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nomi dei militari deceduti durante il servizio militare per il periodo su indicato e precedente al 1976;
salvataggio, dichiarò di avere udito invocazioni d'aiuto, il che lasciava supporre la sopravvivenza di altri uomini all'impatto, considerato che la missione nell'ambito della quale si verificò il tragico episodio era (paradossalmente) una missione internazionale di addestramento per il salvataggio, il che lasciava supporre la presenza in loco di uomini e mezzi addestrati ed efficienti per un immediato impiego teso alla localizzazione ed al recupero di dispersi; e considerato inoltre che il velivolo precipitava nei pressi di un centro abitato, non lontano dal teatro delle operazioni e delle sedi dei reparti coinvolti nell'esercitazione.
di metalli pesanti dalla forma sferica; tale forma si ottiene solo quando i metalli pesanti bruciano a temperature superiori ai 2.000 gradi centigradi: è scientificamente dimostrato che solo l'uranio brucia alla temperatura anzidetta;
nel 1991 il Parlamento italiano emanava una disposizione normativa che prevedeva, per le famiglie dei militari deceduti durante l'obbligo del sevizio militare, il diritto ad un indennizzo di 50 milioni di vecchie lire;
la disposizione normativa del 1991 prevedeva che il diritto all'indennizzo per le famiglie dei militari deceduti per causa di servizio fosse riconosciuto a partire dal primo gennaio 1969;
il 1o Ufficio dello stato maggiore della difesa redigeva nel 1985 un documento in cui veniva indicato in 3.132 il numero dei deceduti dal 1976 al 1984 per causa di servizio;
lo stato maggiore della difesa è dunque a conoscenza sia dei numeri che dei
i distretti militari conservano nei propri archivi tutta la documentazione inerente i casi e, quindi, i nomi e il numero esatto dei decessi per causa di servizio;
moltissime famiglie non sono a conoscenza del diritto al risarcimento e, di conseguenza, non producono le relative istanze;
quanto suesposto accade per il semplice fatto che il ministero della difesa a tutt'oggi non ha reso noto né l'esatto numero complessivo, che potrebbe essere di circa 10.000 casi, né i nomi dei militari inscritti nella categoria di «decesso per causa di servizio»;
più volte vi sono state sollecitazioni della associazione ANA-VAFAF (Associazione Nazionale Assistenza Vittime Arruolate nelle Forze Armate e Famiglie dei Caduti) a tutti i livelli istituzionali per sbloccare la situazione di stallo e di indifferenza da parte del ministero nei confronti di quelle famiglie che hanno perso i propri figli che adempivano al dovere del servizio militare -:
quale sia la ragione che impedisca a tutt'oggi al ministero di rendere noti sia i numeri che i nomi di quanti hanno perso la vita nello svolgimento della leva;
se intenda oggi il Ministro offrire questi dati (numeri e nomi dei deceduti per causa di servizio) e consentire alle rispettive famiglie di ottenere il risarcimento previsto dalla legge.
(4-07654)
nel tardo pomeriggio del 17 ottobre 2001 era in corso di svolgimento, in Grosseto, una esercitazione internazionale interforze denominata Squalo 2001 coordinata dal 4o stormo C.I. dell'Aeronautica Militare di Grosseto;
durante la predetta esercitazione, l'elicottero Augusta AB412 matricola Koala 9-07 MM81475 in dotazione alla Marina Militare 1a sezione volo elicotteri Guardia Costiera di Sarzana Luni (La Spezia) precipitava al suolo, a causa dell'impatto sul costone della montagna;
in occasione del disastro aereo perdevano, tragicamente, la vita quattro dei cinque membri dell'equipaggio dell'elicottero Augusta, ed in particolare i piloti Esposito Pasquale e Parmigiani Carlo, l'operatore di volo Michelangelo D'Onofrio, il motorista Pirrotta Massimo;
la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Grosseto apriva un'indagine su tali eventi a carico di ignoti, ipotizzando nel conseguente procedimento penale (il n. 6048/01/44 R.G.N.R.) i reati di cui agli artt. 449, 2o comma e 589 del codice penale;
nell'ambito delle indagini, veniva effettuata una perizia tecnica ad opera del Col. Vincenzo Lanza (ufficiale a riposo dell'A.M.) su incarico del Pubblico Ministero, tesa ad accertare le cause e le dinamiche del sinistro aereo in parola;
tali accertamenti evidenziavano alcuni aspetti controversi circa le modalità di svolgimento, organizzazione, coordinamento e conduzione dell'esercitazione citata, e delle operazioni di salvataggio e recupero dell'equipaggio vittima del disastro:
1) l'ordine di operazioni relativo al tragico volo in esame (che indicava specificatamente la zona di lavoro in mare, con relativo punto di ingresso da raggiungere dopo il decollo e da lasciare per il rientro) non solo veniva consegnato al Pilota Esposito appena trenta minuti prima dell'inizio della missione, ma anche, circa trenta minuti prima del decollo, veniva variato, il che impose una riprogrammazione della rotta;
2) le informazioni fornite dal 404o Gruppo Servizi Tecnici Operativi del 4o Stormo indicavano il rischio di formazione di foschie e nebbie nei bassi strati;
3) l'elicottero coinvolto nel sinistro non era dotato - sempre secondo quanto accertato dal consulente del Pubblico Ministero - delle apparecchiature tecniche indispensabili per effettuare voli notturni, nelle zone indicate e con le condizioni metereologiche accennate in assoluta sicurezza. L'aereomobile era sfornito di sistemi di registrazione dei dati di volo (flight data recorder) o delle comunicazioni fra i piloti (cockpit voice recorder). L'impianto cosiddetto flir per la visione notturna non era installato, perché la Capitaneria di Porto ne disponeva in numero limitato, ed il suo impiego non era previsto per le esercitazioni in oggetto; tra l'altro, il Col. Lanza non riusciva ad appurare se, ed in caso negativo per quale motivo, fosse attivato il sistema transponder che permetteva di visualizzare in tempo reale sui radar la rotta dell'elicottero;
4) nonostante il giudizio più che positivo espresso sull'addestramento e sulla competenza dell'equipaggio, il consulente del Pubblico Ministero evidenziava che la conoscenza della zona dell'esercitazione da parte dell'equipaggio era limitata a soli due voli diurni, peraltro condotti in zone diverse;
passando all'esame degli eventi immediatamente successivi alla caduta dell'elicottero, si deve sottolineare che, nonostante il mezzo fosse precipitato in una zona non distante dal teatro delle operazioni e dalle sedi dei reparti coinvolti nell'esercitazione, i primi soccorsi giunsero solo dopo un'ora e mezzo dall'accaduto, ad onta della segnalazione immediata del disastro ai Carabinieri del luogo;
l'unico sopravvissuto dichiarava, al momento stesso del suo salvataggio, di aver udito invocazioni d'aiuto da parte di un altro membro dell'equipaggio, che però non era riuscito ad identificare (circostanza confermata dalla relazione medico-legale stilata a seguito dell'esame autoptico eseguito sulle vittime);
infatti, tale relazione, se da un lato esclude che i componenti dell'equipaggio siano deceduti a seguito dell'incendio sviluppatosi dopo più di un'ora dalla caduta dell'elicottero sul luogo dell'incidente, dall'altro non stabilisce con certezza il momento del decesso delle vittime, potendo questo essersi verificato nell'arco di tempo compreso tra il momento dell'impatto e quello dell'incendio, e, conseguentemente, potendo ipotizzarsi la sopravvivenza di uno o più membri dell'equipaggio al momento della caduta -:
se non ritengano di intervenire con le più opportune iniziative per fornire una rispostadefinitiva circa gli esiti dell'indagine interna disposta dalla Marina Militare a seguito del tragico evento, spiegando:
a) i motivi per cui il piano di volo dell'elicottero poi precipitato sia stato fornito dall'equipaggio poco prima dell'inizio della missione, per essere poi modificato a ridosso del decollo;
b) i motivi per cui l'elicottero precipitato non fosse fornito di tutta la strumentazione atta ad assicurare condizioni di volo in perfetta sicurezza, considerato lo svolgimento della missione di notte, con condizioni meteo a rischio di peggioramento (come in effetti si verificò) ed in una zona caratterizzata dalla presenza di alture a ridosso del mare;
c) i motivi per cui si affidò una missione come quella descritta ad un equipaggio, seppure esperto ed addestrato, che non aveva esperienze di volo sulla zona interessata, considerato che l'elicottero precipitò a causa dell'impatto con il costone della montagna, verosimilmente a causa della scarsa visibilità ostativa al volo a vista;
d) i motivi per cui si giunse sul luogo del disastro solo dopo un'ora e mezza dall'impatto, considerata la tempestiva segnalazione dell'incidente da parte dei cittadini e dei Carabinieri del luogo;
e) i motivi per cui non fu possibile procedere ad un simultaneo recupero di tutti i membri dell'equipaggio, atteso che l'unico sopravvissuto, all'atto stesso del
(4-07664)
risulta all'interrogante che secondo il quotidiano Suddeutsche Zeitung, il governo degli Stati Uniti, conscio dell'impossibilità di attuare uno speciale sistema di «difesa» missilistico congiunto Nato in funzione anti Iran, paese con cui la Comunità Economica Europea ha importanti e pacifici rapporti di scambio, starebbe sondando la possibilità di stringere una serie di accordi bilaterali con alcuni paesi europei per consentire il dispiegamento sul loro territorio di un sistema di difesa missilistica puntato contro l'Iran;
i paesi che accettassero sarebbero compensati con particolari misure di assistenza finanziaria, scrive sempre il quotidiano citando fonti Usa -:
se anche il Governo Italiano rientri nel novero dei Paesi che gli Stati Uniti d'America vorrebbero impegnati in questo sistema di «difesa» e quali siano le intenzioni del Governo in proposito.
(4-07667)
dal 1999 ad oggi sono 23 i soldati italiani deceduti, dopo le missioni militari effettuate dall'Esercito italiano nei Balcani, a causa della patologia nota come linfoma di Hodgkin;
la Commissione Mandelli, istituita presso il Ministero della Difesa, si è occupata tra l'altro di studiare, nel corso di questi anni, se esisteva un rapporto diretto tra l'utilizzo di munizioni all'uranio impoverito e il manifestarsi nei militari, che parteciparono alle missione nei Balcani, del linfoma di Hodgkin;
il professor Martino Grandolfo, membro della Commissione Mandelli e Direttore dell'Istituto Superiore di Sanità, ha recentemente affermato che dal lavoro svolto dalla Commissione è risultata del tutto aperta la questione del rapporto tra uranio impoverito e linfoma Hodgkin, meritevole di un «supplemento di indagini» «che non sono mai state fatte»;
e dunque il professor Grandolfo ha sottolineato che l'uranio impoverito non è stato assolto come agente scatenante del linfoma, e ha specificato che la questione andava ulteriormente approfondita anche perché le informazioni in possesso della Commissione si sono basate su una letteratura scientifica che ha avuto come punto di riferimento Hiroshima e Nagasaki e altri eventi tragici: tutti casi di esposizione da irradiazione; in definitiva si è studiato solo il rischio di contaminazione radioattiva ma non il rischio rappresentato dalla cosiddetta esposizione interna, dunque un rischio di intossicazione chimica;
la differenza tra esposizione «esterna» (così come avviene per le radiazioni) ed esposizione «interna» non è irrilevante per il fatto che la Commissione Mandelli ha concentrato le sue attenzioni sui valori di esposizione esterna e non sulle problematiche di esposizione interna che hanno coinvolto i militari colpiti dal linfoma;
in una relazione resa pubblica dalla stampa, la dottoressa Antonietta Gatti, operante all'interno del Policlinico di Modena, ha dimostrato il nesso fisico tra il linfoma e l'uranio: nei tessuti bioptici dei militari malati sono state trovate nanoparticelle
un funzionario della sanità militare del Ministero della difesa, secondo quanto riportato dalla stampa, ha recentemente asserito che la versione ufficiale dei vertici militari doveva essere quella della non nocività dell'uranio, anche se i medesimi vertici militari erano a conoscenza della pericolosità delle munizioni all'uranio impoverito;
sulla tossicità chimica dell'uranio vi erano già degli studi fatti dai vertici militari italiani, vi erano dei rapporti redatti dai vertici militari statunitensi e vi erano anche dei rapporti interni della Nato;
il nucleo dell'Esercito italiano denominato NBC (Nucleare, Biologico e Chimico) nel 2000 aveva condotto uno studio sul «rischio uranio» che aveva evidenziato la pericolosità del metallo pesante non in termini radioattivi ma in termini chimici;
già nel 1984 esisteva un rapporto della Nato che allertava i paesi membri del rischio e delle conseguenze dell'uranio e contestualmente suggeriva le precauzioni da adottare;
i vertici militari e i Ministri della Difesa succedutisi negli anni erano certamente a conoscenza delle conseguenze che avrebbe comportato l'utilizzo di armi all'uranio impoverito; altrimenti non si comprenderebbe la ragione della istituzione, da parte della Direzione Generale della Sanità Militare, di quei «protocollo» Mandelli che prevedeva una serie di esami cimici ed epidemiologici a cui sottoporre i militari prima e dopo la missione nei Balcani;
furono molti i militari che si lamentarono del fatto che il protocollo Mandelli spesso non venisse applicato;
ai militari deceduti a causa del linfoma di Hodgkin non è mai stata riconosciuto il decesso per causa di servizio;
vale la pena di ricordare che tutti i Ministri della difesa che si sono succeduti dal 1999 ad oggi hanno sempre negato l'utilizzo, da parte dell'Esercito italiano, di munizioni ad uranio impoverito -:
se risultino agli atti a disposizione del ministero:
a) i motivi per i quali non venne concesso alla Commissione Mandelli un supplemento di indagini sul potenziale cancerogeno dell'uranio avendo gli stessi Commissari nella terza relazione fatta esplicita richiesta in tal senso;
b) la ragione per cui non furono mai resi noti i rischi a cui andavano incontro i militari italiani nell'utilizzo di armi all'uranio impoverito, nonostante il fatto che vi erano già da tempo rapporti interni della Nato e studi medici dell'Esercito italiano sui rischi di intossicazione chimica (e non solo radioattiva) dell'uranio;
quali provvedimenti si intenda assumere per il riconoscimento della (causa di servizio per tutti i soldati che, in seguito al servizio prestato nelle missioni militari nei Balcani, abbiano contratto la patologia nota come linfoma di Hodgkin; e cosa si intenda fare per risarcire le famiglie dei 23 soldati morti a causa della medesima patologia.
(4-07670)