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PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.
LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, un importante leader dell'Ulivo ha tacciato il decreto-legge n. 193 del 2002, recante misure urgenti in materia di servizi pubblici, come illiberale ed inefficace. Lo stesso dibattito, avvenuto oggi nella discussione generale, ha di fatto evidenziato alcuni aspetti di questo teorema, soprattutto da parte degli amici del centrosinistra, sì da determinare una confusione sostanziale di ruoli, quasi che il Governo venisse attaccato da sinistra con posizioni di destra.
Credo vi sia stata una difficoltà sostanziale da parte di tutti nell'avere un'idea estremamente chiara di questo disegno di legge, anche perché - dobbiamo dirlo con estrema franchezza a livello di gruppo - il provvedimento, più che essere stato dettato da esigenze razionali, è apparso essere stato portato a compimento, da parte del Governo, da spinte emotive.
Vorrei peraltro ricordare alla sinistra che il blocco delle tariffe non è legato esclusivamente ad un tema che è ricorrente in questa legislatura, ma fa parte di un patrimonio che è collegato al mondo del centrosinistra. Vorrei ricordare, a questo proposito, soprattutto il blocco delle tariffe assicurative, con ciò che questo ha comportato e, quindi, la paura che anche questo blocco possa provocare un balzo in avanti dell'inflazione.
È sbagliato pertanto enfatizzare la portata di questo decreto-legge e attribuirgli anche finalità di carattere generale che sono ad esso estranee: credo che il Governo abbia inteso esclusivamente intervenire in una fase in cui sembravano possibili fiammate inflazionistiche, affinché le dinamiche delle tariffe dei pubblici servizi non influissero negativamente sul tasso di inflazione. Non si tratta, pertanto, di modificare i principi cardine della legge n. 481 del 1995 né tanto meno di porre in discussione i processi di liberalizzazione e di privatizzazione avviati nel settore dei servizi pubblici, ma solo di aggiornare i criteri tecnico-economici in base ai quali vengono oggi determinate le relative tariffe. Su questi aspetti il dibattito svoltosi in X Commissione è stato estremamente chiaro: l'orientamento del Parlamento è in favore di una conferma dell'attuale assetto della materia.
Il fatto che sia prevista l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non significa, d'altro canto, mettere in discussione le competenze dell'autorità per l'energia ed il gas in materia, come evocato dai colleghi della sinistra. La stessa legge n. 481, infatti, attribuisce al Governo la potestà di adottare indirizzi volti ad orientare le scelte dell'autorità che, quindi, ai sensi della legislazione vigente e come tutta la dottrina giuridica riconosce, non deve ritenersi titolare di una posizione di indipendenza assoluta dal potere politico. Se il Governo, anche per obiettive ragioni d'urgenza, decide di esercitare proprie prerogative attraverso uno strumento, il decreto del Presidente del Consiglio - eccezionale, in questo caso, nel senso che non risulta espressamente previsto
dalle leggi vigenti - non vi è alcun motivo per gridare al sovvertimento del sistema vigente.
Si può censurare semmai una certa indeterminatezza e scarsa cura tecnica nella redazione del decreto-legge, che non specifica l'ambito in cui i criteri generali integrativi per la determinazione delle tariffe sono destinati ad incidere.
A motivo di ciò, la X Commissione, preso atto dell'inopportunità di introdurre modifiche al testo, ha voluto che il Governo rendesse noto da subito il contenuto del decreto che intende adottare. Dalla lettura del decreto emerge in modo inequivoco come si intenda adottare, da un lato, indirizzi più che criteri di natura tecnica e, dall'altro, come si tratti in ogni caso di indicazioni dirette a svolgere e ad attuare i principi generali posti dalla legge in materia di tariffe.
Non traspare, in altri termini, alcuna volontà di sovrapporsi o di interferire con quanto disposto dal legislatore né quella di conculcare impropriamente l'indipendenza dell'autorità. L'autorità viene semmai aiutata a fare meglio il suo mestiere, poiché gli vengono indicati gli obiettivi - graduale passaggio al mercato liberalizzato per gli attuali clienti vincolati; adozione di metodologie di aggiornamento volte ad evitare l'impatto inflazionistico; neutralità degli oneri sociali rispetto alle diverse tipologie di utenza - da perseguire nell'esercizio delle proprie competenze di natura tecnico-amministrativa. In questo modo il Governo eserciterà poteri di sua spettanza, sollevando al contempo l'autorità da scelte di carattere discrezionale che non le competono.
Riteniamo, in particolare, che tale modo di procedere non sia in conflitto con le regole dell'economia di mercato e, quindi, con il criterio dei costi sostenuti dagli operatori che deve rimanere il criterio fondamentale per determinare l'importo delle tariffe. Certo, vi sono preoccupazioni in questo caso, ma credo che il tempo breve e l'una tantum che è prevista in questa direzione, sia nella funzione, che abbiamo detto prima, di carattere esclusivamente temporaneo e, quindi, non possa incidere profondamente nel criterio finale che vi è definito.
Il provvedimento, infatti, deve comunque ritenersi di carattere del tutto eccezionale e giustificato da una contingenza economica particolare e dall'intento del Governo di giocare d'anticipo rispetto al possibile manifestarsi di pulsioni inflazionistiche.
L'eccezionalità è specialmente evidente per quanto riguarda la sospensione degli aumenti tariffari. La misura ha avuto e avrà un limitato impatto economico ma, se ripetuta, potrebbe sollevare perplessità sul piano dei principi che, lo ripeto, noi non consideriamo assolutamente posti in discussione dal provvedimento.
Non stiamo, pertanto, tornando indietro, non stiamo tornando ai prezzi amministrati come qualcuno ha voluto farci intendere. Su questo, il Parlamento non ha - e non deve - avere dubbi.
Si vuole, invece, per quanto possibile, contribuire a migliorare i criteri per la determinazione delle tariffe dei servizi pubblici nell'interesse dei cittadini.
Ecco perché il gruppo dell'UDC (CCD-CDU), se da una parte non dà un'entusiastica adesione al provvedimento, esprimerà un voto favorevole con ragionato e razionale assenso (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Quartiani. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la discussione ha evidenziato che molte delle ragioni che hanno portato all'azione dei gruppi dell'Ulivo - ed in particolare di quello dei Democratici di sinistra - nel ritenere il decreto-legge blocca-tariffe, da un lato, troppo poco efficace per raffreddare i processi inflazionistici in corso e, dall'altro, troppo forte per il rischio di intervento dirigista del Governo nella definizione delle tariffe dei servizi pubblici, militano ancora di più ora, dopo che il
Governo ha ammesso la necessità di ricondurre il provvedimento ed il futuro decreto del Presidente del Consiglio dei ministri entro un quadro di riferimento normativo esattamente misurabile nel perimetro e nel rispetto del dettato della legge n. 481 istitutiva delle autorità indipendenti di regolazione del mercato.
Tali ragioni militano a favore di una necessaria riconsiderazione anche dell'utilità e della congruità dello strumento: un decreto-legge che rinvia ad un decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri utilizzato dal Governo per intervenire in un settore ormai avviatosi verso una più avanzata fase di liberalizzazione, come era, peraltro, previsto dalle tappe indicate dalle leggi Bersani e Letta.
Credo nessuno ritenga di poter tornare o voglia tornare a bollette dell'energia e del gas la cui entità sia definita d'imperio dai ministeri. È chiaro che la liberalizzazione è al servizio di un obiettivo: quello della crescita dei livelli di concorrenza nel mercato dei servizi di pubblica utilità a rilevanza economica, sia nazionali sia locali. Tale obiettivo non è volto verso una dinamica di crescita dei prezzi ma semmai verso una più ampia disponibilità di servizi a minor costo per un gran numero di soggetti che possano avvalersi di servizi resi competitivi anche dal punto di vista della loro raffrontabilità e, dunque, verso la libertà di scelta dei cittadini.
Sappiamo che non tutto il mercato dei servizi versa oggi in queste condizioni. Si sarebbe trattato di utilizzare strumenti al fine di agevolare la crescita verso una piena liberalizzazione, anche attraverso interventi legislativi che ne avrebbero accompagnato la transizione da una fase in cui ancora una parte degli utenti non è libera di scegliere qualità e tipo di servizio anche in base a prezzi concorrenziali di mercato praticati dai soggetti operanti nello stesso.
Anche per questo motivo il decreto-legge adottato dal Governo appare, invece, un ritorno al passato. Sino alla tappa del Senato, il decreto-legge ha proceduto con la sua carica distruttiva contro un obiettivo: quello del ruolo dei soggetti regolatori terzi quali le autorità indipendenti a cui compete per legge di definire le variazioni ed i parametri sui quali fissare le tariffe.
Questo decreto-legge rischia di non tenere in dovuta considerazione proprio il mercato Per questo motivo, ha ingenerato incertezze, dubbi, contrarietà tra gli stessi operatori economici e gli investitori istituzionali (si pensi che a gennaio dovrebbe partire la borsa elettrica).
Questo decreto-legge è anche ininfluente sul piano della lotta all'inflazione. Infatti, ottiene un misero risparmio per le famiglie italiane - poco meno di due euro - e, come effetto, determina la necessaria richiesta, da parte delle imprese che non hanno beneficiato dell'aumento della bolletta, per una compensazione, di rivalersi sulle future bollette, con tanto di interessi da pagare da parte degli utenti, sempre che il Governo - ma questo è stato negato - non intervenga, impegnando il bilancio dello Stato. In tal caso, il decreto-legge sarebbe risultato o risulterebbe senza copertura.
In realtà, il Governo avrebbe potuto utilizzare altri strumenti: ad esempio, avrebbe potuto diminuire l'IVA sulle bollette dell'elettricità e del gas; invece, ha scelto la strada di bloccare temporaneamente le tariffe, in attesa di un nuovo provvedimento del Governo medesimo che fissi nuovi criteri integrativi per la determinazione delle tariffe.
Comunque, incalzato dall'iniziativa dei gruppi parlamentari dell'Ulivo e dei Democratici di sinistra, nonché dalla posizione unanime, in questo caso, della X Commissione (Attività produttive) della Camera, la quale ha voluto che venissero evidenziati chiaramente i criteri integrativi da introdurre nel futuro decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, e riconoscendo, finalmente, le nostre ragioni, il Governo ci ha detto: che i criteri aggiuntivi debbono essere definiti secondo la legge n. 481, che li affida alle autorità; che la disposizione si applica solo ai settori dell'energia elettrica e del gas e non a TV, telefoni ed altri servizi locali; che occorre garantire la competitività del sistema produttivo; che il servizio generale deve agire
a garanzia di misure a contenuto sociale, in modo da non incidere sulle diverse tipologie di utenza. Ne prendiamo atto. Prendiamo atto, altresì, che l'ordine del giorno Gamba n. 9/3244/1, votato ed approvato, reca anche questi indirizzi. Nel contempo, prendiamo atto, però, e vorremmo che lo facessero fino in fondo anche il Governo e la maggioranza, dell'inutilità e della pericolosità del decreto-legge.
Sarebbe stata apprezzabile una disponibilità della maggioranza a modificare il testo del decreto-legge rinviando al Parlamento ed alle sue prerogative la verifica della corrispondenza dei criteri individuati nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con quelli annunciati dal Governo ed accettando alcuni emendamenti proposti con spirito propositivo e costruttivo dall'opposizione dell'Ulivo e dei Democratici di sinistra. Ciò non è avvenuto.
Perciò, per il giudizio complessivamente negativo nel merito e per il metodo con il quale il Governo ha inteso riproporre la richiesta di conversione di un decreto-legge dai più giudicato inutile ed inadeguato, esprimo la netta contrarietà dei Democratici di sinistra, gruppo che rappresento, su questo disegno di legge di conversione (Vivi applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha riscosso un grande successo, onorevole Quartiani!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfredo Vito. Ne ha facoltà.
ALFREDO VITO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, annuncio il voto favorevole dei deputati del gruppo di Forza Italia su questo provvedimento.
Certo, il Governo non pretende di aver dato un colpo definitivo all'inflazione; questo è solo un provvedimento parziale - però, serio e necessario - per impedire un'ulteriore crescita dell'inflazione. Esso è stato adottato in un momento in cui la spirale dei prezzi aveva ripreso pericolosamente a lievitare e non ha, quindi, la presunzione di potere, da solo, abbattere una nuova ondata inflazionistica. Anche nel nostro paese, infatti, producono i loro effetti negativi, su questo versante, i medesimi fattori che stanno nuocendo all'economia di larga parte dei paesi d'Europa e dell'intero occidente.
Tenuto conto delle difficoltà dell'economia, dovute, tra l'altro, ad una crisi della domanda all'indomani dei fatti dell'11 settembre, l'inflazione trova, qui in Italia più che altrove, la possibilità di crescere anche a causa del changeover, del cambio euro-lira, soggetto a forti speculazioni, specialmente in queste ultime settimane. Forse, se avessimo pensato per tempo ad una più lunga durata del periodo di doppio mercato, avremmo evitato almeno l'effetto inflazionistico derivante da tale fattore.
Trattasi, quindi, di un provvedimento parziale che è stato combattuto con enfasi eccessiva da parte delle opposizioni. Abbiamo ascoltato argomentazioni che, francamente, giudichiamo superiori alla portata del problema.
Non si è voluto certamente, con questo decreto-legge, diminuire il potere delle authority, non si è voluta rinnegare la politica di liberalismo e di liberalizzazione di questo settore, non verranno meno le privatizzazioni; si è voluto solamente fermare l'incremento delle tariffe elettriche (nella seduta di inizio agosto solamente quelle elettriche erano state aumentate, quelle del gas no). Quindi, si tratta di un intervento molto limitato del Governo che però - ben fa - si riserva anche la possibilità di dettare i criteri integrativi per la fissazione delle tariffe da parte delle authority, criteri che sono chiari, non misteriosi, e che sono stati portati all'attenzione prima della Commissione attività produttive e poi dell'Assemblea attraverso l'ordine del giorno che abbiamo testé approvato.
Il centrodestra non ha la necessità, né in Italia né in Europa, di fare alcun esame di liberalismo; non abbiamo, come invece hanno avuto forse i nostri predecessori, la necessità di assicurare, con la politica nel settore energetico, ai partner dei Governi degli altri paesi europei la nostra vocazione
europeistica e, quindi, non abbiamo necessità di avviare i processi di liberalizzazione e di privatizzazione secondo velocità maggiori rispetto a quelle che le direttive europee ci richiedono, sguarnendoci rispetto ad altri paesi come la Francia e la Germania, che continuano a potenziare le industrie nazionali. Da noi, invece, l'ENEL è sceso dal secondo al quinto posto in Europa e gli investimenti che l'ENEL ha realizzato sono più che altro nel settore delle multiutility e molto meno nel settore del core business (durante gli anni del centrosinistra), utilizzando poi i fondi ottenuti attraverso le vendite delle Genco in operazioni, come quella dell'acquisto di Infostrada, sulle quali noi esprimiamo dubbi e profonde perplessità.
Si tratterà, quindi, superati questi tre mesi, di dettare i criteri che, possibilmente, facciano diminuire le tariffe, che nel nostro paese restano ancora altissime. Siamo, nell'ambito dei paesi dell'Unione, per quanto riguarda le tariffe più alte, il secondo paese. Questo è certamente frutto di politiche, di scelte che sono state fatte (la bocciatura del nucleare), che condizionano in maniera profonda lo sviluppo della nostra economia.
D'altro canto, non saranno solamente le liberalizzazioni e l'aumento del numero di aziende che operano nel settore a determinare una diminuzione delle tariffe, perché sappiamo bene che ogni qual volta si agisce in regime di oligopolio le tariffe finiscono con l'essere più o meno quelle che nascono dal cartello e non dalla concorrenza. Però, certamente, questo provvedimento oggi è necessario, serio e - ripeto - parziale. Per questo motivo, il gruppo di Forza Italia lo voterà con convinzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saglia. Ne ha facoltà.
STEFANO SAGLIA. Signor Presidente, intervengo per esprimere il voto favorevole del gruppo di Alleanza nazionale e chiedo di allegare in calce al resoconto della seduta odierna il testo del mio intervento.
PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza sulla base dei consueti criteri.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, siamo contrari a questo decreto-legge e ci tengo a precisarlo. Capisco che per altri il problema è più semplice, anche perché la nostra posizione è obiettivamente - non è la prima volta - di tipo singolare rispetto alle altre che sono emerse qui in Assemblea. Ribadisco molto sinteticamente il giudizio sul decreto-legge che è un giudizio negativo. Ciò che è stato annunciato non corrisponde alla realtà del provvedimento perché il blocco è ridicolo nella sua durata (tre mesi) e perché, nel frattempo, non si prevedono interventi tali da allontanare il sospetto più che legittimo (in quest'aula si può, ormai, usare questo termine) che una volta terminato il blocco si rovesceranno sui cittadini, in forma diretta e indiretta, aumenti ancora maggiori e, infine, perché il provvedimento limita la sua efficacia praticamente soltanto all'energia elettrica.
A nostro avviso, invece, ci sarebbe bisogno di un altro intervento, un intervento più incisivo dal punto di vista dell'emergenza: il blocco effettivo di tutte le tariffe dei servizi pubblici essenziali per un anno, riconoscendo che siamo di fronte ad un peggioramento generale delle condizioni di vita, che c'è una capacità di spesa molto limitata riscontrabile nel fatto che la domanda interna non tira, non cresce, non va e questa è una preoccupazione sentita anche dal mondo industriale anche se non spetta a me farmene carico perché già se ne fanno carico i quattro quinti dell'Assemblea, dunque, è inutile.
ALFONSO GIANNI. Tuttavia, persino il mondo industriale è preoccupato per un calo di capacità d'acquisto che limita l'assorbimento dei prodotti sul mercato interno. Si tratta di valutazioni provenienti
da tutti gli autorevoli organi istituzionali di ricerca statistica (oggi si direbbe di monitoraggio della situazione sociale ma io mi limito alla definizione classica) che mostrano come le famiglie, le persone singole, gli anziani e le anziane soli incrementino un esercito della povertà che ormai rasenta i 9 milioni di persone. Non si tratta di un'opinione ma di una linea, di uno standard internazionale espresso numericamente che individua la soglia al di sotto della quale c'è la povertà e al di sopra della quale c'è una condizione a malapena dignitosa. All'interno della fascia della povertà, addirittura, aumenta la situazione di miseria, quella, cioè, per cui il reddito è del 20 per cento inferiore al già misero reddito di chi si trova nella situazione di povertà. Insomma, siamo in una situazione di indigenza crescente.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, sta parlando l'onorevole Alfonso Gianni! Vi pregherei di prendere posto e di interrompere i colloqui privati.
Onorevole Alfonso Gianni, non si preoccupi, le farò recuperare il tempo perduto.
ALFONSO GIANNI. Non si preoccupi, signor Presidente, non sono così fiscale, almeno da questo punto di vista.
Questo è il quadro nel quale ci troviamo ad operare, dunque non una situazione in cui, seppure nelle diseguaglianze sociali (all'interno di un sistema capitalistico sarebbero ovvie), c'è una crescita sia degli strati altri sia di quelli bassi; siamo di fronte ad una divaricazione dei redditi con una solidificazione dei redditi più forti, alti e addirittura altissimi (abbiamo dato 40 miliardi di vecchie lire di liquidazione ad uno che ha fatto fuori la FIAT), in cui il disagio cresce enormemente e conseguentemente crescono l'emarginazione sociale e la condizione di indigenza economica. Noi dobbiamo intervenire, torno a ripeterlo, perché quello che abbiamo di fronte è un problema etico, morale e dobbiamo intervenire su molti versanti. Indubbiamente non è soltanto la situazione tariffaria a richiamarci al dovere; c'è anche l'adeguamento dell'inflazione, visto che dovranno essere rinnovati contratti importanti come quelli del pubblico impiego e dei metalmeccanici, che riguardano praticamente la maggioranza dei lavoratori attivi. Dobbiamo intervenire con altre misure ma, ora che abbiamo l'occasione di farlo in una materia come le tariffe pubbliche, di stretta pertinenza del Governo, dell'amministrazione pubblica, dobbiamo farlo.
Che cosa fa, invece, il Governo Berlusconi? A dimostrazione che è facile, in campagna elettorale, coniugare liberismo e populismo e che è però molto più difficile coniugarli nella gestione concreta della politica di Governo, fa semplicemente una annuncio, incassando anche un risultato di immagine. In sostanza, però, non vi è nulla: appunto si è parlato di un caffè. Come si risponde a questo caffè? Dicendo che ne facciamo a meno, come se vi fosse un problema gastrico?
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego...
ALFONSO GIANNI. Evidentemente no! Si risponde: caro Governo, hai lanciato una proposta; lo hai fatto in modo demagogico e propagandistico, senza far corrispondere alle parole la realtà dei fatti. Ebbene, noi cerchiamo di sostanziare ciò che tu non puoi o non vuoi fare. È da questo che deriva la nostra posizione nei confronti del presente decreto-legge: noi abbiamo proposto concretamente di sostanziare quelle parole svuotate ed ormai prive di significato. Abbiamo quindi proposto un blocco delle tariffe per 12 mesi, finalizzato ad una revisione delle tariffe medesime in tutti i servizi essenziali con l'instaurazione del principio di un prezzo sottratto alle regole di mercato. Questo, ovviamente, non per tutti, ma per coloro che sono al di sotto di un certo livello di reddito. Inoltre, abbiamo proposto di includere nei servizi essenziali alcuni beni per soddisfare bisogni ormai moderni; anche in questo caso siamo stati molto contenuti, perché non abbiamo parlato di telefono cellulare, bensì di comunicazioni
telefoniche fisse! Non abbiamo parlato di beni sofisticati, bensì di acqua e di smaltimento di rifiuti, cioè di ciò che riguarda l'essenza della vita civile di una famiglia, di un singolo, di un pensionato, all'interno di una situazione urbana o rurale.
Vi è una base minima al di sotto della quale un paese civile, per motivi etici, ma anche per motivi economici, non può andare; non mi costringete a citare la base del pensiero economico - peraltro di campo capitalista e non certo di campo antagonista - che ritiene impossibile progettare lo smaltimento degli stock di magazzino della produzione delle merci, anche just in time, senza la capacità di acquisto del mercato interno; né si può sempre sperare di imporre le proprie merci sul mercato internazionale che, peraltro, verte in uno stato di crisi con un grado di intensità più o meno equivalente al nostro caso. Tanto meno si può pensare di imporre le proprie merci con le cannoniere in quei paesi che allora venivano definiti del terzo o del quarto mondo, sia perché quelle non sono gradite sia perché comunque, in quei luoghi, la capacità di acquisto non è in grado di assorbire ciò che viene prodotto.
È su questo, cari colleghi del centrosinistra, che stiamo ragionando! Lo abbiamo fatto in occasione della discussione della mozione nel corso della quale il ministro Tremonti ci raccontò la storiella che tutto andava bene, mentre poi è arrivata la nota di variazione del bilancio! Tale ragionamento lo riproporremo durante la discussione della legge finanziaria e lo abbiamo già illustrato in occasione della discussione del documento di programmazione economico-finanziaria. Da più versanti, da più parti, in occasione della discussione di più argomenti - vuoi che sia la questione dell'inflazione, vuoi che sia la questione del mercato del lavoro (di cui discuteremo la prossima settimana), vuoi che sia la questione delle tariffe - cerchiamo di rompere un muro di insensibilità. Il problema è sempre quello che ponemmo quando vi era il Governo Prodi. Il problema, lo ripeto, è sempre lo stesso: facciamo una politica sociale! Risolleviamo l'economia dell'Europa puntando non sul massimo profitto nel tempo più breve, per cui ci vogliono i licenziamenti e la flessibilità, bensì puntando sulla diffusione e la generalizzazione del benessere sociale, almeno ad un livello di base. Lo so che è una ricetta antica, ma è nobile.
PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, la invito a concludere il suo intervento.
ALFONSO GIANNI. Grazie, signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Non è detto che ciò che è antico sia sbagliato; anzi, il senso della rivoluzione è esattamente conservare solo ciò che di buono è stato prodotto e di modificare, in modo anche subitaneo ed incisivo, ciò che impedisce la nascita e un passo in avanti del pensiero, dell'azione e dell'organizzazione sociale. Allora, anche in una materia apparentemente arida come quella concernente i prezzi tariffari abbiamo riproposto, rideclinato e ritessuto la stessa tela e ve la proponiamo. Non siamo convincenti? Insistiamo, perché la testardaggine, quando è finalizzata non ad un obiettivo lontano ed irraggiungibile ma all'immediatezza della difesa delle condizioni di vita della povera gente, è un bene, è un dovere, è un valore. Pertanto, diciamo «no» alla conversione in legge di questo decreto-legge (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.
MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, intervengo solo per annunciare il voto favorevole della Lega nord Padania. Chiedo alla Presidenza di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna delle considerazioni integrative al mio intervento.
PRESIDENTE. La Presidenza la autorizza sulla base dei consueti criteri.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.
RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, mi piacerebbe ricevere un applauso da parte dell'intera Assemblea, ma vorrei svolgere una dichiarazione di voto anche a nome del mio gruppo. Il voto del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo purtroppo sarà contrario, perché il Governo con questo provvedimento compie due errori: il primo consiste nel bloccare comunque un processo di liberalizzazione già in atto; il secondo riguarda lo strumento utilizzato per raffreddare l'aumento dei prezzi. È, infatti, uno strumento amministrativo, che agisce a valle del problema. È una medicina che ha effetti collaterali ancora più gravi della malattia.
Vorrei ricordare che oggi il problema dell'aumento dei prezzi si può combattere con misure che aumentino la domanda interna (consumi e investimenti) e la domanda estera (esportazioni). L'inflazione è importata per l'aumento dei prezzi delle materie prime importate che servono alle nostre aziende per produrre energia. Dunque, la risposta che si sarebbe dovuta fornire era economica e non amministrativa. In altri termini, con questo provvedimento i consumi delle famiglie dei ceti medi, anziché aumentare, diminuiranno perché le stesse non godono di agevolazioni fiscali e, quindi, non beneficiano dell'aumento del reddito disponibile (si veda la legge finanziaria favorevole soltanto ai ceti più deboli). Gli investimenti nel settore energetico diminuiranno perché le tariffe sono bloccate e le aspettative sono negative. Ciò vale anche per gli investitori esteri e così la domanda estera diminuirà per il comportamento del Governo.
Inoltre, alla fine del blocco delle tariffe, si avrà un effetto moltiplicatore sull'aumento dei prezzi causato dalle imprese produttrici di energia che scaricheranno la compressione dei ricavi, prima bloccati, sul sistema delle imprese italiane e sulle famiglie. Non vi è dubbio che le imprese produttrici di energia dovranno recuperare i minori guadagni ed i relativi interessi aumentando i prezzi dopo il blocco delle tariffe.
La Margherita proponeva un'altra medicina che il Governo ha respinto, ossia l'utilizzo della leva fiscale. Con la riduzione temporanea degli oneri fiscali gravanti sulle tariffe si sarebbero diminuite le stesse senza intervenire pesantemente nel mercato dell'energia. Le imprese avrebbero potuto continuare ad investire nel settore, perché l'aspettativa sulla redditività sarebbe stata comunque positiva e alla fine dell'intervento fiscale non vi sarebbero state ripercussioni sulle altre imprese consumatrici di energia e sulle famiglie. Inoltre, gli effetti del «dopo blocco» sull'aumento dei prezzi non si sarebbero realizzati né vi sarebbe stato bisogno di introdurre nuove norme relative all'agire dell'autorità per l'energia elettrica e il gas.
Questo quadro economico è connotato da incertezze e sfiducia ed il Governo le aumenta, mentre la leva fiscale avrebbe contribuito maggiormente a creare e sostenere punti di riferimento fissi come, ad esempio, quello della ferma volontà di continuare il processo di liberalizzazione del sistema dell'energia, che ha relazioni con tutti gli altri sistemi produttivi settoriali e territoriali del paese.
Siamo delusi di questo Governo che, invece di creare in questo momento di crisi più fiducia, certezza e stabilità nelle aspettative dei consumatori e degli investitori, ha utilizzato uno strumento che nell'economia aumenterà l'incertezza e l'instabilità e creerà meno libertà (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
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