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PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, anche se il metodo non è da molti accettato ed apprezzato, comincio il mio argomentare dalla tesi con la quale concluderò il mio intervento. La mia dichiarazione di voto sarà negativa ed il gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo esprimerà un voto contrario sulla conversione del decreto-legge adottato dal Governo. Il rapido iter parlamentare, evidentemente, non è stato idoneo a modificare il nostro convincimento e la nostra opinione.
Anzi, rispetto alle perplessità che avevamo espresso ed alle riflessioni alle quali avevamo invitato i colleghi, la procedura parlamentare successiva ha reso le prime e le seconde assai più forti, di guisa che oggi il nostro voto contrario, testé annunciato, si appalesa ancor più convinto di quello che era stato preannunciato all'inizio dei lavori in Commissione.
Abbiamo presentato una serie di emendamenti (non molti: l'esame del decreto-legge
si è esaurito attraverso 16 voti intermedi), abbiamo illustrato in modo articolato le ragioni della nostra opposizione ed abbiamo presentato emendamenti importanti come quelli soppressivi ed emendamenti di minore spessore politico con i quali modificare semplicemente un impianto che, comunque, si lasciava integro. Ciò nondimeno, come abbiamo appena verificato, nessuno dei nostri argomenti, nessuna delle nostre proposte, nessuno dei nostri emendamenti ha avuto sorte migliore della bocciatura.
Allora, dicevamo «no» all'inizio e, a maggior ragione, ribadiamo il «no» alla conclusione del nostro rapido ma - lo devo riconoscere - intenso lavoro parlamentare.
Giova, proprio perché siamo in conclusione, ribadire le ragioni di fondo del nostro «no». Reiteriamo, replichiamo, ribadiamo ciò che abbiamo detto in precedenza, giacché la sintesi stenografica di questa nostra posizione possa essere affidata, per l'importanza politica che ha, ai lavori della nostra Camera.
Lo strumento del decreto-legge è stata una scelta sbagliata. Non è giusto, non è opportuno, non è espressione di buon governo ricorrere alla procedura d'urgenza nella formulazione della legge in presenza di argomenti come quelli che abbiamo affrontato in queste ore. Non è giusto, non è opportuno, non è espressione di buona arte di governo espungere dal nostro ordinamento con un provvedimento legislativo d'urgenza un istituto come il tribunale superiore delle acque pubbliche. Ciò non già perché intendimento nostro, della nostra forza politica o del nostro gruppo parlamentare sia quello di attestarsi su una linea di ottusa difesa dell'esistente, tutt'altro. Ci vantiamo con orgoglio di proporre da tempo politiche del diritto e politiche giudiziarie fortemente connotate in senso democratico e riformatore. La questione è un'altra: non si può buttare il bambino con l'acqua sporca, secondo abusata e reiterata figura retorica.
Il tribunale superiore delle acque pubbliche ed i tribunali regionali delle acque pubbliche, anche se in questo momento impegnati in soltanto poco più di 500 controversie, hanno svolto nella storia giudiziaria del nostro paese un ruolo ed una funzione alta, importante, lo ricordavo in sede di discussione sulle linee generali, lo ribadisco in sede di dichiarazione di voto finale. Tali tribunali hanno elaborato una giurisprudenza su una materia delicata ed importante che oggi consente certezza giuridica in relazione ad una serie numerosa di potenziali controversie con punte di interpretazione giurisprudenziale che ci vengono riconosciute da tutti gli operatori giudiziari, italiani e non italiani.
Il lavoro di questi settant'anni della giurisdizione speciale sulle acque pubbliche ha dato risultati importantissimi. Infatti, è importante avere regole certe - e la giurisprudenza è uno degli strumenti per averle - in materie economicamente rilevanti laddove è stato necessario che la specializzazione facesse premio su ogni altro criterio organizzativo dell'ordinamento. Oggi si pongono nel cassetto i punti di forza teorici, culturali e giuridici che sostennero la scelta del legislatore del 1933, legislatore che - com'è noto - non gode certo della nostra simpatia politica. Tuttavia, quella scelta legislativa fu opportuna, giusta ed importante.
Allora, poiché condividiamo la necessità di una trasformazione e di un intervento riformatore, avremmo preferito che l'intervento riformatore fosse, in primo luogo, affidato ad una procedura ordinaria di normazione e, in secondo luogo, che avesse espunto dall'ordinamento gli aspetti obsoleti, rafforzando e confermando viceversa gli aspetti positivi.
Gli aspetti positivi che, a nostro avviso, sarebbero degni di permanere e, continuare a produrre effetti, ancorché in un quadro ampiamente riformato, sono rappresentati in primo luogo dalla specializzazione. Pensiamo, infatti, che la frantumazione, anche parziale, della competenza territoriale non corrisponda adeguatamente a questa esigenza di specializzazione che, come ho detto in passato, ci viene imposta per un verso dalla stessa materia e per altro verso dalle linee evolutive
di politica del diritto per le quali da tempo ci battiamo. In secondo luogo, aspetto positivo è la presenza laica nel collegio giudicante. Le materie che vengono alla cognizione del giudice speciale per le acque pubbliche - o meglio: sin qui speciale - hanno imposto, per la forza stessa delle cose, una presenza togata ineludibile e ineliminabile ed una presenza tecnica, secondo una formula che, come noto agli operatori del diritto, è ampiamente diffusa nel nostro ordinamento e che corrisponde ad esigenze particolarmente sentite e unanimemente condivise. In materia di acque pubbliche la presenza tecnica ci vuole e l'intervento della Corte costituzionale (che, come noto, non chiedeva affatto di espungere dall'ordinamento l'istituto nella sua complessità, ma semplicemente di rivederlo) certamente non ha indebolito questa nostra convinzione. La materia impone, nella fase di giudizio, l'apprensione, la cognizione e l'approfondimento di dati tecnici rilevanti; dati tecnici che non si possono esclusivamente affidare al lavoro del consulente tecnico, ma che per la particolarità della materia è giusto e opportuno che siano inseriti nello stesso collegio giudicante. Riteniamo che perdere per la strada la presenza tecnica...
PRESIDENTE. Onorevole Bonito, la invito a concludere.
FRANCESCO BONITO. ...sia un indebolimento dell'istituto.
So che altri colleghi del mio gruppo prenderanno la parola e questo mi conforta - se così posso dire - rispetto alle lacune e alle omissioni di questa dichiarazione di voto finale, giacché non ho avuto l'opportunità di affrontare, nel modo e nella misura dovuta, il tema dell'intervento riformatore, o per meglio dire controriformatore, in materia di giudici di pace.
Ciò nondimeno concludo riconfermando e riaffermando la nostra convinzione che in questo momento la cosa più giusta da fare sia quella di votare contro la conversione in legge di questo decreto-legge.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.
GIULIANO PISAPIA. Preannuncio il voto contrario alla conversione del decreto-legge in esame da parte del gruppo di Rifondazione comunista. Il voto e il giudizio sono negativi per motivi sia di merito sia di metodo. Per motivi di merito, soprattutto dopo la mancata approvazione degli emendamenti migliorativi presentati dall'opposizione e in particolare da Rifondazione comunista.
Lo abbiamo sempre detto e ripetuto, dentro e fuori quest'aula: la nostra giustizia, civile e penale, necessita di una riforma organica. Invece ancora una volta il Governo ci propone un decreto-legge, per il quale non vi sono i presupposti di straordinaria necessità e urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione.
Allo stesso modo - ed è altrettanto grave - si tratta di un decreto-legge (al riguardo ritengo vi siano ulteriori dubbi di costituzionalità) che interviene su materie diverse e disomogenee tra loro, come quelle relative all'abolizione dei tribunali regionali e del tribunale superiore delle acque pubbliche, alle modifiche al decreto legislativo in tema di magistrati collocati fuori ruolo, alle modifiche dei criteri di corresponsione delle indennità ai giudici di pace in materia penale e alle modifiche per garantire il funzionamento della giunta speciale per le espropriazioni presso la corte d'appello di Napoli.
La Corte costituzionale ha più volte ribadito che la decretazione d'urgenza è possibile solo quando vi siano i presupposti di cui all'articolo 77 della Costituzione, ma ha anche aggiunto che, affinché non si profilino motivi di illegittimità costituzionale, è necessario che le materie del decreto-legge siano omogenee.
Basta leggere il testo per vedere l'assoluto contrasto tra norme - peraltro condivisibili - tipo l'eliminazione di istituti anacronistici come il tribunale superiore delle acque e norme che, invece, necessitano di un intervento e di un approfondimento più complessivo nonché di un
confronto tra opposizione e maggioranza che porti ad un testo più equilibrato.
Per quanto riguarda l'indennità dei giudici di pace, mi sono già soffermato nel discutere e nel chiedere il voto favorevole - purtroppo senza successo - sugli emendamenti da noi presentati, ma voglio ancora una volta ribadire che bisogna fare di tutto per evitare il rischio - esistente anche con questo provvedimento - di disincentivare, di togliere quella volontà di approfondimento e di lavoro da parte di magistrati che, oggi, anche attraverso modifiche legislative, hanno svolto corsi professionali e di aggiornamento che li rendono giudici indispensabili per dare celerità, certezza, efficienza e garanzia alla nostra giustizia civile e penale.
Basti ricordare che, nel 2001, i giudici di pace hanno definito 662.613, di cui oltre 400 mila con sentenze, contribuendo in tal modo ad accelerare i tempi, vergognosamente lunghi, della nostra giustizia su questioni e problemi di carattere civilistico, ma anche - e questo, oggi, è ancor più importante - su fatti aventi rilevanza penale che toccano quotidianamente la vita di tutti noi.
Si sono equiparati provvedimenti profondamente diversi, di facile attuazione, per cui poteva essere anche comprensibile diminuire l'indennità oggi prevista, ma non è ammissibile prevedere - così come prevede il decreto-legge - una diminuzione dell'indennità prevista per il lavoro dei giudici di pace rispetto a provvedimenti che hanno un'importanza fondamentale per l'accertamento della verità, per perseguire i responsabili e per evitare che siano condannati gli innocenti.
In sintesi, queste sono le argomentazioni - che, evidentemente, si collegano a quanto già dichiarato in sede di esame degli emendamenti - in base alle quali il gruppo di Rifondazione comunista esprimerà un voto contrario sul presente decreto-legge. Siamo convinti che questo Parlamento debba, invece, intervenire sulla materia in maniera più organica, tenendo conto dell'importanza di questa magistratura onoraria, affinché effettivamente si riesca a creare quel canale parallelo tra magistratura togata e magistratura onoraria che costituisce l'unico strumento per restituire efficienza e celerità alla nostra giustizia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, annuncio il voto contrario del gruppo della Margherita, unitamente a quello dell'Ulivo e di tutto il centrosinistra, su questo disegno di legge di conversione.
Nel corso del dibattito, abbiamo già esposto numerose ragioni che stanno alla base di questa contrarietà. Qui, richiamo brevemente la prevalenza di quella di carattere costituzionale in quanto, da più parti, auspichiamo un dialogo costruttivo, razionale, sistematico sul tema della giustizia, almeno laddove ciò è possibile per la condivisione di argomenti e di scelte, anche se questo non significa coincidenza in toto.
Tuttavia, ciò vuol dire un procedimento che possa portarci ad elaborare una linea di azione riformatrice della giustizia - che è servizio nel suo complesso che appare come disservizio agli occhi dei cittadini e del paese intero - secondo un metodo che possa consentire il dialogo ed il confronto utile. Non è attraverso decreti-legge improvvisati ed estemporanei, attraverso decreti-legge omnibus contenenti materie disparate che questo confronto e questo dialogo possono progredire.
Nel merito delle questioni oggetto del decreto-legge non nascondiamo che alcune materie meritino una nuova disciplina, ad iniziare certamente da quella dei tribunali regionali e del tribunale superiore delle acque pubbliche che sono, peraltro, oggetto di una pronuncia recente della Corte costituzionale che, in qualche misura, ne impedisce il funzionamento. Tuttavia, poiché questa pronuncia ha a che fare con il principio più generale del giusto processo e, quindi, con la possibilità di prevedere meccanismi di sostituzione del componente astenuto, ricusato o legittimamente impedito, è ovvio che a ciò si
sarebbe potuto provvedere attraverso un provvedimento mirato esattamente alla ridefinizione della composizione dell'organo e alla nomina di membri supplenti invece che attraverso la scelta unilaterale della soppressione della giurisdizione speciale fatta dal Governo.
Ma, ove pure si volesse accedere a questo tipo di valutazione e di scelta, considerando nel complesso l'attività dei tribunali regionali e del tribunale superiore delle acque pubbliche, devo dire che molte perplessità, che abbiamo già espresso e che richiamo per sintesi, sono da formulare in ordine al modo con cui si è proceduto. Si è proceduto ad una pasticciata attribuzione di competenze al giudice ordinario e al giudice amministrativo dei tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato sulla base della distinzione - questa sì, in qualche misura, se non obsoleta, in via di superamento - tra i diritti soggettivi e gli interessi legittimi, senza peraltro prevedere una sufficiente specificità nell'attribuzione di queste materie. Se volessimo seguire i principi largamente condivisi della legge n. 205 del 2000, dovremmo aspettarci una più chiara identificazione delle materie attribuite al giudice ordinario e di quelle attribuite al giudice amministrativo, senza ricorrere a formule classiche di tipo dottrinario non più attuali.
Poi, abbiamo il problema della perdita di quella risorsa di specializzazione rappresentata dal tribunale superiore delle acque pubbliche. In questo provvedimento nulla si dice in ordine alla nuova composizione ed al recupero di queste professionalità nei nuovi organi e nelle nuove sedi giurisdizionali. Credo che il Governo e la maggioranza abbiano manifestato più volte una preferenza per un approccio manageriale ed efficientistico ad alcuni temi, tra cui quelli della giustizia. Sembra deludente che, in questo caso - per il vero, non soltanto in questo -, vi sia invece una totale sottovalutazione, anzi, un abbandono della questione della specializzazione dei magistrati.
Abbiamo, inoltre, criticato e critichiamo l'approccio molto estemporaneo alla questione delle indennità per i giudici di pace che operano in materia penale e che sono risorsa di assoluto rilievo ai fini dello snellimento, della ragionevole durata e dell'efficienza del nostro sistema processuale penale. Anche in questo caso, in modo estemporaneo, essi vengono considerati soltanto sotto il profilo di alcune indennità.
Per il vero, non capiamo poi in che cosa questa misura, pur urgente, possa esser sussunta all'interno dei principi dell'articolo 77 della Costituzione e cioè della assoluta necessità ed urgenza che solo giustificano il ricorso alla decretazione d'urgenza. Ciò vale anche per le misure più disparate, comprese quelle riguardanti la questione del potenziamento degli organici del Ministero della giustizia in occasione del semestre di Presidenza italiana nell'Unione europea. Su questo devo dire che l'agenda istituzionale è chiara da tempo ed anche in questa materia, francamente, non solo sembra difficile poter condividere il ricorso di urgenza, ma devo dire in modo più chiaro che questa scelta è del tutto incostituzionale. Insomma, non vorremmo che si predicasse il ricorso ad un dialogo costruttivo tra maggioranza ed opposizione in materia di giustizia e, come abbiamo dovuto purtroppo notare anche in altre recenti occasioni, e che si affermasse in modo enfatico che si deve aprire una nuova pagina in materia di giustizia - concetto che assolutamente condividiamo, soprattutto dopo la stagione delle leggi ad personam - e dover notare, poi, che queste parole vengono contraddette da fatti rilevanti, da provvedimenti unilaterali, estemporanei, incostituzionali e anche non del tutto adeguati sotto il profilo dell'efficienza, come quello in esame oggi. Per questi motivi, confermiamo il voto contrario al decreto-legge in esame da parte del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carboni. Ne ha facoltà.
FRANCESCO CARBONI. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il mio
voto contrario al decreto-legge e per esprimere condivisione sulle argomentazioni che sono state addotte dai colleghi che sono intervenuti in dichiarazione di voto. Restano, dopo il dibattito, le valutazioni negative, innanzitutto sul metodo e poi sul merito.
In ordine al metodo, è evidente che il decreto-legge contiene e prospetta forti profili di incostituzionalità, posto che non vi sono, non sono state rappresentate e non si ravvisano ragioni di urgenza in alcuna delle materie che sono state proposte con il decreto-legge. Sicuramente, non si ravvisano le ragioni di urgenza per quanto riguarda i tribunali regionali e il tribunale superiore delle acque: queste ragioni d'urgenza non le impongono le due sentenze della Corte costituzionale, perché riguardavano questioni relative alla composizione dei tribunali, soprattutto per il profilo tecnico, che avrebbero potuto sicuramente essere ricomposte con un provvedimento ordinario e prescindendo dalla cancellazione, come il decreto-legge ha fatto, di quell'importante organismo giurisdizionale. Esse non vi sono e non si ravvisano, sicuramente, lo dicevo in ordine agli altri argomenti, per l'incremento del numero dei magistrati a causa del semestre di Presidenza italiana nell'Unione europea. Non si ravvisano, poiché - lo ha detto il collega Mantini - l'agenda per tali questioni era già prevista e definita, pertanto si poteva, e si doveva, intervenire con un provvedimento ordinario. Non vi sono, certamente, per quanto riguarda i giudici di pace, dove non vi era alcuna emergenza determinata da sentenze della Corte costituzionale, ma si poteva e si doveva, per l'importanza delle questioni in gioco, svolgere un ragionamento approfondito attraverso un procedimento legislativo ordinario. Inoltre, vi è un profilo di incostituzionalità, determinato dalla disomogeneità delle materie che vengono trattate, poiché il decreto-legge affronta argomenti di natura assolutamente diversa e quindi tratta delle materie che non potevano essere contenute tutte in un unico decreto-legge, ma avrebbero dovuto essere portate alla riflessione separatamente.
Nel merito, riteniamo che il decreto-legge non dia risposte positive ai problemi posti all'attenzione della Camera, non sicuramente a quello relativo ai tribunali delle acque: con la cancellazione di questo organo giurisdizionale non è stato risolto alcun problema, anzi, con il sistema che viene proposto si è aperta una falla in un settore tanto delicato quale è quello della gestione delle controversie sulle acque pubbliche, e, soprattutto, si perde ciò che i tribunali speciali hanno sempre garantito in riferimento alla gestione delle acque, considerando i gravi problemi che i dissesti idrogeologici portano con sé.
Le soluzioni date, vedi in particolare il trasferimento ai giudici ordinari sic et simpliciter, sicuramente non soddisfano. Con questa decisione, i problemi vengono scaricati sui tribunali ordinari senza che siano garantiti meglio i diritti e gli interessi legittimi. Il collega Mantini, ragionevolmente, con la sua dichiarazione di voto, ha invocato una valutazione più attenta, più puntuale e più dettagliata di questi argomenti. Le proposte emendative che noi abbiamo predisposto non sono state accolte, anche se erano tutte finalizzate ad una migliore riflessione intorno alla problematica, del resto che non vi fosse stata una puntuale riflessione da parte del Governo sulle questioni proposte è testimoniato anche dal rilevante numero di emendamenti che il Governo stesso ha proposto all'interno del disegno di legge di conversione. Alcuni di essi sono sicuramente migliorativi, ma non risolvono comunque il problema per intero. Per tutte queste ragioni riteniamo che tale decreto non debba essere convertito. Condivido l'orientamento espresso dall'onorevole Bonito, dall'onorevole Mantini e dall'onorevole Pisapia, pertanto esprimo il mio voto contrario al provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. Grazie Presidente, prendo la parola per annunciare il voto favorevole del gruppo-Lega nord Padania
alla conversione in legge di questo decreto-legge, di cui condividiamo pienamente le ragioni, di ordine giuridico, politico e organizzativo, per le quali il Governo ha deciso di sopprimere la giurisdizione speciale dei tribunali delle acque conferendo la competenza in materia ai tribunali ordinari che hanno sede nel capoluogo del distretto. Molti colleghi sono intervenuti vedendo in questa decisione di attribuire la competenza al tribunale in sede distrettuale una discriminazione nei confronti dei tribunali minori. Essi avrebbero preferito, probabilmente, attribuire, in base al criterio della territorialità, una competenza per territorio. In realtà, non si tratta di una forma di accentramento, vorrei ricordarlo agli innumerevoli colleghi che sono intervenuti, poiché la soluzione del Governo cerca di ottemperare ad una particolare esigenza.
Mi riferisco a quella di espandere ulteriormente sul territorio la giustizia, rendendola più vicina ai cittadini perché ricordiamo che, precedentemente, i tribunali delle acque pubbliche erano otto, mentre adesso avranno sede in 29 sedi di distretto (vi è quindi un avvicinamento ai cittadini). Tale soluzione, anche per quanto è stato spiegato dal sottosegretario, consentirà anche una migliore organizzazione nella discussione delle controversie e la possibilità che siano affidate a giudici maggiormente specializzati. Pertanto, anche il criterio della specializzazione in questo caso è salvo.
Per quanto riguarda la parte del decreto-legge relativa all'indennità per i giudici di pace, auspichiamo un intervento chiaramente organico della materia che qualifichi l'importante ruolo dei giudici di pace sia in termini di utilizzazione, che riteniamo debba essere comunque potenziata proprio per l'importante ruolo che svolgono, sia in termini di un'equa retribuzione che eviti eventualmente determinati picchi o sperequazioni anche in tal senso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, a nome del gruppo dei Verdi preannuncio il voto contrario al decreto-legge in esame, richiamandomi alle motivazioni esposte dagli altri colleghi dell'Ulivo intervenuti precedentemente, che faccio interamente mie e che considero il fondamento del nostro voto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tarditi. Ne ha facoltà.
VITTORIO TARDITI. Signor Presidente, preannunciando il voto favorevole del gruppo di Forza Italia al provvedimento in esame, chiedo alla Presidenza di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza lo autorizza secondo i consueti criteri.
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
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