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sua riconducibilità ad una manifestazione di capacità contributiva. Quindi, il canone di abbonamento è da riconoscere in forza della mera detenzione di un apparecchio televisivo, indipendentemente dall'utilizzo che ne venga fatto o delle trasmissioni seguite o che per motivi orografici non sia possibile ricevere uno o più canali della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo;
perseguitato dalla Rai, che continua a minacciosamente a chiedergli il pagamento del canone di abbonamento alla televisione. Sono migliaia le segnalazioni di cittadini che lamentano continue angherie, intimidazioni, violazioni della privacy ed in alcuni casi vere e proprie persecuzioni da parte dell'Urar: da coloro che non sono possessori di un televisore o che ne hanno dismesso l'uso segnalandolo alla Rai o che sono in attesa del suggellamento, avendo fatto regolare disdetta la Rai, esige illegalmente il pagamento del canone;
del codice di procedura civile al proprietario dell'auto originale;
il pagamento del canone di abbonamento Rai, a norma dell'articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, convertito dalla legge 4 giugno 1938, n. 880, è dovuto per la semplice detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radiodiffusioni, indipendentemente dalla quantità e dalla qualità dei programmi captati. Col decreto ministeriale del 19 novembre 1953, l'assoggettamento all'obbligo del pagamento del canone ha riguardato anche i possessori di apparecchi per la ricezione delle trasmissioni televisive, che legittima il suo titolare e gli appartenenti al suo nucleo familiare a detenere apparecchi televisivi in ogni residenza o dimora;
la Corte costituzionale, con sentenze dell'11 maggio 1988, n. 535, e del 17-26 giugno 2002, n. 284, ha riconosciuto al canone la natura sostanziale di imposta, per cui la legittimità dell'imposizione è fondata non sulla possibilità del singolo utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo, al cui finanziamento il canone è destinato, ma sul presupposto della
la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo Rai collabora con l'amministrazione finanziaria, agenzia delle entrate Sat (Sportello abbonati tv), alla riscossione e alla gestione del canale televisivo, come previsto dall'atto aggiuntivo alla convenzione, stipulato con il dipartimento delle entrate dell'allora ministero delle finanze, dipartimento delle entrate. Tale collaborazione si estrinseca, tra l'altro, attraverso l'attività di recupero della morosità, ossia dei canoni non spontaneamente corrisposti dagli abbonati alle scadenze previste da legge;
l'agenzia delle entrate di Torino a coloro che hanno correttamente disdetto il canone fine 2002 o nel 2003 sostiene, per iscritto, quanto segue: 1) la disdetta è inefficace per la chiusura dell'abbonamento fino a che l'utente non rinvia alla Rai il questionario allegato; 2) con il questionario l'ufficio entrate di Torino obbliga sotto diretta responsabilità dell'utente a dichiarare il numero dei televisori da suggellare, le residenze e le dimore del nucleo famigliare anagraficamente inteso; 3) l'utente autorizza la guardia di finanza e non meglio citati organi competenti ad accedere alle residenze e dimore per procedere alle operazioni di controllo e di suggellamento, non essendo specificato se si tratti di un controllo successivo per la verifica dell'integrità dei sigilli o di una vera e propria ispezione «autorizzata» di dubbia legittimità; le risposte devono pervenire entro 15 giorni dal ricevimento, altrimenti le disdette vengono considerate inefficaci; la lettera di accompagnamento e il questionario richiamano il testo unico emanato con decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445, che, come si può verificare, permette all'amministrazione di richiedere i dati di persone diverse dal destinatario della missiva;
sono numerose le segnalazioni di comportamenti scorretti da parte degli «ispettori Rai», così si qualificano, preposti alla consegna dei bollettini postali per invitare i potenziali abbonati all'attivazione di un nuovo abbonamento Rai. Con riferimento a coloro che hanno effettuato la regolare richiesta di suggellamento dell'apparecchio televisivo, sono stati segnalati casi di «ispettori Rai» che al momento della consegna comunicano agli interessati, in modo del tutto scorretto, che sono tenuti a pagare il canone per il periodo che va dalla data della richiesta della disdetta alla notifica del bollettino «per nuovo abbonamento» per il mero possesso dell'apparecchio televisivo. Si tratta di un atto, ad avviso degli interpellanti, di grave scorrettezza nei confronti dell'utente. Il regio decreto-legge n. 246 del 1938 è molto chiaro a proposito;
a Seregno (provincia di Milano) un cittadino che ha effettuato regolare disdetta dal canone è stato contattato da un «ispettore Rai», che ha sostenuto che «non è più possibile chiedere il suggellamento del televisore», che «tale nuova disciplina è stata voluta dal Ministro Bossi e ormai la Lega controlla anche Rai tre» e che «se non paga il bollettino lui in persona può procurarsi un mandato». In provincia di Bergamo sono numerose le segnalazioni in merito ad un «ispettore Rai» che, contattando i potenziali abbonati, sostiene che: «visto che Rai due è tornata a Milano è stato proprio per volere del Ministro Bossi che gli ispettori Rai, lui compreso, si accingevano ad andare casa per casa per riscuotere il canone». Anche in questo caso la richiesta era stata rivolta a persone che avevano regolarmente disdetto l'abbonamento;
il quotidiano Il Giornale di domenica 4 agosto 2002, alle pagine 1 e 7, espone il caso del signor Sandro Cingolani di Campione d'Italia,
sono ormai migliaia le segnalazioni di casi in cui la Rai ha recapitato diffide agli utenti morosi o per libera scelta inadempienti, minacciando il «recupero coattivo dei canoni dovuti anche attraverso il fermo amministrativo dei suoi autoveicoli ed il pignoramento dei suoi beni, tra cui la retribuzione»;
le esattorie utilizzano il fermo amministrativo dei veicoli con funzione cautelare, previsto dall'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973. Tale blocco consiste nel divieto, trascritto al Pubblico registro automobilistico, di far circolare il veicolo, a pena del sequestro e di una sanzione da 327,95 a 1.311,98 euro, senza sospendere il pagamento dell'assicurazione e delle tasse di circolazione. Il fermo viene disposto in caso di mancato pagamento di entrate tributarie, decorsi sessanta giorni dalla notifica della cartella, viene iscritto al Pubblico registro automobilistico e solo successivamente comunicato al proprietario. Spesso è disposto anche sui veicoli strumentali, non è possibile sospenderlo e deve essere cancellato dal debitore con una spesa di 62,64 euro, oltre al pagamento delle spese di trasporto e di custodia del veicolo;
tale prassi è, ad avviso degli interpellanti fuorilegge, in quanto l'articolo 86, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 prevede un decreto, non ancora emanato, che stabilisce «le modalità, i termini e le procedure per l'attuazione di quanto previsto». Il fermo amministrativo dei veicoli con funzione cautelare è stato introdotto dall'articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 669 del 1996 e dalle relative norme attuative (decreto ministeriale 7 settembre 1998, n. 503), che imponevano la seguente successione di atti: notifica della cartella esattoriale, notifica dell'avviso di mora dopo il decorso dell'anno dalla notifica della cartella, richiesta di un pignoramento mobiliare negativo o incapiente, verbale di mancato reperimento dell'automezzo, fermo amministrativo, pignoramento entro i successivi sessanta giorni. Una prima modifica a tale normativa è stata disposta con l'articolo 16 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (rimasto in vigore dal 1o luglio 1999 all'8 giugno 2001), che, sostituendo l'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ha eliminato il requisito del previo pignoramento mobiliare negativo, ma ha lasciato in vigore il requisito verbale di mancato reperimento del veicolo ed ha imposto, ai fini di una più snella disciplina, un nuovo decreto di attuazione, mai emanato;
recentemente l'articolo 1, lettera q), del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193, ha modificato il comma 1 del nuovo articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, eliminando anche il requisito del verbale del mancato reperimento del veicolo, sostituito con «l'inutile decorso di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento». È stata lasciata, però, la menzione di quel decreto di attuazione, che non è stato ancora emanato e di cui oggi si avverte la necessità, in quanto mancano le norme per impugnare o sospendere il provvedimento di fermo amministrativo nei casi meritevoli di tutela, come: l'avvenuto pagamento, la sproporzione tra il bene vincolato e il debito residuo, la pendenza di sgravi, la sospensione della riscossione disposta dal soggetto creditore o dall'esattoria, l'impignorabilità dei veicoli strumentali, la contravvenzione elevata su un veicolo con targa donata, che sia divenuta definitiva per notifica ex articolo 140
è da segnalare che oltre il 50 per cento degli avvisi recapitati sono riferiti a canoni regolarmente pagati e non registrati oppure a segnalazioni non trasmesse per tempo dagli uffici postali. Inoltre, secondo alcuni impiegati dell'Esatri, ogni utente a cui viene recapitato un avviso di pagamento dovrebbe comunque pagare e poi, eventualmente, chiedere un rimborso. Poca trasparenza, quindi, difficoltà burocratiche ed incomprensioni tra i vari soggetti (le Poste, la Rai, l'Esatri) sono alla base di questo ennesimo pasticcio, che ricade su ignari cittadini vessati da questo tipo di sistema;
le associazioni a tutela dei consumatori hanno sottolineato come non sia in alcun modo possibile applicare la procedura del blocco dell'automobile in ragione di un ritardo o di un mancato pagamento del canone di abbonamento televisivo, in quanto si tratta di un fermo generalizzato e sistematico, che non tiene in alcun conto della concreta situazione in cui versa il debitore, cioè se questi si trovi in una situazione fortemente debitoria e se vi sia un reale pericolo di sottrazione. Non è stabilito né in forza di consuetudini, né tanto meno in base a norme vigenti, che lo Stato arrechi un danno tanto considerevole al cittadino per importi irrisori. Tale fenomeno è tanto più grave e significativo se riguarda la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, perché incide direttamente sul corretto rapporto con gli utenti e sulla regolare gestione del canone, dando luogo ad un sentimento diffuso di protesta e, soprattutto, di sfiducia nei riguardi dell'azienda stessa;
la diffida di tale tenore è fuor di ogni dubbio sproporzionata, vessatoria, antistorica, in contrasto con qualsivoglia principio di corretto rapporto tra concessionaria e utente del servizio pubblico;
i comportamenti esposti contribuiscono ad ingenerare un clima di protesta e di sfiducia nei confronti della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, con evidenti e gravi effetti sulla correttezza dei rapporti e sul buon funzionamento del servizio -:
nei limiti specifici delle proprie competenze istituzionali, se abbiano notizie circa l'entità esatta del fenomeno segnalato;
se non si ritenga di dover segnalare alla Rai la necessità di modificare profondamente le procedure di rapporto con gli utenti, con coloro che hanno operato correttamente la disdetta, recedendo da comportamenti persecutori che creano disagi ed angosce a migliaia di cittadini, soprattutto alle fasce più deboli;
quando sarà emanato il decreto attuativo dell'articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 e quale forma di tutela a favore dei cittadini verrà prevista di fronte all'utilizzazione sempre più massiccia da parte delle esattorie del fermo amministrativo dei veicoli con funzione cautelare, disposto in caso di mancato pagamento di entrate tributarie.
(2-00843) «Caparini, Cè».
(9 luglio 2003)