Allegato B
Seduta n. 430 del 1/3/2004


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BENI E ATTIVITĄ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

RAISI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
è interesse di tutte le città moderne tutelare le proprie vestigia storiche e questa tutela non si può esplicare esclusivamente con il solo intervento materiale ma deve essere volta soprattutto all'attenta ed intelligente opera di conservazione funzionale e, ove fosse possibile anche per mezzo di una conservazione mussale. Inoltre la salvaguardia di un tale patrimonio non è solo un'occasione di riscoperta e di mantenimento delle proprie radici, ma anche la possibilità di caratterizzazione del proprio richiamo turistico, scelta che le città «murate» hanno nel tempo intelligentemente dimostrato;
mette conto rilevare che a cavallo del secolo - in più riprese e con ben altre mentalità ed obiettivi - sia stata abbattuta tutta la cinta muraria di Modena con un'azione che, se comprensibile con le finalità di allora, si è rivelata oggi una grande possibilità perduta per mantenere le proprie vestigia e i propri reperti storici;
è ormai stata acquisita da tutti l'esperienza che per gli edifici di rilevante importanza storica la miglior trasformazione possibile risulti essere quella a Museo e come anche la commistione tra diversi generi, si stia rivelando, con un uso intelligente dei mezzi oggi a disposizione, un importante risorsa per la collettività di riferimento;
con delibera n. 116855/2002 approvata dal comune di Modena si è stabilito di procedere ad una gara per la selezione ad evidenza pubblica per la concessione per un periodo di anni (otto + otto) della «Porta del Dongione» e dell'annessa parte della vicina Cittadella. In particolare nella delibera in questione, viene affermato che «...tale immobile costituisce un'importante


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monumento storico per la città, essendo l'ultima porzione esistente dell'antica cittadella di Modena e come, per tale importanza questo sia stato oggetto di un primo intervento di restauro da parte della Soprintendenza grazie al quale l'edificio è stato sapientemente recuperato nella sua struttura originale, consolidato e reso oggi accessibile...»;
atteso ancora come l'uso che viene autorizzato dall'amministrazione comunale per tale struttura di rilevantissima importanza sia perciò rivolto ad «...attività culturali, aggregative e d'intrattenimento...», formula quanto mai generica ma che in ogni caso lascia intravedere, per detto immobile, destinazioni ed usi difficilmente compatibili con l'importanza dell'edificio che, era a suo tempo, l'ingresso nel corpo di guardia principale della Fortezza modenese e che rappresenta, ad oggi, l'ultima vestigia di centinaia d'anni di una passata Storia cittadina;
preso atto di come nessuna distinzione d'utilizzo per l'area, nessuna demarcazione per gli ambienti e nessuna imposizione per specifiche attività venga però stabilita per i «fortunati» aggiudicatari nella succitata delibera;
rilevato come tutte le iniziative culturali, richiamate nella delibera 116855/2002 del comune di Modena, siano state lasciate, ad avviso dell'interrogante, all'improvvisazione o alla fantasia dei vincitori della prevista gara gratificati per di più, oltre che dall'incredibile libertà di manovra concessa loro, anche da ghiotte condizioni di partecipazione;
appurato ancora come nella «Porta del Dongione» tutti i lavori di consolidamento e di messa in accessibilità, per un importo ammontante ad alcuni milioni di euro, siano stati posti a carico della collettività sotto le spoglie delle Casse della Soprintendenza ai beni artistici e storici e come siano stati successivamente concessi ulteriori contributi per 819.748,28 euro per nuovi eventuali lavori di adeguamento oltre (sic!) a 4 anni di affitto gratuito, il tutto per dar vita, diversamente da quanto avvenuto in altre realtà culturali modenesi, ad un'opera, che appare all'interrogante, con chiare, e comprensibili finalità di lucro commerciale, come dimostra l'identità dei soggetti aggiudicatari;
vista la compartecipazione all'opera di risanamento conservativo della regione Emilia Romagna che con nota prot. 28685 del 9 febbraio 2002 ha comunicato al comune di Modena l'aggiudicazione di «...un contributo di 619.748,28 euro da erogarsi successivamente alla presentazione del progetto esecutivo delle opere da realizzare e a seguito di un accordo col comune stesso» sulla base della legge regionale n. 40 del 1o dicembre 1998 che prevede interventi a sostegno di recuperi e restauri di immobili di particolare valore storico culturale -:
se sia a conoscenza di quanto su esposto e quali siano, se esistono, gli estremi dell'autorizzazione con la quale la Soprintendenza ai beni artistici e storici di Modena e Reggio Emilia ha autorizzato l'allestimento, in questo importante edificio, delle attività che oggi vi si intendono svolgere;
se corrispondano al vero le voci che stigmatizzano il bando di cui sopra come indetto senza il preventivo vaglio ed il placet di accettazione per modalità e finalità d'utilizzo dalla Soprintendenza;
se siano plausibili i motivi che hanno permesso, ad avviso dell'interrogante, una sospetta quanto discutibile libertà d'utilizzo della struttura senza l'apposizione nel bando di aggiudicazione di alcun vincolo all'utilizzo dei vari ambienti presenti;
se l'utilizzazione per la quale è stato concesso l'immobile sia compatibile con la tutela dei relativi pregi storici;
quale risulti essere nei progetti depositati in Regione l'utilizzo specifico previsto per la grande Sala a volta di oltre 300 metri quadrati con il soffitto alto oltre 5 metri, anticamente sede del corpo di guardia, quale quello per la Cella in cui fu rinchiuso Ciro Menotti nei suoi ultimi


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giorni di vita terrena, quale quello per l'originale loggiato del piano superiore;
se risultino alla Sovrintendenza delle concessioni in affitto a privato da parte di amministrazioni locali di strutture monumentali di alto pregio, quali queste, e a quali condizioni le stesse siano state affidate in utilizzo.
(4-09117)

ABBONDANZIERI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la Villa fiorentina del trecento denominata il Sassetto in area Novoli è stata oggetto di un recupero a fini immobiliari;
la villa appartenente ai Sassetti presentava, un cortile quattrocentesco, una cappella ricca di pregevoli affreschi, e molte altre finiture di significativo pregio architettonico;
dopo decenni di degrado e abbandono un costruttore comprò la villa in oggetto con l'impegno di restaurarla frazionandola in 13 unità immobiliari;
questo intervento creò molte e positive aspettative anche per il fatto che avrebbe riportato agli antichi splendori un bene culturale che sembrava irrecuperabile;
il bene culturale era circondato da un parco di piante secolari oggi abbattute;
la villa, vincolata dal 1953 è stata oggetto di un progetto che risulta completamente disatteso quanto alla tutela architettonica poiché non sono state recuperate strutture architettoniche originali, ma asportati materiali lapidei, vecchi arredi, camini -:
se siano state impartite dalla Soprintendenza di Firenze indicazioni e prescrizioni sulle modalità di recupero di Villa Sassetto che dovevano essere rispettate dal costruttore;
se sia stata verificata dalla Soprintendenza stessa il loro preciso e puntuale rispetto nella esecuzione, volta a tutelare un bene storico e culturale vincolato dal 1953 nella città di Firenze.
(4-09121)