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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Maura Cossutta ed altri n. 1-00175 (Nuova formulazione), Violante ed altri n. 1-00177 (Nuova formulazione), Burani Procaccini ed altri n. 1-00182, Bertinotti ed altri n. 1-00183 e Intini ed altri n. 1-00186 sulle questioni umanitarie conseguenti alla situazione irachena (vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Avverto che è stata presentata un'ulteriore riformulazione della mozione Cossutta ed altri n. 1-000175 e della mozione Violante ed altri n. 1-00177 (vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Avverto, inoltre, che sono state presentate le risoluzioni Craxi n. 6-00058 e Elio Vito ed altri n. 6-00059, entrambe pubblicate nell'apposito fascicolo (vedi l'allegato A - Risoluzioni sezione 2).
Ricordo che nella seduta di lunedì 31 marzo scorso si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
PRESIDENTE. Diamo ora la parola al Governo che esprimerà anche il parere sulle mozioni all'ordine del giorno e sulle risoluzioni presentate.
Il sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole Mantovano, ha facoltà di parlare.
ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei esprimere un parere motivato sulla mozione presentata dall'onorevole Maura Cossutta ed altri n. 1-00175 (Ulteriore formulazione), soffermandomi su alcuni argomenti che sono ripresi da mozioni successive sulle quali esprimerà il parere il sottosegretario, onorevole Boniver.
Il Governo si è posta la questione dei profughi provenienti dall'Iraq già in epoca antecedente all'inizio delle operazioni militari, nella prospettiva di valutarne attentamente ogni aspetto ed evitando il più possibile approcci emotivi o di subire scenari addomesticati e ritoccati per influenzare l'opinione pubblica. Con questi presupposti è stata operata un'analisi mirata a fornire una risposta efficace ed efficiente in termini qualitativi e quantitativi.
Secondo quanto comunica l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, che svolge una costante attività di monitoraggio delle frontiere, allo stato non si segnalano rilevanti flussi di rifugiati nei paesi confinanti con l'Iraq, anche per lo stretto controllo che il regime di Saddam Hussein esercita su quanti sono diretti verso il confine.
Il Governo sta valutando le iniziative da assumere in sede internazionale e comunitaria per il perseguimento dell'obiettivo, ritenuto prioritario, di prestare aiuto alle popolazioni nello stesso territorio iracheno o in territori limitrofi, anche in conformità alle recenti imposizioni comunitarie assunte nella riunione informale del consiglio di giustizia ed affari interni nei giorni 28 e 29 marzo scorsi a Veira, in Grecia. L'Alto commissariato si è pubblicamente dichiarato pronto, con campi già installati in Giordania, in Iran, in Turchia e con altri da installare nelle zone sicure delle Iraq; dispone, al momento, di aiuti per 300 mila persone e finora ha ricevuto contributi dai paesi donatori per oltre 30 milioni in di dollari. In occasione del vertice di Veira, a cui prima facevo riferimento, la Commissione europea ha comunicato di avere già stanziato 100 milioni di euro, di cui 21 milioni immediatamente disponibili.
È evidente che, se i profughi iracheni arrivassero effettivamente in Europa e in
Italia, il nostro paese, non mancherebbe di assumere iniziative di assistenza, ma ciò avverrebbe in un quadro di suddivisione degli oneri tra i vari Stati partecipanti all'operazione umanitaria. Le valutazioni dell'Alto commissario sono confermate, in Italia, dall'assenza di arrivi dalle aree colpite dalla crisi. Il dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno segue costantemente tale situazione.
Non va trascurato che la maggior parte degli stranieri giunti negli ultimi mesi in Italia, che avevano dichiarato di essere iracheni, è risultata appartenere ad altra nazionalità; in particolare, quelli giunti a Pantelleria e Lampedusa sono risultati per lo più di nazionalità egiziana. La guerra in Iraq concorre a provocare il fenomeno dei clandestini non profughi e neanche iracheni che, pur essendo partiti per l'Europa prima dello scoppio del conflitto, giungono in Italia soprattutto via mare e si qualificano cittadini iracheni, sperando di ottenere il permesso come rifugiati.
Credo sia superfluo ricordare la distinzione che, in ossequio alle disposizioni di diritto internazionale e di diritto comunitario, la nostra legislazione opera tra coloro che entrano irregolarmente in Italia: il mero accesso irregolare qualifica una condizione di clandestinità alla quale segue l'espulsione.
Dall'eventuale presentazione di richieste di asilo deriva, invece, l'applicazione della disciplina recata dalla convenzione di Ginevra e del 1951, ratificata dall'Italia, cui hanno fatto seguito atti normativi interni, inclusa l'accelerazione delle procedure introdotte dalla legge n. 189 del 2002. Le disposizioni contenute in quest'ultimo testo hanno previsto l'istituzione di commissioni territoriali al posto dell'unica commissione centrale, le quali operano con l'assistenza di organizzazioni umanitarie; è altresì previsto un riesame a seguito del rigetto senza che il richiedente asilo sia espulso.
L'ordinamento non consente la presentazione di richieste di asilo a rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, così come viene suggerita dalla mozione presentata dall'onorevole Maura Cossutta e da altre mozioni; per un'elementare esigenza di omogenea disciplina della materia, è del tutto inopportuno introdurre autonomamente tale possibilità fino a quando essa non verrà esaminata, ed eventualmente riconosciuta, in sede di Unione europea. Ricordo, in proposito, che il Consiglio dei ministri dell'interno della giustizia dell'Unione ha da tempo all'ordine del giorno il varo di una risoluzione sull'asilo e che la Presidenza di turno greca è fortemente impegnata per la sua adozione entro il primo semestre 2003.
L'ipotesi di rilevanti esigenze umanitarie in occasione di conflitti è disciplinata dall'articolo 20 del testo unico di dell'immigrazione, che prevede l'adozione di uno specifico decreto del Presidente del consiglio dei ministri, che stabilisca misure di protezione temporanee. A seguito dello stato di emergenza dovuto al continuo flusso regolare di stranieri sul territorio nazionale, dichiarato il 20 marzo 2002 e successivamente prorogato al 31 dicembre 2003 con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2002, è comunque già possibile l'adozione di misure straordinarie in materia di accoglienza di stranieri e, quindi, anche di eventuali profughi provenienti dalle aree interessate dal conflitto.
L'articolo 19 del testo unico sull'immigrazione prevede peraltro il divieto di espulsione dei cittadini extracomunitari verso quei paesi nei quali possano essere oggetto di persecuzione.
Dunque, qualora si realizzasse un esodo dalle zone coinvolte nel conflitto, sarà possibile ricorrere alle misure straordinarie di protezione temporanea, come quelle adottate in occasione della crisi del Kosovo. Tutto ciò rende non necessaria l'emanazione di un provvedimento normativo d'urgenza.
Riassumendo, il Governo è impegnato, per la propria parte, a prestare assistenza alle popolazioni coinvolte nel conflitto anzitutto nello stesso territorio iracheno o in territori limitrofi che si rendano disponibili anche in conformità alle recenti posizioni comunitarie; a concorrere alle iniziative che venissero assunte in seno al
l'Unione europea e a livello internazionale; a impegnarsi per ritrovare l'unità di intenti e di vedute in seno all'Unione europea.
Un cenno, da ultimo, alla lotta al terrorismo internazionale, solo un cenno perché credo che sul punto sia sufficiente richiamare integralmente le analisi e gli approfondimenti svolti dal ministro dell'interno Pisanu, nell'audizione svolta il 27 gennaio nelle Commissioni I e IV della Camera, che costituiscono una rappresentazione esauriente in merito al terrorismo di matrice islamica nel nostro paese, sia sotto il profilo delle nuove strategie di prevenzione e di contrasto definite sul piano interno ed internazionale, sia sotto il profilo dei risultati investigativi conseguiti fin da prima dell'11 settembre 2001 e che, dopo l'11 settembre, sono ancora più incisivi, essendo stato convertito il decreto-legge dell'ottobre del 2001, che estende alla prevenzione ed alla repressione del terrorismo misure investigative che hanno già dato buona prova nella prevenzione e nel contrasto della criminalità di tipo mafioso.
Queste strategie stanno dando risultati in costante crescita, a dimostrazione del fatto che l'impegno nel settore della sicurezza non è stato solo uno slogan, ma si è trasformato anche in fatti tangibili. Non voglio ricordare le varie operazioni svolte a partire dall'autunno del 2001 fino ad oggi, ma credo sia utile richiamare quelle ancora in corso a Milano e a Parma, che hanno portato finora all'arresto di quattro persone per associazione a delinquere finalizzata al terrorismo internazionale, e quella ancora in corso a Cremona, che ha portato anche all'arresto dell'imam della locale moschea, Mourad Trabelsi. Nell'indagine, peraltro, sarebbe coinvolto anche l'imam della moschea di Firenze, Mohamed Rafik.
Queste inchieste vanno ad incidere su uno stesso ambito operativo. La prima è nata una anno fa e, per alcuni versi, rappresenta la prosecuzione delle precedenti indagini che hanno portato allo smantellamento della cellula italiana ritenuta vicina ad Al Qaeda, quella guidata da Essid Sami Ben Khemais, condannato definitivamente a quattro anni e mezzo di reclusione. La seconda è una costola di quella chiamata Bazar, in seguito alla quale lo scorso ottobre sette islamici finirono in carcere. Tutti gli arrestati sono accusati per aver organizzato sul territorio italiano una cellula con struttura associativa inserita in una organizzazione terroristica transnazionale, il cui leader riconosciuto è l'emiro - tuttora membro di rilievo di Al Qaeda - Abu Mussab Al Zarkqawi, con la finalità, tra l'altro, di procacciare documenti falsi, di reclutare i fratelli ed eventualmente inviarli nei campi di addestramento, principalmente in Iraq.
In relazione al gruppo guidato da Essid Sami, vi sono ragioni per ritenere che, dopo lo smantellamento di tale struttura e l'intervento delle forze americane in Afghanistan, l'area delle cellule fondamentaliste si è trovata dinanzi l'esigenza di ridispiegare i propri uomini: dare vita ad un'altra struttura che, in contatto con altre cellule attive in Europa, consentisse di aiutare i militanti facenti capo all'organizzazione Al Ansar, presenti nella piccola zona del nord-est del Kurdistan iracheno, prossima all'Iran e ora bombardata dalle forze americane e inglesi. Al centro della nuova organizzazione, tra l'altro, c'è Abu Omar, l'egiziano presumibilmente rapito a Milano il 17 febbraio scorso, allontanato dalla moschea di via Quaranta perché privo di cautele nell'ospitare militanti provenienti dalla Cecenia.
Dalle indagini è emerso che Abu Omar era in contatto con gli esponenti del gruppo Al Jihad e con Es Sayed Abdelkader, altro personaggio rilevante nelle inchieste milanesi, probabilmente morto in Afghanistan. L'organizzazione, che aveva base a Milano, era in contatto, in particolare, con un'altra cellula recentemente sgominata in Germania, aveva poteri decisionali, agiva anche in varie località del nord Italia, come Parma e Cremona, anche per eludere le indagini che si erano concentrate nel capoluogo lombardo. Tra i compiti vi era quello di procacciare documenti falsi e di reclutare persone da
eventualmente inviare principalmente in Iraq, passando anche per i campi di addestramento in Siria gestiti dal mullah Fouad. Il gruppo aveva, inoltre, la disponibilità di appartamenti dove ricevere i coassociati al fine del proselitismo e del successivo invio nei campi di addestramento. Era dotato di telefoni satellitari per mantenere i rapporti con i capi dell'organizzazione all'estero, soprattutto siriani. Contava su una rete di fornitori fiduciari di documenti falsi e provvedeva ad una raccolta continuativa di denaro da inviare all'estero. Ho citato questo che è solo l'ultimo esito di investigazione che continuano senza sosta e che sottolineano, da un lato, l'impegno su questo fronte e, dall'altro, la necessità di una costante attenzione.
Per tutte queste ragioni e per le altre che saranno sviluppate più avanti dall'onorevole Boniver, esprimo parere contrario sulla mozione dell'onorevole Maura Cossutta 1-00175 (Ulteriore formulazione).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per gli affari esteri.
MARGHERITA BONIVER, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, desidero innanzitutto richiamare, in questa premessa, il contenuto delle comunicazioni rese dal ministro Frattini, il quale è intervenuto ieri di fronte alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, quando ha tracciato il complessivo quadro politico che ci troviamo di fronte. Il Governo sente il dovere, ancora una volta, di dichiarare la sua coerenza con le scelte fatte ed approvate in Parlamento, di solidarietà con le grandi democrazie, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, che sono, in questo momento, impegnate sul terreno.
Come ha detto ieri il ministro degli esteri, l'Italia non è belligerante ma non è neutrale. Il ricorso alla forza è certamente un fatto estremamente doloroso. Ci auguriamo che le vittime siano contenute al minimo e siamo certi che questa sia la strategia adottata dai comandi degli alleati.
Da parte nostra, non faremo mancare il nostro impegno per alleviare le sofferenze della popolazione civile e per far fronte alle ripercussioni politico-diplomatiche del postconflitto. Il Governo sta seguendo con la massima attenzione e sollecitudine le implicazioni di carattere umanitario della crisi irachena.
Allo stato attuale, le previsioni sui flussi di rifugiati provenienti dall'Iraq e legati al conflitto in corso, non necessariamente diretti in Europa, delle quali ha già parlato il sottosegretario Mantovano, sono, com'è noto, estremamente variabili. In questo momento, non sembrano trovare conferma le previsioni di un esodo di massa, tanto meno di un esodo verso il continente europeo. Occorre, al riguardo, considerare che il teatro di guerra è distante dal territorio comunitario e ne è separato da una sorta di cintura di paesi cuscinetto e da centinaia di miglia di mare. L'emergenza umanitaria irachena riguarda, nella presente congiuntura, soprattutto le internationally displaced persons (una sorta di sfollati interni), in particolare 300-450 mila persone che sarebbero già sfollate dalle città di Kirkuk e Mossul; sono presumibilmente quasi tutti iracheni di origine curda e si stanno dirigendo verso il Kurdistan iracheno.
Non si sono ancora registrati afflussi significativi di rifugiati verso i paesi limitrofi.
Con riferimento alle richieste in tema di aiuti umanitari contenute nelle mozioni in esame, desidero sottolineare l'importanza attribuita dal nostro Governo all'attivazione di tutti i canali multilaterali nel quadro dei programmi di assistenza umanitaria. Questa posizione, d'altra parte, è in linea con quanto è stato approvato, all'unanimità dei membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, il 28 marzo scorso, con la risoluzione n. 1472.
Al Consiglio europeo di Bruxelles del 20 marzo, l'Unione europea si era già espressa sulla necessità di un'azione coordinata per fronteggiare l'emergenza umanitaria in Iraq, sostenendo l'opportunità del ripristino immediato del programma cosiddetto «Oil for food». La Commissione
europea intende destinare, complessivamente, 100 milioni di euro per l'invio di aiuti, di cui 21 milioni già stanziati e 79 a valere sulla riserva per gli aiuti di emergenza. Diversi paesi dell'Unione europea, oltre all'Italia, beninteso, hanno già manifestato la volontà di contribuire a titolo nazionale. Così, tra gli altri, hanno fatto il Giappone, la Norvegia e la nuova Zelanda, mentre gli Stati Uniti hanno istituito un ufficio per la riabilitazione e l'assistenza umanitaria e, avvalendosi del programma alimentare mondiale, stanno provvedendo all'invio in Iraq di 610 mila tonnellate di generi alimentari, per un valore di 300 milioni di dollari.
Quindi, riassumendo, l'Italia partecipa già, per la sua quota parte, che è di circa il 13 per cento, al primo stanziamento della Commissione europea di 100 milioni di euro.
La risoluzione n. 1472 dell'ONU, appena adottata - ricordo, ancora una volta, che è stata adottata all'unanimità -, consente, per l'emergenza umanitaria, l'utilizzo di parte dei fondi del programma «Oil for food» (che erano stati accantonati) per l'invio, attraverso le agenzie delle Nazioni Unite, di aiuti urgenti alla popolazione irachena.
La stessa risoluzione concede al Segretario generale Kofi Annan l'autorizzazione a rendere immediatamente esecutiva una parte dei contratti firmati e già finanziati nella cornice «Oil for food». Annan si è impegnato ad assicurare un efficace coordinamento tra i diversi interventi delle agenzie dell'ONU attive in campo umanitario (sostanzialmente, PAM, UNHCR, OCHA, UNDP e UNICEF) ed a riferire al Consiglio di Sicurezza sull'attuazione del dettato della risoluzione prima dello spirare del termine di 45 giorni previsto nel testo.
Nell'attuale contingenza, spetta, dunque, sostanzialmente alle organizzazioni internazionali, specificatamente alle organizzazioni internazionali sotto l'ombrello dell'ONU, la leadership circa le modalità di intervento e l'effettuazione degli interventi mirati ad alleviare le difficili condizioni della popolazione irachena. I tempi accordati dalla risoluzione n. 1472 al Segretario generale Kofi Annan per dare esecutività ai contratti di maggiore priorità non sono lunghi, considerato che si tratta di 45 giorni. Dobbiamo augurarci che la ragione prevalga, anche all'interno della dirigenza politica militare irachena, per porre termine al conflitto e per consegnare il paese ad un futuro di pace e di progresso.
L'attenzione dell'Italia per gli aiuti umanitari si è già concretizzata in una prima serie di misure di emergenza predisposte dalla Cooperazione allo sviluppo, dipartimento del Ministero degli affari esteri, sia in territorio iracheno sia nei paesi limitrofi all'Iraq (ovvero, Iran, Siria e Giordania) per l'eventuale assistenza alle comunità di profughi o di sfollati.
Già prima del conflitto erano state poste in essere diverse missioni ricognitive, stabilendo inoltre contatti a New York, Ginevra e Roma con gli organismi multilaterali cui sono affidati compiti di assistenza umanitaria; ripeto, si tratta, sostanzialmente, dell'UNICEF, l'UNHCR, il Programma alimentare mondiale, il Comitato internazionale della Croce Rossa, l'UNDP, l'Organizzazione mondiale della sanità.
Sono stati quindi definiti dalla cooperazione interventi umanitari a supporto di queste agenzie delle Nazioni Unite e della Croce Rossa internazionale, che ha sede a Ginevra, che ammontano a circa 10 milioni di euro. Sono mirati al finanziamento delle operazioni in modo proporzionato all'entità delle richieste sinora avanzate e tengono conto del fatto che l'appello consolidato interagenzie per 123 milioni di dollari, annunciato con molta enfasi dal segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, risultava coperto all'inizio della scorsa settimana soltanto per 38 milioni di dollari circa.
Sarà comunque in modo particolare l'Alto commissariato per i rifugiati, l'UNHCR, a sostenere il maggior onere per l'assistenza ai profughi. In base all'evolversi della situazione, la nostra cooperazione allo sviluppo è pronta ad intervenire - tramite contributi all'Alto commissariato - per la realizzazione di programmi di assistenza ed eventuali comunità di
profughi ospitate nei paesi confinanti con l'Iraq. A questo proposito ho incontrato il Commissario straordinario Lubbers a Ginevra, qualche tempo fa, e, sempre a Ginevra, il presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa Kellenberger; ad entrambi ho illustrato la posizione italiana, il supporto italiano e il sostegno italiano.
Qualora la situazione dovesse richiederlo, soprattutto in assenza, al momento, di un significativo flusso di rifugiati verso i paesi confinanti, questo contributo potrà essere concesso a favore di organismi internazionali già attivi in Iraq, come, ad esempio, il Comitato internazionale della Croce Rossa, nonché una parte degli impiegati locali dell'UNICEF rimasti sul terreno.
La cooperazione ha inoltre programmato un sostegno anche alla Federazione internazionale della Croce Rossa e della Luna rossa per l'assistenza medica ai profughi nei paesi limitrofi, al Programma alimentare il mondiale per l'acquisto di derrate alimentari da distribuire alle vittime del conflitto, all'UNICEF (al fondo dell'ONU per l'infanzia, per l'assistenza alla componente infantile degli sfollati interni e dei profughi), all'OMS per interventi principalmente in campo sanitario e in risposta all'eventuale utilizzo di sostanze chimiche e biologiche, al Comitato internazionale della Croce Rossa per le attività, fino ad ora fondamentali, principalmente in campo sanitario e idrico in Iraq.
A tale pacchetto, primo stanziamento, di 10 milioni di euro si potranno infine aggiungere quei cinque milioni di euro a valere sul contributo italiano, già deliberato al Fondo fiduciario speciale della FAO per la sicurezza alimentare, per attività di riabilitazione agricola in Iraq da svolgersi, ben inteso, al termine del conflitto, ciò che porterebbe complessivamente a 15 milioni di euro l'investimento italiano nelle fasi dell'emergenza e di quella immediatamente successiva alla riabilitazione.
La definitiva messa a punto dell'intervento umanitario italiano sarà peraltro effettuata da un gruppo di lavoro per l'emergenza umanitaria istituito in seno alla Task Force Iraq, che si era costituita già da settimane presso il Ministero degli esteri, con compiti di coordinamento e definizione di strategie operative congiunte con altri le altre amministrazioni (Interno, Difesa, Dipartimento protezione civile in particolare).
Posso anche anticipare che la Task Force ha avviato la riflessione sul contributo che l'Italia potrà dare al dopo conflitto, per la ricostruzione politica, anzi, per la ricostituzione politica, democratica ed economica dell'Iraq una volta libero dalla dittatura.
Nella prima fase, quella immediatamente successiva alla cessazione delle ostilità, la nostra presenza nel paese non potrà che continuare ad avere un carattere umanitario (in settori tipicamente civili, come, ad esempio, quello medico-sanitario, ricordo che proprio a Bagdad, con i fondi della cooperazione è stato ricostruito un grande e importante ospedale) ed eminentemente mirata a far fronte alle esigenze di stabilizzazione. La sanità sarà, dunque, verosimilmente uno degli ambiti centrali del nostro intervento.
Occorrerà anche considerare i programmi di sminamento, il settore idrico e la riattivazione della rete energetica. Si tratterà di approntare i primi interventi urgenti di riabilitazione delle infrastrutture a beneficio della popolazione, quei progetti definiti dall'UNDP come progetti ad impatto veloce. Il ruolo dell'ONU nella fase successiva al conflitto sarà, ovviamente, di enorme rilievo. La pianificazione umanitaria si è del resto già messa in moto con un approccio corale, coordinato e responsabile.
Per quanto riguarda il quadro di riferimento in materia di accoglienza ai profughi ha già parlato il sottosegretario Mantovano ed, inoltre, si è già pronunciato sulla mozione Maura Cossutta ed altri n. 1-00175 (Ulteriore formulazione). Sulla mozione Violante ed altri n. 1-00177 (Ulteriore formulazione) il Governo non condivide la parte motiva, ritiene accettabile la lettera e) del dispositivo, nonché i due
impegni a seguire, dalle parole « a cooperare con i paesi direttamente coinvolti...» sino alle parole «...messa a punto delle condizioni essenziali per assicurare continuità nell'istruzione» e, da «a contribuire alla raccolta degli oltre 144 milioni di dollari...» sino alle parole «...per la tutela dei minori vittime delle guerre», mentre non accetta le restanti parti del dispositivo.
LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Quindi, se non capisco male, avendo espresso un parere favorevole su alcune parti e contrario su altre, sarebbe necessaria una votazione per parti separate.
MARGHERITA BONIVER, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Naturalmente, questo dovrà deciderlo il Parlamento.
LUCIANO VIOLANTE. Le chiedevo questo perché ci vuole una richiesta di qualcuno.
MARGHERITA BONIVER, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Io sto semplicemente illustrando la posizione del Governo sulle varie mozioni.
Ribadisco che, per quanto riguarda la sua mozione n. 1-00177 riteniamo accettabile la lettera e) del dispositivo e i due capoversi del dispositivo che seguono.
LUCIANO VIOLANTE. Mentre il passaggio relativo al terrorismo internazionale no?
MARGHERITA BONIVER, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Ripeto, riteniamo condivisibile e accettabile la lettera e) del dispositivo.
PRESIDENTE. Quindi, se ci sarà una richiesta di voto per parti separate, ci potrà essere una distinzione del voto generale rispetto a questo aspetto particolare.
Prosegua pure, signor sottosegretario.
MARGHERITA BONIVER, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Il Governo accetta la mozione Burani Procaccini ed altri n. 1-00182 mentre non accetta la mozione Bertinotti ed altri n. 1-00183. Per quanto riguarda la mozione Intini ed altri n. 1-00186 il Governo ritiene non condivisibile in via generale la parte motiva mentre, invece, trova accettabile nella sua interezza la lettera c) del dispositivo, che stabilisce «la preparazione dei presupposti per il passaggio dal regime di Saddam ad un Governo democratico liberamente scelto dal popolo iracheno sotto la supervisione internazionale».
Il Governo non accetta la risoluzione Craxi n. 6-00058, mentre accetta la risoluzione Elio Vito ed altri n. 6-00059.
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