La Camera,
premesso che:
il disegno di legge n. 3184 con le proposte di legge abbinate, aventi ad oggetto norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI - radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione, approvati in un testo unificato dalla Camera e successivamente approvato definitivamente dal Senato il 2 dicembre 2003, è stato rimesso alle Camere, a norma dell'articolo 74, primo comma, della Costituzione, per una nuova deliberazione, con messaggio del Presidente della Repubblica del 15 dicembre 2003;
a seguito del rinvio la legge in oggetto, con modifiche, è all'esame dell'Aula con l'Atto Camera 310-E;
il Presidente della Repubblica, con il messaggio indicato, ha chiesto una nuova deliberazione sulla legge, sottolineando la necessità della sua compatibilità con la sentenza della Corte Costituzionale n. 466 del 20 novembre 2002 , per la quale la situazione di fatto esistente «non garantisce l'attuazione del principio del pluralismo informativo esterno, che rappresenta uno degli »imperativi« ineludibili emergenti dalla giurisprudenza costituzionale in materia», di modo che dalla sentenza discende «che, per poter considerare maturate le condizioni del diverso futuro assetto derivante dall'espansione della tecnica di trasmissione digitale terrestre e, quindi, per poter giudicare superabile il limite temporale fissato nel dispositivo, deve necessariamente ricorrere la condizione che sia intervenuto un effettivo arricchimento del pluralismo derivante da tale espansione»;
il Presidente della Repubblica, nel messaggio alle Camere, ha altresì richiamato la sentenza della Corte Costituzionale n. 826 del 1988, per la quale costituisce un imperativo la necessità di garantire «il massimo di pluralismo esterno, onde soddisfare, attraverso una pluralità di voci concorrenti, il diritto del cittadino all'informazione» e la sentenza n. 420 del 1994, per la quale è indispensabile l'adozione di «un'idonea disciplina che prevenga la formazione di posizioni dominanti»;
la normativa comunitaria in materia di comunicazione elettronica, cui deve
uniformarsi la legislazione nazionale, nel dettare la disciplina organica dell'intero settore delle comunicazioni, ha previsto che l'allocazione e l'assegnazione delle frequenze siano fondate su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionali (direttiva quadro 2002/21/CE, articolo 9; direttiva autorizzazioni 2002/20/CE, articolo 7; direttiva concorrenza 2002/77/CE, articolo 4);
l'Atto Camera in oggetto si pone in contrasto con i principi costituzionali sanciti dagli articoli 21 e 41 della Costituzione, ribaditi costantemente dalla Corte Costituzionale, oltre che con la normativa comunitaria, nelle parti in cui non garantisce il pluralismo e la concorrenza;
in particolare, l'articolo 23, comma 5, nel prevedere che la licenza di operatore di rete sia rilasciata su domanda ai soggetti che esercitano legittimamente l'attività televisiva e sulla base di un generale assentimento, realizza un meccanismo - così come previsto dallo stesso comma 1 dell'articolo 23, che assegna le frequenze agli attuali operatori televisivi in tecnica analogica e, nello stesso tempo, consente agli stessi di ottenere a richiesta le licenze e le autorizzazioni per avviare le trasmissioni in tecnica digitale terrestre - il cui risultato è quello di bloccare ulteriormente l'attuale assetto duopolistico del settore, pregiudicando anche il futuro sviluppo della tecnica di trasmissione digitale;
in sostanza il meccanismo legislativo delineato, lungi da costituire, secondo le indicazioni della Corte Costituzionale richiamate nel messaggio presidenziale, la condizione per costituire l'arricchimento del pluralismo prima del futuro assetto derivante dall'espansione della tecnica di trasmissione digitale terrestre, non solo solidifica e rende irreversibile l'attuale duopolio, ma pregiudica le stesse possibilità di pluralismo affidate alla tecnica digitale futura;
la cristallizzazione della attuale situazione di fatto, negatrice del pluralismo e della concorrenza, e la prospettiva che ne consegue di consolidamento del duopolio, anche nel futuro, si pongono altresì in palese violazione delle richiamate direttive comunitarie, che prescrivono appunto, per il conferimento delle frequenze delle licenze e delle autorizzazioni, criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori, proporzionati e soprattutto idonei ad impedire le posizioni di fatto di monopolio e duopolio;
anche con le modifiche apportate agli articoli 2 e 15, il cosiddetto «sistema integrato delle comunicazioni», nel comprendere più mercati tra loro eterogenei ed in parte neppure contigui, costituisce un aggregato di prodotti e di servizi di natura diversa, non suscettibile di valutazione o di obiettivo anti-trust: in particolare in tale aggregato non potrà mai identificarsi un mercato rilevante, così come inteso dalla consolidata giurisprudenza nazionale e comunitaria (per la quale il mercato rilevante comprende tutti quei prodotti o servizi che siano sostituibili non soltanto in termini di caratteristiche tecnologiche, ma soprattutto in relazione alla loro capacità di soddisfare, allo stesso modo, le preferenze dei consumatori);
di conseguenza non si potrà mai accertare in capo ad un soggetto l'effettiva costituzione di una posizione dominante e, dunque, la disposizione di cui all'articolo 15, con il limite dei ricavi non superiori al venti per cento dei ricavi complessivi del settore integrato della comunicazione, inserita a tutela del mercato e della concorrenza, ancora una volta, non garantisce né pluralismo né concorrenza;
del tutto inutile, ai fini della garanzia del pluralismo e della tutela della concorrenza, è la riaffermazione del divieto di costituzione di posizioni dominanti nei singoli mercati che compongono il sistema integrato delle comunicazioni, di cui al comma 2 dell'articolo 15, poiché il successivo comma 5 e infine 1'articolo 28, comma 1, lettera f), svuotano di contenuto la tutela che si afferma di realizzare: l'uno infatti sopprime l'inciso dell'articolo 2, comma 7, primo periodo, della legge 31
luglio 1997 n. 249, ove si fa riferimento ai criteri per l'accertamento delle posizioni dominanti, l'altro sopprime direttamente l'articolo 2, commi 1 e 8, della stessa legge, laddove si sancisce appunto il divieto di posizioni dominanti;
l'intrigo legislativo in sostanza, da una parte è apparente riaffermazione del divieto di posizione dominante, dall'altra, nel sopprimere i criteri per l'accertamento e il divieto stesso di posizioni dominanti, impedisce all'Autorità garante delle comunicazioni l'esercizio concreto dei poteri in tema di prevenzione e rimozione di queste posizioni;
l'articolo 25, comma 4, inoltre, ai fini dell'accertamento del rispetto delle condizioni dettate per la complessiva offerta dei programmi televisivi digitali terrestri, rinvia, per l'adozione dei provvedimenti da parte dell'Autorità garante, all'articolo 2, comma 7, della legge 31 luglio 1997, n. 249, il quale prevede testualmente che «in ogni caso le disposizioni relative ai limiti di concentrazione di cui al presente articolo si applicano in sede di rilascio ovvero di rinnovo delle concessioni e delle autorizzazioni» e dunque, poiché il tempo per il rilascio o per il rinnovo assorbe tutto l'anno 2004 e parte del 2005, è del tutto evidente la conservazione dell'attuale situazione di violazione del pluralismo e della concorrenza, realizzando una ulteriore proroga dello stato di fatto del tutto elusivo delle pronunce della Corte Costituzionale,
di non procedere all'esame del testo unificato dei progetti di legge n. 310-E ed abbinati.
n. 2. Violante, Castagnetti, Boato, Giordano, Cusumano, Pecoraro Scanio, Intini, Rizzo, Soda, Rognoni, Panattoni, Grignaffini, Duca, Giulietti, Maccanico, Cardinale, Rosato, Colasio, Pasetto, Gentiloni Silveri, Russo Spena, Mascia, Titti De Simone, Pisapia, Deiana, Bulgarelli.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge n. 3184 e le proposte di legge abbinate, aventi ad oggetto norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI - radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione, approvati in un testo unificato dalla Camera e successivamente approvato definitivamente dal Senato il 2 dicembre 2003, è stato rimesso alle Camere, a norma dell'articolo 74, primo comma, della Costituzione, per una nuova deliberazione, con messaggio del Presidente della Repubblica del 15 dicembre 2003;
il Presidente della Repubblica, nel messaggio alle Camere, ha fatto riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 826 del 1988, per la quale costituisce un obbligo la necessità di garantire «il massimo di pluralismo esterno, onde soddisfare, attraverso una pluralità di voci concorrenti, il diritto del cittadino all'informazione» e la sentenza n. 420 del 1994 per la quale è necessaria l'adozione di «un'idonea disciplina che prevenga la formazione di posizioni dominanti»;
il Presidente della Repubblica, con tale atto, ha inoltre chiesto la riformulazione della legge, sottolineando la necessità della sua compatibilità con la sentenza della Corte Costituzionale n. 466 del 20 novembre 2002, per la quale la situazione di fatto esistente «non garantisce l'attuazione del principio del pluralismo informativo esterno, che rappresenta uno degli »imperativi« ineludibili emergenti dalla giurisprudenza costituzionale in materia», di modo che dalla sentenza discende «che, per poter considerare maturate le condizioni del diverso futuro assetto derivante dall'espansione della tecnica di trasmissione digitale terrestre e, quindi, per poter giudicare superabile il limite temporale fissato nel dispositivo, deve necessariamente ricorrere la condizione che sia intervenuto un effettivo arricchimento del pluralismo derivante da tale espansione»;
l'Atto Camera che viene proposto si pone in contrasto con i principi costituzionali degli articoli 21 e 41 della Costituzione, ribaditi costantemente dalla Corte costituzionale, oltre che con la normativa comunitaria, nelle parti in cui non garantisce il pluralismo e la concorrenza;
con le modifiche apportate agli articoli 2 e 15, il cosiddetto «sistema integrato delle comunicazioni», nel definire più mercati tra loro diversi ed in parte neppure vicini, costituisce un concentrato di prodotti e di servizi di natura diversa, che sfugge a qualsiasi valutazione anti-trust. Tale concentrato non potrà mai identificare un mercato rilevante, così come si intende dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria. Così non si potrà mai accertare la effettiva costituzione di una posizione dominante e la disposizione di cui all'articolo 15, con il limite dei ricavi non superiori al venti per cento dei ricavi complessivi del settore integrato della comunicazione, inserita a tutela del mercato e della concorrenza, ancora una volta, non garantisce né pluralismo né concorrenza,
di non procedere all'esame del testo unificato dei progetti di legge n. 310-E ed abbinati.
n. 3. Giordano, Violante, Castagnetti, Boato, Cusumano, Pecoraro Scanio, Intini, Rizzo, Russo Spena, Mascia, Titti De Simone, Pisapia, Deiana, Soda, Rognoni, Panattoni, Grignaffini, Duca, Giulietti, Maccanico, Cardinale, Rosato, Colasio, Pasetto, Gentiloni Silveri, Bulgarelli.
La Camera,
premesso che:
il messaggio del Presidente della Repubblica, con cui il 15 dicembre 2003, ai sensi dell'articolo 74 della Costituzione, è stato rimesso alle Camere il disegno di legge n. 3184 con le proposte di legge abbinate, approvati, in un testo unificato, ha richiesto una nuova deliberazione in correlazione, vincolante, alla sentenza della Corte Costituzionale n. 466 del 20 novembre 2002 e alla sentenza della Corte Costituzionale n. 826 del 1988;
i profili che hanno motivato il rinvio alle Camere del testo unificato indicano gravi incompatibilità delle disposizioni in esso contenute con i principi della giurisprudenza costituzionale, incompatibilità che permangono nel testo in esame;
nel messaggio del 15 dicembre 2003 il Presidente della Repubblica, come già affermato nel messaggio alle Camere del 23 luglio 2002, ha ribadito il principio del pluralismo come valore costituzionale essenziale e preminente, in riferimento agli articoli 21 e 41 della Costituzione che informano e qualificano il principio di concessione delle frequenze nel sistema televisivo;
i principi costituzionali fissati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale riconoscono- come è stato nella sentenza della Corte costituzionale n. 826 del 1988 - che una nuova disciplina normativa non possa ritenere garantito il principio del pluralismo qualora tuteli prevalentemente gli equilibri già consolidati nel sistema televisivo e delle comunicazioni fra polo pubblico e polo privato;
in ordine alle risorse ed alle disposizioni in materia pubblicitaria, la ridefinizione dei ricavi e l'ulteriore definizione del sistema integrato delle comunicazioni non corrispondono ai criteri con cui è stata qualificata, nel messaggio del Presidente della Repubblica, la richiesta di una nuova deliberazione in ordine alla formazione di posizioni dominanti ed al principio di omogeneità che informa le direttive comunitarie in materia;
le disposizioni del provvedimento in esame confliggono con le direttive comunitarie (la direttiva 2002/21/CE e le quattro direttive conseguenti) relative al nuovo quadro normativo per le reti e i servizi di comunicazione elettronica, in particolare in ordine all'individuazione dei
mercati rilevanti di prodotti e servizi e di imprese che dispongano di un «significativo potere di mercato», secondo la definizione di cui all'articolo 14, paragrafo 2, della direttiva sopra citata;
tali principi di trasparenza e di equilibrio restano disattesi, nel provvedimento in esame, in riferimento alla concentrazione di mezzi finanziari nel sistema televisivo, ai poteri di accertamento e di divieto attribuiti all'Autorità di garanzia nelle comunicazioni in ordine a posizioni lesive dei principi di trasparenza e concorrenza nell'assetto del sistema televisivo conseguentemente allo sviluppo della tecnica e delle reti di trasmissione digitale terrestre, che, secondo le modalità previste nel provvedimento, presenta gravi ostacoli strutturali all'accesso di nuovi soggetti, al di là della cessazione del regime transitorio;
nel provvedimento in esame restano sostanzialmente inosservati i rilievi del Presidente della Repubblica in merito alle disposizioni relative al problema della raccolta pubblicitaria ed ai vincoli costituzionali di tutela delle fonti di finanziamento della stampa, richiamati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 231 del 1985;
in particolare, nella sentenza n. 231 del 1985 la Corte ha qualificato l'introduzione di limiti al controllo del mercato e delle risorse del mercato pubblicitario, con «il fine di utilità sociale cui è vincolata la discrezionalità legislativa in materia»,
di non procedere all'esame del testo unificato dei progetti di legge n. 310-E ed abbinati.
n. 4. Boato, Violante, Castagnetti, Giordano, Cusumano, Rizzo, Intini, Pecoraro Scanio, Soda, Bulgarelli, Rognoni, Mastella, Di Gioia, Panattoni, Grignaffini, Duca, Giulietti, Maccanico, Cardinale, Rosato, Colasio, Pasetto, Gentiloni Silveri, Acquarone, Russo Spena, Mascia, Titti De Simone, Pisapia, Deiana, Mazzuca Poggiolini, Damiani, Collè.