Allegato B
Seduta n. 748 del 9/2/2006


Pag. 23645

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
crescenti e ripetute sono le grida di dolore che si sollevano dal mondo intero in relazione al progressivo degrado della condizione dei minori nei Paesi in via di sviluppo (PVS) e nelle fasce sociali povere o immigrate dei Paesi sviluppati; i numerosi rapporti internazionali concordano nell'indicare che il disastro sta assumendo dimensioni al di là di ogni possibile aiuto, ma non disponendo di dati anagrafici, divergono nelle stime. Molti Paesi dispongono di registrazioni anagrafiche carenti, altri di vere e proprie «popolazioni ombra»: secondo l'UNICEF 50 milioni di bambini, il 55 per cento dei nati nei Paesi in via di sviluppo, iniziano la vita senza un'identità; la folla di disperati che si accalca attorno all'occidente, ricco ed egoista, conosce il paradosso in base al quale non disporre di documenti può costituire la differenza, entrare o essere rimpatriato. D'altro canto i mercanti di carne umana studiano le scappatoie delle leggi e sanno come approfittare delle norme umanitarie, in particolare per quel che riguarda i bambini e gli adolescenti, oggetto di compravendita e preziosa fonte di reddito. La «tratta» degli schiavi è divenuta la terza fonte di reddito delle organizzazioni criminali, dopo il traffico di armi e di droga;
secondo dati resi noti nel marzo 2005 a Vienna dall'Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa (OSCE) ogni anno nel mondo vengono venduti 1,2 milioni di giovani di ambedue i sessi con meno di 18 anni. I bambini, che rappresentano oltre il 30 per cento delle vittime del traffico di esseri umani, sono venduti o comprati, rapiti oppure adescati per essere utilizzati nelle fabbriche, per i lavori agricoli e domestici o nell'industria del sesso. Altri minori sono mandati all'accattonaggio oppure spinti al borseggio ed ai furti. Terribile la fine di quelli che il crimine organizzato destina all'espianto di organi vitali: di quanti hanno affrontato questo atroce destino non si hanno nemmeno stime, ma solo racconti di sopravvissuti o ritrovamenti di fosse comuni (Mozambico, 2004);
nel rapporto dell'agenzia vaticana Fides diffuso nel gennaio del 2006, dal titolo «Erode: la strage degli innocenti», è scritto che un esercito di 860 milioni di bambini è senza futuro; sono 4 milioni le bambine comprate e vendute e nel sud est asiatico si contano mezzo milione di «baby prostitute». I bambini di strada sono oltre 120 milioni: la metà di loro vive nel continente sud americano, trenta milioni circa in Asia. Una distorta politica demografica e condizionamenti culturali hanno prodotto negli ultimi 30 anni una strage di decine di milioni di bambine in India e Cina, tra aborti ed uccisioni alla nascita e, in Cina, milioni di bambini senza identità. Secondo i dati diffusi dalla Commissione diritti umani del Senato il 26 gennaio 2006, 27 milioni di persone sono a rischio, potenziali vittime di un traffico che rende ogni anno alle organizzazioni criminali almeno 7 miliardi di dollari;
in base ai dati diffusi dall'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) a giugno 2005, nel mondo sono circa 245,5 milioni i minori costretti a lavorare. Di questi, la maggior parte (186,3 milioni) ha tra i 5 e i 14 anni, mentre 59,2 milioni hanno tra i 15 e i 17 anni. Tra i minori lavoratori, circa 170,5 milioni, di cui 111,3 milioni tra i 5 e i 14 anni, sono impiegati in attività pericolose; nel rapporto «Alleanza globale contro il lavoro forzato» presentato dall'OIL nell'ottobre 2005 la «schiavitù contemporanea», le cui vittime vanno da chi è sfruttato sessualmente a chi è costretto a un lavoro forzato, è un business mondiale da circa 32 miliardi di dollari l'anno;
questo fenomeno gigantesco, ma dai contorni confusi, esemplificativo di


Pag. 23646

una sorta di perversione mercantilista a livello mondiale che riduce l'uomo a materia prima o trastullo, investe l'Unione Europea e l'Italia quali principali mercati di sbocco dei piccoli schiavi; ci troviamo di fronte ad una rete complessa in cui il bambino viene trafficato per vari scopi che vanno dal lavoro nero, all'espianto di organi, allo sfruttamento sessuale (prostituzione minorile, pedo-pornografia) fino al reclutamento tra le fila dell'accattonaggio e la piccola criminalità (borseggio, furti, vendita di droghe); secondo l'OSCE nell'UE la tratta sarebbe raddoppiata negli ultimi tre anni;
nei primi giorni del mese di gennaio 2006 l'Europarlamento ha votato una risoluzione sulle strategie di prevenzione della tratta di donne e bambini, che chiede l'avvio di una politica comune e il rafforzamento dell'azione penale e repressiva nei confronti dei trafficanti; ma intanto a livello comunitario non si è avviata nemmeno una valutazione statistica unitaria del fenomeno, per cui si dispone delle stime dei singoli Paesi UE, ma non di dati complessivi confrontabili; la confessione di impotenza ce l'offre la Commissione europea stessa in una Comunicazione al Parlamento ed al Consiglio sulla «strategia di lotta contro la criminalità organizzata» (giugno 2005), laddove sorprendentemente afferma che «l'elaborazione di statistiche comparabili in materia di criminalità è un progetto a lungo termine nel quale la Commissione è impegnata insieme ad altri organismi competenti»; dall'enormità dei dati di partenza e dalla limitatezza dei risultati numerici delle Autorità che operano sul campo nei singoli Stati si ha chiara la percezione che la gran parte del fenomeno sfugge all'osservazione; ed i dati più affidabili parrebbero rimanere quelli delle Questure e degli Uffici giudiziari;
per quel che riguarda il nostro Paese, secondo l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico (OCSE) l'Italia ha tra i più alti livelli di privazione infantile d'Europa con il 16,6 per cento di bambini poveri e, come negli altri Stati comunitari, il trend è in crescita. Il rapporto Caritas-Unicef sui minori, del 2005, afferma che su 491 mila minori stranieri presenti in Italia ve ne sono almeno 100 mila in stato di indigenza. I minori stranieri rappresentano una quota del 6-8 per cento su un totale di circa 130 mila soggetti dediti alla prostituzione, cifra che non tiene conto dei bambini senza nome, preda dei circuiti pedofili. Secondo i dati forniti dal Rapporto nazionale sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza realizzato da Telefono Azzurro dall'Eurispes (novembre 2005) in Italia vi sono 50 mila bambini costretti a mendicare in strada e solo nel Lazio ve ne sono 8 mila; ogni bambino frutta almeno 40 euro in media al giorno (il sito internet della Polizia di Stato indica 100 euro), con un «volume di affari» annuo complessivo tra 500 milioni ed un miliardo di euro. Il fenomeno dei bambini di strada dopo il crollo dell'impero dell'ex Unione Sovietica, è in crescita nelle città più grandi dell'Europa dell'Est. Ma esiste anche da noi con il più benevolo nome di minori stranieri non accompagnati o di «bambini ombra»; in base ai dati, aggiornati dal 1o gennaio al 30 settembre 2005, del Comitato Minori Stranieri nel 2005 sono stati 6.426; dei 46.213 minori stranieri non accompagnati e per lo più senza documenti, segnalati al Comitato dal 2000, solo in 796 casi è stato possibile adottare provvedimenti di rimpatrio assistito; migliaia di donne, soprattutto dell'Europa dell'est, vengono nel nostro Paese e partoriscono bambini il cui destino è quello di essere venduti; sono stabilite anche le tariffe: 5-6 mila euro per le femmine e 15-16 mila euro per i maschi;
per quel che riguarda il lavoro minorile l'Istat, su impulso del Ministero del lavoro ha calcolato che i ragazzi con meno di 15 anni che svolgono attività lavorativa sono oltre 144.000, pari al 3,1 per cento dei bambini di quell'età; anche qui il trend, dopo anni di progressiva diminuzione, è in crescita ed anche qui non si tiene conto dei «minori ombra» che sfuggono alle statistiche;


Pag. 23647


a giudizio dei firmatari del presente atto il fenomeno riguarda anche i 1.721 bambini, età media dieci anni e mezzo, che i tabulati dei Tribunali per i minorenni considerano arruolati dai clan mafiosi in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia (dato gennaio 2005);
nel corso degli ultimi lustri il Parlamento nazionale ha approvato una complessa serie di atti volti ad accrescere la tutela dei minori. La legge n. 184 del 1983 relativa al diritto del minore ad una famiglia; la legge del 27 maggio 1991, n. 176 di ratifica della Convenzione sui diritti del fanciullo (New York 20 novembre 1989); la legge n. 216 del 1991 per il sostegno ed il recupero dei minori a rischio di devianza; la legge 15 gennaio 1994, n. 64 di ratifica di una serie di convenzioni in materia di affidamento e rimpatrio di minori illegalmente sottratti in altri Stati; la legge n. 66 del 1996 sulla violenza sessuale; la legge n. 285 del 1997 concernente promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza; il decreto legislativo n. 286 del 1998, come modificato dalla legge n. 189 del 2002, testo unico in materia di immigrazione, in particolare gli articoli 28, 29, 31 e 32; la legge n. 451 del 1997, istitutiva della Commissione parlamentare per l'infanzia e dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia; la legge n. 476 del 1998 di ratifica della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione (L'Aja 29 maggio 1993); la legge 269 del 1998, contro lo sfruttamento sessuale dei minori; la legge n. 53 del 2000, per il sostegno della maternità e della paternità, la legge n. 148 del 2000 di ratifica della Convenzione n. 182 e l'annessa Raccomandazione n. 190 dell'OIL (Ginevra il 17 giugno 1999), sul contrasto del lavoro minorile; la legge n. 149 del 2001 di modifica della normativa sull'adozione e sull'affidamento; la legge n. 154 del 2001 contro la violenza nelle relazioni familiari; la legge 11 marzo 2002, n. 46, di ratifica della Convenzione dei diritti del fanciullo, per quel che riguarda la vendita, la prostituzione e la pornografia rappresentante bambini, (New York 6 settembre 2000); la legge n. 77 del 2003, di ratifica della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli (Strasburgo 25 gennaio 1996); la legge n. 228 del 2003 misure contro la tratta di persone ed infine le norme di inasprimento per i reati di pedo-pornografia approvate nel gennaio 2006. In attuazione della legge n. 285 del 1997 sono stati approvati due Piani nazionali per la promozione dei diritti dell'infanzia con i decreti del Presidente della Repubblica 13 giugno 2000 e 2 luglio 2003;
né vanno dimenticati gli atti adottati dai principali organismi sovranazionali, a cominciare dalla Dichiarazione di Ginevra del 1924 sui diritti del fanciullo e la Dichiarazione dei diritti del fanciullo adottata dall'Assemblea generale ONU il 20 novembre 1959. I diritti dei bambini sono altresì riconosciuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici - in particolare negli articoli 23 e 24 -, nel Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali - in particolare all'articolo 10 - ed infine nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea proclamata dal Consiglio Europeo a Nizza il 7 dicembre 2000 - in particolare all'articolo 24. Innumerevoli sono le prese di posizione e le decisioni del Parlamento Europeo del quale ricordiamo da ultimo la Risoluzione 17 gennaio 2005 sulle strategie di prevenzione della tratta di donne e bambini, che chiede l'avvio di una politica comune e il rafforzamento dell'azione penale e repressiva nei confronti dei trafficanti;
il concorso pressoché unanime con cui il Parlamento italiano, diretto rappresentante del popolo, ha approvato gli atti di sua competenza riferibili ai minori, conferma che sulla necessità di una loro maggiore tutela si va ben al di là non solo degli schieramenti politici, ma anche di quelli ideologici e culturali; fede cristiana e cultura laica o socialista, pur partendo da diverse impostazioni, convergono sul fatto che ogni nato debba avere l'inalienabile diritto di vivere nella propria famiglia e di crescere serenamente. La Chiesa ha sempre assunto, sin dalla Patristica


Pag. 23648

greca e latina, una posizione durissima nei confronti di coloro che violano l'innocenza dei bambini; senza dimenticare la carezza di Papa Giovanni XXIII per tutti i bambini, Sua Santità Giovanni Paolo II si è spinto più avanti, facendo del dialogo con i giovani uno dei punti di forza del Suo rivoluzionario Pontificato; l'opera dei missionari cristiani non è eguali nel Mondo, per l'assoluta dedizione, l'afflato umanitario e lo sprezzo del pericolo. Degne di nota sono le suore che qualche anno fa a Bankok letteralmente rastrellarono a bordo della loro jeep, dei minori indifesi che venivano usati per scopi sessuali, per riportarli in un ambiente più consono alle loro esigenze;
la cultura laica, figlia della Rivoluzione francese, e quella socialista, quale corollario del concetto di eguaglianza, hanno riconosciuto, sia pure a diverse velocità, il diritto di tutti i minori ad uno sviluppo equilibrato; è stato un processo di elaborazione che è andato di pari passo con la crescita culturale e dei redditi delle classi più basse e che ha consentito, in particolare nell'arco dell'ultimo secolo, di modificare l'atteggiamento verso i minori di tutti i settori della società occidentale. Con il progredire della cultura e della ricchezza diffusa, si è generalizzato il concetto, prima limitato alle classi agiate, di figli come investimento sul futuro, destinatari in grado di gestire conoscenze e beni crescenti. Recenti inchieste hanno dimostrato che il costo medio complessivo gravante sulla famiglia italiana per portare un figlio sino alla laurea è mediamente di 500 mila euro; un'analisi condotta dal Consorzio per lo sviluppo delle metodologie e delle innovazioni nella Pubblica amministrazione (MIPA) e pubblicata dal Sole 24 Ore, stima in 110 mila euro i costi formativi necessari per portare un ragazzo dall'asilo all'esame di maturità, di cui circa il 10-12 per cento a carico delle famiglie;
la spocchia con cui le società occidentali spesso osservano il lavoro minorile nei Paesi in via di sviluppo non ha motivo di esistere, poiché il fenomeno appartiene al nostro passato recente, un periodo in cui vasti strati di popolazione erano in possesso di redditi di sola sussistenza ed una percezione dei propri figli quale possibile (e a volte unica) fonte di reddito. Nel nostro Paese la liberazione dei minori dal lavoro, definitivamente sancita con il progressivo ampliamento dell'obbligo scolastico che si prevede di far arrivare sino a 18 anni, è stata avviata nel 1936 con il divieto di lavori pesanti e chiusa nel 1967, quando si stabilì il divieto assoluto del lavoro per i minori di 14 anni; ancora negli anni '30 in alcune aree povere d'Italia si poteva essere «venduti» per lavori anche pesanti a 7-8 anni, in cambio di una caparra, il «soccorso morto», che andava restituita se il bambino scappava. In particolare in alcune zone della Sicilia, si poteva finire in miniera a 11-12 anni. Sulla base di queste considerazioni i firmatari del presente atto non ritengono del tutto corretto rimproverare i Paesi in via di sviluppo per il lavoro minorile, in quanto questo è componente di sviluppo economico; ritengono invece corretto e doveroso intervenire in qualunque sede internazionale sull'età dei minori avviati al lavoro, sulla salubrità e sui ritmi di lavoro. Ma anche qui rimane l'alea della percezione dei diretti interessati: dei 500 bambini tra i 6 e gli 11 anni «liberati» dalla schiavitù di un lavoro degradante a Nuova Delhi (gennaio 2006), molti hanno chiesto, già il giorno dopo, di poter tornare a lavorare, non avendo altra scelta per poter sopravvivere;
ma se la questione del lavoro minorile è controversa nei PVS, tuttavia essa è chiarissima da noi, proprio in virtù dei principi di eguaglianza, di pari dignità e di pari opportunità spettanti a tutti i minori, ovunque siano nati, sancita da leggi e trattati, incorporata nel comune sentire della stragrande maggioranza dei cittadini. Né è possibile ammettere qualunque cedimento o eccezione, pena il ritorno ad un Medioevo in cui la giustizia (penale e sociale) è comminata per classi o nazionalità. E se questo vale per il lavoro minorile a maggior ragione vale per tutte le altre forme di sfruttamento dei minori, che sia sessuale o economico/criminale; il


Pag. 23649

che porta ad una sostanziale equiparazione di tutte le forme di sfruttamento, confermata sia dall'articolo 3 della Convenzione n. 182 dell'OIL (che le qualifica collettivamente come «forme peggiori di lavoro minorile), sia paradossalmente dalla organizzazioni criminali, per le quali il minore è quasi assolutamente intercambiabile. Occorre far tesoro della traumatica esperienza della «rivolta delle benlieue» parigine, figlia dell'emarginazione, della ghettizzazione e di un violento istinto di rivalsa degli immigrati maghrebini di seconda generazione, una sottocultura che inneggia ad Osama, ma è ben lontana dai principi dell'Islam. Non è possibile uno sviluppo a due velocità, non c'è pace senza giustizia sociale, non c'è giustizia sociale senza parità di condizioni; la presenza nel nostro Paese di decine di migliaia di bambini sradicati ed emarginati prefigura una prossima diffusa insicurezza sociale, coi suoi effetti negativi in termini di libertà civili, o la banlieue italiana del 2016; o entrambe le cose;
nel corso dell'attuale Legislatura il Parlamento ha opportunamente migliorato la normativa riguardante lo sfruttamento sessuale dei bambini ed ha posto, che si sia d'accordo o meno, maggiori tutele per i diritti dei non nati; ma così facendo ha forse messo in secondo piano l'orrore quotidiano dei nati senza nome o in luoghi senza speranza, che giungono, spesso soli, in Italia o che nascono in Italia da famiglie scellerate o disperate. Sono rimaste isolati e senza sbocchi normativi i periodici avvertimenti della Commissione bicamerale per l'infanzia, dell'Osservatorio dei minori e del Comitato per i minori stranieri; non sono stati tenuti in adeguato conto i rapporti dei centri di studio, le osservazioni desunte dalle esperienze sul territorio della Caritas, degli operatori, del volontariato e finanche, delle Questure; interrogato sulla questione delle bande di rom, minori di 14 anni, che imperversano a Napoli in questi giorni, il Ministro della giustizia ha correttamente negato, per motivi etici, la possibilità di prevedere la punibilità al di sotto di quell'età, ma secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, anche implicitamente confermato di non sapere cosa fare, innanzitutto di fronte all'entità del problema;
eppure si dispone di una delle legislazioni di tutela dei minori tra le più avanzate al mondo, peraltro dotata di una massa di risorse tutt'altro che irrilevante. I sottoscrittori del presente atto hanno effettuato rapida, e quindi non esaustiva, analisi degli stanziamenti dal bilancio di previsione dello Stato strettamente riconducibili al concetto di tutela dei minori, facendo riferimento innanzitutto alle leggi n. 216 del 1991, n. 285 del 1997 e successivamente al Fondo sociale in cui tali provvedimenti sono confluiti dal bilancio 2001. Con la legge n. 216 del 1991 per la tutela dei minori a rischio criminoso sono stati avviati finanziamenti pari a 25 miliardi di lire nel primo anno e 50 miliardi per ciascuno degli anni 1992, 1993; successivamente la 216 è stata rifinanziata con 40 miliardi di lire per ciascuno degli anni 1997-1999; con la legge n. 285 del 1997 sui diritti dell'infanzia sono stati stanziati 120 miliardi di lire per l'anno 1997 e 315 miliardi per ciascuno degli anni 1998 e 1999; entrambe le leggi sono ripartite tra le regioni; dal 2000 gli interventi di tutela dei minori ex lege n. 285 dispongono di una quota fissa pari a 287 miliardi per anno; le Finanziarie per il 2003 e per il 2006 hanno stanziato 12 milioni di euro per il periodo 2003-2008 per il sostegno dei minori oggetto di abuso sessuale; dal 2004 nel capitolo 2134 del ministero della giustizia sono stati stanziati 18,6 milioni di euro per il collocamento in comunità dei minori colpiti da provvedimenti giudiziari; le spese vive dei riformatori e delle case di accoglienza per minori ammontano a 160 milioni di euro nel periodo 1991-2006;
la sommatoria di questi stanziamenti di competenza porta ad un complesso di risorse pari a circa 1.800 milioni di euro nel periodo 1991-2006; su queste somme occorre fare talune osservazioni: 1) dalle Relazioni sullo stato di attuazione della legge n. 285 del 1997 si rileva che le regioni integrano gli stanziamenti con un


Pag. 23650

ulteriore 30 per cento in media; quindi calcolando dal 1997, anno di avvio della n. 285, vanno aggiunti grossomodo 50 milioni di euro l'anno, cioè 500 milioni nel periodo, il che porta la spesa complessiva direttamente finalizzata ad oltre 2,3 miliardi di euro nel periodo 1991-2006; 2) tuttavia poiché il Fondo sociale è ripartito tra le regioni che ne dispongono come meglio credono (salvo taluni criteri di massima) in tale ambito molti interventi si sovrappongono non è possibile fare calcoli con precisione assoluta; 3) va rilevato, negativamente, che la legge n. 216 sui minori a rischio criminoso è citata nell'elenco delle norme che compongono il Fondo sociale, ma non entra nei riparti, per cui parrebbe che la gestione della devianza resti per la gran parte giudiziaria. Quanto infine all'intervento dei comuni, questo si è andato estendendo nel corso degli anni sia per risorse impegnate che per tipologia di intervento; un'indagine censuaria dell'Istat sugli interventi e sui servizi sociali, relativa al solo 2003, rileva che per la funzione «Famiglia e minori» i comuni hanno speso il 38 per cento della propria spesa sociale, cioè 1,68 miliardi di euro su 4,419 miliardi;
la lettura delle relazioni sulla legge n. 285 del 1997 indica come «positivo» il suo stato di attuazione; in realtà delle quattro linee di intervento previste, quelle relative al sostegno delle genitorialità (articolo 6) ed alla lotta alla esclusione sociale dei minori (articolo 4) appaiono minoritarie rispetto alle altre (sviluppo sostenibile e tempo libero) che sono rivolte a tutti i minori genericamente intesi; appare prevalente l'attenzione rivolta alla «logica di programmazione», alla rilevazione statistico-valutativa dei fenomeni, all'attività documentativiva, all'attività promozionale; la realtà è che i soggetti coinvolti si parlano con difficoltà e i dati non si possono confrontare tra una realtà e l'altra; «...La "fotografia" che viene scattata ritrae un'interazione di reti complesse di attori con il rischio di scarsa chiarezza sui ruoli di ciascun attore, dove le forme di coordinamento risultano deboli, parziali, poco strutturate e formalizzate e i processi poco governati...». (pag. 25, ultima relazione Doc. CLXIII, n. 2). «...Più che servizi in quanto tali i Piani promuovono azioni positive per favorire opportunità e tutelare i diritti dell'infanzia. La strategia indicata dalle linee guida regionali - più inclusiva che esclusiva - ha favorito il coinvolgimento di un gran numero di soggetti, nella prospettiva di una visione complessa del sistema sociale. (ibidem, pag. 26); «...tra le regioni e le città riservatarie vi sono rapporti più formali che sostanziali (ibidem, pag. 51); fino ad arrivare alla «...diffusa consapevolezza dell'importanza del lavoro sulla normalità e sull'agio...», definito in più punti come «il disagio dell'agio»;
il 6 marzo 2003 le agenzie di stampa hanno battuto la seguente stupefacente notizia: «FIRENZE, LUDOBUS TRA BIMBI CINESI (AGI) - Firenze, 6 marzo. - Sono scesi a giocare per strada i bambini cinesi che lavorano al nero nei laboratori di pelletteria nel quartiere di Osmannoro, tra Firenze e Sesto Fiorentino. Sono stati i ludobus della carovana antimafia di "Libera" a toglierli - è detto in una nota - «per un pomeriggio dallo sfruttamento al quale sono quotidianamente sottoposti, portando loro dei regali, facendoli giocare con i palloncini, dipingere un telo con le tempere e rincorrersi l'un l'altro per circa due ore. L'iniziativa è stata preceduta da una visita in incognito agli stessi laboratori. I presenti hanno potuto vedere i minorenni cinesi con i grembiuli a lavorare con fatica ed in carenti condizioni igieniche ed in disprezzo della legge 626 sulla sicurezza sul luogo di lavoro». Secondo la nota, «c'è stato qualche momento di tensione all'inizio, visto che alcuni adulti, alla vista dei mezzi della carovana e degli agenti delle forze dell'ordine hanno fatto scappare i bambini. Tuttavia con il passare dei minuti lo spirito del divertimento ha preso il sopravvento: una cinquantina si sono avvicinati agli animatori dei ludobus che li hanno intrattenuti». Secondo «Libera» «è probabile, infatti, che questi minori siano talmente costretti a dei turni di lavoro così


Pag. 23651

asfissianti da non lasciare loro nemmeno un momento di svago. Per loro non esistono giorni festivi, giorno e notte. Devono rimanere sempre davanti al loro bancone a confezionare la loro borsa. Hanno poco tempo da dedicare allo studio, vedendosi così negato un diritto fondamentale». Anzi, «esiste il forte sospetto che molti bambini a scuola non ci vadano proprio...»;
volutamente i firmatari del presente atto di indirizzo hanno accostato tecnicismi della Relazione sull'infanzia alla vicenda di Firenze, una impressionante sequenza di notizie di reato (e c'era anche la polizia!), che non sembra aver prodotto reazioni di sorta negli organi preposti: magistratura, forze dell'ordine, Asl, ispettorato del lavoro, uffici regionali per la tutela dei minori e quant'altro, nonostante la procedibilità di ufficio o l'obbligo dell'ufficiale pubblico ad intervenire. Meraviglia la «normalità» dell'evento; e questa normalità illegale ed immorale si ripete in ogni angolo d'Italia: bambini-mendicanti, bambini-lavoratori, bambini-lavavetri, bambini-spacciatori, bambini-borseggiatori, gruppi di ladruncoli a man salva minori di 14 anni, infanti sempre addormentati utilizzati per elemosinare con qualsiasi condizione atmosferica da madri sciagurate, anche sotto gli stessi Palazzi parlamentari; il Ministro Pisanu ha segnalato a dicembre 2005, che a Lampedusa tra gli altri disperati sono arrivati in un anno più di 500 ragazzi minorenni senza accompagnatori né famiglia, il che «...fa temere l'esistenza di ulteriori turpi traffici...»; il 3 febbraio 2006 il sacerdote gestore del centro di accoglienza per minori Santo Spirito di Vittoria (Ragusa) ha dichiarato che nei mesi di dicembre e gennaio 2005 almeno 200 dei minori tra gli 8 ed i 14 hanno fatto perdere le proprie tracce;
eppure le norme parrebbero chiare: l'articolo 591 del codice penale punisce l'abbandono di minore, l'articolo 671 CP considera reato l'impiego di minori di 14 anni nell'accattonaggio, prevedendo anche la perdita della patria potestà; altre tipologie di intervento sono ricollegabili agli articoli 572 CP (maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli) e 403 del codice civile (interventi della pubblica autorità a favore dei minori); l'articolo 380 del codice di procedura penale, modificato dalle leggi per il contrasto alla violenza sessuale, alla pedopornografia ed alla riduzione in schiavitù, prevede l'arresto obbligatorio in flagranza, in relazione a queste ipotesi; l'articolo 1 della legge n. 216 del 1991 prevede che il: «collocamento dei minori fuori della loro famiglia può essere disposto dal tribunale per i minorenni, ai sensi degli articoli 330 e succ. del codice civile, cioè degli articoli che prevedono la perdita della potestà genitoriale, su segnalazione dei servizi sociali, degli enti locali, delle istituzioni scolastiche e dell'autorità di pubblica sicurezza; l'articolo 177 del Testo unico delle leggi sulla pubblica sicurezza (TULPS) prevede che "Nel caso di persistente trascuranza (da parte del genitore) può essere pronunciata la perdita dei diritti di patria potestà e di tutela". L'articolo 178 TULPS che il minore privo di genitori può essere collocato dal tribunale "...presso qualche famiglia onesta...". Peraltro resta in piedi la procedura degli articoli 25 e succ. del RDL n. 1404 del 1934 sulle misure applicabili ai minori irregolari per condotta, di recente aggiornate dalla legge n. 269, che sono valide anche per i minori il cui genitore serba condotta pregiudizievole e che comunque prevedono l'affidamento a famiglie o ad idonee strutture. La legge n. 184 del 1984 statuisce il diritto del minore a crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione, ma prevede anche (articolo 2) che se «privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno, (ma anche in assenza di essi) è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno». Lo stesso articolo prevede il superamento


Pag. 23652

del ricovero in istituto entro il 31 dicembre 2006 mediante inserimento in comunità di tipo familiare; conclusivamente l'articolo 70 della legge n. 184 (modificato nel 2001) prevede espressamente che: «I pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio che omettono di riferire alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio, sono puniti per rifiuto di atti di ufficio». L'articolo 7 della Convenzione sulla protezione del fanciullo (legge n. 176 del 1991) prevede che «egli è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi»; gli articoli 3 e l'articolo 9 della Convenzione ribadiscono «...con carattere di priorità, il superiore interesse del fanciullo...» ed in tale ambito prevedono la separazione dai genitori se questa è necessaria. La Convenzione n. 182 dell'OIL infine esige interventi da adottare con «procedura d'urgenza» per tutelare i minori;
è legittimo domandarsi, pertanto, se le leggi ci sono, le risorse ci sono e gli operatori sono tanti e preparati, cosa non funziona. Alcuni lumi vengono dalla relazione sull'infanzia in stato di abbandono che la Commissione infanzia ha approvato nel novembre 2005; in essa, dichiarato che l'interesse primario del fanciullo è il ricongiungimento familiare ed in second'ordine il collocamento in luogo sicuro e l'avvio di procedure di affidamento, si stabilisce che ai minori stranieri non accompagnati spetta un permesso di soggiorno per minore età, un'iscrizione anagrafica (sia pure con riserva), il diritto allo studio ed ai trattamenti sanitari. La strozzatura importante si verifica presso il Comitato minori stranieri, cioè l'organo che raccoglie le segnalazioni, che gestisce solo i soggetti di cui è certa l'identità, una assoluta minoranza (il 16 per cento del totale nel 2002, l'11 per cento nel 2003, il 27 per cento nel 2004). Infine, considerato correttamente che i minori «non accompagnati» sono spesso «male accompagnati» e che «l'azione repressiva contro gli sfruttatori non sempre fornisce risposte adeguate per le vittime»; la Commissione fornisce alcune preziose indicazioni: di applicare in modo «costante e capillare» la normativa esistente; di battersi fortemente per il rispetto dell'obbligo scolastico; di gestire il fenomeno in modo meno burocratico in particolare per quel che riguarda la concessione dei permessi di soggiorno; di accelerare le procedure per la dichiarazione giudiziaria di abbandono di minore sulla base della condizione di inidoneità della figura genitoriale, cui consegue il danno alla crescita; di perseguire esperienze quali quella dei «maestri di strada» per i minori Rom o del Centro per il contrasto della mendicità infantile del comune di Roma;
conclusivamente per i firmatari del presente atto di indirizzo la questione si riduce a tre questioni fondamentali:
1) l'esercizio del concetto di solidarietà in un regime di limitate risorse economiche. È chiaro essa dovrebbe essere la più ampia possibile, purtroppo è altrettanto chiaro che non basta per tutti. Le risorse disponibili vanno quindi indirizzate verso le situazioni di maggior bisogno: tra l'intervenire per alleviare il «disagio dell'agio» o salvare dei bimbi dall'accattonaggio la scelta è evidente. Però a quanto pare occorre un'indicazione del Parlamento;
2) una definizione di famiglia che consenta agli operatori di capire in quali situazioni ci si trova di fronte ad una «non famiglia». Le norme dimostrano che l'interesse prevalente è quello del minore. La loro applicazione rivela che gli sforzi compiuti si concentrano verso l'integrità familiare. Ma così facendo sono stati abbandonati migliaia di bambini ai mendicanti professionali, ai delinquenti professionali e persino a dubbi affidatari senza documenti;
3) la necessità di definire le identità personali. Interi gruppi sociali hanno


Pag. 23653

compreso che nelle società strutturate è meglio non avere identità, né fissa dimora. Il Comitato minori stranieri non opera se il minore non ha i documenti. E la mancanza di documenti consente di maneggiare la «merce» minorenne con grande facilità. Considerata l'età evolutiva e la sussistenza di dichiarazioni di patria potestà non suffragate da alcun documento, l'identificazione deve essere approfondita, cioè mediante rilevazione di dati certi ed immodificabili quali l'esame del DNA. L'appellarsi alla privacy del minore, secondo i firmatari del presente atto rischia di venire incontro ad desiderata degli sfruttatori;

impegna il Governo:

ad impartire direttive per la puntuale applicazione da parte della Pubblica amministrazione e degli operatori delle vigenti norme in materia di tutela dei minori, chiarendo agli stessi la necessità di agire obbligatoriamente e senza indugio in ogni situazione di rischio;
ad adottare iniziative normative volte ad accelerare le procedure di affido e ad ampliare la platea dei soggetti che possono adottare temporaneamente o definitivamente i minori a rischio, eventualmente valutando la possibilità di dare l'affidamento a persone anziane o single, salve le garanzie richieste, nonché a costituire presso il Ministero della giustizia, una banca dati che raccolga le indicazioni sui minori dichiarati adottabili e sui cittadini disponibili all'adozione, come previsto dall'articolo 40 della legge n. 149 del 2001;
ad adottare iniziative volte all'uniformazione delle informazioni raccolte dai Tribunali, dalle Forze dell'ordine, nonché da tutti gli altri organismi centrali e territoriali, sia in materia di contrasto alla devianza minorile, che di intervento in suo favore, anche mediante la creazione di un unico data-base presso l'osservatorio per i minori;
a farsi sollecito ed insistente promotore in sede europea di una normativa, di una attività di contrasto e di una raccolta di informazioni comune, eventualmente prevedendo la creazione di un apposito organismo UE;
a destinare le risorse finanziarie destinate ai minori a rischio esclusivamente verso le realtà di maggior bisogno, sulla base di un atto parlamentare annuale d'indirizzo;
a verificare la percorribilità dell'ipotesi di chiusura delle strutture per minori entro il 31 dicembre 2006, valutando la possibilità di affidarle al volontariato per i medesimi fini di tutela;
a valorizzare ed incentivare le esperienze che hanno consentito agli operatori specializzati di operare direttamente ed utilmente nelle situazioni di rischio, attivandosi per prevedere la formazione di equipes multidisciplinari composte da insegnanti, operatori sociali ed esperti per rilevare ed affrontare in modo più esaustivo le problematiche emergenti;
a sensibilizzare le comunità straniere sul problema dei minori a rischio originari della stessa area geografica, anche ai fini dell'individuazione di percorsi di affido a cittadini del medesimo Paese di origine.
(1-00515)
«Milanese, Burani Procaccini, Tarantino, Perrotta, Lavagnini, Angelino Alfano, Fallica, Savo, Mauro, Giudice, Fontanini, Fratta Pasini, Emerenzio Barbieri, Cossiga, Ercole, Aracu, Burtone, Lezza, Gazzara, Pittelli, Daniele Galli, Verro, Zuin, Parodi, Zanetta, Alfredo Vito, Leccisi, Scherini, Di Teodoro, Antonio Russo, Baldi, Palmieri, Campa, Azzolini, Licastro Scardino, Carlucci, Perlini, Marotta, Sandi, Lucchese, Lenna, Ferro».