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PRESIDENTE. L'onorevole Di Serio D'Antona ha facoltà di
OLGA DI SERIO D'ANTONA. Signor Presidente, l'8 novembre 2002 il commissario straordinario dell'IRCCS Lazzaro Spallanzani di Roma, il professor Raffaele Perrone Donnorso, ha emesso un'ordinanza resa operativa il 15 novembre 2002 con la quale si dà atto alla definitiva chiusura del reparto malattie infettive pediatriche del suddetto ospedale.
oggi non presente in aula. Sono lieta della presenza - autorevolissima - del sottosegretario Guidi, ma in questa circostanza, lo dico con tutta la stima che ho nei confronti del sottosegretario, avrei però gradito che a rispondere fosse stato direttamente il ministro, in quanto egli era presente sia alle affermazioni del professor Perrone Donnorso sia alle proteste dei genitori dei bambini che un tempo erano ricoverati, dei sindacati e delle associazioni. È per questo che avrei voluto vedere oggi presente il ministro, sebbene, lo ripeto, egli sia comunque autorevolmente rappresentato dal sottosegretario Guidi. Il professor Perrone Donnorso, in quell'occasione, disse che oltre 50 esperti provenienti dei paesi del G7 ed anche dal Messico si sarebbero riuniti nel marzo prossimo presso l'istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani di Roma in una conferenza, rigorosamente a porte chiuse, per discutere sulle procedure di isolamento dei pazienti colpiti da febbri emorragiche causate da virus e batteri.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, onorevole Guidi, ha facoltà di
ANTONIO GUIDI, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, colleghi, gentile interpellante, anch'io per stile personale ho sempre preferito - da ministro, nell'ambito della maggioranza o all'opposizione - che fosse il ministro a dare dignità a queste risposte, che forse hanno poco ascolto nella platea di quest'aula (lo dico da tanti anni) negli atti parlamentari ed anche nel sentire della gente (vorrei, veramente, che anche i resoconti stenografici, che tanto spesso rimangono un po' nascosti alla maggior parte di noi, tranne che per motivi di collegio, ma che costituendo una parte importante nella storia della nostra Repubblica, fossero più conosciuti). Pertanto, anch'io avrei voluto che rispondesse il ministro, ma so che non ha potuto.
non ha potuto. Ciò deve essere detto per chiarezza, per rispetto alla importante domanda che lei ha rivolto e perché il luogo in cui parliamo è importantissimo, sebbene, forse, poco compreso da chi di quest'aula ha poca memoria.
mondo. Un portatore di HIV si sente quasi obbligato a sentirsi un cittadino di un altro pianeta e questo è profondamente ingiusto, per lui e per i suoi figli.
oggi, ma da molto tempo che, per tanti motivi, l'ospedale Spallanzani, con questo patrimonio di personale - che va dal medico di eccellenza all'infermiere di livello inferiore (anche se non inferiore come persona) -, estremamente importante nella diagnosi, nella cura, nella riabilitazione, ma anche nell'accoglienza e nei rapporti, si è visto ridotta la sua rilevanza di centro di riferimento non solo per la regione Lazio, ma per tutto il centro-sud.
non sono «controparte» - e che le assicuro sono tutte animate dalla voglia di dare il meglio per questi sfortunati bambini, sfortunati perché forse si sono ammalati in un periodo molto difficile per loro. Ammalarsi è sempre difficile per un bambino, ma oggi un po' di più, quando sembra che la malattia debba essere risarcita più dal punto di vista economico che da quello tecnico-scientifico. Su questo, lo ripeto, sono sempre stato durissimo, perché la salute non ha prezzo e non è in vendita.
PRESIDENTE. Sottoscrivo queste parole, sottosegretario Guidi.
ANTONIO GUIDI, Sottosegretario di Stato per la salute. ...anche se in alcuni momenti divisi e in altri uniti, forse con grande passione. Ti ricordi, signor Presidente, scusami il «tu», ma me lo posso permettere se tu me lo permetti...
PRESIDENTE. È passato qualche anno.
ANTONIO GUIDI, Sottosegretario di Stato per la salute. ... Però con enorme rispetto reciproco e di questo va dato atto. Io mi sono tagliati i baffi; per il resto non è cambiato nulla, se non le posizioni politiche, non certo gli obiettivi.
Quindi, collega, non è possibile enunciare il teorema secondo cui si sarebbe chiuso un reparto per promuovere un'azione di difesa dal pericolo del bioterrorismo quando la strategia che ha comportato la riduzione dell'importanza di questo reparto è stata adottata molto prima della nascita del problema relativo al bioterrorismo e che si insediassero gli attuali amministratori.
PRESIDENTE. L'onorevole Di Serio D'Antona, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di
OLGA DI SERIO D'ANTONA. Signor Presidente, non sono assolutamente soddisfatta della risposta. Del resto, il sottosegretario Guidi intuiva che non poteva esserci soddisfazione in merito alla sua risposta.
ANTONIO GUIDI, Sottosegretario di Stato per la salute. L'ho detto!
OLGA DI SERIO D'ANTONA... nel fornire risposte che qualcun altro ha già dato e che lei non ha saputo dare.
ANTONIO GUIDI, Sottosegretario di Stato per la salute. No, ho chiesto tempo!
OLGA DI SERIO D'ANTONA. Allora credo dobbiate fare un po' i conti con queste contraddizioni perché le motivazioni fornite sono esattamente quelle che lei non condivide.
ANTONIO GUIDI, Sottosegretario di Stato per la salute. Cinque anni di contraddizioni nel precedente Governo!
OLGA DI SERIO D'ANTONA. Siamo d'accordo: l'ospedale Spallanzani ha sempre rappresentato, nell'ambito ospedaliero pubblico di Roma e del Lazio, un centro qualificato nella diagnosi, nella cura e nell'assistenza di bambini affetti da patologie infettive (è, quindi, un importante centro per lo studio e la ricerca).
ANTONIO GUIDI, Sottosegretario di Stato per la salute. È antica!
OLGA DI SERIO D'ANTONA. Una politica basata sul risparmio piuttosto che sulla qualità del servizio, teso alla salute ed al benessere dei cittadini.
ANTONIO GUIDI, Sottosegretario di Stato per la salute. Da anni!
PRESIDENTE. Sottosegretario Guidi, faccia parlare l'interpellante.
OLGA DI SERIO D'ANTONA. Rileviamo ancora una volta che si attua, adducendo motivazioni di riorganizzazione e di efficienza, il progressivo, sistematico smantellamento della sanità pubblica a favore di quella privata.
attesa per gli accertamenti diagnostici, nè vediamo un impegno sul fronte della prevenzione e della ricerca.
ANTONIO GUIDI, Sottosegretario di Stato per la salute. È fuori tema!
OLGA DI SERIO D'ANTONA. Del resto, la legge finanziaria appena approvata attua nell'ambito delle politiche sociali e sanitarie un grave arretramento che rischia di mettere in discussione la tenuta dell'intero sistema e che determinerà pesanti limitazioni nell'erogazione delle prestazioni ai cittadini, nonché un ulteriore assoggettamento delle prestazioni a ticket ed a forme di partecipazione alla spesa.
ANTONIO GUIDI, Sottosegretario di Stato per la salute. È un comizio!
OLGA DI SERIO D'ANTONA. La politica sanitaria adottata dal ministro Sirchia, così come quella del presidente della regione Lazio Storace, cui lei faceva riferimento, è la politica del risparmio che, tagliando prestazioni e diritti ed adducendo a pretesto la quadratura dei bilanci è a totale discapito della salute dei cittadini.
Il reparto pediatrico dell'ospedale Spallanzani, da oltre trent'anni, faceva fronte alle emergenze di malattie infantili provenienti dalla città di Roma e dall'intero centro sud. Si è portato così a conclusione un processo di smantellamento del centro pediatrico in atto da tempo attraverso una progressiva riduzione dei posti letto (da 30 a 16, poi a 10). A nulla sono valse le proteste dei genitori dei bambini ricoverati in detto ospedale, né le reazioni da parte dei sindacati, della stampa, del tribunale per i diritti del malato. La sconcertante decisione di chiudere il reparto pediatrico dell'ospedale Lazzaro Spallanzani allarma, allarma soprattutto perché tale scelta investe il diritto alla salute dei bambini che sono la parte più debole della società, la parte più bisognosa di protezione. La chiusura del reparto pediatrico fa sì che, in caso di emergenza, un bambino, anche se in età neonatale, debba essere ricoverato in realtà assolutamente inidonee, sia per la contiguità a malati adulti sia per l'inadeguatezza professionale del personale medico ed infermieristico.
Peculiarità dei reparti pediatrici dovrebbe essere quella di aiutare clinicamente il bambino e di sostenere, dal punto di vista psicologico, sia il bambino sia i suoi familiari, anche attraverso la creazione di un ambiente idoneo al mondo infantile. Appare evidente l'impossibilità di garantire tali condizioni in reparti per adulti. Inoltre, il ricovero di bambini in reparti per adulti li espone ad un grave rischio infettivologico, dovuto alle infezioni crociate, cioè quelle infezioni che possono essere veicolate dagli stessi operatori sanitari.
Apprendiamo, da una notizia di un'agenzia di stampa datata 21 gennaio 2003, un annuncio dato dallo stesso commissario straordinario Raffaele Perrone Donnorso alla presenza del ministro Sirchia,
Il commissario straordinario, professor Perrone Donnorso, accompagnato dal ministro in occasione dell'inaugurazione del nuovo padiglione Baglivi, ha inoltre annunciato, in detta occasione, che presso l'istituto Spallanzani troverà spazio un importante centro di ricerca contro i rischi da terrorismo biologico e chimico.
Chiediamo pertanto al ministro o, meglio, in questo caso, al sottosegretario, se esista una relazione tra quanto suddetto e la chiusura del reparto pediatrico. In tal caso, riteniamo che tale struttura avrebbe dovuto essere aggiuntiva piuttosto che sostitutiva. Riteniamo altresì che se i rischi relativi ad azioni terroristiche fossero tali da giustificare misure di questa gravità, i cittadini, quanto meno nella loro rappresentanza parlamentare, avrebbero il diritto di essere informati, a meno che tale struttura non abbia l'unica finalità di mettere un fiore all'occhiello di qualcuno.
Sappiamo che il commissario è stato accolto dalle proteste da parte dei sindacati, dei cittadini e di varie associazioni. Chiediamo quindi quali risposte intenda dare il Governo, quale sia la sua posizione rispetto ad una situazione di tale gravità e quali misure intenda adottare per far fronte all'emergenza rappresentata dalle malattie infettive pediatriche.
A volte accade che certi problemi, che sembrano locali, costituiscano segnali forti e, quindi, è giusto che un ministro risponda a piccoli, grandi problemi, parlando poi di grandi strategie. Tuttavia, il ministro oggi non ha evaso questa complessa risposta per la mancanza di argomenti, ma perché veramente non era in grado di farlo per motivi istituzionali. È la solita frase rituale, ma in questo caso il ministro Sirchia è prima di tutto un medico e non è potuto intervenire non per motivi istituzionali fantasmatici ma reali. Mi permetto, quindi, di domandarle scusa - sebbene sia irrituale - per il fatto che a rispondere è il sottosegretario e non il ministro. Ciò non è nel nostro stile e nemmeno nel mio dal momento che intervengo solo quando vi è una delega ad hoc che mi dà la facoltà di rispondere in luogo del ministro. Condivido il suo disappunto per il fatto che il professor Sirchia non sia presente. Egli avrebbe voluto venire, si era impegnato a farlo, ma
Detto ciò, non posso che apprezzare la sua interlocuzione, perché - correttamente - non ha parlato del momento attuale, ma di un percorso che interessa un periodo che va al di là di questo Governo. Con ciò non voglio creare un alibi a chi può non averne, ma lei correttamente ha parlato di un percorso che ha ridotto l'efficacia e l'importanza di un servizio. Di quale servizio stiamo parlando? Intanto, si sta parlando di un luogo di enorme importanza anche storica, non solo per i romani ma per il centro sud. Poi, se qualcuno di noi vuole dimenticare l'importanza della storia, facciamolo pure. A mio avviso, in questo paese che si chiama Italia, la storia è importante anche nella medicina. Credo sia fondamentale il ricordo delle nostre lotte, della Resistenza, in questa settimana dedicata alla memoria e, forse, questa «memoria» va rafforzata. Lo Spallanzani, da sempre, è un baluardo in difesa delle malattie infettive. Mi riferisco, ad esempio, alla tubercolosi, vecchia malattia che risorge, anche per un abuso di farmaci che sottintende errori e qualche volta lobby legate all'economia ed al farmaco su cui dovremmo vigilare maggiormente. Quindi, anche la tubercolosi che sembrava superata oggi, purtroppo, esiste ancora. Lo Spallanzani è sempre stato un luogo di riferimento: innanzitutto del sentimento della gente, che è il più importante, poi culturale, scientifico e tecnico, dunque a livelli diversi. In questo momento lo Spallanzani è un centro di riferimento di eccellenza per le malattie infettive vecchie, che purtroppo risorgono, e nuove.
Mi permetto - e chiedo scusa all'onorevole interpellante ed a lei, signor Presidente, che mi conosce da anni e sa che, forse perché psichiatra, parlo un po' troppo - di dire che il problema delle malattie infettive oggi è come non mai acuto. Ripeto ancora: si tratta della resuscitata memoria di malattie che credevamo eradicate dal nostro paese e della presenza di nuove malattie, come l'AIDS. Vi è anche il discorso legato alle malattie rare che spesso inducono, per la debolezza fisiologica della persona che le ha, soprattutto se si tratta di un bambino, l'acquisizione di malattie infettive.
Vi è, inoltre, il discorso legato all'immigrazione. Ho sempre considerato - e non me ne voglia l'interpellante per la ripetitività - l'immigrazione come un valore in senso assoluto e non come una sconfitta di un paese. Triste è quel paese che eleva barriere, fortunato quel paese che permette l'osmosi di culture e di civiltà. Non voglio farla lunga, ma quanto vale l'immigrazione! Certo, è necessario regolare, ma nel senso non poliziesco del termine perché l'irregolarità assoluta non permette al bambino di avere diritti e questo va superato.
Tuttavia, al di là di ciò l'immigrazione è un valore in assoluto perché ci arricchisce culturalmente. Il termine cultura, che a volte sembra una scatola vuota come il termine solidarietà, nasconde tanti valori: la letteratura, la storia, la sessualità, la musica, gli stimoli. Dunque, credo che l'immigrazione sia un valore in sé, certo va aiutato a vivere e non criminalizzato o penalizzato per la povertà, per le difficoltà, per la realtà legata a situazioni di accoglienza inaccettabili. Mi riferisco anche a Roma perché spesso parliamo e vediamo quello che è infinitamente lontano come se fosse infinitamente negativo, e magari non guardiamo i campi nomadi intorno a Roma, cioè quello che accade vicino a noi.
Quindi, accolgo la sua richiesta anche per stimolare un'attenzione verso queste persone che vengono con tanta speranza nel nostro paese o vengono cacciate dai loro paesi o dalla desertificazione e trovano in Italia pregiudizi, criminalizzazione, penalizzazione o servizi di accoglienza che non ci fanno onore: ciò va detto e ripetuto.
Vi sono poi i figli degli immigrati, ammalati di quelle malattie infettive che li fanno sentire quasi cittadini di un altro
Spero che lei, onorevole Di Serio D'Antona, ma anche il Presidente, mi possiate perdonare per questa premessa sicuramente troppo lunga che però era necessario fare.
Ebbene, in questo discorso si inserisce l'ospedale Spallanzani con la sua storia e con quella dei tecnici, dei medici, del personale paramedico e degli analisti; con una storia che diventa scienza e propensione all'accoglienza, ma anche di comunicazione difficile, anzi difficilissima, per chi, portatore (un «novello Atlante») di malattie infettive gravi, non solo si sente isolato all'esterno, perché considerato pericoloso (una situazione di manzoniana memoria), ma anche discriminato all'interno delle strutture ospedaliere.
Detto questo ed espresso quindi un grande apprezzamento - che non è affatto una captatio benevolentiae - rispetto alla sua interpellanza, onorevole Di Serio D'Antona, mi permetto di dire, esaminato il quadro, che è da tempo che si tende a ridurre di importanza un luogo che dovrebbe invece essere di importanza formidabile: quella di seguire, come centro di eccellenza, persone che hanno diritto-dovere al massimo dell'eccellenza e cioè i bambini con malattie infettive. È infatti evidente che nel bambino con malattie infettive gravi agiscono alcuni moventi (e non sto facendo una lezione ma sto valorizzando quello che lei ha detto, onorevole, anche se forse non ce n'è bisogno ma per rispetto della sua parola). Il bambino soffre per la malattia in sé, che spesso è portatrice di dolore: la terapia, le cure, lo stare in ospedale, la mancanza di rapporti con i coetanei, la carenza di rapporti con gli adulti, la frattura tra il proprio territorio di origine e la vita in ospedale. Essendo «infettivo» questo bambino più o meno consciamente si sente pericoloso e quindi isolato. Questo aggrava una situazione di dolore inaccettabile che ci richiede di impegnarci al massimo non per eliminarlo - questo sciamanesimo, in virtù del quale vorremmo che tutti ritornassero in salute, secondo me è quanto di peggio esista -, ma per curare, ridurre il dolore e se possibile guarire. Questo significa valorizzare chi ha lunga esperienza, così come valorizzare le strutture ed umanizzarle.
Oserei dire che vi è un aspetto che non abbiamo ancora toccato: le strutture per malattie croniche o infettive non vanno umanizzate a misura di bambino - e anche dell'adulto - solo per chi è ammalato, ma anche per chi va a visitare i malati. Mi sono permesso di dire - con questo non voglio eludere la sua domanda -, di proporre anche a voi, rispetto alle nuove e vecchie malattie (e a quelle infettive in particolare), che implicano degenze spesso di lungo periodo, che non va umanizzato solo il luogo dove il bambino esiste come malato, ma anche il luogo dove il bambino va a visitare gli adulti malati.
Infatti, spesso vi è un bambino sano, solo in casa che, quando va a trovare chi ama, si reca in un ospedale che non sa accoglierlo. Quindi, ci dovrebbe essere una visione bipolare: non solo umanizzare a misura di bambino gli ospedali per la loro malattia, ma anche umanizzarli, affinché i bambini, se sani, vadano a visitare l'adulto - spesso il genitore - malato di malattie infettive croniche in un ambiente accogliente.
Il bambino ha diritto al gioco e a disporre di locali che, se certo non surrogano completamente la sua casa, lo fanno soffrire meno a livello psicologico. Ma è anche vero che, spesso, vi è una cesura tra lui e i genitori che, quando sono ricoverati, si trovano in una situazione inaccettabile, in enormi spazi, con tanti letti, dove la privacy, l'amore, l'affettività del bambino sano non può conciliarsi con la situazione dei genitori malati di malattie infettive. Ecco perché l'interlocuzione di oggi dovrebbe aprire anche un percorso inverso: umanizzare per il bambino malato, umanizzare per il bambino che ha adulti malati.
Onorevole Di Serio D'Antona, lei ha detto molto correttamente che non è da
Con l'aumento del rischio delle malattie infettive - come ho già detto -, è evidente che questo centro avrebbe dovuto subire una valorizzazione non in chi erogava il servizio, ma nella conoscenza dello stesso servizio. Qui si è creata una schizofrenia della logica. La storia conta; infatti, più questo servizio per malattie infettive si qualificava, meno la popolazione, i medici di base e gli specialisti lo conoscevano. Perché i servizi per essere attivi non devono solo funzionare, ma devono essere pubblicizzati!
Dunque, pian piano, c'è stato un calo di utenza, determinato da una minor conoscenza di questo centro di riferimento e, probabilmente, anche dal sorgere di altri centri di infettivologia per minori nonché dalla lunghezza del periodo di diagnosi, cura e riabilitazione.
Quindi, meno di 500 bambini non significano un servizio sottoutilizzato, per i motivi che ho detto. Ma, forse, dipende dal fatto che la terapia, la diagnosi e la riabilitazione richiedono tempi lunghi. Di conseguenza, pochi bambini per un lungo periodo valgono come tanti bambini per un breve periodo.
Gentile interpellante, mi permetta di dire che questa visione ragionieristica della salute non mi ha mai trovato d'accordo, come non mi ha mai trovato d'accordo - e non parlo di questo caso - lo strapotere dei direttori generali o di chi li sostituisce. Essi hanno un ruolo di coordinamento ma non di sostituzione dei medici o dell'apparato sociosanitario, che sempre di più rischiano di essere esclusi dal dialogo tra chi cura e i bisogni delle persone in materia di salute e di malattia.
Per questi motivi, credo che, con calma e senza demonizzare nessuno, si debba intervenire in questa onnipotenza dei direttori generali i quali agiscono sulla base di un discorso generale, secondo me deviato: per troppi di loro il massimo dell'obiettivo è il risparmio. Il massimo dell'obiettivo non è il risparmio economico ma è il risparmio della sofferenza del cittadino, specialmente se bambino, anziano o donna. Questo va detto con forza. Bisogna trovare il denaro per finanziare la salute, la cura e la sanità.
Detto questo, la sua stimolazione cade in un momento importante di discussione su: «quale salute, quale sanità». Onorevole interpellante, avrei potuto eludere la sua domanda, dicendo che non è competenza di codesto Ministero della salute fornire risposte sull'assetto dello Spallanzani, perché questa materia è delegata al livello regionale e al livello locale. Non ho evaso la domanda. Non per narcisismo, ma perché è mio dovere-diritto, viste le deleghe sull'infanzia, mi permetto di aggiungere che ho convocato i medici, il tribunale per i diritti del malato e i sindacati della struttura ospedaliera per capire meglio la situazione e per sapere perché un reparto venga chiuso in un momento così critico per la salute dell'infanzia, anche rispetto alle malattie infettive. Oltretutto, come l'onorevole interpellante ha ben detto, chiudendo il reparto esponiamo il bambino e l'adulto ad infezioni incrociate. Il bambino viene trasferito in reparti per adulti: quindi, il bambino può infettare l'adulto con una bassa soglia di difesa immunitaria o viceversa. Con questa strategia facciamo ammalare di più chi è più - tra virgolette - indifeso.
Onorevole interpellante, mi permetto di valorizzare ciò che lei ha accennato: in questo modo riduciamo, diluiamo, eliminiamo la cultura, la scienza e la coscienza di un gruppo di persone che, negli anni, si è specializzata sull'infanzia. Ripeto ancora: per capire la malattia che il bambino ha, ma anche per gestirne le dinamiche che per brevità definisco psico-affettive e relazionali. Come le dicevo, onorevole interpellante, ho convocato le parti - che
Per quanto riguarda i poteri, non deboli, ma settoriali, ho convocato le parti ed ho insediato un tavolo di discussione sulle malattie infettive d'infanzia con lo Spallanzani. Se lei me lo permetterà, tra tre mesi o dica lei quando - mi dia lei il tempo: tre mesi non si negano a nessuno -, in qualsiasi ruolo avrò, da medico - e ci vedremo fuori - o da sottosegretario - se ci sarò ancora, perché ognuno è pro tempore -, io relazionerò a lei, alla cittadinanza e ai tecnici sul tavolo di discussione che su questo tema abbiamo installato: si tratta di un termine molto da elettricista, ma non me ne vengono altri.
Quindi, le chiedo 90 giorni di sospensione, come direbbe Marzullo, per capirci e per capire, anche se ci stiamo avviando verso un processo di chiarezza. Tuttavia, come lei, ritengo che ai bambini ammalati di malattie infettive gravi o ricoverati per altre diagnosi un servizio di eccellenza va dato anche se fossero pochi; eliminarlo, in ogni caso, sarebbe un errore. Su questo, quindi, io le chiedo - e so che lei sarà insoddisfatta - un periodo di chiarimento rispetto alle deleghe che ho. Tuttavia, c'è un punto su cui mi permetto di intervenire con la stessa franchezza di cui lei, signor Presidente - ci conosciamo da anni - mi deve dare atto, una franchezza anche scomoda per me e per chi mi ascolta. Potevo anche dire che non è delega nostra; invece, come vede, mi sono dilungato e forse mi sono anche un po' messo - nel fervore della passione politica e anche da tecnico - in una posizione scomoda. Tuttavia, la nostra delega è anche di essere scomodi, con noi stessi e con gli altri, altrimenti che senso ha fare politica? Da tanti anni anche insieme ...
Io le chiedo questo, onorevole interpellante. Sul discorso della «infettivologia bambina» io le chiedo un periodo di tempo e poi torniamo a discutere, anche per ammettere di aver sbagliato, non io che non ho questo ruolo, ma per quel poco che potevo dare - forse non l'ho dato - in termini di contributo per fare rifiorire un'azione verso questa infanzia così sfortunata, anche dati i tempi.
Le ripeto, gentile collega - o ex collega, poiché mi trovo a parlarle in quest'aula solo come sottosegretario e non come eletto -, non facciamo di questa vertenza in favore dei bambini un fatto di appartenenza creando fantasmi dove non ve ne sono. Il problema della chiusura di un reparto riguarda la chiusura di un reparto: discutiamone, parliamone in aula, in Commissione, con la gente e con il ministro. Comunque, affermare che questo reparto è stato chiuso in favore di altre azioni da lei definite «fiori all'occhiello» non è coerente perché vi erano spazi e risorse. Inoltre, come lei ha detto, la strategia, l'azione di riduzione - valuteremo in seguito se positiva o negativa - dell'importanza di questo centro è stata adottata molto prima della nascita di questo terribile termine chiamato bioterrorismo.
Con molta chiarezza insisto nel dire che, senza sovrappormi alle scelte dei direttori generali o dei sostituti - poiché queste ultime spettano loro -, ho un'interlocuzione costante con i tecnici che hanno gestito questa realtà. Su questo potremmo trovarci d'accordo entro poco tempo, ma non prestiamo il fianco a dietrologie che non hanno senso; chiudere un reparto per parlare di bioterrorismo non ha veramente senso poiché vi era spazio per l'uno e per l'altro, sempre che l'uno e l'altro abbiano senso. Per quanto mi riguarda il bioterrorismo lo lascio alla competenza dei tecnici e del ministro, invece, per ciò che riguarda le infezioni infantili, ho voce in capitolo e cercherò di fornirle, nel più breve tempo possibile, la risposta più adeguata. Nel fare questo non mi rivolgerò solo a lei e questo non per mancanza di rispetto nei suoi confronti, ma per dar voce a chi non ce l'ha. Credo che i bambini che sono colpiti da malattie infettive - per tutto quello che non ho detto soltanto io, ma per quello che ci siamo detti - debbono avere una risposta di eccellenza fornita da gente che si dedica da tempo a questo settore; ciò, al di là delle strategie partitiche che non lasciano il tempo che trovano, ma che hanno tempi ben diversi da quelli dei bambini. Noi discutiamo in aula, facciamo comizi, andiamo in video parlando dei nostri tempi di adulti e della politica, ma non parliamo dei tempi dei bambini che vivono la malattia come se fosse uno stato senza fine, una sofferenza eterna: è su di loro che dobbiamo interrogarci.
Le assicuro (la ringrazio per averci interpellato e chiedo ancora scusa per l'assenza del ministro che più di me avrebbe saputo motivare le risposte in quanto è un tecnico di eccellenza) che entro 90 giorni potrò riferire meglio, con maggior documentazione, in merito a ciò che sta accadendo: ci stiamo documentando per capire quello che è accaduto da tanto tempo, per parlare con chi ha deciso da tanto tempo, nel medio tempo e oggi, non con una visione poliziesca. Non si vive, infatti, nei reparti con la pistola sotto la giacca, ma con la voglia di curare e di lenire il dolore.
Le assicuro, pur sapendo di non essere stato all'altezza di una risposta (si tratta, infatti, di una risposta complessa), che il Ministero della salute, il ministro Sirchia, i sottosegretari Cursi e Guidi hanno posto attenzione a questo settore anche se non è di carattere nazionale e ciò è un segnale di estrema importanza. Prestare cura ai bambini malati di malattie infettive è un faro di civiltà che non può essere spento.
Dobbiamo capire meglio perché ciò è accaduto negli ultimi 10 o 15 anni. Oggi è stata trovata una soluzione che può non essere la migliore, ma comunque dobbiamo verificarla. Mi scusi ancora, signor Presidente, e grazie onorevole interpellante.
Signor sottosegretario, apprezzo il suo buon cuore, le sue buone intenzioni; le dico che la sua introduzione (ha avuto per il suo intervento un certo tempo a disposizione che a me non sarebbe stato consentito) potrebbe tranquillamente essere considerata come l'introduzione della mia interpellanza. Apprezzo le parole che lei ha pronunciato nella sua introduzione. Colgo anche un suo forte disagio come è normale che sia, una sua difficoltà...
Vorrei rilevare un aspetto: il suo sentire (che rimarrà agli atti) e le sue buone intenzioni non so quanto siano, in realtà, in sintonia con le politiche del suo ministro che lei rappresenta in quest'aula. Il professor Perrone Donnorso, con il quale il ministro sembra essere in sintonia (visto che era presente in quella circostanza e si è trovato anche lui in momenti difficili), ha fornito alcune motivazioni di carattere esclusivamente economico (lei lo ha sottolineato perché ne è consapevole). Riscontro la sua difficoltà, ma lei rappresenta una certa politica in aula e, pertanto, non può recarsi in questa sede a fornire risposte, quasi a titolo personale (le ritengo comunque sincere e mosse da ottime intenzioni) che, tuttavia, non sono assolutamente in sintonia con il ministero che lei in questa sede rappresenta.
Lei sa bene, essendo medico, che concentrare i ricoveri per malattie infettive in un ospedale specialistico vuol dire anche aumentare le possibilità di studio e di osservazione. L'alta frequenza di patologie infettive osservate può costituire, infatti, una garanzia di capacità clinico-diagnostica per patologie poco frequenti.
Con la chiusura di detto reparto e l'inopportuna distribuzione dei bambini nei vari reparti per adulti - e lei mi ha risparmiato parte della fatica che avrei dovuto fare nel dire quanto inidonee possano essere le condizioni per i bambini e per le famiglie che li assistono nei reparti per adulti - o nei diversi ospedali romani, si rischia di far perdere un patrimonio rappresentato dalla struttura qualificata, nata per essere un istituto di ricerca di grande utilità.
Ricordiamo che con la chiusura di detto centro nella realtà ospedaliera di Roma e del Lazio resterebbero disponibili solamente l'ospedale Bambin Gesù ed un piccolo reparto del policlinico che però non sono specializzati in patologie infettive: lei lo sa! Questi sono i guasti prodotti da una linea politica che è in atto, che lei forse non condivide, ma che è in atto, sia a livello nazionale sia nella regione Lazio.
Vede: la manovra sulla sanità attuata da questo Governo prevede un insieme di incrementi tariffari, di misure di contenimento delle prestazioni e dei costi di gestione, ma soprattutto di vincoli, appesantimenti burocratici, norme capestro per la regione che determinano una sostanziale e sensibile riduzione delle risorse per la sanità. Non si assottigliano le liste di
La proposta del ministro Sirchia con riferimento ai centri di eccellenza, fra cui lo Spallanzani, non è convincente: essa sembra non tenere conto della carenza di servizi territoriali, di assistenza domiciliare, di una corretta assunzione dei bisogni reali delle persone. Sembra non tenere conto della difformità quantitativa e qualitativa delle prestazioni erogate su tutto il territorio nazionale, della drammatica situazione del Mezzogiorno d'Italia, che rischia di aggravarsi per via del disegno di legge sulla devoluzione, che amplificherà a dismisura le disuguaglianze sul terreno del diritto alla salute, sino alla scomparsa di un servizio sanitario nazionale.
Con la chiusura del reparto pediatrico dell'istituto Spallanzani vediamo i primi frutti di questa politica; sono frutti amari, indigesti. La prospettiva di nutrirsi di questo cibo non ci rasserena!