Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 368 del 6/10/2003
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Discussione del disegno di legge: S. 1094 - Disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione (approvato dal Senato) (3599) (ore 15,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione.
La ripartizione dei tempi è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3599)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Ha facoltà di parlare il relatore, onorevole D'Alia.

GIAMPIERO D'ALIA, Relatore. Signor Presidente, come è noto la legge costituzionale n. 1 del 1999 ha modificato gli articoli 121, 122, 123 e 126 della Costituzione intervenendo nelle materie riguardanti la composizione e le funzioni degli organi della regione, il sistema di elezione


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dei consiglieri regionali, del presidente e degli altri componenti della giunta regionale, l'autonomia statutaria e lo scioglimento anticipato del consiglio regionale e la votazione della mozione di sfiducia nei confronti del presidente della giunta.
In particolare, il testo dell'articolo 122 della Costituzione ha cancellato il vincolo dell'elezione del presidente della giunta regionale da parte del consiglio tra i propri componenti e ha attribuito a ciascuna regione la competenza legislativa sul sistema di elezione dei consiglieri, del presidente e degli altri componenti la giunta, nonché la disciplina dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità degli stessi. Tale competenza della regione si esplica nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.
Il presente disegno di legge, già approvato dal Senato, individua i principi fondamentali cui le regioni dovranno uniformarsi nel disciplinare tali materie. Come è stato illustrato anche dal rappresentante del Governo in Commissione, il testo è volto ad avviare effettivamente l'attuazione, almeno per la parte statale, della legge costituzionale n. 1 del 1999. Il processo di riforma del sistema regionale si trova tuttora in una fase di gestazione che ciascuna regione è chiamata ad affrontare in piena autonomia. Con la definizione dei principi in materia di ineleggibilità, incompatibilità e del sistema di elezione del presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali e con le disposizioni sulla durata degli organi elettivi si intende, da parte del Governo e della Commissione, fornire una griglia di riferimento per la successiva legislazione regionale in materia.
Venendo ora alla illustrazione delle disposizioni recate dal presente disegno di legge, va subito sottolineata l'importanza sistematica del disposto dell'articolo 1 che prevede, in via generale, che le disposizioni del capo I (articoli da 1 a 4) individuano «in via esclusiva» i principi fondamentali concernenti i casi di ineleggibilità e di incompatibilità, nonché il sistema di elezione del presidente, degli altri componenti della giunta regionale e dei consiglieri regionali.
L'individuazione «in via esclusiva» dei principi fondamentali appare finalizzata ad escludere la possibilità di vincolare ulteriormente la legislazione regionale con altri principi fondamentali contenuti espressamente in altre norme o desumibili dalla legislazione vigente: pertanto, nelle materie sopra indicate, il legislatore regionale è tenuto ad osservare solamente i principi indicati nel presente provvedimento. Fino all'entrata in vigore delle disposizioni contenute nel presente disegno di legge si deve comunque ritenere, in coerenza con quanto dichiarato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 282 del 2002, che continuano ad applicarsi i principi desumibili dalla legislazione vigente. Nella citata sentenza la Corte ha, infatti, confermato la propria giurisprudenza - formatasi negli anni settanta, a partire dalla sentenza n. 39 del 1971 - in virtù della quale in materie di legislazione concorrente, in assenza di leggi statali recanti i principi fondamentali, questi possono essere desunti dall'ordinamento vigente.
L'articolo 1, nel testo trasmesso dal Senato, conteneva un comma 2 attraverso il quale si prevedeva che avrebbero continuato ad essere disciplinati anche dalla legge dello Stato i casi di ineleggibilità e di incompatibilità all'assunzione di incarichi pubblici da parte di componenti di organi costituzionali e di appartenenti ad amministrazioni od enti pubblici statali. Pertanto, con riferimento a tali categorie di soggetti, la disciplina delle situazioni di incompatibilità e di ineleggibilità sarebbe stata dettata non solo dalla legge regionale, ma anche dalla legge dello Stato.
Durante l'esame in Commissione, si è stabilito di sopprimere tale comma 2, anche alla luce di una recente sentenza della Corte costituzionale (n. 201 del 2003) che, seppure in riferimento a fattispecie diversa, quale quella della incompatibilità tra la carica di consigliere regionale e quella di sindaco nei comuni della regione medesima, è sembrata confermare


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i profili di problematicità costituzionale che tale comma 2 evidenziava in ordine al riparto di competenze legislative, in tale ambito, di Stato e regioni. Il disposto del comma 2, poi soppresso durante l'iter in Commissione, sembrava, infatti, legittimare una sostanziale sovrapposizione delle competenze legislative statali rispetto a quelle regionali. Allo Stato rimaneva il potere di disciplinare lo status dei propri dipendenti come esplicitazione del proprio potere di autorganizzazione, mentre le regioni intervenivano disciplinando le eventuali ineleggibilità ed incompatibilità alla carica di consigliere o presidente della regione, anche per i dipendenti statali. La Corte nella sentenza citata sembra invece aver escluso la possibilità di una sovrapposizione delle due competenze ed ammettere esclusivamente la competenza delle regioni, seppure nei limiti dei principi fondamentali previsti dalla legge dello Stato, secondo un principio di specialità. È sulla base di tali considerazioni che la Commissione ha deciso di sopprimere tale comma.
L'articolo 2 detta i principi fondamentali in tema di ineleggibilità, attraverso i quali sono definiti gli ambiti di intervento delle leggi regionali che provvederanno ad individuare ed a disciplinare i singoli casi. In via preliminare, l'articolo 2 fa salve le disposizioni legislative statali in materia di incandidabilità e dispone che i casi di ineleggibilità siano specificatamente individuati. Il testo dell'articolo 2, nel far salva la disciplina in materia di incandidabilità, circoscrive, comunque, l'ambito delle disposizioni legislative statali in materia di incandidabilità, ricomprendendovi soltanto quelle concernenti coloro che hanno riportato sentenze di condanna o nei cui confronti sono state applicate misure di prevenzione.
In materia di ineleggibilità sono fissati i seguenti principi fondamentali. Alla lettera a), si individuano come casi di ineleggibilità tutte le attività o le funzioni svolte dal candidato che possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori o violare il principio costituzionale della parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati. Tali ipotesi devono essere individuate anche con riguardo alle peculiari situazioni delle singole regioni. Alla lettera b), si dichiara l'inefficacia delle cause di ineleggibilità qualora gli interessati cessino dalle attività o dalle funzioni che determinano l'ineleggibilità, non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature o altro termine anteriore altrimenti stabilito, ferma restando la tutela del diritto al mantenimento del posto di lavoro. Alla lettera c), si prevede l'applicazione della disciplina delle incompatibilità alle cause di ineleggibilità sopravvenute alle elezioni, qualora ricorrano le condizioni previste dall'articolo 3, comma 1, lettere a) e b). Alla lettera d), si stabilisce l'attribuzione ai consigli regionali della competenza a decidere sulle cause di ineleggibilità dei propri componenti e del presidente della giunta eletto a suffragio universale e diretto. Tale competenza non viene configurata come l'esercizio di giurisdizione interna, posto che la norma fa salva la competenza dell'autorità giudiziaria. La norma garantisce, peraltro, l'esercizio delle rispettive funzioni fino alla pronuncia definitiva sui ricorsi. Alla lettera e), si prevede infine la possibilità di differenziare la disciplina dell'ineleggibilità nei confronti del presidente della giunta regionale e dei consiglieri regionali.
L'articolo 3 prevede che le regioni disciplinino le cause di incompatibilità nei limiti dei seguenti principi fondamentali: individuazione come causa di incompatibilità del caso di conflitto tra le funzioni svolte dal presidente o dagli altri componenti della giunta regionale o dai consiglieri regionali e altre situazioni o cariche che possano vulnerare i principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione o il libero espletamento della carica elettiva; individuazione come causa di incompatibilità del conflitto delle funzioni svolte dal presidente, dagli assessori o dai consiglieri regionali e le funzioni svolte dai medesimi presso organismi internazionali o sopranazionali; possibilità di individuare come causa di incompatibilità anche il contemporaneo svolgimento


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della carica di consigliere regionale e di assessore regionale; competenza dei consigli regionali a decidere sulle cause di incompatibilità dei propri componenti e del presidente della giunta eletto direttamente dal popolo (anche in questo caso è fatta salva la competenza dell'autorità giudiziaria a decidere sui ricorsi e l'esercizio delle rispettive funzioni è garantito fino alla definitiva pronuncia sugli stessi); possibilità di differenziare la disciplina dell'incompatibilità nei confronti del presidente della giunta regionale e dei consiglieri regionali; individuazione di un termine entro il quale, a pena di decadenza dalla carica, deve essere esercitata l'opzione o deve cessare la causa che determina l'incompatibilità, fermo restando il diritto al mantenimento del posto di lavoro pubblico o privato.
Durante l'esame in Commissione, in merito a questo ultimo aspetto, si è specificato che il termine entro il quale dovrà essere esercitata l'opzione decorrerà dall'accertamento della causa di incompatibilità; si è così, conseguentemente, ridotto tale termine da novanta a trenta giorni.
Per quanto riguarda la previsione della causa di incompatibilità per lite pendente con la regione, durante l'esame in Commissione si è differenziato il caso in cui il soggetto sia o meno parte attiva della lite; nel primo caso, si è previsto che possa sussistere comunque la causa di incompatibilità, mentre nel secondo caso si è previsto che possa essere prevista la incompatibilità esclusivamente nel caso in cui la lite sia conseguente o sia stata promossa a seguito di giudizio definito con sentenza passata in giudicato.
L'articolo 4 disciplina i principi fondamentali in materia di elezione degli organi regionali. In primo luogo, è indicato come principio la definizione di sistemi elettorali che garantiscano la formazione di maggioranze stabili nei consigli regionali e assicurino la rappresentanza delle minoranze. Si stabilisce, inoltre, la contestualità dell'elezione del presidente della giunta regionale e del consiglio regionale, se il presidente è eletto a suffragio universale e diretto, con la previsione di termini temporali precisi e tassativi per l'elezione del presidente e per l'elezione o la nomina degli altri componenti della giunta nella diversa ipotesi di elezione del presidente secondo modalità differenti dal suffragio universale diretto. Durante l'esame in Commissione si è specificato che tali termini temporali non potranno comunque essere superiori a novanta giorni.
L'attuale lettera c) dell'articolo 4 prescrive infine l'obbligo per le regioni di prevedere il divieto di mandato imperativo. Il testo approvato dal Senato, alla lettera c), prevedeva la possibilità di introdurre un'eventuale limitazione del numero dei mandati consecutivi del presidente della giunta eletto direttamente. Dopo un approfondito dibattito in Commissione, durante il quale si sono valutate anche formulazioni più stringenti rispetto al testo trasmesso dal Senato, si è deciso di sopprimere l'intera lettera, riservandosi comunque un'ulteriore possibile riflessione durante l'esame in Assemblea. L'articolo 5, infine, definisce in cinque anni la durata del mandato elettivo, fatta salva l'eventualità dello scioglimento anticipato del consiglio regionale. Il quinquennio decorre dalla data di elezione.
Dopo l'illustrazione del contenuto del disegno di legge giova sottolineare, come è stato fatto dal rappresentante del Governo in Commissione, il carattere di principio delle disposizioni contenute nel presente provvedimento, perfettamente in linea con il disposto dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione, e con la giurisprudenza della Corte costituzionale che spesso ha ribadito come non sia certo sufficiente l'autoqualificazione di «norma di principio» da parte della legislazione statale per assicurarne la conformità costituzionale e come sia invece necessaria una verifica sui contenuti sostanziali della legge statale, controllando la corrispondenza dei contenuti della legge all'enunciazione del suo carattere di principio. L'approvazione del provvedimento, in conclusione, potrà rappresentare una nuova fondamentale tappa del processo riformatore iniziato con la legge costituzionale n. 1 del 1999 e fornire alle regioni nuovi strumenti ed indirizzi


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per intraprendere un ulteriore passo in tale processo, al fine di dare corpo e sostanza ai principi della riforma superando, in piena autonomia, la fase transitoria disciplinata dall'articolo 5 della legge costituzionale sopra citata. È per tutti questi motivi che se ne auspica una sollecita approvazione da parte dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ALDO BRANCHER, Sottosegretario di Stato per le riforme istituzionali e la devoluzione. Signor Presidente, onorevoli deputati, intervengo brevemente in relazione al disegno di legge in esame per precisarne alcuni aspetti particolarmente rilevanti, senza soffermarmi sui contenuti di dettaglio che sono già stati ampiamente illustrati. L'articolo 122 della Costituzione, come sostituito dalla legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, prevede, al primo comma, che il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali, siano disciplinati con legge della regione, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.
Com'è noto, il previgente primo comma prevedeva, invece che il sistema di elezione, il numero e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei consiglieri regionali fossero stabiliti con legge della Repubblica. Con la riforma del 1999, quindi, è stata riservata alla regione la competenza legislativa in materia di ineleggibilità, incompatibilità e di elezioni regionali. Ciò nel quadro della più marcata autonomia regionale nella definizione della propria forma di governo e di organizzazione complessiva. Il Governo ha dunque inteso adottare questa iniziativa per offrire un primo contributo ed avviare effettivamente l'attuazione, per la parte statale, della legge costituzionale n. 1 del 1999.
Vorrei sottolineare in questa sede alcuni aspetti fondamentali. In primo luogo, un requisito necessario che il Governo ritiene debba essere primariamente soddisfatto dal disegno di legge in esame è costituito dal suo carattere di legge effettivamente di principio. Questa interpretazione relativa alle disposizioni di principio richiede - a seguito della riforma costituzionale del 1991 e, soprattutto, di quella del 2001 - un ripensamento dei metodi stessi della progettazione legislativa, chiamata ora più di prima ad un rigoroso rispetto di un complesso di limiti e parametri che ogni legislatore, sia esso regionale o statale, deve osservare.
In secondo luogo, nel momento in cui è individuata una normativa di principio - che tale intende essere non solo sotto il profilo formale -, è quanto mai opportuno attribuire ad essa carattere di esclusività. All'interprete è così offerta una chiave di lettura privilegiata, tale da evitare processi elusivi della disposizione, che portino ad individuare principi fondamentali all'interno di altre disposizioni sparse o asistematiche nel nostro ordinamento. Ovviamente, il carattere esclusivo del testo non implica la sua immodificabilità, ma soltanto il fatto che esso intende rappresentare l'unico punto di riferimento per il legislatore regionale e che potrà essere modificato o integrato, alla stregua degli altri recenti esempi offerti dal panorama normativo, previa espressa indicazione della norma del testo su cui si intende intervenire, ossia con la tecnica della novella legislativa. Ciò anche allo scopo di orientare al meglio il legislatore regionale nelle scelte che lo stesso dovrà adottare a valle evitando, nel rispetto dei migliori parametri di qualità della legislazione, sovrapposizioni, disorganicità e problemi di coordinamento testuale.
In terzo luogo, la materia affrontata presenta una contiguità strettissima - in particolare, le disposizioni sul sistema di elezione - con la definizione della forma di governo regionale che è rimessa - per espressa previsione costituzionale - all'autonomia statutaria.
Nel complesso si è inteso non vincolare il legislatore regionale con scelte imposte sullo specifico sistema elettorale tali da


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condizionare l'opzione relativa alla forma di governo. Il principio dell'autonomia statutaria in materia di forma di governo regionale richiede di non intervenire pesantemente sul sistema elettorale; altrimenti, potrebbe sussistere il rischio di ledere la riserva di statuto prevista dall'articolo 123 della Costituzione.
Appare comunque inevitabile che i nuovi statuti e le nuove leggi elettorali interagiscono tra loro rispetto alle scelte complessive adottate in materia di forma di governo. Occorre poi sottolineare come la scelta di alcune espressioni, come quella delle eventuali ipotesi di incompatibilità tra le cariche di consigliere ed assessore, risponda proprio al principio di autonomia, di cui le singole regioni potranno avvalersi in ordine alla scelta sulla forma di governo che in determinati casi - si vedano i modelli presidenziali o neoparlamentari - imporrebbe, secondo la dottrina che si ispira all'esperienza comparata, particolari forme di incompatibilità.
Si rammenta, inoltre, che già nel testo trasmesso dal Senato erano state introdotte alcune modifiche riguardanti, tra l'altro, l'estensione della competenza dei consigli regionali in materia di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente eletto direttamente e il mantenimento nelle funzioni dell'eletto fino alla pronuncia definitiva sui ricorsi in materia di incompatibilità ed ineleggibilità.
Nel corso dell'esame presso la I Commissione della Camera sono state introdotte ulteriori modifiche.
In primo luogo, esse concernono la norma sui casi di ineleggibilità e incompatibilità relative ai dipendenti statali, da disciplinare con legge dello Stato. Si è inteso stabilire che l'organo titolare della funzione organizzativa in un determinato ente debba disciplinare in via esclusiva dal proprio interno le relative incompatibilità senza interferenze esterne. Per queste ragioni si è reputato necessario, proprio per garantire la piena conformità al quadro costituzionale delle competenze legislative delineato dalla Corte, sopprimere il comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge.
La seconda modificazione apportata dalla Commissione interessa la formulazione della lettera d) del comma 1 dell'articolo 3 del testo. La nuova formulazione distingue opportunamente due ipotesi di incompatibilità per lite pendente. La prima ipotesi riguarda tutti i casi in cui uno dei soggetti di cui all'articolo 122, primo comma, della Costituzione sia parte attiva nella lite. La seconda ipotesi si verifica qualora la lite consegua ad un giudizio, in prevalenza penale, definito con sentenza passata in giudicato. L'incompatibilità per lite pendente è volta ad assicurare il disinteresse nell'esercizio delle funzioni elettive per evitare gli inconvenienti che potrebbero insorgere qualora lo stesso soggetto fosse, nello stesso tempo, amministratore e parte in una lite con l'amministrazione stessa. In particolare, la limitazione dell'incompatibilità del secondo tipo - candidato convenuto in lite sorta a seguito di un giudicato - è stata concepita anche allo scopo di evitare che la lite venga strumentalmente utilizzata come causa di ineleggibilità o di incompatibilità.
Inoltre, la Commissione ha soppresso l'articolo 4, comma 1, lettera c) del testo, concernente l'eventuale limitazione del numero dei mandati consecutivi del presidente della giunta regionale eletto direttamente, salvo aggiunte nel corso dell'esame in Assemblea.
Un'ulteriore modifica riguarda il termine per la decisione sulle cause di incompatibilità, già introdotto dal Senato e fissato in novanta giorni, che è stato ridotto a trenta, cercando di contemperare le esigenze istruttorie con le difficoltà di risolvere in termini eccessivamente brevi controversie originate da cause di incompatibilità.
Infine, è stato introdotto un termine massimo dall'insediamento del consiglio, non superiore a centoventi giorni, per l'elezione del presidente e dei componenti della giunta nel caso in cui il presidente stesso non sia eletto a suffragio universale e diretto. È apparsa infatti condivisibile la fissazione di un limite massimo e non una sua tassativa indicazione, nell'ambito del


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quale la legge regionale potrà a sua volta fissare un termine entro cui il consiglio dovrà procedere all'elezione del presidente, anche per non limitare oltremodo l'ambito discrezionale del legislatore regionale.
In conclusione, il Governo ritiene che il testo del disegno di legge, così come modificato dalla Commissione affari costituzionali della Camera, sia ampiamente condivisibile nei contenuti e per alcuni aspetti migliorativo del testo trasmesso dal Senato e ne auspica pertanto la tempestiva approvazione.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole sottosegretario.
È iscritto a parlare l'onorevole Carrara. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come è stato ampiamente detto e ripetuto, siamo di fronte ad un provvedimento che reca disposizioni attuative dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione.
Si tratta quindi di un provvedimento non eludibile e non derogabile la cui approvazione è estremamente necessaria ed importante, perché i paletti, in questo caso, vengono posti dalla Costituzione.
Cosa dice l'articolo 122, primo comma, della Costituzione? Dice che spetta alla legge della Repubblica stabilire i principi fondamentali in ordine al sistema di elezione e ai casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali. Sono paletti apparentemente chiari; tuttavia, credo che grosse difficoltà siano intervenute per chi ha dovuto stendere il testo originario. E ulteriori difficoltà sono emerse anche durante il dibattito. Il dibattito in Senato è stato estremamente civile. Anche i colleghi dell'opposizione hanno ritenuto di trovarsi davanti ad un provvedimento importante; anzi, hanno avuto espressioni inequivocabili. Il senatore Villone, per esempio, ha detto che siamo di fronte ad un provvedimento necessario e, al tempo stesso, difficile, perché ci si cimenta per la prima volta con l'applicazione dello schema principio-dettaglio in una materia come questa, che forse nessuno sa come trattare. Stiamo imparando. Il senatore Villone dice che stiamo imparando. E, una volta tanto, si sta imparando da una legge del centrodestra. Ma anche altri senatori si sono espressi in modo simile. Per esempio, il senatore Vitali ha detto che vi è da parte di tutti i gruppi il riconoscimento dell'importanza e della novità del disegno di legge in esame. Anch'egli dice: è la prima volta che si interviene con una legge di principi in materia di norme elettorali a livello regionale.
Si diceva che si tratta di una legge di principi. Spetta, infatti, alla legge dello Stato stabilire i principi fondamentali in ordine agli argomenti fissati dall'articolo 122 della Costituzione. Ma non è semplice stabilire quali siano i principi fondamentali e il rischio di una sovrapposizione di competenze è stato sempre dietro l'angolo. Tralascio le parti riguardanti i casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei consiglieri regionali, del presidente e dei componenti della giunta regionale; però, è fin troppo ovvio che la modifica dell'articolo 122, approvata in un clima politico diverso, offre spazi perché vi sia o vi possa essere una sovrapposizione fra la legge dello Stato, che deve dettare i principi, e le leggi regionali. Faccio un esempio: qual è la differenza tra il sistema di elezione citato al comma 1 dell'articolo 122 della Costituzione e la forma di governo di cui si parla all'articolo 123? È vero che si tratta di due cose diverse. Non c'è dubbio. Tuttavia, i confini tra il sistema di elezione e la forma di governo sono labilissimi. Credo ci sia un rapporto strettissimo tra il sistema di elezione e la forma di governo che ci si vuole dare. Ed è stato, quindi, inevitabile che sorgessero difficoltà e, qualche volta, anche incomprensioni durante l'esame di questo provvedimento, nei confronti del quale l'opposizione si è rivelata molto disponibile. Vorrei citare anche l'onorevole Bressa, il quale ha parlato di provvedimento delicato e complesso. L'onorevole Bressa, che più volte è stato critico nei confronti dei provvedimenti del


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centrodestra, in questo caso si è dimostrato - diciamo - molto comprensivo.
In realtà, bisogna risalire al momento in cui la Costituzione è stata modificata, vale a dire all'approvazione della legge costituzionale n. 1 del 1999. Quest'ultima legge, che voleva spingere i sistemi elettorali e le forme di Governo regionale verso l'elezione diretta dei presidenti, in analogia con i presidenti delle province e con i sindaci, in realtà, ha dovuto fare qualche concessione, lasciando aperta una finestra, affinché, prima o poi, si potesse tornare al passato. Questo sta già avvenendo in alcune regioni d'Italia, ed è forte la tentazione di abbandonare il sistema ad elezione diretta che è, invece, tanto gradito agli elettori di tutta l'Italia.
Un altro nodo è rappresentato dal numero di mandati consecutivi per i presidenti delle regioni. È di competenza dello Stato fissare un numero di mandati consecutivi? È competenza delle regioni? Certo è che sarebbe comunque utile stabilire che, per esempio, un presidente di regione non può ricoprire tale carica per più di due o tre mandati.
Sarebbe estremamente utile stabilire un limite. Si è tentato di farlo al Senato, così come alla Camera in Commissione affari costituzionali (e sull'argomento c'è un'ampia disponibilità da parte delle opposizioni). Speriamo che insieme si riesca a raggiungere una soluzione comune.
Infine, vi è un altro argomento, quello del conflitto di interessi, un tema che l'opposizione ha richiamato più volte, sia al Senato che alla Camera, forse per spirito o per amore di polemica. Credo che il conflitto di interessi, così come finora lo abbiamo trattato alla Camera, non sia di competenza delle regioni. Tuttavia, così come è scritto, il testo lascia ampia possibilità alla legge regionale di intervenire sull'incompatibilità e lascia ampio spazio per cercare di risolvere in qualche modo eventuali questioni riconducibili a ipotetici conflitti di interesse.
Riassumendo, si tratta sostanzialmente di una legge necessitata dal dettato costituzionale che si muove entro suoi limiti. Noi ci auguriamo che questo dettato costituzionale possa essere in futuro quanto meno rivisto e riscritto in maniera più organica, più semplice e più comprensibile per non dare adito ad interpretazioni contrastanti e a conflitti istituzionali.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, devo dire che stiamo oggi discutendo aspetti, ovviamente, di estrema delicatezza. Infatti, l'attuazione degli articoli 122 e 123 della Costituzione, quindi della riforma del titolo V della Costituzione, stanno impegnando il Governo precedente e quello attuale in un processo molto difficile e complesso, perché molto difficile e complesso è il processo di riforma istituzionale che si è avviata nella precedente legislatura.
Qui non posso non fare una annotazione di carattere personale. Infatti, quando la mattina apro il giornale, da comune cittadino, e leggo le dichiarazioni dei saggi riuniti, di quelli che vogliono nuovamente riformare la Costituzione, oppure dei leader della Casa delle libertà, emerge che, in realtà, il precedente Governo e la maggioranza dell'Ulivo non hanno cambiato quasi niente, hanno fatto una finta riforma. Poi, entro in quest'aula nella diversa veste di parlamentare e sento il sottosegretario (e, giustamente, i colleghi dell'opposizione) dire che la riforma che è stata approvata nella scorsa legislatura è complessa e profonda. Non so se sono io che ho una visione schizofrenica della realtà oppure, evidentemente, se fuori di quest'aula si dicono cose molto diverse rispetto a quelle che si dicono al suo interno.
Vorrei fare una seconda considerazione extragiuridica di carattere, ancora una volta, psicologico. Provo grande piacere quanto sento parlare con tanta serenità del tema del conflitto di interessi, così come ha fatto l'onorevole Carrara in questo momento. Mi rendo conto che parliamo del conflitto di interessi delle regioni che evidentemente non interessano il Presidente del Consiglio - non è detto, certo,


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può darsi che anche lì... -, ma non mi pare che altrettanta serenità vi è stata quando abbiamo discusso del problema del conflitto di interessi in quest'aula a livello governativo. In questo senso, prendo atto della dichiarazione dell'onorevole Carrara, e ne sono profondamente contento - anche perché ne ero profondamente convinto anche prima -, sul fatto che il conflitto di interessi è un aspetto delle ineleggibilità. Quindi - giustamente, ci dice l'onorevole Carrara -, se le regioni vogliono introdurre norme sul conflitto di interessi, non è necessario che introducano previsioni espresse sul conflitto di interessi, perché c'è la norma di principio dell'articolo 2, comma 1, lettera a), del provvedimento in esame che lo consente loro. Siccome l'articolo 2 parla di ineleggibilità, evidentemente, la maggioranza si è convinta che il conflitto di interesse è un'ipotesi di ineleggibilità, negando, però - mi consentirà il collega Carrara -, tutto quello che, in particolare, il ministro Frattini ci ha spiegato in quest'aula, secondo cui l'articolo 51 non c'entrava niente, non c'entrava niente l'ineleggibilità, in quanto il conflitto di interessi è un'altra cosa: non ho mai capito quale, perché si è sempre detto che l'articolo 51 non ne era interessato.
Detto ciò, credo che la delicatezza dell'attuazione degli articoli 122 e 123 sia sotto gli occhi di tutti, anche alla luce di ciò che sta accadendo nelle regioni e nelle previsioni degli statuti regionali; per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, stiamo verificando - credo che al riguardo una riflessione debba essere svolta anche a livello politico - l'emanazione di una serie di previsioni normative in controtendenza rispetto a ciò che sta intervenendo a livello nazionale, nonché al processo che si è avviato in questo paese fin dai tempi della svolta del maggioritario.
Mi sembra che, di fronte alla spinta verso la netta separazione tra il potere esecutivo e quello legislativo, al rafforzamento dei poteri decisionali, nonché a proposte del Presidente del Consiglio che vanno ben oltre quelle che dovrebbero essere le norme di delimitazione dei poteri del Premier, vi siano, a livello regionale, spinte in controtendenza, di natura esattamente inversa.
Tale ragionamento vale per le forme di Governo, nonché per le ipotesi di ineleggibilità e di incompatibilità; al riguardo, mentre sta maturando a livello nazionale la tendenza a riconoscere una sorta di ineleggibilità tra le cariche di consigliere e assessore, come del resto è previsto per gli enti locali, ciò stenta a prendere corpo o addirittura viene palesemente smentito nelle legislazioni regionali. È ovvio che la decisione, come previsto negli articoli 122 e 123, di riservare allo Stato solo la legislazione di principio e di lasciare piena autonomia alle regioni comporti una conseguente diversità di scelte da parte delle regioni; non si può, tuttavia, non compiere un'analisi politica del fenomeno che sta avvenendo e che mi sembra più incentrato sulla conservazione dei poteri che non sulla ricerca dei modelli migliori di gestione della cosa pubblica. Al riguardo, vi dovrebbe essere una riflessione assolutamente trasversale tra tutte le forze politiche.
Il provvedimento in esame è stato discusso in Commissione e con un dibattito sereno, nonché con la collaborazione del relatore (sempre attento pronto al dialogo con l'opposizione), sono state approvate una serie di modifiche migliorative del testo che ci è stato trasmesso dal Senato.
Credo vi siano alcune questioni che, a mio avviso, dovrebbero essere approfondite e migliorate. Resto, innanzitutto, convinto della necessità, in questa fase storica, di affrontare esplicitamente il tema del conflitto di interessi. Il problema diventa più rilevante, soprattutto quando ci si avvicina ai livelli più bassi o decentrati di Governo; è chiaro che più ci si avvicina all'elettorato, più, ad esempio, il possesso dei mezzi di informazione diventa un fatto condizionante la volontà popolare e, quindi, un modo di alterare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati.
Vi sono, del resto, esempi evidenti, anche in questo Parlamento, di sindaci diventati tali solo perché proprietari di


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televisioni locali, quindi con potenti mezzi di comunicazione a propria disposizione (non mi pare, pertanto, si possa parlare di esponenti di particolare spicco dal punto di vista delle qualità politiche).
Pertanto, più ci si avvicina al territorio e si decentrano le funzioni, maggiore diventa il problema della contiguità e della possibilità di condizionare l'elettorato; pertanto, occorrerebbe prevedere espressamente determinate norme al riguardo, anche se l'onorevole Carrara le ritiene inutili. Una norma inutile non è dannosa, mentre una norma non prevista lo può essere.
Allora perché non prevederlo espressamente? Sia ben chiaro - da tempo lo stiamo dicendo - che la previsione delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità risente di un'impostazione risalente a circa quarant'anni e oltre (una legislazione degli anni sessanta) e per situazioni totalmente diverse rispetto a quelle che viviamo fortunatamente oggi, grazie al progresso di questi quarant'anni. La legge deve prendere atto ed adeguarsi alle realtà storiche, che mutano in continuazione. Non a caso l'articolo 122 della Costituzione riserva alla legge, non allo statuto, la disciplina di principio, proprio perché vuole modificare spesso le cause di incompatibilità e di ineleggibilità.
Quelle che negli anni sessanta erano grandi cause di incompatibilità o di ineleggibilità sono oggi quasi inesistenti, mentre all'epoca non esistevano cause di ineleggibilità ben più importanti.
Un altro aspetto che merita un approfondimento, e che non so per quale ragione non venga preso in considerazione, - anzi, so per quale ragione, ma è sbagliato pensare di poter essere sempre in maggioranza (tra l'altro non glielo auguro), è relativo all'ipotesi, che noi prevediamo, di non affidare la disciplina delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità alla maggioranza, ma ad un organismo paritario; ciò rappresenta un'ipotesi degna di approfondimento. È chiaro, è naturale che una maggioranza si difenda; è nelle cose! Vi può essere il virtuoso parlamentare, ma nel suo complesso è naturale che una maggioranza si difenda e che difenda il potere conquistato. Come può allora una maggioranza decidere le cause di ineleggibilità di soggetti della maggioranza e di soggetti appartenenti all'opposizione? Non vorrei citare un caso personale, ma in questo Parlamento un famoso caso di un esponente della maggioranza è stato respinto in aula in poco tempo. Poi, il caso di un personaggio dell'opposizione, il sottoscritto, è stato respinto soltanto dopo la riapertura delle schede ed in quel caso si è visto che il ricorrente perdeva voti che andavano a favore del sottoscritto. Questo non per colpa di qualcuno: è nelle cose che le maggioranze si difendano.
Per quale ragione allora non istituire quei famosi contraltari che tutti citano? Siamo tutti maestri di diritto costituzionale comparato e citiamo le Costituzioni di altri paesi, dimenticando i contraltari presenti negli altri paesi.
Negli altri paesi non sarebbe nemmeno ipotizzabile che una maggioranza decida delle cause di ineleggibilità dei propri componenti.
Credo che questo meriti un approfondimento, come pure lo merita il tema dei termini che noi fissiamo, nella ipotesi in cui non ci sia l'elezione diretta del presidente della regione. A mio avviso, prevediamo termini troppo lunghi. Abbiamo vissuto la stagione in cui per mesi e mesi non si riusciva ad eleggere un presidente di regione o un sindaco. Siamo venuti fuori da quella stagione ed abbiamo, credo, la necessità di impedire che storicamente si ritorni indietro, perché non è positivo.
Mi rendo conto dell'affermazione e prevengo l'obiezione che formulerà il relatore per cui trattandosi di normativa di principio non possiamo restringere eccessivamente i termini. Tuttavia, francamente non so, proprio perché vogliamo affermare il principio per cui l'insediamento dei governi deve essere più rapido, e questo è un principio costituzionale, perché non si possa ridurre questo termine a garanzia del governo e del buon andamento della pubblica amministrazione, a prescindere


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da chi abbia il governo dell'ente. Non dimentichiamo infatti che in Costituzione vi sono tanti articoli che meritano rispetto.
Francamente pensare che una regione possa non avere il presidente, è sbagliato, pur nel rispetto dell'autonomia delle decisioni delle singole regioni.
Infine, vi è un punto che credo ci trovi sostanzialmente d'accordo nel merito, ma che ci ha creato qualche problema, diciamo, nella collocazione: è il problema della limitazione dei mandati. In Commissione abbiamo soppresso questa norma nella convinzione che essa riguardasse le forme di governo e, quindi, non l'attuazione dell'articolo 122 della Costituzione, bensì dell'articolo 123, pur essendo - almeno penso - un po' tutti d'accordo sulla necessità di prevedere una limitazione. Credo, quindi, che in aula durante l'esame degli emendamenti potremo ragionare - del resto ne abbiamo ragionato già prima informalmente - e prevedere non come forma di governo, ma come causa di ineleggibilità, un limite alla rielezione perché mi sembra che andare oltre un certo numero di mandati - personalmente penso due - crei una stabilità nel governo di una regione che non è auspicabile. Da questo punto di vista, quindi, pur condividendo la soppressione decisa in Commissione della norma, per come era formulata, credo però che abbiamo tralasciato il merito della questione; tuttavia, credo che avremo occasione, in aula, di approvare un emendamento che possa farci tornare sul merito e prevedere una limitazione nella ineleggibilità dopo un certo numero di mandati.
Credo che questi siano gli aspetti di approfondimento in una normativa che - sono d'accordo con quanto diceva il senatore Villone alla Camera - è un punto delicato, perché finora non avevamo la cognizione di quale fosse una normazione di principio. L'articolo 76 della Costituzione parla, infatti, di criteri e principi generali, ma la normazione di principi prevista nel titolo V è qualcosa di più generale di quella prevista dall'articolo 76. Stiamo costruendo, quindi, qualcosa di estremamente importante nell'attuazione della Costituzione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. La ringrazio, signor Presidente. Come è stato da più parti ricordato nei diversi interventi che mi hanno preceduto, il provvedimento in esame è un provvedimento particolarmente delicato ed importante: è la prima volta, infatti, che predisponiamo una legge quadro in materia elettorale in quanto prima si trattava di una competenza diretta. È, quindi, la prima volta che ci troviamo a disegnare questo difficile crinale tra il principio ed il dettaglio.
L'ha ricordato molto bene anche il collega Carrara, il quale ha commesso soltanto una imperfezione: noi tutti stiamo imparando perché stiamo applicando una legge che è stata approvata dal centrosinistra, onorevole Carrara, non dal centrodestra; noi stiamo attuando il nuovo dettato della Costituzione e insieme stiamo lavorando affinché questa legge così delicata e così importante possa essere la migliore possibile.
Come dicevo, è un compito molto delicato perché con la legge quadro non possiamo incidere sulla materia statutaria. Il sistema dei rapporti tra le fonti, con l'approvazione del nuovo titolo V, ha in qualche modo stabilito un sistema di relazioni estremamente chiaro: abbiamo la Costituzione e gli statuti regionali, abbiamo le leggi quadro e le leggi regionali di dettaglio. Quanto sia difficile muoversi in questo ambito è dimostrato anche dai fatti che accadono al di fuori di quest'aula. Un esempio per tutti, che vale la pena di ricordare, è lo statuto della regione Calabria, che voi tutti sapete ha creato non pochi problemi, anche di interpretazione del rispetto del dettato costituzionale. Quindi, credo che da parte nostra dovremmo fare il possibile e l'impossibile per non finire nella stessa condizione in cui è finita la Calabria, di vedere cioè questa legge impugnata dagli altri diretti interessati,


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in questo caso dalle regioni. Dobbiamo muoverci pertanto con molta circospezione e oculatezza.
Il lavoro fin qui svolto, tra il Senato e la Camera, da questo punto di vista, è stato, a mio modo di vedere, molto significativo, perché, pure di fronte ad una legge così delicata e complessa, mi pare di poter dire che il risultato che si sta producendo sia un risultato positivo.
Il dibattito che si è sviluppato, sia al Senato sia alla Camera, ha consentito di definire alcuni aspetti rispetto al testo iniziale. Per richiamare un esempio, abbiamo definito, in maniera, a mio avviso, convincente, la questione relativa al numero dei mandati, risolvendo la necessità di non interferire con l'autonomia statutaria. Tuttavia, come ha ricordato il relatore, resta ancora aperta una questione, sulla quale tornerò poi, riguardante il numero dei mandati. Il fatto di aver già risolto questo problema, rispetto al testo uscito dal Senato, mi sembra estremamente positivo. Ciò non vuol dire che abbiamo chiuso questa partita. Su questo argomento - lo ripeto - tornerò in conclusione del mio intervento. Credo sia stata importante anche la precisazione all'articolo 4, relativamente alla contestualità tra l'elezione del presidente della giunta e del consiglio regionale; se il presidente è eletto a suffragio universale e diretto, deve esserci la contestualità.
Relativamente al tempo entro cui un consiglio regionale è chiamato ad eleggere i propri organi, credo che la formulazione proposta dal relatore e fatta propria dalla Commissione sia un vero punto di equilibrio. Infatti, leggendo anche il parere della Commissione per le questioni regionali, mi sembra che, se accettassimo quel tipo di indicazione, vi potrebbe essere il rischio di uno slittamento involutivo. La sollecitazione del collega Marone è sicuramente suggestiva - ossia, prima c'è il Governo meglio è -, ma credo che, da questo punto di vista, i 90 giorni non possano essere considerati come un tempo insopportabile. Altre limature credo siano possibili in sede di lavori d'Assemblea, soprattutto una sarebbe auspicabile in tema di ineleggibilità e di incompatibilità.
Nel testo che abbiamo in discussione in aula, le ineleggibilità sono riferite alle ipotesi di turbativa della competizione elettorale e le incompatibilità sono essenzialmente riferite al conflitto tra funzioni svolte in qualità di presidente, di componente della Giunta, di consigliere e di altre posizioni o cariche. L'ha già detto precedentemente il collega Maroni e lo ripeto: è sparito completamente il conflitto di interessi in senso proprio, ossia il materiale conflitto di interessi con l'ente presso il quale si va ad espletare un mandato rappresentativo.
Posso anche concordare con il collega Carrara quando dice che, all'articolo 2, implicitamente, vi è questa possibilità di interpretare. Credo, tuttavia, che quest'Assemblea dovrebbe uscire un po' da questa logica dell'implicito a proposito di conflitto di interesse. Noi abbiamo discusso molte volte su questo argomento e la maggioranza ha sempre avuto un atteggiamento, mi si conceda, minimalista in termini di definizione di conflitto di interesse, talmente minimalista che ci siamo trovati, proprio la scorsa settimana, ad approvare, in via non ancora definitiva, il disegno di legge Gasparri, che è un monumento equestre al conflitto di interesse. Se dobbiamo avere una funzione pedagogica, facciamo un esplicito riferimento ed affidiamoci alla saggezza dei consigli regionali, nel tentativo di regolare una materia così delicata.
Le proposte emendative presentate restano entro l'ambito del principio generale e non vogliono, in alcun modo, sovrapporsi alle competenze proprie dei consigli regionali. Però, credo sia giusto definire, in maniera esplicita, l'esistenza di un conflitto di interesse come causa di ineleggibilità.
Sempre a proposito di ineleggibilità, vorrei riprendere un'altra questione molto delicata cui accennavo prima, vale a dire la questione del numero dei mandati. Se è giusto che sia stata stralciata, per come era stata scritta originalmente e perché sembrava essere un'interferenza indebita


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sull'attività dello statuto da parte delle regioni, credo che possiamo riflettere sulla questione del numero dei mandati tra le cause di ineleggibilità, altrimenti lasciamo una questione così delicata riguardante il numero dei mandati nelle mani dell'arbitrio delle singole maggioranze dei consigli regionali.
È una questione estremamente delicata perché potremmo trovarci di fronte, in una realtà rinnovata, profondamente rinnovata e così importante quale quella dei nuovi consigli regionali, a forme non tanto dei neopresidenzialismo, ma di neoimperialismo! Se non si definisce uno spazio di tempo, si corre il rischio di avere presidenti o governatori di regioni a vita.
Ora, esiste già, per quanto riguarda un'altra carica ad elezione diretta, anche se non così importante, quella dei sindaci, un principio che limita il numero dei mandati. A maggior ragione, per una realtà così delicata e complicata quale quella del governo di una regione, probabilmente, la definizione di un limite nei mandati, come principio generale, proprio per evitare che si possa scadere in forme di presidenzialismo imperiale, può essere in qualche modo auspicabile.
Un'ultima battuta. Come vede, sottosegretario Brancher, le questioni lasciate aperte dalla riforma del titolo V della Costituzione sono tante e numerose e meriterebbero un'attenzione costante e puntuale da parte del Governo. In particolare, sarebbe interessante che la stessa puntualità ed efficacia con cui il Governo si è mosso relativamente all'articolo 122 della Costituzione vi fossero anche relativamente ad altri articoli. Cito per tutti l'articolo 119: stiamo ancora aspettando che la commissione nominata dal ministro Tremonti sulla questione del federalismo fiscale produca qualcosa!
Mi viene da pensare che le scorciatoie di Lorenzago servano al Governo per mascherare l'incapacità di assumere decisioni vere ed importanti perché, quando vuole, il Governo sa decidere e sa proporre, come in questo caso; in altri casi, sembra ritrarsi sulla montagna, nel caso di specie sulle montagne di Lorenzago, dov'è più opportuno andare a cercare funghi (adesso ci sono pure). Onorevole Brancher, io e lei veniamo da quelle parti: è meglio che andiamo a cercare funghi a Lorenzago e lasciamo perdere la riforma costituzionale in quelle baite!

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bressa.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

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