presso qualche signore della guerra, anche della nuova, attuale situazione. Credo che, per un dovere morale degli italiani nei confronti di questa coraggiosa giornalista, Maria Grazia Cutuli del Corriere della sera, e degli altri tre compagni che le sono stati purtroppo colleghi, anche nelle sventura e nell'uccisione, in questo contesto, in cui sembra che i giornalisti siano diventati, in qualche modo, la parte debole di queste vicende, sia necessario un particolare impegno.
Sarà anche un fatto di rilievo internazionale per l'Italia, perché mi risulta che le altre due inchieste aperte dal Governo australiano e da quello spagnolo si siano arenate per mancanza di competenza (le inchieste ancora in corso, quindi, sono quella italiana, condotta alacremente, e quella afghana). Se riusciremo a fare giustizia per Maria Grazia Cutuli, cioè se riusciremo a spingere affinché giustizia venga fatta, avremo compiuto un'azione di rilievo internazionale anche per quanto riguarda gli altri caduti (ho ricordato, appunto, il caso di Daniel Pearl del Wall Street Journal).
I testimoni ci sono (ormai questo è apparso chiaro): vanno incoraggiati, vanno sostenuti nella loro volontà di poter arrivare a dare testimonianza su quanto è accaduto. Dobbiamo assolutamente fare chiarezza, nel più breve tempo possibile, su quale sia la situazione reale anche per quanto concerne i sospetti: nessuno vuole - per carità! - il colpevole a tutti i costi, perché anche un tale modo di agire sarebbe sbagliato; però, è evidente che se, come pare, sono stati trovati il computer della giornalista e gli occhiali da sole di un'altra vittima, una pista evidentemente è aperta!
Credo che il Governo italiano, proprio per l'impegno forte che ha assunto in Afghanistan, dal punto di vista militare come da quello, umanitario, di ricostruzione civile, abbia la possibilità di svolgere un'azione efficace (ricordiamo la visita alla Camera, in quest'aula, del Primo ministro Karzai).
Questo dibattito deve servire a confortarci e a stimolarci reciprocamente - Governo e Parlamento - a non mollare la presa, a fare in modo di assicurare alla giustizia i feroci assassini di Maria Grazia Cutuli e dei suoi colleghi: sul giornalista non si può fare una specie di tiro al piccione, neanche in occasione di conflitti; su di lui non si può esercitare violenza e sopraffazione né, tantomeno, si può ucciderlo!

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Spini, per queste sue parole.

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