...
N)
risparmio di imposta di cui avrebbe beneficiato Mediaset, società controllata da Fininvest, interamente posseduta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dalla sua famiglia, in virtù del condono testè varato dal Governo;
quanto proprietario di Fininvest (84,7 per cento di proprietà della famiglia Berlusconi), che a sua volta possiede la maggioranza (48 per cento) di Mediaset;
Pennacchi, Pinotti, Realacci, Rotundo, Ruzzante, Sandi, Stradiotto, Tocci, Tolotti, Trupia, Amici, Roberto Barbieri, Carli, Chiti, Magnolfi, Kessler, Manzini, Raffaella Mariani, Olivieri, Ranieri, Zunino, Cento, Michele Ventura».
il 30 dicembre 2002 il quotidiano la Repubblica aveva dato notizia del cospicuo
il giorno stesso su tale notizia - nella quale si evidenziava un ennesimo e lampante conflitto di interessi - vennero presentate in Parlamento interrogazioni volte ad appurarne la fondatezza, alle quali non è stata data ancora risposta;
il giorno seguente, il 31 dicembre 2002, nella conferenza stampa di fine anno il Presidente del Consiglio dei ministri dichiarò esplicitamente e formalmente che né lui, né alcuna delle sue società avrebbero fatto ricorso al condono, giacché i contenziosi aperti con l'amministrazione finanziaria avrebbero appurato l'assoluta correttezza del loro operato fiscale, rendendo inutile - ed anzi più gravoso - il ricorso al condono -:
se risponda al vero quanto riportato il 30 maggio 2003 da numerosi quotidiani secondo cui:
a) Mediaset, contrariamente a quanto assicurato dal Presidente del Consiglio dei ministri, avrebbe effettivamente utilizzato il condono con un versamento di 35 milioni di euro, a fronte di un dovuto pari a 197 milioni, ottenendo quindi un risparmio di 162 milioni di euro;
b) tale risparmio sarebbe tutto a beneficio di Fininvest, stante l'impegno di Fininvest ad assumere tutti gli oneri fiscali pendenti su Mediaset al momento della quotazione in borsa di quest'ultima;
inoltre - qualora tali notizie giornalistiche rispondano al vero - quali circostanze abbiano determinato una così palese difformità di comportamento di Mediaset rispetto a quanto dichiarato dal Presidente del Consiglio dei ministri, considerando che, in base a quanto sopra citato, è da escludersi che ciò sia stato deciso dal management Mediaset a propria tutela per evitare che l'eventuale onere fiscale derivante dal mancato ricorso al condono potesse costituire elemento di contestazione da parte degli azionisti: tale onere, infatti, sarebbe stato esclusivamente a carico di Fininvest, come a beneficio di Fininvest risulta essere il risparmio derivante dal condono;
infine, se anche questo episodio - che fa seguito al rilevante risparmio fiscale, peraltro contestato dall'amministrazione finanziaria, realizzato da Mediaset in virtù della prima legge Tremonti varata durante il primo Governo Berlusconi - non riproponga clamorosamente le distorsioni e le ambiguità del persistente conflitto di interessi, tanto più vistose se si considera che l'attuale Ministro dell'economia e delle finanze che ha varato il condono era, al tempo dei fatti contestati dall'amministrazione a carico di Mediaset, consulente fiscale della stessa Mediaset: sicché si da il caso di un imprenditore che è in lite con il fisco e che, divenuto Presidente del Consiglio dei ministri, sana quella lite grazie al provvedimento varato dal suo fiscalista, nominato per l'occasione Ministro dell'economia e delle finanze.
(2-00778)
«Violante, Agostini, Visco, Benvenuto».
(3 giugno 2003)
nel 2001 (interpellanza n. 2-00100 del 15 ottobre 2001) e poi ancora nel 2002 (interpellanza n. 2-00271 del 12 marzo 2002) è stato chiesto con atti di sindacato ispettivo al Ministro dell'economia e delle finanze di garantire che le strutture del ministero, in particolare l'agenzia delle entrate, continuassero il loro lavoro di accertamento e di lotta all'evasione fiscale, avendo particolare attenzione al caso Mediaset, anche per l'evidente delicatezza della situazione;
è del tutto evidente infatti che parlare di Mediaset significa chiamare in causa direttamente o indirettamente il Presidente del Consiglio dei ministri, in
la questione richiamata era l'oggetto della contestazione in corso verso Mediaset da parte dell'agenzia delle entrate di Milano di evasione fiscale per avere utilizzato la legge Tremonti (legge di agevolazione per i nuovi investimenti), per risparmiare (secondo le notizie di stampa) 197 milioni di euro di imposte, calcolando come nuovi investimenti diritti cinematografici (nel periodo 1994-95), che, in realtà, pare riguardassero film già proiettati in sale cinematografiche: su questo, come è noto, l'agenzia delle entrate hanno iniziato un contenzioso che ha avuto nel febbraio 2003 una sentenza di 2o grado a loro favore;
come è ovvio le agenzie delle entrate rappresentano in giudizio il punto di vista dell'interesse pubblico, che è quello di vedere pagate le tasse nei termini previsti dalle leggi in vigore;
in seguito, come è noto, sono state approvate le vigenti normative in materia di condoni e si apprende dalla stampa che Mediaset, malgrado le assicurazioni date il 31 dicembre 2002 dal proprietario di riferimento dell'azienda che questa non avrebbe chiesto condoni, ha chiesto il condono con l'effetto di sanare con la cifra di 35 milioni di euro un contenzioso riguardante, come ricordato, ben 197 milioni di euro;
risulta del tutto evidente che l'utilizzo del condono da parte di Mediaset conferma l'esigenza per l'azienda di rispondere alle contestazioni per evasione fiscale e questo contrasta con i tentativi di accreditare un danno alla sua immagine ogni volta che sono state ricordate queste contestazioni. Se le contestazioni per evasione fiscale fossero state ritenute prive di fondamento dall'azienda è del tutto evidente che non avrebbe speso 35 miliardi di euro, che si giustificano solo a fronte di un importo molto maggiore, di 197 milioni di euro di possibile esborso;
va aggiunto che la guardia di finanza, sempre secondo notizie di stampa, aveva a sua volta elevato un verbale a Mediaset riguardante il periodo fiscale 1996-2000. Resta, peraltro, una pendenza di Mediaset non condonata pari a 61,8 milioni di euro, in quanto, essendo già avvenuta una condanna nel febbraio 2003, la percentuale da pagare per il condono è salita dal 10 al 50 per cento, giudicata probabilmente troppo onerosa, e, quindi, si è scelto di tentare il ribaltamento della condanna nel terzo grado di giudizio. Va aggiunto che i condoni già utilizzati hanno anche effetti penali, in quanto le normative in oggetto prevedono espressamente l'estinzione dei reati penali conseguenti;
si può, quindi concludere, ad avviso degli interpellanti, che le normative approvate in materia di condoni riguardano l'azienda Mediaset, che, per l'intreccio descritto, è di proprietà del Presidente del Consiglio dei ministri, senza trascurare che, in conseguenza dell'utilizzo dei suddetti condoni, ci sono effetti anche sugli aspetti penali -:
se non si sia creata un'ulteriore ed evidente situazione di conflitto di interessi;
se il Ministro interpellato non intenda disporre uno specifico e rigoroso controllo anzitutto sui condoni esercitati da Mediaset e non ritenga necessario poi rafforzare la posizione che rappresenta l'interesse pubblico, con apposito mandato a stare in giudizio contro Mediaset per le parti di evasione ancora non risolte dai condoni.
(2-00805)
«Grandi, Adduce, Battaglia, Bielli, Fluvi, Gambini, Giulietti, Guerzoni, Maran, Maurandi, Nigra, Quartiani, Rugghia, Santagata, Sciacca, Susini, Bellini, Benvenuto, Bonito, Bova, Caldarola, Carboni, Cennamo, Chianale, Cialente, Coluccini, Crisci, Crucianelli, Galeazzi, Gasperoni, Grignaffini, Lettieri, Lolli, Mariotti, Motta, Nannicini, Nieddu, Oliverio, Ottone,
(17 giugno 2003)