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M)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
alla questione dei bambini disabili ridotti a componenti del mercato. Il problema cui dobbiamo rispondere è: le persone disabili che nascono in una famiglia sono una questione che riguarda solo quella famiglia o appartiene all'intera comunità? Chiedere un contributo per la retta alle famiglie significa non credere che sia l'intera società a doversene fare carico, con la fiscalità generale, per coprire economicamente le spese dei servizi. Non può essere la famiglia utente a dover contribuire perché usa un servizio. Le famiglie direttamente e personalmente coinvolte pagano già un ticket umano, sociale e d'amore incommensurabile -:
la regione Lombardia ha deliberato nel settembre 2003 il provvedimento «Linee di indirizzo per la definizione di nuove unità di offerta dell'area socio-sanitaria per le persone disabili gravi»;
nell'ottica deleteria della politica sanitaria, che separa nettamente e scriteriatamente l'assistenza dalla sanità, con questa delibera tutti i disabili gravi vengono riuniti in un'unica categoria da 0 a 65 anni di età. Viene previsto soltanto un anno di trattamento riabilitativo, dopo il quale si dovrà decidere se questo bambino o adulto ha ottenuto benefici e raggiunto risultati, altrimenti passerà dalla riabilitazione ai servizi assistenziali;
sino a ieri, inoltre, la retta per curare le persone disabili gravi era a totale carico dello Stato. Oggi i genitori devono fare una scelta: o tenere a casa i figli disabili, senza un minimo di aiuto, oppure avviarli in centri diurni di assistenza con l'onere di contribuire. Infatti, il sistema sanitario nazionale, con la nuova ripartizione dei costi, pagherebbe il 70 per cento delle rette di frequenza, mentre il restante 30 per cento ricadrebbe sulle famiglie degli utenti o, in alternativa, sui comuni di residenza. Le rette comprendono la copertura di un regime semi-residenziale con prestazioni diagnostiche, terapeutiche e socio-riabilitative per disabili gravi;
anche a Mantova alla «Casa del sole» di San Silvestro, che ospita bambini disabili gravi, questa delibera sta provocando un grandissimo disagio nelle oltre 150 famiglie che ne utilizzano i servizi, un senso di abbandono e lesione dei diritti fondamentali dei disabili, che va ben oltre la partecipazione di un qualche contributo;
sulla delibera, ci sono almeno tre questioni poste in modo sbagliato e non confortate da giustificazioni alcune:
a) separazione fra sanità e assistenza. Pure in quest'ottica gestionale è sbagliato non considerare i diversi fabbisogni legati alle diverse situazioni personali e familiari. Non distinguere le domande di cure ed assistenza in funzione dell'età, ma rispondere in modo uguale a tutti i disabili che vanno da zero a 65 anni, non ha alcuna giustificazione scientifica, anzi il contrario. Il disabile, specie in età evolutiva (come è il caso della «Casa del sole» di Mantova), ha assoluto bisogno di essere curato e non solo assistito;
se ritenga che a seguito della delibera della giunta regionale, di cui si è detta in premessa, nella regione Lombardia possano ritenersi garantiti i livelli essenziali di assistenza determinati dallo Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione.
(2-01088) «Ruggeri, Giovanni Bianchi, Gerardo Bianco, Bimbi, Boccia, Bottino, Burtone, Camo, Carbonella, Carra, Castagnetti, Colasio, Delbono, Duilio, Fioroni, Franceschini, Frigato, Gentiloni Silveri, Giachetti, Iannuzzi, Lettieri, Santino Adamo Loddo, Tonino Loddo, Loiero, Lusetti, Mantini, Marcora, Mattarella, Merlo, Monaco, Morgando, Mosella, Pasetto, Pinza, Piscitello, Realacci, Reduzzi, Rosato, Rusconi, Sinisi, Squeglia, Stradiotto, Volpini».
(1o marzo 2004)