Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta
4-07645
presentata da EDOUARD BALLAMAN mercoledì 8 ottobre 2003 nella seduta n.370

BALLAMAN. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:

sul quotidiano La Repubblica del 12 giugno 2003, nella cronaca di Genova, viene riportato un articolo con il seguente titolo: «Lavagna: sequestrate il porto - Tre Procure accusano: i moli sono senza concessione»;

nel suddetto articolo si afferma testualmente: «Lavagna - Con i suoi milleseicento posti barca, il molo foraneo e quello sottoflutto, i suoi pontili e le due piccole darsene, il porto turistico di Lavagna non esiste. È il più grande di tutto il Mediterraneo, ma per lo Stato italiano non c'è, non ancora. Più esattamente: "è in fase di costruzione", come precisa la Capitaneria di Porto. Una fase che dura da 25 anni, un quarto di secolo trascorso senza che l'operazione sia mai comparsa sulle mappe catastali del Demanio Marittimo, e in assenza d'una pioggia di concessioni, licenze, autorizzazioni. Lo hanno scoperto alle Procure di Chiavari, Roma e Milano, leggendo il voluminoso rapporto consegnato dalla Guardia di Finanza. Che ha cominciato facendo le pulci ai più recenti gestori della struttura, denunciati da decine di diportisti, e finendo per sollevare il coperchio d'un calderone dove ribollono miliardarie frodi fiscali, truffe, fantasmi di riciclaggio, minacce e pressioni. Nel mirino degli investigatori c'è soprattutto - ma non solo - la Porto Lavagna spa, che dopo il fallimento della Cala dei Genovesi ha vinto la concorrenza della cordata ligure ed ha preso in mano la struttura. Un intervento gestito da un imprenditore americano di origine albanese kosovara, Roc Jack Mazreku, 71 anni e una modesta dichiarazione dei redditi risalente al 1992-1993. Abbronzato, elegante, energico, un paio d'anni fa Mazreku mise sul piatto della bilancia 56 miliardi frutto di un clamoroso finanziamento garantito da una semplice lettera del direttore della banca, che invitava a fidarsi dell'uomo perché lo conosceva personalmente... Il punto è che la spa avrebbe venduto il mare, per dirla in due parole: avrebbe cioè offerto e piazzato a titolo definitivo spazi che in realtà sono appunto di proprietà del Demanio. Perché il posto-barca è un bene demaniale, mentre secondo il Nucleo regionale di Polizia Tributaria, nei contratti di locazione della nuova gestione veniva concepito come diritto di superficie. Alla Porto Lavagna replicano sdegnati che le cose sono assolutamente in regola, e citano i pareri favorevoli di funzionari del Ministro della Marina Mercantile, dimenticando che l'ufficio legislativo dello stesso ministero si era espresso con un parere completamente diverso. Ma non è solo questo, il punto. Nel guazzabuglio di contratti, diritti e fantomatici permessi, la società che faceva capo a Mazreku si sarebbe dimenticata di dichiarare alle tasse quanto effettivamente incassato dai diportisti: avrebbe preso cioè una determinata somma - vendendosi un diritto non suo, insistono le Fiamme Gialle - ma di fatto ne avrebbe fatta risultare un'altra, quella appunto della tradizionale locazione. In tutto fa 32 miliardi di lire in nero. Sui verbali si scrive "frode fiscale". Ed è questa l'ipotesi formulata dagli investigatori, insieme a quella di truffa aggravata. Qualcuno avrebbe convinto i proprietari dei posti barca ad accettare quelle condizioni con ogni mezzo a disposizione, lecito o meno che fosse. La somma è presto fatta: violazioni fiscali più mancanza di autorizzazioni più mancato accatastamento più truffa più frode, uguale sequestro preventivo. Confischiamo il porto che non c'è, o meglio che non dovrebbe esserci, chiedono gli inquirenti. La risposta delle Procure non si farà attendere: non tanto quella di Chiavari, dove il procuratore Luigi Carli conferma le inchieste ma confessa l'incompetenza su certi temi, quanto quella di Roma legata alle questioni ministeriali e catastali, e soprattutto la Procura milanese, specializzata nelle materie fiscali e di bilancio. Le sorprese stanno per arrivare»;

il 13 giugno 2003 viene pubblicato un altro articolo su «La Repubblica - Il lavoro - Genova» - recante il seguente titolo: «Lavagna, lo scandalo della Cala indagati eccellenti nel porticciolo - Coinvolti un ex procuratore capo, un alto funzionario del ministero e un uomo d'affari»;

ilsuddetto articolo enunciava altresì: «Un Ex procuratore capo della repubblica accusato di aver frodato il fisco per 16 milioni di euro; uno dei più alti funzionari del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, sospettato di aver stravolto regolamenti e legislazione per favorire una società, quella dell'uomo d'affari con contatti internazionali e banchieri pronti ad aprirgli linee di credito miliardarie. Sono i tre indagati eccellenti nelle inchieste sul porto turistico di Lavagna. I 1.600 posti barca sono al centro di una contesa tra due società che reclamano il diritto a gestirne la concessione; la finanza ha scoperto che i moli e le opere a terra non sono mai state registrate sul catasto del Demanio marittimo e per questa ragione ne è stato chiesto il sequestro preventivo; e infine gli accertamenti del Nucleo Regionale di Polizia Tributaria hanno portato alla luce due filoni che procedono paralleli, ma spesso si sovrappongono; e che ipotizzano una maxi evasione fiscale e una presunta truffa»;

da circa due anni è emersa sulla stampa e all'attenzione della pubblica opinione la gestione del porto turistico di Lavagna, con tutti i suoi problemi legati ad una situazione di disordine amministrativo, di contestazioni di tipo ambientalistico, di contenzioso connesso a varie questioni;

tuttavia l'inchiesta giudiziaria ha avuto inizio solo quest'anno -:

se non ritenga opportuno avere maggiori informazioni sui fatti narrati in premessa anche, eventualmente, servendosi dell'Ispettorato Generale.(4-07645)