Allegato A
Seduta n. 413 del 27/1/2004


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(Sezione 5 - Misure a tutela degli utenti della telefonia fissa)

E)

CAPARINI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
i tabulati telefonici di Telecom Italia dovrebbero riportare il dettaglio delle chiamate relative ad una certa utenza, in quanto sono fondamentali per computare la spesa effettuata, e dovrebbero servire anche al fine di risolvere le controversie sulle bollette telefoniche;
c'è un vero e proprio «boom di denunce» da parte degli utenti di Telecom Italia, «un fiume di denunce per l'attivazione di servizi a pagamento non richiesti e addebiti anomali in bolletta» (Il Sole-24 ore, 26 gennaio 2003). Per tacere delle controversie mai risolte che ormai si trascinano da anni;
è di alcuni mesi fa l'ennesimo caso di bollette con un numero di telefonate superiore a quelle effettuate. A San Pietro Viminario, comune di 2.400 abitanti in provincia di Padova, centinaia di persone hanno segnalato al sindaco, Arnaldo Anziutti, casi di bolletta Telecom Italia in cui sono stati impropriamente addebitate telefonate che si riferiscono a numeri a tariffazione elevata, con prefisso 166 e 899, relativi a servizi cosiddetti «aggiuntivi» rispetto al pubblico servizio telefonico e mai richiesti dagli abbonati. Il sindaco provvede ad informare i carabinieri;
tra i casi di importi superiori alla norma per telefonate non effettuate c'è quello di una signora che traslocando ha portato con sé l'apparecchio telefonico. La vecchia abitazione è chiusa a chiave, l'apparecchio telefonico non c'è più, ma in bolletta le vengono addebitate chiamate a 166 e 899. L'assistenza Telecom le dà una singolare quanto mai fantasiosa spiegazione: sarà entrato un ladro. Un ladro assai bizzarro, che alla signora non ha rubato nulla, ad eccezione delle telefonate: l'abitazione è, infatti, rimasta chiusa, tutte le cose sono al loro posto e non ci sono segni di infrazione;
l'ufficio comunale del sindaco in pochi giorni è stato sommerso dalla segnalazione di bollette «gonfiate», delle quali Telecom Italia pretende il pagamento. Per lo più le chiamate risultano effettuate nella fascia oraria tra le 16.30 e le 17.30 di giorni diversi. La maggior parte dei cittadini di San Pietro non si era mai resa conto della gravità del problema, in quanto gli importi anomali si aggiravano intorno ai 25-30 euro; solo in pochi casi le somme toccavano i 300 o i 400 euro. I più avevano semplicemente supposto fosse aumentato il costo delle telefonate «normali». Lo stesso sindaco Anziutti scopre che in una bolletta relativa alla propria utenza in un certo giorno sono segnate cinque chiamate a numeri 899, con un addebito di 5 euro a telefonata più Iva, che risulterebbero effettuate tra le 17.31 e le 17.33. Le telefonate hanno una durata di 10 secondi l'una: è materialmente impossibile fare tante chiamate di quel tipo in così poco tempo;
le bollette gonfiate sono state recapitate a famiglie e aziende, ma toccano anche le linee telefoniche del municipio, della biblioteca comunale e delle scuole elementare e media. Perfino la linea fax della farmacia municipale ha addebitato chiamate a 166 e 899 oppure l'utenza del campo sportivo: non c'è nessun telefono in quel locale, è stato rubato alcuni mesi fa, ma in bolletta compaiono gli addebiti per i numeri «speciali»;
dopo la denuncia ai carabinieri il sindaco di San Pietro Viminario contatta il 187, il servizio clienti di Telecom Italia, che non fornisce adeguata assistenza, ammonendo che il mancato pagamento delle


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bollette comporterà la rescissione del contratto. Alle successive richieste di un contatto con dirigenti responsabili dell'azienda, l'operatore del 187 si limita ad un laconico: «Ho preso nota; le faremo sapere». Anziutti non è mai stato richiamato. Analogo deludente esito ha registrato la raccomandata con avviso di ricevimento di febbraio 2003 al dirigente Telecom di Mestre, di cui, peraltro, il 187 non fornisce il nominativo;
simile comportamento gli operatori del 187 l'hanno tenuto nei confronti degli altri utenti danneggiati, tra i quali ottantenni che non sono neppure in grado di fare il numero da soli e che tengono il telefono in casa solo per emergenza o, addirittura, hanno soltanto il telesoccorso abilitato;
le bollette del primo bimestre riportano nuove chiamate ai servizi aggiuntivi;
il 12 marzo 2003 Anziutti presenta un esposto alla procura della Repubblica del tribunale di Padova;
Telecom Italia, oltre a non aver fornito alcuna risposta al sindaco o a qualsiasi altro utente, non ha fornito i tabulati con la documentazione integrale delle chiamate, limitandosi alle bollette dettagliate con i numeri chiamati oscurati nelle ultime cifre, al fine di impedire di risalire ai beneficiari della truffa. Tutto ciò nonostante la legge sulla privacy e le pronunce del Garante per la protezione dei dati personali stabiliscano che, in caso di chiamate contestate, il gestore deve fornire i tabulati integrali;
parte dei guadagni generati da queste telefonate «fantasma» finisce nelle casse di Telecom Italia, che trattiene una percentuale fissa sui proventi dei numeri speciali, oltre alle somme derivanti dall'affitto delle linee 166, 899, 709. Questi numeri consentono l'accesso a servizi di carattere erotico, a prestazioni di maghi e di cartomanti o di «esperti» di numeri del lotto e simili. Tali prestazioni viaggiano sulla linea telefonica, ma non hanno nulla a che fare con il pubblico servizio - che è l'oggetto dell'abbonamento sottoscritta dall'utente con il gestore - e sono fornite da soggetti terzi, con i quali l'utente non ha firmato alcun contratto. Le norme sui contratti a distanza prevedono condizioni precise, che devono essere soddisfatte anche da chi vende beni o servizi via telefono. L'articolo 9 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, parla di forniture non richieste e afferma che: a) è vietata la fornitura di beni o servizi al consumatore in mancanza di una sua previa ordinazione nel caso in cui la fornitura comporti una richiesta di pagamento; b) il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta. In ogni caso, la mancata risposta non significa consenso. La legge prescrive, poi, che tali numerazioni debbano essere utilizzate per servizi di utilità sociale -:
quali iniziative normative intenda adottare per fornire garanzie e tutela per gli oltre venticinque milioni di utenti della telefonia fissa in Italia;
se non ritenga necessario adottare le opportune iniziative perché, in particolare, all'utente sia fornita la documentazione integrale delle chiamate, affinché l'utente possa verificare la veridicità delle telefonate e dei relativi addebiti.(3-02233)
(29 aprile 2003)

CAPARINI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
dal 1o gennaio 1998 il settore telefonico avrebbe dovuto essere liberalizzato, al fine di garantire la concorrenza fra i diversi gestori nell'offerta di telefonia fissa;
sono trascorsi sei anni e per la telefonia fissa Telecom Italia rimane l'unico gestore che possa, in violazione della concorrenza, minacciare ed attuare il distacco della linea agli utenti. Infatti, se l'utente decide di rivolgersi ad un altro gestore è costretto in ogni caso a corrispondere, direttamente o indirettamente, il canone di linea a Telecom Italia. Gli utenti non


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possono scegliere tra gestori concorrenti che siano su un effettivo piano di parità;
il taglio della linea era una prerogativa dello Stato, finché esso gestiva in monopolio il servizio telefonico, e serviva a garantire l'ente statale dall'eventuale mancato pagamento del servizio da parte dell'utente. Si trattava di uno strumento eccezionale, attraverso il quale lo Stato tutelava un bene pubblico: il servizio di telefonia fissa;
a Telecom Italia è stato consegnato in monopolio quel bene pubblico e le linee telefoniche, concedendo in tal modo a una società privata di usufruire di un'entrata di oltre 4.000 milioni di euro ogni anno derivanti dal pagamento del canone di linea da parte degli abbonati (ogni cittadino paga, infatti, 350 mila delle vecchie lire all'anno per il canone);
l'interruzione della linea è utilizzato da Telecom Italia come strumento di pressione per ottenere dall'abbonato il pagamento dei cosiddetti servizi «aggiuntivi» che non vengono riconosciuti dagli utenti come traffico proprio (166, 899, 709 internet, 00 erotici ed altri), che non sono stati richiesti alla firma del contratto, ma che sono addebitati fino a un costo di 1,50 euro al minuto più Iva;
il pagamento del canone di linea dovrebbe garantire all'utente il diritto alla linea telefonica. Invece, per contestazioni sui servizi aggiuntivi e/o non riconosciuti, questo diritto, con il distacco della linea, viene spesso negato. Va precisato che nessun utente ha mai firmato un contratto per avere servizi aggiuntivi. Si tratta, dunque, di servizi non richiesti, per i quali si dovrebbe rispettare il dettato del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, che, all'articolo 9 (Fornitura non richiesta), afferma che: «È vietata la fornitura di beni o servizi al consumatore in mancanza di una sua previa ordinazione nel caso in cui la fornitura comporti una richiesta di pagamento. Il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta. In ogni caso, la mancata risposta non significa consenso;
l'utenza è intestata al signor Mario di Possagno (Treviso), che paga di solito bollette intorno alle 55.000 delle vecchie lire; per il terzo e per il quarto bimestre 1999 riceve bollette anomale da 528.000 e da 187.000 delle vecchie lire. Il signor Mario le contesta presso la filiale Telecom di Treviso, dove gli viene mostrata su video una sfilza di 166, senza che tale documentazione venga stampata; al signor Mario viene fatta firmare una dichiarazione sulla privacy in cui conferma che »nella qualità di intestatario dell'utenza telefonica« i tabulati sono disponibili, benché con le ultime cifre oscurate, «per la sola consultazione». Mario deve inoltre firmare un modulo prestampato in cui dichiara di «aver preso visione della documentazione»; paga 60.000 delle vecchie lire - cioè il canone più il normale traffico telefonico - entro la data di scadenza del terzo bimestre 1999; qualche giorno dopo gli arriva una lettera standard in cui Telecom dichiara di aver effettuato «tutti i controlli» che confermano «l'esattezza degli scatti conteggiati». Anche il quarto bimestre viene pagato entro la data di scadenza per un importo di 60.000 delle vecchie lire. Il 7 agosto 1999 Telecom stacca ugualmente la linea in uscita. L'8 ottobre 1999, Mario rinnova la formale contestazione con una raccomandata a Telecom (chiedendo anche l'attivazione della documentazione integrale in bolletta) e una all'ispettorato ministeriale di Mestre, che risponde con lettera di «presa in carico» della pratica. Ciononostante, Telecom mantiene lo stacco della linea in uscita, anche se le successive bollette fino al quarto bimestre del 2000 vengono pagate interamente. Telecom rinuncia, comunque, alla «risoluzione contrattuale» precedentemente minacciata con lettera. Nonostante numerose raccomandate, Telecom non riallaccia la linea in uscita; l'utente, dal quinto bimestre 2000, inizia a pagare il canone a metà (perché può utilizzare la linea a metà, solo per ricevere), contestando ogni volta con raccomandata. Con lettera del 29 maggio 2001, l'ispettorato ministeriale Veneto invita a rivolgersi all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni


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di Napoli, che «sta concretamente affrontando la problematica relativa al contenzioso nei confronti di Telecom Italia spa». Da questo momento, Mario deve inviare tre raccomandate a tre indirizzi diversi: a Telecom Italia, all'ispettorato ministeriale Veneto (che ha iniziato la pratica) e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. La disavventura continua finché il 19 dicembre 2001 l'ufficio crediti Telecom di Mestre, dopo una lunga telefonata, propone a Mario una transazione per chiudere il debito e ripristinare, la linea: Mario dovrebbe accettare la transazione »a chiusura del debito di 829.000 lire«. L'utente contatta il comitato vittime Sip-Telecom che gli suggerisce di inviare un fax di richiesta della documentazione relativa alle bollette contestate, che per legge Telecom Italia deve fornire in forma completa in caso di contenzioso con gli utenti.
nel fax Mario sottolinea l'abusiva interruzione della linea telefonica e del pubblico servizio, cioè la violazione del contratto stipulato e finanziato con il pagamento costante del canone di linea. Mario spiega che le chiamate a «servizi aggiuntivi 166», addebitate sulle bollette contestate, non sono mai partite dalla propria abitazione; che le bollette contestate sono state interamente pagate per quanto di propria competenza (canone di linea e traffico telefonico relativo al pubblico servizio); che non ha mai richiesto l'attivazione dei «servizi aggiuntivi 166», né sottoscritto alcun contratto relativo a tali servizi; che le bollette, dall'ultimo bimestre 2000 fino all'ultimo bimestre 2001, sono state interamente pagate per quanto di competenza, entro la data di scadenza, detraendo solamente la metà dei canoni non usufruibili, vista l'arbitraria disattivazione unilaterale della linea da parte di Telecom; che, al solo fine di concludere il contenzioso, Mario accetta la transazione proposta dal funzionario Telecom, relativa al contenzioso in corso, per complessive 861.070 delle vecchie lire, somma alla cui richiesta Telecom rinuncia definitivamente per il futuro; Mario precisa che l'accettazione di tale transazione è comunque subordinata al ripristino integrale della linea telefonica. Il 20 dicembre 2001 Telecom ripristina la linea anche in uscita, dopo 2 anni più di 3 mesi e dopo 7 raccomandate! La bolletta del primo bimestre 2002 è pari a 60.000 delle vecchie lire. Mario tira un sospiro di sollievo, i problemi sembrano finiti, inizia, invece, la seconda odissea. La bolletta del secondo bimestre presenta 0,34 euro di telefonate senza documentazione e 3,62 euro di «spese riattivazione collegamento»: Mario si sente beffato, perché la disattivazione gliel'aveva inflitta Telecom e, comunque, le spese di riattivazione gli vengono imputate dopo un accordo di transazione; in bolletta ci sono anche 0,02 euro per «interessi legali e moratori sesto bimestre 2001», che pure rientrava nella transazione. Vengono, quindi, detratti e contestati con raccomandata 4,77 euro. Per questa modestissima somma ricomincia il balletto delle raccomandate alle quali Telecom non dà risposta, inviando solo solleciti, che per Mario hanno il sapore di lettere minatorie, Anche la bolletta del terzo bimestre 2002 contiene la richiesta del pagamento di 0,62 euro di indennità per ritardato pagamento del solito sesto bimestre 2001, più la richiesta di 1,53 euro di traffico, senza alcuna documentazione, che naturalmente vengono anch'essi detratti e contestati con raccomandata rimasta senza risposta. 8,38 euro di traffico non documentato compaiono nella bolletta del 4o bimestre 2002, regolarmente detratti e contestati con raccomandata. La documentazione cosiddetta «in chiaro», cioè con le ultime tre cifre oscurate (!!), viene, invece, attivata dal primo luglio 2002, ma solo su metà della bolletta del quinto bimestre 2002, dalla quale si detraggono e contestano 6,24 euro. Con altro sollecito del 26 settembre 2002, si richiedono 8,38 euro, già giustificati dall'utente nelle varie lettere raccomandate, e l'intera bolletta del quinto bimestre. Ai primi di ottobre 2002 Mario si vede nuovamente staccare la linea in uscita. A nulla valgono le proteste ed il riferimento alle contestazioni e agli accordi. Da ultimo arriva una lettera di risoluzione contrattuale in data 15 novembre


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2002. Da questo momento, Mario non riesce più a contattare Telecom Italia -:
quali iniziative normative il Governo intenda assumere affinché possano essere efficacemente tutelati i diritti degli utenti rispetto alle situazioni deplorevoli di cui si è detto in premessa.(3-02234)
(29 aprile 2003)

GIBELLI e CAPARINI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
dal 1o gennaio 1998 il settore telefonico avrebbe dovuto essere liberalizzato al fine di garantire la concorrenza fra i diversi gestori nell'offerta di telefonia fissa;
sono trascorsi sei anni e per la telefonia fissa Telecom Italia rimane l'unico gestore che possa, in violazione della concorrenza, minacciare ed attuare il distacco della linea agli utenti. Infatti, se l'utente decide di rivolgersi ad un altro gestore è costretto in ogni caso a corrispondere, direttamente o indirettamente, il canone di linea a Telecom Italia. Gli utenti non possono scegliere tra gestori concorrenti che siano su un effettivo piano di parità;
il taglio della linea era una prerogativa dello Stato, finché esso gestiva in monopolio il servizio telefonico, e serviva a garantire l'ente statale dall'eventuale mancato pagamento del servizio da parte dell'utente. Si trattava di uno strumento eccezionale, attraverso il quale lo Stato tutelava un bene pubblico: il servizio di telefonia fissa;
a Telecom Italia è stato consegnato in monopolio quel bene pubblico e le linee telefoniche, concedendo in tal modo a una società privata di usufruire di un'entrata di oltre 4.000 milioni di euro ogni anno derivanti dal pagamento del canone di linea da parte degli abbonati (ogni cittadino paga, infatti, 350 mila delle vecchie lire all'anno per il canone);
l'interruzione della linea è utilizzato da Telecom Italia come strumento di pressione per ottenere dall'abbonato il pagamento dei cosiddetti servizi «aggiuntivi» che non vengono riconosciuti dagli utenti come traffico proprio (166, 899 709, internet, 00 erotici ed altri), che non sono stati richiesti alla firma del contratto, ma che sono addebitati fino a un costo di 1,50 euro al minuto più Iva;
il pagamento del canone di linea dovrebbe garantire all'utente il diritto alla linea telefonica. Contrariamente, per contestazioni sui servizi aggiuntivi e/o non riconosciuti, questo diritto, con il distacco della linea, viene spesso negato. Va precisato che nessun utente ha mai firmato un contratto per avere servizi aggiuntivi. Si tratta, dunque, di servizi non richiesti, per i quali si dovrebbe rispettare il dettato del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, che, all'articolo 9 (Fornitura non richiesta), afferma che: «È vietata la fornitura di beni o servizi al consumatore in mancanza di una sua previa ordinazione nel caso in cui la fornitura comporti una richiesta di pagamento. Il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta. In ogni caso, la mancata risposta non significa consenso»;
al signor Paolo di Cadoneghe (Padova) Telecom attiva la linea telefonica il 3 maggio 2002. Paolo paga regolarmente la bolletta di installazione. A fine maggio 2002 riceve una telefonata da un non identificato operatore Telecom che gli segnala un traffico telefonico anomalo sulla sua linea e gli chiede 600 euro di anticipo, senza che Paolo possa vedere alcuna documentazione. Gli viene minacciato il distacco della linea se non paga. Con la bolletta gli vengono chiesti più di 800 euro, che paga. La successiva bolletta del quarto bimestre 2002 richiede altri 907,50 euro. Paolo scopre che gli addebiti «anomali» derivano per lo più da numeri a prefisso 709 internet e da «altre chiamate a tempo». Telecom Italia invia una lettera il 3 ottobre 2002 da Bolzano, sebbene l'utente sia di Padova! Il gestore telefonico dice di


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aver effettuato tutti gli accertamenti tecnici e amministrativi senza aver riscontrato anomalie. Paolo si domanda quali siano questi accertamenti, visto che non sono specificati né, tantomeno, documentati. Telecom Italia afferma, inoltre, di aver verificato il corretto funzionamento del contatore e l'esattezza delle letture degli scatti telefonici. Peccato che il contatore non esista più da anni e che dal novembre 1999 la misurazione non sia più effettuata a scatti, poiché la tariffa è calcolata in base al tempo di conversazione effettuata. Ciò significa che, a distanza di tre anni dall'abolizione del contatore, Telecom Italia risponde ancora con le vecchie lettere del 1999. Paolo si rivolge all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che non ha ancora dato alcuna risposta, sebbene lo debba fare per legge entro trenta giorni;
il signor Marco di Brescia nel settembre 2002 riceve una telefonata di Telecom Italia che lo avvisa dell'esistenza sulla sua linea del solito «traffico anomalo». Telecom afferma che disabiliterà i numeri che hanno causato il traffico anomalo, aggiungendo che si tratta di numeri «scattati» con l'utilizzo di internet. Marco rimane senza linea telefonica per un giorno e mezzo. L'operatore del 187 gli dice che il distacco della linea non ha a che fare con il traffico anomalo, ma è dovuto a «difficoltà nella zona dell'utente». Dopo qualche giorno, Marco riceve una lettera dalla sede Telecom di Roma, con la quale viene informato che la sua linea telefonica è stata staccata e che deve contattare un numero verde - 8211211 - in orario d'ufficio nei giorni feriali. Marco prova a telefonare per ore e non riesce a parlare con nessuno. Ritelefona al 187 e in un primo momento viene accusato di aver frequentato siti porno a pagamento; poi gli viene detto che l'anomalia sul traffico è stata effettivamente riscontrata. Marco si rifiuta di pagare la bolletta di 323 euro, di cui 230 di telefonate anomale. Gli vengono forniti da Telecom altri numeri a base 02 6211, che fanno capo all'ufficio conciliazione e arbitrato di Milano. Marco telefona per ore a quest'ultimo numero, che tra l'altro è a pagamento, e nessuno gli risponde. Gli viene consigliato un altro numero - 02 48584390 - sempre per informazioni sulle procedure di conciliazione e di arbitrato, ma non risponde nessuno nemmeno stavolta. Marco chiede che gli venga dato il nome di un dirigente o di un responsabile Telecom con cui parlare, ma invano. Decide allora di andare alla sede Telecom di Brescia, ma scopre che non c'è alcun ufficio che risponde al pubblico. Marco non demorde e decide di fare i controlli che dovrebbe fare Telecom e che comunque il gestore telefonico, qualora li abbia fatti, non gli fa esaminare. Sottopone il proprio computer all'analisi di un tecnico, poiché Telecom Italia gli aveva detto che il problema nasceva da chiamate «scattate» durante il collegamento internet. Il tecnico gli assicura che non ha trovato traccia di siti porno, di documenti scaricati automaticamente durante la navigazione o della visita ad altri siti a pagamento, come quelli che offrono suonerie, calendari o materiale erotico. L'esperto consiglia a Marco, ovviamente, di chiedere il dettaglio del traffico alla Telecom. Ma questo è il tasto dolente. Nessuno lo riceve in ufficio e nessuno risponde alle sue lettere. Il 21 novembre 2002 Marco invia ancora una raccomandata all'ufficio Telecom di Brescia, in via Corfù 81, senza ricevere risposte. Una richiesta di pagamento da Telecom Italia senza alcuna documentazione degli addebiti «dubbi», nessuna risposta dal gestore telefonico e un cittadino che si sente totalmente impotente, quasi «rassegnato» al distacco della linea per motivi che non gli è dato di sapere con esattezza;
il signor Luigi, torinese, ha un'attività artigianale. Gli è capitato più volte di contestare a Telecom Italia servizi non richiesti, l'ultimo dei quali gli viene addebitato in bolletta per un importo di 26 euro. Si tratta di Teleconomy 24, che da ormai due anni sta generando una valanga di contestazioni, ma che continua ad essere «affibbiato» ad utenti che non l'hanno mai richiesto. L' Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha ricevuto numerosissime segnalazioni, ma non ha


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risolto il problema. Con la bolletta di agosto-settembre 2002, mesi in cui l'attività lavorativa è scarsa, Luigi si vede chiedere 99 euro, mentre di solito paga la metà. Telefona al 187 e gli viene detto che risulta che abbia chiesto il servizio Teleconomy 24. Luigi ribatte di non averlo mai chiesto. «Mi hanno detto che mi avrebbero rimborsato i 26 euro della Teleconomy non richiesta - ci spiega Luigi - ma sono passati quattro mesi e non ho visto una lira»;
analoga vicenda denuncia il dottor Bhutto, medico di origine pakistana che lavora all'ospedale di Padova. Dal 1999 ha una contestazione irrisolta con Telecom Italia e perciò è particolarmente attento alle bollette. Si trova applicata due volte di seguito Teleconomy 24. Il 16 novembre 2001 invia una lettera di contestazione, che può essere utilmente presa a modello da chi ha problemi simili. Il dottor Bhutto scrive: «...dopo che con lettera prot. AA000246, in data 1o febbraio 2001, avevate attivato a tradimento sulla mia linea il mai richiesto servizio »Teleconomy 24«, retroattivamente dal 1o dicembre 2000, con addebito nella bolletta del secondo bimestre 2001; dopo che con raccomandata del 27 febbraio 2001 Vi avevo diffidato dal permetterVi di attivare, contro la mia volontà, qualsiasi servizio non richiesto; dopo che, finalmente, l'indesiderato Teleconomy 24 spariva dalle mie bollette a partire dal quinto bimestre 2001; per la seconda volta la vostra azienda si permette di riattivare a proprio arbitrio il mai richiesto Teleconomy 24, con comunicazione prot. AA002064, in data 26 settembre 2001, a partire retroattivamente dal 1o agosto 2001, con addebito nella bolletta del sesto bimestre 2001. Il vostro è un comportamento gravemente molesto nei confronti del sottoscritto abbonato. Ricordandovi ancora una volta che, ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, è vietata la fornitura di beni o servizi al consumatore in mancanza di una sua previa ordinazione, nel caso in cui la fornitura comporti una richiesta di pagamento, sono nuovamente a diffidarvi dal permettervi di attivarmi qualsiasi servizio aggiuntivo (anche gratuito), senza un regolare contratto sottoscritto dall'abbonato titolare del contratto di linea e di pubblico servizio. Provvedo, pertanto, a detrarre dalla bolletta del sesto bimestre e dalle successive, qualsiasi addebito di servizi non richiesti, oltre al costo della raccomandata che mi costringete ad inviare in seguito al vostro scorretto comportamento. Come se non bastasse, con la massima scorrettezza, in violazione della legge n. 675 del 1996, nell'informativa sulla privacy allegata alla vostra comunicazione di attivazione dell'indesiderato Teleconomy 24, date per concesso, da parte mia, il consenso al trattamento dei dati personali, oltre che per ottemperare agli obblighi previsti dalla legge, anche per finalità relative a servizi e/o prodotti ulteriori all'oggetto del contratto. Con la presente, pertanto, nego il mio consenso al trattamento dei miei dati personali per finalità diverse da quelle strettamente necessarie all'esecuzione del contratto, diffidandovi dall'inviarmi ulteriori comunicazioni in cui sia previsto il silenzio-assenso al trattamento dei dati personali. Preciso che qualsiasi vostra comunicazione in cui tale consenso venga assunto come fornito deve ritenersi nulla»;
la signora Palmira, 91 anni, di Padova si è vista recapitare alcune bollette milionarie nelle quali le vengono addebitate svariate telefonate internazionali e altre - ancor più numerose - indirizzate a 60 numeri diversi di telefoni cellulari. Considerato che Palmira risiede in una zona della città in cui si concentrano numerosi immigrati è evidente che si tratta di un caso di intromissione abusiva sulla linea telefonica da parte di ignoti. Palmira contesta una serie di bollette milionarie, che dapprima paga interamente e poi parzialmente. Per Telecom Italia «è tutto regolare». Poiché l'inconveniente continua a ripetersi, Palmira si abbona ad Infostrada. Quando ottiene la preselezione automatica con Infostrada - cioè la possibilità di chiamare direttamente tramite il nuovo gestore senza comporre prima sulla tastiera del telefono


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un codice di accesso - le telefonate abusive le vengono addebitate da Infostrada. Palmira contesta nuovamente, ma Infostrada afferma che le chiamate sono realmente passate attraverso le proprie centrali. È un tipico caso che si verifica in regime di concorrenza «imperfetta», cioè con l'avvento della competizione tra gestori sul traffico telefonico, ma con il mantenimento della linea a Telecom Italia. Telecom è responsabile della linea telefonica e afferma che «tutto è regolare». Dovrebbero essere i due gestori a risolvere tra di loro la questione, i cui oneri ricadono invece interamente sull'utente, che sulla linea non ha alcun controllo e neppure può avere alcuna documentazione chiara, pur pagando il relativo canone di almeno 350 mila delle vecchie lire all'anno;
il titolare di un phone-center di Mestre lavora con tre linee Isdn su sei cabine telefoniche e una linea Isdn per l'ufficio. Tutte le telefonate sono gestite da una centralina computerizzata che compone automaticamente i prefissi di due gestori alternativi a Telecom, con i quali la ditta ha stipulato due specifici contratti. La centralina memorizza i dati di tutte le telefonate in uscita. Su una linea delle cabine viene improvvisamente attivato il servizio «Teleconomy 24 aziende», che non è mai stato richiesto dall' imprenditore. La tariffa dovrebbe essere di tipo flat, il che significa che l'addebito in bolletta per le telefonate dovrebbe essere pari a zero, compensato da un canone che sulle linee Isdn è il doppio di quello della normale Teleconomy. Fino al quarto bimestre 2002 compreso, le bollette Telecom arrivano - correttamente - con traffico zero. Il 29 giugno 2002 Telecom invia un telegramma in cui segnala di aver rilevato un traffico anomalo in uscita da una delle linee del phone-center. La ditta, che riceve bollette senza documentazione, richiede il tabulato del periodo, da cui risultano parecchi 166 e 899. Tutte le bollette del quinto bimestre 2002 addebitano telefonate in uscita per importi anche sensibilmente diversi tra loro, non solo sulla linea segnalata dal telegramma. Accade anche quel che dovrebbe essere impossibile: su alcune bollette sono segnalati addebiti per «internet numerazione 70X». Poiché stiamo parlando di cabine telefoniche non collegate a computer per la navigazione internet, ci sarebbe qualcuno, secondo Telecom, che utilizza queste cabine non solo per chiamare i 166 e gli 899 e consultare servizi erotici o cartomanti, ma anche per limitarsi a sentire i fischi del modem dei provider internet! Vengono verificati tutti i tabulati memorizzati nel centralino di controllo, ma non si rileva la presenza di nessuna chiamata a numeri 70X, 166 o 899. Viene fatta regolare contestazione a Telecom e all'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni. L'imprenditore mestrino paga quanto dovuto, ma detrae gli addebiti ritenuti abusivi. Il 12 novembre 2002 Telecom Italia, nonostante la contestazione in corso, interrompe tutte le linee e non ne vuole sapere di riallacciarle prima che sia pagato tutto. L'utente è così costretto a pagare, per non interrompere la propria attività lavorativa. In data 12 dicembre 2002 arriva la solita lettera di risposta Telecom, secondo cui «è tutto regolare». Si leggano alcuni passaggi di questa lettera: «...ribadiamo di aver eseguito i necessari controlli, con particolare riferimento alla trascrizione dei dati...», scrive l'ufficio Telecom, dimenticandosi che i dati non vengono più trascritti, ma sono trasmessi direttamente via cavo o registrati su CD. In un altro passaggio, il gestore comunica che «...i servizi con numerazione 166-199-709-848-892-899 sono offerti da fornitori di informazioni attraverso una struttura di rete predisposta solo da Telecom Italia», la quale dunque non può chiamarsi fuori dalla vicenda. Significative sono poi le considerazioni sul servizio Teleconomy 24: «Ci rammarichiamo, infine, che Lei non intenda avvalersi dei vantaggi che sarebbero derivati dall'adesione all'offerta »Teleconomy 24 aziende«; ne abbiamo, comunque, effettuato la revoca, come da Sua richiesta. Al riguardo, puntualizziamo che la nostra società si è da tempo attivata per accettare


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telefonicamente, previo accertamento dell'interlocutore, le adesioni e le disdette dei servizi come Teleconomy, allo scopo di snellire e velocizzare i rapporti con la nostra clientela. La lettera di conferma che viene inviata al titolare del contratto, poi, costituisce un ulteriore elemento di trasparenza e di verifica della correttezza dell'adesione». Dal che si deduce che la lettera di conferma la invia chi ha appioppato il servizio e non chi se lo è visto addebitare. Il cliente deve solo accettare e pagare il servizio non richiesto e non utilizzato. Rimane comunque un elemento inquietante. Insieme alla lettera, Telecom invia anche i tabulati del periodo. Ad un'accurata verifica incrociata, le chiamate riportate da Telecom non risultano nel centralino del phone-center, che registra tutte le chiamate in uscita. A questo punto, se la linea è a posto - come garantisce Telecom - e se le chiamate non sono uscite dal phone-center, possono solo essere state «generate» dalla stessa Telecom in centrale o nel sistema contabile;
la ditta Audiotel di Albignasego (Padova) contesta il quarto bimestre 2000 per una bolletta di 907.000 delle vecchie lire e il quinto bimestre 2000 per una bolletta di 3.207.000 delle vecchie lire. La prima bolletta viene pagata interamente e la seconda per 610.408 delle vecchie lire, dopo aver detratto 2.163.827 delle vecchie lire più IVA, corrispondenti a cinque chiamate a «servizi 166», con una durata complessiva di 14 ore, 11 minuti e 39 secondi. La cosa stupefacente è che le chiamate ai numeri 166 non possono - per legge - avere una durata superiore agli 8 minuti, mentre dividendo le 14 e passa ore di presunta chiamata per il totale di cinque chiamate imputate all'utente si otterrebbero singole chiamate a 166 della durata media di 2 ore e 50 minuti!! La lettera di contestazione parte il 4 settembre 2000. Telecom Italia risponde con lettera del 10 ottobre 2000 e afferma di aver provveduto alla diminuzione della bolletta per 2.163.827 delle vecchie lire più IVA, cioè per lo stesso importo già detratto dal cliente. Sembra che tutto si sia concluso felicemente, con soddisfazione di entrambe le parti. Invece, in data 28 maggio 2001, arriva la consueta lettera di sollecito di sapore intimidatorio: «Ricordiamo che il ritardato pagamento comporta l'addebito dell'indennità di mora come da regolamento di servizio; inoltre, il ritardo del pagamento oltre il termine di 10 giorni dalla ricezione della presente può determinare la sospensione del servizio telefonico e la risoluzione contrattuale con cessazione delle linee in Vostro uso». La lettera ovviamente non dice nulla circa quel che può accadere in caso di «errore» da parte di Telecom Italia. Il 7 giugno 2001 l'imprenditore padovano invia una raccomandata in cui spiega di nuovo tutta la faccenda, soffermandosi sulla lettera con la quale la stessa Telecom Italia comunicava di aver accettato lo storno delle cifre contestate. Stavolta, niente da fare! Telecom Italia non risponde, ma invia altri 2 inesorabili «solleciti» con le consuete «minacce» di distacco della linea in data 19 settembre 2002 e 25 novembre 2002. Nessuna spiegazione all'utente e totale «dimenticanza» di ciò che pure era stata la stessa Telecom a pattuire;
l'ampio numero di casi sopra riportati attesta l'inadeguatezza della vigente normativa rispetto alla necessità di fornire una tutela efficace per i più elementari diritti degli utenti;
è evidente che l'attuale quadro normativo richiede profonde e significative modifiche -:
quali iniziative normative intenda adottare affinché sia garantita piena tutela ai diritti degli utenti.(3-02268)
(8 maggio 2003)

GIBELLI e CAPARINI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
i dialer sono file, generalmente con estensione exe, che una volta lanciati ed eseguiti da un personal computer connesso


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alla rete internet lo disconnettono dal provider predefinito dall'utente, ricollegandolo ad un diverso provider con numeri a pagamento. I dialer funzionano solo in ambiente Windows (il sistema operativo di gran lungo più diffuso) e con collegamenti col modem (anche Isdn);
per regolamentare i servizi on line addebitati con fattura telefonica, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nel giugno 2002 ha emanato la delibera 9/02, che, all'articolo 4, comma 1, specifica che la numerazione in decade 7 (quindi anche i 709) deve essere utilizzata esclusivamente per l'accesso a internet;
tale provvedimento avrebbe dovuto tutelare i consumatori e contemporaneamente salvaguardare il commercio via internet, limitando gli acquisti, anche di servizi, solo a chi è consapevole dei costi che essi comportano. Come confermato da Gilberto Nava, direttore del dipartimento vigilanza e controllo dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il consumatore che acquisisce prodotti o servizi attraverso il web deve poterlo fare, utilizzando mezzi di pagamento diversi dall'addebito in bolletta, quali la carta di credito o l'indicazione di un conto corrente postale. Ne consegue che dalla data della citata delibera nessun provider potrebbe far funzionare i suoi dialer, addebitandone i costi in bolletta;
gli isp (internet service provider), aggirando la disposizione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, forniscono tali servizi come programmi di connessione a internet, approfittando dell'oggettiva difficoltà dell'utente nel distinguere tra un programma di connessione autentico e un software ingannevole. Nel primo caso il provider fornisce a prezzi competitivi la possibilità di navigare con uno dei suoi 70x. Il sistema può avere anche molti vantaggi per gli utenti, che, oltre a risparmiare grazie a tariffe scontate, possono usare uno stesso numero di collegamento da tutta Italia. Nel secondo caso, quello dei dialer, i collegamenti comportano tariffe che vanno dai 2 ai 5 euro a scatto alla risposta per ogni chiamata e sono ingannevolmente presentati agli utenti;
sono numerosi i dialer che automaticamente si installano sul computer collegato ad internet ogni volta che si clicca su una pubblicità che promette loghi, suonerie, Mp3 o altri servizi gratuiti, senza preventiva richiesta di carta di credito o di conto corrente. Tanto meno vincolano l'adesione ai minorenni;
tale situazione è peggiorata da quando i dialer sfruttano i certificati di protezione di Internet Explorer, il software di navigazione maggiormente utilizzato al mondo, per cui non c'è alcuna richiesta di scaricare i file, ma è sufficiente un semplice click perché il nuovo collegamento non richiesto diventi effettivo;
il tutto avviene nel silenzio dell'operatore telefonico che emette la bolletta, il quale incassa il 19 per cento del traffico effettuato. Un business in cui si muovono provider senza scrupoli, pronti a cambiare numerazione una volta scoperti, e gestori acquiescenti che hanno tutto da guadagnare;
l'unica difesa per l'utente è la denuncia alla polizia postale, che può indagare su questi fenomeni, e al ministero delle comunicazioni per bloccarne le numerazioni. Inoltre, denunciando eventuali truffe, si sospende anche il pagamento a Telecom, o agli altri operatori telefonici, dei costi delle telefonate ai 709 non riconosciute;
la disabilitazione permanente gratuita delle chiamate potrebbe far scomparire rapidamente questo fenomeno, come accaduto per i 144 o gli 899. Sarebbe estremamente semplice: esclusione delle chiamate ai numeri che iniziano col 7 a meno di esplicita richiesta dell'utente. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha escluso questa possibilità, in quanto l'utilizzo dei 709 non prevede la vendita di prodotti e servizi da far pagare in bolletta; conseguentemente, non è possibile obbligare Telecom Italia e gli altri


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operatori ad offrire gratuitamente la disabilitazione verso numerazioni con cui sono forniti servizi già vietati dalla normativa;
per evitare i dialer all'utente non resta che evitare di scaricare programmi con estensione exe, in quanto ci sono alte probabilità che si tratti di un servizio non richiesto. Se il sito web offre contenuti, come loghi, suonerie, sfondi, file Mp3, immagini ed altro, la probabilità si trasforma in certezza. Nel caso il computer venga utilizzato anche da un minore o da una persona meno esperta è possibile difendersi dalle incursioni dei dialer, installando appositi programmi. L'ultima possibilità è quella di chiedere alla Telecom, attraverso il 187, la disabilitazione dei numeri 709, soluzione che impedisce, di fatto, al computer di collegarsi ad un numero telefonico a pagamento;
è da sottolineare che diversamente da quanto previsto per i numeri che iniziano per 144, 166 e 899, la disabilitazione al 709 è a pagamento, con un costo di attivazione di 13,63 euro e un costo bimestrale di 5,34 euro, oltre al disservizio della digitazione di un codice aggiuntivo per le chiamate interurbane e verso i cellulari;
nel caso in cui l'utente riceva una bolletta con chiamate inconsapevolmente fatte al 709 è costretto ad una trafila complicata: chiedere all'operatore telefonico il numero in chiaro (quello in bolletta è indicato con 70*); entro la scadenza della fattura dovrà fare denuncia alle forze di polizia (ai compartimenti della polizia postale, alla guardia di finanza o ai carabinieri) e pagare la parte della bolletta incontestabile; inviare all'operatore di rete la copia del pagamento e della denuncia per evitare che il distacco della linea per morosità (si vedano gli atti di sindacato ispettivo n. 3-02234 e n. 3-02233) -:
quali iniziative normative il Governo intenda assumere affinché possano essere efficacemente tutelati i diritti degli utenti rispetto alle situazioni deplorevoli, di cui si è detto in premessa;
quali iniziative normative intenda adottare per fornire garanzie e tutela per gli oltre venticinque milioni di utenti della telefonia fissa in Italia;
se non ritenga necessario adottare le opportune iniziative normative, perché, in particolare, all'utente sia data la possibilità di scegliere e verificare i costi dei servizi e le relative modalità di addebito.
(3-02271)
(8 maggio 2003)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
sconcerto, preoccupazione e malcontento sta diffondendosi fra gli utenti dei servizi di telefonia per le iniziative tariffarie della società Telecom, con particolare riferimento alle bollette «gonfiate» dal 709, dal 899 e dal 166;
non si riesce, peraltro, a comprendere da parte dei consumatori la ragione per la quale si debba attivare il numero 187 per accedere al servizio di disabilitazione del 709, del 899 o del 166;
peraltro, l'articolo 30, primo comma, delle condizioni di abbonamento a Telecom Italia recita testualmente: «Nel caso si verifichino consumi anomali ovvero si evidenzino comportamenti che determinino un rischio di danno economico per Telecom Italia, Telecom si riserva di inviare una bolletta anticipata e/o di sospendere precauzionalmente, nei limiti di fattibilità tecnica ed informando, ove possibile, il cliente, l'accesso alle numerazioni/direttrici interessate dal traffico anomalo»;
in realtà ed in pratica, Telecom Italia, in questi casi, invia, ex articolo 30, primo comma, delle condizioni di abbonamento, una fattura che, sotto la voce «dettaglio addebiti/accrediti», non «dettaglia» assolutamente niente, limitandosi ad esporre un numero di conversazioni effettuate, senza che sia indicato se trattasi di conversazioni locali, di conversazioni interurbane,


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di conversazioni a cellulari o di connessioni ad internet, rendendo praticamente impossibile all'utente qualsiasi controllo;
non pare potersi affermare che Telecom Italia stia adoprandosi, dal punto di vista tecnico, per garantire il massimo della trasparenza possibile a situazioni che, di per sé, hanno un alto margine di complicazione e che risultano pressoché del tutto incomprensibili alla stragrande maggioranza degli utenti consumatori -:
quali iniziative normative il Governo intenda assumere affinché possano essere efficacemente tutelati i diritti degli utenti rispetto alle situazioni deplorevoli, di cui si è detto in premessa.(3-02396)
(18 giugno 2003)