Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 160 del 18/6/2002
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Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni (ore 9,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

(Gara d'appalto riguardante la caserma Varanini di Bologna - n. 2-00176)

PRESIDENTE. L'onorevole Grandi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00176 (vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni sezione 1).

ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, onorevole Cicu, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE CICU, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, la caserma Varanini, di proprietà del demanio militare, ospita alcune funzioni del comando regione carabinieri Emilia-Romagna e il nucleo radiomobile del locale comando provinciale della stazione carabinieri di Bologna Bertalia. La progettazione esecutiva e la realizzazione delle opere di ristrutturazione della palazzina numero due, programmate nel 1998 dal comando generale dell'Arma dei carabinieri su richiesta della citata regione carabinieri, sono state aggiudicate con pubblico incanto nel settembre del 1999 alla ditta Essedue '87 Srl di Roma per un importo pari a circa 370 mila euro (più IVA al 20 per cento). I lavori, consegnati il 18 aprile 2000 all'amministratore unico dell'impresa, sono stati ultimati l'8 marzo 2001 e sottoposti al collaudo il 7 giugno successivo. Al riguardo, la direzione lavori del genio del comando generale dell'Arma dei carabinieri, che ha curato la direzione dei lavori, non ha mai concesso autorizzazioni al subappalto di opere ricomprese nel programma infrastrutturale oggetto


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dell'interpellanza, non avendo peraltro ricevuto alcuna richiesta in tal senso da parte dell'impresa aggiudicataria.
Le maestranze della ditta Essedue '87 Srl, generalizzate nominativamente mediante un elenco fornito dalla stessa impresa e segnalate al comando regione carabinieri Emilia-Romagna, risultano essere state giornalmente identificate dal personale addetto alla vigilanza della caserma Varanini in occasione di ogni accesso al cantiere di lavoro previa consegna del documento di identità e rilascio del relativo pass di ingresso. Inoltre, la ditta La fornitrice Srl, indicata quale presunta subappaltatrice delle opere in argomento e non conosciuta dal comando regione carabinieri Emilia-Romagna, non risulta che abbia mai eseguito lavori all'interno del comprensorio militare in questione. Riscontri in tal senso sono stati forniti alla sezione di polizia giudiziaria carabinieri delegata per accertamenti dalla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario di Roma.

PRESIDENTE. L'onorevole Grandi ha facoltà di replicare.

ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, mi devo dichiarare insoddisfatto della risposta fornita dal sottosegretario. Forse sarebbe opportuno che il sottosegretario dedicasse una maggiore attenzione a tale vicenda, senza limitarsi agli appunti che gli sono stati forniti, immagino dal Comando, come giustificazione e chiarimento dei fatti oggetto della mia interpellanza. Innanzitutto, la caserma in questione è quella che è stata ricordata dal sottosegretario (almeno così identifichiamo l'oggetto in discussione), così come l'importo della gara di appalto, che è stata bandita dal Comando generale dell'Arma dei carabinieri con sede in viale Romania a Roma. Pertanto su questi punti siamo d'accordo. Quello che, sinceramente, non risulta invece chiaro è il resto della vicenda, sulla quale risulta essere aperto un fascicolo di indagine a seguito della presentazione di una denuncia scaturita da una semplice indagine condotta da privati (l'Arma dei carabinieri dovrebbe pertanto essere in grado di condurla in modo più approfondito, dato che possiede tutte le potenzialità investigative del caso).
La sostanza del problema è che, mentre l'appalto (mi esprimo in lire, perché non ho fatto il cambio in euro; del resto, l'interrogazione risale alla fine dell'anno scorso) è stato aggiudicato per un ammontare di 832 milioni, i lavori risultano essere stati eseguiti da una ditta subappaltante. Anche se ciò non risulta al comando generale, resta il fatto che l'appalto è stato effettivamente realizzato in questo modo e l'azienda che ha fornito i manufatti ed ha provveduto alla messa in opera degli stessi e, quindi, alla realizzazione complessiva dell'attività ha ottenuto dalla società Essedue '87, che ha vinto la gara di appalto, un subappalto per circa 200 milioni, cui si aggiungono circa 100 milioni per i beni forniti, per un totale di circa 300 milioni.
Se è vero che un appalto per circa 832 milioni di lire viene realizzato per un totale (tra manodopera e beni) di 300 milioni di lire (è questo il nodo che il comando dovrebbe accertare con chiarezza, non fosse altro che per ragioni etiche e di immagine pubblica ), si verificherebbe non un ribasso, con conseguente risparmio del soggetto che ha indetto la gara di appalto (ribasso che ovviamente vi è stato), ma una maggiore spesa nell'ordine di quasi 500 milioni di lire.
Questa notizia - come è noto e come ho detto anche nell'interpellanza - è stata diffusa dai quotidiani della città di Bologna e, ovviamente, ha destato un po' di allarme: un appalto aggiudicato per 800 milioni e realizzato in subappalto per 300 milioni qualifica una plusvalenza per l'azienda effettivamente sproporzionata.
Coloro che hanno scritto questi articoli hanno svolto l'attività di indagine giornalistica attraverso un semplice sistema di telefonate, anche abbastanza curioso. Risulta, ad esempio, che le telefonate sono state fatte a centralini che registrano i numeri con provenienze che non sono quelle che dovevano essere; di conseguenza,


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senza appartenere all'Arma dei carabinieri, i giornalisti hanno potuto appurare che qualcosa non funzionava e che, in sostanza, vi è un numero molto ristretto di aziende che partecipa alle gare e poi, solo in una certa misura, realizza gli appalti che vengono affidati. Tra queste aziende ci interessa la Essedue '87, perché delle altre non possediamo notizie sufficienti. Risulta che quest'ultima sia costituita sostanzialmente soltanto da due persone. Essa avrà certamente fornito una lista, ma allora dovrebbe dire che ha effettuato assunzioni a termine, che ha stipulato contratti di lavoro interinale, che ha realizzato lavori in economia; qualcosa dovrebbe pur dire. Non si può semplicemente affermare che l'azienda ha fornito un elenco e che i militari (ci mancherebbe altro!) hanno fatto entrare coloro che erano inseriti nello stesso elenco fornito dall'azienda appaltatrice e che, di conseguenza, questo risolverebbe il problema. Non basta che vi sia un pezzo di carta in cui chi ha vinto l'appalto dichiara che quelli sono i lavoratori che eseguiranno i lavori entrando in una zona militare come la caserma dei carabinieri: è abbastanza ovvio che ciò debba essere fatto. La domanda è: a chi apparteneva il rapporto di lavoro acceso con questi lavoratori? Sarebbe del tutto possibile verificarlo (i carabinieri probabilmente non lo hanno accertato, anche perché immagino che i piantoni non fossero adusi a chiedersi se i lavoratori erano direttamente dipendenti o in subappalto), svolgendo una normale indagine presso gli uffici del collocamento per accertare se queste persone risultavano effettivamente dipendenti dell'azienda che ha vinto l'appalto per la ristrutturazione della caserma Varanini.
Si scoprirebbe così che vi è un'altra azienda, per di più di Bologna, che ha complessivamente eseguito un'opera (tra lavori e fornitura di materiale) per circa 300 milioni; si verificherebbe, quindi, che i lavori affidati in appalto sono stati eseguiti da un'azienda, che non è quella che li avrebbe dovuti eseguire, per una cifra effettivamente molto minore.
Da qui deriva un'ulteriore questione che riguarda, in sostanza, il problema di come vengono effettivamente eseguiti questi appalti. Il Ministero dell'economia nel corso degli ultimi anni ha cercato di realizzare, attraverso un sistema di aste anche per via informatica, forniture a prezzi assolutamente più convenienti. Vi è, ad esempio, come noto, sui siti del Ministero dell'economia e delle finanze un sito Internet collegato ad una nuova società operativa che ha come compito fondamentale quello di realizzare forti risparmi per la pubblica amministrazione non solo per ciò che riguarda la fornitura di beni, ma anche la fornitura di servizi. L'auspicio è che si vada nella direzione di avere anche dal punto di vista dei più tradizionali appalti immobiliari una forma di specializzazione in grado di risparmiare.
In questo caso sembra, francamente, che nel settore della difesa e, soprattutto, in quello dell'Arma dei carabinieri - non posso dire molto degli altri perché le notizie di stampa riguardano in particolare questo episodio - il modo in cui si opera è quanto di più vecchio e tradizionale si possa immaginare. È del tutto evidente, infatti, che se l'appalto viene gestito con il criterio del non interessamento nei confronti di chi vince e della sua credibilità, ma semplicemente, sulla base del risultato del ribasso d'asta, viene meno l'aspetto riguardante la qualità, la capacità di eseguire effettivamente i lavori. Se questo è l'atteggiamento alla fine vengono fuori esattamente le condizioni qui descritte e che, fino a prova contraria, ritengo siano giuste. In sostanza, vi è una gara con carattere puramente formale: i soggetti che intervengono, in realtà, non hanno alcuna consistenza imprenditoriale e, alla fine, si rivelano procacciatori di lavori e che lucrano sulla capacità di concorrere agli appalti in un ambiente chiuso. Infatti, per il modo in cui vengono richiesti i bandi e con cui vengono presentate le gare su queste materie, l'ambiente che partecipa risulta abbastanza ristretto. Quindi, chi partecipa e vince la


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gara d'appalto lucra sul fatto di conoscere le segrete stanze ed i meccanismi con cui si partecipa alla gara d'appalto.
La sostanza è che il ruolo pubblico, che dovrebbe essere garantito anche in termini di risparmio, oltre che di buona esecuzione, non viene garantito in termini sufficienti, perché non vi è una valutazione complessiva del problema. Su alcuni aspetti indagherà la magistratura per capire se vi sia stato qualcosa che merita un'azione di carattere penale o se, come è possibile, si tratta semplicemente di una modalità con cui vengono gestiti gli appalti del tutto obsoleta ed inadeguata rispetto ai tempi. Ciò, di conseguenza, consente condizioni di nicchia in cui soggetti che non hanno capacità imprenditoriale lucrano una condizione che potrebbe, al contrario, essere oggetto di risparmio da parte della pubblica amministrazione e dell'erario pubblico. Oppure bisognerà valutare se vi siano altre condizioni ancora: questo, naturalmente, non sta a me farlo e neppure a coloro che hanno compiuto questa sommaria indagine di natura giornalistica (però fondata: hanno trovato un problema).
Siamo, comunque, di fronte ad una questione più grossa: la pubblica amministrazione, anche nel settore difesa, anche nel settore Arma dei carabinieri, deve modernizzare la sua concezione dell'appalto. Deve, in sostanza, creare le condizioni perché vi sia non soltanto la necessaria trasparenza, cosa perfino ovvia, ma una capacità di gestire effettivamente al risparmio le proprie risorse in modo tale che si creino, anche per questa via, condizioni di efficacia nei confronti del bilancio dello Stato e del sistema economico.
È del tutto chiaro, infatti, che se dovesse invalere la prassi che qui è stata descritta con effetti sul sistema degli appalti, che consente di avere delle aziende, che potremmo definire sostanzialmente delle aziende paravento, che hanno come unica vera capacità quella di conquistare gli appalti ma non quella di eseguirli, inevitabilmente si andrà verso una condizione in cui non sarà possibile fermarsi. Infatti non esiste più soltanto il problema che l'azienda che prende il subappalto poi è costretta a stare entro limiti estremamente bassi e rosicchiati di margine, ma anche l'ulteriore problema dato dal fatto che tale azienda poi tende a ricorrere alle forme più incredibili di gestione dei lavori, compreso inevitabilmente anche il ricorso al lavoro nero.
In questa direzione, dobbiamo renderci conto che una revisione delle procedure ed una maggiore trasparenza andrebbero nella direzione di un beneficio per l'erario pubblico - e di questi tempi non mi sembra sinceramente poco -, di una garanzia di trasparenza nei confronti dell'opinione pubblica - requisito effettivamente richiesto -, ma anche nella direzione di fornire al sistema economico un input, che è quello di non premiare aziende che tali non sono (colgo l'occasione per dire che il legale rappresentante di questa società ha la sua sede di lavoro esattamente in casa sua ed infatti, quando lo si chiama al telefono, risponde la sua famiglia) e fare quindi in modo che possano vincere gli appalti per l'esecuzione dei lavori le aziende che effettivamente hanno la capacità di eseguirli. In fondo, se l'azienda che ha effettivamente eseguito i lavori fosse stata la vincitrice dell'appalto, avremmo avuto un enorme risparmio per l'erario pubblico ed, inoltre, l'azienda non avrebbe avuto le difficoltà descritte, nel farsi pagare dall'azienda vincitrice e probabilmente alla fine si sarebbero corsi anche meno rischi di avere sistemi di evasione di varia natura, compreso quello del lavoro nero, che come sappiamo è oggetto di preoccupazione, nonché di fallimento, anche delle ultime iniziative intraprese dal Governo in questa direzione.

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