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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, recante disposizioni urgenti in vista dell'introduzione dell'euro.
Ricordo che nella seduta di ieri è stato approvato l'emendamento Dis.1.1 del Governo, interamente sostitutivo dell'articolo unico del disegno di legge, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia, e sono stati esaminati gli ordini del giorno.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carbonella. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CARBONELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo della Margherita voterà decisamente contro questo «malizioso» provvedimento. Le ragioni di questo voto sono molteplici ed afferiscono sia al merito delle questioni in essere, sia al significato politico che sorregge l'insieme di questa sciagurata impalcatura artatamente costruita dal Governo e dalla sua maggioranza. Peraltro, il metodo adottato, cioè l'inopinata richiesta del voto di fiducia, con cui si manifesta
esplicitamente la grande e grave debolezza politica che caratterizza questo Governo, ci costringe a sopprimere una sincera e per noi innaturale soddisfazione rappresentata dalla condivisibile parte del provvedimento recante le disposizioni urgenti in vista dell'introduzione dell'euro.
Cari onorevoli colleghi, avremmo voluto esprimere soddisfazione, oggi, nel vedere approvare questo provvedimento in Parlamento perché con esso si realizza, finalmente, un importante risultato dopo un lungo e faticoso cammino iniziato alcuni anni or sono e grazie al quale si è consentito al nostro paese di entrare in Europa ed assurgere ad un ruolo più che dignitoso nel contesto internazionale. Dobbiamo ringraziare tutti i cittadini italiani per i sacrifici allora compiuti e che furono chiesti dal Governo di centrosinistra a buona ragione.
Non intendo soffermarmi, peraltro, su cosa sarebbe successo se, sciaguratamente, fosse prevalsa la linea sostenuta dai tanti euroscettici allorquando si aprì nel paese il dibattito attorno a tale questione. Ricordiamo tutti il clima infuocato e le strumentalizzazioni che vi furono contro il Governo Prodi sulla famigerata tassa per l'Europa, poi in gran parte restituita, come da impegni assunti da quel Governo. «Succhiate il sangue ai cittadini» si disse.
Ebbene, cari colleghi, la differenza tra noi e voi consiste nel fatto che le nostre previsioni in gran parte risultano poi veritiere, mentre voi non ne azzeccate alcuna. Ne facciamo un'altra oggi.
Quando venne approvato il provvedimento relativo alle rogatorie fummo facili profeti nel sostenere che con lo stesso il Governo - ovviamente, involontariamente o in buona fede - allargava le maglie alla possibilità di false interpretazioni e, comunque, di liberare alcuni criminali: Prudentino ne è la testimonianza. I propri legali, insieme ad altri colleghi difensori di famosi criminali imputati in importanti processi, stanno seguendo la stessa strada.
Per tali motivi, risulta sospetta, peraltro, a proposito del decreto, la scelta di legare, unire ed intrecciare questa valida parte del decreto-legge a cui prima facevo riferimento (cioè quella dell'euro) con quella scellerata e poco nobile che riguarda il presunto rientro dei capitali dall'estero (anche questa è un'altra profezia, perché riteniamo che saranno pochi quelli che faranno rientrare i propri capitali dall'estero).
Dico «presunto» perché è facile prevedere che saranno pochi quelli che lo faranno e questi ultimi avranno i loro buoni motivi, che hanno poco a che fare con gli obiettivi che, verosimilmente, lo stesso Governo si è imposto. Voi vi scandalizzate se affermiamo che gli unici che riporteranno i propri capitali saranno proprio quelli che hanno interessi a farlo. È giusto che il Governo dimostri tanta comprensione nei confronti dei tanti che si sono arricchiti illecitamente, a cui gli si offre la possibilità di pulire i propri lauti guadagni, illecitamente realizzati, e degli altri che, negli anni passati o nei mesi scorsi, hanno esportato i propri capitali all'estero? È giusto che a costoro, che hanno esportato all'estero i propri capitali, che hanno evaso, oggi, gli si conceda un premio facendogli pagare un misero e vergognoso 2,5 per cento?
Si tratta di uno schiaffo, di una grande umiliazione ai tanti onesti imprenditori che, in tutti questi anni, hanno operato nel nostro paese, hanno pagato le tasse, creato sviluppo, prodotto ricchezza; oggi, li si offende con una sanatoria preparata e confezionata ad hoc per questi banditi.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, la verità è che con il provvedimento al nostro esame il Governo ha compiuto il grande slam: falso in bilancio, rogatorie internazionali e condono per i capitali provenienti dall'estero sono la faccia della stessa medaglia, la cui effige rappresenta un'altra Italia, un paese diverso: non è lo stesso paese per il quale tanti italiani si sono sacrificati per portarlo in Europa, e voi, Governo e maggioranza, con la vostra politica state facendo di tutto per farlo espellere e trasformarlo in un paese delle banane, fuori dai circuiti internazionali che contano.
Per ottenere questo triste risultato vi sono bastati cento giorni: complimenti!
Credo che, da voi, gli italiani che vi hanno votato non si aspettassero tutto ciò e nemmeno noi, pur essendo opposizione, immaginavamo foste capaci di tanto. Società sfrenatamente liberale, forse, ma non credevamo selvaggia. Tuttavia, faremo in modo che - sicuramente con il dialogo ma anche con una forte opposizione, in Parlamento e nel paese - questo calo di legalità e di civiltà che state procurando all'Italia non mini le fondamenta della nostra democrazia e si conservi un'idea di società nella quale, vecchi e nuovi valori, consentano ai cittadini italiani di sentirsi orgogliosi della propria identità (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fluvi. Ne ha facoltà.
ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voteremo con convinzione questo provvedimento e la richiesta del voto di fiducia presentata dal Governo sul testo al nostro esame costituisce un fatto che consideriamo grave, non solo perché impedisce un confronto parlamentare tra maggioranza ed opposizione ma anche perché non si comprende - forse si comprende anche troppo bene - il senso di questa ennesima prova di forza dell'esecutivo: assomiglia più ad un segnale inviato alla sua maggioranza che non ad una risposta al presunto ostruzionismo dell'opposizione.
Ieri in aula ho sentito, come tutti, il collega di Forza Italia, nella sua dichiarazione di voto, fare riferimento - nel tentativo, forse, di dare dignità al provvedimento in esame - alla legittimazione popolare, alla maggioranza espressa dai cittadini e via dicendo.
A parte il fatto che non capisco questa continua puntualizzazione - nessuno, infatti, mette in discussione l'esito della consultazione del 13 maggio - mi permetto di dubitare della vasta condivisione, anche da parte del vostro elettorato, di quanto state facendo.
Avendo, come voi, rapporti con i cittadini del mio collegio - sia con quelli che mi hanno votato sia con coloro che hanno preferito la Casa delle libertà -, sono convinto che, fra questi ultimi, ve ne siano molti che non sono figli di quella cultura dell'illegalità che informa questo ed altri provvedimenti del Governo.
È anche per tale motivo che vi assumete una grande responsabilità, signori del Governo. Una responsabilità che va oltre il merito dello stesso provvedimento che stiamo discutendo; una responsabilità che vi assumete in un quadro internazionale di forti tensioni, in una cornice nella quale i Governi di tutto il mondo stanno rafforzando le difese dai capitali del terrorismo internazionale.
Vedete, colleghi, ci sono diverse date che segnano la storia di un paese o di un continente e credo che il 1o gennaio del 2002 sia, sicuramente, una di queste. Dopo il Trattato di Roma e l'introduzione dell'euro è forse l'atto simbolico che rappresenta, più di ogni altro, la costruzione di quella comunità europea, di quello spazio comune europeo, che tutti diciamo di volere. I Governi del centrosinistra sono stati protagonisti di questo evento, che non c'è stato regalato da nessuno, ma che è stato costruito, giorno dopo giorno, con il contributo di tutte le forze di cui dispone questo paese - e sono tante -, che è stato preparato con una paziente opera di ricostruzione della credibilità internazionale dell'Italia.
Dunque, con il gennaio 2002, si chiude una fase nella storia dell'Italia, vale a dire quella iniziata nei primi anni novanta. Sono stati anni difficili, non c'è dubbio. Sono stati gli anni di Tangentopoli, della crisi della politica e delle sue forme organizzate; sono stati gli anni in cui l'Italia ha camminato sull'orlo del baratro economico-finanziario, rischiando l'isolamento internazionale.
Noi, in questi anni, abbiano avviato il risanamento economico e finanziario dello Stato e abbiamo gettato le basi solide per un nuovo sviluppo dell'Italia. Ma, soprattutto, colleghi della maggioranza, in questi anni abbiamo restituito dignità al paese
sia sul piano interno sia su quello internazionale. Siamo riusciti in questa impresa, forse la più difficile, forse la più ardua, dopo Tangentopoli, perché siamo stati credibili, abbiamo rispettato gli impegni, abbiamo contribuito a riscrivere - certamente abbiamo contribuito, non da soli - un nuovo sistema di regole. Su ciò abbiamo avuto il consenso ben oltre i confini del centrosinistra.
Rialzare la schiena per un paese piegato - questa era l'Italia all'inizio degli anni novanta - presupponeva uno sforzo enorme, un impegno straordinario di tutte le forze sane, la condivisione di un patrimonio di regole che fa leva su tutti quegli strumenti che esaltano il sentire di una collettività, che costruiscono un sentire comune. E, al di là dei singoli provvedimenti, al di là dei contenuti anche di questo provvedimento, è questo che state distruggendo; è questo impianto che state distruggendo!
State distruggendo dalle fondamenta l'idea di un rinnovato rapporto fra cittadini ed istituzioni, fra amministratori ed amministrati, fra la politica e gli uomini e le donne di questo paese; e mi riferisco alla politica con la «p» maiuscola, che è altra cosa dalla melassa di interessi, dall'intreccio di particolarismi e di favoritismi, che pure ha caratterizzato tanti anni della storia del nostro paese. Ma qual è il messaggio che state mandando con questo provvedimento? È lo stesso che avete dato con la depenalizzazione del falso in bilancio e con la legge sulle rogatorie. Ma qual è il messaggio che lanciate al paese, al paese in carne ed ossa, se, insieme a questi provvedimenti, abolite l'imposta di successione? Oppure, per fare un esempio recentissimo, se ci costringete ad una lunga battaglia di opposizione, in Commissione ed in aula, sul decreto-legge relativo alla privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, per innalzare il limite di reddito da 18 mila a 19 mila euro. Parliamo di 36 milioni di reddito familiare annuo, lordo? Come pensate che si possa acquistare una casa, un bene necessario per esercitare il diritto di cittadinanza, con 40 milioni di reddito familiare all'anno?
Con questo provvedimento, d'altra parte, autorizzate chi vuole far emergere 100 milioni, non dichiarati ed esportati illegalmente, a sistemare la propria posizione pagando due milioni e mezzo. Come stanno insieme questi due atti? Come si legano i due provvedimenti? E come si fa a non rendersi conto, allora, che il pacchetto complessivo del falso in bilancio, della legge sulle rogatorie, del condono sui capitali illegalmente esportati è quantomeno sospetto? Visto nel suo complesso, infatti, esso apre la strada a comportamenti non corretti.
In conclusione, vorrei rivolgere un appello ai colleghi della maggioranza. Sappiamo quale sarà l'esito della votazione anche quest'oggi, come ieri; ma sappiamo anche che, se ci fosse stato concesso, avremmo migliorato il testo attraverso il dibattito parlamentare. Non permettete un ulteriore appannamento dell'immagine internazionale dell'Italia. Non si tratta di demagogia. Basta leggere i quotidiani di oggi. Non è demagogia fare riferimento al ruolo di secondo piano che l'Italia sta vivendo in questa difficile fase politica: il Presidente del Consiglio è riuscito a farsi ricevere in zona Cesarini, pietendo un incontro con il presidente Bush; il nostro paese è stato escluso, per la prima volta dal Trattato di Roma, da un confronto con i grandi d'Europa. Allora, come Parlamento, contribuiamo a rafforzare l'idea di unità nazionale che il Presidente della Repubblica Ciampi si sta sforzando di dare. Non consentiamo, non consentite di minare le regole che tengono insieme la comunità nazionale; non permettiamo, per fare un piacere a pochi, che si metta in discussione un patto fra molti: il patto fra gli italiani. Anche per questo, esprimeremo un voto contrario sul provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grandi. Ne ha facoltà.
ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, con questo decreto-legge, di cui si propone
la conversione in legge nel testo del maxiemendamento presentato dal Governo ed approvato ieri, si compie un atto particolarmente preoccupante. La decisione di troncare il confronto sul provvedimento è grave perché le proposte dell'opposizione avevano affrontato problemi, quesiti ed obiettivi che avrebbero potuto migliorare il testo, eliminandone le parti che sono, effettivamente, più dannose anche per il paese.
Sono gravi gli effetti di questo provvedimento perché rischiano di creare un clima di illegalità, di aprire la strada a capitali illeciti che possono rientrare e, in generale, di dare vita nel paese a un clima di illegalità molto pesante. Non è soltanto un premio inaccettabile per chi ha esportato in modo illecito in questi anni i capitali all'estero, ma costituisce un autentico pericolo di inquinamento per la legalità economica e democratica del nostro paese. Del resto, a leggerlo bene, l'emendamento Dis.1.1 del Governo non fa che confermare questa preoccupazione, che noi avevamo espresso in Commissione finanze, nel corso dell'esame degli emendamenti, perché, in fondo, si fa carico del tentativo di dimostrare che le nostre ragioni non erano vere. In realtà, non affronta il nodo fondamentale - l'anonimato - e, di conseguenza, rischia di essere semplicemente una grida che non ha effetto pratico. Infatti, il tentativo di rimediare non cambia la sostanza del provvedimento: la minaccia di sanzioni al 100 per cento di non validità di questa vera e propria amnistia mascherata di alcuni gravi reati di natura penale, non cambia la situazione. Ciò che conta è che costoro resteranno anonimi: il meccanismo individuato dalla legge è tale da garantire l'anonimato e l'immunità. Proprio le norme impediscono gli effetti delle dichiarazioni sia pure roboanti fatte sul provvedimento.
La gravità di fondo del provvedimento resta immutata: il resto è belletto, facciata, imbiancatura. Sottolineo che il Presidente del Consiglio è andato nei giorni scorsi a Washington e ha preso impegni nella lotta al terrorismo, in particolare, per tagliarne le radici finanziarie che ne alimentano l'attività. Dopo questo viaggio negli Stati Uniti, il Governo ha adottato un decreto-legge in materia di reati finanziari legati al terrorismo, che discuteremo nei prossimi giorni e i cui effetti, proprio per il provvedimento oggi in esame, sono del tutto inefficaci. Quindi, sia gli impegni presi con il Governo degli Stati Uniti sia il decreto-legge citato resteranno privi di effetti pratici, perché contraddetti da questo provvedimento che stende un velo di anonimato sul rientro dei capitali all'estero. Dovrebbe dire qualcosa alla maggioranza la dichiarazione del vicedirettore della Banca d'Italia, dottor Finocchiaro, pubblicata oggi sui giornali, che raccomanda di seguire con attenzione tutte le occasioni in cui il cambio di oltre un milione di lire potrebbe oggi essere parte di un riciclaggio di capitali. In questo modo, con questo provvedimento, la ragnatela attraverso cui si finanzia non solo la criminalità organizzata, ma anche il fenomeno particolarmente pericoloso di questi giorni, il terrorismo, resterà indisturbata. Anzi, si fornisce un'occasione importante per riciclare fondi, su cui il vicedirettore Finocchiaro, ancora volta, richiama la nostra attenzione, il che è cominciato ormai da molte settimane: si tratta di fondi non solo illegittimi, come è illegittima l'esportazione di capitali, ma anche perseguibili e rintracciabili con indagini sulla criminalità organizzata e nell'ambito della lotta al terrorismo. Con questo decreto-legge non solo chi ha portato illegalmente capitali all'estero può sanare i reati di cui si è reso responsabile e ripulire il suo danaro, ma può farlo a prezzi di vero e proprio saldo, vale a dire il 2,5 per cento: uno sconto mai visto!
Si tratta di uno schiaffo autentico a tutti i cittadini onesti che, come minimo, dal punto di vista del prelievo fiscale, hanno pagato in passato imposte sostitutive almeno cinque volte superiori. Questo è un messaggio preciso ai furbi, ai disonesti, a tutti coloro che hanno intenzione di evadere ed è una beffa per la grande maggioranza dei cittadini italiani. Aggiungo che per ulteriore benevolenza del
Governo, con questo 2,5 per cento, sempre allo stesso prezzo di saldo, si sanano anche gli aspetti previdenziali, che nulla hanno a che fare con quelli più direttamente fiscali. La generosità verso gli evasori di questo Governo e, purtroppo, di questa maggioranza, se convertirà il decreto-legge, è veramente molto grande. Ma ciò che è peggio è che questi soldi non potranno essere distinti dai capitali esportati illecitamente e di origine criminale.
Certo, vi è una norma che lo vieta ed è stata amplificata ma è una norma - lo ripeto - inefficace, è come abbaiare alla luna. È una norma di pura facciata o, se si preferisce, una moderna foglia di fico perché le modalità di funzionamento del provvedimento impediscono nei fatti controlli ed indagini. Infatti, la totale segretezza di questo provvedimento impedirà di rompere il circuito perverso; può darsi che qualcuno della maggioranza si sia distratto ma il circuito è sostanzialmente questo: il soggetto interessato dichiara ad un intermediario la volontà di far rientrare una somma di denaro od altri proventi e dà l'incarico all'intermediario finanziario stesso il quale ne prende atto, compila un modulo in due copie - una per sé ed una per il soggetto interessato - ed entrambe finiscono in due capaci cassetti. La procedura è finita, nessuno saprà mai, soltanto un'indagine casuale potrebbe rintracciare il soggetto, né più né meno che oggi, ma a quel punto il soggetto opporrà la sua dichiarazione, il suo salvacondotto, la sua liberatoria e l'indagine a quel punto si fermerà.
Tutto si fermerà, a meno che l'inquirente, con particolare fortuna e sagacia, riesca a dimostrare - ma questo lo poteva fare anche oggi - che il reato è tra quelli che si prevede non possano essere estinti, potendo di conseguenza continuare la sua indagine. Ma come farà dopo che la legge sul falso in bilancio e quella sulle rogatorie gli hanno praticamente impedito di operare?
Con questo provvedimento la criminalità può stare tranquilla; solo un'incredibile sfortuna potrebbe far cadere qualcuno di questi soggetti, con i propri fondi, nelle maglie della giustizia.
È una grande ed enorme occasione per ripulire i capitali sporchi e la criminalità la userà. Ricordo che in passato l'Italia si era caratterizzata come il paese che chiedeva il controllo di fondi illeciti ed aveva lavorato per eliminare i paradisi fiscali, almeno in Europa. Oggi, al contrario corriamo il rischio di essere accusati dal resto d'Europa di costituire la sede per il riciclaggio dei capitali, anche di quelli sporchi.
Il ministro Tremonti, a forza di evocare gli spiriti animali del capitalismo, è arrivato ad invocare gli spiriti degli animali feroci che minano i fondamenti della convivenza democratica e civile della società. Dal denaro sporco si arriva rapidamente ai legami con la rete di finanziamento del terrorismo, che pure dovrebbe essere una preoccupazione di tutti. Mentre si fanno dichiarazioni, mentre si prendono impegni puramente di facciata contro il terrorismo, l'anonimato garantito da questa legge, con il relativo salvacondotto per il soggetto interessato, offre una straordinaria occasione. Non è un mistero che la rete terroristica - ad esempio - vende droga e acquisisce di conseguenza capitali illeciti per acquistare armi. Queste sono le modalità di finanziamento che qualunque inchiesta parlamentare può confermare.
È grave che l'Italia, proprio in questa fase, venga messa in una condizione vergognosa, inaccettabile di fronte ad altri paesi seriamente impegnati nella lotta al terrorismo ed alla criminalità.
Prima in Commissione poi con gli emendamenti respinti ieri con il maxiemendamento del Governo noi vi abbiamo fatto proposte ragionevoli. Bisogna tenere da qualche parte - abbiamo proposto l'amministrazione finanziaria, ma ci andavano bene anche altre sedi come la Banca d'Italia, l'ufficio italiano cambi, un posto qualunque - una lista di coloro che chiedono il rientro dei capitali illecitamente esportati. Almeno, nell'ambito di quella lista gli inquirenti avrebbero potuto cercare dei nomi e dei collegamenti; cercare
qualcuno - che il Governo americano ha indicato a tutti i governi europei - degli uomini legati a Osama Bin Laden. C'è da chiedersi come si farà a trovare i collegamenti con quei ventisette nomi nella lista, nel momento in cui nessuno potrà avere una sede nella quale effettuare l'indagine.
Cercare qualcuno dei soggetti coinvolti nelle attività criminali era il primo dei doveri di questo paese; il giudice che sta indagando a chi chiederà di verificare la lista di nomi dal momento che le liste sono nei cassetti? Avevamo chiesto di parificare le cifre, almeno nei riguardi di coloro che hanno lavorato onestamente, per non fare regali a chi ha frodato lo Stato ed il resto della collettività e per impedire che gli onesti venissero in questo modo traditi.
PRESIDENTE. Onorevole, bisogna che concluda.
ALFIERO GRANDI. Avevamo chiesto di eliminare dal provvedimento tutti i riferimenti ad una possibile amnistia, ma sono rimasti e mi auguro che la Corte costituzionale sia chiamata ad intervenire in merito. Sono state inserite norme sull'emersione che nulla vi hanno a che fare, dopo aver respinto i nostri emendamenti in aula; vi comportate con arroganza, ma non per paura della minoranza, i numeri sono quelli che sono. La verità è che avete paura di voi stessi, della tenuta della maggioranza perché nel paese c'è un'opinione pubblica contraria alla natura di questo provvedimento.
Sapete anche voi che una parte della vostra opinione pubblica è contraria; cercheremo di spiegare al paese le ragioni per cui questo provvedimento è inaccettabile e di trovare tutti i modi per renderlo inefficace (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.
GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, non illustrerò di nuovo le ragioni politiche di fondo espresse ieri a nome dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista, nel corso della discussione sulla questione di fiducia, che ci portano non solo al voto contrario su questo provvedimento, ma ci fanno intravedere, nella trama dei provvedimenti approvati in questi cento, centoventi giorni di Governo, un disegno strategico che riteniamo estremamente pericoloso. Lo riteniamo un messaggio devastante, anche corruttivo per il paese. Sto parlando dei provvedimenti che riguardano, ad esempio, la tassazione sulle successioni e donazioni, dei provvedimenti del ministro Lunardi sulle infrastrutture e sull'ambiente, dei provvedimenti come la stessa cartolarizzazione o di quelli come i condoni che di fatto abbiamo già approvato in altri campi: sto parlando di quelli che riguardano la sanatoria del lavoro nero e grigio, la sua cosiddetta emersione, che scarica peraltro sugli stessi lavoratori e lavoratrici responsabilità che essi non hanno.
Per quanto riguarda lo specifico provvedimento, vorrei dire che, dal punto di vista tecnico oltre che politico, le preoccupazioni per ciò che poteva accadere, in verità, provengono da lontano (questo aspetto è stato poco fa citato anche dal collega Grandi).
Ricordo, come membro della Commissione antimafia nella scorsa legislatura che, già nel 1999 l'allora capo della polizia Masone, in un'importante audizione in Commissione antimafia, delineò il pericolo, di cui dovevamo essere avvertiti, di quella che chiamò l'ora del riciclaggio nel momento in cui fosse scattata l'introduzione dell'euro.
Successivamente, in una ulteriore audizione, l'ispettore generale del Tesoro Carpentieri avvertì il Parlamento di tale pericolo. Tuttavia, poiché è bene che la destra sappia ciò che fa la sinistra e viceversa e affinché non si lavori tessendo le tele di Penelope, giustamente veniva ricordato poco fa da Grandi che ieri, nel corso di un'audizione al Senato - è il terzo caso che voglio citare - proprio ieri, 24 ore fa, Antonio Finocchiaro, vicedirettore generale di Bankitalia, ha detto più o
meno che, da alcuni mesi, in tutta Europa si sta assistendo a strani fenomeni che potrebbero essere il segnale che l'operazione di ripulitura del denaro - l'ha chiamata così - è già iniziata e ha detto di temere che l'introduzione dell'euro possa fornire l'occasione per ripulire proventi illeciti, approfittando di smagliature nella rete di protezione e di disfunzioni operative.
Pertanto, Bankitalia, come qualsiasi esperto e dirigente politico, anche minimamente attento ai temi delle strutture economiche e produttive a livello nazionale ed internazionale, sapeva benissimo che vi era naturalmente e oggettivamente - non uso mai per la mia cultura garantista l'avverbio «oggettivamente» con favore, il Presidente lo sa, ma in questo caso lo utilizzo - il pericolo di riciclaggio coincidente con il periodo che stiamo attraversando. Ecco fatto: questo pericolo viene in qualche modo aggirato ed «eccita» in qualche modo questa maggioranza a varare, proprio in questo momento, un provvedimento che può apparire ed appare come una misura, oltre che in parte inefficace e dannosa, addirittura perniciosa e pericolosa per l'aspetto specifico citato. Ho già detto che non citerò gli altri aspetti contenuti nella mia dichiarazione di voto formulata ieri. Abbiamo dei casi - alcuni già citati - che anche sul piano tecnico-finanziario sono estremamente gravi. Pensate, onorevoli colleghi, che non esistono sanzioni nemmeno per l'intermediazione finanziaria - mi sto riferendo evidentemente al caso dei riciclatori di denaro sporco -; ripeto, non esistono sanzioni per l'intermediazione finanziaria.
In pratica, i capitali, una volta reimportati e convertiti (ciò riguarda un aspetto, per così dire, strategico e futuro dei patrimoni) sono assolutamente liberi, senza alcuna garanzia che si possa procedere alla confisca - lo dico anche ai giuristi presenti - neppure se accertato, magari con sentenze passate in giudicato, il reato di riciclaggio. Si tratta di un'altra anomalia giuridico-costituzionale estremamente grave, unitamente ad altre anomalie - già ricordate nel precedente intervento - quali la somma ingiustizia a danno dei cittadini onesti.
I conti sono facili a farsi in questo caso: se vengono accertati 300 miliardi non dichiarati da parte di un cittadino italiano, l'accertamento tributario è pari all'80 per cento della somma evasa, al quale vanno aggiunte le sanzioni ed il processo penale per infedele dichiarazione; al contrario, se un altro evasore trasferisce all'estero ricavi non dichiarati, pagherà soltanto una percentuale del 2,50 per cento. L'aspetto più singolare è che la società finanziaria che si occupa del rientro delle somme all'estero non è tenuta a comunicare il nome del possessore di quelle somme: si realizzerà in pratica un perfetto anonimato e ciò considerando alcune categorie di esportatori, reimportatori e convertitori - parlavo prima di riciclatori - è estremamente pericoloso. In tal modo, sia il fisco sia la magistratura non potranno sapere a chi appartenevano quei capitali, come siano stati accumulati e perché siano stati trasferiti all'estero.
Vi assicuro - e mi permetto di dirlo da vecchio garantista - che questo non c'entra assolutamente niente col giustizialismo. Il fatto che la magistratura, per effetto di un perfetto anonimato, non possa nemmeno sapere di chi siano i capitali e come siano stati accumulati, non c'entra assolutamente niente col giustizialismo. Rispondo così alle affermazioni contenute nella dichiarazione di voto di un giovane collega di Forza Italia, probabilmente ancora inesperto in questi campi.
In realtà il problema è un altro: tralasciando l'amnistia, è possibile parlare di indulto ma occorre farlo apertamente. Siamo disposti a discuterne, ma in questo caso non si dovrebbe procedere con una legge ordinaria, ma come tutti voi sapete e mi insegnate, in base all'articolo 79 della Costituzione che, non a caso, prevede, in questa fattispecie, la necessità di una maggioranza qualificata del Parlamento. Quella maggioranza qualificata rappresenta, per così dire, la prescrizione di una volontà specifica che guarda ad un caso, lo ritiene straordinario ed eccezionale, nelle
due accezioni che queste due qualificazioni hanno e, conseguentemente, con una maggioranza qualificata, lo approva. Non si può procedere con una legge ordinaria e con un sotterfugio. Un sotterfugio che soltanto gli onesti pagano, mentre i furbi no, rappresenta un messaggio corruttivo di massa per il paese.
Questo mi preoccupa, sul piano tecnico, da legislatore, tenendo ferme - lo ripeto - le considerazioni politiche che ho espresso ieri a nome del gruppo di Rifondazione comunista. La mia grande preoccupazione è che, in questo modo, si alimenti, come dire, quel marcio che è nel sottofondo della società, quella subcultura che, come sappiamo, esiste in tutte le società e che vede nell'individualismo, a volte proprietario dell'accumulazione selvaggia, senza l'individuazione di un rapporto tra persone e comunità sociale e, quindi, anche fra bene individuale e bene collettivo, una finalità di tipo statuale e costituzionale. Mi preoccupa il fatto che stiamo approvando - anzi, state approvando, con la nostra opposizione - leggi che contengono un messaggio corruttivo per la coscienza di massa del paese, perché l'interazione fra crimine, economia e potere politico rischia di assumere l'identità di un vero e proprio modello e, addirittura, di configurare, oltre che una coscienza di massa, una forma di Stato.
Temo per il paese, complessivamente, che, anche a livello internazionale, il Governo Berlusconi si stia qualificando per questa identità e per questa caratteristica: un modello, come dicevo, di interazione fra crimine, economia e potere politico (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nesi. Ne ha facoltà.
NERIO NESI. Signor Presidente, la mia dichiarazione di voto resa ieri rende superflua ogni ulteriore spiegazione. Mi consenta, però, alcune osservazioni finali.
Mi occupo di questo problema da molti anni e, con i diversi governatori della Banca d'Italia da me conosciuti - nomi illustri, come Carli, Baffi, Ciampi -, nei vari studi svolti insieme (allora io presiedevo la più grande banca italiana), avevamo sempre concluso che non era possibile, né conveniente per il paese, concedere agevolazioni eccessive per il rientro dei capitali, soprattutto quando queste agevolazioni comprendevano anche un'amnistia. Proprio per questo motivo, con tutto il rispetto, provo un certo stupore nell'apprendere che l'attuale governatore della Banca d'Italia - a quello che sento dire dal ministro dell'economia e delle finanze - sia così favorevole a questo provvedimento.
Ho consultato anche alcuni amici banchieri ed essi, in realtà - lo dico per correttezza - da questo provvedimento si aspettano di fare degli affari e, quindi, giustamente, avendo la responsabilità di dirigere aziende bancarie, sono contenti. Penso, però, che non ne faranno molti, anche perché il provvedimento precisa che l'intermediario può essere anche l'agenzia o la filiale italiana di banche straniere. Sono convinto, quindi, che coloro i quali hanno capitali all'estero - non soltanto nella solita Svizzera, ma anche in Lussemburgo, in Liechtenstein, alcuni, ancora più sfacciatamente, nei paradisi fiscali delle isole del Pacifico - non utilizzeranno molto le banche italiane. Questo voglio dirlo qui, perché rimanga agli atti (se poi le utilizzeranno, ne sarò lieto per gli utili per le banche italiane). Quindi, neanche in questo senso ci sarà un vantaggio per il paese.
Proprio ieri, leggevo su un giornale - credo il più attendibile in questa materia, Il Sole 24 Ore - che, nel 2000, sono usciti dall'Italia altri 4 mila miliardi, soltanto in riferimento a quei paesi per cui il trasferimento non è ancora legittimo e, in particolare, i paesi dell'est.
Il Sole 24 Ore si chiedeva come fare per bloccare questo trasferimento. Credo che, anche in tal senso, lo strumento che il Governo attuale ci propone sia inutile. Non posso che ripetere, dunque, quanto
ho dichiarato ieri a questo proposito. Si tratta di un provvedimento inutile ma mi auguro di sbagliare. Siamo fermamente contrari all'attuale Governo e, in particolare, non proviamo molta stima nei confronti del ministro dell'economia e delle finanze. Tuttavia, la nostra prima preoccupazione riguarda l'interesse generale del paese.
Credo che, oltre che inutile, questo provvedimento sia dannoso per la fiscalità italiana. Il mio pensiero va ai grandi professionisti che hanno guadagnato molto e che si sono visti tassare i loro redditi fino al 30 o 40 per cento. Da oggi, penseranno che avrebbero fatto molto meglio a portare i loro capitali all'estero, nell'attesa di una prossima amnistia - che, certamente, ci sarà poiché, a questo punto, si riterrà inutile introdurla solo per un determinato periodo - pagando, in totale esenzione civile e penale, il 2,5 per cento. Non so con quale criterio il ministro ci proponga ciò.
Non affronto le altre questioni più inquietanti, perché delle stesse hanno parlato i miei colleghi. Queste sono le ragioni per le quali, con grande fermezza, serenità e preoccupazione, signor Presidente - che spero lei condivida - ci accingiamo a votare contro questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Coluccini. Ne ha facoltà.
MARGHERITA COLUCCINI. Signor Presidente, anche a me - come, del resto, ho sentito nel corso di altri autorevoli interventi - verrebbe naturale porre un'infinità di domande sul perché, in base a quale spinta o urgente motivazione si costringa il Parlamento - e, quindi, il paese - ed avviarsi su un percorso così impervio, verso un'insana ed oscura prospettiva.
È un interrogativo legittimo ma, dal punto di vista della maggioranza, non sufficientemente rilevante, non abbastanza pertinente, di nessun interesse, tant'è che risposte ragionevoli ed adeguate non ve ne sono state e non ve ne saranno.
Credo che non sia difficile immaginare che, in realtà, queste ragioni non esistono se non in un'ottica tutta interna agli uomini del Governo - e, forse, neanche a tutti - il cui unico ed esclusivo interesse è quello di perseguire un piano che ha il carattere di vera e propria strategia, il cui unico obiettivo è lo svuotamento delle regole anche quelle di convivenza civile, quelle che si sono accumulate nel corso dei secoli e che fanno di ogni paese un paese civile, che danno certezza ad un individuo e prospettive sane ad ogni generazione.
È bastato poco tempo a questo Governo per trasmettere segnali forti, per rendere palese a chi si rivolga, quali interlocutori prediliga e lo ha fatto con estrema destrezza, infilando, nei famigerati cento giorni, provvedimenti che, certo, non parlano alla maggioranza del paese e ai suoi cittadini comuni, che non vanno, certo, a risolvere il peso della quotidianità per milioni di questi ma, al contrario, fanno tirare un bel sospiro di sollievo a quanti, con la depenalizzazione del falso in bilancio, con il depotenziamento delle rogatorie e con la regolarizzazione delle somme illecitamente esportate all'estero, possono dirsi ben soddisfatti di questo Governo che li aiuta e li rinforza.
Il disegno di legge di conversione che, oggi, approverete avrebbe dovuto essere un punto di arrivo per l'intera comunità nazionale, un punto di orgoglio che l'intero paese avrebbe incassato a fronte di una piena consapevolezza e di tanti sforzi.
Le modalità di introduzione della nuova moneta europea avrebbero dovuto soltanto segnare il compimento di una lenta maturazione, avrebbero dovuto soltanto indicare come comportarsi, come prepararsi a vivere una novità così eclatante - e come farlo meglio - al pari degli altri paesi europei. Così non è stato perché questo imminente, storico appuntamento sarà per sempre macchiato dalla volontà - la vostra - di dare diritto di cittadinanza a chi, con piena consapevolezza, ha esportato
capitali all'estero (talvolta frutto di attività criminali): a costoro state parlando e state lanciando messaggi rassicuranti; state trasformando l'occasione di presentare all'Europa, finalmente, un paese saldo e maturo in una spregevole azione di legalizzazione del contrabbando, a prezzi stracciati e assicurando la più assoluta riservatezza, vale a dire con tutte le garanzie del caso.
Avete ingannato tutti, anche la vostra stessa maggioranza. Non è un caso che dal testo originario siano sparite, nel corso della discussione, non certo per volontà del centrosinistra, anche quelle generose e compensatorie finalità dei capitali rientrati e finalmente ripuliti; non si può dimenticare l'evidente imbarazzo del relatore, del sottosegretario e del presidente della Commissione al momento della scoperta - dovuta a nostra sottolineatura - che non vi sarebbe stata alcuna compensazione moralmente risarcitoria per le infrastrutture, per l'apparato produttivo, per la previdenza, così come era stato, invece, ipotizzato e scritto: niente di niente! L'operazione è fine a se stessa e, di fatto, sostanzia una vera e propria amnistia.
La famigerata strategia dell'attrazione porterà il nostro paese a diventare una vera e propria anomalia nel panorama europeo e mondiale: chi ha svolto attività illecite vi troverà sempre comprensione e gli investitori di capitali saranno attratti non tanto dalla qualità delle norme quanto dall'allentamento delle regole.
Deve essere chiara, quindi, la rivendicazione del centrosinistra. Quest'ultimo vorrebbe trovare nel Governo attualmente in carica non tanto continuità nell'azione quanto rispetto: di uno spirito che ha condiviso con l'intero paese e che ha permesso di entrare nell'euro rispettando gli stretti parametri stabiliti; di una modalità di iniziativa legislativa mirata, rigorosa ed efficace, di cui tutti gli italiani si sono fatti carico, portandone il peso e la responsabilità. Voi state mancando di rispetto a tutti costoro; legiferando in modo mediocre, state affermando che a voi interessa «fare», non importa come, ma solo per chi.
Trovo, poi, segno di grande debolezza - ed anche il paese sta cogliendo questa indicazione - aver fatto ricorso al voto di fiducia: debolezza del vostro progetto e debolezza delle vostre promesse. I numeri vi avrebbero comunque dato ragione; eppure l'impazienza, la fretta ed anche la paura di fare altri passi falsi vi hanno condotto ad una prova di forza che, prima di tutto, è contro di voi, colleghi della maggioranza: non si fidano di voi e della vostra capacità di coscienza critica!
Noi siamo contrari non soltanto politicamente a questo provvedimento, ma anche moralmente. Sono abissali la distanza e la differenza che ci separano, è certa la diversità del nostro modo di intendere e di fare l'interesse comune. Alle certezze di cui il nostro paese ha bisogno rispondete con atti di molle e pericolosa superficialità; alla richiesta di solidarietà e di garanzie per tutti rispondete con l'impunità e con la cura degli interessi di pochi.
Non vi aiuteremo di certo. Su questo terreno non ci incontreremo mai! Vi state assumendo una responsabilità grave di fronte al paese, perché interpretate il peggior senso comune, il più deteriore qualunquismo, la più furbesca delle modalità di convivenza civile. Noi intendiamo rivendicare - e, con noi, milioni di cittadini italiani - l'orgoglio e la capacità di dirvi di no (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bimbi. Ne ha facoltà.
FRANCA BIMBI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, l'ingresso definitivo nell'euro, vale a dire la definizione operativa di una moneta unica costituisce un passaggio politico di rilevanza storica per la costruzione dell'Europa e non solo per l'Unione europea.
Adesso occorreva dare in Italia un risalto adeguato, anche a causa delle circostanze drammatiche della congiuntura
internazionale, affinché i cittadini potessero accogliere, con sicurezza, dalla loro classe politica, un messaggio in più di orgoglio e fiducia, non venato da dubbi sul livello dell'etica pubblica, con la quale il paese affronta la realizzazione progressiva del sogno europeo. Poiché l'euro è un passaggio cruciale per le prospettive di consolidamento e sviluppo dell'Unione europea, occorreva che il Governo desse una parola forte sulla sua capacità di rappresentare il corretto funzionamento, la trasparenza e la moralità delle istituzioni, sulla capacità di regolazione giuridica e finanziaria dell'Italia nel contesto internazionale. L'entrata dell'Italia nell'euro aveva corrisposto a un rinsaldarsi e a un riqualificarsi anche della moralità delle istituzioni pubbliche sul piano dei processi di equità economica e di equità nella fiscalità nei confronti dei cittadini. Nel percorso di risanamento economico del paese c'è stato - e deve continuare ad esserci - anche un elemento di forte implementazione dei processi equitativi, di promozione del senso della legalità, di implementazione dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Oggi, con il passaggio alla moneta unica, si coglie compiutamente il risultato di un percorso a cui i governi dell'Ulivo hanno dato contenuto e fondamento. Tuttavia, il Governo attuale ha ritenuto, all'interno del decreto-legge che si converte oggi, attraverso le norme del capitolo III, in particolare, di confondere le acque chiare e pulite relative alla moneta unica con quelle piuttosto inquinate sul rientro dei capitali e dei beni illegalmente esportati, con più di un elemento di grave vulnus all'etica pubblica.
Comprendiamo bene - nella discussione l'abbiamo dimostrato - che, quando si parla di capitali usciti dal paese, si parla di una ricchezza dispersa, per la quale si sarebbero potute cercare misure di rientro che non premiassero o peggio favorissero l'illegalità e nemmeno ingenerassero sospetti a tal proposito. L'Italia, nel panorama dei paesi più economicamente sviluppati, è, con il Giappone, quello con maggior propensione al risparmio familiare. Difficilmente i risparmi di lavoro delle famiglie italiane di ceto medio e medio basso hanno trovato riparo nei paradisi fiscali, difficilmente provengono da attività illegali o sono legati ad esse; esiste, inoltre, una borghesia italiana, ricca e consapevole delle sue responsabilità verso il paese, che non ha esportato illegalmente le propria ricchezze. I risparmi delle famiglie, comunque, sono rimasti prevalentemente qui, soggiacendo all'alea di tutto il paese. La grande maggioranza dei risparmiatori italiani paga regolarmente le tasse e si attende che il Governo e la classe politica non premi gli evasori senza nemmeno controllare l'origine dei loro beni e delle loro ricchezze.
Alla maggioranza degli onesti operosi, cui si è fatta la promessa elettorale, poi non mantenuta, di diminuzione della pressione fiscale, si presentano ora misure in vario modo premiali nei confronti di coloro che hanno preferito il loro esclusivo interesse a quello del paese. In un momento in cui si ritiene di dovere fare quotidianamente richiamo allo spirito patriottico degli italiani, si vara uno sconto fiscale penale a favore di chi ha ritenuto di non dover considerare gli interessi del paese per il proprio privato tornaconto.
Nel merito, non facendo alcuna concessione alle proposte corruttive del senso comune di legalità, inserite nel decreto-legge del Governo, ricordo che si pensava anche di proporre un'amnistia, che comportava un percorso di voto a maggioranza qualificata contrario alla blindatura operata, con il bavaglio imposto alla propria maggioranza, addirittura con il ricorso alla fiducia. Neppure era congruo, all'origine, il ricorso al decreto-legge, perché solo per il passaggio all'euro c'era - e lo abbiamo riconosciuto - la necessità e l'urgenza di normare. Per il rientro dei capitali il Governo ha inteso, fin dall'inizio, forzare la mano al Parlamento, ben conoscendo la resistenza dei molti a permettere scelte così squilibrate a favore dei più abbienti, soprattutto dei più abbienti, con disposizione all'evasione fiscale e con mezzi per trovarne le vie di andata e di ritorno o viceversa.
Ricordiamo che il dispositivo legislativo che la Camera si appresta a votare determina persino un possibile vulnus all'articolo 3 della Costituzione; aggira, sostanzialmente, la possibilità di distinguere l'origine legale o illegale dei capitali e dei beni esportati illegalmente; permette l'anonimato del soggetto dell'illecito e del rientro, attraverso forme varie di interposizione; sospende l'accertamento fiscale sul rientro stesso. Insomma, si creano condizioni sia di grave disparità tra i cittadini sia di altissimo rischio di riciclaggio di capitali e beni di origine criminale.
Questi elementi vanno ricordati anche perché, dopo i tragici attentati dell'11 settembre, la Commissione europea ha dato l'avvio a procedure di approvazione di due provvedimenti: il primo relativo ad un quadro giuridico comune per i reati legati alle attività terroristiche; il secondo volto a definire un mandato di cattura europeo che, per questi crimini, renderà automatico l'arresto dei ricercati e la consegna ai magistrati che lo avranno emesso. L'Europa, cioè, si sta dotando, con celerità, di strumenti che non permettano che le reti terroristiche sfruttino le differenze di legislazione dell'Unione. Al contrario, l'Italia, non solo con le norme relative all'emersione, oggi qui discusse, ma anche con quelle relative al falso in bilancio e con l'ostruzione di strumenti adeguati per le rogatorie internazionali, va in senso opposto. Questo opera gravi danni all'uguaglianza dei cittadini, al senso comune di legalità; danneggia non solo l'immagine, ma la complessiva credibilità del paese a livello internazionale. Soprattutto ostacola, e spero che non lo vedremo in breve tempo, concretamente, la collaborazione fattiva dell'Italia con i partner nella lotta al terrorismo per via finanziaria. Per questo esprimo tutta la mia contrarietà al provvedimento in oggetto (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carboni. Ne ha facoltà.
FRANCESCO CARBONI. Signor Presidente, interverrò per motivare il mio voto contrario esclusivamente sul capo III del decreto-legge oggi al nostro esame, che si intitola «Emersione di attività detenute all'estero». Tale titolo, a mio avviso, non rappresenta il vero obiettivo dell'articolato che, invero, è quello di favorire chi ha portato o realizzato illegalmente, o peggio, illecitamente, capitali all'estero, in danaro - ad esempio i conti offshore -, in attività finanziarie o in altre attività. Quindi, garantire a costoro l'impunibilità per ogni reato commesso per costituirli. Vi sarà quindi, certamente, una grande operazione di ripulitura di denaro sporco e di capitali illecitamente o illegalmente costituiti. Capitali che l'introduzione dell'euro, sicuramente, avrebbe messo in difficoltà.
Queste norme, colleghi, unitamente a quelle sul falso in bilancio e sulle rogatorie, chiudono il primo ciclo, infausto, che questo Governo ha riservato alla giustizia, all'economia ed al paese. Non sarà purtroppo l'unico. Altri ne seguiranno. Lo si può desumere dalle dichiarazioni del ministro Castelli, il quale vuole «padanizzare» la giustizia, costituire il primo Ministero leghista e, nel frattempo, utilizza le strutture dello Stato per le proprie vacanze e per le proprie abitazioni private. Lo si può desumere dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, il quale è giunto a toni di incredibile aggressione alla Costituzione, quando ha affermato, da ultimo, di essere stato condannato senza prove, non più, ora, alle procure, ma ai giudici di merito. Oggi la Cassazione, almeno quella sezione che lo ha assolto, non è più una sentina rossa, non è più un covo di comunisti. Ma dimentica, il Presidente del Consiglio, di dire che egli è stato assolto (Commenti del deputato Mancuso) per non aver commesso il fatto, ma che quel fatto è stato commesso, ed è stato commesso dai suoi collaboratori, dai dirigenti delle sue aziende. Ma, ancora una volta, viene manipolata la verità. La suprema Corte ha, infatti, affermato che i collaboratori delle aziende del cavaliere hanno corrotto - perché di corruzione si tratta e non di concussione - ufficiali e
sottufficiali della Guardia di finanza e i più esposti di costoro, oggi, godono delle guarentigie parlamentari.
In questi cento giorni, e con questi tre provvedimenti, è stata introdotta in Italia - lo diceva ieri l'onorevole Castagnetti - la cultura dell'illegalità: si potranno falsificare i bilanci, danneggiando soprattutto i piccoli azionisti, i quali sono rimasti totalmente senza difesa, essendo venuta meno la presunzione di legalità dei bilanci e delle dichiarazioni, dovendo seguire la procedura per la querela; è stata bloccata ogni possibilità di effettiva cooperazione giudiziaria.
Lo abbiamo detto noi, ma lo dice anche la magistratura italiana - quella che dite essere comunista - nonché la magistratura elvetica e la stampa internazionale. Gli effetti già si apprezzano, egregi colleghi: il processo Lentini, ma soprattutto il processo Prudentino, il quale sentitamente ringrazia la maggioranza ed il Governo per averlo posto in condizione, finalmente, di risolvere i suoi problemi penali. Eppure lo avevamo detto che le conseguenze potevano essere queste.
Oggi l'ultimo colpo di spugna: il rientro dei capitali all'estero costituiti illecitamente o illegittimamente, il tutto pagando la modica cifra del 2,5 per cento, 25 milioni su un miliardo di capitale esportato. Se un cittadino, un cittadino onesto, ad esempio un padano - come dicono i colleghi della Lega - che lavora e paga le tasse, dichiara ai fini dell'IRPEF un miliardo, quanto paga di tasse? Forse il 2,5 per cento? L'onorevole Bocchino, ieri, ha affermato che il 97,5 per cento di tali somme verranno reinvestite. Ma come? In contrabbando? In droga? Verrà reinvestito illecitamente, così come illecitamente è stato costituito? L'onorevole Bocchino ha detto che questi capitali sono stati esportati per l'eccessiva pressione fiscale, ed ora si fa pagare il 2,5 per cento ai capitali che rientrano - 2,5 per cento onnicomprensivo di IRPEF, di IRPEG, di IVA, di contributi previdenziali evasi - mentre i capitali lecitamente e legittimamente costituiti in Italia continuano a pagare il 43,5 per cento di tasse.
Dove sono le novità annunciate dal Governo e dalla maggioranza? Sono state tradite le promesse elettorali fatte dal Presidente del Consiglio. Il Governo non ridurrà la pressione fiscale, neanche dopo la bufala del buco in bilancio raccontata dall'onorevole Tremonti. Quindi, quel cittadino padano onesto dovrà sopportare un'imposizione fiscale del 43,5 per cento, mentre il Prudentino di turno pagherà il 2,5 per cento o al massimo il 12 per cento in titoli di Stato. Questo è il nuovo corso del centrodestra, questo il nuovo corso della Lega: dopo gli insulti a Forza Italia e ad Alleanza nazionale della scorsa legislatura, oggi siamo all'assopimento. Anche i sussulti di orgoglio appaiono inadeguati e grotteschi, come è accaduto per l'ordine del giorno proposto dal capogruppo Cè nei giorni scorsi.
Le stesse considerazioni, cari colleghi, valgono per Alleanza nazionale: è tutto disperso! Battaglia per la legalità, sentimento nazionale, lotta alla criminalità. Oggi contano solamente gli ordini del capo di Forza Italia e gli interessi che il capo di Forza Italia vuole salvaguardare. Quest'ultimo ha stabilito che per provare la propria dignità deve demolire lo stato di diritto. E ancora una volta Previti e Prudentino ringraziano (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. A chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, devo subito dire che esprimo un sentimento, scusate il termine, quasi di fastidio intervenendo su questo argomento in aula, perché mi sento scippato del diritto e del dovere che, come parlamentare dell'Ulivo della scorsa legislatura, avrei di votare a favore di questo provvedimento, quanto meno a favore del titolo di questo provvedimento che recita «introduzione dell'euro». Ricordo infatti il lavoro, l'impegno, l'iniziativa politica dell'Ulivo nella scorsa legislatura che
hanno portato il paese al traguardo della moneta unica europea. Oggi, questa stessa parte politica viene costretta a votare contro il provvedimento che ha come titolo, lo ripeto, «introduzione dell'euro».
È stato uno strano gioco che ha fatto sì che chi in questo Parlamento ha lavorato per indicare al paese una meta ed è riuscito, con leggi finanziarie pesanti, con i sacrifici di tutti gli italiani e in solitudine, a proporre una scommessa, l'ha vinta nel paese e per il paese. Cari colleghi della destra, abbiamo vinto questa scommessa contro il vostro scetticismo, contro il vostro populismo e contro di voi che, mentre noi eravamo in Parlamento, agitavate le piazze disertando le sedi parlamentari.
Oggi siamo costretti a votare contro il provvedimento intitolato - lo ripeto - «disposizioni urgenti in vista dell'introduzione dell'euro». Tutto ciò perché - è bene ricordarlo - sotto la purezza di un titolo così chiaro e nobile si nasconde qualcosa di diverso, qualcosa di marcio: l'emersione delle attività e delle disponibilità finanziarie esportate e detenute illegalmente all'estero. Questa è la sostanza ed è ciò che interessa al Governo della destra nel nostro paese.
Mi permetto subito di dire, cari colleghi, che tutto ciò mi sembra di assoluta gravità, soprattutto nei confronti di chi, in questi difficilissimi anni nei quali il paese ha davvero rischiato - diciamocelo - la bancarotta finanziaria, ha continuato a lavorare, ad operare nel proprio paese, ad intraprendere, a produrre, a creare ricchezza ed a pagare le tasse; tutto ciò in Italia, nel nostro paese, nella nostra comunità. A tutti costoro, alla stragrande maggioranza degli italiani che in maniera operosa hanno sacrificato del proprio, noi diciamo: cari amici, la nostra attenzione va altrove; vi sono tanti capitali all'estero che, se ricondotti in Italia, riporterebbero chissà quale ricchezza.
Riteniamo che in fondo a questo provvedimento vi sia davvero un pesante schiaffo alla comunità nazionale, alle famiglie, agli imprenditori, ai lavoratori e a quanti, in questi anni, hanno comunque lavorato nel proprio paese e per il proprio paese.
Signor Presidente, mi consenta di ricordare un dibattito che qualche anno fa era particolarmente vivace nel nostro paese rispetto al ruolo della politica. Appartengo ad una scuola che ritiene che la politica, se non ha un ruolo educativo - mi rendo conto che questa è una parola molto pesante - possieda almeno un ruolo di indirizzo ed una responsabilità di accompagnamento del paese e dei popoli.
Allora, di fronte al provvedimento in esame, la domanda naturale è la seguente: quali valori proponiamo con questo provvedimento, quale etica esprimiamo come riferimento per il paese, quale paese intendiamo costruire e cosa diciamo a quei lavoratori, ai tanti piccoli imprenditori e alle famiglie italiane che nel quotidiano difendono questi valori, insegnando ai propri ragazzi, alle nuove generazioni e ai loro figli che pagare le imposte è un dovere di cittadini maturi e liberi?
Vorrei svolgere una considerazione anche sulle modalità con cui siamo arrivati a concludere l'esame di questo provvedimento; mi riferisco al voto di fiducia, che davvero non ha permesso quel dibattito che è la fonte di ogni azione politica.
Forse, il Governo aveva paura di quel sussulto di dignità che noi continuiamo a sollecitare nelle file della maggioranza dove, siamo sicuri, ci sono tante coscienze libere che, di fronte a questo come ad altri provvedimenti, non possono tacere.
Vede, signor Presidente, vorremmo considerare questo provvedimento un brutto errore, una grave svista, un episodio isolato, ma non possiamo farlo, perché prima di questo provvedimento l'Assemblea, sempre su proposta di questo Governo della destra, ha approvato la non perseguibilità penale del falso in bilancio, le rogatorie internazionali, l'abolizione dell'imposta di successione sui grandi capitali. È bene ricordare in questa sede che l'imposta di successione sui capitali fino a 350 milioni ad erede era già stata abolita da parte del Governo di centrosinistra.
Allora, signor Presidente, lo vogliamo dire davvero in maniera serena, pacata, ma forte e convinta: questo è un disegno che non condividiamo. Questa è l'Italia dei pochi, l'Italia dei furbi, l'Italia degli imbroglioni, non è la nostra Italia. Abbiamo la serenità, il coraggio e la certezza di credere che questa non è l'Italia dei giovani, non è l'Italia del futuro (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, è chiara a tutti la ragione per la quale si è deciso di porre su questo provvedimento la questione di fiducia: perché voi del Governo, per usare uno slogan a voi caro, non vi sentite padroni a casa vostra. Infatti, con un voto altrimenti libero e, magari, con qualche voto a scrutinio segreto non avrebbe retto la vostra maggioranza.
Voi nel paese, in ciascuno dei collegi elettorali, avevate promesso città più sicure. Avevate detto agli elettori: assicureremo la legalità, stroncheremo il crimine. I vostri elettori, signori del Governo, ma anche i vostri eletti si aspettavano, almeno nei primi cento giorni, atti di questo tipo. Invece, nei famosi cento giorni, avete messo in atto una batteria di leggi e provvedimenti che sono una manna per chi ha infranto e vuole infrangere la legge.
Avete cominciato con la depenalizzazione del falso in bilancio, che davvero non è un bel messaggio agli imprenditori onesti, a quegli imprenditori che credono nel rischio di impresa e che non vogliono essere falsari. Avete proseguito con lo scandalo della legge sulle rogatorie: proprio nel momento in cui un concerto internazionale di lotta al terrorismo ha deciso di stringere le maglie della collaborazione giudiziaria e di intelligence, voi queste maglie le avete allargate. Davvero non c'è da stupirsi, segno che non dicevamo parole propagandistiche, se in questi giorni stanno cercando di approfittare delle nuove norme sulle rogatorie non solo gli imputati eccellenti dei processi SME e IMI-SIR ma anche un gruppo islamico della GIA arrestato a Milano o il boss Prudentino già difeso dal sottosegretario Taormina: tutto torna. Siete andati avanti con l'abolizione delle tasse sulla successione per i grandi patrimoni, avete proseguito togliendo le scorte ai magistrati impegnati nel contrasto alla criminalità organizzata e mafiosa.
Il ministro dell'interno ha definito l'utilizzo delle scorte uno scandalo nazionale ma il vero scandalo è che le stesse siano state tolte ai magistrati antimafia e, in Sicilia, siano state lasciate soltanto ai parlamentari di Forza Italia, come Schifani, La Loggia, Micciché e Vizzini: questo è il vero scandalo!
Successivamente, avete tentato - peraltro, in modo goffo e pasticciato - di sostituire Tano Grasso dal ruolo di commissario antiracket e antiusura e, infine, oggi, predisponete un clamoroso condono per capitali illecitamente esportati: questi cento giorni sono stati la festa dell'illegalità.
Chi favorite con questi provvedimenti? Non gli imprenditori per bene ma coloro che falsificano i bilanci; non la sicurezza internazionale ma la criminalità sovranazionale; non i magistrati antimafia ma coloro che, magari, pensano di attentare alla loro vita; ed, infine, con il provvedimento che stiamo per votare, non chi ha depositato legalmente i propri risparmi in Italia ma coloro che li hanno esportati illegalmente all'estero e i campioni del riciclaggio, del traffico della droga e delle armi.
State arrecando danni, forse irreparabili, a questo paese, alla sicurezza dei cittadini, alla legalità, alle persone oneste e per bene. Il nostro «no» al provvedimento che stiamo per votare costituisce, quindi, un atto d'accusa che non si fermerà nelle aule parlamentari ma verrà portato nelle città e in quei collegi dove avete preso in giro gli elettori.
L'unica sicurezza che state garantendo è quella che avranno i furbi e i criminali
di ogni risma: troverete, ovunque, la nostra ferma opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mongiello. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MONGIELLO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, intervengo a nome dei deputati del gruppo del CCD-CDU Biancofiore per preannunciare il voto favorevole sul provvedimento al nostro esame.
Si tratta di un provvedimento che ha fatto discutere e ha fatto sì che l'Assemblea trovasse non i motivi più validi e più giusti per operare insieme e discutere, ma una situazione di confronto duro. È stata posta la questione di fiducia e si è affermato che, in fondo, veniva posta, non nei confronti di una opposizione ma, semmai, di una maggioranza che, qualcuno, ha definito tremebonda.
Ritengo che nel paese vi sia un clima, una situazione di rapporti fra le forze politiche che, certamente, in un momento come questo, non facilita né il dialogo né il lavoro comune in grado di trovare gli elementi più interessanti, più proficui e più giusti per fornire risposte al paese.
Abbiamo ascoltato quello che, in fondo, è un ritornello costante: nei suoi atti il Governo rappresenta e presenta qualcosa che viene definito come illegalità e mancanza di trasparenza: mi chiedo, in quale paese viviamo ? Abbiamo un sistema elettorale prevalentemente maggioritario e lo spirito che ne deriva ci impegna, certamente, ad un confronto parlamentare e alla ricerca comune di ragioni valide per capire che cosa serva al paese.
Tuttavia, il sistema maggioritario è soprattutto un sistema nel quale la coalizione, lo schieramento, si presenta agli elettori, chiede la fiducia e poi assume la responsabilità di Governo.
È stato detto che questo provvedimento segue altri provvedimenti. Ciò è stato ricordato, in questa sede, per dare in fondo una patente di illegalità e di mancanza di trasparenza agli atti. Si è fatto riferimento alla depenalizzazione del falso in bilancio: è evidente che vi è qualcosa che va spiegato.
Questo Governo è il frutto di uno schieramento che si è presentato agli elettori dicendo che avrebbe aumentato le pensioni, che avrebbe realizzato opere pubbliche e che avrebbe fornito assistenza, anche in mancanza delle risorse. Lo abbiamo visto studiando, valutando, il DPEF e lo vedremo per quello che sarà la legge finanziaria.
Questo Governo trova il suo affidamento più forte nella certezza o, quanto meno, nell'auspicio di uno sviluppo nel nostro paese. È evidente che questi provvedimenti tendono a creare nel paese uno sviluppo, una ripresa economica. Infatti, solo con una ripresa dell'economia e dello sviluppo potranno esservi risorse per dare soddisfazione alle esigenze che il Governo individua, oltretutto, in un momento eccezionale, come quello che stiamo attraversando.
Questo Governo si è trovato in una congiuntura internazionale pesantissima; pensiamo a quello che accade in Afghanistan, in Palestina e al panico mondiale per un terrorismo batteriologico che, certamente, non ci porta sonni tranquilli. Tuttavia, questo Governo affronta i problemi e le soluzioni che occorrono.
Con riferimento alle norme relative all'introduzione dell'euro, contenute in questo provvedimento, non vi sono divisioni; anzi l'opposizione ha espressamente affermato, in questa sede, che avrebbe votato volentieri queste norme per preparare in maniera adeguata l'introduzione dell'euro. Dunque, dov'è il conflitto? Il conflitto riguarda la parte relativa al rientro dei capitali dall'estero.
Presidente Biondi, lei che fa parte di questo Parlamento da tanto tempo come me, ricorderà che, da sempre, il Governo di questo paese si è posto il problema del rientro dei capitali dall'estero.
L'onorevole Nesi, del gruppo dei Comunisti italiani, che è persona corretta e
seria oltre che preparata, ha detto che, già dagli anni settanta, il ministro del commercio con l'estero, Rinaldo Ossola, si poneva il problema. Ciò ha rappresentato una costante, un ritornello dei Governi di questo paese, in quanto far rientrare i capitali dall'estero significa determinare una crescita e una più ampia base imponibile con la quale consentire una diminuzione del gravame fiscale ed un'accelerazione del motivo e dell'idea dello sviluppo.
Da anni si parla dell'impunità. Questo è un decreto-legge che dichiara l'impunità nei confronti di coloro che hanno portato all'estero i capitali.
Onorevoli colleghi, già il decreto-legge n. 167 del 1990 ha escluso la punibilità e ha previsto l'impunità. Dunque, chi decideva di far rientrare i capitali dall'estero non veniva perseguito, anche se doveva pagare un'ammenda pari al 25 per cento dell'ammontare dei capitali.
Il risultato è stato che i capitali non sono tornati nel nostro paese. Ecco perché, in un momento come questo, è necessario e doveroso porsi il problema, invece di fare affermazioni con una sicurezza e con una certezza di metodo e di intervento che io invidio ai colleghi dell'opposizione. Questo provvedimento avrebbe a che fare con l'illegalità e la mancanza di trasparenza; addirittura, qualcuno, in maniera infelice, ha definito, qualche giorno fa, «amico dei criminali» un ministro che è dichiaratamente riconosciuto quale persona onesta e perbene, oltre che preparata. È questo il clima che si è instaurato nel nostro paese. E si dice che l'immagine dell'Italia all'estero è compromessa: questo è un ritornello che non suona più. C'è, evidentemente, una grancassa, che parte non soltanto dalle aule parlamentari, ma anche dalle dichiarazioni alla stampa: del Presidente del Consiglio si è detto che difende gli interessi di amici degli amici. Se dovessimo parlare della difesa degli amici del Governo di centrosinistra, quando un ragioniere diventava capitano di impresa, staremmo qui a parlare per giorni. Ma non sono questi gli argomenti che ci possono aiutare a determinare un clima più sereno.
Amici dell'opposizione, colleghi dell'opposizione, questo Governo segue di pari passo, in maniera forte, il suo programma; la sua azione tende allo sviluppo ed alla ripresa dell'economia; tuttavia, in una simile congiuntura internazionale, è evidente che tutto diventa più difficile. E quanto si è parlato, Presidente Biondi, sul provvedimento relativo alla depenalizzazione del falso in bilancio! Vorrei rivolgere una domanda ai tanti cultori dell'economia, del diritto commerciale, dell'esercizio e della gestione delle imprese: quante imprese ricorrono al falso in bilancio, sia pure come accorgimento tecnico contabile? Lo sappiamo: quasi tutte. Però, quel falso o «falsino» in bilancio consentiva l'iniziativa di un magistrato per perseguire l'impresa e l'imprenditore. Quanti imprenditori sono andati all'estero, perché la materia del falso in bilancio non era disciplinata in maniera corretta e moderna nel nostro paese? Il Governo si pone l'obiettivo di far rientrare imprenditori che sono andati all'estero ad avviare attività imprenditoriali.
Allora, perché votiamo «sì» a questo provvedimento? Lo diciamo con chiarezza: questo provvedimento si muove in una logica di eccezionalità, in una fase di trasformazione epocale, nella quale si mette da parte una moneta per utilizzarne un'altra. E l'emersione non sospende né i procedimenti penali, né gli accertamenti fiscali in corso!
PRESIDENTE. Onorevole Mongiello, lei sta andando oltre il tempo a sua disposizione. Sono costretto a richiamarla, dal momento che sta affrontando una fase importante del suo discorso. Bisogna che lo concluda.
GIOVANNI MONGIELLO. Il provvedimento ha il consenso non solo della maggioranza, ma anche di comparti forti e di grande rilievo dello Stato: dalla Banca d'Italia, nella quale noi abbiamo piena fiducia, e dalla Guardia di finanza. In
maniera convinta, signor Presidente, il gruppo parlamentare del CCD-CDU Biancofiore dà il proprio consenso al Governo, sicuro di interpretare l'ansia del paese e dei cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi del CCD-CDU Biancofiore e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pennacchi. Ne ha facoltà.
LAURA MARIA PENNACCHI. Signor Presidente, le motivazioni ufficiali fornite per questo provvedimento, su cui è stata posta la questione di fiducia, sono presto dette: riportare nella disponibilità del paese capitali che sono stati portati illegalmente all'estero e lì detenuti e, di conseguenza, come secondo obiettivo, acquisire entrate per la legislazione relativa ai programmi di sviluppo e di azione italiani.
La verità è che su queste due motivazioni ufficiali da un lato autorevolissimi studiosi e membri della comunità politica e scientifica e dall'altro le nostre osservazioni critiche del provvedimento e delle marginalissime modifiche apportate dal testo, su cui è posta la questione di fiducia, ci dicono cose semplicissime.
In epoca di globalizzazione, la libertà di investimento in qualunque paese è totale e non bisogna pagare nulla, nemmeno l'obolo del 2,5 per cento. L'esportazione di capitali non è più reato da tempo: lo ricordava, in un contesto per me assolutamente non condivisibile, il collega che parlava poc'anzi. Anche la prescrizione delle violazioni fiscali scatta dopo cinque anni. Dunque, questo provvedimento non aiuterà affatto il rientro dei capitali, che auspicabilmente vorremmo che tornassero: non c'è bisogno di questo provvedimento e non ci saranno entrate aggiuntive per lo Stato italiano. Dio sa, invece, quanto bisogno ci sia di entrate aggiuntive, visto che sul provvedimento più importante dell'anno, la legge finanziaria, è stata già annunziata una modifica in termini di copertura finanziaria di provvedimenti emanati in precedenza. Mi rivolgo a lei, sottosegretario Possa, di cui conosco la elevata sensibilità e attenzione in materia di equilibrio di finanza pubblica: siamo di fronte ad una violazione drammatica dell'articolo 81 della Costituzione. Infatti, un primo provvedimento è stato adottato con una copertura finanziaria insufficiente, copertura sbagliata e inadeguata, che viene trovata con un successivo provvedimento: l'articolo 81 della Costituzione dice che qualunque provvedimento deve avere in se stesso la copertura finanziaria.
Il vero obiettivo che si persegue con questo provvedimento è dunque un altro: mettere in atto una incredibile e stupefacente - davvero, non cesso di provare stupore e meraviglia - operazione di condono fiscale relativa non ai capitali detenuti all'estero ma, soprattutto, agli imponibili evasi in Italia. Infatti, è del tutto evidente - i colleghi intervenuti in questi giorni lo hanno dimostrato ripetutamente - che per qualsiasi imposta e contributo evaso anche in Italia, se dichiaro di rimpatriare, per esempio, un miliardo, pagando 25 milioni mi metto al sicuro anche per il futuro, quale che sia la natura dell'accertamento che le competenti autorità dovrebbero svolgere e quale che sia la natura della violazione compiuta.
È giusto discutere della necessità del rientro dei capitali e da parte nostra c'è stata una fortissima ammissione, perché è intrinseca alla nostra impostazione l'idea che i capitali debbano essere agevolati nel rientro dall'estero. Ma ragioniamo sulle tipologie di ricchezza che oggi sono all'estero. Vi possono essere ricchezze legittimamente realizzate in Italia e portate all'estero, magari soltanto, lo dico tra virgolette, perché si temeva un rischio valuta che per il nostro paese è stato ancora molto elevato fino a poco tempo fa. Ci sono altri tipi di attività, come partecipazioni in società italiane vendute fittiziamente a società estere, e ci sono ancora i proventi leciti da attività lecite che però non sono mai state denunziate in Italia. Inoltre, ci sono proventi illeciti da attività illecite che si chiamano contrabbando, sequestri, riscatti, estorsioni, truffe, senza voler nemmeno nominare la mafia. Questi
sono stati capitali portati all'estero e lì messi a frutto per sfuggire al fisco e, soprattutto, ad eventuali attività investigative. In quest'ultimo caso, siamo di fronte a violazioni molto gravi e di fronte a proventi di cui le norme dell'Unione europea semplicemente vietano al Governo italiano di decretare la regolarizzazione.
Dunque, abbiamo veramente un quadro che definirei grave, ormai mancano le parole per poter esprimere il senso della nostra preoccupazione. Però, in tutto questo vi è una logica assolutamente coerente con la filosofia generale che sembra ispirare il Governo di destra in carica. Questa logica tiene insieme la depenalizzazione sostanziale del falso in bilancio, le norme sulle rogatorie internazionali, le norme relative ai capitali all'estero ed anche i provvedimenti riferiti ai «cento giorni». Le coscienze dei liberali - quali l'onorevole Biondi che in questo momento sta presiedendo la seduta - gridano vendetta riguardo all'abolizione dell'imposta sulle successioni e le donazioni; sulla sua natura di pilastro di uno Stato orientato «all'eguaglianza delle opportunità»; ho citato in aula un testo di Luigi Einaudi risalente al 1946. Ma anche tutti gli altri provvedimenti cosiddetti dei «cento giorni» produrranno singoli individui più ricchi ed imprese più povere: vi sarà un impoverimento del sistema imprenditoriale italiano.
Vi sono profili giudiziari gravi in alcune delle norme che abbiamo indicato, ma vi sono anche gravi profili economici, come l'alterazione delle regole della trasparenza e della concorrenza che rappresentano norme fondamentali per il funzionamento del mercato e per spingere gli investitori ad investire in Italia. La concorrenza è considerata dalla letteratura più avveduta - sulla base della quale si prendono anche premi Nobel - un «bene pubblico», come l'acqua e l'aria che si respira. Voi state violando anche la natura di bene pubblico riferita ai principi della concorrenza e state estendendo una privatizzazione della visione stessa del diritto penale, che è trattato sempre più in termini assolutamente privatistici.
Noi siamo legittimati a trarre brutali conclusioni da tutto questo, conclusioni facilmente descrivibili.
Prima di tutto siamo di fronte ad uno svilimento dei principi del mercato e della concorrenza; poco fa il collega citava le norme sul falso in bilancio. Di fatto io ritengo si stia stabilendo un regime di impunità. Ma quando la punibilità viene ammessa soltanto nei confronti dei creditori e dei soci e vengono esclusi i fornitori, gli operatori dello stesso settore, gli operatori economici in generale, i risparmiatori, i cittadini italiani, che cosa dire di norme di questo tipo anche in relazione alla concorrenza e al mercato?
Siamo di fronte ad un premio all'illegalità e ad un allentamento generale delle regole. Siamo di fronte ad una filosofia di salvacondotti generalizzati per gli evasori fiscali in un momento in cui non si restituisce il drenaggio fiscale ai lavoratori ed ai cittadini italiani che è pari a 3500 miliardi. La finanziaria antisociale non restituisce il drenaggio fiscale ai lavoratori italiani.
Dunque, siamo di fronte a fatti pesanti; oggi viene annunziata la delega sulle questioni previdenziali - sui giornali si parla di questo - dopo la farsa del falso incremento delle pensioni ad un milione al mese che avevate promesso a 7 milioni e mezzo di persone. Lo avevate annunciato in trasmissioni pubbliche e televisive come Porta a Porta. Su sette milioni e mezzo di persone, forse due milioni appena, riceveranno benefici per i 4.200 miliardi appostati. Annunziate una decontribuzione - sulla contribuzione che paga la previdenza pubblica - che significa rovesciamento del rapporto tra previdenza pubblica e privata a danno dei comuni cittadini e a vantaggio di coloro che potranno pagarsi laute assicurazioni private.
Questo è lo spirito dell'etica pubblica, del senso civico che siete in grado di indicarci, altro che raccogliere il richiamo autorevole all'etica pubblica ed al senso civico! Assistiamo a un tentativo molto grave di produrre un appannamento etico dell'opinione pubblica.
La nostra convinzione è che noi tutti - i cittadini, l'opinione pubblica italiana libera e consapevole, forte degli ideali di libertà e di giustizia - questo appannamento non lo accetteremo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, colleghi deputati, signor sottosegretario, le ragioni per cui i socialisti democratici italiani voteranno contro questo decreto sono molteplici e mi permetterò di evidenziarne alcune.
La prima è di ordine metodologico: il provvedimento in discussione, infatti, è portatore dei limiti derivanti dalle modalità che il Governo vuole ripetutamente seguire per far approvare i provvedimenti che propone. La fretta, la strumentalità che in esso sono contenute, le rigidità rispetto a proposte migliorative dell'opposizione condannano questi provvedimenti ad inadeguatezze tecniche, a volte, anche involontarie. Questo provvedimento ne è portatore, come ne sono portatori gli altri che abbiamo già approvato.
Le mie affermazioni non sono solo personali, ma sono condivise ampiamente da una certa pubblicistica. Ieri, ad esempio, anche Il Sole 24 Ore, il giornale della Confindustria, ha pubblicato un articolo dal seguente titolo: «Buone intenzioni tradite dalla fretta».
L'aver impedito qualsiasi intervento in sede parlamentare, sia per migliorare, sia per correggere alcune storture sta ora mostrando tutti i suoi limiti.
Mi pare che questa voce, non assolutamente dalla nostra parte, evidenzi il fatto che vi siano comunque irresponsabilità derivanti dal metodo, anche volendo giudicare il comportamento del Governo e della maggioranza in buona fede.
La seconda questione - ritengo sia la più rilevante - è che i contenuti di questo provvedimento - al di là di una loro efficacia, che, mi permetto di anticipare, sarà piuttosto limitata relativamente ai capitali derivanti da una ordinaria e fisiologica evasione fiscale - saranno particolarmente utili per i capitali, invece, provenienti da azioni criminali che rappresentano, nei tempi di conversione dell'euro, un pericolo forte. Pertanto, il provvedimento si presenta come una grande operazione di bonifica e di salvataggio a poco costo, di molto inferiore a qualsiasi transazione che abbia una qualche complessità, lasciando margini per le azioni di corruttela nel sistema bancario finanziario, facendogli perdere quella lucidità, sensibilità e attenzione, poiché ad esso la legge, seppure in maniera lieve, affida l'attività dei meccanismi di controllo.
Il terzo motivo, pur volendo mettere in campo il massimo dello sforzo di pragmaticità, mi porta a far rilevare che la percentuale di lavaggio, il 2,5 per cento, dei capitali riportati, è assolutamente inadeguata a compensare, seppure parzialmente, la grande ingiustizia contenuta in questo decreto.
Gli oneri derivanti dalle transazioni sono sicuramente irrilevanti.
Tutti coloro che si sono attivati per riportare, in questi anni, i capitali illegalmente esportati all'estero hanno dovuto fare i conti con una situazione di non verificabilità dei percorsi provenienti da attività illegali particolarmente gravi.
Gli onesti destinatari di questo provvedimento si sentono particolarmente beffati perché, in realtà, esso tende a mettere in condizione di assoluto privilegio coloro che tendono a nascondere la loro identità e le provenienze, mentre sottopone coloro, che si sono premessi, seppure infrangendo la legge, di esportare capitali derivanti comunque da attività di lavoro, di essere messi nella condizione di parità con la grande criminalità.
Vi è anche un aspetto di carattere morale. Non è giusto che coloro che hanno prodotto legalmente ricchezza nel nostro paese ed esportato all'estero risorse correttamente accumulate, anche in fasi temporali delicate, siano accomunati a coloro
che, invece, hanno trasferito questa ricchezza perché proveniente da attività fortemente perseguite dalla legge.
Un'ultima considerazione relativa alla percentuale di tassazione: a parte il fatto che la percentuale del 2,5 per cento corrisponde ai costi di registrazione di un normale contratto di locazione (è quindi evidente un'ingiustizia nella fissazione della percentuale di tassazione), la dimensione dell'introito derivante dalla operazione di condono generalizzato deve tenere in debito conto - ed è per questo ancora maggiormente ingiusta - del momento in cui siamo e che ci vede alla ricerca disperata di risorse destinare alla sanità, alla scuola, alla difesa, alla sicurezza interna ed internazionale.
È quindi da stigmatizzare l'insensibilità del Governo che non ha voluto nella maniera più assoluta modificare, se pure in minima parte, questa percentuale che oggi è ridicola.
Pertanto, senza pregiudizi ideologici né di parte, la nostra contrarietà deriva dagli effetti nefasti, ingiusti ed inefficaci per gli interessi del paese che tale decreto-legge determina. Auspico che con questo provvedimento si chiuda una brutta stagione per il Governo, per questa Assemblea, per il paese. Tuttavia, non ne sono assolutamente certo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lucidi. Ne ha facoltà.
MARCELLA LUCIDI. Signor Presidente, il titolo di questo provvedimento ed il suo carattere di necessità ed urgenza potevano ben essere giustificati con parte delle disposizioni che vi sono contenute.
Potevamo infatti comprendere ed anche condividere la preoccupazione di dover supportare, con misure organizzative, il necessario processo di adeguamento del sistema economico finanziario all'entrata in circolazione della nuova moneta. D'altronde, la volontà di accompagnare gradualmente i cittadini verso la data del primo gennaio 2002 è stata sempre presente nell'azione di Governo dell'Ulivo.
Dopo aver concentrato gli sforzi degli italiani per il raggiungimento degli obiettivi dettati dalla strategia dell'euro, venivano infatti definite subito, di intesa con i partner europei, le fasi di transizione verso la moneta unica. Giustamente queste fasi diventavano un programma di lavoro che quel Governo svolgeva, così come è compito di questo Governo, oggi, svolgere.
Sappiamo bene, tuttavia, che non è più questo il tema al nostro esame e che c'è un argomento prevalente che emerge da questo decreto-legge, che sta impegnando l'Assemblea parlamentare, gli organi di informazione e l'opinione pubblica. Sappiamo bene che il tema all'ordine del giorno non è l'anticipazione delle tredicesime, la validità degli assegni in lire, o ancora la chiusura degli sportelli bancari e postali per la giornata di San Silvestro.
La questione che ci agita e che ci vede fermamente contrari è l'ennesima operazione clandestina che entra nelle maglie della legge e che niente ha a che vedere con il titolo del provvedimento, oltre che con il dettato costituzionale che non ne legittima il merito, nè i presupposti di necessità e di urgenza.
Come quando discutevamo di diritto societario sulla piattaforma comune e dal cilindro del Governo è venuta fuori la riforma del reato di falso in bilancio, come quando discutevamo dell'accordo di cooperazione fra l'Italia e la Svizzera in materia di cooperazione giudiziaria, quell'utile provvedimento è stato trasformato in pretesto per svilire l'efficacia delle rogatorie internazionali, come quando si è giustificata una prima manovra attraverso l'abolizione della tassa di successione e donazione, così ora, un pur nobile argomento, che si dice ispirato dalle responsabilità di rendere il guado verso l'euro efficace e privo di traumi per i cittadini, diventa strumento con il quale il Governo intende effettuare un'operazione sotto copertura. Tanto sotto copertura da impedire, con il voto di fiducia, che si aprisse, in quest'aula, una discussione limpida, che i cittadini avrebbero potuto ascoltare per poter capire, che avrebbe fatto levare voci in dissenso non solo dai banchi dell'opposizione,
dove quelle voci sarebbero state un coro, ma anche della maggioranza, dove siamo certi che il profilo politico di esponenti formati alla scuola della legalità e delle istituzioni democratiche, avrebbe fatto sì che costoro negassero il consenso a queste norme, che sono come un giano bifronte: dietro un'apparente operazione di recupero di capitali, di avvio di nuovi investimenti, nascondono un gradito omaggio agli evasori fiscali, tranquillizzati così nella loro intangibilità, nell'intangibilità dei loro patrimoni, nel loro anonimato, nella loro impunita libertà di movimento.
È vero che in questo provvedimento si parla di emersione del «nero» e sta proprio scritta in queste norme, che consentono il reingresso del denaro illecitamente esportato. In quelle disposizioni emerge la parte più oscura di un'azione politica che giustifica e favorisce coloro che, sotto il naso di cittadini onesti, potranno godere non dei frutti del loro lavoro, ma dei proventi delle loro azioni criminali, che nelle maglie di una legislazione, per loro benevola, troveranno occasione, per il tramite di intermediari, per confermare la loro astuzia già applicata all'illegalità. La proprietà trova tutela a prescindere da come è realizzata, da come è mantenuta - questo, signori del Governo, è ciò che state dicendo all'opposizione e alla vostra maggioranza -, mentre prescinde da chi, senza avere proprietà, non può ricevere nemmeno tutela e potrà solo sperare che la misera elargizione di costoro (il tributo del 2,5 per cento) valga a sostenere in loro favore, forse, le casse dello Stato. Il ricco epulone getta le briciole, ma questo per noi non è Stato di diritto, questo non è Stato in cui tutti i cittadini sono uguali: qui c'è qualcuno, qualche cittadino, che è più uguale degli altri.
In quest'aula, l'opposizione continua a dimostrare di voler svolgere una funzione di stimolo, una funzione positiva che ha imparato nell'esperienza di Governo e che, soprattutto, le proviene dalla responsabilità democratica che le è propria. Questo Governo non sta rispettando le sue promesse. Abbiamo visto invece, accogliere alcuni nostri emendamenti, solo alcuni, ed è il segno che la strada che percorriamo è quella giusta. Resta, invece, ingiusto che l'appello con il quale sempre richiamiamo quest'Assemblea a condividere, nel sano rispetto del rapporto tra i poteri dello Stato, il compito di costruire un paese civile, che abbia a proprio nume la giustizia, l'equità sociale, l'etica pubblica, incarnata, in prima istanza, dal costume e dalle idee dei suoi rappresentanti, sia vissuto dal Governo piuttosto come un pegno da pagare, un vestito stretto da togliere, più che da indossare, anziché come l'impronta da dare alla propria azione politica (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, nell'argomentare il voto contrario al disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, vorrei anch'io precisare, come ha già fatto puntualmente il presidente del nostro gruppo nel suo intervento di ieri, il nostro favore ai capi dell'articolato normativo recanti disposizioni per il passaggio all'euro del sistema bancario e finanziario e alle disposizioni contro la falsificazione dell'euro. E ci mancherebbe altro - vorrei aggiungere, se consentite -, perché è ben singolare ed amaro destino che debba essere proprio chi, con l'Ulivo, ha guidato l'Italia nell'euro e nell'Europa, risanando il paese, con il contributo degli italiani e l'astensione spesso sdegnosa dell'attuale maggioranza, a dover oggi essere privato del piacere e del dovere di approvare le misure di attuazione di quel successo, quelle che consentiranno ai nostri concittadini di convertire, insieme alla vecchia lira, anche un po' di se stessi, perché la moneta è uno dei simboli più forti della sovranità statuale.
Con l'euro nelle tasche degli italiani già nei prossimi mesi si avvia, infatti, il cammino di una nuova cittadinanza. L'Europa sarà più reale ed i nostri figli impareranno da piccoli a fare i conti, così come le
generazioni di un vasto continente. Il sogno di Schuman, di Monnet, di Adenauer, De Gasperi, di Altiero Spinelli, di Delors, di Kohl e di Romano Prodi sarà più vicino ad essere realizzato.
PRESIDENTE. E di Martino.
PIERLUIGI MANTINI. L'Europa, certamente, non è, e non può essere, solo una moneta. Infatti, abbiamo assistito con stupore e sgomento alle vostre divisioni sulla Carta europea dei diritti fondamentali, così come stiamo assistendo - credo ne parleremo, tra breve, in aula - alla contrarietà del Governo Berlusconi a partecipare ai progetti europei nell'aeronautica militare e nelle politiche di sicurezza.
Voi, signori della maggioranza, siete, certamente, per lo scudo stellare; anzi, più modestamente, il Governo Berlusconi predilige lo scudo fiscale. Ancora ieri, il giornale comunista Financial times irrideva delle posizioni solitarie e singolari in Europa del Governo Berlusconi. Perché questa è la tragica ironia della sorte che riservate al nostro paese. Nei grandi e difficili momenti storici e politici che attraversiamo, voi portate tutto il peso dell'incultura di governo e del provincialismo, dell'interesse privato - o di bottega o di gruppo aziendale - anteposto agli interessi generali dell'Italia. Così è avvenuto anche nel provvedimento in esame. Avete voluto approfittare di un grande evento come l'introduzione dell'euro per far passare, con decretazione d'urgenza, un condono fiscale nei confronti dei grandi evasori, per creare una corsia agevolata, protetta da anonimati e da un sistema ben congegnato di benefici, per il rientro di capitali dall'estero, favorendo, in tal modo, le possibilità di approfittare di quest'occasione per un'enorme operazione di riciclaggio automatico del denaro illecito della mafia, della criminalità internazionale, del terrorismo.
Secondo dati del Ministero dell'interno, il denaro contante della mafia, nel solo anno scorso, è stato di oltre duemila miliardi. Perché avete unito le due cose? Perché avete accostato l'euro a grandi evasori e occasioni di riciclaggio del denaro sporco? Se siete proprio convinti della bontà della misura del rientro dei capitali all'estero, perché non avete differito a dopo il 28 febbraio il rientro dei capitali in Italia, come pure vi è stato suggerito? Dopo quella data, il denaro contante potrà essere convertito solo dinanzi alla Banca d'Italia, con un maggiore controllo sulle fonti e ben poche possibilità di operare con le note camere di compensazione per il riciclo del denaro sporco. Perché non vi siete posti, da uomini di Stato, questi problemi? Perché non avete preso in considerazione l'appello disperato di Maria Falcone che, dopo anni di silenzio, ha dovuto ricordarvi il sacrificio di Giovanni Falcone nella lotta contro il riciclaggio del denaro mafioso e gli enormi rischi derivanti dalla misura che vi accingete a votare? Ma, si obietta, il rientro dei capitali dall'estero consentirà uno sviluppo dell'economia e degli investimenti in Italia, contribuirà all'occupazione e consentirà un sia pur modesto recupero fiscale. Nulla di più insensato, signori della maggioranza!
Nel mondo della finanza globale e della libera circolazione dei capitali - di quelli puliti, s'intende - non è rilevante dove si trovi il denaro da investire, ma dove esso venga investito ed a quali condizioni di produttività e di competitività. Orbene, state pur certi che, dopo le vostre leggi sul falso in bilancio, sulle rogatorie e sugli appalti di opere pubbliche senza gare, l'Italia, che già non era ai primi posti nella graduatoria internazionale di Transparency, non darà sicuramente maggiori garanzie per attrarre investimenti internazionali. È questo deficit di legalità e di sicurezza che occorre colmare per dare condizioni di credibilità e di efficienza ai nostri mercati. Altro che premi agli evasori ed alla criminalità!
È con senso di giustizia che si governa un grande paese. Ma come intendete giustificare, agli occhi degli italiani che pagano le tasse, il premio che riconoscete ad una fascia di alcune centinaia di grandi evasori, ai quali condonate il 40 per cento dell'imposta? Cosa hanno fatto costoro
per meritare un simile premio, proprio nel momento in cui, dopo le promesse elettorali, non riducete affatto la pressione fiscale per le famiglie e per le piccole e medie imprese e, anzi, con la vostra finanziaria, mentre restituite ai cittadini 3 mila miliardi con le detrazioni, gliene togliete 6 mila a causa della mancata riduzione delle aliquote IRPEF (già prevista dalla finanziaria del Governo Amato) e dell'eliminazione del fiscal drag? È questa la vostra politica fiscale? Quella dei condoni per i grandi evasori e delle promesse mancate per gli altri?
Dovete comprendere che non si governa un grande paese con piccole politiche di cassa e grandi iniquità; che la serietà delle nostre politiche fiscali non è una variabile dipendente né un puro valore etico: è invece un valore monetizzabile in termini di fiducia dei contribuenti in uno Stato equo, che fa pagare le tasse a tutti in proporzione delle capacità economiche di ognuno, così com'è scritto nella Costituzione.
Ho parlato di Stato equo, ma - potete darmene atto - non di Stato etico. Noi abbiamo orrore dello Stato etico ed abbiamo a cuore l'etica dello Stato, che è cosa assai diversa, anzi opposta. È questa etica che avete dimostrato di non possedere, in questa come in altre circostanze. E ce ne dispiaciamo profondamente, come cittadini italiani e dell'Europa (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Burlando. Ne ha facoltà.
CLAUDIO BURLANDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge che ci accingiamo a votare si inserisce in un percorso già delineato dalle rogatorie e dal falso in bilancio e, con questi ultimi, va a costituire un complesso di provvedimenti che mettono in discussione la legittimità e la legalità in questo paese.
Si tratta di tre provvedimenti molto pericolosi, anche perché sono stati assunti non in maniera diretta, presentandoli al Parlamento con il loro specifico oggetto, ma sfruttando le opportunità che si sono presentate. Le misure sul falso in bilancio sono state inserite nel disegno di legge di riforma del diritto societario, dopo che era stata decisa, al riguardo, con il consenso dell'opposizione, la procedura d'urgenza; le disposizioni in materia di rogatorie sono state inserite nella proposta di legge di ratifica di un accordo con la Svizzera, che aveva tutt'altro tenore e che perseguiva tutt'altri obiettivi; le norme sul rientro dei capitali dall'estero sono state inserite in un decreto, tutto sommato, di natura meramente tecnica, riguardante l'introduzione dell'euro.
Questi tre provvedimenti hanno un'unica matrice: un abbassamento del livello di legalità in un momento in cui una serie di vicende internazionali, in primo luogo, la ripresa terroristica così drammatica e prepotente, renderebbe necessario un aumento del controllo del flusso del denaro sporco, del riciclaggio, dell'utilizzo di capitali provenienti da organizzazioni mafiose, e così via. Il segno, quindi, è molto pesante. È molto pesante il fatto che si sia previsto l'anonimato per chi fa rientrare i capitali. È vero che, a parole, si dice che l'obiettivo è quello di separare il rientro di capitali leciti, seppure illecitamente esportati, da quelli provenienti da attività criminose, ma senza la possibilità di sapere chi ha reintrodotto questi capitali in Italia sarà molto difficile operare questa distinzione, sarà molto complesso, quasi impossibile. È vero che con il maxiemendamento, su cui il Governo ha posto la fiducia, sono state introdotte alcuni accortezze (questo però dimostra che si trattava di un provvedimento molto «disinvolto»), ma è altrettanto vero che, senza la possibilità di conoscere a quali persone corrispondono questi capitali che rientrano, distinguere il rientro dei capitali sporchi da quelli puliti, su cui magari si è fatta una evasione fiscale, è molto difficile, se non impossibile.
Tuttavia, sui temi che ho fin qui trattato, si è parlato a lungo; l'argomento che
volevo sviluppare è un po' diverso. Quello che mi interessava sottolineare è che con questi primi atti, il Governo sembra mirare nuovamente all'idea di un paese che, anziché puntare sulla sua forza per crescere, torna a puntare sulla sua debolezza. Si torna cioè a puntare su un paese che fa della furbizia, dell'evasione fiscale, del sommerso, un elemento di forza.
In fondo, la storia di questi ultimi cinque anni (con l'euro) è stato il tentativo riuscito di puntare nuovamente su un paese che potesse stare al passo con i paesi più forti e che, per crescere, aveva bisogno di quel circuito vizioso fatto di inflazione, svalutazione - anche competitiva per le imprese - e spesa pubblica. Non è un caso che la finanziaria dell'euro sia stata così avversata dall'opposizione di allora e non è un caso che in quella battaglia voi abbiate avuto a fianco alcune persone, alcuni ambienti (anche imprenditoriali), che hanno pensato che l'Italia potesse vivere solamente in quanto paese debole. Ecco, la scommessa del 1996, che poi è stata vinta con l'euro, era la scommessa di un paese che poteva anche puntare sui suoi elementi di forza, non necessariamente sugli elementi di debolezza, che poteva anche pensare di crescere con prodotti a maggior valore aggiunto, sviluppando la ricerca e l'innovazione, che poteva anche pensare di crescere con un patto di più alto profilo tra governanti e governati.
In fondo, il patto precedente era chiaro: noi vi diamo poco in termini di infrastrutture, servizi alle imprese, di pubblica amministrazione, ma vi chiediamo anche molto poco. Per esempio, in termini di fiscalità, di controllo sull'evasione fiscale, e così via. Ecco, in quegli anni, dal 1996 al 2001, l'Italia ha visto che poteva crescere anche in un modo diverso. Si è introdotta una politica di controllo dell'evasione fiscale che ha dato grandi risultati e si è prodotto un larghissimo ampliamento della base imponibile, che consentirebbe oggi di ridurre la pressione fiscale a vantaggio di chi ha sempre pagato onestamente le tasse. Grazie al calo dei tassi d'interesse, dovuto all'euro, e a quello del debito pubblico, dovuto alla politica di risanamento, sarebbe possibile oggi avviare una fase positiva, costruendo un patto di più alto profilo tra pubblica amministrazione e cittadini.
Un patto che si può riassumere così: «noi vi diamo di più, ma vi chiediamo anche di più concorrendo la finanza pubblica con la fiscalità equa progressiva, generalizzata e così via». Il segnale che voi date con questa serie di provvedimenti va in direzione esattamente opposta. È un segnale che rende questo paese nuovamente debole e che, soprattutto, lo emargina nuovamente.
I segni di questi primi mesi sono segni già molto chiari, questo paese è già più debole, è già più emarginato. In fondo, gli anni dal 1996 al 1998 hanno fatto fare uno scatto a questo paese; l'hanno reso più forte, più protagonista. In pochi mesi questo paese è nuovamente più debole e nuovamente emarginato. La questione dell'aereo della difesa, di cui parleremo tra poco, è, da questo punto di vista, sintomatica. È sbagliato giudicare questa vicenda soltanto come una scelta di carattere militare. In realtà, è una vicenda che ha aspetti che riguardano la difesa, la politica industriale e la politica estera. Quando si decise l'alleanza di Finmeccanica e si optò per il consorzio dell'Europa continentale, il consorzio EADC, a scapito dell'alleanza con la British Aerospace, al fondo di questa decisione vi era un nucleo di politica industriale, di politica estera, non solo di politica della difesa; vale a dire il tentativo di inserire il paese, con la finanza pubblica risanata e, finalmente, parte della moneta unica, anche in un contesto industriale tecnologico europeo.
La scelta che ha fatto il ministro Martino, di cui tra poco discuteremo, e che sembra essere stata assunta con la contrarietà e comunque all'insaputa del collega degli esteri Ruggiero, è una scelta che tende, appunto, sempre più a fare di questo paese un paese piccolo, un paese emarginato, un paese che sta al di fuori dei grandi processi europei, in particolare di quelli continentali, e, alla fine di questo percorso, noi saremo nuovamente fuori da
questo contesto, ci saremo con la moneta ma non ci saremo con l'industria, con la tecnologia, con la diplomazia, con la politica estera e con le leggi in materia di rientro di capitali, di falso in bilancio e di rogatorie internazionali. Questo è un danno grande. Il danno più eclatante è certamente rappresentato dal fatto che vengano liberati i criminali, che già chiedono l'applicazione di queste nuove leggi, ma il danno cui mi riferisco è forse un danno ancora più grande, se possibile, perché tende a far pagare un prezzo al paese in termini di legittimità internazionale e di credibilità. È inutile lamentarsi, poi, se non si viene invitati ai vertici! È quando si compiono questi atti che si pongono le condizioni per subire un processo di emarginazione che è molto grave per il Governo e per il paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carra. Ne ha facoltà.
ENZO CARRA. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, dico subito che di questo provvedimento, sul quale è stata posta la questione di fiducia, più che il testo è il contesto che non ci piace. L'aria che si respira ci avverte che dopo l'approvazione di questa legge niente sarà più come prima. Forse è per questo che fra tante parole, abbiamo ascoltato, ieri, anche riflessioni pacate e serene sul passato del nostro paese, perfino nuove aperture per un tribunale del riesame, in chiave politica, del nostro passato. Riflessioni che pure non hanno strettamente molto a che fare con questo provvedimento. Forse questo è accaduto per via di un riflesso condizionato. Il decreto-legge che state per convertire in legge è, a dir poco, poco virtuoso ma pragmatico, avvolgente, accomodante. Se non si dovesse piangere si potrebbe ridere. Sembra quasi un episodio di un film del genere commedia all'italiana.
Il ministro dell'economia ha spiegato che questo provvedimento si rivolge al macellaio e all'artigiano che hanno portato i soldi in Svizzera a poco a poco. È dunque un piccolo saggio sull'illegalità di massa, un saggio che, però, induce a considerazioni più generali, alte, serie, sull'illegalità del potere e su quella di chi lo ha giudicato con metodi, diciamo così, giacobini.
Il fatto poi che abbiate voluto porre la questione di fiducia - attirando l'attenzione di tutti Italia non su un testo in parte condivisibile, ma sul punto contestatissimo del rientro dei capitali - ci obbliga ad un'ulteriore riflessione. Perché lo avete fatto? Per rendere più semplice la strada del rientro dei soldi di macellai, artigiani, industriali, professionisti, che li hanno nascosti all'estero magari negli anni settanta ed ottanta? Ma quelli erano gli anni della grande paura del comunismo che avrebbe requisito le case e dell'inflazione galoppante; erano gli anni di piombo del terrorismo, che abbiamo conosciuto anche noi e che non era meno minaccioso dell'attuale terrorismo all'antrace. Ci chiedete perciò di rendere più semplice e comoda l'agibilità dei risparmi di questi eroi del nostro tempo? È questa la ragione del decreto e del voto di fiducia? No, non credo sia questa. Come facciamo a credere che chi ha svernato a Montecarlo quando c'era la lira ed il franco venga a passare l'estate qui da noi oggi che c'è l'euro? Ed anche se così fosse, perché picchiare in tal modo sulle gengive dell'opposizione in un momento tanto delicato, per compiacere evasori piccoli e medi? Certamente le nostre piste portano obiettivi più importanti: si dice capitali del crimine, della mafia, della 'ndrangheta, che così possono essere invogliati a riprendere la via dell'Italia oppure a riemergere perché non se ne sono mai andati via. Resta però l'interrogativo che sia questo lo scopo, visto che fantasia, mezzi, intermediari a questi finanzieri un po' speciali non mancano davvero. È quindi realmente difficile pensare che questi quattrini abbiano bisogno di una legge per rimpatriare, per riemergere.
Vi è allora un'altra interpretazione, quella secondo cui, avendo l'Italia esaurito
la sua funzione di portaerei della NATO, funzione splendidamente svolta per oltre 40 anni, si voglia convertire adesso lo stivale in un paese offshore. Ma anche così il vostro decreto-legge avrebbe dinnanzi un processo lunghissimo di perfezionamento, visto il nostro farraginoso quadro normativo, e, lo speriamo, questo piano sarebbe alla fine battuto.
Si può infine supporre che questa legge c'entri qualcosa con il Presidente del Consiglio ed i suoi molteplici interessi. Anche questo, però, è un azzardo. Il provvedimento, ha assicurato sempre il ministro dell'economia, non c'entra nulla con Berlusconi. Lui non lo utilizza, né potrebbero utilizzarlo le sue società, perché dal provvedimento le società sono appunto escluse. D'altra parte, perché tutelare in questo modo gli interessi del Presidente del Consiglio, oggi finalmente così sobrio da parlare poco con i giornalisti? Perché metterli ulteriormente allo scoperto, ponendo a repentaglio una sua già non esaltante immagine internazionale che, ammettiamolo, danneggia tutti? No, neanche questa può essere una giustificazione alla fretta, al prendere o lasciare con cui la maggioranza ci ha messo dinanzi questo decreto-legge.
Al fondo, credo vi sia piuttosto un'errata nostalgia del fronte, una voglia di contrapposizione e di antagonismo. In queste ultime ore il Governo ha voluto soprattutto rimettere in riga la sua maggioranza, l'uno e l'altra poi esaltati nell'impegno di dimostrare che sono in grado di fare ciò che vogliono, giusto o sbagliato che sia. Identificare un nemico, chiudere ad ogni dialogo: è questo il dato più grave. Al laconico ministro Lunardi il compito di costruire un muro o un muretto; ad altri «consiglieri del principe» quello di predisporre sfilate da guerra fredda, perché la guerra fredda era così bella che ce ne vorrebbe un'altra.
Voteremo contro la conversione in legge di questo decreto-legge, ma c'è in noi anche il desiderio di impegnare, se possibile, la maggioranza su una constatazione, almeno su una constatazione. Come si deve dire in questi casi, così non si può andare avanti: non potrà essere così, né per voi né per noi, quando finalmente parleremo del conflitto di interessi (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.
LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, in questi giorni è apparso nelle edicole e nelle librerie un interessante quaderno, così lo stesso si definisce, che reca un titolo di indubbio rilievo: «No alle leggi, forza ladri».
Ciò che poteva essere un'impressione ormai diventa certezza e sostanza, ossia le prime leggi approvate dalla destra vanno in quella direzione. Si tratta di un premio ai disonesti, alla parte sicuramente meno nobile del nostro paese.
La legge 5 ottobre 2001, n. 366, sulla riforma del diritto societario, la legge 5 ottobre 2001 n. 367 sulle rogatorie in Svizzera ed ora il disegno di legge di conversione del decreto-legge 25 settembre 2001 n. 350 contengono modifiche del diritto vigente le quali hanno, come conseguenza immediata e diretta, quella di assicurare un esito favorevole all'imputato di una serie di processi penali, alcuni dei quali - lo sappiamo tutti - particolarmente gravi. Si tratta di processi penali da tempo in corso per fatti commessi nell'esercizio delle loro attività private. Questa possibilità è persino riservata al Presidente del Consiglio in carica e ad alcuni suoi - definiamoli così - fidi luogotenenti. Oltre a tutto ciò è prevista la riconversione dei fondi all'estero con il rimpatrio a prezzi di realizzo: ricordo la scandalosa aliquota del 2,5 per cento.
Alcuni commentatori - e anche in quel quaderno che ho citato prima, se qualcuno vorrà leggerlo, ve ne sono parecchi - sostengono che l'obiettivo principale perseguito dal Presidente del Consiglio, da quando è rimasto privo della copertura che gli era stata precedentemente assicurata dai dirigenti politici corrotti che
hanno governato l'Italia negli anni ottanta e fino al 1993, è stato quello di formare un partito tutto suo e di impegnare il suo impero mediatico e finanziario per la conquista del potere nel nostro paese.
Ebbene, i provvedimenti dei primi 100 giorni (qualcosa di più) sono la consacrazione di questi obiettivi. Mi chiedo se veramente la volontà di tutti i suoi elettori e di tutti gli elettori della destra fosse in questo senso e se, quindi, il richiamo della destra - talvolta ripetuto in quest'aula - al consenso ottenuto il 13 maggio sia sufficiente a sostenere quest'opera di demolizione dello Stato di diritto e del principio fondamentale che la legge è uguale per tutti.
Abbiamo avuto modo di specificare i motivi della nostra profonda contrarietà sia sulla legge concernente la riforma del diritto societario sia su quella relativa alle rogatorie svizzere. Potremmo, a tal uopo, richiamare ad abundantiam, affinché ne rimanga traccia anche nei nostri lavori parlamentari, le dichiarazioni rilasciate da Bernard Bertossa, procuratore di Ginevra il quale ha sostenuto che «tanta indecenza ci lascia increduli», nonché quelle di Renaud Van Ruymbeke, procuratore francese, il quale si chiede se l'Italia ha deciso di proteggere i criminali.
Ora, si potrebbe dire che con questo provvedimento sul quale il Governo ha posto ed ottenuto la fiducia si compie il disegno e si va oltre ogni peggiore previsione, andando anche ad incentivare la parte peggiore ed eticamente riprovevole del nostro paese. Perché il Governo ha posto la fiducia impedendo una analitica discussione e votazione degli emendamenti, cioè un ordinario svolgimento dei lavori parlamentari?
Il presidente del gruppo di Forza Italia, onorevole Vito, l'altro giorno ha risposto a questa domanda dicendo che non volevano sottoporsi ad una critica costante, feroce e mistificatoria della verità; per questa ragione, hanno posto la questione di fiducia che comporta la presentazione da parte del Governo di una maxiemendamento che contiene tutto il contesto normativo del provvedimento e impedisce il dibattito e la votazione sugli emendamenti.
La verità, colleghi, non è questa. La verità è che il Governo ha paura della libertà di espressione dei propri parlamentari nel momento in cui fosse stata richiesta la votazione segreta. Questa è la verità. È, infatti, fuori discussione che anche nella destra vi sia un certo numero di deputati che non ha solamente il mal di pancia, ma ha la nausea per il contenuto e il disvalore delle norme di questo provvedimento riguardanti l'emersione di attività detenute dall'estero.
È dovuto intervenire il Comitato per la legislazione a dare il giusto titolo al decreto-legge, perché ormai è abitudine della destra nascondere vere e proprie porcherie in provvedimenti in cui gran parte delle norme sono condivisibili, come nella fattispecie accade per le norme che disciplinano l'introduzione dell'euro.
La maggioranza si è dimenticata che, se è vero che il paese non ha bisogno di giustizialismo, è altresì vero che ha bisogno di legalità e, quindi, di una diffusa etica civile. Il Parlamento deve tener conto di ogni atto e provvedimento legislativo perché è vero che gli italiani chiedono rigore verso la criminalità organizzata e comune, ma sanno che occorre partire da una seria lotta e da una massima severità contro la criminalità economica e finanziaria. Invece, i tre provvedimenti ora richiamati, che sostanziano gran parte dell'operatività del Governo Berlusconi in poco più di cento giorni dal suo insediamento, sono un vero e proprio regalo alla criminalità economica e finanziaria.
Il direttore generale dell'Ufficio italiano cambi nella nota che ha consegnato alla Commissione finanze ha testualmente affermato che solo la canalizzazione attraverso gli uffici doganali di confine rende certa l'effettiva provenienza dall'estero delle disponibilità rimpatriate. Negli altri casi di trasferimento al seguito di capitali sussiste il concreto rischio, se non la concreta possibilità, che la procedura di rimpatrio possa essere impropriamente
utilizzata per disponibilità dichiarate come provenienti dall'estero ma, effettivamente, detenute in Italia.
Persino Cirino Pomicino richiama il Parlamento a questa possibilità di riciclaggio di denaro sporco. Pensate un po', lo dice persino Cirino Pomicino e la destra fa orecchie da mercante e non accetta neppure il contributo che con l'ordine del giorno a mia firma tendeva, quanto meno, a rendere più difficoltosa questa procedura di lavaggio di danaro sporco.
Perché volete queste norme? Cosa avete da nascondere? Sarebbe facile dare una risposta, ma la lascio a voi: avrete la dignità di darci una risposta? Queste leggi fanno strame dello Stato di diritto. È così che si modernizza il paese, Presidente Berlusconi? Presidente Berlusconi, mi può spiegare in che senso intende modernizzare il paese in questo modo? Forse, si vuole rendere legale ciò che non è legale?
Queste domande hanno bisogno di risposte chiare, perché altrimenti risulta evidente che si stanno facendo favori e regali personali o ad amici e, ahinoi, non si valuta fino in fondo la portata devastante che tali norme hanno nel complesso dell'ordinamento giuridico del paese con la sua disarticolazione e distruzione.
È anche per questi motivi, signor Presidente, che voteremo contro questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, onorevole sottosegretario, con oggi si chiudono davvero i primi cento giorni del Governo. Sono stati cento giorni importanti per far comprendere ai cittadini italiani il vostro vero programma, le vostre vere intenzioni. Oggi, perciò, credo sia maturo il tempo perché possiate cambiare la vostra ragione sociale da Casa delle libertà in «Casa delle impunità». Potete farlo con buona ragione, non solo per motivi di marketing politico, per attirare nuovi investimenti - lo dico tra virgolette - in Italia.
Potete legittimamente fregiarvi del titolo di «Casa delle impunità» per il lavoro che avete svolto in questi cento giorni. Mi riferisco alla nuova normativa sul falso in bilancio che, con la previsione della querela di parte, ha di fatto cancellato dal codice penale questo reato ed alla nuova normativa sulle rogatorie internazionali, che è stata definita da autorevolissimi rappresentanti di magistrature europee una catastrofe per la giustizia internazionale. Tale normativa comincia già a produrre i suoi effetti: infatti, il boss Prudentino ringrazia sentitamente. Oggi, il terzo capolavoro, il provvedimento più discutibile ed incredibile tra tutti quelli che ho ricordato. Quello che voi graziosamente definite emersione di attività detenute all'estero, invece, altro non è che uno strumento al servizio di ricchi imbroglioni - perché è bene si capisca che vi sono anche ricchi onesti - e di riciclatori di denaro sporco.
Oggi, un brillante e politicamente raffinato direttore di un foglio nazionale, che molte volte apprezzo, accusa noi di essere un'opposizione svizzera, cioè di voler lasciare i capitali dove stanno, presso alcune banche svizzere.
Ci accusa di difendere, in modo demagogico e non argomentato, gli interessi di un oscuro capitalismo finanziario elvetico ma a questo brillante direttore di un foglio quotidiano sfugge che il Governo ha accolto alcuni nostri emendamenti, i quali hanno introdotto qualche lieve correttivo antiriciclaggio, a dimostrazione degli enormi buchi neri del decreto-legge e della puntualità dei nostri rilievi, e nonostante tutto ciò - ne sono stati, infatti, accolti troppi pochi - il provvedimento rimane un formidabile strumento di riciclaggio di denaro sporco, che garantisce l'impunità fiscale ma, quel che è peggio, quella penale.
Il testo, infatti, è rimasto invariato sulle questioni di fondo, sull'anonimato di chi attua il rientro dei capitali, sulla possibilità di farlo per interposta persona, sul
ridicolo pegno che si paga del 2,5 per cento rispetto ai vantaggi enormi che si ricavano, continuando con i tanti e troppi nostri emendamenti non accolti che contenevano correzioni vere e puntuali per renderlo, almeno, decente.
Allora si capisce bene che il problema non è un'opposizione che si fa paladina delle banche svizzere ma un Governo e la sua maggioranza che fanno concorrenza alle banche e alle società fiduciarie delle isole Cayman, delle isole Vergini e di tutti i paradisi fiscali del mondo. Più volte è stato ricordato, ma vale la pena farlo sempre, che il vicedirettore della Banca d'Italia, Finocchiaro, ha lanciato l'allarme circa il pericolo, già in essere, di operazioni consistenti in ripulitura del denaro sporco e, oggi, con la conversione in legge del decreto-legge al nostro esame, non solo dimostriamo di non essere vigili, ma, addirittura, forniamo uno strumento legale di riciclaggio a intere famiglie criminali europee: per tali motivi possiamo parlare dell'Italia, non come di un nuovo paradiso fiscale, ma di un vero e proprio paradiso criminale.
Colleghi della maggioranza, mi chiedo quali saranno i vostri prossimi manifesti per celebrare questo straordinario risultato della «Casa delle impunità»: «Vieni in Italia, paghi 25 milioni ed incassi un miliardo» oppure un altro bel manifesto potrebbe essere «No alla macelleria sociale, sì alla macelleria legale» oppure ancora «Robin Hood Tremonti, si prende ai ricchi per dare ai poveri», se volessimo dare corpo e credito alla ridicola spiegazione di ieri da parte di un collega di Alleanza nazionale.
Il vostro provvedimento è talmente abnorme ed incongruo che siamo convinti che la Corte costituzionale renderà giustizia agli italiani che hanno fatto fino in fondo il loro dovere di onesti cittadini. Abbiamo già illustrato i motivi per cui riteniamo che il provvedimento sia caratterizzato da una intrinseca irragionevolezza costituzionale, cioè per la sua assoluta arbitrarietà, inadeguatezza e non pertinenza rispetto al principio di eguaglianza dell'articolo 3 della Costituzione: ma di tutto ciò si occuperà la Corte costituzionale, organo supremo, autonomo e indipendente.
L'azione del Governo suscita, invece, un altro aspetto, direi un paradosso costituzionale: non sono le leggi di questo Governo ad essere incostituzionali ma è l'esecutivo stesso che ha atteggiamenti incostituzionali, perché contraddice il principio dell'articolo 1 della Costituzione.
Per sostenere questo mio paradosso - sapendo che lo è, ma come tale va argomentato - cito la sentenza n. 87 del 1966 della Corte costituzionale: L'articolo 1 proclama il metodo democratico come il solo che possa determinare la politica sociale e nazionale, ed esso non consente l'usurpazione violenta dei poteri ma richiede il rispetto della sovranità popolare, affidata alla maggioranza legalmente costituita, e la tutela dei diritti delle minoranze ma, soprattutto, deve garantire l'osservanza delle libertà stabilite dalla Costituzione.
Questo Governo con la sua azione, calpesta quelle libertà e quei principi costituzionali: il principio di legalità, di eguaglianza, di solidarietà e via dicendo. Certamente, si tratta di un paradosso, ma quest'ultimo lo coltiveremo perché possa diventare convinzione politica comune tra i cittadini del nostro paese: per tali motivi esprimerò ed esprimeremo un voto contrario al provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crisci. Ne ha facoltà.
NICOLA CRISCI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la maggioranza di destra è impegnata in una corsa senza freni per mostrare quanto è bravo il Governo Berlusconi a praticare la politica del fare. Dunque, a fornire risposte veloci agli amici potenti, ai quali ha voluto rapidamente regalare: l'abolizione della tassa sulle successioni e donazioni, la riscrittura dolce del reato di falso in bilancio, la legge sulle
rogatorie internazionali, il ridimensionamento del ruolo dei magistrati, la ricentralizzazione delle competenze in materia di infrastrutture e protezione civile ed oggi il condono di ogni responsabilità fiscale e penale per quanti comunque, hanno esportato i propri capitali all'estero.
Per la verità, il titolo originario del decreto-legge recita: «Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, recante disposizioni urgenti in vista dell'introduzione dell'euro». Un titolo che farebbe pensare ad un giusto, doveroso e, forse, anche tempestivo intervento del Governo in vista della scadenza dei termini per l'entrata in vigore della moneta unica.
In realtà, con la stessa ipocrisia e furbizia usate per la riscrittura delle norme sul falso in bilancio, all'interno della legge di riforma del diritto societario, anche in questo caso sotto un titolo innocente si è, surrettiziamente, inserita la disciplina del rimpatrio dei capitali, che rappresenta una specie di salvacondotto per chi ha esportato capitali all'estero ed un grande regalo a chi non ha rispettato le leggi della Repubblica.
Ma, il Presidente Berlusconi è un generoso, così, per evitare che queste sue opere di bene venissero ostacolate o rallentate dallo sterile e dannoso dibattito parlamentare, ha ritenuto di dover porre la questione di fiducia, imbavagliando ulteriormente i colleghi della maggioranza già costretti, dalla blindatura dei provvedimenti del Governo, a limitarsi a qualche brevissima ed impacciata dichiarazione di voto.
In questo clima di concreto e preoccupante svuotamento delle funzioni del Parlamento, la minoranza saprà respingere ogni tentativo teso a rendere la sua iniziativa parlamentare un mero esercizio di testimonianza politica. Saprà saldare la sua protesta e la sua proposta alla coscienza del paese; saprà respingere il tentativo di minare ed impoverire la struttura democratica e il sistema dei valori e dei principi contenuti nella Carta costituzionale.
Anche per questo molti colleghi intervengono in quest'aula pressoché vuota. Intervengono per non rinunciare al proprio ruolo e a quello il Parlamento.
Anche per questo dichiaro con forza il mio voto contrario su un decreto-legge impresentabile sul piano etico, discutibile sotto il profilo della legittimità costituzionale e solo formalmente compatibile con la normativa comunitaria.
Un provvedimento in palese e sostanziale conflitto con la proposta di direttiva della Commissione europea del 14 luglio 1999, attualmente all'esame del Comitato di Conciliazione. Proposta, quest'ultima, che modifica la direttiva 91/308, al fine di potenziare l'efficacia della lotta al riciclaggio e al terrorismo nonché per combattere, anche attraverso la cooperazione tra le autorità nazionali, ogni forma di attività illecita in grado di mettere in pericolo gli interessi finanziari delle comunità europee.
L'Europa rilancia la lotta contro la frode, la corruzione ed il riciclaggio di denaro con un'ulteriore, urgente proposta di direttiva, assunta nel luglio di quest'anno; elabora, il 2 ottobre 2001, una proposta di regolamento che prevede misure restrittive, tese a combattere ogni possibile forma di finanziamento di attività terroristiche. Mentre l'Europa fa questo, le destre italiane, dopo aver riscritto le norme sul falso in bilancio ed approvato la scandalosa legge sulle rogatorie internazionali, si preoccupano di assicurare il comodo rimpatrio dei capitali emigrati, certamente, non con le valigie di cartone che accompagnavano la triste partenza di tanti uomini e di tante famiglie del Mezzogiorno. E tutto questo, per un pugno di soldi. Direbbe il presidente del gruppo di Alleanza nazionale, l'onorevole La Russa, oggi neoamericano: per un pugno di dollari. Il pugno di soldi è calcolato sulla base delle stime e delle valutazioni «nasometriche», a naso, del «ministro del buco», un buco che ora c'è, ora non c'è, come le poste di bilancio previste dalla magia del ministro Tremonti.
Non è questa l'Italia che meritano tante persone oneste; non è questa l'Italia che
vogliamo. Non vogliamo un paese eticamente più debole, in cui si fanno regali a furbi, evasori e malfattori, mentre si chiedono sacrifici ai soliti noti. Anche per questo, dichiaro fortemente il mio voto contrario sul provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bondi. Ne ha facoltà.
SANDRO BONDI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, prendo la parola, per la prima volta in quest'aula, perché non voglio più accettare in silenzio le accuse, i rimproveri, le lezioni morali che ci vengono rivolte, continuamente, dai banchi dell'opposizione. Prendo la parola anche perché non posso accettare l'accusa, formulata ieri dall'onorevole Violante, di essere, al pari di molti miei colleghi, un «uomo-macchina», anzi, un parlamentare di cui la maggioranza non si fiderebbe pienamente: da qui deriverebbe la decisione di porre la questione di fiducia sul provvedimento. Ma non è questa l'unica accusa che, negli ultimi mesi, i parlamentari della maggioranza hanno dovuto ascoltare con sofferenza. Abbiamo dovuto subire anche l'accusa di voler favorire i terroristi - e l'abbiamo riascoltata anche questa mattina -, di voler favorire i trafficanti di droga, di voler favorire gli evasori fiscali, perfino di voler favorire i pedofili.
Mi chiedo e vi chiedo, e lo chiedo soprattutto ai colleghi parlamentari del partito popolare e ai tanti democratici che fanno parte dell'Ulivo: è così che concepite il confronto in Parlamento tra le forze politiche? È così che rispettate la funzione del Parlamento e la dignità dei singoli parlamentari? È così che accogliete l'invito rivolto dal Capo dello Stato a tutte le forze politiche, affinché il dialogo e il confronto tra maggioranza ed opposizione siano sempre di più il battito ed il ritmo stesso della nostra vita democratica, siano sempre di più il principio fondamentale cui si uniformano tutti i nostri atteggiamenti?
L'opposizione ha tutto il diritto di polemizzare e di contestare, anche duramente, la decisione del Governo di ricorrere al voto di fiducia su questo provvedimento, anche se non si può dimenticare che il centrosinistra nel passato vi ha fatto ricorso in maniera ben più sistematica; l'opposizione ha tutto il diritto e il dovere di contestare nel merito i singoli provvedimenti adottati da questo Governo. L'opposizione non ha però il diritto - lo ha ricordato molto bene ieri il collega Jannone - di rivolgere ai parlamentari della maggioranza accuse inaccettabili, solo perché esiste fra di noi, fra maggioranza ed opposizione, una diversità di parere e di opinioni su singoli provvedimenti. È possibile che l'opposizione non sia neppure sfiorata dal dubbio che la legge sul falso in bilancio, il provvedimento sulle rogatorie internazionali, il decreto che stiamo discutendo questa mattina, possano essere considerati, almeno nelle intenzioni del Governo e dei parlamentari che sostengono questi provvedimenti, dei passi in avanti nell'adeguamento della nostra normativa a quella internazionale, sulla via della costruzione di un autentico Stato di diritto, per garantire i diritti fondamentali di ogni cittadino? È possibile che il vostro obiettivo, quello dell'opposizione, sia quello di far credere al paese che i primi 100 giorni di questo Governo siano riassumibili nel voler favorire i criminali e nel voler tutelare degli interessi privati? Se è così, andrete incontro molto presto ancora una volta ad un'amara sorpresa, perché gli italiani hanno perfettamente capito che i risultati conseguiti dal Governo in questi primi 100 giorni, in una situazione internazionale molto difficile se non drammatica, rispettano pienamente gli impegni presi durante la campagna elettorale, che gli elettori hanno sancito con il voto del 13 maggio.
Ecco il punto che voglio sottolineare: il 13 maggio per l'opposizione sembra essere passato invano. La sinistra ha dimostrato in questi mesi di non avere imparato nulla dalla lezione del 13 maggio. Con il loro
voto gli elettori, gli italiani, hanno scelto non solo un leader e un preciso programma di Governo, ma soprattutto hanno respinto e bocciato una odiosa campagna di demonizzazione nei confronti del leader dell'allora opposizione e nei confronti degli stessi elettori della Casa delle libertà, indicanti addirittura come espressione di un Italia minore, culturalmente e politicamente. Gli italiani hanno già bocciato, hanno già rifiutato questa politica, fondata non sul confronto, seppure duro, tra posizioni diverse, sul rispetto reciproco, ma sull'odio, sulla raffigurazione dell'avversario politico come un nemico da combattere e da delegittimare con tutti i mezzi - avrei voluto rivolgermi all'onorevole Violante - e non perché sia possibile assolvere un imputato, nonostante esistano le prove - come l'onorevole Violante ha avuto ieri l'ardire di dichiarare in quest'aula, dimostrando in questo modo di non aver affatto dismesso la sua vocazione e la sua anima giustizialista - ma grazie all'esistenza di giudici che non perseguono obiettivi politici, che sono indipendenti e imparziali, che rispondono alle leggi e alla loro coscienza. Se non vengono assunti questi principi, è inutile proporre una Commissione di inchiesta su Tangentopoli, che pure sarebbe necessaria, perché l'unico scopo sarebbe di diminuire il verdetto della politica e della storia.
Spuntata l'arma giudiziaria, la sinistra ha purtroppo ripreso rapidamente l'antico vizio di demonizzare gli avversari politici, probabilmente con l'obiettivo di logorare e di delegittimare i vincitori delle elezioni del 13 maggio.
Il vertice di Genova ha fornito il primo esempio della facilità con cui la sinistra è pronta a cambiare il proprio atteggiamento su questioni essenziali, fondamentali per l'immagine e la credibilità del nostro paese sulla scena internazionale, a seconda che si trovi al Governo o all'opposizione.
Anche in riferimento a ciò che è accaduto dopo l'11 settembre e alle decisioni che anche l'Italia è chiamata ad assumere, sono emerse tutte le ambiguità di una sinistra che, nei momenti decisivi della nostra vita nazionale, è incapace di assumere una posizione unitaria corrispondente agli interessi nazionali; anzi, neppure in questa occasione sono mancati i tentativi di indebolire e di delegittimare il nostro Governo sul piano internazionale.
Finché la sinistra non abbandonerà l'idea di poter dare una spallata al Governo scelto legittimamente dagli elettori, finché la sinistra non la smetterà di attribuire agli avversari politici di turno ogni possibile colpa, ogni possibile nefandezza, non faremo mai un passo decisivo verso quella democrazia compiuta e normale fondata sulla condivisione di valori comuni che tutti noi - credo - auspichiamo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia, di Alleanza nazionale e del CCD-CDU Biancofiore - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.
EGIDIO BANTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, desidero insistere su alcuni punti che sono stati già sottolineati da altri colleghi intervenuti in quest'aula e che, dal mio punto di vista, rappresentano - lo dico con molta pacatezza - aspetti anche inquietanti della fase normativa che stiamo costruendo in questo Parlamento. In modo particolare mi riferisco al fatto che in questo provvedimento, come nei due provvedimenti che lo hanno preceduto - più volte evocati durante la discussione e relativi alla riforma del diritto societario e alla riforma del regime delle rogatorie -, il titolo, l'impostazione generale, l'involucro del provvedimento è cosa diversa dal contenuto vero, quello che - con tutta evidenza - sta a cuore all'esecutivo che lo ha proposto e alla maggioranza che intende votarlo.
Questa procedura mirante ad occultare un argomento vero in un involucro che afferma tutt'altra cosa non è una procedura nuova nella storia del mondo, del pensiero occidentale.
Dal punto di vista letterario l'esempio forse più celebre che si può citare è quello rappresentato dal noto romanzo di Umberto
Eco Il nome della rosa. La trama del romanzo è nota ed è noto come il manoscritto proibito - conservato all'interno della biblioteca dell'abbazia dove è ambientato nel romanzo - era stato occultato ad arte in un altro manoscritto attraverso codici che indicavano temi assolutamente diversi: addirittura - in quel caso - le pagine erano state avvelenate.
Sappiamo come va a finire la storia, non è il caso di ricordarla, ma certo Umberto Eco, con quel romanzo, con quell'apologo - in un periodo nel quale si preoccupava del medioevo prossimo venturo, non so se oggi userebbe ancora la stessa espressione - si preoccupava di dirci che è sempre cattiva coscienza quella di coloro che tendono a coprire un testo, quale esso sia, un argomento, un documento, considerandolo - come dire - riservato dominio di qualcuno rispetto invece alle esigenze di dare altre cose al volgo o comunque all'insieme di coloro che possono essere gli interlocutori.
Questa cattiva coscienza - purtroppo, lo dico, e ci dispiace - non si può non ritrovare anche nei casi di cui stiamo discutendo. Un caso può essere un caso, poiché può capitare a tutti di sbagliare il titolo di un provvedimento, due casi cominciano a costituire un indizio, tre casi sono sicuramente qualcosa di più. Vi è quasi un'ossessione normativa, in questo Governo, che qualcuno di noi cerca di spiegare con argomenti che vengono respinti dalla maggioranza, senza che si possa eliminare il dubbio fondamentale rispetto al quale si argomenta.
In quest'aula vi sono illustri professori universitari di materie giuridiche, avvocati e magistrati. Ebbene, non si può considerare, da parte loro, in particolare, che il Governo si comporti come uno studente di giurisprudenza che si presenta all'esame di diritto commerciale, argomentando però di diritto penale. Come minimo, gli verrebbe detto: accomodati da un'altra parte, ritorna a sostenere l'esame di diritto commerciale perché stai uscendo fuori tema. Lo studente, poco tempo dopo, ci riproverebbe con l'esame di diritto internazionale, argomentando di procedura penale. È un'altra cosa! Non è la stessa! In economia, di nuovo, fa capolino il diritto penale. È vero che vi sono connessioni, ma non così forti e non così prevalenti.
È già stato detto da altri colleghi che l'urgenza di una normativa di un decreto sulla disciplina transitoria per quanto riguarda l'euro è assolutamente fuori discussione. Del resto, corrisponde alle attese del popolo italiano; io stesso, tempo fa, parlando con mia moglie (di tali cose si parla in famiglia), mi chiedevo e ci chiedevamo: cosa accadrà...
PRESIDENTE. Il collega sta parlando, se cortesemente non voltaste le spalle anche alla Presidenza, non sarebbe cosa cattiva e ingiusta. Prego, onorevole Banti.
EGIDIO BANTI. Quanto sta accadendo indebolisce così fortemente le argomentazioni dell'onorevole Bondi che mi meraviglio di come egli possa accettare una cosa del genere (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo). Ma questo è il modo in cui i fatti dimostrano - e i fatti sono più forti di mille parole - spesso la debolezza dell'argomentare (Applausi polemici del deputato Nitto Francesco Palma).
Dicevo che, parlando con mia moglie, ci chiedevamo: cosa faremo con i francobolli che ci avanzeranno il 31 dicembre?
Non c'è dubbio che questo decreto ci chiarisce cosa faremo con i francobolli, cosa faranno soprattutto i rivenditori e i tabaccai con i francobolli che avanzeranno all'entrata in vigore dell'euro. Ma certamente dice e vuol dire molto di più! E ciò che vuol dire di più diventa assolutamente prevalente rispetto ai francobolli, ai valori bollati e a quanto altro. Allora, certamente, ci vorrà più tempo a spiegarlo, perché la gente, i nostri elettori, i cittadini che incontriamo il fine settimana e che sentiamo per telefono tutti i giorni ci chiedono: perché vi accanite tanto contro un decreto che, in realtà, è quasi un atto dovuto, disciplinando l'entrata in vigore dell'euro?
Ci vuole più tempo a spiegare il motivo di questo accanimento politico, naturalmente,
non accanimento di carattere personale. Ma quando viene capito - non è difficilissimo spiegarlo - i risultati sono ancora più negativi perché, sommati ai due casi precedenti e forse anche ad altri ricordati da alcuni colleghi, dimostrano proprio quella cattiva coscienza di Umberto Eco, quella cattiva coscienza di chi, comunque, ritiene di poter andare avanti in qualche modo, costruendo ad arte dei percorsi.
Cosa c'è di male a proporre al Parlamento una riforma del diritto penale in ordine al falso in bilancio apertamente oppure una disciplina dell'emersione di attività detenute?
Mi permetto di dire, da professore di lettere, che nel termine «detenute» vi è quasi una sorta di lapsus freudiano. Si ritorna addirittura al diritto penale anche nel titolo del capo III di questo provvedimento, inserendo parole che, forse, potevano essere diverse. Ma, chiusa la parentesi...
PRESIDENTE. Il concetto di detenzione si ritrova anche nel codice civile.
EGIDIO BANTI. Sì, ma di fronte all'opinione pubblica, certamente richiama altre cose, signor Presidente. Bisognerebbe tenere conto di ciò, anche perché una grande difficoltà, a fronte di questi testi normativi, sarà di tipo sistematico o sistemico. Dove saranno inseriti negli indici analitici delle normative? Non si saprà dove inserirli con precisione, perché sono intitolati in un modo ma poi affermano altro. Dicevo che sono sicuramente testimonianza di una cattiva coscienza che noi vogliamo indicare al paese.
Sappiamo bene chi ha vinto le elezioni del 13 maggio; sappiamo bene quale sia la maggioranza in questo Parlamento; tuttavia, sappiamo bene che ogni maggioranza, soprattutto quando comincia a «scivolare» - e queste sono sicuramente «scivolate» - nei primi cento giorni della sua attività, può e deve essere sostituita alla prima occasione possibile.
Con pazienza, con fatica, ma anche con la coscienza di poter dire al paese come stanno le cose, noi ci prepariamo a quell'avvicendamento che, soprattutto se si proseguirà su questa linea, confidiamo di vedere non lontano (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.
VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, vorrei, di tutto cuore, formulare l'augurio per la legislatura al collega Bondi, che ci ha ricordato, ed io ho apprezzato, che era la prima volta che parlava in quest'aula. Devo altresì riconoscere che egli ha scelto come esordio un momento, come dire, assai nobile, ovvero quello di riscattarsi dal silenzio che noi abbiamo denunziato e che ha caratterizzato la famosa blindatura relativa a questo provvedimento. Ciò non è però sufficiente, se non per reagire appassionatamente alle accuse fondate che sta rivolgendo l'opposizione, per non prendere atto che in questo provvedimento, così come è stato ormai ripetuto più volte, vi sono dei nodi profondi di illegalità sostanziale, dal punto di vista fondamentale del merito del provvedimento sia della critica sia che noi abbiamo svolto: quello cioè del cogliere il pretesto del decreto-legge, nel quadro dell'articolo 76 della nostra Costituzione, per adottare dei provvedimenti che con quel decreto-legge non hanno nulla a che fare.
Si tratta di un punto di critica forte; si aggiunga a questo, signor Presidente, onorevoli colleghi, la posizione della questione di fiducia, che avviene su un emendamento sostitutivo di alcune norme proprio relative a quella parte estranea al decreto-legge. Quest'ultimo conteneva infatti una norma di adempimento ovvio, relativa al cambio della moneta dal punto di vista strutturale, a livello di stampa (euro al posto della lira). Si trattava dunque di un adempimento che aveva tutti i requisiti della necessità e dell'urgenza.
Ebbene, non c'entrava niente - mi pare che si discuta soprattutto di ciò che non riguarda il decreto-legge - con questa
famosa idea dell'emersione che, ancora una volta, come accaduto per le rogatorie, per il reato di falso in bilancio, per il disegno di legge sulle infrastrutture, per la tassa di successione, è venuta fuori da un cilindro nel quale è entrato un decreto-legge ed è venuta fuori una altra cosa che non poteva essere contenuta in quest'ultimo. In ordine a questi aspetti, non si possono nutrire dubbi.
Quanto all'opposizione, già negli interventi finali del rappresentante del Governo e dello stesso relatore, si dava atto della necessità di apportare alcune modifiche, nonché, permettendomi di rimandare i colleghi alla lettura degli atti relativi alla discussione sulle linee generali del provvedimento, della necessità di intervenire sugli articoli 12, 13, 14 e 17, ovvero quelli più propriamente dedicati all'emersione. Il Governo infatti - guarda dove si va a cacciare il sostanziale punto di incontro fra il Governo e l'opposizione accusata di formulare critiche ingiuste, dilatate ed enfatizzate - tenta di intervenire proprio su quelle norme. Si rende per esempio conto, il Governo, della necessità di spostare la data per evitare ulteriori frodi al primo agosto 2001: negli articoli 12 e 13 il Governo effettua tale spostamento.
Tuttavia, non si adopera per proseguire su questa strada, in particolar modo nei confronti di due aspetti che caratterizzano la sostanziale illegalità di questo provvedimento: la discrezionalità enorme del rapporto relativo alla dichiarazione di emersione, del rapporto che corre tra l'interessato, l'intermediario e nessun altro; la mancanza assoluta di controlli su tutta quest'attività e, soprattutto, l'attacco a due fondamentali leggi del nostro Stato, quelle relative al monitoraggio fiscale.
Basta leggere i lavori preparatori di questo provvedimento per rendersi conto come la critica, per quanto ricoperta da accenti inevitabilmente polemici, attenga al modo distorto di fare legislazione, al modo surrettizio di imporre dei provvedimenti che interessano, come vedremo di qui ad un attimo, pochi, o perlomeno non si sa quanti, perché non abbiamo avuto notizie sull'impatto tecnico, né sull'impatto legislativo né abbiamo avuto notizie quantificate circa questa emersione. Emersione - lo sappiano gli italiani - che starebbe molto a cuore soprattutto alla sinistra, soprattutto al centrosinistra, ma che, come vedremo, è una cosa completamente diversa dall'emersione del lavoro nero. Qui non emerge nessun fondo nero, qui non emerge nessuna fuga illecita di capitali all'estero, qui non si sa nemmeno qual è il patto effettivo che correrà, quali interessati saranno a voler fruire di questa disposizione che accomuna tutti, senza nessuna gradualità e, quindi, con un'evidente disparità di trattamento nei confronti di chi ha pagato le tasse, i trasferimenti di denaro, i trasferimenti all'estero.
Gli onesti di questo paese devono sapere tutto ciò, senza retorica, ma nemmeno perdendosi dietro ad affermazioni di principio, secondo le quali tutto questo era contenuto nei programmi elettorali del 13 maggio: non risulta che fosse stata annunziata una legge del genere e, se così fosse, sarebbe stato annunziato un programma sbagliato, che confligge con norme costituzionali e con altre norme del nostro ordinamento. Il Governo interviene, ad esempio, sulla falsa attestazione, un reato nuovo, e l'idea di costruire un reato per la falsa attestazione è stata esattamente una proposta dell'opposizione.
Si trasforma, in definitiva, anche il titolo di questo provvedimento. Sentivo ancora qualcuno parlare di disposizioni sull'euro: non è vero, ora il titolo è cambiato, attraverso l'emendamento governativo, perché ci si è resi conto che non si può parlare di quella necessità ed urgenza che aveva determinato il decreto-legge ma che bisogna dare alle cose il nome proprio che devono avere; quindi, ora si chiama «Disposizioni in materia di tassazione dei redditi di natura finanziaria, di emersione di attività detenute all'estero, di cartolarizzazione e di altre operazioni finanziarie».
Ma quale emersione? Il concetto di emersione è completamente diverso. L'emersione del lavoro nero produce un aumento della possibilità di lavoro regolare,
determina una logica agevolazione nei confronti dell'imprenditore, ma riporta a regime un regime previdenziale. Qui salta il regime fiscale, salta il regime previdenziale, salta il regime di controllo penale su determinate operazioni. Certo che bisogna chiarirlo agli italiani, e lo stiamo chiarendo. Certo che non intendiamo assolutamente passare per dei cultori di repressioni illiberali, ma qui il liberalismo e il liberismo non c'entrano assolutamente nulla. Qui significa soltanto produrre in chiave privata. Badate che la dichiarazione, come dice l'agenzia generale delle entrate, nella sua circolare, è una semplice dichiarazione di rilevanza privata e viene equiparata, illustre Presidente, ad una scrittura privata, priva, quindi, anche di conseguenze effettive sul piano giuridico.
Salta l'ordinamento pubblicistico dello Stato e si entra in questo complicato gioco pattizio, misterioso, che non viene quantificato perché, dietro, ci devono essere disegni che riguardano alcuni. Non siamo cultori della politica del sospetto, però si privilegia un provvedimento che, come dimostra l'emendamento del Governo, accoglie buona parte delle obiezioni e lascia completamente inesplorato il problema dei controlli. Inoltre, si sostiene che tale provvedimento presenta caratteristiche d'urgenza. A parte la buona volontà dell'onorevole che è intervenuto prima di me, c'è un silenzio assordante intorno alle caratteristiche di questa legge proprio sui punti che sollevano la discussione. Non si tratta soltanto di un problema di riciclaggio o di una legislazione di tipo premiale. È logico inventare una legislazione premiale a condizione, però, che vi sia congruità con l'ordinamento; si può rimettere tutto ad una dichiarazione privata; si può rimettere tutto ad un patto tra intermediario, tra dichiarante o interessato e lo Stato, ma non si può leggere, nella relazione del Governo che accompagna il provvedimento, che tutto ciò si fa per elevare uno scudo nei confronti dell'amministrazione finanziaria. Un'espressione francamente nuova.
PRESIDENTE. Onorevole Siniscalchi, la ascolto sempre molto volentieri, ma deve concludere il suo intervento.
VINCENZO SINISCALCHI. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, dichiarando il nostro voto contrario non per ragioni pregiudiziali ma per convinte ragioni legislative e, soprattutto, per impedire un tradimento sociale nei confronti della massa degli onesti di questo paese (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, prendo la parola in questo dibattito - sicuramente più tra intimi rispetto a quello svoltosi nella giornata di ieri in occasione della posizione della questione di fiducia - perché credo sia una doverosa forma di rispetto non solo nei confronti di quest'Assemblea e anche delle decine di migliaia di cittadini che ci seguono attraverso il servizio di pubblicità dei lavori dell'Assemblea garantito da Radio radicale e che, su questo argomento, hanno avuto la possibilità, a differenza di altre occasioni, di poter apprezzare le valutazioni e le opinioni dei deputati sia della maggioranza sia dell'opposizione.
Signor Presidente, del corso del mio intervento vi saranno momenti in cui parlerò a titolo personale, nel senso che esprimerò valutazioni che, certamente, non possono e non debbono impegnare il mio gruppo ma che sento di dover svolgere. Ho apprezzato l'intervento del collega Bondi, ne ho apprezzato non solo il tono - non è usuale ascoltare dai banchi della maggioranza determinati toni - ma anche alcuni spunti. Sono assolutamente convinto, onorevole Bondi, che da parte del Governo non vi sia l'intenzione di favorire criminali, terroristi, mafiosi. Sono certo, tuttavia - e i fatti, ahimè, lo dimostrano - che, al di là delle buone intenzioni
del Governo, se fossero state ascoltate alcune delle questioni poste dall'opposizione nel corso dei diversi dibattiti - dal falso in bilancio alle rogatorie internazionali - probabilmente ci si sarebbe resi conto che tali norme, di fatto, favoriranno terroristi, criminali, mafiosi ed evasori. Le questioni riguardanti il boss Prudentino sono all'ordine del giorno. Immediatamente, non appena approvata la legge, la stessa è stata utilizzata da alcuni, oltreché dal senatore Previti - se non ho letto male. È evidente, dunque, che alcune questioni vanno anche al di là delle buone intenzioni.
Se aveste la capacità di ascoltare anche l'opposizione e di valutare le modifiche da essa proposte, probabilmente alcuni errori verrebbero evitati e le buone intenzioni non si trasformerebbero in realtà purtroppo amare. Allo stesso modo, onorevole Bondi, diventa una polemica un po' stucchevole quella che fate equivocando continuamente su un punto fondamentale: sono assolutamente d'accordo sul fatto che potremmo risparmiarci, da una parte e dall'altra, le parole di odio che talvolta abbiamo sentito alzarsi in quest'aula, ma ho la sensazione che, spesso, la maggioranza ci consideri colpevoli di lesa maestà; siamo arrivati al punto che, qualunque critica solleviamo nei confronti del Presidente del Consiglio e di questo Governo, veniamo criminalizzati (Applausi di deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)!
Francamente, signor Presidente, onorevole Bondi, signori rappresentanti del Governo, siamo stanchi di ciò. Lasciateci almeno la possibilità di esprimere le nostre opinioni, anche con toni aspri (dovuti ad un confronto che è aspro) perché, grazie a Dio, vi è una netta differenziazione di opinioni tra noi e voi! Non criminalizzateci per questo! Lasciateci quel poco che ancora ci rimane!
A questo proposito, apro una parentesi e faccio una valutazione puramente personale: sono convinto che tra gli errori commessi dal centrosinistra nella scorsa legislatura, caro Presidente, vi sia anche quello di aver modificato il regolamento; in questa legislatura, quelle modifiche ci impediscono di fare fino in fondo le nostre battaglie, di portarle avanti in maniera più efficace. Non credo, d'altra parte, che il centrodestra possa compiacersene troppo, perché - com'è noto - i cicli storici si susseguono e, pertanto, quando ci si appresta ad una modifica del regolamento, bisogna sempre considerare che, la volta successiva, dall'altra parte potrebbe esserci proprio l'autore di quelle modifiche. Sotto questo profilo, caro Presidente, mi rendo conto, purtroppo, che la situazione sfavorevole nella quale ci troviamo ad operare non è certamente imputabile alla maggioranza. Suggerisco, però, alla maggioranza di tenere conto di questa nostra condizione nell'esercizio delle sue funzioni e nella sua futura attività parlamentare.
Dopo la legge sul falso in bilancio e quella sulle rogatorie internazionali, con il provvedimento che oggi, nei fatti, tende ad assicurare un vero e proprio condono ai grandi evasori fiscali, vi accingete ad apporre il sigillo ai primi cento giorni del Governo Berlusconi: cento giorni durante i quali siete stati capaci di dire tutto ed il contrario di tutto, di fare tutto ed il contrario di tutto! Avete usato ogni mezzo, dimenticando, spesso, quello della regione e della correttezza dei rapporti istituzionali e parlamentari; ed in questi è compreso anche il confronto delle idee, signor Presidente, non soltanto l'atto di pigiare continuamente un bottone. Credo molto in quest'Assemblea anche per il confronto di idee che vi si svolge ed anche per il fatto che 50 o 60 deputati dell'opposizione ascoltano le ragioni dei deputati della maggioranza e viceversa: ritengo questo - e non soltanto il voto - un valore fondante di questa Assemblea.
Ieri il Governo ha chiesto la fiducia preventiva contro un ostruzionismo inesistente. Onorevole Bondi, alcune cose da lei dette sono vere, ma avete posto la questione di fiducia su un ostruzionismo che non si è consumato, mai! Vi è stato, in Commissione, un dibattito sereno - come lo stesso relatore, onorevole Jannone, ha riconosciuto - e vi è stata una discussione in aula dai toni aspri ma tranquilla; si
erano iscritti a parlare alcuni deputati dell'opposizione i quali, già prima che venisse posta la questione di fiducia, avevano rinunciato, probabilmente anche per dare un segnale. È evidente, pertanto, che il Governo ha voluto porre la fiducia prima che si potesse in qualunque modo configurare un ostruzionismo. Date atto di questo. Visto che lei è intervenuto così pacatamente, onorevole Bondi, dia atto che non si era consumato alcun atto di ostruzionismo: c'erano soltanto parecchi iscritti a parlare; tuttavia, lo ripeto, siamo in un'aula parlamentare, dove il confronto comporta anche l'uso di alcuni strumenti. Peraltro - e il Presidente Biondi, che ha conosciuto ben altri ostruzionismi, lo potrà testimoniare - con questo regolamento non si può parlare più di ostruzionismo. Come lei sa perfettamente, onorevole Bondi, e come è stato chiaramente detto dai vostri banchi, avete posto la fiducia esclusivamente nei confronti della maggioranza.
L'onorevole Cè, il capogruppo della Lega nord Padania, ha affermato che la fiducia è stata posta per evitare altri colpi all'immagine della maggioranza (si tratta delle sue parole non è una mia impressione). Intervenendo alla RAI l'onorevole Cè ha detto che sul decreto-legge ci sarebbero state alcune votazioni segrete e che alcuni gruppi, magari con qualche dissapore, avrebbero potuto cogliere l'occasione per mandare segnali che non avrebbero avuto a che vedere con il merito del provvedimento. Queste non sono parole di Giachetti, sono parole del capogruppo della Lega nord Padania Cè, sono le parole di un capogruppo della maggioranza. Quest'ultima, visto che è composita, ha, probabilmente, al suo interno, anche opinioni e sensibilità diverse, che esprimono valutazioni, non dell'opposizione, ma della maggioranza (almeno finché la Lega nord Padania rimane nella maggioranza). È ovvio che poi non potete chiedere all'opposizione di chiudere gli occhi, di non sottolineare che questa argomentazione (quella riguardante il fatto che la fiducia era innanzitutto contro la maggioranza, ovviamente) sia venuta dalla stessa maggioranza; si tratta infatti di affermazioni mai smentite dall'onorevole Cè, a quel che mi risulta.
D'altra parte, questo terzo provvedimento, sul quale oggi stiamo per votare, viene dopo quello sul falso in bilancio e dopo quello sulle rogatorie internazionali, mentre sullo sfondo rimane pesante come un macigno l'insoluta e grave ferita del conflitto di interessi, sul quale l'onorevole Berlusconi continua a tacere, a non corrispondere, a tradire qualunque impegno preso, non solo con le principali istituzioni, ma anche - cosa ancor più grave - con i propri elettori. D'altra parte, questo è il Governo degli asterischi, signor Presidente, è il Governo che fa i manifesti in cui scrive una frase, che - da sola - sarebbe una enorme menzogna, e poi, per darle il valore di verità, appone un asterisco, come si fa nelle polizze assicurative nelle quali si nascondono quali sono le vere clausole che vanno contro ed «ammazzano» il consumatore (nel nostro caso, l'interlocutore), con il quale si precisa che quel provvedimento non rispecchia esattamente quello che viene detto nel titolo (se non addirittura l'opposto).
Il partito che fa questi manifesti è il partito del Presidente del Consiglio. Gli elettori, poi, quando vedranno che non riusciranno ad avere detrazioni sulle tasse, ad avere incentivi, perché la frase di quell'asterisco non era così visibile, penso che comunque troveranno modo di chiedere ai rappresentanti del Governo, della maggioranza e del partito, di cosa si tratta.
Avrei voluto, signor Presidente, parlare di più, entrare anche nel merito di questo provvedimento, ma, purtroppo, il tempo è quello che è. Credo comunque sia utile che altri si esprimano e che, se è possibile, continuino nell'illustrazione di posizioni diverse, che non sono necessariamente delle criminalizzazioni. Signor Presidente, vorrei semplicemente chiudere il mio intervento, ricordando che, durante la campagna elettorale, abbiamo più volte evidenziato che nei programmi dei due schieramenti si contrapponevano due diversi tipi d'Italia: l'Italia dei tanti contro l'Italia dei pochi e del privilegio.
Oggi, in questa Assemblea, questo provvedimento del Governo, questo dibattito e questo voto sono una fotografia perfetta di cosa intendevamo dire, sono una sintesi assolutamente perfetta. Voi rappresentate, in questa Assemblea, con il voto che vi accingete a dare, l'Italia dei pochi e del privilegio; noi, invece, siamo orgogliosi di rappresentare quell'Italia dei tanti onesti che rispettano le leggi e pagano le tasse (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pinotti. Ne ha facoltà.
ROBERTA PINOTTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Governo, voterò contro questo provvedimento, e un po' mi dispiace. Mi sarebbe piaciuto votare a favore dell'introduzione dell'euro, così come avrebbe fatto volentieri tutto l'Ulivo, che per raggiungere questo traguardo ha tanto lavorato, ma non posso. Infatti, sono rimaste alcune domande, relative a questo provvedimento, alle quali, durante tutta la discussione svoltasi in Assemblea e in Commissione (che ho avuto modo di leggere), non si è riuscita a trovare una risposta. Rimane una certa aura di mistero sul motivo delle scelte. Ora proverò a spiegarmi.
È pur vero, come ha detto il relatore Jannone, che il clima della discussione in Commissione è stato positivo, ma, leggendo tutti i passaggi ci si chiede: perché c'è stata disponibilità ad accogliere una serie di richieste - da quella di buonsenso, sollevata dalla categoria dei tabaccai, a rilievi formali, ma non solo, poiché sono stati accolti anche rilievi più rilevanti, volti ad evitare il rientro dei capitali illeciti - se poi, però, vengono accettate soltanto come questioni di principio, non individuando, nel provvedimento, gli strumenti?
Ai reiterati, ripetuti e argomentati tentativi dell'opposizione di far recedere dalla volontà di consentire una sorta di condono, di amnistia fiscale (perché si possono anche decidere pene pesantissime ma se poi si lascia l'anonimato, pesano sul nulla) non si è data risposta e si arriva, quindi, ad approvare un provvedimento iniquo. Lo è perché c'è un trattamento macroscopicamente diverso tra chi ha pagato onestamente e chi si trova a pagare una penale ridicola: il 2,5 per cento (vuol dire 2 milioni e mezzo su cento milioni, 25 milioni su un miliardo, 250 milioni su 10 miliardi)! In precedenza, nei condoni, non si è mai vista una penale che non fosse almeno del 15, 16 per cento. Non credo che l'articolo 3 della Costituzione, facendo riferimento alla rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, immaginasse la rimozione di questo tipo di ostacoli.
È una norma improduttiva. Il gettito per le casse dello Stato sarà molto più basso di quello che potrebbe essere e la prevista iniezione di capitali per la favorevole - non si sa bene perché venga considerata in questo modo - congiuntura economica che dovrebbe promuovere lo sviluppo è del tutto ipotetica. Ma, soprattutto, è una norma pericolosa, che scopre facilmente il fianco all'inserimento di capitali illegittimi nell'economia legittima.
L'onorevole Bonito, ieri, ha egregiamente delineato quello che potrebbe essere lo strano caso di un cittadino qualsiasi, metti caso di nome Antonio Riina, alla ricerca della «verginità» perduta dei propri capitali. Speravo di essere rassicurata dall'indubbia competenza dell'avvocato Pecorella, ma il suo intervento, nonostante la tonante perentorietà con cui è stato formulato e che a lui è congeniale, ha lasciato aperti tutti i miei dubbi. L'onorevole Pecorella ha detto, nel suo intervento, che c'è la legge contro il riciclaggio. Bene! Ma è come dire che c'è il codice penale, che c'è la Costituzione, perché, se nel provvedimento non viene indicato come fare in modo che quelle norme siano applicate, tutto rimane vano. Insomma, considerate le assolutamente ipotetiche e mirabolanti vicende di un cittadino - che, a caso, potrebbe chiamarsi Antonio Riina - e dei suoi non proprio immacolati, eventuali, capitali all'estero, o anche dei
suoi capitali in Italia, che possono uscire per un attimo e poi rientrare subito dopo, qui fantasiosamente evocate dall'onorevole Bonito, mi è rimasto il dubbio che non ci sia un adeguato antidoto. Allora mi domando, proprio alla luce della buona volontà dimostrata dalla maggioranza nell'accogliere osservazioni migliorative e del buon clima riscontrato in Commissione, più volte sottolineato dal relatore Jannone, perché non inserire, ad esempio, il divieto di usare un prestanome? Perché si nasconde l'identità di chi beneficia di trattamenti privilegiati?
C'è un altro elemento un po' misterioso che aleggia sul provvedimento e che lascia aperte molte domande. Perché in un provvedimento il cui titolo iniziale era «disposizioni urgenti in vista dell'introduzione dell'euro» solo successivamente, lo ricordava Siniscalchi, si aggiunge «in materia di tassazione dei redditi di natura finanziaria, di emersione di attività detenute all'estero, di cartolarizzazione e di altre operazioni finanziarie»? Perché in questo provvedimento è stato inserito un intervento che nulla ha a che vedere con l'Europa? Ma forse, a questo punto l'alone di mistero, la nebbia, cominciano a dileguarsi. E comincia a vedersi una maggioranza che ha paura di chiamare, davanti agli italiani, le scelte con i loro nomi. Le prove scomode dei processi diventano rogatorie; le scadenze processuali diventano modifiche al diritto societario; un'amnistia mascherata da condono diventa conversione in euro. Complimenti! È un modo abile per confondere le acque, per non dire agli italiani che cosa state scegliendo, per non mostrare quali siano i veri, pochi interessi che vi stanno a cuore. È anche un'abile strategia comunicativa. È come dire «Vedete, l'opposizione che tanti sacrifici vi ha chiesto per entrare in Europa, ora non vuole l'euro, perché sta all'opposizione!» Bravi! È un bel lavoro. A noi adesso spetta raccontare, al popolo sovrano, che più volte è stato evocato, cosa c'è nascosto nei provvedimenti che, via via, si approvano.
La strategia è chiara e va a vantaggio di alcuni ben individuati e non dei molti o di quelli che sono rimasti indietro. Non credo che tutto ciò sia un riflesso involontario; credo, anzi, che vi sia un disegno preciso.
Un'ultima nota di carattere «locale»: non so quali artigiani o macellai conosca il ministro Tremonti. Quelli che conosco io, innanzitutto non sono tutti evasori e, in secondo luogo, difficilmente in una vita lavorativa onesta riescono a risparmiare quei due o tre miliardi da portare in Svizzera e che, riportati in Italia, possono diventare il motore dell'economia. Forse frequentiamo artigiani e negozi diversi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pistone. Ne ha facoltà.
GABRIELLA PISTONE. Signor Presidente, insieme ai deputati del mio gruppo avrei voluto veramente votare a favore di questo provvedimento, poiché riguardava l'introduzione dell'euro ed un complesso di norme relative all'entrata in corso di una moneta per la quale il mio gruppo politico, nel Governo di centrosinistra della scorsa legislatura, si è battuto con lealtà e convinzione, pagando anche lo scotto di una divisione.
Questo provvedimento, però, nel titolo - modificato dall'emendamento presentato dal Governo - non reca più solo questo argomento, ed è da ciò che deriva l'obbligo, non solo politico ma anche morale, di esprimere un voto contrario.
Non sono una di quelle persone che pensa che la politica sia una predica e che essa appartenga ad altre sfere; ritengo che la politica sia fare gli interessi collettivi. Per me, per noi, il massimo principio è questo e nel provvedimento all'approvazione non vedo alcuna traccia di tale pensiero. Nel decreto-legge - che prevede il condono, la sanatoria per i capitali esportati all'estero da cittadini italiani - non riesco a vedere alcun allargamento dei diritti, ma vedo sostanzialmente e solamente un vergognoso allargamento dei privilegi.
Questo provvedimento, come hanno detto tanti altri colleghi, viene dopo molti altri provvedimenti, quali quello sul falso in bilancio, sulle rogatorie internazionale, sull'abolizione dell'imposta di successione e donazione; ebbene, mi domando a chi siano utili: sono forse utili alle grandi masse popolari, ai pensionati, ai lavoratori in affitto, ai para-subordinati? Sono utili alle casalinghe, che vi hanno votato in massa (dai sondaggi risulta che oltre il 64 per cento delle casalinghe ha votato per la maggioranza e quindi per il Governo)? Tali provvedimenti sono utili a questi ceti sociali, a queste categorie di persone? Sono utili agli studenti ed ai giovani? Piuttosto, al contrario, non è che tali norme fanno gli interessi di pochi? Soprattutto, non fanno gli interessi di alcuni che, invece di servire il loro paese come è giusto che fosse, hanno preferito i paradisi fiscali - le isole Kayman, il Liechtenstein o la stessa Svizzera - per evadere e per non investire i loro soldi nel nostro paese non permettendo, quindi, la creazione di occupazione e benessere in Italia?
Oggi questi signori vengono ringraziati per il fatto di fare rientrare i loro capitali dall'estero, con una sanzione che ha veramente del ridicolo: 25 milioni su un miliardo sono uno schiaffo che si dà innanzitutto ai cittadini e agli imprenditori onesti, alle persone che hanno creduto e che si sono battute per questo paese.
Il dato più grave allora è proprio il messaggio che giunge ai cittadini: se hai evaso hai fatto bene ed ora sei premiato. Questa è la logica di tutti i condoni, di tutte le sanatorie e di tutte le amnistie, quantomeno in campo fiscale.
Allora, vi è davvero un forte appannamento etico dell'opinione pubblica - lo dico con profonda amarezza - che viene certamente alimentato anche da un sistema informativo che oramai non è più tale. Quindi, non si tratta di fare la morale in Parlamento o nella politica. Dovremmo avvertire tale problema tutti quanti, destra e sinistra, perché ciò sta a monte di ogni azione. Le politiche di destra e di sinistra certamente possono non convergere sulle scelte anche e soprattutto di politica economica e sociale, ma ciò non attiene la sfera della politica economica.
La nostra profonda indignazione riguarda il guasto che si produce nel paese rispetto a tali scelte. La tassa di successione - voglio ritornare su questo punto e poi concludo - è stata profondamente modificata dal Governo di centrosinistra, che sicuramente è andato nella direzione dell'eliminazione pressoché totale di tale imposta per la stragrande maggioranza dei cittadini italiani ovvero per coloro che non possiedono grandi patrimoni; essa, infatti, era rimasta in vigore solo per coloro che avevano veramente grandi patrimoni.
Oggi si dice che il provvedimento sul rientro dei capitali viene approvato proprio perché, essendo stata abolita la tassa di successione, tali capitali possono rientrare tranquillamente nel nostro paese; infatti, uno dei motivi per cui ciò non accadeva era proprio l'imposizione della tassa di successione e donazione.
Onorevole Possa, la stimo e lei lo sa, perché glielo ho detto anche nella scorsa legislatura; non mi rendo conto e non mi capacito di come oggi si possa immaginare di sanare la situazione determinata dai grandi capitali che sono stati portati all'estero evadendo il fisco - ammesso che rientrino, perché anche questo è tutto da vedere -, continuando in ogni caso - e lo sapete - a far pagare le tasse di successione e donazione ai poveri cittadini i cui familiari sono morti prima del giugno del 2000. La nostra legge si applicava ai beneficiari delle successioni aperte a partire dal primo luglio 2000; quindi, i cittadini i cui familiari sono morti prima di tale data, per i prossimi quattro anni pagheranno agli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze le tasse di successione secondo le aliquote preesistenti, diverse da quelle che avevamo approvato. Purtroppo, quei cittadini non saranno graziati come i signori che hanno esportato i capitali all'estero. Per costoro verrà abolita ogni tassa di successione. I signori che vivono in Italia, che hanno pagato regolarmente le tasse e che hanno avuto la «sfortuna» di morire un mese prima dell'entrata in vigore
della legge, oggi pagano ancora la tassa di successione secondo le vecchie regole. Questa è la giustizia!
L'altro giorno, il 23 ottobre, in quest'aula, il Governo e la Commissione bilancio si sono interrogati per mezzo pomeriggio sull'opportunità di portare da 18 mila a 19 mila euro il limite di reddito per avere diritto alle agevolazioni in merito alla vendita del patrimonio immobiliare. Questo Governo ha impiegato mezzo pomeriggio per capire se si poteva passare da circa 35 milioni a circa 36 milioni di reddito lordo!
Allora, mi domando, questa che cos'è? È coscienza? È scelta? È politica? È etica? Me lo domando, lo domando al Governo e lo domando a quel deputato che ha detto di non sentirsi costretto o ingabbiato. In tal caso, sarebbe ancora peggio: se siete ingabbiati c'è una logica, altrimenti dovete rispondere alle vostre coscienze a livello individuale ed io credo che la libertà non abbia prezzo e non abbia padroni (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO LETTIERI. Signor Presidente, probabilmente sono intervenuto anche troppe volte e so che qualche mio intervento, ieri sera, ha potuto suscitare legittime reazioni da parte di alcuni colleghi. Tuttavia, l'attacco alla Lega nord non era - me ne guarderei bene - un attacco all'onestà individuale dei colleghi. Ho fatto riferimento specifico alla Lega per un motivo semplicissimo: volevo sottolineare il loro passaggio dalla devolution alla involution comportamentale e dell'impegno su certi temi.
Detto ciò, credo che il dibattito su questo provvedimento, anche se bruscamente compromesso dalla richiesta di voto di fiducia, abbia dimostrato al paese due culture. Quella della maggioranza e, soprattutto, del Governo, è volta a mettere al centro della vita e, quindi, anche dell'attività legislativa, il dio danaro. Mi riferisco al dio danaro comunque prodotto, comunque avuto, comunque acquisito, anche con comportamenti illegali. Il decreto-legge che convertirete in legge è un atto di deferenza a questo dio, al dio capitale, dimenticando però che la Costituzione repubblicana, quella voluta dai nostri padri costituenti, assegna - come lei mi insegna, signor Presidente - una precisa funzione sociale alla proprietà privata.
Noi, pur non essendo predicatori di povertà né seguaci di San Francesco, mettiamo al centro della vita l'uomo ed i suoi rapporti con gli altri uomini e con la società, anche quella così complessa di oggi. Questa cultura, questa concezione della vita, ci porta a condurre battaglie, anche aspre, come richiede il confronto di merito, confronto che qui non si è voluto, si è stroncato. Sono certo che, se il ministro Tremonti avesse avuto la bontà di venire direttamente in Commissione, quei pochissimi emendamenti qualificanti che egli ha introdotto in questo provvedimento all'ultimo minuto sulla base di nostri suggerimenti probabilmente sarebbero stati più numerosi e più qualificanti. Così non è stato. Ce ne rammarichiamo perché noi siamo per il dialogo e per il confronto, non siamo affatto sordi agli appelli del Presidente della Repubblica quando invita al dialogo. Però, il dialogo non si fa con chi vuole essere sordo.
In questa vicenda, purtroppo, avete fatto in modo che parlassimo senza trovare interlocutori attenti.
Si tratta di un provvedimento che - nel merito dei problemi che sono stati più volte sottolineati - non condividiamo e che, a mio avviso, avrà effetti devastanti nella coscienza dei cittadini comuni, crea sfiducia e, mi sia consentito anche il termine forte, è un insulto per coloro che, senza portarli in paradisi fiscali, hanno mantenuto i propri capitali nel nostro paese, collocandoli legittimamente sul mercato e investendoli in attività produttive.
Questi cittadini, imprenditori o liberi professionisti, commercianti o artigiani, hanno correttamente mantenuto i propri
soldi in Italia e li hanno investiti per creare ricchezza, per contribuire allo sviluppo del paese. Per tali motivi, sanando i comportamenti scorretti ed illegali di coloro che hanno portato i capitali all'estero, offendete, soprattutto, le persone per bene che, per fortuna, sono la maggioranza del nostro paese.
Ci siamo sforzati di valutare il testo con grande serenità e serietà, per fornire, senza pregiudizio, un contributo alla ricerca della soluzione migliore, tant'è che - voglio ricordarlo all'onorevole Jannone che è stato, certamente, un attento relatore - i deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo non hanno proposto emendamento alcuno alla norma che abolisce l'equalizzatore, ritenendola di difficile applicazione e concordando sulla sua eliminazione.
Quindi, non è in discussione il confronto sulle cose giuste, non desideriamo distinguerci a tutti i costi ma abbiamo semplicemente la voglia e il dovere di fornire al nostro paese una legislazione limpida, chiara, efficace e giusta, cosa che, purtroppo, il provvedimento all'esame non assicura. Non sono in discussione le norme relative all'introduzione dell'euro perché, ovviamente, sulle stesse siamo favorevoli, anzi, avremmo voluto che il provvedimento riguardasse soltanto questa parte e non l'altra, introdotta in maniera surrettizia per nascondere la volontà di privilegiare il rientro dei capitali. Ma il Governo, dietro lo scudo dell'introduzione dell'euro, ha inserito il rientro dei capitali: è stata un'azione sconcertante, surrettizia che non si limita all'aspetto fiscale - certo, è inaccettabile il previsto 2,5 per cento, ma avremmo potuto anche discuterne, riferire al ministro che si trattava di una percentuale scandalosamente bassa, portarla (così com'è stato proposto) al 12,5 per cento, ma tutto ciò ci è stato impedito. Infatti, siete andati ben oltre e, con la norma dell'assoluta riservatezza, avete voluto utilizzare tale scudo per nascondere la vergogna della natura dei capitali che rientrano dall'estero.
Certamente - è già stato sottolineato da altri colleghi - il nostro paese ha bisogno di capitali e di investimenti, ma puliti e limpidi, sono altresì necessari gli investitori esteri e speriamo che ve ne siano.
Signor Presidente, prima di concludere vorrei formulare un'ultima considerazione. Si è parlato tanto di paradisi fiscali perché questi capitali provengono dagli stessi e oggi, per esempio, il Corriere della sera pubblica un articolo dal titolo: «Sequestrati conti miliardari» e si tratta dei conti di quei giudici corrotti che hanno portato i loro fondi a Vaduz. Di questi capitali si tratta, frutto di corruzione e, a volte, non solo di corruzione, ma anche il traffico di droga, di armi, di riciclaggio di questi fondi.
È giusto che il popolo italiano lo sappia e che lo sappia anche il singolo deputato quando vota un provvedimento di questa portata, privilegiando - ripeto - coloro che hanno fatto ricorso ai cosiddetti paradisi fiscali, mentre nel nostro paese c'era chi viveva il purgatorio di una situazione difficile, di una economia rallentata. Ciò nonostante, sotto la guida di Governi autorevoli (quelli del centrosinistra), l'Italia riusciva a diventare uno dei paesi più importanti del mondo, riusciva ad inserirsi con autorevolezza nello scenario europeo e a diventarne protagonista di primo piano.
Questa è la differenza tra chi privilegia i paradisi fiscali e chi lavora con tenacia, anche se con difficoltà, per rendere il nostro paese sempre più credibile.
Per tutte queste considerazioni voteremo contro il provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kessler. Ne ha facoltà.
GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, colleghi, voterò contro questo provvedimento che, oggi, il Governo porta all'approvazione con il voto di fiducia. E, tra i vari motivi di opposizione - che sono stati ben illustrati anche dai miei colleghi -,
voglio soffermarmi su quello che, probabilmente, è il più grave.
Come è già stato detto, si tratta, infatti, di un provvedimento criminogeno che oggettivamente favorisce il crimine, introducendo il riciclaggio di Stato.
Voglio spiegarmi concretamente. Come tutti sappiamo, colleghi, il reimpiego del denaro ricavato illecitamente è uno dei passaggi essenziali e più delicati per la criminalità organizzata. È essenziale perché, se impedito, al crimine manca uno dei motivi fondamentali, vale a dire quello di poter godere dei benefici economici che ne derivano. Il riciclaggio è essenziale affinché il terrorismo internazionale possa organizzarsi, possa muoversi per colpire la comunità internazionale. Non a caso i primi provvedimenti adottati dall'amministrazione americana contro il terrorismo che l'ha colpita in queste settimane sono stati quelli contro le possibilità di finanziamento del terrorismo, misure di carattere finanziario, di contrasto al riciclaggio nel terrorismo internazionale.
Dicevo che il riciclaggio è anche il momento più difficile, più delicato per il crimine organizzato, perché è il momento in cui concretamente rischia di essere identificato, smascherato. Il passaggio dall'illecito al mercato lecito è, appunto, il momento più difficile, in cui si corre veramente il rischio di essere scoperti e di venire, dunque, arrestati e bloccati.
Quali sono, allora, i rimedi principali trovati dalla comunità internazionale per evitare e contrastare il riciclaggio e, dunque, per colpire il crimine organizzato nel momento più difficile? In un'epoca in cui si muovono, ogni giorno, sul mercato dei capitali, 2 mila miliardi di dollari, la regola per colpire il riciclaggio è quella della trasparenza, della tracciabilità, dell'identificazione: impedire il movimento di capitali anomali di cui non si conosca con certezza la provenienza. Anche in Italia, da almeno dieci anni, sono in vigore alcune norme che limitano fortemente l'uso del contante nelle transazioni finanziarie ed economiche. Provate, negli Stati Uniti, a pagare il conto dell'albergo in contanti e vi riguarderanno tutti come se foste dei ladri o dei sospetti. Vi sono norme, poi, che introducono l'obbligo di identificazione delle persone e dei capitali in qualsiasi movimento. Questi sono gli strumenti indicati dalle autorità internazionali come gli unici in grado di colpire il riciclaggio. Per tali motivi, il costo economico del riciclaggio, per la criminalità organizzata, è aumentato: dal 3 per cento, quota che andava allo «spallone» adibito al trasporto delle valigette con i soldi da uno Stato all'altro, è schizzato, almeno, al 10 per cento, per la necessità di comperare società di intermediazione finanziaria tra i vari paesi del mondo, tra i vari paradisi fiscali.
Oggi c'è una difficoltà in più per il crimine organizzato europeo ed italiano che deve liberarsi da ingenti quantità di contanti nelle valute relative all'area dell'euro; tali contanti, che sono stati raccolti tramite crimini di estorsione, traffico di prostituzione e spaccio di stupefacenti, sono destinati, in pochissimi mesi, a diventare carta straccia: dunque, difficoltà in più e necessità urgente per il crimine organizzato europeo di riciclare ingenti quantità di contante.
Ebbene, con un tempismo che non è casuale, questo Governo, tramite un decreto-legge che fa riferimento proprio all'introduzione dell'euro, offre l'opportunità di un riciclaggio di Stato: qualsiasi quantità di contante, in ogni tipo di valuta, è ammessa ai benefici di questa norma, sia di tipo fiscale sia di tipo penale. Nel decreto-legge non è prevista alcuna dichiarazione circa la provenienza del denaro; ieri, addirittura, avete bocciato un nostro timido ordine del giorno: vi chiedevamo che nel modello l'interessato dovesse dichiarare almeno lo Stato estero di provenienza. Nemmeno questo è previsto. Basta dire che il denaro contante portato in banca proviene dall'estero. Sono garantiti riservatezza, anonimato, non diffusione della dichiarazione di rimpatrio del capitale, anche se contante.
Quale occasione migliore, dunque, per il crimine organizzato per liberarsi di valigie di contante illecitamente acquisito e di cui, proprio perché contante, non si
potrà mai ricostruire la provenienza? Si obietta: esiste l'obbligo di segnalazione, valgono le norme antiriciclaggio. Andate a leggere l'articolo 17, comma 2, del testo, dove si dice che le operazioni previste da questo decreto-legge non costituiscono, di per sé, elemento sufficiente al fine dell'obbligo di segnalazione da parte delle banche. D'altra parte, è vero: se le previsioni di questo Governo sono attendibili, saremo sommersi da macellai che tornano con le valigie piene di soldi e che potranno dire, nel caso in cui la somma dovesse eccedere le loro capacità economiche, che era il «tesoretto» che la loro famiglia si era fatta in Svizzera. Questo è nelle speranze dichiarate del Governo, che annulla i criteri normali cui le banche sono sottoposte nella segnalazione delle operazioni sospette. E ce lo dice lo stesso decreto-legge che voi state per convertire in legge. L'obbligo di segnalazione è soltanto un atto scritto sulla carta; non ci sarà nessun tipo di segnalazione da parte delle banche, perché salta il criterio principale: la quantità di denaro riferita alla capacità economica di chi lo versa. E ciò avviene non soltanto per la logica di questo provvedimento, ma anche per il suo contenuto. Dunque, stiamo per fornire un'enorme possibilità di far entrare denaro di provenienza illecita nel circuito economico legale italiano, da parte di tutto il mondo.
Ieri, l'onorevole Bocchino ci poneva una domanda retorica in aula: volete voi che questo denaro resti, forse, nelle isole Cayman ad ingrassare quelle economie? Ebbene, noi vi rispondiamo: Sì! Vogliamo che quel denaro resti lì; non vogliamo che il denaro sporco entri a buon prezzo ad ingrassare la criminalità italiana grazie ad un regalo di Stato. Questo non lo vogliamo. Ecco perché da tutta Europa arriveranno ad approfittare di questi saldi di Governo, di questi saldi di stagione che il Governo italiano offre oggettivamente alla criminalità organizzata. C'erano dei rimedi e voi non avete voluto accettarli. Si poteva evitare la modalità, invece prevista esplicitamente nel decreto, del rimpatrio del contante: non credo che i macellai di Tremonti useranno le valigie per riportare i loro piccoli tesori dalla Svizzera; è molto più semplice un bonifico bancario. Bastava limitarsi a questa possibilità. Come dicevo prima, avete rifiutato anche i nostri emendamenti che imponevano l'identificazione dell'origine del denaro rimpatriato e quelli che prevedevano degli obblighi e delle sanzioni per le banche che non fornivano questo tipo di segnalazione.
Allora, forse è bene che la prossima volta che il vicepresidente del Consiglio Fini o il ministro Ruggiero fanno un viaggio negli Stati Uniti, come hanno fatto di frequente in questi giorni, dove nei loro incontri con i rappresentanti dell'amministrazione americana hanno mostrato loro - come ci hanno detto e come leggiamo sui giornali - copia dei decreti antiterrorismo che questo Governo sta per adottare o ha già adottato, mostrino anche la copia di questo decreto-legge, così da sentire poi quale sarà l'opinione dell'amministrazione americana anche su questo punto. E poi, colleghi, questo Governo con una mano firma decreti, come ci ha spiegato il ministro Scajola, che limitano le libertà di tutti i cittadini di fronte al terrorismo, limitando la nostra privacy e la nostra possibilità di movimento per tutelarci contro il pericolo del terrorismo, che è di tutti noi, e con l'altra firma dei decreti come questo che ampliano invece la libertà dei delinquenti. Vogliamo dirlo in quest'aula, vogliamo dirlo nel paese: questo è legalmente, politicamente e moralmente inaccettabile. Per questo motivo, noi non possiamo votare a favore di questo decreto (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lion. Ne ha facoltà.
Mi scusi, onorevole Lion, se mi è permesso, prima del suo intervento vorrei dire che ho davanti a me un elenco di iscritti. Poiché si era immaginato, nella visione ottimistica della vita, di arrivare alle ore 14 per il voto, senza porre freni ai diritti indiscutibili di ciascuno a parlare per il tempo che il regolamento prevede,
se ci fosse un visione parsimoniosa dell'intervento dal punto di vista quantitativo, non certo qualitativo, potremmo forse stare entro quel termine. Questo vale per tutti, non lo dico solo per lei.
MARCO LION. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è stato detto che l'essere sempre sotto i riflettori è la migliore garanzia rispetto al potenziale conflitto di interessi: infatti, tutti potranno vedere e valutare i provvedimenti che saranno emanati, le decisioni che saranno prese dal Governo e se queste porteranno qualche vantaggio a favore del sottoscritto. Questo, grosso modo, è stato il tormentone preelettorale del Presidente del Consiglio Berlusconi a chi gli chiedeva conto di come avrebbe affrontato il suo macroscopico conflitto di interessi. Credo che in nessun paese a democrazia avanzata si sia mai assistito ad una così sconcertante e spregiudicata serie di norme e provvedimenti, emanati in così poco tempo, e a cui viene data una priorità assoluta, volti smaccatamente a tutelare, agevolare e a favorire il Presidente del Consiglio stesso e persone, categorie produttive e sociali, a lui più vicine o alle quali appartiene. Come si fa a non vedere che siamo in pieno conflitto di interessi, non più solo potenziale ma concreto ed operante? Si tratta di un conflitto di interessi evidente, smaccato, che sta condizionando in modo impressionante l'agenda del Governo e dove, ogni giorno che passa, emergono sempre più enormi interessi personali dietro le scelte operate. Una serie di condoni, colpi di spugna, sanatorie, amnistie più meno camuffate, depenalizzazioni come non se n'erano mai viste, stanno caratterizzando questi primi cinque mesi dell'attività del Governo: misure inique, moralmente inaccettabili, a vantaggio delle classi sociali più ricche, degli amici ed anche, purtroppo, dei disonesti.
Il Governo e la sua maggioranza hanno dato ai lavori parlamentari una forte accelerazione al solo fine di approvare in tempi rapidissimi i provvedimenti che direttamente o indirettamente coinvolgevano in prima persona il Presidente della Consiglio dei ministri: provvedimenti blindati, forzature ai regolamenti parlamentari - basta vedere quello che è accaduto in Senato in occasione dell'approvazione della legge sulle rogatorie internazionali -, richieste di fiducia pur in presenza di una cospicua maggioranza parlamentare. Era successo al Senato in agosto con il provvedimento Lunardi sulle infrastrutture e si ripete oggi con l'attuale decreto-legge sull'euro, un decreto non in scadenza dove vi sarebbe stato tutto il tempo per un serio ed approfondito dibattito parlamentare.
Tutto questo rappresenta già l'eredità di questi primi cento giorni di Governo Berlusconi; poi ci si chiede perché, ogni giorno che passa, la credibilità del nostro paese a livello internazionale diminuisca. Provvedimenti fatti a misura, ad immagine ed a somiglianza delle esigenze del Presidente del Consiglio dei ministri, senza alcun pudore: riforma del diritto societario, con le modifiche alla disciplina del falso in bilancio, legge sulle rogatorie, ovvero quella che passerà alla storia come legge Previti. Ci sono leggi che vengono ricordate come legge Galasso, legge Merloni, le vostre saranno ricordate come le leggi Previti o come il «decreto salva ladri» adottato nel 1994 dal precedente governo Berlusconi.
PRESIDENTE. Decreto Biondi si chiama!
MARCO LION. Decreto Biondi.
Tale e tanta è stata la fretta nell'approvare la legge sulle rogatorie che si è fatto lavorare il Senato anche durante la settimana che ha preceduto il referendum sul federalismo, e si conosce come sia consuetudine fermare i lavori parlamentari nella settimana che precede un appuntamento elettorale.
Abbiamo avuto poi l'abolizione dell'imposta di successione e nel frattempo - questa volta, come era ovvio, senza alcuna fretta - viene ripresentato il disegno di legge sul conflitto di interessi, un provvedimento assolutamente ridicolo che non tutela e garantisce niente e nessuno.
Adesso vi è questo decreto-legge sull'euro in cui è stato inserito l'ennesimo
condono, questa volta a vantaggio degli evasori fiscali. Si tratta di norme del tutto ingiuste - che premiano ancora una volta i più furbi, i disonesti e chi per anni ha evaso il fisco - e proposte con l'obiettivo di fare un po' di cassa attraverso la previsione, da parte del Governo, di 2 mila miliardi di entrate. È un dato del tutto sovrastimato, come risulta anche dall'analisi fatta dal servizio bilancio della Camera ed ipotizzato non si sa su quali basi e su quali calcoli.
Siamo, ancora una volta, all'ennesimo condono e sono passati solamente cinque mesi di Governo Berlusconi. È già legge il condono per chi, in questi anni, ha assunto lavoratori in nero evadendo per anni i contributi previdenziali dovuti. È già legge il condono sui reati ambientali, una vera e propria sanatoria di illeciti amministrativi e penali in materia ambientale. È già legge la depenalizzazione per coloro che hanno falsificato i bilanci d'impresa.
Ora si sta approvando definitivamente il condono fiscale per chi ha evaso le tasse in questi anni pensando bene di portare illegalmente all'estero i propri capitali; oltre al danno la beffa! Non solo si condona chi per anni ha operato al di fuori della legge violando la normativa valutaria e tributaria facendogli pagare un'imposta del 2,5 per cento assolutamente ridicola e vergognosa, ma come premio in pratica gli si garantisce che per cinque anni viene preclusa ogni attività di accertamento nei suoi confronti sugli imponibili rappresentati dagli importi dichiarati.
L'applicazione di questa norma permette, a chi beneficia di questo condono, di crearsi una sorta di scudo fiscale; nel caso di eventuali future contestazioni fiscali da parte dell'amministrazione centrale, relative ad eventuali incrementi patrimoniali ritenuti non corrispondenti al reddito imponibile dichiarato dal contribuente, quest'ultimo potrà sempre dichiarare che tali incrementi sono conseguenza dell'operazione di rientro degli investimenti che erano stati detenuti all'estero.
Questa impunità - non vedo come potrei definirla diversamente - è inaccettabile. È un provvedimento che, se in alcune parti trovava il consenso e quindi il voto positivo di larga parte di quest'aula, ha finito per diventare ingiusto, indigeribile a molti di noi e sicuramente alla stragrande maggioranza degli italiani, a tutti coloro che hanno sempre fatto il loro dovere in questi anni e che vedono ancora una volta premiati i più furbi, i soliti privilegiati.
Questo è in definitiva il messaggio che date al paese, tutto ciò è inaccettabile. È un provvedimento che ci indigna profondamente, e per queste ragioni voteremo contro. Nel decreto-legge sull'euro è stato strumentalmente inserito un intero blocco di articoli, il capo III, che punta alla sanatoria della massa ingente di capitali esportati clandestinamente all'estero negli anni, nei decenni scorsi, violando la Costituzione ed insultando la stragrande maggioranza dei cittadini onesti, quelli che hanno operato e prodotto ricchezza, pagato le tasse ed investito in Italia.
Il Governo di centrodestra, per recuperare qualche miliardo, ha deciso di garantire totale immunità e totale omertà a tutti quei cittadini che hanno evaso il fisco.
Come ha avuto modo di sottolineare l'onorevole Boato, ieri, in sede di dichiarazioni di voto sulla fiducia, questa operazione è uno scandalo di proporzioni gigantesche, è un'autentica vergogna nazionale e un'immane offesa allo Stato di diritto, in cui noi crediamo, ma che viene sistematicamente calpestato, violato o evocato solo strumentalmente quando fa comodo.
Per tutte queste ragioni, il gruppo dei Verdi esprimerà un voto contrario (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Michele Ventura. Ne ha facoltà.
MICHELE VENTURA. Signor Presidente, cercherò di raccogliere il suo invito, contenendo in pochi minuti la mia dichiarazione.
PRESIDENTE. È un interesse collettivo.
MICHELE VENTURA. Vorrei partire da una considerazione. Ho ascoltato l'onorevole Bondi che ci ha posto una serie di questioni, sottolineando il fatto che i parlamentari della maggioranza non rappresentano soltanto forza passiva, in grado, come esercizio di una funzione, di schiacciare soltanto un pulsante. Vorrei rivolgermi all'onorevole Bondi, tuttavia, riprendendo un'affermazione del collega Barbieri espressa l'altra sera. Egli, in sede di discussione sulle linee generali, ha affermato: pensavamo di poter concorrere con questo Governo, da sinistra riformista e moderna quale siamo, ad una sfida di modernizzazione, noi con le regole e la coesione sociale, la solidarietà e l'equità, loro con qualche tono estremo su mercato e libera concorrenza.
Vorrei che i colleghi della maggioranza e, quindi anche il collega Bondi, riflettessero sul fatto che ci siamo trovati di fronte a ben altro scenario in questi primi mesi di attività.
In realtà, abbiamo affrontato questioni quali la Tremonti-bis, il falso in bilancio, le rogatorie internazionali e ora quest'ultimo provvedimento che può essere definito un vero e proprio gioiello. Si tratta di provvedimenti, onorevole Bondi, che non adeguano il paese agli altri, ma che screditano il nostro paese sul piano internazionale.
Colleghi, è sufficiente dare un'occhiata a ciò che hanno scritto riviste autorevolissime sul piano internazionale per capire come molti di questi provvedimenti abbiano contribuito a screditare l'Italia sullo scenario internazionale.
Siamo ben consapevoli, colleghi - e lo avremmo auspicato - che avrebbe potuto svilupparsi un libero dibattito fra le varie componenti presenti in Parlamento, ma senza illusione: non siamo così sciocchi da credere che da un libero dibattito avrebbero potuto aprirsi rapidamente fratture insanabili fra le varie componenti della maggioranza; pensavamo e continuiamo a pensare che la blindatura, la mancanza di un serio confronto parlamentare non sono elementi che rafforzano una maggioranza. Dal nostro punto di vista non possiamo che registrare la vostra insicurezza e debolezza dimostrata in questi giorni. Di questo siamo convinti e consapevoli!
Noi sappiamo, colleghi della maggioranza, di avere di fronte un periodo non breve - quindi non viviamo di illusioni - e che occorrerà chiarire al popolo italiano la vera natura del vostro Governo.
Lo faremo con pazienza e con perseveranza, attraverso l'attività di denuncia e le proposte alternative. Non riuscirete a dare un'immagine soltanto propagandistica dell'azione di governo; continueremo a parlare al paese con il taglio e lo stile di una classe dirigente.
Sarà bene che ciò venga inteso anche dai colleghi dei gruppi parlamentari di maggioranza: parleremo con lo stile e il taglio di una classe dirigente, con la consapevolezza che gli interessi generali, i diritti dei cittadini, il rigore morale, la coesione sociale sono valori assai più importanti dei vostri particolarismi, delle vostre furbizie, dei vostri provvedimenti volti a tutelare l'interesse particolari e limitati, sino a sconfinare nella illegalità. Questo è ciò che cercheremo di fare.
Sotto questo profilo, crediamo che, attraverso questo confronto, possano aprirsi anche nella maggioranza sofferenze che già si sono registrate in queste settimane, dal momento che non credo possiate stare insieme soltanto attraverso un puro e semplice atto di potere.
Per quello che riguarda il provvedimento, non possiamo che esprimere un voto contrario. Dopo la modifica del reato di falso in bilancio, le rogatorie internazionali, arriviamo adesso a questo salvacondotto totale, per evasioni passate e future, con il modico pagamento di una percentuale del 2,5 per cento. Altri colleghi hanno poi sottolineato, nel merito, altre questioni del tutto ragionevoli che avevamo avanzato e che non hanno trovato alcuna udienza, essendo state anzi interrotte dalla posizione della questione di fiducia.
Queste sono le ragioni in base alle quali vi è una nostra ferma opposizione in
ordine a questo provvedimento e cercheremo, così argomentando, di far comprendere agli italiani che in realtà questi primi 100 giorni sono serviti soltanto a risolvere questioni che non attengono ad interessi generali, bensì ad interessi estremamente particolari (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Ventura, per aver risparmiato il tempo a disposizione senza perdere la concentrazione nell'intervento. Può essere un esempio anche per gli altri.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vernetti. Ne ha facoltà.
GIANNI VERNETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei ringraziare il Comitato per la legislazione perché è stato modificato il titolo del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, che siamo chiamati a convertire in legge.
Da decreto-legge rubricato come «Introduzione dell'euro», giustamente è stato modificato in «Disposizioni urgenti in vista dell'introduzione dell'euro, in materia di tassazione dei redditi di natura finanziaria, di emersione di attività detenute all'estero, di cartolarizzazione e di altre operazioni finanziarie.».
Non è la prima volta che questo Governo introduce anomalie in provvedimenti di tutt'altro tenore: la modifica del reato di falso in bilancio nell'ambito della riforma del diritto societario, il tema delle rogatorie internazionali nel contesto dell'accordo Italia-Svizzera, oggi il provvedimento relativo all'introduzione dell'euro. Una vera e propria trilogia delle illegalità, come qualche collega ha già definito in quest'Aula.
Con questo provvedimento ci allontaniamo a passi da gigante dall'Unione europea, suscitando sospetti nei partner europei ed extraeuropei. Andate a vedere la legislazione di altri paesi europei ed esteri su questa materia: negli Stati Uniti d'America vige una disciplina durissima nei confronti del reato di falso in bilancio. La sanzione prevista per il fallimento è molto meno grave rispetto a quella prevista nel nostro ordinamento - per cui negli Stati Uniti d'America si può sbagliare -, ma non si è perdonati se si imbrogliano i propri soci, l'opinione pubblica, i creditori.
Vorrei ancora citare il procuratore di Ginevra Bertossa con riferimento al tema delle rogatorie internazionali, in particolare là dove egli afferma:« Questa legge è una catastrofe per la giustizia internazionale. In dodici anni di collaborazione giudiziaria con paesi di tutto il mondo, non ho mai visto niente del genere».
Prendiamo in considerazione il provvedimento relativo all'emersione di attività detenute all'estero: esso si configura come una gigantesca sanatoria per chi ha esportato illegalmente i propri capitali, una gravissima ingiustizia nei confronti di coloro che hanno tenuto i capitali in questo paese e hanno rischiato, investito, costruito aziende, promosso attività produttive, prodotto reddito e ricchezza e nei confronti di chi ha dato lavoro e ha contribuito allo sviluppo economico del paese. Si assiste ad un'abnorme diseguaglianza fra l'Italia dei furbi, che portava clandestinamente, con trucchetti vari, i propri capitali all'estero - come il ministro Tremonti ha avuto modo di ricordare sui media -, e l'Italia seria ed onesta, che non temeva le tasse, le tassazioni sui conti correnti, l'inflazione, l'imposta patrimoniale.
Tuttavia, colleghi, ciò che preoccupa di più, dopo questi primi cento giorni di Governo, è l'immagine internazionale del nostro paese, soprattutto dopo l'11 settembre. L'Unione europea sta costruendo uno spazio giuridico comune: è in discussione il mandato di cattura europeo, ci viene richiesta trasparenza e collaborazione nella lotta alle finanze del terrorismo internazionale, e noi ci chiudiamo in noi stessi. Questo Governo adotta provvedimenti che ci isolano e che creano un'anomalia italiana. Non mi meraviglierei se tra un po' vedessi l'Italia nell'elenco di quei paradisi fiscali sotto osservazione della comunità internazionale, insieme alle isole Cayman, a Bermuda, all'isola di Man, a Nauru, a Vanuato, a Jersey, a Guernsey,
alle isole Cook; non mi meraviglierebbe vederlo, un giorno, in qualche documento del dipartimento di Stato americano.
Un bel risultato, Governo Berlusconi! Dopo questi cento giorni emerge un paese inaffidabile, per diversi aspetti. Un paese inaffidabile per gli alleati da un punto di vista politico-militare, e lo dimostra la nostra totale marginalità nei nuovi impegni a cui, oggi, il mondo occidentale è chiamato nella lotta al terrorismo internazionale; un paese poco credibile per i partner europei, e lo dimostra il prevertice di Gand e l'uscita incredibile dal consorzio Airbus (un colpo durissimo per l'industria nazionale); un paese sempre meno interessante per gli investitori stranieri, quelli seri, che hanno bisogno di certezze, e sempre più interessante non per attrarre capitali, ma denaro sporco. Per questi motivi, su questo provvedimento, esprimeremo, con convinzione, un voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).
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