DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Cecenia e ha chiesto alle autorità russe di intensificare gli sforzi per facilitare la consegna degli aiuti umanitari»;
e politica quest'ultimo ha potuto istituire un collegamento fra pretesi atteggiamenti menzogneri della stampa internazionale sul caso Cecenia e quelli da lui nello stesso senso attribuiti a quella nazionale, sul piano interno, per il solo scopo di strumentalizzarlo in funzione di una pretestuosa polemica a difesa delle proprie attività in Italia, tema del tutto estraneo a quella occasione;
rapporti riservati, «la minaccia cresce e il livello di rischio in Iraq è sempre più alto», specificando anche «a partire da luglio, l'oggetto di tutte le minacce registrate dalla nostra rete di informatori sono gli italiani in genere e le nostre forze armate in Iraq»; (La Repubblica del 20 novembre 2003);
di Roma e provincia non potrebbero comunque provvedere a tale compito in quanto soggetti non abilitati a norma del decreto legislativo n. 22 del 1997 (decreto Ronchi), sia per il fatto che essi non sono più in possesso di dette targhe di circolazione in quanto le hanno consegnate, in adempimento di quanto disposto proprio dal D.P. 34/2000, agli incaricati indicati dal prefetto di Roma;
presso i depositi amministrativi di Roma e provincia e/o dai custodi amministrativi stessi, al titolo di rimborso spese per la radiazione dal PRA delle targhe di circolazione dei veicoli sottoposti al D.P. 34/2000 senza che poi di fatto vi abbiano mai provveduto;
rifornimento dei natanti, piscine, attrezzature balneari e sportive e altre strutture connesse;
1) il 13 ottobre 2003, l'onorevole Gennaro Malgieri della Casa delle libertà presentava un'interrogazione a risposta in Commissione, nella quale venivano rilevati i seguenti fatti:
a) «dal 1994, quando sono iniziate le ostilità tra l'esercito russo e gli indipendentisti, in Cecenia sono morti 200 mila civili e circa 300 mila sono stati costretti alla fuga verso i campi profughi ceceni o della vicina Ingushetsia»;
b) «le organizzazioni non governative internazionali denunciano da anni la mancanza di trasparenza da parte delle autorità russe sulla reale entità delle operazioni militari e sulle vere condizioni in cui versa la stremata popolazione civile, sia quella che tra mille stenti non ha abbandonato la propria casa, sia quella costretta a riparare nei campi profughi»;
c) «le autorità russe non hanno offerto collaborazione alla ricerca degli autori della morte del giornalista Antonio Russo e del rapimento nel 2002 del capo missione di Medici senza frontiere, Aryan Erkel»;
d) «il 5 ottobre 2003, si sono svolte in Cecenia elezioni presidenziali non democratiche, tanto che l'OSCE ed il Consiglio d'Europa si sono rifiutati di inviare osservatori, caratterizzate da un clima di intimidazione che, alla pari di quelle del 2000, hanno visto in campo un unico candidato appoggiato da Mosca. La mancata tutela dei diritti umani della popolazione civile deriva, oltre che dalla crudeltà del conflitto in atto, anche dalla mancanza di qualunque dialettica politica»;
2) il successivo 28 ottobre 2003, il Sottosegretario agli Esteri onorevole Mario Baccini rispondeva a tale interrogazione, confermando i seguenti dati di fatto:
a) «La situazione in Cecenia, sotto il profilo della tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, continua a formare oggetto di costante attenzione da parte dell'Italia e degli altri partners comunitari. A seguito delle elezioni presidenziali cecene dello scorso ottobre, la Presidenza italiana dell'UE ha espresso a nome di tutti i partners la sua preoccupazione per le condizioni in cui si è svolta la consultazione elettorale, auspicando nel contempo che gli impegni presi vengano rispettati e che si giunga a un concreto miglioramento della situazione dei diritti umani. L'Unione ha manifestato in particolare preoccupazione per le segnalazioni di costanti violazioni dei diritti umani e ha chiesto alle autorità russe di indagare a perseguire i responsabili»;
b) «Anche sul piano bilaterale, il Governo italiano ha fatto noto alle Autorità russe - in svariate occasioni - ed a tutti i livelli l'estrema attenzione con cui seguiamo l'evolversi della situazione in Cecenia. In occasione dei frequenti incontri bilaterali, abbiamo infatti reiterato alle nostre controparti l'auspicio per una soluzione politica della crisi cecena, che coinvolga tutti gli interlocutori non compromessi col terrorismo e faccia registrare un miglioramento nel rispetto dei diritti dell'uomo, anche come conseguenza della riforma istituzionale avviata»;
c) «In ambito comunitario, è stata accolta positivamente l'opportunità offerta dal Governo Russo al signor Francis Deng - rappresentante speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per gli sfollati - di visitare i campi profughi nell'Inguscezia, la cui situazione desta notevole preoccupazione. L'Unione ha ribadito la sua ferma opposizione ad ogni tentativo mirato al ritorno forzato dei profughi in
3) senonché, il Presidente del Consiglio onorevole Silvio Berlusconi, nel corso della conferenza stampa del 6 novembre 2003, conclusiva del Vertice UE a Roma, tacitando e sostituendosi d'imperio al Presidente Putin, si assumeva, quale asserito suo «avvocato difensore», la responsabilità di evadere lui, senza aver consultato o ascoltato l'interpellato, una domanda del giornalista francese Laurent Zechini di Le Monde, riguardante proprio la situazione interna della Cecenia, ed esternava questi concetti, assolutamente inediti per l'Italia: «le cose non stanno come la stampa racconta», dal momento «che ci sono realtà che anche in Italia come all'estero vengono spesso distorte dalla stampa», così come appunto sulla questione della Cecenia, «piccola repubblica cui è stata data la possibilità di fare elezioni democratiche, democraticamente svolte», affermando che egli, Berlusconi, è in grado di smentire le tesi inesatte della stampa internazionale sull'argomento, tesi inesatte - aggiungeva - quanto quelle diffuse sulla situazione italiana e contro l'azione del nostro Governo;
4) a tali dichiarazioni, devianti per la forma e nella sostanza, dell'onorevole Berlusconi, facevano seguito le seguenti reazioni. La stampa europea e internazionale immediatamente le stigmatizzava, sprezzandole addirittura come una «smargiassata» e qualificandole come parole in libertà e ingiustamente «assolutorie» da parte di un «difensore a spada tratta», e, in particolare, essa notava che «non era mai successo che uno statista, parlando a nome dell'Unione, difendesse posizioni diametralmente opposte a quelle preventivamente concordate in sede comunitaria» (tra gli altri, Corriere della Sera, La Repubblica, Europa, Il Giornale, del 7 novembre). Nello stesso giorno 6 veniva diramata una drastica smentita ufficiale da parte della Commissione europea, la quale confermava infatti che la sua posizione e quelle degli Stati membri su questo tema «non è assolutamente la stessa di quella espressa dal Presidente Berlusconi». Ancora, la conferenza plenaria dei Ministri degli Esteri dell'Unione europea, riunita il 17 novembre a Bruxelles, unanimemente (tranne il Ministro italiano) non solo contestava il modo con cui era stato condotto il summit italo-russo di Roma da parte del Presidente Berlusconi, giudicato egli stesso «inadeguato» in prima persona, ma anche denunciava come infondate le di lui dichiarazioni sul caso Cecenia, considerate come abusive nel metodo ed erronee nei fatti. In questi giorni, lo stesso Parlamento europeo, sta per votare una mozione con la quale si «deplorano le dichiarazioni fatte dal presidente di turno del Consiglio europeo alla fine del vertice Ue-Russia, quando ha espresso il suo appoggio alla posizione del governo russo circa la situazione dei diritti umani in Cecenia e lo stato della democrazia nella federazione russa» -:
a) quale concetto dei diritti e dei doveri, inerenti ai suoi ruoli internazionali e nazionali, abbia il Presidente Berlusconi, tali da autorizzarlo all'arbitrio di licenziare, ironizzando sull'argomento, quelle tassative assicurazioni in perfetta contraddizione con la posizione fino allora del nostro Governo, quella cioè risultante tra l'altro della succitata risposta del 28 ottobre, con le informazioni della stampa e con l'orientamento dei governi dell'Unione, ed anche fuori l'Unione: tutti ben diversamente consapevoli e documentati sulla negativa situazione in Cecenia, purtroppo artefatta dal Presidente Berlusconi;
b) di quali dati, obiettivi, dimostrabili e di quale fonte, lo stesso sarebbe in possesso, cosifatti da autorizzarlo ad assumere, in sede ufficiale, una simile cinica non rispondente al vero presa di posizione, tenuto conto che le successive imbarazzate dichiarazioni del Ministro Frattini, assolutamente generiche e verbalistiche, non hanno chiarito o smentito alcunché delle scorrette asserzioni dell'onorevole Berlusconi;
c) in particolare, in base a quale senso di rispetto e di opportunità storica
d) considerato che la surriferita inopinata «novità» nella posizione italiana sulla grave questione ha nociuto al nostro prestigio internazionale, ne ha svilito la Presidenza nazionale ed europea, oltre ad aver fortemente turbato la sensibilità del pubblico, in sostanza determinando l'isolamento del nostro Governo in Europa e anche fuori, in una materia per la quale era ed è unanime l'opposto orientamento degli Stati e della coscienza collettiva, quali urgenti iniziative si vogliano adottare per porre rimedio agli effetti negativi di questo avvilente abuso, e ciò anche per dovere di correttezza verso l'Unione europea e verso la stessa Federazione russa;
e) quale, in definitiva, sia l'attuale, ufficiale e reale posizione del Governo italiano in ordine alla situazione in Cecenia, con particolare riferimento alle drammatiche e sanguinose problematiche della osservanza della legalità, del rispetto dei diritti umani e della volontà popolare. Precisamente: se tale posizione corrisponda a quella mantenuta ancora fino al 28 ottobre scorso, cioè di sostanziale disapprovazione e preoccupazione, ovvero se corrisponda a quella, assolutoria e compiacente ad arte, pubblicamente fatta intendere dal Presidente del Consiglio nella conferenza stampa del 6 novembre successivo, con la sua esternazione.
(2-00997)
«Filippo Mancuso, Boato, Pisicchio».
l'attentato alla base italiana di Nassirya e i diciannove morti che ha provocato, ha determinato nell'opinione pubblica un grande cordoglio e a una forte partecipazione al dolore dei familiari ma anche moltissimi dubbi sulla sicurezza dei soldati della missione italiana in Iraq;
la situazione del presunto dopo guerra iracheno si è dimostrata fin da subito estremamente complessa e gravata da continue azioni di guerriglia e di attentati nei confronti degli eserciti stranieri avvertiti dalla popolazione come occupanti, anche in virtù della ormai riconosciuta, da più parti incapacità statunitense nel gestire il dopo guerra, come hanno sottolineato anche autorevoli commentatori politici quali Barbara Spinelli su La Stampa e Scalfari su La Repubblica di domenica 15 novembre;
segnali di inquietudine erano già arrivati dal contenuto di un rapporto della Cia di non molto tempo fa, che descriveva la situazione del terrorismo in Iraq, come in via di netto peggioramento. Il rapporto smentisce decisamente le più recenti dichiarazioni del Dipartimento di Stato americano, che continuano a dipingere le ultime ondate di attacchi alle forze della Coalizione come opera di cellule straniere estranee alla popolazione e di terroristi prezzolati da Saddam Hussein e dai suoi sostenitori. Nel documento si legge, viceversa, della crescente ostilità del popolo iracheno verso i militari occidentali, sentimento che, secondo la Cia, giustificherebbe una fattiva partecipazione all'organizzazione degli attacchi e degli attentati (APBISCOM - 13 novembre 2003);
sono centinaia i documenti trasmessi negli ultimi mesi dai servizi segreti italiani al Ministero della difesa e ai vertici militari, alcuni anche molto dettagliati e circoscritti in cui si segnalava come l'area sud dell'Iraq fosse particolarmente esposta al pericolo. E di tutto si tratta meno che di «generiche previsioni del tempo», come dice il Ministro della difesa Antonio Martino, anzi, come ha affermato il direttore del Sismi nel presentare al COPACO i
come ha specificato sempre il direttore del Sismi la rete di intelligence nel teatro iracheno ha svolto appieno il suo lavoro informativo, mettendo assieme tre tipi di indicatori: militare, criminalità comune e terrorismo, comunicando ogni volta, tempestivamente ai comandi competenti e al Ministero, le specifiche informative raccolte, comprese le ultime due, della prima decade di ottobre e della prima decade di novembre, che fanno dire al responsabile dei servizi segreti «Avevamo previsto tutto, non c'era dubbio che saremmo stati colpiti»;
i militari italiani impegnati a Nassirya, in un simile contesto sembrerebbero aver assolto pienamente il compito a cui sono stati deputati in una situazione ambientale e logistica che sembra non aver tenuto assolutamente conto dei rischi concreti;
la situazione della base italiana a Nassirya, come alcuni degli interroganti hanno potuto constatare di persona nella missione congiunta delle Commissioni difesa della Camera e del Senato del 20 ottobre 2003, non poteva essere definita, con certezza, idonea a quel contesto postbellico, soprattutto dopo i molteplici segnali e le minacce che giungevano da più parti e in virtù dell'escalation quotidiana del terrorismo e della guerriglia in atto in Iraq;
come molti giornali ed esperti hanno evidenziato, la scelta dell'ubicazione della caserma al centro della città, che la sua posizione, che consente di essere circondata facilmente da forze avversarie e dal fatto che questa collocazione espone a rischio anche la popolazione civile, sia la scelta di proteggere l'ingresso con l'unico impedimento in una serie di ostacoli passivi, collocati al fine di limitare la velocità dei mezzi in transito, sembrerebbero contrastare con le affermazioni dell'onorevole Antonio Martino che in qualità di Ministro della difesa ha affermato nella sua recente dichiarazione alle Camere «Posso assicurare che le disposizioni messe in atto nel teatro iracheno sono le più efficaci per la tutela e la sicurezza del nostro personale»;
le dichiarazioni del Ministro, del resto, fin dall'inizio della partecipazione italiana alla guerra degli Stati Uniti contro l'Iraq, sono sempre state alquanto dissonanti con la realtà della situazione che i soldati italiani hanno trovato sul territorio iracheno e tendenti a minimizzare sia il ruolo militare della missione sia i rischi a cui i nostri soldati sarebbero andati incontro;
si possono, ad esempio, citare le dichiarazioni rese:
a) il 14 maggio 2003: «Tutte le operazioni militari armate sono rischiose, ma questa è un'operazione di stabilizzazione, sicurezza, ricostruzione ed il livello di rischio dovrebbe essere più basso di quello di altre missioni»;
b) il 25 giugno 2003: «Non sono eccessivamente preoccupato";
c) l'11 ottobre 2003, parlando da New York: «La situazione in Iraq non è tanto preoccupante»;
d) il 13 ottobre 2003: «I militari sono ottimamente preparati per garantire la propria sicurezza, non bisogna cedere proprio adesso, è proprio quello che vogliono i terroristi»;
e) il 15 ottobre 2003: «Nassirya è una zona tranquilla»: (tutte le dichiarazioni sono tratte da La Repubblica del 13 novembre 2003) -:
di quali informazioni il Governo fosse effettivamente in possesso e come tali informazioni siano state utilizzate nel rapporto con il comando italiano a Nassirya;
cosa intenda fare per fornire il più rapidamente possibile al Parlamento un quadro esaustivo del contesto politico, ambientale e logistico entro il quale è maturata la strage dei militari italiani.
(2-01004)
«Deiana, Bellillo, Pisa, Alfonso Gianni, Bulgarelli, Cento, Grandi, Zanotti, Bandoli, Calzolaio, Cialente, Cima, Coluccini, Di Serio D'Antona, Folena, Giulietti, Grillini, Lolli, Marone, Panattoni, Pisapia, Pistone, Russo Spena, Sciacca, Sgobio, Soda, Vendola, Vertone, Zanella, Pinotti, Melandri».
il 29 luglio 2003 Josè Eduardo Cardoso, parlamentare brasiliano del Partido dos Trabalhadores, rappresentante dello Stato di San Paulo, presentava un esposto al Ministro delle comunicazioni brasiliano per fare chiarezza su una delle più controverse operazioni di privatizzazione della telefonia brasiliana: l'acquisto, avvenuto nel 2000, della Companhia Riograndese de Telecomunicacones (Crt) da parte della «Brasil Telecom», partecipata allora per il 31,6 per cento da Telecom Italia International N. V.;
in base a numerosi articoli, pubblicati lo scorso luglio dall'accreditata rivista brasiliana «Istoé dinero», la Brasil Telecom, controllata dalla Telecom Italia, capitanata dall'allora presidente Roberto Colannino, pagò, nel luglio del 2000, una somma ben superiore a quella che sarebbe stata necessaria per l'acquisto della Ctr, appartenente all'epoca alla compagnia spagnola Telefonica;
per l'acquisizione della società Riograndese (Crt), si verificarono due condizioni singolari in un regime di libera concorrenza: la società spagnola «Telefonica» che la possedeva, avendo acquistato un'altra importante concessione in Brasile, era obbligata a vendere per evitare di incorrere nelle sanzioni dell'Anatel (organo garante Statale) per le società operanti in regimi di monopolio, ma l'unico compratore in lizza era la Brasil Telecom, che dunque si trovava paradossalmente, pur essendo compratrice, in posizione più forte nel processo di negoziazione, e che tuttavia, fu pressata dalla Telecom Italia a pagare il più alto e sopravvalutato dei prezzi possibili;
in particolare, due rappresentanti del più grande fondo pensionistico del Brasile (Previ) hanno reso delle deposizioni giurate nell'ambito di un'inchiesta giudiziaria avviata dalla denuncia di Brasil Telecom a Telecom Italia, affermando che, ai tempi della vendita, poiché erano incaricati di definire il giusto prezzo per l'acquisizione della Ctr, ne stimarono il valore di mercato per una cifra non superiore ai 550 milioni di dollari, mentre inspiegabilmente la Telecom Brasil pagò 800 milioni di dollari, ossia ben 250 milioni di dollari in più;
sempre la rivista brasiliana «Istoè dinero» sostiene che la Telecom Italia fece un accordo segreto con Juan Villalonga, ex presidente della Telefonica spagnola, decidendo di pagare molto di più, e inoltre che parte dei 200 milioni di dollari liquidati in più, sarebbero stati trasferiti in alcuni paradisi fiscali attraverso i conti Cc- 5, conti speciali che permettono il trasferimento di denaro all'estero senza specificarne le finalità;
come se non bastasse, nel giugno del 2000, la Telecom Italia si rese protagonista in Brasile di un altro strano acquisto: il 30 per cento delle azioni della allora neonata Globo.com, braccio internet della maggior rete televisiva del Paese carioca, pagando una cifra anche qui considerata tanto esorbitante, pari a 810 milioni di dollari, da attirare i rilievi del collegio sindacale e le contestazioni di alcuni consiglieri della stessa Telecom Italia;
Globo.com, in base a notizie di stampa, non è mai stato quotato, non ha mai attivato una seria attività, e il suo valore, un anno dopo l'acquisto, è stato praticamente azzerato, per quel che riguarda la Telecom Italia, che infine, sotto la dirigenza di Tronchetti Provera, ha ceduto la partecipazione in Globo.com in cambio di pubblicità per Tim do Brasil;
nel 2001, sempre in Brasile, a seguito della messa all'asta della gestione di alcune aree di telefonia cellulare Gsm, Telecom Brasil manifestò l'intenzione di partecipare alla gara, ma fù bloccata dal parere negativo di alcuni componenti del consiglio di amministrazione di Telecom Italia (Carmelo Furci e Marco Girardi), che tuttavia si presentò all'asta direttamente con Tim, venendo però successivamente estromessa perché, per la legge brasiliana, un soggetto non può essere presente in diverse cordate;
attualmente i due dirigenti Telecom Italia Carmelo Furci e Marco Girardi sono sotto processo nella 22esima Sezione di Rio de Janero con l'accusa di aver gestito l'impresa brasiliana in modo temerario, ed in particolare, con la sola cura per gli interessi del socio italiano Telecom Italia, e non dell'intera compagnia;
infine, a quanto risulta dall'interrogante, tra l'agosto ed il settembre del 2002, la Telecom Italia rinunciò ai propri diritti sulla Brasil Telecom, cedendoli alla società Opportunity;
in tutte queste vicende, nonostante la Telecom Italia sia una società quotata in borsa, solo un partner straniero, la Opportunity, ha chiesto un accertamento ed un risarcimento per decisioni che hanno comportato, anche per la società italiana, un ingiustificato maggior esborso di denaro, e nessuna tutela è stata offerta agli azionisti di Telecom Italia;
in Brasile sono state avviate numerose indagini parlamentari, e i tribunali hanno iniziato ad indagare sul caso, non solo grazie alle interrogazioni dei deputati brasiliani, ma anche a causa dell'inchiesta giudiziaria avviata dalla denuncia di Brasil Telecom a Telecom Italia, e grazie a gli esposti dei membri del "Comites locale» (il comitato che rappresenta gli italiani all'Estero);
il deputato brasiliano Nelson Trad ha inviato una dettagliata documentazione sulle transazioni riguardanti la Crt e che hanno coinvolto la Telecom Italia di Colannino -:
se risulti agli atti a disposizione del Governo la documentazione che comprovi la validità economica e la trasparenza delle trattative degli affari di cui in premessa.
(2-00995)«Fasano, Menia».
la perdita da parte di Aci Italia sin del 1997 della posizione di gestore unico per il soccorso stradale ha comportato per la propria società controllata Aci 116 una riduzione di personale per ben 259 unità, delle quali una parte in prepensionamento e la restante (n. 176) assorbita da Aci Italia per mezzo di selezioni d'idoneità;
l'Aci 116, oggi Aci Global, in data 10 febbraio 2003, ha formalmente comunicato, ex articoli 4 e 24 legge n. 223 del 1991 l'avvio di procedura di un'ulteriore riduzione di personale per n. 171 unità (con la conseguente totale chiusura dei Centri diretti per il soccorso nella viabilità ordinaria ed autostradale), appartenenti a diverse qualifiche professionali;
di dette 171 unità solo 30 lavoratori, al termine del periodo di mobilità, potranno essere collocati in pensione e, di conseguenza, ben 141 lavoratori verrebbero a trovarsi senza lavoro e senza reddito;
questi 141 dipendenti di Aci Global potrebbero essere riassorbiti dall'Aci Italia la cui pianta organica, approvata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in data 6 settembre 1995, prevede nelle varie qualifiche una vacanza di oltre 500 posti;
per detto provvedimento di assunzione l'Erario non solo non avrebbe a suo carico alcun onere, vivendo l'Aci Italia dei proventi delle proprie attività istituzionali, ma verrebbe addirittura a conseguire un notevole risparmio per la mancata corresponsione del finanziamento per la mobilità di cui alla legge n. 223 del 1991 -:
se non intendano adottare le opportune iniziative per perseguire la soluzione adottata nel 1998, vale a dire la riassunzione presso l'Aci Italia delle 141 unità lavorative, per evitare, altrimenti, che le spese relative alle indennità di mobilità prevista dalla citata legge n. 223 del 1991 debbano essere sostenute dallo Stato.
(4-08193)
in data 9 agosto 2000 il prefetto di Roma, dottor Mosino, ha emesso un decreto n. 34/2000, mediante il quale, in deroga alla normativa vigente e per motivi di urgenza, disponeva l'alienazione, mediante rottamazione, dei veicoli sottoposti a sequestro amministrativo giacenti da oltre due anni nei depositi amministrativi di Roma e provincia;
per l'esecuzione di tale provvedimento il prefetto di Roma, nello stesso decreto, ha incaricato dell'esecuzione di quanto da lui disposto la Eurocomputer S.p.a., che si era offerta a titolo gratuito, e che fra gli altri compiti aveva anche quello relativo alla radiazione dal PRA delle targhe di circolazione dei veicoli individuati dal decreto 34/2000;
a fronte di tale incarico, ed a garanzia degli adempimenti connessi, la Eurocomputer S.p.a. avrebbe dovuto stipulare una polizza fideiussoria dell'importo di lire 6.000.000.000;
i custodi amministrativi di Roma e provincia hanno perfettamente adempiuto, come si può evincere dalla documentazione da essi depositata presso l'ufficio territoriale del Governo di Roma, sia alla custodia dei veicoli per il periodo di sequestro sia a tutto quanto loro richiesto nel D.P. 34/2000, in particolare riconsegnando alla prefettura di Roma, per il tramite dell'Eurocomputer S.p.a. e dei suoi incaricati, i veicoli completi delle relative targhe di circolazione;
a conferma della regolarità di tutti gli adempimenti svolti, i custodi amministrativi di Roma e provincia hanno ricevuto dall'ufficio territoriale del Governo di Roma (ex Prefettura di Roma) in data 29 marzo 2002 la liquidazione di un acconto delle somme a loro dovute per la custodia dei veicoli individuati per l'alienazione dal D.P. 34/2000;
attualmente l'ufficio territoriale del Governo di Roma rifiuta, a gran parte dei custodi amministrativi di Roma e provincia, la liquidazione del saldo delle somme ad essi dovute per la custodia dei veicoli alienati per mezzo del D.P. 34/2000 subordinando il pagamento di detto saldo all'avvenuta produzione, da parte dei custodi stessi, dei documenti comprovanti la radiazione dal PRA di detti veicoli e dichiarando contestualmente che ciò «costituisce una misura di conservazione della garanzia dell'adempimento stesso.... », nonostante di tale adempimento risulta essere chiaramente incaricato un terzo ovvero, nella fattispecie concreta, la società Eurocomputers Spa.;
appare chiara l'illegittimità delle pretese e del comportamento dell'ufficio territoriale del Governo di Roma sia perché il compito di radiare dal PRA le targhe di circolazione dei veicoli ritirati per la rottamazione ex D.P. 34/2000 è stato demandato dal prefetto di Roma alla società Eurocomputers S.p.a., la quale non vi ha mai provveduto, sia perché i custodi amministrativi
le targhe di circolazione di cui alla presente vicenda non riconsegnate dalla Eurocomputers S.p.a. al PRA per la radiazione ammontano alla considerevole cifra di oltre 6.000 delle quali sono sconosciuti ad oggi sia i detentori, sia la destinazione che hanno subito, sia l'eventuale uso che ne viene fatto;
tali targhe di circolazione potrebbero essere utilizzate a fini illegittimi con grave pregiudizio per la pubblica sicurezza;
tra le altre cose, come dichiarato dal Prefetto di Roma dottor Emilio Del Mese, è emerso che invece della Eurocomputers S.p.a. ha agito, per l'esecuzione del D.P. 34/2000, tale signor Angelo Cacciotti, titolare della SISTRA S.p.a., che non era munito dei poteri necessari di rappresentanza e che quindi ha svolto tutte le attività inerenti l'esecuzione del D.P. 34/2000 in nome e per conto della Prefettura di Roma senza alcun titolo e senza alcuna ratifica da parte della Eurocomputers S.p.a.
comunque la questione inerente la legittimazione del signor Angelo Cacciotti e della SISTRA S.p.a. ad eseguire il D.P. 34/2000 non è attinente né all'attività di custodia svolta dai Custodi Amministrativi di Roma e provincia né alla liquidazione del saldo delle somme ad essi spettanti;
l'Ufficio Territoriale del Governo di Roma ha provveduto a liquidare somme a saldo solo a favore dei custodi amministrativi che si sono sottomessi sia alla richiesta illegittima di produrre i documenti comprovanti l'effettiva radiazione al PRA delle targhe di circolazione dei veicoli interessati dal D.P. 34/2000, sia ad un atto di transazione, elaborato unilateralmente dalla dirigente dell'Area Sanzioni Amministrative dell'Ufficio Territoriale del Governo di Roma, a fronte del quale i custodi firmatari, per incassare il saldo a loro dovuto, hanno dovuto accettare, non essendoci altra alternativa se non quella di non ricevere le somme spettanti, la decurtazione di una consistente percentuale di denaro nonché responsabilità vessatorie e non proprie -:
come è stata selezionata la società Eurocomputers S.p.a. per l'affidamento dell'incarico di eseguire gli adempimenti inerenti l'applicazione del D.P. 34/2000 e quali garanzie abbia dovuto presentare tale società per ottenere tale incarico dalla prefettura di Roma;
se la Eurocomputer S.p.a. abbia mai stipulato, come previsto dal D.P. 34/2000, una polizza fideiussoria, a garanzia degli adempimenti ad essa delegati dal prefetto di Roma, del valore di lire 6.000.000.000;
per quali motivi i dirigenti preposti della prefettura di Roma non abbiano vigilato sulla corretta esecuzione di quanto disposto dal prefetto di Roma nel D.P. 34/2000, ed in particolare, per quali motivi non abbiano verificato la legittimità ad agire, in nome e per conto della Eurocomputer S.p.a., della SISTRA S.pa. e del signor Angelo Cacciotti, ed i motivi per i quali non hanno accertato in tempo utile la negligenza di tali soggetti nel radiare dal PRA le targhe di circolazione già citate;
quali iniziative giudiziarie abbia intrapreso la Prefettura di Roma nei confronti della SISTRA S.p.a. e del signor Angelo Cacciotti per aver effettuato tutte le operazioni inerenti l'esecuzione del D.P. 34/2000, demandate dal Prefetto di Roma alla Eurocomputer S.p.a., senza averne avuto i necessari poteri né deleghe di alcun tipo;
se risulti vero che la SISTRA S,p.a. ed una società da lei indicata, CAR SERVICE S.r.l. con sede in Maddaloni (CE), abbia incassato delle ingenti somme di denaro dai demolitori incaricati dalla SISTRA S.p.a. stessa del ritiro dei veicoli
se appaia legittimo ed accettabile che la prefettura di Roma, ora ufficio territoriale del governo di Roma, rifiuti a gran parte dei custodi amministrativi di Roma e provincia, la liquidazione del saldo delle somme ad essi dovute per la custodia dei veicoli alienati per mezzo del D.P. 34/2000, subordinando il pagamento di detto saldo all'avvenuta produzione, da parte dei custodi stessi, dei documenti comprovanti la radiazione dal PRA di detti veicoli, ovvero subordinando detto pagamento ad un adempimento di cui risulta chiaramente incaricato un terzo, e nella fattispecie concreta la società Eurocomputers S.p.a., che non ha nessuna attinenza con la custodia dei veicoli sottoposti a sequestro amministrativo per la quale dette somme a saldo devono essere pagate;
se appaia legittimo che il dirigente preposto dell'ufficio territoriale del governo di Roma subordini il pagamento delle somme dovute per la custodia dei veicoli di cui al D.P. 34/2000 alla firma di un atto di transazione per mezzo del quale ai custodi amministrativi vengono decurtate delle somme di denaro dal totale ad essi spettanti nonché vengono addossate delle responsabilità non proprie;
quali iniziative intendano adottare affinché siano perseguiti, per le loro negligenze e per gli abusi e per le omissioni commesse, i soggetti incaricati dal prefetto di Roma dell'esecuzione del D.P. 34/2000, ed i soggetti che di fatto, senza neanche averne poteri necessari, hanno eseguito gli adempimenti previsti nel D.P. 34/2000;
quali provvedimenti intendano adottare affinché vengano prontamente liquidate ai custodi amministrativi di Roma e provincia le somme a loro spettanti a saldo delle custodie inerenti i veicoli sequestrati indicati dal D.P. 34/2000, tenuto conto, come da premesse, che essi hanno perfettamente concluso, e documentato, ogni adempimento di loro competenza come da normativa vigente;
quali provvedimenti intendano adottare affinché vengano prontamente recuperate le targhe di circolazione dei veicoli demoliti per mezzo del D.P. 34/2000, ancora non riconsegnate dalla Eurocomputer S.p.a. al PRA per la radiazione, anche allo scopo di evitare che tali targhe di circolazione possano essere utilizzate a fini illegittimi con grave pregiudizio per la pubblica sicurezza;
se, alla luce di quanto fino ad ora emerso, non si intenda revocare alla Eurocomputers S.p.a., ora Eliosnet S.p.a., ogni concessione o incarico inerente lo smaltimento dei veicoli confiscati a seguito di sequestri amministrativi.
(4-08207)
l'area di Is Arenas fa parte del Parco regionale del Sinis Montiferru, vasto 42.664 ettari, e ricade sotto le amministrazioni comunali di Narbolia (Oristano) e di San Vero Milis (Oristano);
l'area di Is Arenas è stata, sin dagli anni sessanta, oggetto di interessi di tipo speculativo-immobiliare da parte della Is Arenas S.p.A. (diventata s.r.l. nel 1988);
in data 12 luglio 1962, l'allora consiglio comunale di Narbolia deliberava la vendita di una superficie (mappale 2 foglio 1) di Ha 157.55.60 alla Is Arenas S.p.A., della quale era amministratore unico l'avvocato Virgilio Vallon, al prezzo di lire 30 al metro quadro;
al consiglio comunale del 12 luglio 1962 partecipava anche l'avvocato Vallon (a quale titolo era impossibile saperlo) che con la sua presenza e con i suoi continui interventi influenzava certamente la volontà dei consiglieri comunali;
in data 11 ottobre 1962 il comitato di controllo del comune di Narbolia approvava la deliberazione in favore della Is Arenas S.p.A., nonostante ci fossero dei consiglieri che si opponevano a tale ratifica per la esiguità del prezzo pattuito e per la totale assenza di adeguate garanzie;
in data 1o novembre 1962 l'allora sindaco di Narbolia stipulava con l'avvocato Vallon (grazie alla deliberazione del Consiglio) una promessa di vendita che si rendeva esecutiva con il parere del comitato di controllo in data 12 novembre 1962;
la succitata promessa di vendita, mentre impegnava in tutti i sensi il comune, non richiedeva all'altra parte contraente adeguate contropartite, eccetto una vaga promessa di «valorizzazione» turistica;
in data 4 maggio 1964 la giunta municipale affidava agli avvocati Piero Sanna e Antonio Uras del foro di Oristano, il mandato di curare, fino alla definizione, la pratica tendente ad ottenere la declaratoria di proprietà del terreno da parte del comune di Narbolia; allora intestato all'Ente Ferrarese di colonizzazione. Gli onorari dei due avvocati, nonostante fossero stati nominati dal comune, vennero corrisposti dall'avvocato Vallon;
in data 10 maggio 1966 la Is Arenas S.p.A. inviava al comune di Narbolia una lettera con la quale si portava a conoscenza che i soci della società medesima, avevano deciso di ritenersi svincolati dall'acquisto dell'immobile. Tale lettera mentre toglieva alla società Is Arenas qualsiasi diritto o privilegio in forza della promessa di vendita a suo tempo stipulata, rimetteva il comune nel pieno diritto di proprietà, quindi qualunque altro atto che si doveva compiere rientrava esclusivamente nei poteri del consiglio comunale di Narbolia. Nonostante quanto anzidetto, l'allora sindaco e la giunta contravvenivano alle più elementari forme di correttezza amministrativa, continuando le loro trattative con l'avvocato Vallon. Il consiglio comunale seppe della lettera solo un anno dopo;
in data 19 aprile 1967 perveniva al sindaco di Narbolia un'altra offerta per l'acquisto del terreno prima citato, un'offerta che superava di 30 milioni di lire quella fatta dalla società Is Arenas, ma il sindaco e la giunta non la presero neanche in considerazione dimostrando una certa sollecitudine ed entusiasmo nel voler vendere il terreno alla Is Arenas;
in data 19 maggio 1967 si riuniva il consiglio comunale per deliberare sul perfezionamento della vendita dell'immobile. Al consiglio comunale partecipava illegittimamente anche l'avvocato Vallon, che ripetutamente interveniva influenzando in tal modo la volontà dei consiglieri; molti consiglieri abbandonarono la seduta per protesta. Alla fine del consiglio comunale veniva deliberato all'unanimità l'alienazione dell'immobile alla Is Arenas;
il testo della deliberazione veniva trascritto a mano in fretta e furia e consegnato nelle mani dell'avvocato Vallon. Il segretario comunale nel redigere il testo della deliberazione si asteneva volutamente dall'indicare la presenza dell'avvocato Vallon e altre imprecisate persone legate alla Is Arenas al consiglio comunale; ed inoltre il segretario comunale ometteva i nominativi dei consiglieri che avevano abbandonato la seduta;
successivamente alla deliberazione del consiglio comunale del 19 maggio 1967, l'avvocato Vallon, che vantava alte protezioni nell'Assessorato agli enti locali ed in quello del turismo, avviava l'inoltro di pratiche per godere dei finanziamenti pubblici previsti dalla legge 588/1962 (legge in materia turistica);
nel giugno del 1975 la società Is Arenas proponeva agli enti locali di competenza la realizzazione di un maxi insediamento turistico con capienza per 25.000 persone, con oltre un milione di metri cubi di cemento da sversare. Il primo intervento esecutivo interessava un lotto di 157 ettari dove erano previsti due alberghi, un villaggio turistico, un complesso di residence, ristoranti, night, boutiques, bar, dogana, banca, posta, ambulatorio, uffici comunali di polizia, rimessa e riparazione dei natanti, pompe per il
il succitato maxi-progetto non verrà mai realizzato, ma la Is Arenas aveva comunque realizzato nella sua proprietà un edificio adibito a centro operativo, un sistema viario di 35 chilometri, delle linee di interconnessione con l'ENEL (con tre distinte cabine di trasformazione), una rete idrica con 20 pozzi in collegamento con quella del Consorzio di bonifica del Campidano di Oristano, un campo sperimentale (6 ettari) per i manti erbosi e un impianto golfistico da tre buche con annesso campo di pratica;
nel 1974 l'avvocato Vallon cessava dalla carica di amministratore unico della società Is Arenas S.p.A. e subentrava il professor Piero Maria Pellò;
nel 1985 la società Is Arenas e l'amministrazione di Narbolia stabilivano che 60 ettari della pineta, destinati originariamente ad essere restituiti al comune per servizi di pubblica utilità, dovevano essere concessi gratis per 99 anni alla società. La motivazione che il comune adottò fu quella che non disponeva dei mezzi e delle capacità di gestione necessarie al mantenimento della pineta;
altro aspetto fondamentale dell'intesa riguardava la proclamata «proprietà» immobiliare su diversi ettari di terreno ad «uso civico». Si ricordi che secondo la giurisprudenza gli «usi civici» non possono appartenere ai privati o al comune che amministra quel pezzo di territorio, ma all'intera popolazione: sono inalienabili e imprescindibili senza il previo legittimo provvedimento di dismissione dell'uso civico, pertanto l'alienazione del terreno risulterebbe essere nulla e insanabile;
la Is Arenas in una planimetria catastale relativa all'accordo di programma del 8 settembre 1992 posto in essere con gli enti locali preposti, affermava di essere proprietaria di 9 ettari di terreno e di un terreno classificato dalla regione Sardegna nell'elenco degli appezzamenti soggetti ad «uso civico»: si tratta del terreno sito nel comune di Narbolia (foglio 1 mappale 9 denominato Paris-Pischinappiu);
l'interesse della Is Arenas ad appropriarsi del terreno ad «uso civico» veniva da lontano, come dimostra l'istanza del 22 settembre 1971 con cui la società chiedeva all'Assessorato regionale agricoltura e foreste la riconsegna dei terreni rimboschiti dalla Regione fra i quali, in elenco, figurava proprio il terreno destinato ad «uso civico» (foglio 1 mappale 9) che era in punto di diritto inalienabile (lo sono a tutt'oggi). La richiesta veniva approvata dall'allora assessore in data 3 marzo 1972;
nel mese di aprile del 1993 l'allora vice sindaco di Narbolia affermava che il terreno in questione non era di proprietà della Is Arenas, ma dell'Ospedale civile di Oristano;
in data 8 maggio 1995 il comune di Narbolia, dietro sollecitazione della Soprintendenza per i beni ambientali di Cagliari, comunicava che: «le aree di proprietà della Is Arenas s.r.l. (già S.p.A.) già gravate da usi civici (foglio 1 mappale 9), sono state alienate con deliberazione del podestà di Narbolia n. 42 dell'8 aprile 1942, perfezionata con rogito del segretario comunale in data 3 marzo 1944 e registrata ad Oristano in data 21 aprile 1944 (rep. n. 1102 vol. 188 mod. 1);
ad illustrare nei particolari il rocambolesco passaggio alla società Is Arenas del terreno ad «uso civico» di Paris Pischinappiu fu direttamente l'avvocato della Is Arenas s.r.l., dottor Andrea Delitala, il quale sottolineava che: «il terreno di cui trattasi è stato ceduto dal comune di Narbolia ad un privato, un ingegnere, che vantava un credito - a fine anni '30 - nei confronti del comune per opere professionali: il comune lo ha ceduto in quanto non aveva disponibilità finanziarie per saldare la parcella; alcuni anni dopo tale terreno è stato trasferito ad altro privato che, infine lo ha ceduto alla Is Arenas nel 1963» (verbale di udienza civile del 27 maggio 1996);
nel novembre del 1996 l'allora Ministro di grazia e giustizia, professor Giovanni Maria Flick, rispondendo ad una interrogazione parlamentare sugli «usi civici» affermava che: «è prevedibile che sarà necessaria un'azione di recupero di terreni assoggettati ad uso civico e interessati dalla speculazione abusiva, sia perché occupati abusivamente, sia perché non rientranti nelle condizioni previste dalla legge regionale. Tale azione di recupero dovrebbe spettare in primo luogo ai comuni per i quali i termini sono già scaduti, ed in via sostitutiva alla Regione sarda tramite un commissario ad acta»;
la società Is Arenas (la quale è composta da un imprecisato numero di altre società) successivamente operava un'alienazione interna e cioè cedeva un appezzamento di 58.000 metri quadrati, sul quale esisterebbe un diritto edificatorio per un albergo, alla società controllata Is Arenas Hotel del mare s.r.l. che sarebbe in realtà la Is Arenas Golf Club;
la Is Arenas pare che non includa il terreno gravato da «uso civico» nei piani di lottizzazione, ma l'asserita proprietà rimane un grosso «buco nero» -:
se non intenda adottare iniziative normative volte a consentire allo Stato di provvedere al recupero al demanio dei terreni assoggettati ad uso civico che siano stati illegittimamente alienati, ove si sia riscontrata l'inerzia degli enti locali e delle regioni interessate.
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