Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 16 del 13/7/2001
Back Index Forward

Pag. 1


...
Discussione del disegno di legge: S. 7 - Conversione in legge del decreto-legge 25 maggio 2001, n. 192, recante disposizioni urgenti per salvaguardare i processi di liberalizzazione e privatizzazione di specifici settori dei servizi pubblici (approvato dal Senato) (1194) (ore 9,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge del decreto-legge 25 maggio 2001, n.192, recante disposizioni urgenti per salvaguardare i processi di liberalizzazione e privatizzazione di specifici settori dei servizi pubblici.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1194)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Informo che il presidente del gruppo parlamentare dei Democratici di sinistra-l'Ulivo ha chiesto l'ampliamento della discussione senza limitazione nelle iscrizioni a parlare, ai sensi del comma 2 dell'articolo 83 del regolamento.
Avverto che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Tabacci, ha facoltà di svolgere la relazione.

BRUNO TABACCI, Relatore. Signor Presidente, il decreto-legge n. 192 del 2001 si compone di un unico articolo il cui testo tanto il Senato quanto la Commissione non hanno ritenuto di modificare.
Quanto ai contenuti, il comma 1 è essenzialmente diretto ad esplicitare i motivi che hanno indotto il Governo ad adottare il provvedimento d'urgenza e a precisare l'ambito di applicazione delle disposizioni di cui ai successivi commi 2 e 3.
Quanto al primo profilo, il decreto-legge è finalizzato a salvaguardare i processi di liberalizzazione e privatizzazione in corso nei settori dell'elettricità e del gas, fino alla realizzazione all'interno dell'Unione europea di un mercato pienamente concorrenziale. A questo scopo vengono posti dei limiti all'esercizio del diritto di voto nelle deliberazioni assembleari delle società operanti nei settori predetti, qualora le relative azioni siano acquisite, per una quota superiore al 2 per cento, da soggetti controllati direttamente o indirettamente dallo Stato, titolari nel proprio


Pag. 2

mercato nazionale di una posizione dominante e non quotati in mercati finanziari regolamentati.
Pertanto, il comma 2 dispone l'automatica sospensione del diritto di voto relativamente alle azioni acquistate in misura superiore al predetto limite del 2 per cento, precludendo altresì la possibilità di esercitare eventuali diritti di acquisto e di sottoscrizione a termine.
Il comma 1 prevede, inoltre, che le disposizioni del comma 2 si applichino anche nei casi in cui l'acquisto di una partecipazione superiore al 2 per cento avvenga in via indiretta o per interposta persona ovvero sia realizzata mediante OPA. Esso stabilisce, inoltre, che il limite del 2 per cento si riferisce, oltre che al singolo soggetto, anche al relativo gruppo di appartenenza.
L'ultimo periodo del comma amplia ulteriormente l'ambito di applicazione del comma 2, stabilendo che il limite concerne anche i casi di adesione ad accordi di voto o a patti parasociali anche indirettamente mediante società controllate, collegate, fiduciarie o per interposta persona.
Il comma 3 prevede che le disposizioni dei commi 1 e 2 si applichino alle acquisizioni effettuate in data successiva alle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Stoccolma del 23 e 24 marzo scorsi, secondo le quali le imprese che ancora beneficiano di una situazione di monopolio nel mercato nazionale non devono potersi avvantaggiare indebitamente di tale situazione.
Il comma 4, infine, affida alla Consob, sentita l'autorità garante della concorrenza e del mercato, il compito di accertare il rispetto delle disposizioni recate dall'articolo, avvalendosi dei poteri e degli strumenti che le sono conferiti dalla normativa vigente.
In Italia è in corso nel settore elettrico un processo di liberalizzazione, seppur lento e difficile, che mira alla realizzazione di un mercato effettivamente concorrenziale.
Il decreto-legge n. 192 del 2001 era stato varato dal precedente Governo, con la sostanziale condivisione di tutte le forze politiche, al fine di evitare che un'azienda pubblica straniera, pressoché monopolista nel proprio mercato nazionale e non quotata nei mercati finanziari, potesse avvantaggiarsi di tale situazione per acquisire una posizione di rilievo nel mercato elettrico italiano in via di liberalizzazione.
Lo scopo condiviso del provvedimento, su cui peraltro non sono mancate talune perplessità a livello comunitario, era dunque quello di evitare asimmetrie di mercato ponendo in essere un meccanismo di difesa a fronte dell'azione espansiva di un'impresa pubblica straniera nella prospettiva di favorire un effettivo e non distorto processo di liberalizzazione a livello nazionale ed europeo. Recentemente, peraltro, la situazione ha conosciuto una significativa evoluzione rispetto a quella in essere al momento dell'emanazione del decreto-legge che - come è noto - è originato da un tentativo di scalata della società Electricité de France nei confronti di Montedison. EDF ha ceduto a FIAT una parte della propria partecipazione in Montedison in cambio di Fenice conferendo la restante parte ad una nuova società, Italenergia, costituita insieme a FIAT e ad altri soggetti finanziari e bancari. Questa nuova società ha quindi lanciato un'OPA su Montedison.
I punti nodali su cui si è soffermato il dibattito in Commissione sono i seguenti: il pericolo rappresentato dall'espansione di EDF nel mercato concorrenziale italiano, che aveva portato all'adozione del decreto-legge, sussiste ancora oppure è venuto meno? La manovra finanziaria posta in essere da EDF e FIAT poteva o no configurare un tentativo di elusione dell'intervento normativo che il Governo italiano aveva posto in essere con il decreto-legge? Il dibattito in Commissione ha, dunque, cercato di dare risposta a queste domande, nonché ad altre strettamente connesse e conseguenti. Qual è l'efficacia sostanziale delle norme del decreto-legge rispetto alla nuova situazione determinatasi? In altri termini, il decreto-legge è da ritenersi applicabile anche alla partecipazione di EDF in Italenergia, nonché ad eventuali patti di sindacato stipulati tra EDF e gli


Pag. 3

altri soci della nuova società? Quali strumenti, inoltre, si hanno a disposizione per evitare, anche in futuro, che la presenza di EDF nel mercato elettrico italiano possa comunque determinare effetti distorsivi della concorrenza? Vi era, infatti, il timore, da più parti condiviso, che alla luce della costituzione della nuova società e dell'OPA su Montedison i contenuti del decreto non fossero più pienamente validi ed in grado di conseguire gli obiettivi per i quali il provvedimento è stato emanato.
Sul punto, nel corso dell'esame in Commissione, particolarmente significativa è stata la chiara presa di posizione del Governo il cui rappresentante ha affermato che, pur in presenza di un mutato scenario, il decreto-legge esplica gli stessi effetti protettivi dispiegati originariamente. In presenza di tale assicurazione da parte di tutti i gruppi è emersa la volontà di pervenire sollecitamente alla conversione in legge del decreto. L'esigenza di non correre il rischio di una sua decadenza ha indotto tutti a non proporre modifiche al testo, ancorché migliorative rispetto a talune ambiguità di formulazione, nel presupposto che il decreto-legge sia comunque tuttora in grado di impedire che un soggetto straniero, monopolista nel suo mercato nazionale, possa, in condizioni di non reciprocità, avvantaggiarsi in qualunque modo nel processo di liberalizzazione in atto nel mercato elettrico italiano. Al riguardo vi è stata anche una specifica condizione posta dalla Commissione finanze che, nel suo parere sul provvedimento, ha chiesto che fosse assicurata la piena applicabilità delle disposizioni del decreto alle società partecipate da soggetti pubblici monopolisti. Tale condizione appare soddisfatta dall'attuale formulazione delle norme nel decreto, alla luce delle considerazioni svolte nel dibattito in Commissione.
La Commissione ha altresì valutato gli altri pareri intervenuti, tutti favorevoli rispetto al testo del provvedimento. In considerazione dell'urgenza di pervenire alla conversione del decreto-legge non si è ritenuto di recepire le significative condizioni poste dal Comitato per la legislazione in ordine alla chiarezza ed alla proprietà delle formulazioni, con riserva, peraltro, di un'ulteriore valutazione nel corso ed alla luce dell'andamento del dibattito in Assemblea.
Questo è quanto accaduto in Commissione fino a ieri. Ieri vi è stata l'audizione del ministro Marzano e, in quella sede, è stata formulata una dichiarazione la cui spiegazione può essere ricavata da quel che è accaduto qualche ora dopo. Nella serata di ieri, infatti, attraverso notizie di agenzia, poi riportate dai giornali di oggi, si è appreso che la quota della francese EDF in Italenergia, la società che detiene il 52 per cento di Montedison, è stata ridotta.
Quindi, siamo di fronte ad una scelta di autosterilizzazione, il che comporta automaticamente il riconoscimento della validità di tutta la discussione svoltasi in Commissione, perché se ci fossimo limitati a girare le pagine - in senso notarile, come hanno fatto al Senato - il problema non si sarebbe posto.
Il dibattito in Commissione ha evidenziato un'esigenza di fondo, cioè che attorno al tema della costituzione di Italenergia e della composizione del suo capitale si potesse aprire tutta una serie di interrogativi più che motivati. Il comunicato di ieri sera che autosterilizza la posizione di Electricité de France (EDF) - all'interno del capitale di Italenergia, nell'ambito del 2 per cento - supera da questo punto di vista il problema e lascia intendere - anche se il Governo dovrà, come ha assicurato il ministro Marzano, mettere in atto tutte quelle azioni dirette a controllare l'evoluzione delle cose - che la FIAT, in realtà, entra con responsabilità diretta nel campo dell'energia e si appresta a presentare un piano industriale; per cui, avendo ridotto la partecipazione di EDF ad una sola presenza di natura finanziaria, si assuma in toto la responsabilità di entrare in pieno nel comparto dell'energia.
Ma sarebbe bastato che la FIAT lanciasse da sola un'OPA su Montedison, a questo punto senza l'apporto dei francesi,


Pag. 4

per evitare tutto questo dibattito (non il dibattito sul decreto-legge, ma il dibattito collaterale).
Ora noi attendiamo che a questi annunci seguano dei fatti, però, mi pare che il nostro mestiere di legislatori sia stato svolto con assoluta puntualità e precisione. Vorrei dire con grande nettezza che, senza l'azione della Commissione, non sarebbe accaduto nulla; il fatto che sia avvenuto proprio ieri sera, qualche ora prima dell'inizio del dibattito in aula, dimostra che la nostra iniziativa è stata precisa, puntuale e ficcante.
Ora credo sia legittimo, non solo che in aula si apra un dibattito ampio, ma anche che vari gruppi si orientino a presentare uno o più ordini del giorno, al fine di accrescere la consapevolezza attorno alla questione che stiamo discutendo.
In conclusione, vorrei ribadire che la Camera non è chiamata ad esprimere un giudizio, positivo o negativo che sia, su una operazione finanziaria e industriale: compito del legislatore è, e deve essere, quello di porre le condizioni per un pieno dispiegarsi della concorrenza in un mercato in via di liberalizzazione, fissando le necessarie regole e facendo sì che esse siano sempre adeguate a conseguire il perseguimento di tale obiettivo.
Ovviamente, la piena applicazione di tale decreto-legge mette in capo alla Consob la responsabilità - sentita l'autorità garante della concorrenza del mercato - di accertare il rispetto delle disposizioni recate dall'articolo unico, avvalendosi dei poteri e degli strumenti che le sono conferiti dalla normativa vigente (la Consob e non altri).
Certo, si tratterà di accertare tempi, modi e successioni temporali in cui il complesso dell'operazione è avvenuta; ma a noi, a questo punto, tutto ciò non interessa più, perché ritengo sia materia della competenza specifica dell'autorità per le società e la Borsa ed, eventualmente, della magistratura, nel caso in cui ci siano responsabilità di altra natura.
In conclusione, al di là dello specifico provvedimento in esame, occorrerà riflettere sulla piena adeguatezza del vigente quadro normativo a consentire lo sviluppo di un mercato dell'offerta di energia elettrica adeguatamente articolato e, di conseguenza, realmente concorrenziale.
Al riguardo, potrà essere opportuno valutare in prospettiva se, ferma restando l'esigenza di procedere nei tempi e nei modi previsti dalla progressiva riduzione della quota detenuta dall'operatore principale, non possa rendersi necessaria anche l'introduzione nell'ordinamento di ulteriori disposizioni normative, che scongiurino l'affermarsi di nuove forme di eccessiva concentrazione dell'offerta e che garantiscano la possibilità di ingresso sul mercato ad una pluralità di investitori, tra loro indipendenti, di adeguata dimensione e competitività.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GIOVANNI DELL'ELCE, Sottosegretario di Stato per le attività produttive. Il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Armani. Ne ha facoltà.

PIETRO ARMANI. Signor Presidente, quanto tempo ho a disposizione?

PRESIDENTE. Onorevole Armani, ha disposizione 30 minuti, che spero non utilizzi tutti.

PIETRO ARMANI. Non si preoccupi, come lei sa, parlo poco, anche perché parlo a braccio.
Il decreto-legge che stiamo esaminando, al di là della possibilità che possa essere applicato alla fattispecie che si è verificata in itinere rispetto all'origine del fenomeno - quando cioè l'Electricité de France acquisì il 20 per cento della Montedison con operazioni in scalata e di speculazione sul titolo, che tutti abbiamo vissuto -, registra all'origine chiaramente una responsabilità precisa dei vertici di Mediobanca. Infatti, tutto quanto ha giustificato il decreto scaturisce dalla tentata fusione tra Mediobanca


Pag. 5

e Falck in cui emerse, a seguito dell'apporto da parte di Falck della Sondel (azienda del gruppo Falck produttrice di energia elettrica, in cui erano state assemblate tutte le centrali di tale gruppo ex siderurgico), il problema del rapporto di cambio fra i titoli Falck e i titoli Montedison, i famosi concambi.
Occorre ricordare che la Montedison, nell'attuale configurazione di controllo da parte di Mediobanca, è la conseguenza ultima del ben noto salvataggio Ferruzzi-Ferfin, in cui intervennero, proprio per intercessione di Mediobanca, molte banche che fornirono appunto i capitali per il salvataggio di quel gruppo che, come noi ricorderemo, era indebitato - alla fine degli anni ottanta, inizio anni novanta - per 30 mila miliardi. Dunque, le banche che entrarono in quel gruppo avevano una funzione di salvataggio e quindi, presumibilmente, avrebbero dovuto, una volta risanatolo, uscire.
Quando si determinarono i concambi, anche questi ultimi furono, con una certa approssimazione e soprattutto superficialità, fissati in modo da favorire, ovviamente, la famiglia Falck che apportava la Sondel (divenendo così un'azionista importante di Montedison una volta fuse le due società Falck e Montedison); chiaramente, tali concambi non furono graditi a molte delle banche che avevano salvato il gruppo Ferruzzi le quali, giustamente, volevano recuperare, con qualche adeguata plusvalenza, i capitali versati a suo tempo per il salvataggio Ferruzzi.
In quel caso venne fuori l'imprevidenza arrogante del vertice di Mediobanca; l'avvocato Gianni Agnelli, qualche settimana fa, disse una frase molto emblematica a proposito di questa arroganza. Purtroppo, il carisma di Enrico Cuccia non si trasmette automaticamente; io l'ho conosciuto personalmente, era una figura di grande carisma, di grande spessore che, evidentemente, non ha creato successori.
Dunque, quel concambio fu fissato senza preoccuparsi del mercato; da lì sono nati poi a cascata tutti i fenomeni che abbiamo vissuto in queste settimane. Ho voluto ricordare questo antefatto perché è da esso che nasce il problema e, quindi, è a seguito di ciò che i vertici di Mediobanca, sventolando il tricolore, hanno chiesto l'intervento del Governo Amato, con l'accordo dell'allora opposizione, oggi maggioranza. Noi eravamo, siamo tutti d'accordo sull'intervento che questo decreto ha messo in moto, però dobbiamo ricordarci che l'errore nasce all'origine. Nasce all'origine anche a fronte di una politica della produzione elettrica, soprattutto dell'offerta di energia elettrica, che in questi anni i Governi di centrosinistra hanno assolutamente trascurato. Sappiamo che, a fronte di una domanda elettrica italiana che in tutti questi ultimi dieci anni - o quanto meno negli ultimi cinque, sei anni - è cresciuta con un tasso annuo di sviluppo superiore al tasso annuo di crescita del prodotto interno lordo, l'offerta non è aumentata con lo stesso ritmo o, se è cresciuta, ciò si è verificato soprattutto per importazione di energia, vedi il caso soprattutto dalla Francia, che ha avuto la fortuna e la preveggenza di scegliere il nucleare a suo tempo, per avere una produzione di energia elettrica a basso costo.
Ebbene, questa carente politica della produzione di energia elettrica è, in buona sostanza, anche alla base del calo di competitività, della perdita di punti di competitività che questo paese ha registrato negli anni dei Governi di centrosinistra.
Peraltro, data l'origine dell'errore di Mediobanca, che ho richiamato, oggi ci troviamo in una situazione diversa; abbiamo adottato il decreto-legge d'accordo con l'allora ministro Letta e con l'attuale ministro delle attività produttive Marzano, che affrontò, a suo tempo, il problema del decreto-legge come esponente della Casa delle libertà vincitrice delle elezioni. Nel frattempo abbiamo avuto l'intervento della FIAT, che oggi formalmente figura come azionista di riferimento; mi pare abbia dato un apporto del 51% circa, adesso non ricordo esattamente quali siano i rapporti di forza. Mi correggo: si tratta del 38,6 per cento, quindi circa il 40 per cento; la FIAT è, comunque, azionista di riferimento rispetto


Pag. 6

al 18 per cento di EDF, al 23 per cento delle banche, al 20 per cento di Zaleski, e così via. Ci troviamo, quindi, in una situazione formalmente diversa, rispetto a quella su cui intervenimmo a suo tempo con il decreto-legge; infatti, il ministro delle attività produttive ha detto che, almeno sul piano giuridico-formale, il provvedimento non potrebbe applicarsi alla situazione attuale.
Io tuttavia ho qualche dubbio su questa tesi, non soltanto leggendo il testo dell'articolo 1, ma soprattutto sapendo che gli avvocati di Montedison hanno sottoposto sia alla Comunità europea sia alla Consob una serie di riflessioni circa la posizione dominante di fatto dell'EDF nel contesto di questa joint-venture tra FIAT, EDF, Zaleski e banche, e, infine, riflettendo sull'apporto in natura - le centrali, i siti - fornito dalla FIAT e valutato con molta generosità nel meccanismo di definizione della joint-venture stessa. Al di là di questo, si tratta di un problema del quale si occuperanno gli avvocati. Noi non ci dobbiamo interessare di questo aspetto, ma ci dobbiamo invece preoccupare del futuro che impone a questo paese di riscoprire la politica industriale nel settore dell'energia, altrimenti, fra qualche anno, finiremo come la California. Se parlate con gli industriali del nord est, scoprite quale carenza di offerta di energia esiste nel nostro paese rispetto alla crescita della domanda, specialmente in determinate situazioni di picco: d'altronde, la produzione di energia non si può mettere sotto scorta perché, evidentemente, l'energia non si può immagazzinare.
Quindi, abbiamo un problema di sviluppo dell'offerta e di diversificazione delle fonti dell'offerta. Siamo fortemente dipendenti dal gas e, quindi, indirettamente dal petrolio, i cui prezzi sono espressi, a livello internazionale, in dollari e non mi pare che l'euro in questo momento sia una moneta molto robusta rispetto al dollaro, nonostante il fatto che siamo alla vigilia della trasformazione dell'euro da moneta virtuale in moneta effettiva, in questo paese e negli altri 15 paesi dell'Unione europea, fra pochi mesi. L'Italia dipende fortemente dal gas ed ha trascurato completamente le tecnologie più moderne e anche ambientalmente più protette, come è oggi anche quella dell'uso del carbone. Abbiamo rinunciato, a suo tempo, con grande imprevidenza, ma anche con grande generosità, al nucleare, mentre la Francia ci vende energia prodotta dal nucleare. Vorrei dire ai nostri amici ambientalisti ideologici che, qualunque incidente dovesse avvenire alle centrali francesi - naturalmente, facendo i dovuti scongiuri - noi ne subiremmo gli effetti immediatamente sul nostro territorio, perché le centrali sono vicino Marsiglia e quindi non ci sarebbero barriere a difenderci. Quindi, è stata veramente una follia la scelta antinucleare: a suo tempo, fui fortemente contrario a quel referendum. Noi, a distanza di anni, raccogliamo quello che abbiamo seminato nel lungo periodo in cui non ci siamo preoccupati del problema di fondo.
Pertanto, se ci dobbiamo porre il problema dello sviluppo dell'offerta, a fronte di questa crescita della domanda, come ho detto, superiore alla crescita del PIL, dobbiamo domandarci cosa succederà in futuro di questa joint-venture tra EDF, Zaleski, le banche e la FIAT, quando si dovranno vendere le Genco (le centrali delle società di produzione dell'energia elettrica messe sul mercato dall'ENEL), quindi qualcuno dovrà acquistarle, quando si dovranno ammodernare le centrali della FIAT apportate nella joint-venture, quando si dovranno attrezzare i siti apportati dalla FIAT nella joint-venture. Allora, chi metterà i soldi? Li metterà la FIAT, che ha fatto soltanto apporti «in natura», oppure li metterà l'EDF, avendo Zaleski e le banche altri interessi, come ho detto prima? Zaleski ha compiuto un'operazione finanziaria, indebitandosi, e prima o poi, giustamente, dal suo punto di vista, potrebbe voler monetizzare questo suo investimento. Le banche hanno salvato la Ferruzzi e non possono salvare all'infinito tutti i gruppi italiani: quindi, vorranno recuperare i loro soldi. A quel punto chi metterà i capitali per sviluppare le centrali, per ammodernarle, per introdurre tecnologie avanzate e


Pag. 7

così via? Li metterà l'EDF perché la FIAT ha detto che il suo core business resta l'auto. A quel punto, ci troveremo di nuovo all'origine del problema energetico nazionale.
Dobbiamo quindi affrontare questo tema. Il Governo ha parlato di neutralità attiva, ma il ministro non può limitarsi a dire «è il mercato, ragazzi!», perché questo può andar bene per adesso, però, in futuro, in prospettiva, il pur necessario mercato, ragazzi, occorre organizzarlo e indirizzarlo perché i mercati non nascono dal cervello di Giove o dal grembo di Minerva.
I mercati nascono e si organizzano sulle condizioni contingenti e - diciamo così - concrete in cui essi vanno a realizzarsi.
Dobbiamo cercare di organizzare il nostro futuro; a questo punto il problema diventerà serio. Credo che verranno presentati ordini del giorno in aula per far riflettere il Governo su tutti questi problemi, che riguardano l'avvenire del paese. Dobbiamo recuperare competitività, soprattutto con produzioni di energia e tariffe elettriche che rispecchino la media europea. Oggi tutti si «buttano» nel nostro mercato perché è l'unico - vedi caso - dei quindici facenti parte dell'Unione europea che ha tariffe molto più alte e, di conseguenza, è chiaro che attiri (un po' come il miele attira le api) tutti coloro che vogliono investire.
Noi dobbiamo preoccuparci del futuro; per ora approveremo il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge al nostro esame; spero che vengano presentati degli ordini del giorno per dare un'interpretazione autentica del provvedimento tenendo presente la prospettiva futura. Dobbiamo affrontare il problema della nostra politica energetica. Io in qualità di presidente della Commissione ambiente e lavori pubblici, promuoverò a settembre un'indagine conoscitiva sul protocollo di Kyoto e sul come ed il perché non abbiamo rispettato gli obiettivi nazionali posti dal protocollo anzidetto. Nell'ambito di questa indagine conoscitiva affronteremo tutti i problemi relative alle energie rinnovabili. In Germania, tanto per dire, hanno una produzione di energia eolica superiore alla nostra e non è che la Germania abbia più vento di noi. C'è bisogno di sfruttare le nuove tecnologie come, ad esempio, la fusione fredda, bisogna riaprire il dossier sul nucleare; non possiamo affrontare il futuro intrecciando carole e danze pensando che sia tutto roseo e non ci sia bisogno di fare nulla. Dobbiamo guardare al futuro affrontando grossi rischi, un po' come sta succedendo negli Stati Uniti; la California insieme ad altri Stati americani si trova in grosse difficoltà perché la crescita della offerta di energia non ha seguito il pur necessario processo di liberalizzazione, trattandosi di un mercato bisognoso di investimenti che, però, non sono stati effettuati e le tariffe non hanno consentito di finanziarli.
Essendo la nostra economia cresciuta in media negli ultimi cinque anni dell'uno e mezzo per cento, noi non ce ne siamo accorti, perché è chiaro che, se l'economia cresce poco, si consuma poca energia. Dovendo però svilupparci del 3 per cento all'anno, come d'altronde ci verrà indicato anche dal documento di programmazione economico-finanziaria che il Governo presenterà, evidentemente avremo un problema di strozzatura da collo di bottiglia riguardo l'offerta di energia.
Dobbiamo porci seriamente questo problema, credo che noi tutti dobbiamo fare un'approfondita riflessione. Signor sottosegretario, questa neutralità attiva va rispettata con gli occhi ben attenti, poiché non possiamo permettere che, al di là della forma, ci sia una sostanza che ci taglia fuori e soprattutto che permetta che questo paese venga colonizzato da un monopolista pubblico straniero - e Dio solo sa - esso è stato già colonizzato per quanto riguarda la grande distribuzione! Voi sapete infatti che la grande distribuzione commerciale in Italia è quasi tutta in mano, esclusa la Coop Italia, ai grandi gruppi francesi, come d'altronde lo è quella spagnola.
Per carità, io sono europeo, però ognuno si fa i propri interessi, l'UE si configura come una confederazione di


Pag. 8

Stati, noi tutti vogliamo che l'Europa sia una confederazione di Stati nazionali. Ogni Stato nazionale si è fatto i suoi interessi; quando gli italiani sono voluti entrare nel mercato francese, sono stati respinti, quando la Pirelli tentò di conquistare la Continental in Germania fu respinta, insomma ognuno si fa gli affari suoi. Ogni Stato fa i propri interessi nell'ambito del contesto europeo, perché fino a quando la Comunità europea non si pone il problema delle asimmetrie, della reciprocità, come dobbiamo comportarci? Dobbiamo certamente difendere i nostri interessi nazionali! Questo, cari colleghi, è il nocciolo del mio intervento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, la nostra discussione verte su un disegno di legge volto a convertire un decreto-legge il cui scopo era dichiaratamente quello di non pregiudicare il processo di liberalizzazione e di privatizzazione in atto nel nostro paese, in particolare, nel settore dell'energia. Poiché sento da diverse parti tanti richiami alle difese protettive che si vorrebbero attribuire, non solo a questo decreto, ma anche ad altri atti da predisporre in futuro - quasi che si debba trattare di chiudere l'Italia talvolta in una roccaforte antifrancese e talaltra in una antitedesca -, è bene ricordare che, se l'obiettivo è quello di difendere il cittadino italiano e di sviluppare, a suo favore, l'effetto dell'erogazione e della fruizione di servizi di interesse generale, non è con la chiusura ma con lo sviluppo di più scambi, anche tra soggetti operanti in più Stati europei, che si può ottenerlo. Ciò genera più mercato, più concorrenza e dunque migliori condizioni per l'utenza.
Il problema è che questi scambi non avvengano a senso unico, ma siano realizzati, nella dimensione del mercato europeo, in condizioni di reciprocità. Su questo punto intendeva agire il decreto-legge proprio perché, in particolare, nel settore dell'energia, in Europa, non sono offerte quelle condizioni di reciprocità necessarie a mantenere le condizioni di mercato libero e competitivo tra più soggetti non monopolisti. È del tutto evidente che l'ispirazione di fondo del decreto-legge era e resta - a mio avviso - quella di garantire il processo di apertura del mercato italiano nel settore delle public utility e dei servizi, avviato sin dal 1992, dal primo Governo Amato, con la privatizzazione di società, le più importanti del capitalismo pubblico italiano e poi accelerato, in questi ultimi anni, dai Governi di centrosinistra. Da questo processo non è consentito retrocedere.
Il decreto-legge intendeva impedire proprio che si determinasse «un abuso di posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo», come recita testualmente l'articolo 82 del trattato istitutivo della Comunità europea. In merito a ciò non può esservi, credo, alcuna neutralità.
Il Governo, le autorità preposte di vigilanza e controllo, il Parlamento, il sistema degli enti locali hanno la responsabilità di valutare che le liberalizzazioni, e i processi che ne derivano, compresi quelli delle trasformazioni degli assetti proprietari dei più importanti soggetti anche privati ai quali viene assegnata o potrà, in futuro, essere assegnata la funzione di produrre servizi ai cittadini, procedano nel verso giusto. Ma qual è il verso giusto? Certamente è quello che l'apertura del mercato risponda ad alcuni requisiti essenziali: l'aumento della concorrenza, l'accrescimento dell'efficienza dei servizi, la riduzione dei costi per le imprese, per le famiglie e per i consumatori.
Abbiamo ascoltato parole interessanti dal relatore, l'onorevole Tabacci. Se, dunque, con questo decreto-legge, si voleva ottenere la salvaguardia di una condizione nazionale, ma anche europea, garantendo cioè mercati concorrenziali regolati e non esposti a nuove posizioni dominanti, - sterilizzando al 2 per cento la quota attiva di partecipazione a società, da parte di soggetti che, nel proprio mercato nazionale, sono titolari di una posizione dominante


Pag. 9

- il problema è se nelle condizioni da tutti riconosciute mutate oggi, questa norma abbia ancora efficacia o no (di ciò abbiamo discusso in questi giorni nel passaggio della discussione dal Senato alla Camera); se, inoltre, gli annunciati mutamenti degli assetti del capitalismo italiano, attraverso meccanismi di possibile aggiramento della norma, comportino o avessero comportato la necessità di verificare l'opportunità di una modifica della stessa, nel senso di una sua estensibilità anche alle società partecipate, di modo che non potesse esservi alcun aggiramento, semmai ce ne fosse stato.
Se con l'alleanza fra FIAT e EDF ed altri soggetti italiani che producono energia, il monopolista francese, principale esportatore di energia elettrica in Italia, dovesse rientrare dalla «finestra», dopo essere stato tenuto alla porta, e diventare decisivo nel controllo del principale competitore di ENEL sul mercato nazionale di produzione, importazione e distribuzione di energia, così ottenendo lo scongelamento della sua quota di partecipazione - tuttavia, abbiamo appreso oggi che si è determinata una scelta di autosterilizzazione che sicuramente va presa come fatto positivo -, ebbene, nel quadro appena ricordato, si porrebbe con grande evidenza il problema di come tornare a rendere operante una norma che diversamente è inapplicabile.
È chiaro che in quel caso ci troveremmo dinanzi ad un cambiamento che muterebbe la direzione dei processi di liberalizzazione e di privatizzazione sia in essere sia programmati, soprattutto nel mercato energetico del nostro paese. Ne muterebbero infatti la loro qualità, la loro congruenza con gli obiettivi europei che ho prima cercato di ricordare.
Credo dunque che debba esserci un impegno dichiarato del Governo nel fare in modo che la sterilizzazione del 2 per cento delle quote EDF si intenda applicabile anche nella fattispecie della partecipazione in Italienergia, e di conseguenza in Montedison, nonostante la positiva scelta dell'autosterilizzazione. Tuttavia, credo che quest'ultima non sia sufficiente a garantirsi il futuro. Il futuro per lo sviluppo di un reale scenario di mercato energetico aperto a più soggetti e non vocato a favorire il monopolista pubblico francese, che competa al più in un regime di duopolio con l'ex monopolista pubblico italiano. Impedire che ora, ma anche in altre fattispecie, in futuro, possa favorirsi una condizione nella quale il decreto-legge serva esclusivamente a qualche grande gruppo italiano per acquisire, con costi ridotti, una più forte capacità di iniziativa. Ciò ora, nella fattispecie, in Montedison-Edison, domani acquisendo con disponibilità finanziarie non proprie le società in vendita dell'ENEL, le Genco, o ancora, magari, altre società anche locali che detengono quote di mercato non trascurabili. Ciò comprometterebbe gravemente il processo di liberalizzazione. Su questo punto occorre chiarezza!
Se mancano le informazioni necessarie per comprendere i termini di un accordo fra i gruppi industriali e i soggetti del mondo delle banche e della finanza, il Governo ha l'obbligo di assumerle e di trasmetterle al Parlamento, a partire da quelle relative al progetto industriale e che hanno rilevanti ricadute sul piano delle politiche industriali medesime. Non è infatti indifferente disporre di queste informazioni, anche soltanto nell'eventualità di adottare provvedimenti necessari a bloccare in futuro eventuali degenerazioni puramente speculative. Ancora, per sapere se FIAT cambia o meno il proprio core business, abbandonando la produzione delle automobili e indirizzandosi sul mercato energetico, con tutto ciò che questo rappresenterebbe per l'economia nazionale e per il destino di migliaia di lavoratori e lavoratrici.
Nel momento in cui, come ha affermato ieri in Parlamento il ministro Tremonti, il Governo vuole evitare di mettere le mani dello Stato nelle tasche dei cittadini, occorreva, e ancora oggi occorre, evitare, per essere credibili, che quelle mani, nelle tasche dei cittadini italiani, ve le metta il monopolista di Stato di un altro paese europeo. In questi giorni, abbiamo fatto passi in avanti nella discussione e


Pag. 10

nell'interpretazione della norma; tuttavia, occorre vigilare e non rimanere in attesa. È infatti chiaro che il dibattito su tale decreto-legge, come ci è stato chiarito anche dal relatore, vada ormai oltre le finalità del decreto-legge stesso, la cui conversione in legge non suscita tuttavia particolari controindicazioni alle condizioni richiamate, ovvero solo se è garantito l'impegno di vigilanza ed indirizzo del mercato energetico, il processo di liberalizzazione da parte del Governo, del Parlamento e dalle autorità di vigilanza. Se così non fosse, non si tratterebbe di una mera conversione di una scelta bipartisan compiuta a maggio e di riproposizione con decisione oggi di quel decreto-legge, bensì si tratterebbe, con ogni probabilità, di una necessaria riscrittura, affinché possa risultare applicabile anche alla nuova condizione di oggi e dei mesi a venire. Spero che ciò non si renda necessario.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gastaldi. Ne ha facoltà.

LUIGI GASTALDI. Signor Presidente, il provvedimento è collegato all'esigenza di evitare che i processi di liberalizzazione e privatizzazione in corso per specifici settori dei servizi pubblici vengano impediti o ostacolati da comportamenti di imprese pubbliche titolari di una posizione dominante nel proprio mercato nazionale. Il decreto-legge è stato adottato nei giorni successivi all'acquisto da parte di EDF, ente interamente controllato e posseduto dallo Stato francese, operante in condizioni di monopolio di fatto nel settore dell'energia elettrica di quel paese (detenendo circa l'86 per cento della quota di mercato) e principale esportatore di energia elettrica verso l'Italia di una quota azionaria del venti per cento nel capitale della Montedison.
Quando il Governo Amato ha imposto il limite del due per cento ai diritti di voto della quota EDF in Montedison ci trovavamo in una situazione diversa da quella attuale, in quanto EDF agiva da sola e non vi era ancora stata la costituzione di una apposita società - Italenergia Spa - da parte di FIAT, di tre importanti banche, di Tassara, Zaleski e di EDF, alla quale sono state conferite le partecipazioni detenute in Montedison, in modo tale che la nuova società controlli una quota di capitale di Montedison superiore al 52 per cento. Ma questa novità non muta l'esigenza di fondo del decreto-legge, che è una misura volta ad impedire che un monopolista pubblico acquisisca spazi rilevanti in un mercato elettrico appena avviato alla liberalizzazione.
La contrapposizione ad EDF, perché monopolista e statale, viene a modificarsi per la presenza nel capitale della FIAT e di altri partner. La maggioranza del capitale è importante, anche se un giudizio finale non può che passare attraverso l'esame del progetto o dell'idea industriale che sta sotto al progetto. È certo che FIAT svolgerà con Edison un ruolo importante nella strategia e nella gestione industriale dell'energia, perché si tratta di un comparto a crescita costante, dotato di un buon cash flow che si sta aprendo e nel quale esistono ottime prospettive per investitori permanenti. Quello di EDF rimane però un problema politico.
EDF appartiene allo Stato francese e può espandersi senza curarsi della redditività, tant'è vero che ha investito in quasi tutti i paesi europei con un ritorno medio sul capitale del tre per cento contro una media di settore del sette per cento e non si può pensare di progredire con il mercato unico dei beni se la Francia è monopolista su elettricità, gas, industria per la difesa e, in pratica, sulla telefonia.
La Francia e la Germania non hanno recepito la direttiva sul gas. La stessa Francia ha operato un recepimento solo formale della direttiva elettrica, lasciando nella sostanza immutato il ruolo di EDF. La prospettiva del mercato unico europeo deve essere quella di un mercato dell'energia completamente liberalizzato e, se ciò non fosse possibile, devono essere previste chiare clausole di reciprocità che impediscano ai soggetti che operano in mercati protetti nei paesi d'origine di godere dei vantaggi competitivi del mercato europeo. Sotto questa luce la conversione in legge


Pag. 11

del decreto-legge è un segnale forte per l'Unione europea e potrebbe permettere di aprire una trattativa politica con la Francia in sede comunitaria.
La necessità di convertire in legge il decreto-legge è altresì legata all'indirizzo del Governo di procedere rapidamente alla liberalizzazione e alla privatizzazione del settore energetico per rendere più moderno e competitivo il paese, nel quale i concorrenti al nuovo processo non si sentano minacciati da un oligopolio di operatori che possono approfittare delle asimmetrie del mercato europeo. Per questi motivi è necessario che il decreto-legge sia convertito in legge senza modifiche, in attesa di sapere dall'authority e dalla Consob se Italenergia abbia rispettato tutte le regole, cosa che la Consob farà avvalendosi dei poteri e degli strumenti che le sono conferiti dalla normativa vigente (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gambini. Ne ha facoltà.

SERGIO GAMBINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei provare, attraverso il mio intervento, a spiegare non solo le ragioni per le quali ci sembra indispensabile che il decreto-legge in discussione venga convertito in legge e confermi la sua validità anche nei mesi futuri, ma anche i motivi per i quali questo esito non riesce ad appagarci, in quanto il nuovo scenario - successivo al varo del decreto-legge e che da quel varo, in parte, è indotto - richiede un urgente rilancio della politica energetica del paese ed una pressante e più stringente iniziativa dell'Italia in Europa per rendere omogeneo il processo di liberalizzazione dei mercati dell'energia nel nostro continente.
A me e alla mia parte politica non sfuggono gli scenari che l'OPA Montedison richiama, ossia la ricerca di nuovi assetti ed equilibri nel club molto ristretto ed esclusivo del capitalismo italiano e le straordinarie implicazioni di potere, anche politiche, che tali sommovimenti sono destinati a portare con sé. Tuttavia, non ritengo sia compito delle leggi forzare l'esito di quel confronto né può spettare al decisore politico di fare pendere, in una direzione o in un'altra, la bilancia, manomettendo il funzionamento del mercato e delle sue regole.
Alla nostra attenzione, credo, debbano rimanere gli interessi generali dell'Italia, l'importanza strategica delle risorse energetiche per la vita del paese, per la sua crescita economica e produttiva. Questi, d'altra parte, sono gli interessi che hanno mosso il Governo Amato a presentare il decreto-legge in discussione che, come sappiamo, è frutto di un accordo bipartisan, di una consultazione importante avvenuta nelle ore e nelle giornate di passaggio delle consegne tra le due maggioranze ed anche per questo si qualifica come un atto straordinariamente importante per la vita del nostro paese.
Voglio anch'io ricordare il duplice obiettivo che il decreto-legge conteneva. Per un verso, sbarrare la strada al monopolista pubblico, non contendibile, del mercato francese, la cui espansione sui mercati europei conosceva, con quell'iniziativa, un nuovo episodio, dopo avere investito il mercato di altri paesi europei appartenenti o meno all'Unione europea; dall'altro, sviluppare un'iniziativa europea stringente, in armonia con le indicazioni che diversi organismi europei avevano manifestato nei mesi passati ma che non si sono ancora tradotte in una concreta iniziativa capace di superare la forte diversificazione ed asimmetria con la quale è stata applicata la liberalizzazione sui mercati dell'energia nel nostro continente.
Da questo punto di vista, vorrei citare il documento conclusivo del Consiglio europeo di Stoccolma, in una riunione del 23 e del 24 marzo 2001; nel documento, ancora una volta, si richiama questa esigenza. «La Commissione garantirà» - recita il documento - «che le disposizioni del trattato, in particolare gli articoli 85 e 86, siano completamente rispettate, che l'attuazione di tali decisioni non possa dar luogo a distorsioni di concorrenza. Su tale base la Commissione garantirà, inoltre, che le imprese che ancora beneficiano di


Pag. 12

una situazione di monopolio nel mercato nazionale non si avvantaggino indebitamente di detta situazione».
Sembra la fotografia del caso italiano prima che intervenisse il decreto-legge 25 maggio 2001, n. 192. Evidentemente, questa consapevolezza è diffusa nel nostro continente, ma non riesce a tradursi in un'iniziativa stringente, capace di imporre a quei paesi che manifestano riluttanza nei confronti della liberalizzazione di aprire le loro porte, appunto, ad un'omogenea costruzione del mercato unico europeo dell'energia.
Il decreto-legge perseguiva, quindi, un primo obiettivo, contingente, che - come abbiamo appreso dalla stampa di stamani, ed è notizia di ieri - è stato in gran parte centrato. Vi erano dubbi, erano state espresse preoccupazioni più che legittime proprio per l'importanza dello scontro di fronte al quale ci siamo trovati. Ma ci compiacciamo di riscontrare che la tenacia, rivendicata con qualche orgoglio anche dal presidente della X Commissione (Attività produttive, commercio e turismo), onorevole Tabacci, ha prodotto i suoi risultati: si è capito che quell'intendimento non avrebbe incontrato la disponibilità, da parte dell'insieme delle forze politiche, ad aggirarlo; si è capito che quell'intendimento bipartisan che presiedette al varo del decreto-legge «teneva» anche nella nuova situazione e consentiva di ostacolare, di impedire l'intervento del monopolista pubblico francese sul mercato italiano.
Vi è un obiettivo, invece, più di prospettiva, che deve essere sostenuto in maniera ugualmente stringente e che deve consentire di accelerare quei processi ai quali prima facevo riferimento nell'insieme del nostro continente. Credo che vi fosse e che vi sia piena consapevolezza, da parte di chi ha proposto il decreto, dei punti di forza e dei punti di debolezza di tale provvedimento. Tutti noi sappiamo che un'iniziativa simile, che è stata presa da parte del Governo spagnolo proprio per arginare un'iniziativa simile di EDF in quel paese, ha comportato l'apertura di un procedimento di infrazione nei confronti della Spagna.
Questo rischio era noto; sapevamo che il decreto italiano sarebbe stato costruito - e lo è stato - in maniera da poter essere più resistente a questo tipo di iniziativa di quanto lo sia stata l'iniziativa spagnola. Tuttavia, sappiamo, intanto, che l'intendimento, l'effetto positivo immediato, come abbiamo visto, è stato raggiunto; d'altra parte, anche la possibilità che venga aperto nei confronti dello Stato italiano, a causa dell'emanazione del decreto-legge in parola, un procedimento di infrazione in sede europea, apre e rafforza - non sembri, questo, un paradosso - la posizione di quei paesi che, come il nostro, in Europa si battono affinché il processo di liberalizzazione avvenga in maniera omogenea e non asimmetrica, come invece sta avvenendo.
Come si vede, quindi, gli obiettivi in parte sono stati realizzati, mentre per la restante parte sono stati innescati i processi che, attraverso un'iniziativa coerente da parte del nostro Governo, permetteranno di consolidarli. Nel corso della discussione in Commissione mi è capitato di citare due eventi che in quei giorni erano molto più attuali. Si tratta di due elementi, di due fatti che, pur così diversi l'uno dall'altro, in qualche modo mettono in luce quale sia il paradosso, la grande difficoltà della situazione nella quale si svolge l'iniziativa del Governo nell'affrontare e nel regolamentare questa questione di fronte ai processi in atto.
Citavo il discorso di Sergio Billè alla conferenza nazionale della Confcommercio, un discorso importante, che è stato all'attenzione degli organi di informazione e del mondo politico del nostro paese, che ha affrontato anche le questioni dell'energia, rivendicando una maggiore disponibilità dei processi di liberalizzazione anche nei confronti della piccola e media impresa del nostro paese.
Il processo di liberalizzazione in Italia - come è noto - è andato avanti, recuperando ritardi, anche in maniera più spedita di quanto non sia avvenuto in altri


Pag. 13

paesi europei - senza citare quelli che non l'hanno praticamente avviato (come la Francia) -; tuttavia, è un processo di liberalizzazione i cui benefici ancora si riversano soltanto su una parte degli utenti, in particolare quelli più grandi il cui potere contrattuale è più consistente e più forte. Ora, quella sollecitazione induce il decisore politico a riflettere e a sostenere l'esigenza di una accelerazione del processo di liberalizzazione, perché i benefici possano ricadere su una platea più ampia di protagonisti dell'economia del nostro paese; ma - e qui viene l'interrogativo - possiamo accelerare questi processi in Italia quando in alcuni paesi europei - segnatamente la Francia - il catenaccio nei confronti degli stessi è così robusto e forte? Possiamo noi, a cuor leggero, spingere sull'acceleratore, come ci viene giustamente richiesto, quando questa apertura potrebbe finire per favorire il monopolista pubblico non contendibile di un altro paese? Come si vede, l'iniziativa europea è decisiva.
L'esempio della California, così diverso, ci richiama ad un altro tema: la forte dipendenza del nostro paese dalle fonti energetiche provenienti dall'estero. Il tema comincia ad affacciarsi con grande decisione nelle riflessioni nel nostro continente. La comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul completamento del mercato interno dell'energia del 13 marzo 2001 richiama con forza questo dato; e guardate che lo richiama in una maniera per noi molto interessante. Infatti, essa sottolinea il tema della sicurezza dell'approvvigionamento - guardando proprio agli eventi che sono avvenuti in California e in altri Stati degli Stati Uniti d'America - in termini puramente europei, invitando, però, i paesi a preoccuparsi della sicurezza e dell'approvvigionamento anche sulla base delle risorse energetiche di ciascun paese. Si mettono insieme due aspetti: la creazione di un mercato unico e la sicurezza di approvvigionamento del mercato unico, ma anche la sicurezza di approvvigionamento di ciascun paese. Allora, l'interrogativo diventa il seguente: l'iniziativa di EDF in Italia, che ha mutato nel corso delle giornate il suo significato, è un'iniziativa volta a farla diventare partner industriale di una rinnovata produzione di energia in Italia o è semplicemente l'acquisto di un rubinetto per scaricare in Italia l'energia prodotta in Francia? Questo richiama l'esigenza dello sviluppo di una politica energetica nel nostro paese.
Credo che sarebbe perciò molto opportuno che noi riuscissimo a concludere la nostra discussione con l'approvazione del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge ma anche con l'approvazione di un atto di indirizzo nei confronti del Governo sulle politiche energetiche che possa aiutarci a sciogliere questi interrogativi e a dare un forte stimolo al rilancio della politica energetica nel nostro paese. D'altra parte il Governo sa che il DPEF è lo strumento attraverso il quale fornire gli indirizzi all'autorità garante in materia di tariffe e di rapporti fra i pesi della produzione di energia in Italia. È, come sappiamo, un'occasione assai ravvicinata - lunedì il DPEF sarà presentato al Parlamento -, la nostra discussione si intreccia con questo atto di straordinaria importanza e ci auguriamo che in quell'atto possa ritrovarsi - a questo serviranno anche gli ordini del giorno che decideremo di approvare -, un'indicazione chiara per il rilancio della politica energetica nel nostro paese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Saglia. Ne ha facoltà.

STEFANO SAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che la discussione generale sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 192 sia estremamente rilevante, non solo per quanto attiene al dispositivo, ma anche per il dibattito che, in Commissione attività produttive, di fronte all'opinione pubblica e mi auguro anche in quest'Aula, potrà provocare.
Il decreto-legge al nostro esame reca disposizioni urgenti per salvaguardare i processi di liberalizzazione e privatizzazione di specifici settori dei servizi pubblici.


Pag. 14

Ho riletto il titolo del provvedimento perché credo opportuno richiamare non solo la necessità e l'urgenza di un provvedimento che influisce su alcune iniziative che in queste settimane si sono mosse sul mercato, ma anche perché, come alcuni colleghi hanno avuto modo di sottolineare, vi è la necessità - in concomitanza con la discussione del DPEF e dell'avvio delle politiche e delle iniziative programmatiche del Governo - vi è la possibilità di aprire, in quest'aula, un dibattito forte sul tema del sistema energetico nel nostro paese. Il Governo, ma credo in particolar modo la forza politica che rappresento, ha partecipato a questo dibattito pubblico dichiarando la necessità che non solo il Governo ma la politica del suo complesso esercitassero una posizione così definita di neutralità attiva e mi piacerebbe, in questi minuti a mia disposizione, tentare di spiegare l'interpretazione che il gruppo che rappresento dà di questa neutralità attiva.
Innanzitutto la politica si deve porre nei confronti del mercato non come uno spettatore ma, senza alcun intento dirigista, deve cercare di governare, in qualche misura, gli eventi; ed allora questo dispositivo, questa norma contenuta nel decreto-legge al nostro esame, che discende da una iniziativa del Governo Amato - condivisa dall'opposizione di allora, oggi maggioranza e forza di Governo - è sicuramente un elemento di neutralità attiva perché io credo, senza una volontà protezionistica, tenti di costruire misure per superare quelle asimmetrie dei mercati energetici nazionali dell'Unione Europea che da più parti sono denunciate come un problema vero.
Anche in questo caso, allora, credo che abbia ragione il collega Armani quando richiama alcune responsabilità che, probabilmente, non sono da ascrivere soltanto al Governo precedente ma anche alle legislatura precedente. Il Parlamento, in qualche misura, avrebbe dovuto prevedere che, nel momento in cui si accingeva a recepire le direttive europee e, quindi, a costruire una legislazione nazionale, le posizioni espresse da alcuni Stati (in particolare la Francia e la Germania, che hanno manifestato la loro posizione a Stoccolma) avrebbero trovato delle rispondenze nei mercati esteri creando asimmetrie e, soprattutto, posizioni dominanti.
Questo decreto-legge rappresenta di fatto un tampone per una situazione che era prevedibile, in quanto la società Electricité de France ha prodotto una serie di iniziative in almeno 10 paesi esteri.
Il mercato energetico dell'Unione europea ha un'articolazione molto complessa, perché il controllo pubblico dell'energia è pari al 100 per cento in Irlanda, al 95 per cento in Francia, al 90 per cento in Grecia e in Portogallo ed al 70 per cento in Italia, dove, come sappiamo, è in corso un'iniziativa di privatizzazione che risponde alla necessità - condivisa - di aprire questo mercato.
Voglio richiamare alcune posizioni espresse nella precedente legislatura dall'onorevole Gaetano Rasi (appartenente al mio gruppo), il quale ha sicuramente promosso alcune iniziative, che forse sono state immeritatamente definite stataliste, che ponevano una preoccupazione rispetto a queste asimmetrie, evidenziando la necessità di dover sopperire a ciò attraverso una legislazione più forte e corrispondente a quella che è la reale situazione del mercato energetico in Europa.
Credo, tra l'altro, che nella direttiva europea 96/92 vi fossero gli strumenti per poter rendere più efficace l'azione legislativa del Parlamento e del Governo italiani, in particolare nell'articolo 22, dove si prevede che gli stati membri instaurano meccanismi appropriati ed efficaci per la disciplina, il controllo e la trasparenza al fine di evitare qualsiasi abuso di posizione dominante, segnatamente a detrimento dei consumatori, e qualsiasi comportamento predatorio. Credo che questo riferimento vada ribadito in più occasioni, perché è anche un elemento che consentirà al Governo italiano, almeno così mi auguro, di difendere questo decreto in sede europea qualora si avviassero procedimenti di infrazione o comunque iniziative tendenti a renderlo non efficace.


Pag. 15


Occorre poi soffermarsi anche sul tema della reciprocità. Quando si parla di reciprocità bisognerebbe infatti considerare che in Italia il mercato energetico - quanto meno nelle aspirazioni ma in qualche misura anche nella concretezza delle strutture operanti - è caratterizzato dalla presenza delle strutture delle società ex municipalizzate, oggi in gran parte trasformate in società per azioni spesso partecipate in modo consistente da soci privati. Tale fenomeno non può essere trascurato dal Parlamento; se si avvia un dibattito sul sistema energetico, dobbiamo considerare anche la straordinaria tradizione di questo paese rispetto alle società ex municipalizzate che oggi, rispetto all'asta per le Genco dell'ENEL, si pongono come candidate per poter vincere l'asta stessa e tentare, quindi, di assumere un ruolo da protagonisti nel sistema energetico; ebbene, esse sono invece costrette a rispettare un vincolo del 30 per cento nell'ambito della costruzione di un consorzio che partecipa all'asta, e quindi, pur essendo società per azioni, pur essendo in alcuni casi partecipate in modo significativo da capitali privati, non possono partecipare in misura superiore al limite sopra ricordato. Questo è un tema che dobbiamo affrontare, perché rappresenta un problema di reciprocità di trattamento rispetto ai protagonisti che domani potrebbero agire sul mercato.
Dico questo anche perché auspichiamo che l'evoluzione del mercato possa non concretizzarsi nel passaggio da un monopolio ad un duopolio, ma possa effettivamente portare ad una liberalizzazione che consenta al sistema paese di rispondere al fabbisogno energetico nazionale.
Se il nostro obiettivo è quello di rendere i costi e le tariffe dell'energia in Italia compatibili con la media europea, dovremmo avere una serie di soggetti che operano sul mercato, perché evidentemente un monopolio sostituito da un duopolio non crea questa condizione. Ciò anche perché - come è stato ripetuto - il nostro fabbisogno energetico è condizionato in misura straordinariamente importante dalle importazioni: siamo nella misura dell'81,2 per cento (costituito per il 58,8 per cento dal petrolio e per il 30,9 per cento dal gas naturale).
Certamente, l'iniziativa dell'innovazione tecnologica e della ricerca scientifica sulle fonti rinnovabili (ho apprezzato molto l'intervento in Commissione del ministro Marzano, il quale ha affermato che dobbiamo investire il doppio nell'innovazione, fermo restando il fatto che il mercato energetico rispetto alle fonti rinnovabili arriverà al massimo a coprire un fabbisogno del 10 per cento) costituisce comunque la strada che dobbiamo perseguire.
Dobbiamo anche riflettere su alcune iniziative referendarie che in passato vi sono state e che hanno condizionato queste vicende, così come sono assolutamente convinto - come emergerà negli ordini del giorno che saranno presentati e che il mio gruppo continuerà a redigere, sperando che vi sia una volontà cosiddetta bipatisan, come vi è stata nell'emanazione del decreto, cioè una volontà forte del Parlamento condivisa da tutte le forze politiche (e su questo cercheremo di impegnarci al massimo) - della necessità di incitare, sollecitare e raccomandare al Governo l'attuazione di una politica estera energetica.
Non dobbiamo solo preoccuparci del fatto - che costituisce comunque una grande preoccupazione - che non siano in grado di condurre operazioni all'estero come fa EDF, perché l'ENEL comunque si occupa di telefonia, di acqua e di altri settori e non si è posta questo problema strategico. Tuttavia, ci dobbiamo porre il problema dell'approvvigionamento e della diversificazione dell'approvvigionamento, cioè del fatto di non dipendere solo ed esclusivamente da alcuni Stati, ma di guardare all'est ed in altre direzioni per cercare di trovare interlocutori e partner internazionali che ci possano rendere in qualche misura più indipendenti.
Svolte tutte queste considerazioni - chiedo scusa se mi sono dilungato troppo - il gruppo di Alleanza nazionale ritiene prioritaria la conversione in legge del decreto-legge e ritiene, tra l'altro, sommessamente, che questo decreto-legge sicuramente


Pag. 16

potesse essere migliorato ed in qualche misura aggiustato, ma - non sfugge a nessuno - ciò avrebbe comportato che, alla scadenza del 24 luglio, dovendo poi ritornare al Senato, non sarebbe stato possibile convertirlo né renderlo effettivamente operativo.
Allora, nella sollecitazione forte affinché questo dibattito sia articolato, complesso e il più possibile riflessivo, poiché sono in gioco interessi nazionali - quindi anche per questo è opportuno un dialogo forte fra maggioranza e opposizione - il nostro gruppo proporrà un proprio ordine del giorno che confronterà poi con gli altri ordini del giorno che verranno presentati al provvedimento. Dovrà esservi, quindi, un «matrimonio» di posizioni il più possibile concertate, nella consapevolezza che sono in gioco interessi importanti del nostro paese e non interessi, seppur legittimi, di qualche parte privata o pubblica che sia (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Back Index Forward