Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 63 del 15/11/2001
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Seguito della discussione del disegno di legge: S. 633 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, recante interventi urgenti in materia di spesa sanitaria (approvato dal Senato) (1876) (ore 14,13).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, recante interventi urgenti in materia di spesa sanitaria.
Ricordo che, nella seduta di ieri, il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti ed articoli aggiuntivi dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A del resoconto della seduta di ieri - A. C. 1876 sezione 1).

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - A.C. 1876)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.

CHIARA MORONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, annuncio il voto favorevole del Nuovo PSI. Questo decreto va nel senso della riforma federalista che i cittadini italiani hanno liberamente votato e sancisce un accordo, stipulato lo scorso 8 agosto, fra lo Stato e le regioni, un accordo voluto intensamente da queste ultime e firmato, all'unanimità, da regioni governate da entrambi gli schieramenti politici rappresentati in questo Parlamento.


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Le regioni ci chiedono di avere più autonomia in materia di programmazione sanitaria. Trasferire loro competenze significa costruire una sanità più vicina alle esigenze della popolazione e del territorio. È evidente che il trasferimento di competenze non può essere disgiunto da una responsabilizzazione delle regioni stesse per quel che riguarda il contenimento della spesa sanitaria e l'utilizzo delle risorse erogate dallo Stato.
È altrettanto chiaro che, quando chiediamo alle regioni di responsabilizzarsi sulla spesa sanitaria e sul contenimento degli sprechi, dobbiamo dare loro i mezzi per adottare misure atte a questo contenimento.
In uno Stato moderno non è più pensabile un assistenzialismo disposto a pagare a piè di lista. È necessario favorire la diffusione di una nuova coscienza civile, che si pone il problema della necessità del contenimento della spesa sanitaria e della riduzione degli sprechi.
Durante il dibattito parlamentare, è spesso emerso il concetto secondo il quale questo decreto-legge andrebbe nel senso di uno smantellamento del sistema sanitario nazionale pubblico in favore di una sanità quasi esclusivamente privata.
Il diritto alla salute è un diritto fondamentale dei cittadini, sancito dall'articolo 32 della nostra Carta costituzionale. Tale diritto deve poter essere esercitato in modo pieno ed omogeneo da tutti i cittadini dello Stato con uguali garanzie e livelli di assistenza e facile reperibilità dei servizi.
La tutela della salute è il primo dovere dello Stato sociale. Se il decreto-legge in esame andasse nel senso di una limitazione o di una riduzione di questo diritto, noi socialisti - che siamo una forza politica, per sua natura, molto attenta al sociale - non lo voteremmo.
Certamente, ci auguriamo che il Governo vorrà accogliere le proposte che noi, insieme alla maggioranza, abbiamo presentato sotto forma di ordini del giorno, coinvolgendo le Commissioni parlamentari competenti nella definizione dei livelli essenziali di assistenza e stabilendo criteri generali e linee guida alle quali le regioni possono fare riferimento nella definizione di modelli gestionali e nell'adozione di misure per il contenimento della spesa, in ordine alla necessità di impedire la nascita di tanti sistemi sanitari diversi quante sono le regioni. Non garantirebbe ciò l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte al bisogno di salute.
Ci auguriamo che il Governo, con le opportune specifiche, introduca e rivaluti il ruolo della professione del farmacista come intermediario fra il farmaco e i cittadini. Sicuri che questi nostri suggerimenti sono già nella volontà del Governo, confermiamo il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Nuovo PSI, di Forza Italia e della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Detomas. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE DETOMAS. Signor Presidente, con un certo sconcerto abbiamo preso atto del fatto che si è voluta porre la questione di fiducia su un provvedimento che riveste grande importanza e sul quale anche noi - come parlamentari trentini e sudtirolesi del gruppo Misto-Minoranze linguistiche e come rappresentanti di regioni a statuto speciale - avevamo inteso apportare dei miglioramenti con la proposizione di alcuni emendamenti attinenti soprattutto alle questioni istituzionali intese a salvaguardare le prerogative costituzionali e statutarie delle nostre regioni.
Lo sconcerto, però, a nostro avviso, è condiviso anche da molti osservatori politici e, credo, dal paese intero. Tale sconcerto deriva da un'analisi oggettiva dei rapporti politici, anche numerici, delle forze presenti in Parlamento.
Ci si chiede il motivo per cui, con questi numeri, si pone la questione di fiducia. È forse per mascherare una debolezza intrinseca di questa maggioranza o, semplicemente, per sottrarre a un sereno dibattito parlamentare un argomento, come quello della sanità, che interessa


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larghi strati della popolazione? Se il motivo fosse quest'ultimo, si dovrebbe pensare ad un atteggiamento di arroganza politica, francamente inaccettabile.
Signor Presidente, abbiamo assistito, in questi giorni ed in questi mesi, ad una compressione del ruolo del Parlamento schiacciato dall'azione di un Governo che, a Costituzione invariata, ha sostanzialmente stravolto i rapporti istituzionali nel nostro paese.
Credo che anche il politologo Fabbrini, nelle sue analisi, dovrà aggiornare le categorie dei diversi tipi di Governo che si sono succeduti in Italia. Si sta pericolosamente consolidando una prassi che si avvicina molto ad un semipresidenzialismo. Non solo, la costante blindatura dei provvedimenti ad opera del Governo sta trasformando, nei fatti, il nostro bicameralismo perfetto in un monocameralismo anomalo. Ciò è tanto più grave se si pensa quali responsabilità l'attuale maggioranza abbia nella mancata approvazione, nel corso della XIII legislatura, delle riforme istituzionali che avrebbero consentito a questo paese di avere istituzioni più efficaci, più moderne e, soprattutto, rispettose della Costituzione.
Credo che una certa insofferenza sul «nuovo» ruolo del Parlamento serpeggi anche tra i banchi della maggioranza. L'auspicio è che non si voglia proseguire a lungo in questa prassi pericolosa che, se portata alle estreme conseguenze, potrebbe diventare addirittura eversiva.
Nel merito del provvedimento rilevo la presenza di una grande preoccupazione che spingerà sicuramente le province autonome a sollevare la questione di legittimità costituzionale su alcune parti di questo provvedimento. Mi riferisco, in particolare, all'articolo 1, comma 4, che introduce l'obbligo di concordare con il ministro dell'economia il livello di spese correnti e dei relativi pagamenti per il triennio 2002-2004. Se ciò può avere un senso per le regioni che attingono ai fondi statali, questo è assolutamente assurdo per regioni come la Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano che provvedono, dal 1994, al finanziamento del servizio sanitario locale senza alcun onere a carico del bilancio dello Stato utilizzando, in sostanza, le risorse dei propri bilanci. Questo principio è stato riconosciuto anche nelle leggi finanziarie del 1996 e del 1998 escludendo l'applicazione delle norme sanitarie statali in ragione, appunto, dell'autofinanziamento.
Sorprende che questo Governo di centrodestra, che ha assicurato di voler dare più spazio all'autonomia gestionale delle regioni in materia di sanità, intenda ora ingerirsi nelle decisioni di spesa totalmente autofinanziata dalle autonomie speciali.
Vi è anche un altro passaggio che preoccupa fortemente le nostre realtà. Richiamo, in particolare, l'attenzione dei colleghi sull'articolo 12 di questo decreto-legge che, a nostro giudizio, è palesemente incostituzionale quando dichiara che i principi desumibili dal presente decreto costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica. Ebbene, voglio in questa sede ricordare la giurisprudenza della Corte che più volte ha sottolineato che il carattere di norme fondamentali deve essere riconosciuto esclusivamente a principi fondamentali enunciati.
È per questo, signor Presidente, che esprimiamo la nostra preoccupazione ed annunciamo il voto contrario dei parlamentari trentini e sudtirolesi del gruppo delle minoranze linguistiche (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Minoranze linguistiche, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, esprimo a nome del gruppo dei Verdi una contrarietà netta alla richiesta di fiducia del Governo sul provvedimento «taglia-sanità».
Con la richiesta di fiducia, infatti, si impedisce al Parlamento di svolgere il proprio ruolo, si imbavaglia l'opposizione che, con emendamenti puntuali, intendeva,


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quantomeno, ridurre il danno di un decreto-legge che «piccona» il sistema sanitario nazionale, che affronta con fare ragionieristico la salute, uno dei beni che più stanno a cuore ai cittadini ed alle cittadine, ed attacca la Costituzione in più parti. Con la scusa di controllare e ridurre la spesa sanitaria e farmaceutica, infatti, si tradiscono i principi costituzionali di fondo di giustizia, equità e solidarietà cui si deve ispirare un moderno ed efficiente sistema di welfare e che sono stati recepiti nella normativa elaborata dal Governo e dalla maggioranza precedenti.
Qui si prende una altra strada. In primo luogo, si prevede un fondo sanitario che rimane ancora al di sotto della media europea. Poi, si pretende di fissare un tetto inattuabile della spesa farmaceutica pari al 13 per cento; si reintroducono i ticket anche sulle prestazioni diagnostiche specialistiche; si smantella il sistema sanitario pubblico dando il via a sperimentazioni pubblico-private, anche dove le cose funzionano benissimo.
Negli ospedali, inoltre vengono ridotti posti letto per malati acuti, senza preoccuparsi di garantire i servizi territoriali e l'assistenza domiciliare in grado di coadiuvare le famiglie, specie le più povere, nella gravosa assistenza di disabili ed anziani a carico.
Si obbligano le regioni a ripianare i disavanzi facendo pagare i ticket agli utenti, aumentando loro le tasse (ecco dove va a finire il tanto sbandierato sostegno alle famiglie, la diminuzione delle tasse e l'aumento delle pensioni) e, ancor prima di erogare i pochi aumenti previsti per un numero limitato di pensionati, si procede al taglio reale dei redditi, delle fasce di cittadini più bisognosi ed in stato di necessità.
È di oggi la notizia che il presidente della regione Veneto, Galan, ha annunciato un aumento del prelievo fiscale con un'addizionale IRPEF dello 0,5 per cento e l'aumento del 10 per cento della tassa automobilistica, proprio per far fronte agli impegni assunti con l'accordo Stato-regioni dell'8 agosto, che il decreto-legge al nostro esame dovrebbe recepire.
Non solo, l'uniformità dei livelli essenziali di assistenza sanitaria e farmaceutica non viene più garantita; con ostinazione e pervicacia è stato soppresso, nonostante le nostre insistenze sia al Senato che alla Camera, il concetto stesso di uniformità, uno dei capisaldi del sistema sanitario nazionale, che deve tutelare la vita del cittadino in ogni parte del paese, almeno per le prestazioni e i servizi indispensabili.
Sotto le ingannevoli spoglie della razionalizzazione e del contenimento della spesa, appare con evidenza la filosofia della politica sanitaria del Governo, che si radica in una fiducia aprioristica, assoluta e indiscriminata nella privatizzazione. Privatizzare è l'obiettivo, privato è bello, sempre e comunque, invece di essere soltanto uno degli strumenti di una politica saldamente in mano del pubblico Governo. A questo esecutivo e alla sua maggioranza, poco importa se sull'altare della privatizzazione si sacrifica l'intero Sistema sanitario nazionale che, ricordiamo, è al secondo posto nella classifica redatta nel 2000 dall'Organizzazione mondiale della sanità; poco importa se si aumentano le distanze fra regioni povere e ricche, se si disattende il patto di solidarietà contratto con tutti i cittadini, se si fanno pagare a tutti, senza distinzione di reddito, di situazione familiare e di stato di salute, i costi della sanità.
Esprimeremo, quindi, un voto contrario alla fiducia e al provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Minoranze linguistiche).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, colleghi deputati, nell'arco di alcune settimane ci troviamo nuovamente in quest'aula a discutere della questione di fiducia posta dal Governo su un provvedimento che condizionerà in maniera significativa le prestazioni sanitarie pubbliche per cittadini italiani e introdurrà nuove


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insicurezze, oltre a quelle che, in questi mesi, la crisi mondiale ha già indotto in maniera significativa.
Di fronte ad un problema così importante e a decisioni sicuramente sofferte che richiamano il senso di responsabilità dei singoli deputati e delle loro coscienze - che, in primo luogo, devono tutelare gli interessi degli elettori che rappresentano -, non è più accettabile questo metodo che coercisce continuamente la volontà di una libera espressione parlamentare.
Senza nulla togliere alla legittimità costituzionale di porre la questione di fiducia da parte dell'esecutivo, quest'ultima è, pur sempre, un'iniziativa di carattere eccezionale e non può essere accettata come strumento per interdire una normale dialettica parlamentare.
Qualche alibi viene, certamente, concesso da una certa proliferazione degli interventi di certe opposizioni, senza, peraltro, assumere fisionomie ostruzionistiche, almeno sul provvedimento al nostro esame.
Si pone, quindi, prima di una valutazione di merito sul provvedimento - che, anticipo, ritengo gravemente lesivo della capacità del servizio sanitario pubblico di rispondere efficacemente alle esigenze di tutela e promozione della salute dei cittadini, in particolare delle fasce sociali più deboli -, il problema della democrazia nel nostro Parlamento e, di conseguenza, nel paese. La democrazia non può essere progressivamente ridotta sull'onda di emergenze esterne e contingenze relative all'attività parlamentare.
Selezionate i provvedimenti legislativi, privilegiate gli interessi generali poiché, per mesi, abbiamo lavorato per pochi, mentre molti hanno atteso.
In questo senso, le prese di posizione, in queste ore, del ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, evidenziano che questa preoccupazione esiste nel Governo e anche tra i parlamentari della maggioranza.
Signor Presidente del Consiglio - che non vedo in quest'aula - l'Italia non è un'azienda privata; l'Italia è un paese civile a democrazia avanzata e non accetterà di tornare indietro sull'onda di un efficientismo tutto da dimostrare.
Vi è, poi, il merito di questo decreto-legge che non tiene minimamente conto del fatto che il nostro paese non è, di certo, tra quelli che più spendono per la salute. Vi sono strutture ospedaliere di grande qualità professionale che rinviano interventi chirurgici importanti perché mancano le risorse per acquistare quanto è necessario per gli stessi; non ci sono scorte adeguate e, quindi, si viaggia alla giornata; vi sono aziende ospedaliere che hanno ritardi nei pagamenti dei fornitori di oltre un anno e dai quali ricevano con il contagocce quanto è necessario per una normale attività; in alcuni ospedali e laboratori di analisi pubblici si rinvia, da una settimana all'altra, la consegna dei referti perché mancano i reagenti chimici indispensabili per l'esecuzione delle analisi.
Questo decreto-legge, inoltre, affronta il problema del personale in esubero, ma non fornisce risposte efficaci alla carenza di personale infermieristico professionale che, ormai, costituisce un problema di tutto il paese e non introduce alcuna misura che possa favorire almeno un parziale rimedio.
Di fronte a questa situazione, il Governo non ha voluto aumentare, anche solo di qualche punto percentuale, la ridicola tassazione del 2,5 per cento da applicarsi al rientro dei capitali illegalmente esportati. Bastava portare la tassazione a livello di quella applicata ai BOT e ai CCT per affrontare questa grave contingenza e assicurare, a questo settore fondamentale della politica pubblica, risorse indispensabili.
Vedete, signori del Governo, non basta promettere un po' più di pensione a qualcuno per dimostrare vera sensibilità sociale se, poi, si fa mancare agli stessi un servizio sanitario pubblico adeguato.
Quei cittadini che avete illuso non hanno le risorse per pagarsi l'assicurazione sanitaria privata e, tanto meno, per pagare le cliniche private che voi indicate come il futuro di una sanità efficiente.


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Per tali motivi e per altri che non richiamo, ma altrettanto importanti, i Socialisti democratici italiani, signor Presidente, negheranno la fiducia al Governo che lei presiede e che dovrebbe essere qui a difendere (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maura Cossutta. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, il tema della sanità interessa tutti, nel paese c'è grande attenzione e preoccupazione su tale questione. Dunque, è giusto che vi sia la diretta televisiva, perché i cittadini devono sapere, devono essere informati su cosa stiamo votando oggi e su quello che il Governo Berlusconi sta decidendo.
Questo è un decreto-legge che dovrebbe recepire l'accordo tra Stato-regioni, dell'8 agosto 2001, sulla spesa sanitaria. In realtà, è qualcosa di più, molto di più.
Il provvedimento va ben oltre, con conseguenze assai rilevanti per la sanità pubblica e la vita dei cittadini. Per tale motivo, l'abbiamo denominato «decreto tuffa»: tornano i ticket, aumentano le tasse, si prefigurano 21 modelli sanitari regionali, 21 prontuari farmaceutici.
Si tratta di un vero e proprio colpo di mano; infatti, prima al Senato e ora alla Camera, il decreto-legge è arrivato blindato, senza alcuna possibilità non dico di modifica, ma neppure di confronto.
Il ministro Sirchia è sempre assente, anche oggi. Dite che non c'era tempo, perché il decreto scade, ma l'argomento della fretta non sta in piedi. Infatti, persino gli uffici della Camera hanno sottolineato che, per recepire l'accordo di agosto, più che un decreto meglio sarebbe stato un articolo da introdurre nella legge finanziaria.
Invece, non soltanto avete continuato, ma, addirittura, oggi il Governo pone la fiducia. È un atto grave, è un atto di arroganza politica, è un colpo di mano per far passare, con un decreto-legge, la controriforma della sanità. Per mesi, il ministro Sirchia ha risposto, evasivo, alle nostre domande su quale fosse il programma del Governo sulla sanità; anche negli incontri con le categorie dei medici, egli ripeteva di non sentirsi in discontinuità con le scelte passate e giurava che, mai, sarebbe stato il ministro dell'affossamento del servizio sanitario nazionale. E ancora tenta di ripeterlo.
La realtà è ben altra. Oggi si dà il via libera alla sperimentazione gestionale senza regole, all'entrata dei capitali privati, alla gestione degli ospedali da parte dei privati. Si cancellano pezzi interi della riforma Bindi; si pretende che i principi ispiratori di questo decreto-legge siano, addirittura, norme fondamentali - così è scritto - di riforma economica e sociale della Repubblica. Altro che provvedimento tecnico! Perché il ministro, allora, non ha parlato chiaramente e non ha presentato un disegno di legge chiaro, di modifica del servizio sanitario nazionale, come abbiamo fatto noi del centrosinistra, nella scorsa legislatura, con un iter parlamentare trasparente, con il coinvolgimento formale di tutti i soggetti sociali, le categorie professionali e gli amministratori della sanità? Mettete la fiducia su un provvedimento blindato, perché sapete che, persino fra voi, ci sono dissensi e critiche. Non aprite un confronto in Parlamento e nel paese, perché sapete che l'opinione pubblica non vi seguirebbe.
Certo, il nostro servizio nazionale ha ancora tanti limiti e, anche, tante iniquità. Noi Comunisti italiani lo abbiamo sempre detto. Non vogliamo certo difendere l'indifendibile; anzi, proprio per difendere il sistema sanitario pubblico, dobbiamo saperlo criticare per migliorarlo: squilibri territoriali, liste di attesa, migrazione sanitaria dal sud al nord. C'è, quindi, nel paese, una percezione giusta, negativa, critica rispetto agli errori ed ai vizi che persistono nel sistema; tuttavia, c'è anche la grande consapevolezza che, comunque, questo sistema tiene e che, quando si presenta un problema serio, il servizio sanitario nazionale risponde al bisogno. C'è la memoria di che cos'erano, prima del


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servizio sanitario nazionale, le mutue; c'è la memoria della differenza di trattamento tra chi aveva l'INAM e chi la mutua dei dirigenti. C'è la consapevolezza che il servizio sanitario nazionale, con poco più di due milioni di spesa pro capite, garantisce per tutti, indipendentemente da dove si nasca o da quanto si guadagni, la possibilità di sottoporsi, per esempio, al trapianto, alla dialisi, alla terapia acuta per un infarto. Quale buono sanità potrebbe garantire tutto questo? E questo è possibile, perché il servizio sanitario nazionale è universalistico e, quindi, è finanziato dalla fiscalità generale, con imposizione progressiva: pagato da tutti e per tutti. Ed è questa la traduzione più coerente di quel patto sociale e di unità nazionale sancito dalla nostra Costituzione.
Sta proprio qui il cuore dell'attacco che voi portate al servizio sanitario nazionale con questo decreto-legge. Cosa succederà, infatti, introducendo i finanziamenti privati nel sistema? Cosa significherà ciò per i cittadini? Dove questa soluzione è già attuata, come in America, i risultati sono evidenti: aumenta l'offerta delle prestazioni, ma non, contemporaneamente, la loro appropriatezza; la spesa lievita, ma una larga fetta della popolazione, più di 40 milioni di cittadini, resta senza copertura sanitaria. In Italia, oggi, con queste modifiche, con il decreto-legge su cui voi ponete la fiducia, si apre la strada a spinte centrifughe al sistema sanitario unitario e nazionale. I cittadini più abbienti usciranno dal sistema, per pagarsi direttamente le prestazioni che scelgono; le regioni economicamente più forti romperanno il patto di solidarietà perequativa, con un'idea di federalismo per cui ognuno pensa per sé. Ma cosa succederà alla Calabria, che, avendo un gettito, rispetto al PIL, pari ad un quarto di quello della Lombardia, non potrà far leva, come la Lombardia o il Veneto, sulle aliquote IRPEF? O dovrà introdurre nuovi ticket o dovrà ridurre i servizi. Avremo, quindi, tanti diversi modelli sanitari, con il conseguente aumento delle disuguaglianze territoriali. Il diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione non sarà più un diritto di cittadinanza, ma un diritto esigibile solo rispetto all'appartenenza territoriale. Altro che qualità e libertà di scelta! La qualità del servizio pubblico sarà sempre più scadente e il cittadino non sarà libero, ma solo e disuguale rispetto al suo bisogno sanitario.
Per questo, noi Comunisti-italiani voteremo «no» alla fiducia su questo provvedimento. Ed è un «no» contro questo Governo, che oggi decide, per decreto-legge, di affossare il servizio sanitario nazionale. Per questo, i cittadini, tutti i cittadini, anche i vostri elettori, lo devono sapere (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Valpiana. Ne ha facoltà.

TIZIANA VALPIANA. Signor Presidente, anzitutto, mi lasci dire, francamente, che Rifondazione comunista non è meravigliata dalla decisione del Governo Berlusconi di porre la questione di fiducia su questo decreto-legge, dal momento che non era difendibile in nessun modo in Parlamento, se non appunto mettendo la fiducia. Infatti, ciò è stato chiaro dalle difficoltà sorte al Senato, anche all'interno della stessa maggioranza, e dal fatto che qui alla Camera avete dovuto mettere la «museruola» ai vostri deputati e agli stessi sottosegretari, che hanno seguito tutta la discussione del provvedimento in silenzio, non sapendo come difendere misure così impopolari e che loro stessi, a volte, non condividevano.
Durante tutta la discussione, tranne una brevissima apparizione ieri, non abbiamo visto il ministro Sirchia ma soltanto i rappresentanti dei ministeri economici. In questo, come in altri campi, per il Governo Berlusconi è il Ministero dell'economia e delle finanze a dettare le linee politiche. Noi non lo riteniamo accettabile in molti campi, in particolare per la sanità, come non lo riteniamo accettabile per la scuola e per altre scelte che state


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compiendo. L'unico obiettivo perseguito dal vostro Governo è quello di ridurre le prestazioni, le risposte ai bisogni dei cittadini. Anche in questo, credo si dimostri chiaramente l'arroganza di questo Governo che, per la seconda volta, pone la questione di fiducia su un provvedimento perché sa che, altrimenti, non ci sarebbe modo di farlo approvare.
Con un titolo tanto generico, quanto eloquente, «interventi urgenti in materia di spesa sanitaria», ridisegnate e smantellate il servizio sanitario nazionale a partire solo dalle variabili economiche. Infatti, questo decreto-legge ha ricevuto dure critiche non solo dai gruppi politici della sinistra ma da tutti coloro che, ai più diversi livelli e mansioni, operano nel campo della sanità, dagli addetti ai lavori di qualunque orientamento (pensiamo, ad esempio, alla Federazione dei medici di famiglia), che capiscono la pericolosità delle misure qui previste.
Nelle due settimane in cui questo provvedimento è stato esaminato nelle Commissioni parlamentari, voi avete impedito, vietato, di parlare ai vostri parlamentari della maggioranza. Oggi, con la fiducia, vorreste impedire di parlare anche a noi dell'opposizione, di gridare tutta la nostra indignazione per un decreto-legge che smantella il servizio sanitario nazionale, privatizza l'assistenza ed erode i diritti dei cittadini. Avete detto che questo decreto-legge vi serviva per recepire l'accordo con le regioni, ma non è vero, perché questo provvedimento non si limita a recepire quell'accordo, lo stravolge. Per esempio, avete inserito delle norme riguardanti la sperimentazione gestionale, che permetterà ai privati di entrare, alla grande, nella gestione degli ospedali e, come fanno i privati, di cercare di fare profitti sulla salute dei cittadini. L'accordo con le regioni viene stravolto perché, con un emendamento presentato dal Governo al Senato, avete introdotto dei commi che prima non c'erano: per esempio, quello riguardante lo smaltimento dei rifiuti ospedalieri nocivi nelle discariche dei rifiuti urbani, con assoluta indifferenza ai danni ambientali che produrrete. Avete reintrodotto il tempo definito nel rapporto di lavoro dei medici e, soprattutto, avete corretto le norme di contenimento della spesa, facendo sì che questo decreto - come affermato dal servizio studi della Camera - non abbia copertura.
Con il varo di questo provvedimento, state violando la Costituzione italiana, che tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e della collettività, come garanzia del diritto universale alle cure, senza differenza di reddito. Noi del gruppo di Rifondazione comunista abbiamo solo dieci minuti per cercare di far capire a chi segue questo dibattito, a quei cittadini che vi hanno dato la loro fiducia, credendo alle promesse che avevate fatto in campagna elettorale, di non aumentare le tasse e di non reintrodurre i ticket: ora, esattamente con il voto che ci sarà tra poche ore, non solo reintroducete i ticket e aumentate le tasse, ma create 21 sistemi sanitari diversi nelle regioni italiane, con 21 prontuari farmaceutici diversi. Con un atto amministrativo, le giunte regionali potranno abolire il rimborso di alcuni farmaci che, anche se non essenziali, sono comunque di grande importanza. Per esempio, alcune prescrizioni varranno in Emilia Romagna, ma non in Veneto, rendendo i cittadini italiani diversi dal punto di vista delle cure che potranno ricevere. Lo sappiamo tutti che questo è inaccettabile, perché tutti i cittadini italiani sono titolari dello stesso diritto alla salute, ad un unico sistema in cui ogni cittadino veda riconosciuto i propri diritti in ogni regione, indipendentemente da quella in cui risiede.
Invece, questo provvedimento sostituisce diritti variabili in relazione alla regione di provenienza del paziente, quindi, forse dovremo fornirci di passaporto per passare da una regione all'altra, altrimenti, ognuno di noi «sfonderà» nelle regioni vicine per avere maggiori servizi farmaceutici o sanitari.
Gli elettori devono sapere che questo provvedimento rappresenta il primo momento di una spallata definitiva che state dando a tappe forzate e velocemente - prima che i cittadini se ne accorgano - al


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servizio sanitario nazionale, e lo fate ponendo la fiducia, senza la possibilità di una verifica democratica e sottraendovi al confronto.
Avete condotto la vostra campagna elettorale all'insegna della riduzione dell'imposizione fiscale, mentre dal gennaio prossimo le regioni potranno aumentare dello 0,5 per cento - su vostro consiglio - l'imposizione fiscale per coprire i disavanzi che proprio dalla sanità arriveranno. Abbiamo già visto, per esempio, che l'addizionale regionale sull'IRPEF è già stata aumentata dalla giunta della regione pugliese dello 0,5 per cento e lo stesso ha già fatto il Veneto che, inoltre, ha aumentato del 10 per cento la tassa di circolazione, proprio per coprire le spese sanitarie. Così, avete non solo reintrodotto i ticket, ma creato diversi regimi tra le diverse regioni.
Oggi le nostre città sono piene di manifesti del Governo Berlusconi che promettono l'aumento delle pensioni minime; «promettono», ma la realtà è che questo aumento - se mai ci sarà - è già stato mangiato agli anziani lasciando il ticket sulla diagnostica che, secondo quanto aveva proposto - ed era stato approvato - nella scorsa finanziaria Rifondazione comunista, sarebbe stato abolito dal 1o gennaio prossimo. A fronte di una promessa nel futuro di 200 mila lire ai pensionati, queste sono 70 mila lire certe che ogni pensionato dovrà pagare ogni volta che dovrà fare delle analisi. Ancora: negli ospedali riducete da cinque a quattro posti letto per mille abitanti. In questo modo si riduce il personale e si incrementano le dimissioni selvagge di pazienti in condizioni non ancora stabilizzate, in quanto li rimanderete a casa, senza alcuna garanzia di prosecuzione delle cure sanitarie gratuite, senza che ci siano assistenza domiciliare e servizi semiresidenziali o residenziali.
Nelle regioni - l'abbiamo già visto, ormai è una pratica diffusa - ci sono i bonus o servizi dati in appalto a privati. In questo modo segregate le persone malate e chi le assiste (quasi sempre si tratta di donne); in più, nel settore, abbassate il costo del lavoro qualificato e fate scadere la qualità di prestazioni sanitarie assicurate.
Con questo provvedimento cacciate i pazienti non guariti e migliaia di lavoratori dagli ospedali, dimezzate i farmaci prescrivibili con un'unica ricetta; il che rappresenta solo un'angheria - dal momento che non esiste più il ticket sulla ricetta e quindi non ha motivo di essere - che, ancora una volta, colpirà i soggetti più deboli, costretti a recarsi più volte dal medico, in farmacia, con i conseguenti disagi che ne derivano.
Diciamo «no» al voto sulla fiducia che ci chiedete perché oggi, con passi da gigante, state procedendo sulla via della privatizzazione, svendendo e smantellando tutto della sanità; prima che i cittadini se ne accorgeranno, privatizzerete i patrimoni e la gestione di tutta la rete di eccellenza del servizio sanitario nazionale.
Ieri, in quest'aula, rispondendo ad una interrogazione di Rifondazione comunista, il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, con un emendamento alla finanziaria, ci ha confermato la volontà, da parte del Governo, di rendere possibile la gestione da parte di privati degli istituti di eccellenza nel nostro paese: l'Istituto dei tumori di Genova, il Besta di Milano, il Rizzoli di Bologna, il San Matteo di Pavia, con 16 mila lavoratori e lavoratrici - già mobilitati e coinvolti in un processo di ridefinizione del rapporto di lavoro - che passeranno da un rapporto di lavoro pubblico ad un rapporto di lavoro privato, e centinaia di migliaia di prestazioni potranno essere appaltate a gestori privati.
Con questa privatizzazione, questo, Governo paga un pegno ai padroni della sanità privata e assesta un colpo durissimo al diritto individuale e collettivo alla salute, oggi garantita da un sistema sanitario all'avanguardia.
La regione Lombardia - l'abbiamo sentito tutti in questi giorni - è già pronta; la giunta sta predisponendo la delibera che affida ad una fondazione la gestione della Mangiagalli e del policlinico.
Diciamo «no» alla fiducia richiesta da questo Governo perché siamo contrari a


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tutta la politica che l'esecutivo ha portato avanti in questi mesi, una politica a favore dei vostri pochi amici, degli amici degli amici e contro tutti i normali cittadini di questo paese, a cui avete fatto tante promesse ma, in realtà, tagliate tanti servizi.
Il Governo Berlusconi prosegue, radicalizza il processo strisciante di demolizione e di privatizzazione del welfare e ricompone un blocco reazionario. Noi oggi diciamo «no» a questa fiducia ma sappiamo che, dietro l'angolo, ci aspettano altri provvedimenti drammatici da parte di questo Governo. Sta già mettendo in discussione il diritto alle cure sanitarie per gli extracomunitari non iscritti al servizio nazionale, sta proponendo la riapertura dei manicomi, sta riducendo la tossicodipendenza ad un problema di ordine pubblico, sta reiterando gli attacchi al principio di autodeterminazione della donna...

PRESIDENTE. Onorevole Valpiana!

TIZIANA VALPIANA. ...e alla legge n. 194 del 1978. Noi continuiamo a contrastare questo disegno perverso con gli utenti, con i lavoratori che riuniamo attorno ad una comune piattaforma di opposizione politica a questo Governo e di opposizione sociale nel paese (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ercole. Ne ha facoltà.

CESARE ERCOLE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario, fino ad oggi nel nostro paese la sanità è sempre stata gestita, applicando criteri centralistici, sia sotto il profilo della pianificazione normativa, sia sotto l'aspetto delle modalità e del controllo del finanziamento.
Non vi è mai stato e non si è mai voluto veramente offrire a questo settore vitale l'opportunità di un rilancio concreto che viene solo dalla reale autonomia decisionale e gestionale, dalla devoluzione dei poteri e delle competenze, dall'applicazione, in ultima istanza, delle stesse norme costituzionali. Nonostante, infatti, il dettato costituzionale sancisca il diritto delle regioni a gestire in grande autonomia questo settore, la sanità in Italia è sempre stata tenuta sotto tutela in quanto fonte di troppi interessi e vantaggi per poter essere protagonista di una troppo forte rivoluzione dei metodi e delle procedure normative e gestionali.
È così che lo Stato non si è limitato a fissare solo i principi fondamentali, le linee programmatiche che sarebbero servite ad organizzare, in modo organico e coerente, il servizio in rapporto al territorio, ma ha anche deciso di avocare a sé la titolarità delle ripartizione dei finanziamenti, determinando così, di fatto, la creazione di zone di maggiore o di minore sviluppo sanitario che ora ricadono come un problema pesante per il nostro paese.
Una gestione, dunque, basata in modo prevalente su criteri clientelari e partitocratici che hanno creato e perpetuato situazioni di inefficienza e, talvolta di malaffare, la cosiddetta malasanità che il cittadino - ahimè - purtroppo conosce bene. D'altronde abbiamo letto tutti - lo spero - la relazione realizzata dalla Commissione di inchiesta del Senato in merito al sistema sanitario nazionale. Abbiamo avuto occasione di leggere, racchiuse in quelle righe, tutte le storture e tutti i problemi generati da una cattiva gestione del nostro sistema sanitario che la sinistra, oggi, demagogicamente sta difendendo, ma che è frutto fin troppo maturo di una politica avallata e ribadita dalla stessa sinistra; una sinistra che, oggi, vorrebbe che tutto restasse uguale a prima e che, proprio per questo, aveva promosso un piano di riforma che, gattopardescamente, diceva di cambiare tutto ma che, in realtà, non cambia assolutamente nulla!
Interessi clientelari, un'assoluta mancanza di programmazione, le farraginosità burocratiche, l'insufficienza nelle decisioni di stanziamenti hanno concorso ad un solo risultato: la frustrazione del bisogno di salute dei cittadini.
Tutto questo resta ancora oggi, sia come un retroterra mentale, sia come un


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malvezzo diffuso che il cittadino è costretto a subire in silenzio, senza possibilità di difesa alcuna.
La volontà di aziendalizzazione risulta, alla fine, più formale che sostanziale, mentre le liste di attesa si allungano con le polemiche che il fatto produce, mentre gli IRCCS sono al palo bloccati dalla mancanza di personale medico che si sente abbandonato e senza possibilità di crescita professionale e personale, mentre i dipartimenti di prevenzione, che svolgono un ruolo di primaria importanza sul territorio per la tutela della salute pubblica, hanno un'operatività estremamente limitata rispetto a quelli che avrebbero dovuto essere i compiti loro affidati.
È un'insoddisfazione generale che non può che produrre un malcontento e una sfiducia generalizzati penalizzando un settore importante, con alte potenzialità ancora tutte da esprimere, e che per questo necessiterebbe di ben altre regole, di ben altre decisioni, di ben altro rispetto e considerazione.
Come se tutto ciò non bastasse, al danno nei confronti del cittadino e del mondo sanitario stesso, si deve aggiungere anche la beffa. Come non ricordare le cattedrali nel deserto, gli ospedali progettati, a volte anche avviati e mai terminati, grandi fonti di approvvigionamento elettorale per i candidati del luogo e grandi fonti di benessere per le imprese costruttrici, ma non certo di benessere per la salute dei cittadini che a quelle strutture avrebbero realmente voluto accedere? Come non ricordare, oltre agli ospedali rimasti incompiuti, le procedure di ammodernamento di quelli esistenti che gravano come macigni sui bilanci, senza peraltro produrre in cambio nulla di più e di diverso rispetto a prima? E ancora, come non ricordare una rete di servizi di rianimazione, di trapianti al sud d'Italia e nella Sicilia ancora deficitaria?
Ecco dunque qual è la reale situazione che si registra nel nostro paese: una situazione contorta, legata a troppi interessi che nulla hanno a che fare con quella sanità che il cittadino e noi del gruppo della Lega nord Padania e della Casa delle libertà intendiamo e vogliamo realizzare.
Se le cose dunque stanno in questi termini, e sicuramente lo sono, viene spontaneo chiedersi: vale la pena davvero di continuare ad occuparsi della riforma-ter del servizio sanitario nazionale? La domanda richiede una risposta affermativa proprio da parte di chi si rammarica, non di rado, di aver dedicato tempo, energie ed impegno nel tentativo di limitare almeno i danni che non era difficile prevedere sarebbero stati provocati dalla riforma-ter. Vale la pena di occuparsene e preoccuparsene perché danni seri continuano a derivarne, nonostante l'ormai evidente inapplicabilità e comunque la cronica disapplicazione della riforma-ter nella parte fattuale e prescrittiva.
L'aspetto principale è che la cosiddetta razionalizzazione ha pesantemente accentuato nell'ordinamento sanitario la presenza di un virus, del quale già in precedenza era possibile rinvenire tracce non dosabili e che ora sembra essere divenuto resistente a qualsiasi antivirale. Questo virus può essere definito dirigismo centralistico.
Credo abbia ragione chi pensa che questo dirigismo asfissiante pretende di soggiogare un libero cittadino per imporgli la nave su cui imbarcarsi, il comandante, il nostromo, la rotta, la velocità di crociera, e perché no, la destinazione. In ogni caso, quel cittadino non è più libero.
Il virus si è insinuato in dosi massicce nella riforma-ter senza clamore - il clamore era riservato ad altri argomenti - e si sta rivelando a diffusione rapida ed endemica, così da contagiare anche chi pensava fosse vaccinato ed inattaccabile.
Non è facile individuare le ragioni del contagio: comandare, imponendo e vietando dall'alto, è più semplice che amministrare attraverso la partecipazione e il consenso. Pianificare, con metodi vincolistici, sembra più efficace che programmare democraticamente, con una flessibilità orientata dalle scelte dei cittadini.
L'indispensabile contenimento della spesa si ottiene più comodamente fissando a tavolino limiti e tetti piuttosto che eliminando


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sul campo sprechi e dispersione di risorse. Le terapie circoscritte e i palliativi allora non servono: non si tratta di correggere e di emendare questa o quella specifica disposizione; ci vuole altro! Questo virus assomiglia a quello che provoca l'encefalopatia spongiforme. L'animale che viene colpito è incurabile e non è sufficiente, per evitare il contagio, abbatterlo; occorrerà abbattere tutto l'allevamento. La riforma-ter va dunque eliminata, senza esitazione e per intero.
Appare dunque sempre più necessario che il processo di cambiamento abbia inizio e questo è l'impegno che tutta la Casa delle libertà si è assunto.
Siamo consapevoli che la realizzazione di una devoluzione sanitaria si deve attuare in modo graduale e progressivo, consapevoli di dover dotare di adeguate risorse finanziarie le regioni. Questo decreto-legge, seppur con tutte le difficoltà incontrate, va in questa direzione. La gradualità è dunque il criterio che può assicurare una trasformazione positiva, concreta e senza rischi ingiustificati.
Il patto chiaro con le regioni apre, senza indugi, al concetto di responsabilità, concetto che deve entrare nella nostra cultura, nel nostro modo di pensare e di amministrare. Il superamento della pretesa statale di stabilire, in sede centrale, le modalità di erogazione dei servizi in tutto il territorio nazionale, non implica l'abbandono della garanzia del welfare - che, nei paesi europei, costituisce una vera e propria scelta di civiltà - bensì costituisce una sua ridefinizione in chiave moderna, in una logica di equa differenziazione e non di astratta uniformità. Un assetto più articolato e differenziato del sistema non esclude meccanismi di dialogo locale; al contrario, è potenzialmente predisposto ad accoglierli, proprio perché aperto a differenziare l'offerta, in risposta alle diverse esigenze, opzioni ed aspettative espresse dalla cittadinanza.

PRESIDENTE. Onorevole Ercole, la invito a concludere.

CESARE ERCOLE. Il rimedio, dunque, parte dal basso, dai distretti e dai comuni, come ambiti territoriali minimi a cui affidare compiti, quali l'analisi dei bisogni e la garanzia degli accessi ai servizi. Il passaggio dalla logica dell'organizzazione dell'offerta a quella della risposta alla domanda di salute dei cittadini determina una riconversione del sistema e ci mette in linea con quanto stabilito dalla Commissione europea di Bruxelles, nel suo programma di attività nel campo delle politiche sanitarie, per il quinquennio 2001-2006. Ecco perché è sempre più necessario, anzi indispensabile, che il processo di cambiamento, che abbiamo auspicato per i cittadini, abbia finalmente inizio.
Proprio per questi motivi, perché c'è stato uno sfondamento di bilancio (causato da voi), perché i termini del decreto-legge sono in scadenza, proprio perché il vostro atteggiamento è di carattere legittimo, ma ostruzionistico e strumentale nel merito, ribadiamo che il nostro sarà un voto di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dorina Bianchi. Ne ha facoltà.

DORINA BIANCHI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, come tutti sapete, il decreto-legge al nostro esame è a rischio di scadenza. Ieri abbiamo trascorso sei ore ad esaminare i dieci emendamenti presentati dai deputati dell'opposizione. È un lusso che non potevamo permetterci ed è per questo che è stato necessario ricorrere alla fiducia, che il gruppo dei CCD-CDU voterà, in quanto il decreto-legge introduce una serie di misure organiche urgenti in materia di spesa sanitaria, con un incremento delle risorse per il 2001, rendendo realistica l'entità dei finanziamenti statali e conferendo stabilità alla spesa in un arco temporale almeno triennale.
Il carattere di urgenza deriva dalla constatazione dell'insufficienza degli stanziamenti destinati al servizio sanitario nazionale, rispetto alla crescita media annua sanitaria superiore al 7 per cento, e dalla verifica di un trend dell'effettiva spesa


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sostenuta diverso dalla previsione dei costi. Si tratta, dunque, di un provvedimento che pone certezze, impegni di finanziamento e piani a medio periodo, dando un assetto normativo corretto ad una materia che, come sapete, per molti anni si è basata puramente su un ripiano a fine opera. È un decreto-legge che assume ancora più importanza, in quanto viene data attuazione all'accordo raggiunto all'unanimità dalla Conferenza Stato-regioni l'8 agosto 2001, nel quale si è preso atto della necessità di intervenire in una materia molto complessa e delicata, quale quella della salute pubblica, al fine di razionalizzarla, eliminando gli sprechi e consentendo, ove possibile, le spese.
L'accordo, condiviso da tutte le regioni e province autonome, ha reso il testo quasi bloccato e tende, sostanzialmente, ad assicurare tre obiettivi: l'azzeramento del contenzioso sullo sforamento dei bilanci degli anni passati; il controllo della spesa sanitaria, adeguandola ai parametri europei; il riconoscimento di una maggiore autonomia di spesa, con sistemi sanitari più adeguati alle specificità territoriali di ogni singola regione.
Per far fronte al crescente aumento dei costi della sanità, la scelta più significativa è stata, negli ultimi anni, il coinvolgimento delle regioni e la loro responsabilizzazione nel conseguimento degli obiettivi di politica economica. Obiettivi da realizzarsi, attraverso il patto di stabilità e l'avvio del federalismo fiscale, con il decreto legislativo n. 56 del 2000, che ha introdotto l'abolizione dei trasferimenti concernenti il finanziamento della spesa sanitaria corrente e in conto capitale, compensati da una compartecipazione al gettito IVA, dall'incremento dell'aliquota addizionale regionale all'IRPEF e dall'aumento della compartecipazione alle accise sulle benzine, che andrà a regime tra alcuni anni.
Tutto questo, tuttavia, non ha consentito un monitoraggio ed un controllo della spesa sanitaria tale da evitare lo sfondamento dei tetti di spesa delle regioni.
L'accordo Stato-regioni - dello scorso mese di agosto - raggiunto nell'ambito della Conferenza Stato-regioni ha previsto la determinazione definitiva del disavanzo 1994-99, finanziato dallo Stato con 16 mila miliardi di lire, con l'intesa che altri disavanzi sarebbero stati ripianati dalle regioni che si vedrebbero, in tal modo, costrette a reperire le risorse necessarie qualora dovessero sfondare il tetto massimo previsto.
I motivi dei costanti sfondamenti dei tetti di spesa sanitaria da parte delle regioni sono da ricercarsi in vari fattori, quali il progressivo invecchiamento della popolazione - che, quindi, è più soggetta al bisogno di cure -, la cattiva gestione dei consumi sanitari, l'aumento del reddito pro capite - che determina, inevitabilmente, una maggiore richiesta di prestazioni dei servizi -, l'assenza di strumenti regionali di pianificazione, l'abolizione dei ticket sui farmaci. Tuttavia, la principale motivazione dello sfondamento del tetto della spesa sanitaria è stata, in passato, la costante sottostima del fabbisogno della sanità.
Uno dei meriti del provvedimento che stiamo per approvare - e sul quale i deputati del gruppo del CCD-CDU Biancofiore preannunciano il voto favorevole - è che, recependo il recente accordo Stato-regioni, il decreto-legge pone fine a questa situazione, azzerando i debiti pregressi delle regioni.
Un altro merito del decreto-legge è che, al fine di ripianare il deficit registratosi in materia sanitaria in molte regioni, prevede un sensibile incremento delle risorse per l'anno 2001. Infatti, nel rispetto dell'accordo Stato-regioni, viene rifinanziato il sistema sanitario nazionale con un contributo di 8 mila miliardi, incrementando la spesa per il settore da 13 mila a 138 mila miliardi, passando ad una più alta percentuale e, comunque, adeguando la spesa sanitaria italiana ai parametri europei che si attestano intorno al 6 per cento.
Un terzo aspetto positivo del provvedimento è che riconosce alle regioni, insieme ad una grande autonomia gestionale, la responsabilità, quasi totale, della gestione sanitaria. Viene, poi, fissato il tetto per la spesa farmaceutica (il 13 per cento della spesa complessiva) e viene definito il


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prezzo di rimborso e di riferimento dei farmaci, la loro sostituibilità e la distribuzione. Il decreto-legge contiene anche disposizioni sulle farmacie rurali e l'interpretazione dei bilanci dei presidi ospedalieri.
Qualche perplessità potrebbe sorgere sulle modalità di ridefinizione dei livelli essenziali d'assistenza, poiché potrebbe esserci il rischio di creare una sorta di federalismo nella sanità a danno delle aree più povere. Questo è un risultato che non vorremmo. Pertanto, i livelli minimi d'assistenza devono essere stabiliti inevitabilmente in maniera egualitaria ed uniforme su tutto il territorio nazionale al fine di evitare la creazione di un'assistenza sanitaria diversificata.
È nostro dovere scongiurare, quindi, l'emarginazione delle regioni che si trovano in condizioni più svantaggiate, come la Calabria e le altre parti territoriali del Mezzogiorno. Per ciò che riguarda la definizione dello standard di dotazione media di posti letto per abitante, non possiamo non rilevare come la modifica di tali indici abbia riflessi sul sistema del welfare rispetto a tutto il territorio nazionale.
Non essendoci servizi alternativi, c'è il pericolo che, se non saranno introdotti dei correttivi, le regioni più povere potrebbero veder peggiorata la loro situazione. Molte volte, il parametro di dotazione dei posti letto per abitante ha scarso significato come rilevatore di reale efficienza e d'adeguatezza della struttura sanitaria.
Con l'attuale criterio di ripartizione delle risorse, si continuerebbe a perpetuare lo squilibrio nella distribuzione delle strutture ospedaliere tra nord e sud. Occorre, dunque, individuare correttivi idonei ad assicurare fondi speciali necessari alle regioni più povere che vivono anche il dramma di una forte emigrazione sanitaria che, con la regola delle compensazioni, finisce per arricchire maggiormente le regioni più ricche ed organizzate, con strutture e prestazioni ad alta specializzazione, e depauperare sempre più le regioni svantaggiate.
In conclusione, si tratta di un decreto-legge urgente, sia per il contenimento sia per la razionalizzazione della spesa sanitaria; certamente, esso non esaurisce, tuttavia, tutti i problemi della sanità, i quali debbono essere affrontati al più presto affinché il nostro sistema sanitario possa rispondere alle sempre maggiori esigenze di salute dei cittadini (concetto che non implica solo l'assenza di malattie, ma, anche e soprattutto, il benessere della persona).
Alla luce di queste considerazioni, il gruppo del CCD-CDU Biancofiore voterà a favore del disegno di legge perché, insieme alle esigenze più materiali di bilancio, esso soddisfa quelle più strettamente legate alla tutela della salute dei cittadini. Il provvedimento in esame rappresenta sicuramente un passo avanti verso la riforma strutturale della sanità, attraverso la devoluzione e l'applicazione del principio di sussidiarietà, fondamentale per migliorare i servizi, per accrescere il grado di efficienza delle prestazioni e per avvicinarle, così, ai bisogni dei cittadini. Nel nostro paese, nonostante tutto, vi sono le condizioni per un'assistenza universalistica ed efficiente: basta disporre delle risorse economiche nel modo più efficiente possibile ed assicurare il miglior livello e la più equa distribuzione delle prestazioni e dei servizi, potenziando i settori carenti, riducendo gli sprechi ed aumentando la produttività.
Concludo, onorevole Presidente, assicurando il voto favorevole del gruppo del CCD-CDU Biancofiore sulla questione di fiducia posta dal Governo e sul disegno di legge presentato (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD-CDU Biancofiore e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bindi. Ne ha facoltà.

ROSY BINDI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, il voto di fiducia di oggi non è un voto qualsiasi: non solo perché si tratta della seconda richiesta di fiducia in meno di un mese, ma perché questa fiducia viene chiesta sulla pelle degli italiani. Questo decreto-legge


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sulla spesa sanitaria è, infatti, un provvedimento che incide profondamente sul sistema di garanzie che il nostro paese si è dato per assicurare il diritto alla salute dei cittadini.
Non possiamo nascondere la nostra preoccupazione. Abbiamo cercato un confronto di merito; abbiamo tentato inutilmente di segnalare la pericolosità di alcune scelte; abbiamo chiesto alcune precise modifiche, anche per dare a questo provvedimento quella dignità costituzionale che esso, come sapete bene, non ha. Ci siamo trovati di fronte ad un muro. Bisognava fare in fretta, senza discutere, senza ragionare. La stessa maggioranza ha subìto il Diktat del Governo; l'ordine è stato: approvare a scatola chiusa! Perché tanta fretta? A chi giova? E chi ci guadagna?
Era evidente l'urgenza di togliere dagli impicci qualche amico quando è stato adottato e poi convertito il decreto-legge sulle rogatorie; ed era altrettanto evidente la necessità di soccorrere gli evasori fiscali quando analoga operazione è stata ripetuta per il provvedimento sul rientro dei capitali. Ma, in questo caso, dov'è l'urgenza di affrontare con un decreto-legge i problemi della sanità italiana proprio mentre è in discussione al Senato il disegno di legge finanziaria?
Il Governo può contare su un'ampia maggioranza: con una differenza a suo favore di quasi cento deputati, potrebbe affrontare con più serietà e rispetto delle regole parlamentari qualunque confronto di merito; invece, siamo inondati da una valanga di decreti-legge, ai quali si accompagna la richiesta di fiducia. Siamo di fronte ad una concezione della democrazia che, mentre espropria il Parlamento del legittimo e salutare confronto tra opposizione e maggioranza, rende evidente la vocazione dell'esecutivo a governare senza rispondere dei propri atti.
Così si calpesta, nei fatti, la Costituzione e si snaturano le regole di formazione delle leggi. Così si archivia la ricerca del bene comune, che non è mai affidata esclusivamente ad una parte, neanche a quella che ha vinto le elezioni, ma che, invece, è perseguibile, in democrazia, solo nell'ascolto e nella composizione di una pluralità di interessi, bisogni e punti di vista.
Si è detto che questo provvedimento recepiva l'accordo tra Stato e regioni dell'8 agosto scorso; in realtà, le modifiche apportate con il maxiemendamento al Senato non solo introducono la possibilità di smaltire i rifiuti ospedalieri nelle discariche comuni - per cui tutti sapranno a chi dare la colpa se si troveranno, in qualche discarica, resti delle sale operatorie - ma rimettono in discussione la natura stessa di quella intesa.
Il presidente Ghigo, uomo del polo che guida la Conferenza dei presidenti delle regioni, ha preso le distanze e denunciato un ammanco di quasi 2 mila miliardi. Questo decreto-legge ha un'altra gravissima lacuna; esso, nato privo di copertura finanziaria, arriva alla Camera con 5-6 mila miliardi in meno rispetto alle somme previste nel cosiddetto patto di stabilità; 5-6 mila miliardi sottratti al funzionamento dei servizi sanitari regionali, quando invece era stato garantito un adeguamento consistente del fondo sanitario nazionale, con la previsione di chiudere definitivamente il contenzioso con le regioni e responsabilizzarle pienamente sotto il profilo finanziario.
Del resto, il significato politico che il Governo attribuiva all'intesa con le regioni era quello di un vero e proprio patto di scambio: il Governo assicura finanziamenti ritenuti congrui e, in cambio, lascia le regioni libere di organizzarsi come meglio credono; se poi le risorse non bastano e sono amministrate male, questo sarà un problema dei cittadini, sui quali si scaricheranno nuove tasse, nuovi ticket o tagli delle prestazioni, che con questo decreto-legge sono consentite a tutte le regioni che non rispetteranno i tetti di spesa.
È la devolution sanitaria già annunciata, non è il federalismo solidale e cooperativo della nuova Costituzione, che gli italiani hanno voluto e scelto con il referendum; è lo spezzatino del servizio sanitario nazionale frantumato in 21 sistemi diversi, in concorrenza tra loro non per


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migliorare la qualità dei servizi, ma per accaparrarsi le risorse incoraggiando la mobilità dei pazienti. Si moltiplicano i viaggi della speranza e, invece di accorciare le distanze tra il nord e il sud, si aumentano le differenze e le disuguaglianze.
Non è questo il modo di responsabilizzare seriamente le regioni e di riconoscerne l'autonomia anche organizzativa. Per mettere le regioni in grado di far fronte ai bisogni dei cittadini è necessario garantire risorse adeguate. È quello che hanno fatto i governi dell'Ulivo, che hanno tenuto sotto controllo la spesa, adeguando il fondo sanitario nazionale alla contestualità tra risorse finanziarie e livelli essenziali di assistenza. Tutto questo ora è messo a rischio da un sostanziale disimpegno della responsabilità pubblica nei confronti della salute, della responsabilità nei confronti dei livelli di assistenza farmaceutica, incominciando da quest'ultima. Il prontuario nazionale sarà fortemente ridimensionato, avremo meno medicine gratuite, e su tutte torneranno i ticket, non più sulla ricetta (quel ticket che il centrosinistra ha tolto), ma sul costo del farmaco.
Il ministro Sirchia si dice ottimista e ci accusa di essere catastrofisti; ci dicevano così anche sulle rogatorie ed oggi registriamo la prima scarcerazione in virtù di quella legge (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e di deputati di Rifondazione comunista). Dirà la stessa cosa il ministro Sirchia a quei pazienti che dal 30 novembre potrebbero non avere più gratuitamente i farmaci nella propria regione, mentre in un'altra gli stessi pazienti potrebbero averla gratis? Dirà la stessa cosa ai malati che, dal primo dicembre, non potranno più avere le medicine con cui si curano se non pagando di tasca propria la differenza di prezzo rispetto al farmaco che costa meno? Dirà la stessa cosa ai medici di famiglia, nei confronti dei quali si rinnovano impegni di restituire la dignità professionale calpestata dai governi del centrosinistra e, contestualmente, li si riduce a prescrittori, non in base ai bisogni di salute, ma in base semplicemente a tetti di spesa?
Come se non bastasse, con questo decreto-legge si prevede la cessione ai privati degli ospedali. Infatti, l'ambigua formula delle sperimentazioni gestionali anticipa e prepara il terreno all'emendamento presentato alla finanziaria al Senato sulla vendita dei nostri migliori istituti di cura. Le fondazioni che gestiranno queste strutture al posto del servizio pubblico - ci hanno spiegato il Vicepresidente Fini e lo stesso ministro Sirchia - assicureranno efficienza e qualità come negli Stati Uniti, salvo che a Washington, qualche mese fa, è stato chiuso l'ultimo ospedale pubblico della città in cui era possibile farsi curare anche senza avere una carta di credito. Lì si chiudono, qui si svendono. Non è questa la solidarietà che il nostro Parlamento ha voluto esprimere agli Stati Uniti d'America qualche settimana fa.
Ci permettiamo di dubitare dell'ottimismo del Governo, come del resto hanno fatto i medici di famiglia e gli ospedalieri, che hanno già bollato come pessima questa prospettiva di privatizzazione, che mette a rischio, non solo le professionalità e l'autonomia della ricerca scientifica, ma, soprattutto, la possibilità di cura dei cittadini e trasforma il diritto alla salute in un mercato selvaggio.
Con quali risorse queste fondazioni faranno funzionare gli ospedali, se non con l'introduzione di forme, più o meno esplicite, di assicurazione? Con i buoni salute e dunque con una discriminazione dei malati. Oppure pensate che i privati investano in sanità per fare beneficenza? E quale sarà il destino degli altri ospedali pubblici che, con questo decreto-legge, hanno già subito il taglio di posti letto? Li chiuderete tutti, come ha già minacciato, con piglio centralista, il ministro o li trasformerete in strutture di serie B per i meno abbienti?
Pensavamo di essere nel XXI secolo ma qui si torna indietro, ad una concezione dello Stato sociale che scambia i diritti


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della persona con la beneficenza o, come ama dire il ministro Tremonti, con la filantropia.
Onorevoli, assicuriamo che non siamo prevenuti, il decreto-legge parla chiaro ed è scritto nero su bianco: da qui ai prossimi mesi si procederà, pezzo dopo pezzo, a demolire i pilastri del nostro sistema sanitario. Su questa materia, sull'organizzazione dei sistemi sanitari, sulla concezione della salute, le differenze degli schieramenti politici sono messe alla prova, nell'arco di una legislatura. Noi non contestiamo che questa maggioranza, che questo Governo vogliano apportare modifiche alle riforme fatte dal centrosinistra; questo non ci meraviglia e siamo pronti ad un confronto. Non ci arrocchiamo sulle nostre scelte e siamo pronti, da seri riformisti, a ricercare sempre cose migliori ma, perdonateci, quello che state facendo non è legittimo perché si procede, per decreto-legge e con una serie di provvedimenti amministrativi affidati alle burocrazie delle regioni e dei ministeri, al ridimensionamento del servizio sanitario. Non è legittimo affossare un sistema che l'Organizzazione mondiale della sanità colloca al secondo posto nel mondo (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo) proprio in virtù della capacità di essere economicamente sostenibile e in grado di garantire a tutti cittadini, uniti in un grande patto di solidarietà, la tutela della salute.
Le differenze tra di noi non sono tra chi è centralista e chi è federalista, ma tra chi sostiene il servizio sanitario nazionale, capace di assicurare uniformità di assistenza, e chi abbandona le regioni: le più povere all'abbassamento dei livelli di assistenza e le più ricche, consentiteci di dire, alle assicurazioni che pagheranno il consumismo sanitario. Per questo motivo non voteremo la fiducia a questo Governo, certi di interpretare la volontà di tutti cittadini, anche di quelli che hanno dato il voto alla Casa delle libertà, i quali si vedono promettere qualche spicciolo, nella legge finanziaria, con l'aumento delle pensioni e dei sussidi alle famiglie, e si vedono togliere molto di più in termini di assistenza sanitaria con questo decreto-legge e con quelli annunciati nella prossima finanziaria (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Landolfi. Ne ha facoltà.

MARIO LANDOLFI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, il gruppo di Alleanza nazionale voterà favorevolmente sulla questione di fiducia posta dal Governo sul provvedimento cosiddetto «taglia-spese» in materia sanitaria. Voteremo «sì» per due motivi: non solo in omaggio ad un fin troppo scontato vincolo di maggioranza, ma, anche e soprattutto, perché proprio con l'esame di questo provvedimento abbiamo fortificato la convinzione che questa minoranza, questa opposizione non ha ancora abbandonato la tentazione di procedere a spallate.
Onorevole Bindi, quando una minoranza, un'opposizione desidera modificare un provvedimento, presenta delle proposte di modifica mirate e non una valanga di emendamenti!
In verità, il vostro scopo era fin troppo chiaro già dal principio: impedire che questo decreto-legge venisse convertito in legge in tempo utile e, quindi, impedire - questo è il secondo motivo che ci induce ad esprimere un voto favorevole sulla questione di fiducia - alla Casa delle libertà di aggiungere un altro tassello al mosaico del programma elettorale che ci ha consentito di vincere le elezioni del 13 maggio. Vi dovete ravvedere, colleghi del centrosinistra, perché la Casa delle libertà che ha vinto le elezioni nel maggio scorso non è il Polo delle libertà del 1994 (che romanticamente, forse ingenuamente - se vi piace di più - aveva creduto che bastasse vincere le elezioni per poter governare) e neppure quello del 1996, che inciampò proprio in materia sanitaria, che


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proprio su questo delicato e nevralgico tema non riuscì a convincere quote consistenti di elettorato che risultarono poi determinanti per la vittoria dell'Ulivo.
Oggi è diverso, colleghi dell'opposizione. Il provvedimento che avversate con accanimento ostruzionistico è il frutto di un confronto duro, aspro, serrato che il Governo ha sviluppato con le regioni, comprese quelle governate dall'Ulivo; un confronto che, come ha ricordato ieri il ministro Sirchia, sta marciando verso una conclusione proficua e positiva. I livelli di assistenza sanitaria saranno conservati, e sempre il ministro, ieri, ha riferito, in una sede solenne quale la Camera dei deputati, che sui farmaci non verranno applicati ticket, con una fascia A di tutto rispetto e con una fascia B1 contenente alcuni farmaci che, a discrezione delle regioni, potranno essere assoggettati a ticket. Il ministro ha però aggiunto, subito dopo, che le regioni si sono già impegnate a non fare avvenire mai tutto ciò. Tutto questo, quindi, non avverrà.
Questi sono i fatti, ma a voi i fatti, evidentemente, non interessano. A voi non interessa ascoltare e recepire ciò che ha detto il rappresentante del Governo (il ministro della sanità); a voi interessa spandere a piene mani massicce dosi di allarmismo nel paese. A voi interessa diffondere le voci di un'imminente privatizzazione della sanità. Voi non state facendo politica in materia di sanità, voi volete fare terrorismo. Voi tentate di trasformare un provvedimento di riordino della spesa pubblica sanitaria in una sorta di giudizio universale che alla fine dovrà separare i buoni, che sareste voi - i difensori di un servizio sanitario nazionale senza macchia e senza sprechi che esiste solo nella vostra fertile fantasia -, dai cattivi, che saremmo noi, fautori di una sanità elitaria e, per giunta, appaltata alle compagnie di assicurazione.
Niente di più falso. È vero anzi il contrario: lo scontro c'è, ma si gioca su un livello completamente diverso. Da una parte ci siete voi, gelosi ed interessati custodi di un sistema sanitario nazionale inefficiente e sprecone, ingiusto con i cittadini, deficitario con i pazienti, se non in alcuni punti di eccellenza; dall'altra parte ci siamo noi, che vogliamo cambiare, proprio nell'interesse dei cittadini, spalmando più equamente - attraverso una politica più oculata e mirata - la qualità dell'assistenza sanitaria del nostro paese, al sud come al nord, senza distinzioni territoriali, senza discriminazioni di carattere geografico.
Su questo siamo pronti al confronto con l'opposizione, nella speranza che questo tema, indubbiamente nevralgico, delicato e qualificante, possa essere trattato con serenità scevra da furori ideologici e pregiudizi.
L'onorevole Bindi, anche poco fa, ha parlato di fiducia posta sulla pelle degli italiani, e solo ieri, con la verve che le dobbiamo riconoscere, ci ha accusati di voler coprire con la retorica i massacri sociali che, a suo dire, staremmo compiendo. Mi consenta, onorevole Bindi, di rispedirle questa ridicola accusa. Siete voi che vi sentite ancora in campagna elettorale! Proprio lei, che è stata ministro della sanità, dovrebbe ricordare che fu la sua coalizione a bocciarla (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)! Prima di noi, è stato il centrosinistra a non volerla più come ministro della sanità! Mi consenta, quindi, di ricordarle che siete voi a non aver ancora maturato la consapevolezza che la campagna elettorale è finita e che l'avete perduta amaramente anche su queste tematiche, che l'avete perduta perché non siete riusciti a convincere gli italiani che il vostro programma potesse essere in qualche modo migliore del nostro. Consentiteci, allora, di realizzare adesso il nostro programma.
Ecco il motivo per cui poniamo la questione di fiducia: non perché vi siano divisioni all'interno della Casa delle libertà, ma perché dobbiamo portare avanti speditamente il nostro programma, così come ci siamo impegnati a fare attraverso un contratto stipulato con gli elettori (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).


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MAURA COSSUTTA. Fatelo con una proposta di legge, non con un decreto!

MARIO LANDOLFI. Onorevole Bindi, colleghi del centrosinistra, rendetevi conto che avete perso le elezioni: maturate, in tutta fretta, questa consapevolezza! Sarà un bene per voi, sarà un bene per la politica, sarà un bene per il paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, questa fiducia non è stata richiesta per ragioni parlamentari. Vi sono dissensi nell'opposizione, ma anche nella maggioranza. Noi non abbiamo fatto ostruzionismo - come è noto - e la maggioranza ha presentato molti ordini del giorno che propongono correzioni sostanziali a questo testo. Perché questi dissensi?
Cito i cinque aspetti più gravi del provvedimento.
Primo aspetto: vengono reintrodotti i ticket sulla medicina specialistica e diagnostica che il centrosinistra aveva abolito a partire dal primo gennaio 2002. Nel corso della campagna elettorale, la coalizione al Governo si è presentata con lo slogan: «meno tasse per tutti». Adesso, costringendo gli italiani a pagare i ticket, il Governo Berlusconi impone agli italiani una tassa di ben 2.100 miliardi nel 2002, e questa tassa aumenterà a 4.200 miliardi nel 2004. Con il centrodestra le tasse aumentano per gli italiani comuni. Avete, invece, cancellato ogni imposta sulle successioni plurimiliardarie, regalando 1.800 miliardi a chi, forse, non sa cosa farsene (Commenti del deputato Moretti - Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
Secondo punto: avete fissato un prezzo di riferimento sui farmaci per categorie omogenee; ma, se la medicina costa più del prezzo di riferimento, la differenza deve pagarla l'ammalato e se quest'ultimo non ha i soldi per comprarla, non riuscirà a curarsi.
Terzo punto: le sperimentazioni di nuove forme di gestione - che voi, espressamente, collocate fuori dai principi della Costituzione - porteranno ad una sorta di anarchia di 22 sistemi sanitari regionali, senza garanzia per i diritti fondamentali e senza coordinamento tra loro. Colleghi del Governo, come farete, con questo disordine, per il pagamento delle prestazioni sanitarie fuori regione?
Quarto punto: i rifiuti ospedalieri possono essere assimilati ai rifiuti urbani dopo un trattamento che, purtroppo, non garantisce nulla. La disposizione è contro le normative europee. Quei rifiuti inquineranno e saranno causa di ulteriori malattie. Vi è un ordine del giorno unitario della Commissione ambiente - ciò significa, quindi, che l'obiezione è fondata - ma, come sapete, l'ordine del giorno non corregge la norma sbagliata.
Quinto punto: i farmaci da banco potranno essere prelevati direttamente dai cittadini, anche attraverso un distributore, senza passare attraverso la competenza professionale del farmacista. Tuttavia - come si dice in un ordine del giorno presentato dalla stessa maggioranza - si tratta di farmaci veri, che possono avere anche gravi controindicazioni e che, associati ad altri farmaci, possono causare anche la morte. Il Governo ha pensato che dopo sarà più facile far vendere questi medicinali anche nei supermercati. Il Governo non ha pensato alla salute degli italiani; ha pensato agli interessi delle grandi catene di supermercati per le quali il Presidente del Consiglio mi pare abbia - o abbia avuto - qualche particolare motivo di affezione (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

GIACOMO BAIAMONTE. Bugie!

LUCIANO VIOLANTE. Tutte queste cose sono ben note ai colleghi che seguono i problemi della salute.
Alla Camera, se sottoposto alla libera discussione, il decreto-legge correrebbe il


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rischio di essere modificato, anche grazie al contributo di parlamentari della maggioranza. Per non correre tale rischio, il Governo ha chiuso la bocca a tutti: ha posto la questione di fiducia.
Colleghi della maggioranza, non credo che voi possiate salutare con favore questo bavaglio che vi rende responsabili, davanti ai vostri elettori, di danni che non volevate, bavaglio che vi viene imposto da chi esercita il proprio potere solo grazie al vostro quotidiano sostegno.
Non contestiamo il diritto e il dovere del Governo di realizzare il proprio programma: questa è una regola fondamentale in democrazia. Tuttavia, vi è un'altra regola, che consiste nel confronto tra Governo e Parlamento e tra maggioranza e opposizione, come carattere fondamentale della democrazia parlamentare.
Questo confronto non è un capriccio, ma serve a costruire un rapporto di fiducia tra paese ed istituzioni, perché chi ha votato sa che i suoi rappresentanti porteranno nel processo di costruzione della decisione politica anche i propri interessi, le proprie speranze e i propri valori.
Tuttavia, se il Parlamento non riesce a svolgere questa funzione di confronto e di mediazione, se non riesce ad essere nella quotidianità un luogo in cui si ricostruisce l'unità del paese e la sua coesione civile, la società si lacera tra privilegio e disperazione. I diritti non sono più garantiti dalla cittadinanza, ma dal patrimonio, dalle relazioni sociali, dal clientelismo politico o dall'apposito studio legale.
Cari colleghi, dopo pochi mesi dalle elezioni circola un'aria malsana nel Governo. C'è scollamento nella società italiana, come dimostrato dal fallimento della manifestazione di piazza del Popolo, sulla quale tornerò.

PIETRO ARMANI. Ma che fallimento!

LUCIANO VIOLANTE. C'è conflitto con il Parlamento, come dimostrano i 35 decreti-legge, e la ringrazio, signor Presidente della Camera, per il fermo richiamo al Governo. La caterva di disegni di legge delega (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)... Colleghi, evidentemente è stato un fallimento, se protestate!

ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Questo lo dici tu!

LUCIANO VIOLANTE. Le fiducie motivate dalla paura vedono scoprire le carte con la propria maggioranza, prima che con l'opposizione.
C'è contrasto tra un ministro e l'altro. Cito il caso di due ministri che stimiamo e che l'Italia stima. Il ministro degli esteri Ruggiero ha detto ieri che i carabinieri sarebbero intervenuti a Kabul per mantenere l'ordine; il ministro Martino ha replicato irridendo che si sarebbe trattato dei carabinieri della Farnesina.
Per tentare di recuperare alleanze e credibilità si compiono azioni disperate. La Confindustria comincia a prendere le distanze dal Governo ed il ministro Tremonti, noto per aver annunciato in diretta televisiva un buco inesistente, cerca di favorire le imprese con una semplice circolare interpretativa che inaugura altre grandi agevolazioni fiscali. Tale circolare apre nei conti pubblici una voragine di 23 mila miliardi in due anni. Chi pagherà? O le stesse imprese, alle quali si toglierà domani quello che si promette oggi, oppure il resto degli italiani, quelli che già dovranno sopportare i costi della cancellazione dei ticket.
Colleghi del Governo e della maggioranza, voi siete dirigisti nell'economia, come dimostra il fatto che nella cartolarizzazione del patrimonio pubblico avete previsto la garanzia dello Stato, cioè un'eventuale tassa sui cittadini che abolisce il rischio di impresa. Però, volete il mercato selvaggio per i grandi servizi universali come la salute e la scuola che, nella vostra politica, non si fondano sulla cittadinanza ma sul reddito. L'iniquità è il segno di queste scelte.
Questo Governo non è di centro, perché il centro è moderato e il Presidente del Consiglio fa spesso l'estremista. Non è di destra, perché la destra combatte il crimine, mentre le vostre leggi lo favoriscono.


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GENNARO MALGIERI. Siamo di sinistra!

LUCIANO VIOLANTE. A volte vi è del moderatismo in questo Governo, ma non è una virtù. Il moderatismo è cosa diversa dalla moderazione. Diceva Mino Martinazzoli che il moderatismo sta alla moderazione come l'impotenza sta alla castità.
Questo Governo sempre più spesso appare come la trasposizione a Palazzo Chigi degli interessi personali di un'unica azienda e di un circolo ristretto di poche persone a tutti note.
Il Presidente del Consiglio è in calo di prestigio. Le tre leggi vergogna - falso in bilancio, rogatorie internazionali e rientro anonimo dei capitali - hanno azzerato la sua credibilità internazionale.

ANTONIO LEONE. Stiamo parlando di sanità!

DANILO MORETTI. Lascia stare la demagogia!

LUCIANO VIOLANTE. Il 7 novembre, ci informa l'Avvenire, è stato scarcerato (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)... Signor Presidente, è che si stanno pentendo di quello che hanno votato, perciò protestano (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per favore...
Ognuno, naturalmente, in un dibattito sulla fiducia esprime le sue idee e ha diritto a farlo.

LUCIANO VIOLANTE. Ma questi sono fatti: è stato scarcerato il 7 novembre il primo imputato per riciclaggio mafioso sulla base della legge Berlusconi sulle rogatorie (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani - Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia). Vi abbiamo chiamato in Parlamento per cancellare questa legge vergogna. Dovete spiegare ai nostri partner europei ed americani che l'Italia scarcera, grazie ad una legge voluta dal Presidente del Consiglio e dai suoi avvocati, i detenuti per riciclaggio proprio nel momento nel quale è massima l'attenzione del mondo civile sulle reti finanziarie illegali e terroristiche.
Il 10 novembre si tenne la manifestazione di solidarietà agli Stati Uniti, manifestazione di parte che non si volle trasformare in manifestazione unitaria ed istituzionale come aveva chiesto il leader dell'Ulivo. La manifestazione si rivela un fallimento e ha l'unico effetto di sottolineare la contemporanea partecipazione di 130 mila persone al corteo dei giovani no-global. Qualcuno, poi, deve rispondere delle ragioni per le quali un corpo delle Forze armate come i bersaglieri ha partecipato, in divisa e fanfara, ad una manifestazione di partito.

ROBERTO ROSSO. Certo!

LUCIANO VIOLANTE. È la seconda volta, dopo Genova, che alcune forze politiche tentano di mettere le mani di partito sulle Forze armate. Anche questa volta fallirete perché le Forze armate italiane hanno la apartiticità nella loro storia e nel loro costume (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Socialisti democratici italiani).
Fallita la manifestazione di Roma, il Presidente del Consiglio dei ministri ha tentato di rifarsi la settimana dopo con un'altra infelice sortita in Spagna. Credo, e lo ribadisco, che la politica, la società e la cultura italiana debbano aprire una seria e profonda analisi, non di una parte, ma di tutti gli anni '90.
Al Presidente del Consiglio dei ministri, che ha parlato di colpo di Stato e di guerra civile, ricordo quello che disse un importante uomo politico a proposito di quegli anni: «La vecchia classe politica è stata travolta dai fatti e superata dai tempi, schiacciata dal peso del debito pubblico e dal sistema di finanziamento illegale dei partiti». Fu Silvio Berlusconi


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che, il 26 gennaio 1994, nel famoso discorso della sua discesa in campo, sostenne tutto ciò.

DANILO MORETTI. Stiamo parlando di sanità!

LUCIANO VIOLANTE. A chi parla di colpo di Stato ricordiamo che, in quegli anni, lo attuarono i corrotti e i corruttori che saccheggiarono migliaia di miliardi pubblici con il sistema della corruzione e del peculato (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
Onorevoli colleghi, a chi parla di guerra civile mi limito a ricordare otto nomi: Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Agostino Catalano, Walter Cusina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi e Claudio Traina. Sono i nomi dei giovani poliziotti massacrati da Cosa nostra a Capaci e in via Mariano d'Amelio: si trattava di una giovane donna e sette giovani uomini di scorta a Falcone e Borsellino (Commenti del deputato Bornacin).
Onorevole Berlusconi, la guerra civile contro gli italiani l'ha condotta la mafia, non la giustizia (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo)!
Signor Presidente, onorevoli colleghi, chi non è in grado di cogliere queste verità verrà travolto, prima che dal dissenso, dall'indignazione degli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo e Misto-Socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Massidda. Ne ha facoltà.

PIERGIORGIO MASSIDDA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, presidente Violante le chiedo scusa ma, pur sforzandomi, nel decreto-legge al nostro esame - sul quale, di qui a poco, esprimeremo il nostro voto - non ho trovato alcun provvedimento di quelli che lei criticava (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Credo che l'attenzione che lei ha mostrato sul tema della sanità sia dettata dallo show televisivo che ha voluto condurre su altri argomenti (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale), invece, questa sera dobbiamo discutere di un tema molto serio che riguarda anche le regioni di centrosinistra, perché stiamo attuando un (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)...

PRESIDENTE. Calma colleghi, proseguiamo nella discussione.

PIERO RUZZANTE. È reciproca la calma, Presidente!

PRESIDENTE. È reciproca, ma bisogna mantenerla sino alla fine della seduta.
Prosegua pure, onorevole Massidda.

PIERGIORGIO MASSIDDA. È difficile subire senza emozione tante falsità quante ne avete formulate voi in quest'aula (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale), soprattutto, per chi crede ancora nella sanità e che il servizio del parlamentare sia, prima di tutto, un po' di sincerità (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
Ciò che stiamo attuando è un accordo siglato dalla Conferenza Stato-regioni, dove erano presenti regioni di centrodestra e di centrosinistra, e stiamo cercando di arginare un'emergenza, cioè la spesa sanitaria che sta uscendo fuori da tutti i binari. In questi giorni - lo sapete benissimo, è inutile che chiudiate gli occhi - tutte le regioni sono chiamate ad approvare il proprio bilancio previsionale e, in questo momento, avevano necessità di sapere esattamente l'entità delle risorse alle quali fare riferimento.
Per la prima volta c'è un Governo che viene incontro a tutte le regioni, di centrodestra


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e di centrosinistra, trovando delle risorse ingenti - ma, soprattutto, fissando per un intero triennio delle risorse sicure che aumenteranno in base all'inflazione programmata - sulle quali ogni regione possa fare affidamento.
Tutti i cittadini devono sapere che, per la loro salute, questo Governo di centrodestra metterà a disposizione delle regioni risorse pari quasi al 6 per cento, percentuale che era la tradizionale battaglia dei sindacati e, a parole, dei partiti della sinistra; tuttavia, avete dovuto attendere, per la prima volta, un Governo di centrodestra, il quale - non dopo cinque anni ma dopo pochi mesi - riuscirà a realizzare questa economia e metterà a disposizione della salute dei cittadini fatti reali (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e del CCD-CDU Biancofiore).
Abbiamo introdotto un patto di stabilità che impone qualcosa che volevate anche voi, ma che avete cancellato per motivi elettorali, vale a dire una corresponsabilizzazione delle regioni e degli altri enti in un patto con il Governo, al fine di limitare e razionalizzare le spese, evitando gli sprechi.
A tal proposito sono stati introdotti molti strumenti a favore delle regioni, di destra e di sinistra, per fornire delle risposte; sono stati introdotti tetti per evitare gli sprechi; sono state introdotte sperimentazioni gestionali e nuovi sistemi di acquisto dei beni, per risparmiare risorse; sono state introdotte cose che voi non conoscete, come ad esempio l'informatizzazione per monitorizzare la spesa e poter intervenire, in tempo reale, per correggere qualsiasi danno (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia). Avevate la possibilità di farlo, ma non l'avete fatto!
Soprattutto, abbiamo introdotto anche i servizi Internet, per permettere a qualsiasi cittadino, in tempo reale, di verificare come verranno spesi i propri soldi; si tratta di un fatto di trasparenza e non - come dite voi - di interesse o altro.
Abbiamo fissato livelli essenziali di assistenza, al fine di consentire che, in tutto il territorio nazionale, siano garantiti livelli di qualità di salute ai nostri cittadini.
Naturalmente, nel rispetto delle autonomie e del federalismo regionale, abbiamo anche permesso alle regioni che sapranno meno amministrare, di poter pagare e fornire servizi suppletivi, qualora si ravvisino delle necessità nel proprio territorio.
Abbiamo previsto che vi siano, per i nostri cittadini, almeno cinque posti letto ogni mille abitanti, e che almeno uno sia messo a disposizione della cronicità e della lungodegenza, cosa che, allo stato attuale, non è prevista.
Tutto ciò ci ha permesso, naturalmente, di reperire risorse, personale e strumenti, al fine di fornire risposte urgenti a quella popolazione italiana che, fortunatamente, sta vedendo allungare la propria età e che, quindi, ha necessità di nuovi servizi importantissimi, come l'assistenza domiciliare ai cronici e ai malati terminali, che voi avete dimenticato (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
Diversamente da voi, noi abbiamo realizzato fatti concreti. Anche in questo decreto-legge ci sono fatti concreti, non parole. Vogliamo fornire risposte alla sofferenza delle persone appartenenti alle fasce più deboli e, proprio a tal fine, abbiamo trovato danaro per pagare servizi innovativi, per assicurare farmaci nuovi, senza pagare i fornitori - come fate voi -, ma rispettando anche questi lavoratori.
Dunque - come è stato detto - anche noi abbiamo vinto e ottenuto un consenso dalla gente assolutamente legittimo e vogliamo intervenire dove abbiamo criticato.
Onorevole Bindi, mi permetta, ci siamo sempre confrontati con lealtà e faccia a faccia. Noi non abbiamo mai accettato le proposte che lei ci sottoponeva con la riforma-ter, ma abbiamo combattuto lealmente. La verità è che questa famosa riforma, che voi difendete, non è stata bocciata soltanto da quei cittadini ai quali avevate garantito che si sarebbero dimezzati i tempi di attesa e che vedono, invece, raddoppiare il tempo per ottenere servizi essenziali e vitali; non è stata bocciata solo


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dai lavoratori della sanità, che sono frustrati. Legga, ne la Repubblica di oggi, cosa dicono gli infermieri del Governo Berlusconi del decreto che è stato fatto ieri, legga quel giornale, che è il vostro giornale (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
Questo provvedimento, al di là delle chiacchiere, al di là degli show che mettete in campo appena c'è la diretta televisiva, è stato bocciato dai suoi stessi compagni di corrente, di partito e di schieramento i quali, all'indomani delle elezioni regionali del 2000, hanno additato lei e il suo collega Berlinguer come le cause di questa sconfitta (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale, che gridano: «Bravo!»).
Non siamo stati noi a sostituire lei e il suo collega, nel Governo Amato, mettendo due tecnici e offendendo anche le sue capacità, che le vengono riconosciute anche se non condivise.

ROSY BINDI. Grazie, Massidda! Grazie!

PIERGIORGIO MASSIDDA. In conclusione, se mi permettete, al di là dei discorsi, al di là degli show, rimane un fatto concreto che, di qui a poco, gli italiani potranno verificare: è il Governo di centrodestra, è il Governo Berlusconi ad aver trovato risorse reali, ad aver realizzato quel 6 per cento che voi volevate a parole, ma che, in cinque anni, non siete riusciti ad ottenere. Tali risorse contribuiranno ad una salute vera, reale per i nostri cittadini.
È per questa ragione che, con orgoglio, annuncio il voto favorevole dei deputati del gruppo di Forza Italia (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Poiché la votazione avrà inizio alle ore 16,10, sospendo la seduta che riprenderà a tale ora con la chiama.
Per dare ordine alla votazione, procedo fin d'ora all'estrazione del nome del deputato da cui avrà inizio la chiama. Questa volta, spero di leggere il nome dalla parte giusta!
La chiama inizierà dal deputato Bornacin.
Prima, tuttavia, potranno votare alcuni deputati che ne hanno fatto espressa e motivata richiesta, all'inizio della seduta, tra i quali il ministro Matteoli.
Sospendo, pertanto, la seduta fino alle 16,10.

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