Allegato B
Seduta n. 427 del 24/2/2004


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GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro del


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lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
le prime conclusioni dei periti nominati dal magistrato e dagli indagati nell'ambito dell'inchiesta sul crollo della palazzina del «Museo del mare» di Genova, dove perse la vita il carpentiere di trent'anni Albert Kolgjegja, hanno stabilito che la concausa dell'incidente sarebbe il calcestruzzo delle solette, ovvero l'amalgama difettosa degli strati di cemento tra una gettata e l'altra;
secondo l'ipotesi del Professor Augusto Capecchi, consulente dell'Architetto Consuegra, una spiegazione al problema sopra detto potrebbe essere che il cemento provenisse da fabbricazioni diverse per cui la composizione poteva risultare differente tra una gettata e l'altra, tesi dimostrata anche dal colore diverso delle gettate stesse;
sarebbe emersa, infine, una ulteriore notizia secondo cui l'ingegnere spagnolo Jesus Jimenez Canas, autore del progetto strutturale al centro dell'inchiesta, non sarebbe abilitato a lavorare in Italia per la mancanza di un'autorizzazione ministeriale -:
ferme restando le competenze della commissione di consulenti nominati per fare chiarezza sul crollo dell'8 novembre 2003, se corrisponde al vero che l'ingegner Canas non è abilitato ad operare sul territorio nazionale;
quale sia stato l'esito dell'inchiesta disposta dal Ministro Maroni, a seguito del grave incidente.
(2-01083)
«Bornacin, Airaghi, Alboni, Armani, Briguglio, Butti, Canelli, Cannella, Castellani, Catanoso, Cirielli, Cristaldi, Foti, Gamba, Garnero Santanchè, Ghiglia, La Starza, Lamorte, Landolfi, Gianni Mancuso, Luigi Martini, Menia, Migliori, Angela Napoli, Antonio Pepe, Raisi, Saglia, Saia, Strano, Taglialatela, Carrara, Giorgio Conte, Geraci, Losurdo, Maggi, Meroi, Onnis, Porcu, Ramponi, Riccio, Scalia».

Interrogazioni a risposta immediata:

EMERENZIO BARBIERI - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il dottor Gioacchino Genchi, vice questore a Palermo in aspettativa dal 1998, è da oltre quindici anni consulente informatico di diverse procure italiane impegnate nelle più importanti indagini di mafia e criminalità organizzata;
il Genchi è coniugato con Tanje Hmeliak, già pubblico ministero a Palermo ed oggi giudice del tribunale di Palermo;
attraverso le sue consulenze, svolte a nome della società C.s.i. s.r.l. con sede e Palermo, di cui detiene il 95 per cento delle quote, il Genchi avrebbe tracciato, grazie al controllo di quasi due miliardi di conversazioni, una mappa articolata della criminalità organizzata in Sicilia, in Calabria e nel Nord Italia;
grazie alla sua attività, il Genchi potrebbe essere in possesso di un archivio di dati relativo ai contatti telefonici superiore persino a quello del ministero dell'interno;
nel corso dei processi palermitani il Genchi, rispondendo alle domande di pubblici ministeri, avrebbe espresso considerazioni tutt'altro che tecniche sui motivi delle telefonate -:
quali elementi di conoscenza il Governo abbia al riguardo, se sia possibile che il dottor Gioacchino Genchi, in conseguenza della sua attività di consulenza, possa aver costruito un archivio dati, di cui può liberamente disporre indipendentemente dalle deleghe che riceve dai pubblici ministeri, e quali provvedimenti intenda adottare qualora risultasse quanto affermato in premessa.
(3-03108)


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CÈ, GUIDO GIUSEPPE ROSSI, DARIO GALLI, LUCIANO DUSSIN, BALLAMAN, BIANCHI CLERICI, BRICOLO, CAPARINI, DIDONÈ, GUIDO DUSSIN, ERCOLE, FONTANINI, GIBELLI, GIANCARLO GIORGETTI, LUSSANA, FRANCESCA MARTINI, PAGLIARINI, PAROLO, POLLEDRI, RIZZI, RODEGHIERO, SERGIO ROSSI, STUCCHI e VASCON. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il sistema giudiziario vigente è menomato da una serie di problematiche che rischiano di compromettere il rapporto dei cittadini con l'amministrazione della giustizia nelle aule dei tribunali;
una di queste problematiche, che contribuisce ad alimentare il malessere dei cittadini, è quella che riguarda l'emorragia di pubblico denaro attraverso il sistema delle consulenze tecniche che i pubblici ministeri sempre più frequentemente commissionano a soggetti esterni al potere giudiziario;
molti, infatti, sono i casi giudiziari in cui è emerso un uso non pienamente appropriato dello strumento delle consulenze tecniche;
tra i numerosi episodi, si ricorda, in particolare, la nota inchiesta cosiddetta di «assicuropoli» (procedimento iscritto al n. 1067/96/21 R.G. P.M. della procura della Repubblica presso il tribunale di Genova), in cui la maxi-consulenza commissionata dal pubblico ministero Francesco Pinto nel 1997 è stata addirittura oggetto di annullamento da parte del tribunale penale;
per cercare di far luce sull'intricatissima vicenda connessa all'accertamento dei reati di associazione per delinquere finalizzata a truffa ai danni di compagnie assicurative, che ha portato alla sbarra 52 imputati tra avvocati, medici, assicuratori ed altri, il pubblico ministero Francesco Pinto, infatti, ha commissionato ad un tecnico-informatico, coadiuvato da cinque collaboratori, una consulenza tecnica che consentisse di far fronte all'enorme mole di lavoro connessa allo svolgimento dell'inchiesta;
per il compimento di questa consulenza tecnica sono stati necessari due anni di lavoro, per cui solo nel gennaio 2000 si è potuto dare inizio al processo vero e proprio;
la consulenza commissionata dal pubblico ministero è costata all'erario statale oltre 700 milioni di vecchie lire, corrispondenti a circa 400 mila euro, che sono già stati pagati dallo Stato;
il costo molto elevato di tale consulenza ha finito per incidere in maniera rilevante sull'ammontare delle spese processuali che gli imputati avrebbero dovuto pagare in caso di condanna, tant'è che gli avvocati della difesa sono intervenuti nel gennaio 2002 per presentare ricorso contro la parcella eccessivamente cara commissionata dal pubblico ministero per la consulenza tecnica;
la difesa ha contestato il fatto che la notificazione alle parti dell'avvenuta liquidazione delle parcelle a favore del consulente tecnico fosse avvenuta con anni di ritardo, quando ormai per la difesa non era più possibile mettere in atto strategie alternative, quale quella del patteggiamento;
il ricorso degli avvocati della difesa ha trovato accoglimento presso la seconda sezione del tribunale penale, che ha praticamente annullato la consulenza ordinata dal pubblico ministero Pinto;
la decisione del tribunale di Genova è stata di recente confermata anche dalla Corte di Cassazione, che ha sostenuto che per la perizia ordinata dal pubblico ministero Francesco Pinto si sarebbe dovuto spendere il dieci per cento di quello che invece si è speso;
l'argomentazione addotta dal tribunale penale è quella per cui tale consulenza, giudicata troppo cara ed eccessivamente ampia, non sarebbe stata necessaria all'istruttoria del procedimento;


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secondo il tribunale penale, il consulente tecnico avrebbe svolto dei compiti che non erano suoi, ovvero compiti che non potevano essere attribuiti ad un consulente esterno, ma che avrebbero dovuto essere svolti direttamente dal pubblico ministero;
pertanto, la maggior parte delle voci della parcella sono risultate non liquidabili, mentre per quelle riconosciute tali la parcella avrebbe dovuto aggirarsi attorno agli ottanta milioni di vecchie lire;
il dispositivo del tribunale evidenzia, pertanto, come l'errore giudiziario si sia fondato non su un calcolo erroneo del corrispettivo dovuto al consulente tecnico, ma su uno sbaglio ben più grave, corrispondente all'esternalizzazione di funzioni che solo il magistrato in prima persona avrebbe dovuto svolgere;
permangono, peraltro, alcuni dubbi sul sistema messo in atto dal consulente tecnico per illustrare i movimenti ed i meccanismi dell'intricatissima vicenda, dal momento che tale sistema, attraverso un meccanismo virtuoso, sembrerebbe aver prodotto risultati falsati;
secondo gli interroganti, l'annullamento di questa consulenza tecnica rischia di incidere in maniera rilevante sull'esito dell'inchiesta: il pericolo è, infatti, che la sentenza del tribunale penale possa portare addirittura all'annullamento del processo in corso, cancellando così il lavoro di cinque anni, con grave menomazione della certezza del diritto, sia nei confronti degli imputati che nei confronti della parte lesa;
numerose perplessità rimangono, peraltro, sulle modalità con cui lo Stato potrà recuperare i soldi corrisposti attraverso i dodici decreti di liquidazione, nel caso in cui il consulente tecnico decidesse di non volerli restituire;
il caso in esame evidenzia una situazione di grave compromissione della certezza delle procedure processuali, nel momento in cui, ad avviso degli interroganti, a causa dell'estrema discrezionalità riconosciuta ai pubblici ministeri nell'affidamento delle consulenze esterne, rischia di essere rimesso in discussione l'intero lavoro svolto, sia nella fase istruttoria che in quella dibattimentale;
un altro caso in cui è emerso un uso non appropriato delle consulenze tecniche è quello relativo al processo n. 9477/00 R.G. not. Reato (92/01 R.G. G.I.P. del tribunale di Genova), che riguardava la falsità di una serie di autentiche di firme di elettori effettuate da addetti alle cancellerie del tribunale, in occasione della presentazione delle liste alle elezioni comunali di Genova dell'autunno 1997;
l'indagine è partita da un esposto dell'ottobre 1997 ed ha riguardato la verifica di migliaia e migliaia di firme, delle quali circa 2.000 sarebbero risultate apocrife;
il reato contestato dal pubblico ministero era quello di falso ideologico in atto pubblico commesso da pubblico ufficiale (ex articolo 479 del codice penale), sebbene la giurisprudenza costante della Corte di Cassazione prevedesse l'applicazione della fattispecie di cui all'articolo 90 del decreto del Presidente della Repubblica. n. 570 del 1960, che costituisce norma speciale rispetto a quella generale di cui all'articolo 479 del codice penale;
per tale reato, l'articolo 100 del decreto del Presidente della Repubblica. n. 570 del 1960 prevede una prescrizione di due anni;
al momento dell'iscrizione degli indagati nel relativo registro, il reato contestato era, di fatto, già prescritto;
nel corso delle indagini, nonostante la prescrizione fosse se non già maturata comunque ineluttabile, il pubblico ministero ha commissionato una consulenza tecnica di parte, nomimando tre diversi consulenti grafologici, cui ha dato incarico di verificare tutte le firme oggetto di sospetto;
tale consulenza, che ha comportato un esborso monetario non indifferente a carico dell'erario statale, si è rivelata del tutto irrilevante ai fini dell'esito del processo, in


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quanto la conclusione del giudice per le indagini preliminari è stata nel senso della prescrizione del reato contestato -:
quali iniziative normative il Ministro interrogato intenda adottare per limitare e regolare l'ampia discrezionalità dei pubblici ministeri in relazione all'affidamento di consulenze tecniche, che spesso comportano costi molto elevati per l'erario statale e determinano l'esternalizzazione di funzioni proprie dei magistrati, nonché per regolare situazioni, quale quella dell'inchiesta «assicuropoli», in cui l'invalidazione di consulenze tecniche esterne, ritenute inappropriate al caso, rischia di incidere in maniera rilevante sull'esito dell'indagine.
(3-03109)

Interrogazione a risposta orale:

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è tornato in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare il signor Ivan Speciari, di anni 29, di Settimo Torinese, sottoposto a procedimento penale con l'accusa di avere ucciso a calci ed a pugni un tossicodipendente nella città di Livorno;
il signor Speciari si era costituito ai Carabinieri lo scorso 18 luglio 2003, due giorni dopo il fatto delittuoso commesso in danno di Andrea Filippini, di anni 45, aggredito ed ucciso nel porto Mediceo;
il giovane torinese aveva incontrato l'uomo durante le vacanze e confessò di averlo colpito per punizione in quanto era stato dalla vittima incolpato del furto di una somma di denaro;
inizialmente era stato contestato al signor Speciari il reato di omicidio volontario ma successivamente il reato era stato derubricato nel reato meno grave di omicidio preterintenzionale;
i termini di custodia cautelare sono scaduti senza che la Procura della Repubblica abbia ancora inoltrato la richiesta di rinvio a giudizio;
agli occhi della pubblica opinione la delegittimazione della magistratura non avviene per gli scontri con il potere politico, ma per fatti come quello oggetto della presente interrogazione -:
quali siano le ragioni che non hanno consentito alla Procura della Repubblica di Livorno di richiedere, prima della decorrenza dei termini di custodia cautelare, il rinvio a giudizio del signor Ivan Speciari che, ancorché con un reato tecnicamente derubricato ha confessato di aver commesso un delitto bestiale per motivi assolutamente futili.
(3-03106)

Interrogazioni a risposta scritta:

BULGARELLI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 10 febbraio 2004 è stato arrestato in Francia il cittadino italiano Cesare Battisti, esule in Francia dal 1991 perché condannato in Italia per reati di terrorismo commessi negli anni settanta; il 29 maggio 1991 la Chambre d'Accusation aveva dato parere sfavorevole all'estradizione del Battisti, conformemente all'applicazione della cosiddetta «dottrina Mitterand», in base alla quale sono state rifiutate negli anni tutte le richieste di estradizione inoltrate dall'Italia per la numerosa comunità di esuli residente in Francia fin dagli anni ottanta;
secondo il quotidiano francese «Liberation», tuttavia, l'arresto di Battisti potrebbe portare alla sua estradizione in virtù di «nuovi accordi in corso tra il ministro della giustizia francese e quello italiano» -:
quale sia la natura di tali accordi e se essi prevedano una revisione della «dottrina Mitterand», che aveva garantito fino ad oggi la permanenza sul suolo


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francese di esuli politici italiani che - come nel caso di Cesare Battisti, sposato a una cittadina francese, padre di due figlie e titolare di un permesso di soggiorno fin dal 1997 - avevano rotto ogni rapporto con la lotta armata e si erano inseriti a pieno titolo nella vita pubblica.
(4-09059)

OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel nostro Paese non esiste una legislazione che tuteli in modo adeguato le vittime dei fallimenti immobiliari, i quali sono caratterizzati da procedure che durano anni ed anche più;
negli ultimi dieci anni sono state circa duecentomila le famiglie che hanno subito l'amaro destino di veder fallita o posta in liquidazione coatta, con conseguente dichiarazione di insolvenza l'impresa o la cooperativa alla quale si erano affidate per la costruzione della loro casa;
fino ad oggi il mercato edilizio è stato terreno di azione anche di soggetti spregiudicati che hanno speculato sul legittimo desiderio di chi, a prezzo di grandi sacrifici, vuole farsi una casa di proprietà;
lo Stato deve apprestare tutti gli strumenti giuridici atti a tutelare i propri cittadini onde evitare, in questo caso in particolare, che il numero delle vittime dei fallimenti immobiliari aumenti -:
quali iniziative normative il Governo intenda adottare per risolvere i problemi sopra esposti.
(4-09060)