COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 25 maggio 2005


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 15,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
(Così rimane stabilito).

Audizione del ministro della salute, onorevole Francesco Storace, sugli orientamenti programmatici del suo dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del ministro della salute, onorevole Francesco Storace, sugli orientamenti programmatici del suo dicastero.
Do ora la parola al ministro della salute, Francesco Storace, al quale rinnovo il nostro benvenuto e il nostro ringraziamento. Successivamente, come sapete, gli onorevoli deputati potranno rivolgere domande al ministro, che replicherà prima della chiusura dell'audizione.

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Grazie, signor presidente. Porgo un deferente saluto ai membri della Commissione. Abbiamo concordato questa data per poter esporre le linee d'azione del ministero che mi è stato affidato. Ovviamente, come primo elemento della vostra valutazione, vorrei assicurare che intendo frequentare la Commissione e avere un rapporto politicamente corretto con i parlamentari. Credo che avremo la possibilità di trovare dei punti di incontro, pur con le differenziazioni di carattere politico che possono caratterizzare il pensiero di ciascuno di noi.
Abbiamo di fronte circa un anno di lavoro, rispetto al quale stiamo tentando di orientare l'azione del Dicastero della salute. Abbiamo tentato di impostare il nostro lavoro partendo, anzitutto, dall'esposizione programmatica che il Presidente del Consiglio ha enunciato allorché ha dato vita al nuovo Governo Berlusconi, puntando in primo luogo sulla necessità di garantire i diritti - in questo caso mi riferisco al contratto dei medici - e sulla possibilità di incidere in funzione di una politica di recupero del potere d'acquisto delle famiglie. Partendo da questi due capisaldi dell'azione annunciata dal Presidente del Consiglio, abbiamo tentato di verificare cosa poter fare concretamente, come illustrerò in seguito nel corso della mia relazione.
Accanto a questi principi da tradurre in azioni concrete, abbiamo posto lo sguardo anche su questioni che campeggiano nell'universo della sanità. Mi riferisco a temi di assoluto rilievo per la pubblica opinione, per i cittadini, come ad esempio le liste d'attesa. Anche questa è una questione sulla quale pensiamo di dover intervenire, pur consapevoli delle competenze del ministero. Parlando chiaramente, credo di esprimere l'opinione di molti fra voi se affermo che il nostro sistema sanitario presenta un discreto livello qualitativo e riesce ad offrire servizi


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con punte di eccellenza. Restano, però, elementi di forte criticità, e tra questi proprio quello delle liste d'attesa.
In molti casi, le liste rappresentano una vera e propria «croce» per il cittadino utente. Si tratta, del resto, di un problema non solo italiano. Chi affronta il tema della sanità sa che questa problematica riguarda anche tanti altri paesi europei; ma non per questo dobbiamo smettere di lavorare per tentare di risolvere il problema e far sì che un possibile aspetto fisiologico, quello appunto delle liste d'attesa, sia ridotto al minimo, eliminando le patologie del sistema.
Per questa ragione ho chiesto al comando dei NAS di attivare controlli in tutto il paese per verificare se vi siano elementi distorsivi all'interno delle aziende. L'ho fatto - voglio chiarirlo subito - con uno spirito improntato ad un rapporto di lealtà con l'altra faccia del governo del sistema sanitario. Mi riferisco, ovviamente, alle regioni. Prima di far partire i controlli, ho doverosamente informato i presidenti delle regioni che l'intendimento del Governo, attraverso l'azione del mio ministero, era quello di dar vita ad un'azione di controllo, affinché non si ingenerassero mai più motivi di sfiducia nei confronti di chi governa la sanità, ai diversi livelli di responsabilità, magari per colpa di singoli.
Ho annunciato, inoltre, l'idea del rimborso per i cittadini vittime di un disservizio: un'ipotesi che, in queste ore, stiamo traducendo in azione attraverso l'istituzione di un'apposita commissione. Rispetto a questa iniziativa, ho letto qualche elemento di critica da parte di un mio predecessore, il ministro Bindi, che ha fatto riferimento ad un decreto. Ebbene, sono andato a leggerlo, perché mi piace verificare la portata delle critiche che ricevo, ed ho chiesto agli uffici quante volte è stata applicata quella norma, ma non abbiamo notizie su questo.
Il mio invito è quello di cogliere l'aspetto positivo di questa proposta e verificare se la norma sia pienamente efficace e se possa trovare attuazione nell'ordinamento.
Oggi, forse, disponiamo di qualche strumento di controllo in più. Lo voglio ricordare a chi rappresenta la nazione, con il suo mandato parlamentare, e quindi ha a cuore il ruolo dello Stato. In questi anni sono stati siglati molti accordi tra il Governo e le regioni sul tema dell'erogazione dei servizi. Tra questi, è particolarmente importante quello del 23 marzo scorso, che ha visto d'accordo le regioni, il Governo e il ministero sulla necessità di intensificare i controlli, anche quelli di spettanza del ministero, per favorire un reale abbattimento delle liste d'attesa.
È nostro intendimento utilizzare questo strumento in una chiave positiva e propositiva, al fine di individuare le possibili soluzioni.
Stiamo lavorando, ad esempio, al tema dell'informatizzazione delle domande di prestazioni. In alcune regioni sono attivi, anche con riscontri positivi, i CUP (Centro unico prenotazioni) regionali. È alla vostra attenzione quanto sia importante razionalizzare le richieste, evitando le doppie e triple prenotazioni, che aumentano i tempi d'attesa, ma anche tentare di favorire una mobilità dell'accesso alle prenotazioni, ad esempio con i CUP di confine, tra un territorio e l'altro (pur se in regioni diverse).
Non dobbiamo creare disagi al cittadino, per tale motivo ci stiamo occupando anche di questo aspetto. Ovviamente, su tutto emerge la necessità di coinvolgere sempre più i medici di medicina generale sul grande tema dell'appropriatezza delle prestazioni. Anche da questo punto di vista, però, dobbiamo verificare quanto sia di nostra competenza e quanto, invece, venga coinvolta la competenza delle regioni sul tema dell'organizzazione del sistema sanitario regionale.
L'obiettivo è quello di arrivare, sia pure in un quadro che si evolve in senso sempre più federalista, ad una sanità che garantisca tutti i cittadini in tutto il paese. Su questo voglio fare una considerazione. Solitamente chi veste i panni del ministro punta a rivestire il ruolo di chi sostiene che il potere debba ritornare allo Stato centrale. Personalmente credo che il federalismo,


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nel campo della sanità, abbia fatto bene al paese. Mi è capitato, nell'esperienza che ho vissuto di presidente di regione, di aprire ospedali che prima non si aprivano e di avere maggiori possibilità di intervento. Questo, però, non significa tacere la grande domanda di universalità del servizio: proprio quello che abbiamo avviato con la stagione dei livelli essenziali di assistenza, ossia ciò che serve a rendere uniforme il diritto del cittadino, ovunque nasca.
In sostanza, l'autonomia delle regioni in campo sanitario va inserita in una cornice unitaria. Se vogliamo, questo è il campo di possibile applicazione di quei principi che sono alla base della riforma costituzionale di cui si sta discutendo in Parlamento; riforma nella quale, in un quadro di devoluzione, si afferma anche il dovere della tutela dell'interesse nazionale.
Spetterà alla classe dirigente di questo paese rendere declinabile il tema. Se ci pensate bene, però, si tratta di una sfida affascinante. Oggi, sostanzialmente, le regioni gestiscono la sanità. Noi dobbiamo preservare il diritto all'unitarietà delle prestazioni su tutto il territorio nazionale, e questo è un tema che, a mio avviso, al di là delle dispute di carattere politico - normali, nonché doverose -, dovrebbe spingerci ad interrogarci con grande attenzione.
Accanto a tutto questo - anticipo questioni che, molto probabilmente, saranno poste in questa sede - vi è il tema delle risorse, di come si finanzia il sistema sanitario nazionale. Se ci si spoglia degli abiti di parte e si afferma con coraggio la verità, a mio parere si deve riconoscere che i quattro anni di Governo Berlusconi hanno registrato un massiccio investimento sulla sanità.
Dobbiamo essere consapevoli di cosa significhi passare da 64 miliardi di euro a 90 miliardi di euro di spesa sanitaria. È vero, nei 90 miliardi è compreso anche il disavanzo degli anni pregressi, ma la cifra che viene sottratta ad altri settori ed immessa nel «forziere» della sanità è comunque significativa. Parliamo di un rapporto con il PIL pari al 6,4 per cento: un dato significativo, ma questo non vuol dire che ci arrendiamo di fronte alla necessità di incrementare la spesa. Questo sarà un tema che dovrà riguardare non solo il tetto del 2 per cento di aumento delle spese, ma un impegno ancora più forte del Governo sotto molti punti di vista.
Dovremo dare soluzione a diversi problemi, ad esempio - ci stiamo lavorando in queste settimane - alla questione del decreto legislativo n. 56, un'altra delle riforme avviate nel 2000 e alla quale occorre dare una risposta.
Capite bene che non sarà indifferente, per quel che ci riguarda, comprendere, se il Governo andrà avanti con la riforma dell'IRAP, quali saranno i provvedimenti sostitutivi per quanto concerne le entrate delle regioni rispetto alle risorse del fondo sanitario nazionale. Possiamo dire che si tratta di una discussione in fase di avvio, nella quale posso assicurarvi che entreremo con assoluto protagonismo e con la volontà di mantenere, e se è possibile aumentare, le risorse a disposizione della sanità. Sicuramente si tratta di questioni che bisogna affrontare con grande serietà, al di fuori di ogni propaganda.
Alla Commissione voglio dire una cosa in più, avendo letto con attenzione una delle proposte al vostro esame. Mi riferisco alla proposta di legge, che reca come prima firma quella dell'onorevole D'Alema e poi degli onorevoli Turco e Bindi, sulla questione meridionale. È chiaro che si propone qualcosa di molto bello e molto efficace da esporre sui manifesti, ma poi bisogna fare i conti con le risorse a disposizione.
Il fondo straordinario esiste da quando questo Governo ha aumentato considerevolmente le risorse. Tuttavia, non voglio sfuggire al problema. Se c'è disponibilità, dobbiamo trovare un meccanismo valido ed è possibile farlo oggi, alla vigilia di una nuova legislatura. Cominciamo, dunque, a prevedere un meccanismo di delega al Governo per poter ripartire le risorse ed intervenire.
Si può proporre, certamente, di aumentare i fondi per il sud, ma poi qualcuno


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dovrà preoccuparsi di spiegare perché tanti fondi non sono stati spesi: indicherò degli esempi concreti al riguardo. Tuttavia, la questione non mi sfugge nella sua importanza, dal momento che anche al centro degli obiettivi dell'azione di Governo vi è una maggiore attenzione verso le ragioni del Mezzogiorno.
Oggi siamo nella condizione di promettere ai cittadini il reperimento delle risorse? Certo, si può anche agire con fantasia sui bilanci dell'INAIL o quant'altro, ma è necessario avviare un discorso molto serio. Credo che il nodo vero, nel rapporto nord-sud, sia il riconoscimento di uno squilibrio presente alla base della ripartizione delle risorse. È proprio a questo livello che occorre incidere, ossia nei criteri di attuazione della legge n. 662 del 1996, la norma che preesiste all'elaborazione delle tabelle che vengono portate alla Conferenza Stato-regioni.
Se si reperiranno risorse aggiuntive, credo che dalle regioni, per i poteri maggiori che queste hanno assunto, proverrà la richiesta di ripartirle su tutto il territorio e non solo su parte di esso. Allora, se vogliamo riequilibrare, dobbiamo capire quali sono i meccanismi distorsivi.
Oggi ho letto, se non ricordo male sul quotidiano Il Messaggero, un dato che mi ha ricordato molte battaglie che mi è capitato di fare come presidente di regione, in quel grande mercato che è la Conferenza Stato-regioni, quando si arriva a discutere della ripartizione delle risorse (mi permetto un tono confidenziale, ma quello che dico è vero: nella Conferenza si arriva a discutere fino all'ultimo euro). Ebbene, ho letto che la sanità costa di più laddove ci sono zone più povere e depresse. Il disoccupato e il precario - si sostiene secondo un'indagine - comporterebbero un costo maggiore della sanità.
Questa è la tesi che ho sostenuto per tanti anni di fronte a chi diceva, per evidenti motivi di convenienza (quando hai più anziani vuoi far prevalere il criterio della popolazione anziana), che non si poteva portare avanti questo ragionamento.
Non c'è spazio per dispute ideologiche intorno a questo tema. C'è spazio, sicuramente, per la propaganda - facciamo tutti politica -, ma dobbiamo individuare una soluzione realistica nell'ambito di una delega, per la quale stiamo lavorando. Vorrei capire se vi sia disponibilità da parte dell'opposizione a trovare una condivisione su questo tema, sapendo che possiamo disporre di un certo tempo. Mi pare di capire che la proposta dell'onorevole D'Alema sia legata ad un piano decennale di investimenti. Non stiamo parlando del «domani», ma del «dopodomani», quindi abbiamo il tempo per poter discutere e forse per prospettare all'intero paese soluzioni condivisibili. Questo perché tutti abbiamo avvertito l'esistenza di un problema al sud.
Altre questioni che voglio portare alla vostra attenzione sono quelle che abbiamo cominciato ad affrontare, che potremmo annoverare tra quanto già realizzato e che corrispondono, sostanzialmente, ai primi due impegni che abbiamo dovuto prendere con il Governo e con i cittadini quando siamo stati onorati di questo alto incarico. Mi riferisco alla politica sui farmaci e alle questioni riguardanti il contratto dei medici.
Cito tra parentesi anche l'avvenuta approvazione del nuovo statuto della Croce rossa italiana, una normativa che offre una risposta a centinaia di migliaia di persone (lavoratori e volontari) impegnate su questo versante. Era un provvedimento molto atteso, che noi abbiamo fortemente sostenuto proprio nella fase finale dell'approvazione.
Per quanto riguarda i farmaci, abbiamo voluto rispondere ad una delle due questioni poste dal Presidente Berlusconi al momento del suo insediamento, ossia comprendere se la sanità poteva fare la sua parte nella capacità di recupero del potere d'acquisto delle famiglie.
Quale era la situazione che si presentava ai nostri occhi fino a qualche settimana fa? C'era, paradossalmente, un rapporto di privilegio dello Stato rispetto al cittadino. Lo Stato, con le varie manovre che si sono susseguite negli anni, probabilmente


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quest'anno riuscirà a raggiungere l'obiettivo di mantenere il tetto programmato della spesa farmaceutica al 13 per cento della spesa sanitaria complessiva. Verificheremo, quindi, se occorrerà dar vita ad ulteriori interventi, in coerenza con quelli già posti in essere, oppure se si dovrà pensare a politiche diverse.
Qual è la condizione di privilegio? Lo Stato tratta lo sconto con l'azienda, il cittadino no. Il cittadino, in quella parte che rappresenta il 30 per cento della spesa farmaceutica - quella a suo carico, quella della fascia C -, è solo nel rapporto con il prezzo del medicinale. Partendo da questa considerazione, abbiamo lavorato ad una soluzione che, mettendo intorno allo stesso tavolo le rappresentanze degli industriali, dei farmacisti, dei consumatori e dei sindacati dei medici, consentisse di verificare se sia possibile una manovra sociale a costo «zero» per lo Stato.
Questo provvedimento è un tentativo - se ne avrò il tempo, tenterò di ritornare sul tema, ma se mi dilungherò troppo, sono pronto a fermarmi - di recuperare anche un potere di titolarità dell'azione sulla sanità. Esso è nato interamente nelle stanze del Ministero della salute, mentre tutti i provvedimenti sulla farmaceutica emanati nel corso di questi anni sono nati nel Ministero dell'economia e delle finanze. Rivendico questo dato perché implica un'impronta di carattere più sociale a politiche che, magari, possono risentire solo di un aspetto finanziario, pure importante considerati i dati che leggiamo e sui quali dibattiamo in Parlamento e nelle trasmissioni televisive.
Abbiamo voluto verificare - non voglio, tuttavia, anticipare la discussione che riguarderà il decreto-legge - se l'industria fosse disponibile ad una politica di contenimento dei prezzi, che in dieci anni sono aumentati del 50 per cento. Questo significa che il cittadino spende il 50 per cento in più per l'acquisto di farmaci, con un aumento del 5 per cento l'anno: se ci pensate, questa percentuale corrisponde a più del doppio dell'inflazione!
Abbiamo chiesto alle aziende un sacrificio, bloccando per due anni la possibilità di aumento dei prezzi. Peraltro, in questa decisione abbiamo inserito anche un elemento di trasparenza: fino a ieri, era possibile aumentare i prezzi in tutti i 12 mesi dell'anno, mentre adesso abbiamo limitato tale possibilità solo a gennaio. È chiaro che l'aumento può esporre il cittadino a dinamiche di mercato, ma in tal modo già il primo febbraio sapremo chi si è comportato bene e chi no: è un elemento di trasparenza in più.
Abbiamo lavorato sul rapporto tra il cittadino e la farmacia, proprio mentre dall'Europa giungono segnali preoccupanti sull'ordinamento vigente nel nostro paese, che invece vogliamo tutelare proprio perché rivendichiamo anche una nostra caratteristica. Il cittadino che si presenterà in farmacia avrà la possibilità di avere sconti fino al 20 per cento sui cosiddetti medicinali da banco, ossia senza obbligo di prescrizione. È importante, in un paese in cui aumenta tutto, sapere che c'è qualcosa che diminuisce.
Il cittadino avrà la possibilità di presentarsi dal farmacista con la ricetta del suo medico e se questa non recherà la scritta «non sostituibile» (i medici hanno accettato questa piccola rivoluzione) potrà vedersi offrire un farmaco generico. Anche questo è importante, perché il mercato del farmaco generico, di fascia C, è praticamente vicino allo «zero».
Questo, se la manovra risulterà efficace, comporterà un'ulteriore conseguenza. Intendo dire che l'aumento del mercato dei generici comporterà una riduzione dei prezzi delle specialità farmaceutiche. Vi inviterei a non sottovalutare la portata potenziale di questa manovra. È chiaro, il dibattito parlamentare ci offrirà alcune proposte, ma credo che questo sia un segnale ben preciso in direzione del soddisfacimento dei bisogni dei cittadini.
Altra questione importante che abbiamo affrontato - più in termini di pressione politica che di effettiva capacità di incidenza del nostro ministero - è quella legata al contratto dei medici. Per quanto ci riguarda, possiamo rivendicare solo il merito di aver posto la questione e di aver convinto a considerarne prioritaria


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la soluzione, nell'ambito di quello che era un dovere dello Stato nei confronti dei 100 mila medici del Servizio sanitario nazionale.
Ebbene, oggi abbiamo la possibilità di concludere positivamente questa vicenda, grazie ad un sostanziale accordo. Tra l'altro, si prevedono anche garanzie assicurative per i medici e questa è una conquista della categoria.
Ho ricordato le tante questioni che abbiamo cominciato ad affrontare nel nostro percorso. Certo, c'è ancora molto da fare, ma voglio annunciare alla Commissione che domani firmerò un altro provvedimento, una proposta al Ministero delle attività produttive per intervenire, di concerto, sulla riduzione del prezzo del latte in polvere. Anche da questo punto di vista vogliamo dare un'impronta forte alla nostra azione.
Il provvedimento dovrà prevedere - questa sera avremo un altro incontro con i soggetti interessati, per chiudere la vicenda - un intervento del Ministero della salute, nell'autorizzazione dei convegni e delle manifestazioni scientifiche proposti dalle società che operano nel campo della pediatria: vi sarà un controllo più rigoroso sulla qualità degli stessi. Non vogliamo più assistere al trasferimento del costo di un convegno o di una sponsorizzazione sul prezzo del latte che viene acquistato dal cittadino.
Questo provvedimento corregge un decreto del mio predecessore e serve a rendere immediatamente applicabili le misure volte a favorire un ulteriore calo dei prezzi. Recepiamo, così, le critiche della classe pediatrica al precedente provvedimento.
Tra le novità che verranno introdotte, vi è l'indicazione dei requisiti richiesti ai fini del rilascio dell'autorizzazione ministeriale alle società che intendano organizzare congressi e manifestazioni scientifiche.
In più, le aziende produttrici di latte in polvere - è un elemento di grande trasparenza - avranno l'onere di comunicare i prezzi di cessione dei prodotti ai vari canali distributivi, compresi gli utenti, attraverso le associazioni dei consumatori.
Non voglio azzardare cifre, ma prevediamo la possibilità che il mercato metta le imprese nella condizione di abbattere di un ulteriore 20 per cento il prezzo del latte al consumatore.
Abbiamo notato delle differenze nel comportamento delle aziende: alcune hanno ridotto di molto il prezzo, altre per nulla. Come ha potuto verificare anche il sottosegretario Cursi, che ha seguito con particolare attenzione questa vicenda, un'azienda ha diminuito il prezzo addirittura del 43 per cento, mentre altre aziende non hanno fatto assolutamente la loro parte. Siccome alcune aziende hanno fatto riferimento ai costi, il nostro intento è proprio quello di intervenire su tale aspetto: qualifichiamo al meglio i convegni scientifici e, probabilmente, ci saranno meno alibi per chi non vuole la riduzione del prezzo del latte in polvere per il cittadino.
Ovviamente questo non significa dimenticare i nostri ulteriori doveri. Potenzieremo, dunque, le campagne informative per assicurare la massima tutela dell'allattamento al seno e, in caso di assenza del latte materno, la corretta alimentazione del lattante e l'uso adeguato del latte in polvere e dei cosiddetti alimenti di proseguimento.
Un altro tema sul quale vogliamo intervenire è legato alla ricerca. Proprio stamane ho incontrato i vertici degli istituti di ricerca e cura a carattere scientifico. Ovviamente siamo in attesa della sentenza della Corte costituzionale che, stando a notizie informali, ci dovrebbe porre di fronte ad alcuni problemi. È evidente, comunque, che una soluzione bisognerà trovarla. Occorrerà capire se la sentenza della Corte costituzionale, nella parte in cui si affronta il tema delle nomine, intervenga sul decreto legislativo o sulla legge da cui originava la delega. Capire se si disponga di ulteriori sei mesi o meno non è indifferente rispetto al tema che dobbiamo affrontare. Tuttavia, ne potremo parlare quando sarà chiaro il dispositivo della Corte costituzionale.


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In tema di ricerca, credo di poter assumere un impegno, almeno per quello che riguarda il mio ministero: nell'allocazione interna delle risorse, si può sicuramente pensare di spostarne parte verso la ricerca. È un tema che non possiamo eludere e compiremo gli sforzi necessari per pretendere ulteriori risorse in sede di discussione della legge finanziaria. Intanto, però, vogliamo fare la nostra parte attraverso una diversa redistribuzione delle risorse.
Ci sono altri temi sui quali occorrerebbe ragionare, tuttavia, per non sottrarre tempo ulteriore alla discussione della Commissione, li cito per titoli, ferma restando, se siete interessati, la possibilità di approfondirli.
Ritornando alla questione del rapporto con le regioni e della loro capacità di spesa, a me è capitato di affrontare - l'ho fatto nell'altro ramo del Parlamento - una questione rispetto alla quale sono molto sensibile, quella legata alle cure palliative.
Giudico sicuramente grave - siamo in Parlamento, dunque non posso usare parole sconvenienti - la mancata spesa delle risorse che sono a disposizione delle regioni a partire dal 1998. Ciò riguarda due programmi ministeriali (1998/1999 e 2000/2001): appena il 21 per cento di quelle risorse è stato utilizzato. Per carità, stiamo parlando di una cifra esigua, di 400 miliardi delle vecchie lire, ma è ugualmente grave che solo quattro regioni si siano fatte carico di procedere speditamente con un piano di hospice che riguarda sia il pubblico che il privato.
So che al Senato è in corso una discussione su una proposta di legge relativa alle cure palliative, che in seguito passerà all'esame della Camera. Credo che sia importante capire cosa debba fare lo Stato in tali casi, anche perché dopo sarà interessata l'edilizia sanitaria: si deve procedere con una parola gentile come «affiancamento», che in realtà nasconde il termine «commissariamento», oppure c'è un sistema per obbligare a spendere queste risorse? Questo è un altro dei temi non ideologici che riguardano il rapporto tra Stato e regioni, sul quale dobbiamo dire la nostra. Diversamente, quando parliamo di mancata crescita del paese, dobbiamo tenere conto anche del problema dei fondi stanziati, ma non spesi, negando così la possibilità di far circolare risorse, anche attraverso i fondi della sanità.
Due ultime questioni. So che è al vostro esame un tema importante che riguarda il cosiddetto governo clinico. Il Governo è favorevole ad una rapida approvazione del provvedimento, ed io spero che si possa rispondere alla necessità di coinvolgere la classe medica nel governo della sanità sul territorio, attraverso le varie ipotesi in circolazione (ad esempio, attraverso il collegio di direzione e il suo protagonismo nelle scelte che riguardano la salute dei cittadini). Spero che, da questo punto di vista, ci sia un'efficace risposta da parte della Commissione.
Infine, evidenzio un aspetto che istituzionalmente è il più importante, sebbene mi renda conto di cosa significhi fare riferimento ai piani. Siamo alla scadenza del triennio che ha riguardato il vigente piano sanitario nazionale. Come sapete, questo piano fu approvato a triennio iniziato, se non sbaglio nel luglio del 2003. Vorrei tentare di arrivare all'approvazione del nuovo piano sanitario nazionale superando la prassi e le procedure abitualmente seguite. Mi spiego meglio: finora il piano sanitario nazionale è stato vissuto come un adempimento, almeno così mi pare di capire. Erano necessari i passaggi in Conferenza Stato-regioni e poi in Parlamento e l'eventuale ritorno in Conferenza Stato-regioni in caso di accettazione di modifiche proposte dal Parlamento.
Ebbene, credo che sia giunto il momento di dare vita ad una forma di concertazione più ampia, che riguardi anche le categorie interessate, in sostanza il paese. Ritengo sia giusto partire da una bozza di documento su cui chiedere il parere ed eventuali integrazioni anche alle categorie che vivono la sanità del nostro paese, alle forze sociali, per produrre un piano che possa essere vissuto e non semplicemente visto come un adempimento.


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Il mio auspicio è di approvarlo entro dicembre, se ne saremo capaci. Visti i precedenti, tuttavia, non è questa la priorità assoluta. Quello che mi interessa è verificare se esista la possibilità di presentare al paese un documento che possa essere tradotto in realtà pratica, per le regioni e per l'intero sistema sanitario.
Grazie per l'attenzione.

PRESIDENTE. Grazie a lei, signor ministro, per l'esauriente relazione su quello che il Governo, in questo anno di legislatura, si accinge a fare in ambiti dei quali già la Commissione si è in parte occupata, ma anche su altre iniziative che lei e il suo ministero intendete portare avanti.
Tra l'altro, due di queste iniziative, la proposta di legge sulla sanità nel Mezzogiorno e il disegno di legge sul governo clinico, sono attualmente all'ordine del giorno nella nostra Commissione, dunque la relazione è stata di grande aiuto per i nostri lavori.
Ringrazio ancora una volta il ministro per gli indirizzi che ha voluto indicare, che il Parlamento, nella sua autonomia, e la Commissione terranno nel dovuto conto.
Do ora la parola ai colleghi che intendano formulare quesiti o osservazioni.

ROSY BINDI. Grazie, signor presidente. Anch'io ringrazio il ministro per l'esposizione del programma di questo anno di governo. Il ringraziamento, naturalmente, sarà accompagnato da alcune critiche e da alcuni suggerimenti, come immagino lo stesso ministro si aspetti, nel doveroso rispetto delle prerogative parlamentari e, nel Parlamento, delle prerogative dell'opposizione.
Nuovo Governo, nuovo ministro: è evidente che siamo in attesa di una novità che parta da una considerazione che vorrei fosse condivisa. Infatti una delle novità, come abbiamo avuto modo di sottolineare in queste settimane dopo la sua nomina, consiste nel passaggio da un ministero affidato ad un tecnico ad un ministero affidato ad un politico. Il Governo attuale è nato da una sconfitta che la coalizione che lo sostiene ha riconosciuto di aver subito alle elezioni regionali, dove la materia sanitaria è sicuramente centrale.
Personalmente sono tra coloro che ritengono che non fosse tutta responsabilità del Governo e che ci fossero anche delle responsabilità dei presidenti e degli assessori regionali, ma so anche che, certamente, in questi anni la sanità non è stata rappresentata e guidata, dal punto di vista politico, in maniera autorevole. Proprio partendo da questa considerazione credo che le novità che ci aspettiamo debbano scaturire da una lettura condivisa dell'attuale situazione.
Il ministro ha detto che noi abbiamo un buon Servizio sanitario nazionale. Mi auguro che in questa affermazione, signor ministro, lei voglia comprendere non soltanto lo stato attuale del sistema sanitario, ma i suoi principi, la sua filosofia, le sue scelte, i suoi valori. Mi auguro che, nel prossimo anno, tutti questi aspetti siano confermati.
Parto da questa considerazione perché credo che il nostro sia un buon Servizio sanitario nazionale, che ha la possibilità di essere ancora buono, e forse di migliorare, ma solo se si riconosce che in questi anni si è indebolito e che, per mancanza di governo e di guida politica, ha finito per andare incontro ad una sorta di inizio di mutazione genetica.
Basterebbe pensare alla privatizzazione strisciante in atto nel sistema sanitario del nostro paese, una privatizzazione che riguarda la spesa: il 30 per cento della spesa sanitaria è a carico delle famiglie, le quali, dopo aver pagato le tasse, spendono il 30 per cento di tasca propria, sottraendolo al bilancio della famiglia, per sostenere i costi del dentista, dei farmaci, dei ticket, dell'integrazione sociosanitaria ad alto contenuto sanitario e quant'altro. Questo dato del 30 per cento significa che è in atto una sorta di privatizzazione del finanziamento.
Questo Governo avrà anche aumentato il finanziamento - vedremo dopo se questo è vero -, ma è certo che l'attuale ammontare del fondo sanitario non risulta assolutamente sufficiente per fare fronte alle effettive necessità.


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Peraltro, si assiste a una mutazione genetica nei rapporti di lavoro. Il blocco delle assunzioni di questi anni sta provocando - il ministro lo sa benissimo - un aumento preoccupante del numero di professionisti sanitari, medici e non solo, a rapporto precario. Abbiamo medici e infermieri che vengono assunti con i contratti previsti dalla legge n. 30 del 2003, tanto per intenderci. Credo che questo rappresenti un segnale di allarme: mentre si rinnova il contratto dei medici, dopo molti anni, nello stesso tempo si assiste ad un profondo cambiamento del rapporto di lavoro.
Siamo in presenza di una mutazione genetica anche nelle forme di gestione e nel patrimonio. Il ministro sa benissimo che è in atto la cartolarizzazione degli ospedali, è in atto un diffondersi senza regole del sistema di project financing. Tutto questo, a fronte dell'incapacità di spendere o dell'insufficienza degli investimenti, sta portando ad un'immediata partecipazione in conto capitale del privato, che poi si traduce in una tassa permanente che viene scorporata dalla quota capitaria della spesa corrente, ma così si abbassa automaticamente l'assistenza per i cittadini.
Ebbene, io credo che tutti questi elementi siano dei campanelli di allarme che un Governo nuovo ed un ministro nuovo, se vogliono ribadire le scelte del Servizio sanitario nazionale, con le sue caratteristiche, non possono non prendere in considerazione. Il nuovo Governo e il nuovo ministro non possono non dirci come intendono fare fronte a questa situazione. È giusto curare il sintomo terribile delle liste d'attesa - vedremo poi come -, ma è necessario intervenire sulle cause, che ritengo nascondano qualcosa di più grave. Si tratta di questioni che stanno diventando ormai strutturali.
Dalle sue parole si evince, signor ministro, una sorta di riconoscimento di quello che abbiamo sempre sostenuto nel corso di questi quattro anni, ossia che la sanità non è stata guidata in maniera adeguata ai bisogni di questo grande settore. Giustamente, dunque, si vuole rivendicare l'autonomia del ministero, che finora ha trasferito, di fatto, tutte le sue competenze, tranne le campagne pubblicitarie, al Ministero dell'economia e delle finanze, svuotando delle sue prerogative non solo se stesso, ma anche il Parlamento e la Conferenza Stato-regioni.
Allora, un'inversione di tendenza reale richiede non poche cose. Non richiede solo le critiche a un eccessivo salutismo, che il ministro ha pronunciato richiamando in un'intervista l'autorevole opinionista della Stampa, Barbara Spinelli. Una critica che ho condiviso in parte e che, più volte, io stessa ho pronunciato, ma ci auguriamo che non si passi dagli annunci della «cintura» agli annunci dei NAS.
Le cose da fare sono davvero molte. Provo a citarne alcune, ritenendo che ci saranno altre occasioni per approfondire l'argomento. Innanzitutto, è necessaria un'operazione-verità sullo stato della spesa sanitaria in questo paese. Moltissime regioni hanno cambiato maggioranza politica ed io mi domando se esse saranno in grado, entro il 31 maggio, di presentare quanto richiesto per avere accesso ad una parte consistente del fondo sanitario. Sicuramente, infatti, le nuove amministrazioni ereditano una situazione tutta da capire.
Siamo quantomeno ad un deficit registrato per il periodo 2004-2005 di 4.515 miliardi di euro, una cifra certamente non trascurabile. Signor ministro, credo che su questo punto lei debba diventare interlocutore della Conferenza Stato-regioni e del Ministero dell'economia e delle finanze. Oppure si pensa che a questa cifra si debba far fronte, secondo le intese e gli accordi in atto, ricorrendo a quello che prevedeva il famoso accordo dell'8 agosto, ossia con le tasse, i ticket e il taglio dei servizi? In questo caso, la mutazione genetica alla quale prima facevo riferimento si sta compiendo del tutto e il ministro Storace rischia di diventare il ministro che sancirà la fine del Servizio sanitario nazionale del nostro paese, non quello che lo rilancerà.
Ci meravigliamo che il Governo abbia deciso di abbassare l'IRAP senza avere le


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idee chiare su come intende coprire il mancato introito per il fondo sanitario. Chi sta studiando questa problematica? A mio parere, prima di annunciare questa manovra, si sarebbe dovuto chiarire come si intendeva fare fronte al finanziamento del fondo sanitario. Comunque, signor ministro, credo che questo sia uno dei compiti impellenti che l'attendono e immagino che il ministro Sirchia non le abbia lasciato niente, da questo punto di vista.
Come tutti sanno, personalmente fui molto critica nei confronti della norma sul federalismo fiscale e sono convinta che rivedere quel provvedimento sia un impegno molto forte, sul quale credo debba svolgersi un confronto aperto, chiaro e sereno con le regioni. Ricordo che è vigente il Titolo V della Costituzione e che esiste una Conferenza Stato-regioni molto determinata nell'esercitare i propri compiti.
Veniamo alla questione meridionale. Devo dirle, signor ministro, che a me non è piaciuto che lei abbia subito annunciato che...

PRESIDENTE. Onorevole Bindi, dovrebbe concludere.

ROSY BINDI. Signor presidente, mi dica quanto tempo ho a disposizione, in maniera da regolarmi. Ho molte cose da dire.

PRESIDENTE. Capisco che le cose da dire sono tante, ma così rischia di parlare solo lei.

ROSY BINDI. Abbiamo il pomeriggio davanti, spero che riusciremo d utilizzarlo.
Una delle grandi emergenze, come dicevo, è la questione meridionale. Titoli come «1.000.000 di pazienti costretti ad emigrare per curarsi» fanno tanto comodo a Formigoni, in quanto gli tengono un po' in ordine le casse della regione Lombardia. Il record è soprattutto in Lombardia e in Veneto. A me non interessa chi incassa, quello che so è che la mobilità passiva - o attiva - è una stortura del sistema che, alla fine, non potrà reggere. Tant'è vero che le regioni, tra loro, ancora non si pagano, perché non sono nelle condizioni di farlo.
Credo, dunque, che la questione meridionale debba essere affrontata seriamente. Di certo esiste una questione meridionale sanitaria e a noi non è piaciuto molto che il ministro abbia affermato che quella proposta di legge non va bene.
Vede, signor ministro, noi abbiamo un sospetto. Apprezziamo che lei voglia riprendere una dimensione nazionale del Servizio sanitario nazionale, ma deve fare i conti con il suo Governo. Pertanto, se il ministro del welfare vuole portare al nord i soldi dell'INAIL, lei, forse, sarà obbligato a presentare qualche cosa di diverso: la invitiamo a controllare questo aspetto, in quanto è di tutta evidenza che i soldi dell'INAIL devono andare dove ce n'è più bisogno.
Con quella legge chiediamo un adeguamento strutturale, non solo in termini di strutture vere e proprie. Certo, lei ha ragione a dire che molti soldi non sono stati spesi. Le rispondo subito facendo riferimento agli accordi di programma; da questo punto di vista, lei avrà il nostro appoggio.

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Quando recuperiamo le risorse!

ROSY BINDI. Lei concordi con la Conferenza Stato-regioni e non faccia nulla di imperio, ma se arrivano accordi di programma che consentono di spendere subito, le assicuro che ci troverà sempre dalla sua parte. Ritengo, infatti, che questo sia uno strumento assolutamente adeguato.
Negli accordi di programma per il sud si possono riversare i soldi dell'INAIL, non solo per le strutture edilizie, ma anche per l'adeguamento strutturale più importante, quello delle managerialità, delle risorse umane, della formazione, ossia quello che è mancato forse in questi anni ed è il motivo per cui le regioni non sono in grado di fare molte cose.
La delega al Governo, invece, innanzitutto allunga i tempi. Inoltre, mi pare di


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capire che lei voglia partire da un punto che a noi insospettisce molto, quello di rivedere la quota capitaria ponderata. In questo modo, si toglie laddove ci si avvicina quasi ad un pareggio e si dà dove non si è in grado di spendere bene.

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Non ho capito.

ROSY BINDI. Mi spiego: se ci si limita ad intervenire sulla correzione dei criteri della distribuzione della quota capitaria ponderata, con il risultato semplicissimo di sottrarre un po' di finanziamenti a regioni come la Lombardia, il Veneto o la Liguria e di trasferirli al sud, si ottiene che si tolgono finanziamenti laddove non è affatto vero che non ce ne sia bisogno - e magari si crea una situazione ancora più debitoria e si indebolisce un sistema che, in qualche modo, vive meglio - per darli a regioni che, senza un adeguamento strutturale, soprattutto in risorse umane, non sono in grado di spenderli in maniera adeguata per far riprendere il sistema sanitario. Questa correzione, da sola, è assolutamente inutile, anzi risulta dannosa per l'insieme del sistema.
Credo che sia necessario un confronto con la Conferenza Stato-regioni e che la responsabilità a livello nazionale imponga di non intervenire su un elemento che ha funzionato, ma di accelerare, invece, una legge che punti all'adeguamento strutturale.
Un secondo grande capitolo, sul quale il ministro non ha speso una parola, riguarda un tema al quale questa Commissione ha molto lavorato, il tema della non autosufficienza che noi riteniamo debba vedere impegnato il ministro della salute insieme al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero del welfare. Questo è un problema che il paese non è più in grado di sopportare. Dirò di più, il sistema sanitario non è in grado di sopportarlo, perché rappresenta una fonte di utilizzo spesso improprio delle stesse strutture sanitarie.
Se in questo anno arriverà un segnale da questo punto di vista, noi lo interpreteremo come una novità interessante, ma il silenzio ci ha preoccupato.
Veniamo, ora, al rapporto tra Stato e regioni. Mi auguro, signor ministro, che lei avvii una prassi di attuazione del Titolo V della Costituzione e del decreto legislativo n. 229 del 1999. Una norma che non è stata bocciata dalla Corte costituzionale, nonostante i numerosi ricorsi e ha retto all'urto della riforma del Titolo V, perché giuridicamente corretta e ben impostata.
Ci auguriamo, dunque, che il ministro dimostri la pericolosità di un'eventuale approvazione della devolution, in quanto le sue parole conducono in senso esattamente opposto a quello che vorrebbero alcune componenti del Governo e all'attuale riforma della Costituzione.
Veniamo alla questione del piano sanitario. Signor ministro, se vuole adottare il piano sanitario in maniera nuova, applichi il decreto n. 229 del 1999, dove è prevista la circolarità di proposte tra i piani sanitari regionali e il piano sanitario nazionale e la consultazione di tutti gli attori del sistema. È una strada già segnata, non c'è nulla da inventare.
Nel rapporto con le regioni, entrano anche i temi di cui lei ha cominciato ad interessarsi. Mi lasci dire che i NAS sono preziosissimi ed è giusto che il ministero si preoccupi di colpire le situazioni patologiche e di risolverle, in quanto esse impediscono livelli di assistenza uniformi e unitari su tutto il territorio nazionale, ma per risolvere il problema delle liste di attesa occorre ben altro.
In primo luogo, il decreto legislativo n. 124 del 1998 non è mai stato applicato, non perché sia inapplicabile. Al contrario, esso è applicabilissimo, ma devono farlo le regioni; non credo che possa applicarlo il ministero. Per far ciò è necessario un grande accordo nella Conferenza Stato-regioni e probabilmente occorre individuare una destinazione di risorse.
In secondo luogo, è necessaria una grande sfida di appropriatezza in questo paese. Occorre un impegno forte che coinvolga regioni, ministero, medici e via dicendo.


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In terzo luogo, signor ministro, abbia il coraggio di far applicare la legge sull'attività libero-professionale dei medici. Se quella legge verrà applicata correttamente, secondo contratto, secondo linee guida e secondo atto di indirizzo e di coordinamento o, comunque, in base ad un nuovo accordo con le regioni, le liste di attesa probabilmente conosceranno un abbattimento naturale. L'attività libero-professionale è stata studiata e pensata proprio per abbattere le liste d'attesa, non per incrementarle. Dunque, è necessario applicare quella norma in maniera corretta e colpire le situazioni patologiche. Se un professionista, senza il controllo della ASL, della regione e, se c'è bisogno, anche del ministero e della polizia giudiziaria, ingrossa le liste d'attesa per procurarsi l'attività libero-professionale, è chiaramente fuori dalla norma. Si applichi, dunque, la riforma corretta, così come avrebbe dovuto funzionare, e questa darà sicuramente un buon risultato.
Per quanto riguarda i farmaci...

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. L'audizione è la mia!

ROSY BINDI. Sto finendo. Le audizioni, comunque, si fanno per ascoltarsi a vicenda. Così funziona il Parlamento. Signor ministro, ricorda come si comportava quando era all'opposizione? Io ricordo bene Storace parlamentare!
L'ultima osservazione riguarda il provvedimento sui farmaci, del quale finora abbiamo letto sui giornali, ma non ne abbiamo ancora preso visione. Quando sarà possibile, lo prenderemo in esame. In linea di principio, credo che trovare un modo per tenere sotto controllo i prezzi sia sempre opportuno. Tuttavia, bisogna ricordarsi che, forse, lo Stato deve anche rivedere la politica del prezzo dei farmaci di fascia A, se non vuole impedire lo «scaricamento» sulla fascia C. Per quanto mi riguarda, considero sbagliata la politica che si è adottata in questi anni. La notizia vera, piuttosto, sarebbe stata quella di un aumento del numero dei farmaci in fascia A e non la diminuzione del prezzo dei farmaci in fascia C.
Signor ministro, come fa una persona che abita in un piccolo centro, dove c'è una sola farmacia, a confrontare i prezzi? Dove deve andare a cercare l'altra farmacia perché gli venga praticato lo sconto? Forse lei non sa che la stragrande maggioranza dei cittadini vive nei piccoli centri e che, soprattutto, il problema riguarda gli anziani che vivono nei piccoli centri, e magari hanno solo una farmacia rurale. Non mi risponda che le farmacie fanno cartello, perché in questo caso verrebbe automaticamente neutralizzato l'effetto del suo provvedimento.
Anche su questo punto, verificheremo se si tratta di un provvedimento «ad effetto», che però non produce i risultati che ci si attende.
In conclusione, per le sue attuali responsabilità, la invito a tornare, in una fase successiva, per informare questa Commissione sulle sue intenzioni circa la multiterapia Di Bella. Ricordo che, nella fase in cui una certa forza politica era all'opposizione, usava questo argomento per impedire l'approvazione delle riforme, e non è ammissibile che oggi lo usi per alzare un polverone che impedisce di colmare le inadeguatezze e di risolvere i veri problemi della sanità.
Si affrontino le priorità vere del sistema.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bindi. Approfitto per ringraziare della loro presenza i sottosegretari Cursi, Casellati, Zinzi e Di Virgilio.
Non voglio essere scortese, ma siccome molti deputati hanno chiesto di intervenire, pregherei i colleghi di cercare di contenere i loro interventi.

EOLO GIOVANNI PARODI. Nel mio intervento tenterò, come ho sempre fatto - me ne dovete dare atto -, di non strumentalizzare partiticamente la salute, ma di dire le cose come sono, cercando di rappresentare i problemi.
La ringrazio, ministro, perché il suo è stato un intervento politico, vorrei sottolinearlo abbondantemente, e ha toccato dei temi fondamentali sul governo della


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salute ai quali voglio aggiungerne qualche altro. Non voglio ripetermi, né fare un convegno, ma voglio tracciare solo una serie di punti, secondo me importanti.
Il primo riguarda il rapporto fra università, facoltà di medicina, Servizio sanitario, Ministero della salute che credo che sia indispensabile. Oggi, spesso, la mano destra non sa cosa fa la mano sinistra. Faccio un esempio: a Genova si laureano ancora molti pediatri, e non nascono bambini; in compenso, non si formano, nella città più vecchia d'Europa, medici della riabilitazione o geriatri. Bisogna fare questo tipo di confronto. Chiedo proprio che avvenga un confronto fra università, facoltà, ministero e Servizio sanitario, un confronto che ha un'importanza enorme.
In secondo luogo, voglio parlare del tema della formazione: viene chiamata ECM (educazione continua in medicina), ma io non ne sono soddisfatto. Lo ribadisco, l'ho sempre criticata, e credo che sia da rifondare. Non sono crediti da dare in funzione delle amicizie, o di congressi, ma è qualcosa di continuo, che bisogna fare e che interessa lo Stato.
Il terzo punto concerne il sistema sanitario nazionale. Definirei il suo livello generalmente buono, anche molto più di buono, perché chi si interessa di problemi statistici a breve e lunga distanza vede che la speranza di vita, i dati della mortalità infantile, i parametri usati, sono per noi favorevolissimi. Sono d'accordo sulla necessità di salvaguardare il Servizio sanitario nazionale in tutte le maniere.
Altro aspetto è quello relativo al ruolo del personale medico: questo ruolo non esiste. Li chiamano dirigenti, ma non abbiamo ancora capito cosa dirigono. Non lo capisco e vorrei che qualcuno me lo spiegasse. So solo che, essendo chiamati dirigenti, non hanno solo il rischio professionale, ma corrono un rischio anche se in ospedale si rompe un apparecchio.
Il personale è incattivito, è arrabbiato e la rabbia si scarica sul paziente; non parlo solo del personale medico, ma anche del personale infermieristico, che converrà chiamare, una volta per tutte, infermieri professionali - che hanno un ruolo enorme - e non paramedici, come sempre più spesso vengono definiti. Voi sapete che ho sempre detto che il sagrestano non è un «paraprete», quindi è inutile chiamarli paramedici: sono infermieri professionali.
I medici non chiedono solo soldi, ma chiedono anche un proprio ruolo. Oggi i dirigenti generali, in massima parte, hanno dei poteri «divini»: non li si può quasi nemmeno guardare in faccia, perché rappresentano una «divinità». Questo ruolo di direttore deve essere corretto: deve esserci una partecipazione dei medici, dei tecnici, degli infermieri professionali e di tutte le altre categorie di personale.
Desidero svolgere un'osservazione: abbiamo un ruolo troppo ospedale-centrico, come quello che ha portato alla distruzione del servizio sanitario ungherese. Credo che in questa visione ospedale-centrica non siano presenti i problemi che sollevava l'onorevole Bindi, a proposito della libera professione (che ha un valore enorme). Le risponderei dicendole che voglio un'inchiesta sulle gare d'appalto e su tutto quello che viene fatto in quegli ambienti dove, tutti i giorni, arrestano delle persone. La professionalità dei medici è una cosa giusta: ho diritto di avvalermi del medico che voglio; devo denunciarlo se opera in maniera scorretta. Sono d'accordo sulle denunce, ma che non si faccia di tutta l'erba un fascio, in modo tale che i medici sembrino tutti dei ladri! Si vada a vedere dove sono veramente i ladri.
Ci sono sprechi e doppioni, c'è il problema dei piccoli ospedali: finiamola con questa vecchia storia. Ci sono dei piccoli ospedali dove la gente può solo aspettarsi la morte e dove la rianimazione può essere solo uno schiaffo in faccia. Al posto di questi mettiamo poliambulatori, poli di emergenza, poli di accoglienza. Bisogna rifare completamente la politica del territorio: fino ad oggi, complessivamente, essa è fallita di fronte alla visione ospedale-centrica, e le dirò anche perché. Nella politica del territorio si fanno poche gare di appalto: le più grosse si fanno negli ospedali e la tendenza politica è di andare dove sono le gare d'appalto.


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Mi piacerebbe, per gli ospedali, un'accoglienza di tipo alberghiero ed insisto col dire che da quando a Genova sono riuscito ad inserire un direttore d'albergo in ospedale la situazione dell'accoglienza è completamente cambiata. Qual è il modo con cui noi offriamo una risposta alla salute? Non si può avere un ospedale dove chi entra si chiede se ne uscirà o meno.
Sono d'accordo con l'onorevole Bindi sulla quota del 30 per cento della spesa che esce dalle tasche dei cittadini, e avrei una mia vecchia proposta per risolvere il problema: istituiamo un fondo etico, ipotesi questa di cui si è già discusso in Spagna e in altri paesi. Cerchiamo di canalizzare, in un fondo etico, i soldi che oggi interessano anche il Servizio sanitario. La Bocconi ha preparato una proposta di fondo etico: cerchiamo di avvalercene. Io credo che quanto da me ricordato vada aggiunto ai punti della relazione introduttiva del ministro, per i quali lo ringrazio, perché finalmente non sento più dire che dobbiamo smettere di fumare, quando è lo Stato che ci offre le sigarette.

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Non le offre.

EOLO GIOVANNI PARODI. Le fa pagare, il che è peggio: una mano vieta e l'altra concede. Credo che adesso lei sia sulla strada giusta. Ritengo che le daremo una mano, per aiutarla, ma non le daremo degli spintoni. Siamo a sua disposizione per andare nella direzione da lei indicata.

GRAZIA LABATE. Ho ascoltato con molta attenzione il quadro che il ministro Storace ci ha proposto per l'anno che ha di fronte. Ho apprezzato, oggi, nelle sue parole, ma anche nelle dichiarazioni di questi giorni, è quando ha detto che il Ministero della salute si riprende le proprie funzioni. Di questo la ringrazio perché penso che il paese, ma anche il Parlamento, abbiano sofferto, in questi quattro anni, di una sorta di espropriazione.
Ministro, una cosa è fare politica sanitaria, anche dentro i limiti di una spesa pubblica che deve rispettare i parametri di Maastricht, altra cosa è delegare al Ministero dell'economia e delle finanze la politica sanitaria, atteggiamento che si traduce in scelte di politica sanitaria non efficaci. Mi permetto di dire che, in questi quattro anni, il nostro paese, ha rafforzato una cultura dell'economicismo della salute che è molto grave.
Bisogna tenere insieme la spesa pubblica e le politiche della salute, ma non ci si può mai sbilanciare dalla parte dell'economia, perché questo produce una cosa semplicissima: disuguaglianza dei cittadini di fronte ad un diritto che penso sia il più sacrosanto sancito dalla nostra Costituzione, quello alla salute. Tanto più in un paese come il nostro, che ha, in Europa e nel mondo, il primato del tasso di invecchiamento della popolazione. Ciò, unitamente ad una longevità di tipo mediterraneo, dimostra come in questo paese le politiche della salute, nel bene e nel male - non mi interessa fare dietrologia - abbiano favorito, comunque, la salute e una certa longevità dell'uomo nel proprio ambiente.
Di questo la ringrazio: se lei si riappropria di una politica sanitaria consentirà, ciascuno nei propri ruoli (la maggioranza che governa e l'opposizione), di affrontare nel merito alcune questioni di cui lei ha tracciato, ovviamente per l'anno che ci è di fronte, alcune priorità, e sulle quali vorrei dirle la mia opinione.
Naturalmente, un'efficace politica sanitaria si riesce ad adottare solo se si opera in un contesto dove alcuni dati strutturali non la costringeranno a partire dal mese di giugno, e poi a settembre, quando prepareremo la finanziaria, a dover ammettere che voleva realizzare delle cose, ma la situazione dell'economia non glielo ha consentito. La invito, pertanto, ad una prudente cautela. Questi non sono dati dell'opposizione, visto che anche il ministro Siniscalco oramai prende atto che quella italiana è una situazione di recessione e la nostra ricchezza nazionale prodotta è ad un livello di stagnazione. Non ci sono, pertanto, dei dati strutturali che ci fanno guardare con tranquillità all'anno in


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vista del quale lei ci ha indicato i punti fondamentali della sua politica sanitaria.
Io sono per dire le cose come stanno, oggettivamente - quelle che, come dice lei, non sono preda delle opinioni politiche - perché trattiamo di un campo molto delicato: la salute dei cittadini. Nessuno di noi sottovaluta l'accordo del 23 marzo e il fatto che la spesa sanitaria del fondo sanitario nazionale sia aumentata. Anche in questo caso, per non giocare ad un gioco che non ci porta da nessuna parte, vorrei ricordarle che negli ultimi 14 anni, la spesa sanitaria nel nostro paese si è incrementata.
Le potrei citare il dato di riferimento del 1991 (47 mila miliardi di vecchie lire), fino ad arrivare al dato del 2004. Questo dato, al di là di un problema di spesa pubblica, di vincoli, di capacità minore o maggiore, di efficienza della spesa pubblica, è aumentato perché ci sono dei dati oggettivi che nessuno può nascondersi. Ne citavo prima uno: l'invecchiamento della popolazione; ma chi può far riferimento, oggi, allo sviluppo delle tecnologie biomedicali, che porta un grande sviluppo con sé, senza ammettere che è uno sviluppo costoso, di cui ovviamente il sistema sanitario deve farsi carico?
Parliamo sempre della spesa farmaceutica, di contenerla al 13 per cento della spesa sanitaria complessiva, e poi diciamo che bisogna spingere la ricerca e l'innovazione, che bisogna anche colloquiare col sistema industriale, ma è a tutti noto quanto costa fare ricerca per trovare un principio attivo.
Siccome non voglio fare analisi o affrontare temi che tutti conosciamo, terrei a sottolineare in questa sede che l'andamento della spesa sanitaria del nostro paese, è in crescita da 14 anni perché ci sono dei fattori strutturali che determinano questo aumento, come lo determinano in tutta Europa e nel resto del mondo. La differenza è che noi non riusciamo a riallinearci agli altri perché la ricchezza nazionale prodotta non cresce. Anno per anno abbiamo il problema di ricercare queste risorse proprio perché non c'è crescita. Abbiamo di fronte un problema grosso come una casa.
A questo punto una domanda, prima di affrontare gli aspetti specifici che lei ci sottolineava: desidererei sapere - ma credo che sia un desiderio di tutti i colleghi, della maggioranza e dell'opposizione - come facciamo noi, nel documento di programmazione economica finanziaria, e poi nella finanziaria 2006-2009, a recuperare (al riguardo ho qui un documento ufficiale della Camera: il ministro Sirchia ci ha lasciato una relazione i 4.800 milioni di euro di disavanzo tendenziale? Ministro, lei sa che noi come Commissione chiediamo sempre i documenti della Conferenza Stato-regioni.
Questo dato era già stato denunciato, in occasione della finanziaria, da tutti i presidenti delle regioni, quando erano più di centrodestra che di centrosinistra: avevano visto giusto, quindi, anche nella previsione tendenziale.
La prima domanda è: come copriamo quel disavanzo? Come diceva l'onorevole Bindi, noi non siamo un'opposizione barricadiera e ideologica, che dice no, per principio, ad ogni cosa che fa il Governo. Vogliamo confrontarci nel merito delle cose, e tuttavia, se non so quali misure il suo Governo metterà in campo per recuperare quel deficit tendenziale, posso inventare qualsiasi soluzione, ma mi permetta di dirle che non sarebbe convincente. Ha ragione, in politica si deve fare anche propaganda, ma in modo particolare, in questa Commissione, che è una Commissione soprattutto di merito, affermazioni che non affrontano questo problema enorme, suonerebbero davvero come propaganda.
Giustamente lei si rallegrava del raggiungimento della pre-intesa sui contratti: figuriamoci, stiamo sanando il biennio economico precedente e abbiamo di fronte a noi il 2004 e il 2005! Accanto alla vicenda della pre-intesa, però, quali assicurazioni possiamo avere, come Commissione parlamentare, in queste condizioni generali, che non sarà mantenuta solo quella pre-intesa, ma che ci sarà anche


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chiarezza sui modi con sui si affronterà il biennio che è di fronte a noi, tenuto conto delle cose che ha detto prima anche il collega Parodi e che io condivido?
Non si può fare politica sanitaria senza curarsi della classe medica di questo paese. Ha ragione: dovremmo affrontare i problemi relativi alle facoltà di medicina, alle specializzazioni, problemi davvero enormi, perché se lei, ministro, si recherà nei pronto soccorso delle grandi città-capoluogo delle regioni italiane, potrà verificare, chi svolge la guardia il sabato e la domenica sera e quanto poco, questi medici specializzandi, siano riconosciuti, anche dal punto di vista economico professionale. Essi lavorano senza avere un'organizzazione della struttura medica e degli ospedali italiani capace di accoglierli e di insegnare loro il mestiere sul campo. Avremo molto da discutere! Non voglio delle garanzie formali: vorrei, piuttosto, capire quale sia il suo orientamento, perché questi sono dati dai quali noi non potremo evadere.
Dopodiché, posso anche accontentarmi del decreto-legge che riduce il prezzo del farmaco di fascia C, ma a cosa serve un risparmio nelle tasche degli italiani - io non disprezzo mai i risparmi, essendo ligure - di poche centinaia di euro a famiglia, quando poi è l'intero sistema che non trova risposte ai problemi strutturali come lei oggi riscontrava sul Messaggero? Da anni denunciamo le metodiche con cui non si fanno le cose, le leggi che si evadono, gli accordi che non vengono rispettati. Posso dire di risparmiare sul farmaco di fascia C, ma se per fare l'ecografia pelvica devo aspettare sei mesi, allora ricorrerò al privato pagando 180 euro, e il risparmio è già andato in fumo.
Ho l'esigenza di capire, su questo aspetto, qual è la tendenza verso la quale andiamo, e come facciamo fronte alla necessità di risorse, perché altrimenti mi pare di non assolvere al mio compito.

GIULIO CONTI. Abbiamo ereditato un po' di queste cose.

GRAZIA LABATE. Non c'è dubbio. Vogliamo aprire la partita di chi ha ereditato, di chi ha fatto bene, di chi ha fatto male? Ministro, questa storia non mi interessa, ognuno ha fatto, secondo il proprio senso di responsabilità, quello che riteneva giusto fare con le risorse di cui disponeva. Si poteva fare di più? Si può sempre fare di più, ma questa discussione non ci porta da nessuna parte. Il punto è affrontare i problemi: io lo sto facendo con passione, con pacatezza e senza nessuna rissosità ideologica, perché voglio capire, effettivamente, come stanno le cose.
Da questo punto di vista, ministro, desidero da lei, nella sua replica, qualche indicazione, perché se poi, come è già stato detto sia da lei sia dalla collega Bindi, si considera che tra le misure ipotizzate da questo Governo vi è la soppressione dell'IRAP - può piacere oppure no, ma lei stesso in un convegno era molto preoccupato e lo ha dichiarato ai giornali -, si deve sapere che così si toglie la base di finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Allora possiamo anche fare mezzanotte su tutti i temi (latte, farmaci, liste d'attesa), ma ho la vaga sensazione che non ne usciamo fuori. Abbiamo bisogno di capire, in questo mese e mezzo cruciale, quali siano le linee strutturali che si intende seguire per riprendere una politica della salute in questo paese.
Infine, la questione dei farmaci. L'onorevole Bindi ha detto che non siamo in possesso del decreto di merito, ma leggiamo queste cose sui giornali. Mi permetto di suggerirle - in quanto è un settore di cui sono esperta e che conosco da molti anni (ho studiato tali dinamiche anche nei diversi paesi europei) - di considerarlo attentamente. Ovviamente, quando avremo il decreto, nel merito faremo le nostre controdeduzioni, presenteremo i nostri emendamenti e tenderemo tutti a migliorare una misura partita da un intendimento buono.
I farmaci di fascia C, che sono a totale carico dei cittadini, non si possono lasciare in una sorta di mercato selvaggio in cui si scarica l'aumento dei nove provvedimenti di contenimento della spesa sanitaria varati in questi quattro anni. In questo modo la fascia C finisce per essere la cassa di


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compensazione di ciò che il sistema industriale e il sistema di distribuzione hanno dovuto sopportare.
Mi permetto di sottolineare un elemento: lei lo consideri e veda se nel confronto parlamentare, negli emendamenti che noi proporremo sarà utile, sempre per la finalità che lei vuole raggiungere. La mia preoccupazione, come dimostra l'esperienza europea, è che la liberalizzazione dei prezzi dei farmaci, non di quelli a carico del Servizio sanitario nazionale, ma dei «senza ricetta», degli OTC e delle categorie da banco, ha prodotto un vero e proprio caos.
I paesi che hanno sperimentato questa strada, infatti, sono dovuti tornare indietro. Siccome lei ha detto di voler dare al paese un'omogeneità e un livello di assistenza uniforme - in quella accezione concordo con lei sul federalismo, ma non sul federalismo devolutivo dei 21 sistemi sanitari - io sono molto preoccupata, perché nel farmaco di fascia C ci sono il Tavor, che prendiamo per la depressione e necessita di una ricetta, la Tachipirina e la banale Aspirina.
Sappiamo chi sono i fruitori dei farmaci di fascia C. Non vorrei che il cittadino italiano, ultrasessantenne, spendesse il tempo della sua giornata, andando di quartiere in quartiere, a trovare la farmacia che pratica il migliore sconto; non vorrei che fosse spinto a non mettere in rapporto il bisogno del farmaco con il tempo, e alla fine lo pagasse di tasca propria, anche laddove lo sconto non è stato praticato al maggior livello. Queste cose vanno considerate.
L'Austria e l'Inghilterra pur essendo paesi liberali sostengono di essere i maggiori acquirenti di alcune specialità farmaceutiche. L'azienda che intenda aumentare il prezzo di tali farmaci deve contrattare con loro. In questo quadro si potrebbe ipotizzare un prezzo scontato anche dei farmaci di fascia C che, però, sia fruibile dalla Sicilia alla Val d'Aosta e non sia lasciato in balia di un meccanismo di mercato, che finisce per danneggiare il cittadino, anche se si parte da buone intenzioni.
Sul piano sanitario mi auguro che vorrà indicarci delle linee perché, anche se siamo in un sistema di tipo federalistico, non abbiamo mai pensato che il Ministero della salute non debba indicare i suoi obiettivi per un triennio, in materia di salute degli italiani; senza contare, poi, le grandi questioni internazionali che ci riguardano, che necessitano di un indirizzo uniforme.

PRESIDENTE. Per consentire al ministro di replicare, prego i colleghi di contenere la durata dei loro interventi.

GIUSEPPE PETRELLA. Innanzitutto vorrei rivolgere al ministro gli auguri di buon lavoro. Sinceramente, dal discorso iniziale del nostro ospite, specialmente quando ha detto che vuole dar luogo ad un dialogo costante con la Commissione, con il Parlamento e anche con l'opposizione (cosa che non abbiamo ottenuto nei quattro anni precedenti, con il ministro Sirchia) sembra di poter, finalmente, sperare di intavolare un certo tipo di discorso. Mi auguro, ministro, che lei rappresenti una risorsa non solo per Roma, come leggo su tutti i muri della capitale, ma anche per l'intera nazione, perché penso che il ministro della salute sia il ministro di tutti gli italiani, non di una città o di una regione.
Detto questo è chiaro che se lei oggi è ministro della salute - lei ha fatto un discorso politico e voglio risponderle in una maniera politica - lo è perché è fallito il Governo precedente, è fallito il Governo di Berlusconi, di Tremonti e di Sirchia, ed è fallito il governo della salute. Questo è chiaro: il segnale è stato dato da tutte le regioni italiane, specialmente da quelle del Mezzogiorno: tante regioni importanti sono passate dal centrodestra al centrosinistra, anche per il fallimento, come hanno ricordato la collega Bindi e il mio capogruppo, per la politica della sanità.
Finora, infatti, è stata nascosta agli italiani la realtà drammatica dei conti; per questo c'è stato il fallimento del Governo precedente e oggi (è scritto anche stamani su tutti i quotidiani nazionali ed internazionali) l'OCSE svela ulteriori, drammatici


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dati sull'economia italiana. Mi chiedo, come si chiedeva anche l'onorevole Labate, come sia possibile conciliare il taglio dell'IRAP con la sanità, con i problemi della sanità e del welfare.
Lei ha parlato prima del suo interessamento - sono sicuro che sia un interessamento sincero - per i disoccupati, per i precari. Come è possibile conciliare questa realtà con la drammaticità dei conti italiani? Fino ad oggi, agli italiani era stata nascosta la realtà economica nel nostro paese; finalmente, non grazie al Governo italiano, oggi riusciamo a capire in quale stato drammatico si trova ognuno di noi. Certo, la colpa di tutto questo non è sua. Allora voglio affrontare due argomenti, fra quelli che lei ha discusso, perché l'onorevole Bindi e l'onorevole Labate hanno parlato di tanti altri problemi in maniera molto precisa.
Voglio parlare di qualcosa che a me, come un uomo del Mezzogiorno, interessa moltissimo: la proposta di legge di D'Alema, Turco, Bindi ed altri, sugli interventi straordinari per la sanità nel Mezzogiorno. Lei la conosce perché l'ha letta: me ne sono reso conto da quello che ha detto; c'è però qualche altro esponente del suo Governo che non l'ha neanche letta e rilascia affermazioni gratuite, come il sottosegretario all'economia, secondo il quale mancano i fondi per coprire la legge. Innanzitutto, penso che chi ricopre incarichi di Governo, prima di parlare, debba riflettere molto di più di chi è all'opposizione.
Detto questo, dato che lei conosce tale proposta, vorrei fare, brevissimamente, la storia di questo provvedimento nei minuti a mia disposizione, che riserverò, per dire che la proposta di legge è stata assegnata in sede referente alla Commissione il 15 giugno 2004.
È una legge parlamentare, cioè fatta dai parlamentari, dall'opposizione ed è uno di quei provvedimenti per cui l'opposizione ha chiesto l'iter abbreviato, affinché in tempi brevi giunga all'esame dell'aula. Mi sembra strano, signor ministro che dopo un anno che questa proposta è rimasta ferma in Commissione, dopo che sono stati presentati gli emendamenti, al momento del loro esame in Commissione, improvvisamente, il Governo ritenga di dover fare ricorso ad una legge delega.
Ministro, glielo dico veramente con grande fermezza e con grande serietà: noi come opposizione non ci stiamo. Andremo avanti perché questa legge deve essere discussa nelle aule parlamentari e ogni parlamentare, di maggioranza e di opposizione, in particolare del Mezzogiorno si dovrà assumere la responsabilità delle proprie posizioni: fare demagogia non serve più. Mi sa dire, ministro, nell'anno scarso di Governo che rimane - se si arriverà a fine legislatura e sempre che nell'esame della legge finanziaria non succeda qualcosa - che legge delega si potrà fare? Vogliamo prendere in giro gli italiani e gli interessi del Mezzogiorno? Oppure vogliamo rispondere agli interessi del Mezzogiorno?
Lei ha detto, giustamente, che il Governo, da un po' di tempo, si sta interessando del Mezzogiorno: certo, non se ne è interessato per quattro anni, ha subito una sconfitta elettorale e oggi fa finta di interessarsene. Il Governo, allora, può presentare gli emendamenti a questa proposta quando vuole. Perché non lo fa? Ministro, lei ha letto il testo della proposta di legge e mi auguro che i suoi collaboratori le abbiano fornito anche gli emendamenti che sono stati presentati per il 99,99 per cento dai colleghi della Lega e sono tutti emendamenti soppressivi, di tutti gli articoli.
Se vogliamo discutere, ragionare come ha detto lei all'inizio...

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Se mi dice «no», non possiamo ragionare...

GIUSEPPE PETRELLA. È lei che deve collaborare, in questo momento, con noi che abbiamo presentato una proposta di legge, da un anno, nelle aule parlamentari. Se vogliamo ragionare sugli emendamenti, se vogliamo discuterne, allora credo che tutta l'opposizione sarà d'accordo. Ma se vogliamo impedire che questo provvedimento


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giunga all'esame del Parlamento, allora vi dico, sinceramente, che noi su questo faremo un'opposizione non dura ma durissima, perché significa che non si vogliono dare risposte alle esigenze che anche lei ha sottolineato, a quel gap che c'è tra il Mezzogiorno e il nord.
Dal testo della proposta di legge si evince che nel Mezzogiorno la mortalità per cancro, è doppia rispetto al nord, anche se l'incidenza di tale patologia nel Mezzogiorno è di circa il 50 per cento inferiore rispetto al nord. Significa qualcosa? Significa che al sud non ci sono i centri di eccellenza. C'è una grande qualificazione professionale, ma mancano le strutture adeguate e i centri per la terapia, mancano tante cose che noi con questa legge vogliamo introdurre e su cui vogliamo intervenire.
Ministro, se qualcuno ha intenzione di dividere le regioni oggi (cosa che non ha fatto ieri) che sono guidate dal centrosinistra, non ci riuscirà. Noi del Mezzogiorno non ci stiamo a fare confusione sulla quota capitaria, come diceva l'onorevole Bindi. In questo tranello non ci caschiamo, e ha ragione l'onorevole Bindi: chiediamo dei fondi, affinchè il gap strutturale che c'è tra Mezzogiorno e nord venga risolto. Non vogliamo fare la guerra dei poveri, mettendo le regioni del nord e del centro contro le regioni del Mezzogiorno.

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Il nord dei poveri?

GIUSEPPE PETRELLA. Non ho detto il nord dei poveri. Ho detto il nord dei ricchi; fortunatamente per loro. Noi, quindi, a questo giochetto non ci stiamo.
Per quanto riguarda questo testo di legge, le ho detto che noi ci auguriamo che maggioranza e Governo vogliano presentare degli emendamenti, altrimenti andremo avanti, in modo da impedire che una decisione democratica sia soppressa.

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Se venissero approvati gli emendamenti soppressivi della Lega, cosa sarà trasmesso all'esame dell'aula?

GIUSEPPE PETRELLA. Dovrebbe esserci qualcuno che si assume queste responsabilità. Ministro, se le assuma pure lei e la sua maggioranza! Se vogliamo ragionare, ragioniamo, se non vogliamo ragionare, è un altro discorso. Non è possibile che qualcuno possa impedire a dei parlamentari, e sono tanti, di presentare una proposta di legge. Se poi il Governo vuole affossare questa proposta, si assumerà anche la responsabilità di far votare i propri parlamentari in una certa maniera. In definitiva, ognuno si assumerà le proprie responsabilità.
Noi andremo in Italia a dire quello che sta succedendo. È semplice, non è un problema. La forza dei numeri è dalla vostra parte, la forza della ragione penso sia dalla parte nostra.
Termino dicendo che, per quanto riguarda la multiterapia Di Bella, tema affrontato anche dall'onorevole Bindi, vorremmo capire esattamente - perché, forse, non ci è ancora chiaro - quale sia il pensiero del ministero su questo argomento, che ha lacerato l'Italia e ha provocato tantissimi morti, poiché questa è una terapia che causa danni incredibili.
Mi auguro che, su questo punto, lei voglia darci una risposta chiara. La ringrazio.

GIULIO CONTI. Sono lieto che sia tornata la politica nella nostra Commissione. Mi pare che se ne siano rallegrati pure l'onorevole Labate e l'onorevole Petrella.

ROSY BINDI. Conti, la politica è questa?

GIULIO CONTI. Credo di aver detto una cosa importante. Mi compiaccio pure che ci siano stati dei ringraziamenti al ministro Storace, perché ha riaperto un dialogo con la Commissione, cercando di appropriarsi di alcuni poteri che essa dovrebbe avere e non solo delle funzioni delle quali parlava l'onorevole Labate.
È certo che con la modifica del Titolo V della Costituzione molti poteri non potranno


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essere riacquistati e, purtroppo, saranno lasciati alle regioni, tutte di sinistra.
Dico questo perché se il discorso è politico, dobbiamo fare un discorso politico anche su questo tema.
Noi abbiamo ereditato gran parte dei peccati che sono stati denunciati dai Governi di centrosinistra. O sbaglio?
L'onorevole Bindi, con la sua classica demagogia, dice che l'aumento della spesa del dentista è da attribuirsi al Governo Berlusconi. Credo che sarebbe opportuno evitare tali affermazioni, quando si parla ad un certo livello. Allo stesso modo ella sostiene che l'aumento della spesa per l'assistenza all'invalido o al disabile sia da attribuire al Governo Berlusconi. Mi pare che tutto questo esistesse anche prima, anzi, mi pare che prima fosse peggio di adesso.
Vorrei dire ciò per chiarire il tenore del confronto fra di noi, se è un confronto onesto. Il ministro si è già dimostrato, non voglio dire volenteroso, ma tanto responsabile da mettersi in ballo prima di tutto come politico e poi nella funzione ministeriale. Egli ha preso atto di alcuni momenti di critica che sono stati rivolti al ministero e al Governo, e ha risolto problemi di grande gravità, come quello del contratto dei medici ospedalieri e dei medici veterinari. Inoltre, il ministro ha riaperto un discorso sui farmaci che certamente nessuna delle categorie interessate avrebbe sollecitato.
Mi pare che questi siano dei discorsi molto importanti e che oltre alla critica si dovrebbe pensare ad aiutare il ministro e a collaborare con lui.
Mi rendo conto delle difficoltà che avrà di fronte, ce ne rendiamo conto tutti, però non dobbiamo speculare su alcuni fattori, come ad esempio, i quattordici anni di crescita della spesa sanitaria. Mi sembra che il Governo Berlusconi sia durato quattro anni e gli altri dieci di aumento non sono certo attribuibili al Governo Berlusconi e al Governo del centrodestra, altrimenti non ci capiamo più.
Non possiamo attribuire le responsabilità senza considerare quello che abbiamo ereditato. La scuola degli infermieri di cui si lamenta l'assenza, è stata chiusa proprio dal Governo di centrosinistra. Le scuole per infermieri professionali sono diventate facoltà universitarie, con un attacco di demagogia vergognoso, al punto che oggi dobbiamo assumere gli infermieri dalla Spagna, quando va bene, o, addirittura da Cuba. Ritengo che queste siano responsabilità del centrosinistra.
La facoltà di scienze infermieristiche porterà non all'aumento diretto della spesa sanitaria, ma all'aumento della diversificazione di tutti i contratti presenti attualmente nel mondo della sanità. E ciò finirà comunque con l'aggravare la spesa sanitaria. Si parla di ridurre alcune tasse, perché non ci sono più soldi e ci si accusa di questo!
Ritengo che il fatto peggiore che possa capitare a questo Governo riguardi proprio la specializzazione universitaria degli infermieri, che porterà ad una rivendicazione, di fronte alla quale si troverà proprio il ministro Storace. Egli, infatti, una volta risolto il problema dei medici, dei veterinari, dei farmacisti e quant'altro, si troverà di fronte a questa nuova categoria di professionisti degli ospedali, che non era prevista prima.
Ho sempre detto queste cose in Commissione. Mi pare che ad eccezione di Alleanza nazionale ben pochi altri le abbiano dette, soprattutto non le ha dette chi sollecitava queste proposte.
Ritengo, quindi, che questo sia un discorso da risolvere insieme, perché l'errore è stato fatto anche da noi, ma soprattutto da chi ha proposto quelle leggi e le ha fatte votare quando era al Governo della nazione.
Se vogliamo fare questi discorsi in fase di collaborazione politica sta bene, ma, se li vogliamo fare in sede di critica, poi facciamo anche la polemica, come sto facendo io in questo momento.
Passiamo al tema della privatizzazione e del 30 per cento di spesa a carico del cittadino. Prima di tutto questo dato non è vero. È vera un'altra cosa, non attribuibile a noi, ma a un Governo di centrosinistra, e cioè che il farmaco di fascia C


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venisse garantito alle aziende farmaceutiche come compenso per la mancata diminuzione di quelli di fascia A e B. L'onorevole Bindi sa bene chi ha fatto questo.
Lavoriamo attorno a questi problemi, ma non diciamo, sempre, che la colpa è di Berlusconi o di Sirchia. Sirchia non c'era in quel momento, faceva lo scienziato. Allora, prima di fare certe affermazioni, starei un po' più attento.
Infine, vi è il tema della rinconquista dell'autonomia e dei poteri da parte del Ministero della sanità. Sarà un lavoro molto difficile, anche per la modifica intervenuta nella Costituzione e il ministro non potrà fare la guerra per una riforma istituzionale a favore del Ministero della salute! Magari potesse farla!

CESARE CURSI, Sottosegretario di Stato per la salute. Qualcuno avrà pure approvato la legge costituzionale n. 3 del 2001!

GIULIO CONTI. È vero. Questo è un discorso di natura polemica, però ristabilisce un po' di verità.
È vero che il discorso della libera professione incide molto nelle lungaggini delle liste di attesa. È anche vero che far applicare una normale regola, sulle liste di attesa, dipende dalla volontà del medico di fare la libera professione in modo corretto e non in modo scorretto, arrivando, addirittura, a chiedere di svolgerla nel proprio ambulatorio, facendolo figurare come se fosse un ambito ospedaliero. Questo non funziona, presidente. Lo abbiamo detto ripetutamente.
Ho attaccato più volte sia questo modo di fare sia la tolleranza della Commissione nei confronti di questo mal vezzo. Però è un dato di fatto che il discorso vada ripreso unitariamente, altrimenti non otterremo dei risultati.
La collaborazione medico-ministero-società civile-Governo è un tema di fondo, per risolvere i problemi della sanità. Su questo siamo tutti d'accordo, ma non mi pare che sia opportuno distinguere, come si sta cercando di fare in questa audizione, tra quello che è positivo per tutti e quello che è interesse solo di una parte politica. A questo punto, tanto vale ammettere che stiamo facendo una battaglia politica. D'altro canto, noi abbiamo vinto le elezioni, nel 2001, portando avanti una battaglia politica sulla sanità. Mi pare che non siamo molto lontani da questo, quindi siamo abbastanza allenati.
Per quanto riguarda altri provvedimenti, il fatto che un ministro politico, come è stato sottolineato dagli onorevoli Bindi e Petrella, abbia preso il posto di un ministro tecnico, rappresenta un momento di acquisizione di un dato di fatto che, d'altro canto, è molto predicato da chi fa politica: quella del tecnico è una figura che può funzionare, in un certo momento, per dei provvedimenti tecnici, ma a livello politico, come abbiamo visto, mostra tutti i suoi limiti. Badate, non scaricherei tutte le colpe sul tecnico, solo perché fa il tecnico, ma ritengo che sia positivo il fatto di aver capito che la sanità deve essere lasciata ad un politico. Da questo fatto positivo, dunque, cerchiamo non solo di trarre un auspicio, ma di fare quanto di più concreto sia possibile in questa direzione.
Non ci sono le risorse, ma questa non mi sembra una novità. I soldi, in un momento come questo, certo non possiamo «riprodurli», ma sicuramente deve essere adottato il sistema di controllo del quale parlava prima il ministro Storace. Deve essere usato, ad esempio, il potere del ministro di sostituire determinati assessori alla sanità, che in realtà più che come assessori agiscono come collaboratori di alcune aziende. Del resto, apprendiamo quotidianamente di arresti di persone che usano la sanità per arricchirsi, per interessi puramente personali. Episodi di questo tipo si sono verificati non solo nelle regioni governate dal centrodestra, ma anche in quelle governate dal centrosinistra.
Per quanto riguarda la revisione della quota capitaria ponderata, è vero che può accadere quanto è stato paventato. Oggi un giornale nazionale pubblica le statistiche delle «fughe» dei pazienti da alcune regioni, con regioni che li acquisiscono,


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lucrando sui DRG (diagnosis related group). Un sistema, quest'ultimo, che può funzionare, come può non funzionare, essendo un sistema assicurativo non europeo, ma americano; bisogna stare molto attenti, perché ci sono regioni che si arricchiscono a spese di altre.
L'onorevole D'Alema sostiene la necessità di riequilibrare il sistema a favore del sud, ma se riequilibriamo senza strutture e senza capacità di assistenza, i pazienti continueranno a fuggire al nord.

GIUSEPPE PETRELLA. Legga la proposta di legge!

GIULIO CONTI. L'ho letta. Questo è un discorso che dobbiamo sottolineare con molta attenzione. Non aspettavamo certo l'idea di D'Alema, che non conoscevo come medico o come grande ministro della salute...

GIUSEPPE PETRELLA. Ma è così che si fa la politica?

GIULIO CONTI. Sto dicendo le stesse cose. Forse intendete dire che l'onorevole D'Alema sarà il futuro ministro della salute, quando vincerete le elezioni. Gli manderemo un telegramma per comunicargli che tutti lo vorremmo come ministro. Ai miracoli, comunque, non ci credo. Credo, invece, che ci siano alcuni discorsi di fondo da affrontare con grande serietà, guardando anche le responsabilità di chi le ha assunte.
Vengo alle proposte. Come gruppo di AN, qualche proposta vogliamo avanzarla pubblicamente al signor ministro. La prima è quella di continuare su questa strada per quanto riguarda la problematica dei farmaci. Relativamente al discorso del latte e della riduzione del carico di spesa a favore delle famiglie, alla quale accennava poco fa l'onorevole Bindi, mi pare che questa strada possa seguirsi solo a discapito di altre. Insomma, non è pensabile che paghiamo il latte in polvere alle famiglie per sollevarle dalle spese. Piuttosto, dobbiamo colpire chi su questo ha speculato per anni. Mi pare che anche questa sia un'eredità; non è certo una novità degli ultimi anni. Pertanto, guardiamoci intorno e cerchiamo di capire cosa si possa fare.
Riguardo alla problematica del medico specializzando, c'è una proposta di legge, che peraltro reca anche la mia firma, che ormai è invecchiata. Francamente mi piacerebbe sapere quando il provvedimento verrà portato in Commissione e in aula. A dire il vero, sulla circostanza di votarla in Commissione non sono proprio favorevole: questo è un problema sul quale tutti i partiti devono assumersi le proprie responsabilità, in base alle risorse disponibili, e interrogarsi su quanto hanno fatto per raggiungere questo obiettivo. La legge, se non sbaglio, è stata firmata dall'onorevole Bindi nel 1999. Questo significa che il problema dobbiamo risolverlo insieme. Non è che noi siamo colpevoli di non aver riconosciuto il medico specializzando e i suoi titoli.
A mio parere, dobbiamo discutere questa materia in aula. Abbiamo acconsentito a discuterla in Commissione per una questione di tempi, ma la fretta della Commissione ci sta portando, da due o tre anni, ad accumulare ritardi. Propongo, dunque, di andare in aula, la prossima settimana o tra due settimane, per affrontare questo discorso di fondo a livello nazionale.
Facciamo capire ai medici che non ci sono più tanti soldi. Si può risolvere il problema in parte e offrire la speranza che esso verrà, in seguito, risolto radicalmente. L'onorevole Parodi dice che dobbiamo fare attenzione ai punteggi, al premio, e via dicendo, ma se continuiamo a trattare il medico specializzando, che è colui il quale dovrà riqualificare la sanità dal punto di vista delle competenze, come facciamo ora, lo porteremo a scioperare come i metalmeccanici, gli statali e tanti altri. Noi rifiutiamo l'idea che si arrivi a questo punto. Assumiamoci, allora, le nostre responsabilità, affrontiamo questo problema e facciamo di tutto per risolverlo, o quantomeno diamo l'impressione di volerlo fare. È questo che ci chiedono i medici. Certo, non l'abbiamo risolto


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prima, ma neanche voi che oggi siete all'opposizione lo avete fatto, pur avendo firmato la legge.
Infine, vengo alla ricerca e alla strumentalizzazione che si cerca di fare sulla terapia Di Bella. Mi sembra che la somatostatina sia un ormone e mi sembra che, pur avendolo trovato nel prontuario farmaceutico, allorché è diventata ministro, l'onorevole Bindi non lo abbia eliminato. Se, dunque, la somatostatina è un ormone che si oppone alla crescita delle cellule, e questo è riconosciuto in tutto il mondo, non credo che per decreto possiamo stabilire che essa non è più un ormone.

GIUSEPPE PETRELLA. Cosa c'entra?

GIULIO CONTI. C'entra. Nel prontuario che voi avete definito, la somatostatina è riportata come una sostanza che blocca lo sviluppo delle cellule. Adesso, dunque, occorre fare ricerca e non demagogia su questo!
Se è necessario ricercare, lo si farà anche su una sostanza «antipatica». Un giornalista, Merlo del Corriere della Sera, affermava che la somatostatina era una sostanza di destra. Lo ricorderete tutti. Tra l'altro, onorevole Petrella, lei lo ha scritto anche nel suo libro.

GIUSEPPE PETRELLA. Che cosa ho scritto nel mio libro?

GIULIO CONTI. Ha riportato l'affermazione del giornalista Merlo secondo la quale la somatostatina era una sostanza di destra.
Se continuate a ragionare in questo modo, credo che non ci sia alcuna volontà di collaborare e di lavorare seriamente. Credo che i problemi debbano essere affrontati con la massima serietà, in tutte le direzioni, senza fare demagogia, né in un verso, né nell'altro.

MAURA COSSUTTA. Signor presidente, cercherò di essere concisa. Il discorso sul ministro politico ci sta benissimo. Noi abbiamo avuto uno splendido ministro politico, dunque sono favorevole ai ministri politici alla sanità. Proprio per questo motivo vorrei che il ministro Storace svolgesse un ruolo politico.

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Chi era il ministro politico?

MAURA COSSUTTA. Rosy Bindi è stata uno splendido ministro politico. Considerato che lei è un politico, signor ministro, vorrei capire quale sarà il suo ruolo politico nella discussione - importantissima, non solo per il vostro Governo, ma per il paese - sul DPEF e, dopo, sulla legge finanziaria. Non vorrei che lei fosse un ministro politico al ministero, ma un politico di un ministero «balneare».
Innanzitutto, chi decide sull'IRAP e che cosa? Quando avete ridotto le tasse di 6,5 milioni di euro, avevo fatto una proposta alternativa, al fine di dare un messaggio chiaro: se ci sono risorse, spendiamole per gli ammortizzatori sociali - era scritto nel contratto con gli italiani - o per il fondo per la non autosufficienza.
Ritengo che il ministro della salute - è bene che si chiami così - debba pretendere coerenza con tutte le politiche generali. Non può esservi ministro della salute che conti se non c'è coerenza con le politiche generali del suo Governo, le politiche economiche, sociali e del lavoro. Questo dovrebbe essere il compito di un ministro politico della salute, ben sapendo che il suo è un ministero centrale.
Le chiedo, signor ministro, la sua posizione sulla devolution, su cui oggi si è detto d'accordo. Non voglio entrare nel merito della questione, ma questo, signor ministro, è l'ultimo atto di scelta di questo Governo. C'è stato un ministro cosiddetto «tecnico», che vi ha fatto comodo, in quanto voi, attraverso lo smantellamento «tecnico», parziale, del modello del Servizio sanitario nazionale, avete destrutturato il nesso tra modello organizzativo-gestionale e istituzionale. Anche in questo c'è una coerenza.
Pertanto, signor ministro, le chiedo se sia d'accordo con me sul fatto che ci sono dei paletti inviolabili rispetto alla cosiddetta autonomia regionale, che sono il


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finanziamento pubblico (io dico il monopolio del finanziamento pubblico) e la programmazione pubblica (io dico il monopolio della programmazione pubblica). Tanto per intenderci, lei smentisce le scelte del suo Governo? Ministro «balneare» lo è stato Sirchia, non lo sia anche lei. Ricordo che il suo predecessore d'estate ha tanto esternato sulle assicurazioni private per gli anziani, sull'apertura ai fondi privati e quant'altro.
Lei è d'accordo sulla separazione tra la funzione di erogazione e di acquisto? Questo è il modello. Lei parla di annunci, sulle liste di attesa, ma se non potenzia il modello gestionale, organizzativo e istituzionale, non correggerà mai le cause.
Le chiedo, inoltre, se sia d'accordo con l'ex ministro Sirchia oppure prenderà le distanze dalla sua scelta di fare ricorso contro la legge regionale dell'Emilia-Romagna, che aveva semplicemente difeso quei principi sui quali lei oggi si è detto d'accordo. Principi che, guarda caso, stanno nel decreto legislativo n. 229 del 1999 e, soprattutto, nella legge n. 833 del 1978.
Lei conferma il ricorso del Governo contro la legge dell'Emilia-Romagna sul servizio sanitario regionale? Potrà sembrarle una domanda banale, ma la risposta potrebbe dare il segnale di un'inversione di tendenza.
Inoltre, signor ministro, è d'accordo per insistere sui criteri di accreditamento previsti dalla regione Lombardia? Questa potrebbe essere una correzione importante rispetto alla linea strategica sull'appropriatezza. Non si capisce, infatti, come si possa scegliere l'appropriatezza per ridurre le liste d'attesa e poi non si intervenga sui criteri di accreditamento della Lombardia, che di appropriatezza non ne hanno alcuna.
Come lei sa, ministro Storace, svolgo la professione di medico. Ebbene, la situazione degli ospedali è davvero seria. Lei si è occupato dei contratti dei medici, ma ci sono carichi di lavoro spaventosi.

GIULIO CONTI. Ma non è vero!

MAURA COSSUTTA. Come non è vero? Gli operatori che hanno scelto il pubblico sono stanchi.
Signor ministro, è d'accordo per confermare che coloro che, tra questi medici, hanno scelto la non esclusività continuino a fare i dirigenti delle strutture complesse? Non ritiene che questa sia una stortura del sistema?
Per quanto riguarda le liste d'attesa, ministro Storace, il problema è che lei ha scelto il modello toscano, non quello laziale, quello adottato da lei nella regione che ha amministrato. In Toscana queste cose si fanno da tempo: parlo della razionalizzazione delle liste d'attesa, delle associazioni di medici, e via dicendo.

CESARE CURSI, Sottosegretario di Stato per la salute. Consultiamo i dati dell'agenzia regionale del Lazio!

MAURA COSSUTTA. Certamente quello proposto dal ministro non è il modello laziale, ma il modello toscano. Intendiamoci, a me sta bene e, del resto, meglio tardi che mai! Alcune cose, però, bisogna deciderle subito.
Insisto, comunque, sulla non autosufficienza. Tutta la Commissione era d'accordo su questo aspetto. Voglio sapere cosa deciderà il Governo sulla non autosufficienza.
Inoltre, signor ministro, le saranno sicuramente giunte le proteste - non è una questione di minore importanza, ma di minor impegno di risorse - dei danneggiati da vaccino. Le chiedo pubblicamente, in questa sede, di prendere l'impegno, come ministro politico della salute di questo nuovo Governo, di garantire le risorse per i danneggiati da vaccino. Si tratta di richieste precise, non è un problema né dell'opposizione, né della maggioranza. Credo che questa audizione debba servire a dare certezze e a garantire un diritto.
Un'altra questione, che pongo come fatto politico, è relativa alla revisione della quota capitaria. Personalmente non sono d'accordo con questa modifica, non lo sono adesso, non lo ero quando la proponeva Bassolino. Credo che sia un errore


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profondo cambiare i criteri della quota capitaria, sia per il nord sia per il sud. Per il nord perché, così facendo, sposteremmo sui fondi assicurativi tutta l'assistenza per gli anziani; per il sud perché, se è evidente che l'indicatore socio-economico è importantissimo nella qualità e nella garanzia dell'accesso ai servizi, questo nel sud lo si garantisce aumentando il fondo sociale, aumentando il reddito minimo di inserimento, prevedendo specifiche politiche di lavoro. Non si può porre tutto a carico del fondo sanitario nazionale. Il problema della povertà e del sottosviluppo non può essere solo un problema del fondo sanitario nazionale.
Propongo, infine, che le quote del fondo perequativo per coprire le disparità tra nord e sud vengano considerate fuori dal patto di stabilità. Così facendo, si può dare una risposta strutturale e concreta, senza intaccare i diritti del nord.

RICCARDO TAMBURRO. Grazie, signor ministro, per essere qui. Ho apprezzato il taglio e i contenuti del suo intervento e sono convinto che lei opererà bene. Rispetto ai ministri suoi predecessori, infatti, lei probabilmente dispone di una marcia in più. Aver governato, per tanti anni, una regione importante, vivendo da vicino i problemi della sanità, le offre quel bagaglio di esperienze e di soluzioni che le saranno utili in questo periodo. Perciò sono convinto che il suo lavoro procederà bene.
Intendo segnalarle due questioni, di cui probabilmente è già a conoscenza. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una proliferazione di regolamentazioni locali della sanità, una sorta di giungla normativa, per cui la sanità delle varie regioni finiva per rappresentare un mosaico molto diversificato, non soltanto tra nord e sud, ma spesso anche nel nord e nel sud. Il risultato era che il cittadino si trovava di fronte a sistemi sanitari regionali abbastanza differenti. Questo determinava, e determina tuttora, anche l'orientamento del cittadino per il ricorso alle cure. Il cittadino è libero di scegliere, dunque sceglie non solo perché pensa di trovare maggiore specializzazione altrove, ma anche perché ha la netta impressione di trovarsi di fronte a sistemi sanitari completamente diversi.
La proliferazione di regolamentazioni diversificate si è creata non soltanto perché le regioni potevano farlo, ma anche perché, in alcuni ambiti, il Governo non è stato molto presente e non ha dato direttive adeguate. In sostanza, signor ministro, le chiedo di recuperare sotto la regia unica del Ministero della salute tutte le questioni pendenti evidenziate e, laddove il ministero doveva emanare decreti, direttive o linee guida e non lo ha fatto, lo faccia, perché il paese intero ne ha un estremo bisogno.
Lei comprende benissimo che il governo del Servizio sanitario nazionale può essere attuato se lo si conosce veramente a fondo, se si conosce come è costituito e cosa produce giorno per giorno. Lei sa meglio di me che se chiede a tutte le regioni, oltre al numero dei ricoveri nell'ultimo mese, il numero di prestazioni in una determinata branca, la quantità di farmaci di un certo tipo utilizzati avrà qualche difficoltà a reperire i dati.
A questo proposito, è stato avviato da tempo dal Ministero della salute il progetto «mattoni del Servizio sanitario nazionale» che tende a far sì che i vari sistemi possano parlare un unico linguaggio, al fine di avere i dati in tempo reale. Quello che le chiedo, signor ministro, è di dare maggiore impulso a questo progetto, affinché il Servizio sanitario nazionale sia effettivamente sotto controllo.
Grazie e buon lavoro.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Tamburro, anche per la sua brevità.

MARIDA BOLOGNESI. La ringrazio, signor presidente. Cercherò di limitarmi all'essenziale, anche perché molte cose sono già state dette. Anch'io sono convinta che la sanità e la salute necessitino di un governo politico e credo che dobbiamo salutare con piacere la presenza di un politico alla guida del Ministero della salute, anche se non possiamo negare la


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delusione per quello che il Governo Berlusconi, nel campo della salute e non solo, è riuscito a offrire agli italiani, come prospettiva, in questi quattro anni.
Il nuovo Ministero della salute, in definitiva, nasce dal tentativo di rimediare ad una sconfitta. Tra l'altro, il ministro non viene da Marte, ma dal governo di una regione complessa, nella quale sicuramente il tema della sanità ha inciso nell'esito elettorale. Le problematiche di questa regione, che il ministro conosce bene e con le quali ha dovuto fare direttamente i conti, sono le stesse di altre regioni italiane. In fin dei conti, sono le problematiche che il sistema fa ricadere sui cittadini. Saluto, dunque, questa presenza competente e politica in campo sanitario e non posso che apprezzare il fatto che il ministro abbia voluto immediatamente essere presente in Commissione. Del resto, il presidente Palumbo sa quante volte mi sono lamentata del fatto che avevamo un ministro «fantasma», dal punto di vista delle relazioni con il Parlamento. Noi sappiamo che se qualcosa di buono, in accordo o in contrasto, può essere realizzato per i cittadini italiani, questo nasce dal rapporto tra Governo e Parlamento. Il fatto che questo rapporto non esistesse a me sembrava quantomeno sconcertante.

GIULIO CONTI. Il ministro Sirchia non era un parlamentare.

MARIDA BOLOGNESI. Non lo era, ma credo che anche chi non è parlamentare possa capire l'importanza del ruolo del Parlamento e la necessità di cercare, nel Parlamento stesso, una sponda, indipendentemente dalle collocazioni politiche, affinché il governo della sanità pesi di più (vedi i casi della legge finanziaria, del DPEF e via dicendo).
Detto questo, vorrei che il ministro Storace non corresse il rischio - questo Governo ha pochi mesi di vita per scadenza naturale - di utilizzare questo spazio come una tribuna elettorale, rilasciando annunci destinati a non concretizzarsi. Qualcuno ha ricordato prima i tantissimi proclami del ministro Sirchia, che nei fatti non è nemmeno riuscito a governare, all'interno del suo stesso schieramento di Governo, i temi della spesa e degli investimenti in campo sanitario. Ebbene, mi auguro che ciò non accada anche a lei, ministro Storace. Sicuramente condividiamo il suo programma di un anno di lavoro - contratto dei medici, potere d'acquisto della famiglia, liste d'attesa, sistema sanitario di qualità -, ma se ci indica gli strumenti con cui pensa di raggiungere questi obiettivi potrà anche contare su un'opposizione che, sui singoli punti, lavora per il paese. Questo, del resto, è ciò che facciamo di solito. Quello che è certo è che noi facciamo fatica a intravedere le linee di un vero cambiamento, perché si tratta di linee che non coinvolgono solo la sua responsabilità.
Le questioni sul tappeto sono tante. Possiamo discutere di medicina generale, di assistenza domiciliare, di spesa all'interno delle regioni, di qualità e di organizzazione. Provengo da una regione, la Toscana, della quale rivendico l'importante lavoro - che peraltro, ha portato al pareggio dei conti - di organizzazione, di razionalizzazione della spesa, di indicazione di alcune priorità, di maturazione di alcune scelte. Si tratta non di un problema di campanili, ma di capire come, su alcune questioni, possiamo riuscire ad organizzare il lavoro in periferia, rispondendo ai bisogni dei cittadini, evitando le loro trasmigrazioni da una regione all'altra ed evitando, più che mai, lo splafonamento dei conti, che rappresenta l'anticamera della fine del Servizio sanitario nazionale. Quando i conti non sono più in equilibrio, significa che il sistema universalistico e solidale subisce una battuta d'arresto.
In generale, signor ministro, ritengo che lei debba porsi tre obiettivi ambiziosi, ai quali sicuramente non faremo mancare il nostro sostegno. In primo luogo, è necessario riappropriarsi della politica sanitaria. Questo Governo ha delegato la politica sanitaria al Ministero dell'economia e delle finanze; non c'è più un governo del Ministero della salute e si è tentato di


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tamponare la situazione con alcuni spot pubblicitari. Credo che riappropriarsi della politica sanitaria significhi mettere anticipatamente i piedi nel piatto del DPEF e della legge finanziaria. E su questo intento lei avrà tutta la Commissione e il Parlamento dalla sua parte.
Un altro tema nodale è quello della soppressione dell'IRAP. Come è già stato detto dai colleghi, delle due l'una: o lei, signor ministro, condurrà una battaglia di opposizione all'interno del suo Governo - e noi saremo un'opposizione responsabile, che si aggiungerà alla sua capacità di opposizione a questo tema - oppure non si può rilanciare il sistema, rafforzando i punti critici che esistono e che lei ha elencato, portando avanti contemporaneamente la politica della soppressione dell'IRAP. Tale soppressione, infatti, farebbe venire meno la fonte primaria di finanziamento.
Non si può discutere di non autosufficienza, quando il Governo ci ha detto, in Commissione bilancio, che la non autosufficienza non poteva rientrare nel programma per mancanza di risorse. Può apparire discutibile, ma è ovvio che alcune regioni si stiano organizzando, in assenza di una risposta nazionale. Siccome, però, ritengo che il diritto alla salute riguardi tutti i cittadini, ovunque nascono, si ammalano e invecchiano, credo che sia necessaria una risposta nazionale. Si può anche dare una risposta parziale, che segni un inizio, ma non si può rispondere al Parlamento, che ha lavorato per anni insieme alla Commissione, che non ci sono soldi...

PRESIDENTE. Non ha detto proprio così.

MARIDA BOLOGNESI. Non ha detto proprio così, ma nei fatti le cose sono andate in questo modo. Bisogna, invece, cominciare a mettere in campo questo strumento e, se i soldi sono pochi, si vedrà come incrementarli negli anni a venire. Non si può dire, però, che si blocca tutto.
Ricapitolando, la riappropriazione della politica sanitaria, la soppressione dell'IRAP, il rapporto con il Parlamento, sono tre temi sui quali credo si possa trovare un accordo.
Un grosso rischio, al quale opponiamo un immediato stop, è quello legato alla revisione della quota capitaria ponderata. Chiedo al ministro di illustrare, al riguardo, la sua opinione. Noi sappiamo che, fortunatamente, oggi si vive più a lungo e molte patologie si cronicizzano, ma questo significa che la fascia d'età degli ultrasessantacinquenni è quella che spende di più in farmaci e in prestazioni assistenziali. È evidente che, in quelle realtà territoriali dove abbiamo più cittadini anziani, la spesa è esponenziale.
In pratica, dire che non esiste più la quota capitaria ponderata (qualcuno l'ha pensato) significa affermare che il tema anziani non riguarda la responsabilità economico-politica di chi governa la salute e il sociale. Il ministro sa che non è così ed io so che egli é sensibile a questa materia. Si può anche discutere sulla maggiore o minore incidenza di alcune fasce di età, ma è evidente che se si considerano gli anziani come un costo e non come una risorsa aggiuntiva non si ha chiaro cosa sia la politica a favore degli anziani in questo paese.
Ultima questione. In un'occasione recente, allorché insieme abbiamo partecipato ad un'iniziativa sulla prevenzione oncologica, il ministro ha espresso parole di incoraggiamento sul tema della prevenzione. La prevenzione, nel nostro paese, che riguardi la salute mentale, le malattie oncologiche o altro, negli ultimi anni è stata un fanalino di coda.
Sul tema della prevenzione oncologica e delle patologie cardiovascolari, che sono i «big killer» dei cittadini che si ammalano nel nostro paese, vorrei qualche chiarimento. Vorrei sapere, ad esempio, se si preveda qualcosa anche per il sud del paese - torno su un tema su cui si sono soffermati altri colleghi -, dove molte donne sono costrette a subire interventi demolitivi, solo perché non esistono strutture efficienti per la radioterapia vicino al posto di residenza. Proprio in assenza di tecniche di radioterapia, spesso si interviene


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con tecniche superate ormai da 10, 20 anni, quando oggi, invece, fortunatamente la tecnica consente di intervenire in maniera conservativa.
Vorrei sapere, dunque, quale sia la sua idea e quali siano le sue risorse - quelle intellettuali per il momento, poi vedremo se riuscirà a reperire quelle economiche - in merito alle questioni che riguardano la prevenzione e l'intervento su un'area del paese che si deve mettere al passo e sulla necessità di accelerare la risposta ai bisogni dei cittadini.
Su questi argomenti noi siamo presenti e lei sa che potrà contare sul contributo dell'opposizione, se riterrà opportuno utilizzarlo. Sicuramente, però, non faremo sconti qualora dovessimo constatare che, nonostante le sue buone intenzioni, gli annunci rimarranno tali e non si trasformeranno in atti concreti.

GIUSEPPE CAMINITI. Ringrazio il ministro e i quattro sottosegretari per questo incontro con la XII Commissione, un evento unico finora, che considero davvero importante e significativo.
Signor ministro, desidero partire da un punto che lei ha affrontato all'inizio del suo intervento. Mi riferisco a quando ha definito molto affascinante la sfida di coniugare il federalismo con la funzione centrale del ministero, al fine di garantire una uniformità di assistenza su tutto il territorio. A tale proposito, subito dopo ha parlato del suo intendimento di utilizzare anche i NAS per far fronte al problema delle liste di attesa.
Su questa base, considerato che nell'ampio dibattito che si è sviluppato oggi si sono affrontati argomenti tutti di natura politica, vorrei soffermarmi - complice, forse, la mia professione di medico rianimatore - su alcuni temi di natura diversa, che riguardano la sanità e in particolare i pazienti critici. Vorrei sapere, signor ministro, se rivolgerà la sua attenzione particolare a tre aspetti che generalmente, nel nostro paese, soprattutto al sud, vengono alla ribalta per episodi di malasanità, ai quali i giornali danno ampio risalto: la dislocazione, il numero e la capacità ricettiva dei centri di rianimazione, specialmente del sud del nostro paese.
Generalmente, quando c'è indisponibilità di posti letto in rianimazione, il paziente in stato critico vaga da un reparto all'altro, con esito spesso negativo. Questo è un aspetto di malasanità che crea un grande clamore nell'opinione pubblica. Credo che, sulla base della sua affermazione circa la necessità di coniugare il federalismo con una funzione centrale del ministero, si possa avviare un'azione di censimento e imprimere una spinta maggiore a questa attività.
La seconda questione che sollevo, che è di natura tecnica, riguarda lo stato della funzionalità del «118», vale a dire lo stato del sistema di risposta alle emergenze sul territorio nazionale. Posso assicurare che questo servizio funziona ancora a macchia di leopardo. Ci sono zone dove ancora il servizio per le urgenze e le emergenze non funziona e altre dove, addirittura, le centrali operative non sono nemmeno collegate tramite radiotelefono!
Il terzo aspetto che di solito viene alla ribalta, anche in campo internazionale, non solo nazionale, concerne un problema di natura etica, che tuttavia coinvolge anche il Ministero della salute. Mi riferisco ai pazienti in stato di coma vegetativo irreversibile. Su questa tematica la nostra nazione si è pronunciata in un certo modo rispetto a quello che avviene negli Stati Uniti e in Inghilterra.
Ritengo, in conclusione, che la presenza del ministro e dei quattro sottosegretari, che hanno dimostrato grande attenzione alle proposte della Commissione, in un confronto svoltosi finalmente senza limiti di tempo, possa farci ritenere che il Governo rivolgerà un'attenzione particolare ai tre aspetti che ho voluto sottolineare, che riguardano i pazienti critici, quindi in uno stato di maggiore necessità e bisogno. Grazie.

FRANCESCO STAGNO d'ALCONTRES. Ringrazio il ministro e i sottosegretari per la loro presenza.
Considerato che abbiamo davanti circa 11 mesi di Governo effettivo, inviterei il


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ministro a concentrarsi sui punti qualificanti del breve programma che ha illustrato. È giusto considerare anche il lavoro svolto in Commissione negli ultimi anni. Ci sono dei provvedimenti importanti, ad esempio quello sul governo clinico, ai quali possono essere collegati alcuni adempimenti che riguardano il decreto legislativo n. 229 del 1999, rimasto in parte inattuato. Mi riferisco, ad esempio, al rapporto tra sistema sanitario e università. Sarebbe opportuno utilizzare questa opportunità per apportare dei ritocchi a quella norma.
Inoltre, vorrei far presente ai colleghi dell'opposizione, che si sono espressi anche in termini polemici, che dobbiamo pensare al governo della sanità, il quale, purtroppo, presenta anche un risvolto economico, che costituisce un elemento essenziale per poter portare avanti almeno i punti programmatici qualificanti.
Oggi abbiamo un ministro politico che conosce per esperienza diretta la gestione della sanità regionale. Sappiamo, dunque, di poter contare su una sua particolare sensibilità nei confronti di problemi che, a livello regionale, si affrontano costantemente.
Vorrei, a questo punto, richiamare l'attenzione su alcune osservazioni espresse dai colleghi dell'opposizione. Per quanto riguarda l'intra moenia, ricordo che questo strumento è nato per ridurre le liste di attesa. La Commissione affari sociali ha svolto un'indagine - chi vi parla ne è stato relatore - dalla quale è risultato che quella norma è costata circa 4 mila miliardi di vecchie lire e ne ha fatti entrare solo 93 nelle casse dello Stato, nei primi due anni di questa legislatura. L'indagine ha dimostrato come l'intra moenia non sia stata attivata sul territorio nazionale e come abbia rappresentato un fallimento, soprattutto in alcune località. Cito solo l'esempio del Policlinico San Matteo, che si era affidato addirittura ad una società francese nella gestione di una clinica, producendo solo una montagna di debiti. I dati che riporto sono stati pubblicati, dunque sono alla portata di tutti.
Adesso vorrei fare un raffronto tra la terapia Di Bella e i trapianti d'arto. Nella passata legislatura il ministro Bindi ha nominato una commissione per valutare la validità della terapia Di Bella. Ad essere sincero, signor ministro, non sono favorevole alla terapia Di Bella, la cui validità mi lascia molto perplesso. Sappiamo benissimo che illustri specialisti del settore hanno una concezione ben diversa di approccio al paziente. Sappiamo che, per certi tipi di tumori, soprattutto quelli infantili, la mortalità si è praticamente ridotta ad un terzo, proprio perché le terapie anticancro cominciano a funzionare e si stanno compiendo passi da gigante in questo settore. Stiamo attenti, dunque, non rendiamoci ridicoli e accertiamo tutto scientificamente. Non è un richiamo, il mio, ma un invito a porre la massima attenzione a queste questioni.
Sono un medico anch'io e so bene che il tessuto nervoso è un tessuto perenne, dunque non possiamo inventare un malato da un soggetto sano. I trapianti d'arto sono stati un fallimento e nella passata legislatura il Governo, nella persona del ministro Bindi, ha finanziato anche la ricerca sul trapianto d'arto, quando altri paesi, come Stati Uniti e Australia, dove grossi esperti di microchirurgia avevano condotto esperimenti specifici in questo settore, avevano già affermato l'impossibilità di portare avanti un progetto di questo genere, a causa dell'assenza di rigenerazione nervosa, della quale si potrà parlare solo quando si farà ricorso alle cellule staminali totipotenti.
A questo punto, vorrei aggiungere una considerazione sui direttori generali. A mio avviso, dobbiamo rivederne il ruolo: vi è una zona grigia di discrezionalità del direttore generale che è devastante, in quanto consente a questi manager della sanità di fare il bello e il cattivo tempo. Noi dobbiamo cercare di governare anche questo aspetto, perché spesso tale livello di discrezionalità ha prodotto solo danni.
Inoltre, per richiamare il passaggio del collega Tamburro sulla quantità di leggi e leggine, ricordo che il ministro Bindi aveva chiesto delle deleghe, una delle quali riguardava il testo unico della sanità, mai realizzato. Facciamo la massima attenzione


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anche a questo aspetto, signor ministro. A mio parere, sarebbe opportuno produrre il testo unico della sanità.
Al collega Petrella, illustre medico e consulente del ministro Sirchia per un centro di oncologia, vorrei ricordare che la regione Campania, dal 2003, ha speso solo il 24 per cento dei fondi ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988. Credo che questa circostanza dovrebbe portarlo ad essere meno sconsiderato e a non ricorrere ai termini utilizzati poc'anzi.
Il collega Petrella ha riportato i dati sulla mortalità al sud contenuti nella proposta di legge D'Alema, dati che fanno riferimento, però, alla passata legislatura. Quello della migrazione di 1 milione di pazienti è indubbiamente un dato attendibile, ma quanti pazienti migravano in precedenza? La migrazione si è ridotta al 50 per cento. Il sistema ospedaliero è stato migliorato ed io vengo da una regione, la Sicilia, dove ci sono dei centri d'eccellenza molto importanti, della cui qualità ha beneficiato recentemente anche il segretario della Margherita, Castagnetti.
Signor ministro, dobbiamo incrementare l'attività degli IRCCS. In questo campo siamo fermi, ma dobbiamo cercare di invogliare gli investimenti in questa direzione, in quanto gli IRCCS rappresentano una risorsa per il paese, un punto di ricerca.
Infine, ricordo alla collega Cossutta che di assicurazioni e di fondi integrativi ha parlato per primo il DPEF del Governo D'Alema nel 1999.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Grazie, signor ministro, per essere qui con noi. Qualche giorno fa, per telefono, un giornalista mi ha chiesto di esprimere un giudizio sul nuovo ministro. Ovviamente, ho risposto che non era possibile esprimere alcuna opinione prima di averlo visto all'opera. Oggi, dopo avere ascoltato la sua relazione, posso avventurarmi nell'esprimere un giudizio. Ho ascoltato le relazioni di altri ministri, negli undici anni di carriera parlamentare. Spesso ho ascoltato relazioni di ministri tecnici, che hanno tenuto delle lezioni magistrali, come le ho definite allora, sul piano scientifico. Oggi, invece, ho ascoltato una relazione magistrale sul piano politico. Il primo giudizio che posso esprimere è che il ministro non si sottrae dall'affrontare gli argomenti che sono sul tappeto, quelli vecchi e quelli nuovi, e lo fa con grande impegno, grande passione, grande coraggio e, come si dice a Roma, con spirito gagliardo. Insomma, il nuovo ministro non si nasconde dietro a un dito, ma affronta i problemi per quello che sono.
Dei tanti problemi che il ministro ha affrontato, ne citerò solo alcuni, mentre sugli altri credo che avremo modo di confrontarci in Parlamento.
Un problema vecchio come il mondo è quello dell'allattamento al seno. In qualità di pediatra e di neonatologo, ho partecipato al mio primo convegno su tale argomento circa quarant'anni fa, e credo sia un problema mai risolto, dunque è giusto affrontarlo con la dovuta attenzione.
Con riferimento a un altro problema - ormai datato, che ha suscitato una grande disputa, ma non i risultati sperati -, senza esprimere giudizi, vorrei con una battuta rispondere all'onorevole Conti: non sono né di destra né di sinistra, sono di centro, quindi la somatostatina non mi appartiene. Considerato che abbiamo approvato la legge sulla sperimentazione il primo aprile 1998, speriamo che non si sia trattato di un pesce d'aprile. Già all'epoca mi ero dichiarato in disaccordo con quella sperimentazione che, nei fatti, ha dato esito negativo.
Permettetemi di ricordare le parole con le quali conclusi, al momento dell'approvazione di quella legge, il mio intervento in aula. Dissi, allora: «Sarebbe auspicabile che il caso Di Bella, nei suoi tempi e nei suoi modi, quali che siano le risposte che attende, non faccia testo, non crei precedente e costituisca anche un'eccezione ammonitrice. Solo così questo caso avrà insegnato qualcosa e la cronaca di una cura potrà passare decorosamente alla storia». Ripetendo queste parole, non aggiungo alcun giudizio.
Sicuramente il ministro sta iniziando il suo lavoro con il piede giusto creando una


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collaborazione ed una sinergia tra Parlamento e Governo, ossia ciò che è necessario.
Mi consenta, signor ministro, di consigliarle - so bene che è un politico di grande corso, al cui confronto sono un dilettante - di continuare sulla strada della collaborazione tra Parlamento e Governo, sui temi che prima ha elencato e che affronterà, ne sono sicuro, con grande impegno e, soprattutto, ricorrendo alla mediazione.
Tutti noi che facciamo politica sappiamo che la politica è mediazione e confronto, ed è proprio dalla mediazione e dal confronto che vengono fuori le grandi idee e le grandi realizzazioni. Grazie.

PRESIDENTE. Do ora la parola al ministro Storace per la replica.

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Grazie. Spero che abbiate un paio d'ore di tempo per ascoltare la mia replica... A parte la battuta, voglio ringraziare il presidente Palumbo per l'opportunità che mi è stata offerta. In questi primi 35-40 giorni di incarico ministeriale, ovviamente, non mi sono occupato di tutte le questioni sul tappeto, ma oggi ho avuto l'occasione di affrontare temi che varrà la pena di approfondire nelle prossime giornate, magari anche attraverso incontri con i vari parlamentari che sono intervenuti, per poter dare seguito alle loro richieste legittime.
Se il presidente me lo permette, vorrei dividere in due gruppi le risposte. Ovviamente, per una questione di affinità, saranno più brevi le risposte ai quesiti posti dai colleghi della maggioranza, quindi risponderò ai colleghi dell'opposizione, in modo da disegnare un quadro più razionale.
L'onorevole Parodi ha affrontato alcune questioni legate ai rapporti con l'università. Mi ha particolarmente interessato la questione della formazione, dell'ECM. Come sapete, anche questa questione, che si trascina da tempo, fu oggetto di un'audizione del ministro Sirchia in questa Commissione. In quell'occasione, il mio predecessore rispose ad una domanda su questo argomento.
Per quanto mi riguarda, resto al punto introdotto allora dal ministro Sirchia, anche perché l'accordo di marzo raggiunto nella Conferenza Stato-regioni ci impegna ad un'iniziativa legislativa. Noi dobbiamo definire una normativa, sulla quale stiamo lavorando in questi giorni, che consenta di dare maggiore certezza a questo settore e, soprattutto, la trasparenza necessaria.
Altre questioni sollevate dall'onorevole Parodi riguardano temi, in verità, più di competenza regionale che dello Stato. È chiaro che recepisco il suo stimolo ad intervenire, nell'ambito delle nostre competenze, per far sì che tutti facciano la loro parte.
Anche le osservazioni dell'onorevole Conti mi sembrano sostanzialmente condivisibili, soprattutto il riferimento al trascinamento sull'intero comparto della sanità dei vari accordi contrattuali. Questo è un tema che ho già sollevato in Consiglio dei ministri, quando ho presentato la relazione sull'allora nascente contratto dei medici ospedalieri, quindi sappiamo bene cosa occorre fare nel concreto.
Aggiungo una mia considerazione sulla questione degli specializzandi. È evidente, pacta sunt servanda, quindi occorre far seguire i fatti alle parole. Pregherò il presidente Palumbo di informarmi su quello che vi aspettate da chi vi parla nei confronti degli impegni eventualmente ancora da assumere da parte di altri ministeri. Mi muoverò con immediatezza, ma è chiaro che se la Commissione si muoverà a sua volta disporremo di maggiore forza nel pretendere il rispetto di quei patti.
L'onorevole Tamburro, al quale rivolgo gli auguri per il nuovo incarico parlamentare, ha posto la questione del recupero della ragione politica del ministero. Dal momento che questa è stata una costante di tutti gli interventi, proverò ad approfondire la questione quando risponderò ai quesiti posti dai colleghi dell'opposizione.
Chiedo all'onorevole Caminiti di incontrarci nei prossimi giorni, perché sono molto interessato alla questione legata ai


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centri di rianimazione. Voglio rassicurarlo sul fatto che stiamo lavorando sull'individuazione di risorse anche per quanto riguarda i centri per il coma vegetativo, persistente e permanente. Mi sono occupato, in queste settimane, di una vicenda che stava rischiando di portare gravi conseguenze al giovane Crisafulli, il ragazzo ferito a Catania in un incidente stradale, trasportato a Messina e, infine, a Pistoia. Ho riscontrato, in quel caso, scarsa sensibilità da parte dell'azienda sanitaria locale.
Questo è uno di quei casi in cui sono sicuro che la responsabilità non sia del presidente della regione o dell'assessore alla sanità della regione Toscana, ma della sciatteria di un dirigente che sottovaluta il caso. Ciò intendo dire quando mi preoccupo della leale collaborazione. Tali questioni servono a far emergere chi è responsabile di un disservizio. In politica, come si dice a Roma, spesso si tende a buttarla in «caciara», ma grazie alla sensibilità degli organi dirigenti della Toscana, da me sollecitati, siamo riusciti ad affrontare e, spero, a risolvere un problema, anche se quel povero giovane è sempre in coma.
Dobbiamo porre le basi per la realizzazione di strutture adeguate. Questo è un tema che affronterò, nei prossimi giorni, anche collaborando con importanti personalità che si occupano con grande impegno e competenza di questa materia. Se ci scambieremo qualche informazione, mi piacerebbe approfondire la questione anche con lei, onorevole Caminiti.
Permettetemi di ringraziare, soprattutto per la sua sincerità sulla vicenda Di Bella, l'onorevole D'Alcontres. Anch'io non sono affatto sicuro di nulla, anzi voglio essere rassicurato, comunque tornerò a breve sulla questione.
Condivido assolutamente l'impostazione dell'onorevole D'Alcontres in riferimento ai poteri dei direttori generali e allo squilibrio oggi esistente in questo campo. Forse, come ho detto nella relazione iniziale, il tema del governo clinico può rappresentare il momento in cui rispondere a questa necessità.
Al collega Lucchese, con il quale ormai abbiamo una consuetudine di rapporti quasi quotidiana, dico che è stato fin troppo buono nei miei confronti, comunque lo ringrazio per le sue parole.
Veniamo, ora, alle molteplici questioni poste dai colleghi della minoranza, che cercherò di riassumere per argomenti. Ovviamente mi lascerete rispondere in maniera più ampia all'onorevole Bindi, oltre che per la sua responsabilità pregressa, anche per la portata dell'intervento.
Desidero, intanto, dare notizia all'onorevole Cossutta - se n'è andata, ma la risposta resta agli atti - che sulla questione del rimborso per i danni da vaccinazione obbligatoria abbiamo già trasferito (o, comunque, lo stiamo facendo in queste ore) tutta la documentazione al Ministero dell'economia e delle finanze e, per conoscenza, alla Commissione bilancio (stiamo parlando di circa quattrocento casi). Capisco le ansie di chi ha vissuto questa esperienza, ma posso assicurare che è un problema facilmente risolvibile.
Per quanto riguarda il tema della prevenzione sollevato dall'onorevole Bolognesi, è evidente che esso si affronta, come qualsiasi altra questione della sanità, con la disponibilità di risorse. Il piano nazionale vigente ha fissato obiettivi sul tema della prevenzione e credo di poter dire che è stato fatto un grande lavoro. È chiaro che molto dobbiamo aspettarci dal territorio, dalle regioni, dal riequilibrio della spesa per gli ospedali. Questo è uno dei punti fondamentali.
Credo che il prossimo piano sanitario nazionale ci potrà consentire di concentrare ancora di più l'attenzione delle istituzioni della Repubblica su questo tema, sul quale è fondamentale intervenire.
Non rispondo all'onorevole Bolognesi sull'equilibrio dei conti della sanità, non ritenendo che tali conti siano mai stati in equilibrio nella storia di questo paese. Aggiungo, al di là della battuta, che non si può pensare alle assicurazioni private - ribadisco questa mia posizione, che non ritengo di dover mutare -, ma certamente dobbiamo porci il problema delle risorse,


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secondo le argomentazioni poste dall'onorevole Labate, dall'onorevole Cossutta e dalla stessa onorevole Bolognesi, sapendo però che non possiamo decontestualizzare il bisogno di risorse della sanità da quella che è la situazione del paese. Né possiamo, a mio avviso, indicare la provenienza di tali risorse dall'IRAP o da altri strumenti.
Sono intenzionato a condurre la più grande delle battaglie per poter ottenere maggiori risorse. Non si può, però, parlare di prevenzione perché è giusto farlo. Tuttavia, quando si tocca il tema della non autosufficienza, immagino che se in questo settore non si sono fatti passi in avanti è per una questione economica. Allo stesso modo, quando si sostiene che occorre dare vita al «grande» piano, «magnifico» e progressivo per il sud, anche lì si tratta di una questione di risorse. Dobbiamo decidere, dunque, se il fondo sanitario nazionale è quello che conosciamo o vanno aggiunte altre risorse. Se, per sciagura del paese, toccherà a voi governare, questo problema dovrete affrontarlo anche voi; non pensiate di poter giocare la schedina e trovare così la soluzione per rintracciare le risorse.
Abbiamo un problema grande, che ci impedisce di sfuggire alla situazione economica del paese. Per quanto riguarda l'IRAP, voglio rassicurarvi: più che alla sua abolizione - mi pare di capire che il dibattito si è aperto anche al vostro interno - penso alla necessità di garantire la sostituibilità di quella risorsa, che come tutti sanno è una «medicina» per la sanità.
A tali questioni non riesco a rispondere in altra maniera, se non con la necessità di affermare un impegno. Saranno i fatti a dimostrare se saremo stati capaci o meno di portarlo avanti.
Passo, infine, agli argomenti proposti dall'onorevole Bindi, sostanzialmente ripresi anche dall'onorevole Petrella. Mi permetto solo di manifestare il mio dispiacere per l'ingenerosità di giudizio nei confronti del mio predecessore, che avrà mille colpe, forse anche quella di aver affidato consulenze sbagliate ad alcuni parlamentari, ma non è giusto esprimersi in questi termini nei suoi confronti.
Onorevole Bindi, la nostra sconfitta alle elezioni regionali è innegabile e questo è stato uno dei motivi per cui il Governo ha deciso di cambiare la sua compagine, sostituendo alcuni ministri. Tuttavia, lei è proprio così sicura che questa sconfitta sia stata determinata dal modo di governare la sanità da parte delle regioni? Mi spiega, allora, perché avete vinto anche in Campania?

ROSY BINDI. È l'eccezione che conferma la regola!

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Voi citate degli esempi che francamente è difficile capire. Non sto dicendo che è colpa del presidente Bassolino se la sanità in Campania è governata in un certo modo - sarà sicuramente colpa di Sirchia e di Berlusconi -, ma anche in Campania il cittadino si ritrova liste d'attesa lunghissime.

GIUSEPPE PETRELLA. E allora perché avete perso?

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Onorevole Petrella, sto cercando di rispondere a valutazioni serie, non a barzellette, dunque cerchi di capire che non tutti sono disponibili a scendere sul suo terreno.
Tornando alla sconfitta, probabilmente è stata determinata dal clima generale. Personalmente non me la prendo mai con il cittadino e sono abituato a dire che la politica, quando sbaglia, prima o poi paga. Per quanto vi riguarda, ad esempio, state vivendo la tragedia dell'alleanza che non si capisce che fine farà e rischierete di scontare questo errore. Quando si comunica un certo messaggio è bene prendersela con se stessi, non con altri.
Sicuramente mi è difficile credere alla sincerità di alcune affermazioni, a partire da quella che l'onorevole Bindi ha pronunciato all'inizio del suo intervento,


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quando è arrivata, addirittura, a negare l'aumento del fondo sanitario nazionale.
Ora, che questo sia un dato indubitabile non può negarlo nemmeno lei, onorevole Bindi. Nemmeno il più fazioso dei nostri avversari si può mettere in testa di affermare che sono stati tagliati i fondi della sanità, perché non è vero.
Allo stesso modo, riguardo alla politica delle cartolarizzazioni portata avanti da alcune regioni, a cominciare da quella che ho personalmente governato, lei sa che tutto ha avuto inizio nel 1999, da leggi regionali che abbiamo trovato, adottate per iniziativa di assessori al bilancio di sinistra.
Tali situazioni si sono presentate allorché si sono dovuti fare i conti con la cruda realtà delle risorse della sanità, che costituiscono un problema sia quando governa il centrosinistra, sia quando governa il centrodestra.
Del resto, non ho visto nessuno levarsi e chiedere cosa stesse accadendo nella regione Lazio. Tra l'altro, adesso ci si chiede cosa faranno le regioni con la spesa sanitaria, quasi a temere un intervento del ministero. Lei ha ragione, onorevole Bindi, a chiedersi come faranno coloro che ereditano una situazione nuova. È chiaro, ci vuole comprensione. Poverini... avevano promesso di abolire i ticket e tanti altri miracoli! Alla fine, magari saremo più rapidi noi a ridurre il costo dei farmaci che non loro ad abolire il ticket... (Commenti del deputato Bindi).
Perché, non è vero? Non è forse vero che avete raccontato al paese che avreste abolito i ticket, e nessuno ancora l'ha fatto? Voi venite qui a fare campagna elettorale, ma io ho sentito argomenti veramente ridicoli, da questo punto di vista (Commenti del deputati Bindi).
Onorevole Bindi, sto rispondendo a tutte le sue osservazioni. Spero che avrà la stessa pazienza che ho avuto io nell'ascoltare i suoi quaranta minuti e oltre di inutile intervento. Deve abituarsi anche ad ascoltare.
Noi saremo rispettosi delle regioni, perché sicuramente i presidenti di regione che si insediano adesso non possono avere responsabilità, se non in termini di continuità amministrativa. Alcuni presidenti, però, sono stati confermati e non possono accampare scuse tirando in ballo l'eredità altrui. Ebbene, state tranquilli che quei presidenti saranno chiamati a rendere conto delle ragioni per le quali non hanno speso le risorse. Su questo saremo davvero inflessibili e vedremo poi se vi ergerete a protezione di quelli che hanno dissipato le risorse che lo Stato ha destinato loro.
Il tema dei ticket, il tema della responsabilità fiscale delle regioni, insomma tutte quelle belle cose che lei ci ha raccontato riguardano anche il tema della responsabilità politica di un'amministrazione. Quando si governano le regioni come si governa lo Stato e si sottoscrivono intese per il trasferimento di risorse, si devono accettare anche i rischi del mestiere.

ROSY BINDI. E si va anche a casa: si perdono le elezioni nel Lazio!

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Ci arrivo. Era l'interruzione che aspettavo. Sono pronto ad un confronto che riguardi il sistema della spesa nel territorio, ad una condizione: che quando si arriva a governare non si rinunci alla riduzione del ticket che si era promessa e si smetta, magari, di aumentare le indennità e gli stipendi, come sta accadendo in queste ore in una regione che conosco molto bene e che non aveva certo bisogno di spese folli.
Per motivi di riserbo, non racconto ulteriori particolari a questa Commissione, ma stia tranquilla che quando lo sapranno i cittadini le chiederanno perché ha fatto i comizi per qualcun altro...

ROSY BINDI. Ci dice come sostituisce l'IRAP?

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Ho già detto che questo è tema di dibattito del Governo. Non è il ministro della salute ad assumere l'eventuale decisione, ma il Governo. L'IRAP è una tassa che voi avete introdotto e adesso l'Europa chiede a noi di eliminarla.


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Non capisco la sua insofferenza...

ROSY BINDI. Quale insofferenza? Risponda alle domande. Pensi a fare il ministro, non i comizi. Ne rispondo io dei comizi che ho tenuto.

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Chiedo scusa, ma sto tentando di adeguarmi al tono dell'intervento dell'onorevole Bindi, la quale ha elencato tante iniziative che, come abbiamo dimostrato agevolmente, non hanno trovato efficacia nell'applicabilità della norma.

ROSY BINDI. Certo, ma ciò ha riguardato le regioni del centrodestra...

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Onorevole Bindi, lei è molto agitata e francamente non ne capisco il motivo. Comunque, io ho una pazienza infinita. Mi sono appuntato tutto il suo intervento, in modo da poterle rispondere puntualmente su tutto. Lei ha fatto un comizio, peraltro discretamente male, ma adesso devo risponderle.
Sul tema della non autosufficienza, per restare alle questioni da lei sollevate, sono a conoscenza della presentazione della proposta di legge firmata dall'onorevole Di Virgilio in questa Commissione. È chiaro che, anche in questo caso, si tratta di un problema di risorse. Le voglio ricordare - il tema è stato toccato prima dall'onorevole Bolognesi - il tentativo di organizzazione delle regioni per dare una risposta. Lei dovrebbe sapere che, su questo, dobbiamo agire di concerto con il Ministero del welfare, trattandosi di un tema che non riguarda solo le politiche della salute.
Le ricordo anche che c'è stata, da parte del sindacato, una richiesta a tutte le regioni d'Italia di istituire i fondi per la non autosufficienza. Dovrebbe anche sapere che c'è stata una sola regione che ha istituito tale fondo e, per sua sfortuna, è la regione che ho presieduto fino all'anno scorso...

ROSY BINDI. Si sbaglia, è l'Emilia-Romagna!

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Evidentemente non conosce le regioni. L'Emilia-Romagna non l'ha ancora approvata.

ROSY BINDI. L'ha già approvata. Si informi.

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Onorevole Bindi, vorrei rimanere ad un dibattito serio. L'Emilia-Romagna ha annunciato l'istituzione del fondo, se poi lo ha approvato nel corso di queste ore non posso che esserne contento.
Vengo ai NAS e alle liste d'attesa. Lei si inquieta molto per il fatto che i NAS stanno facendo dei controlli. Le ricordo che in questo paese c'è stato un magistrato che pensava che le liste d'attesa fossero un reato penale ed ha inviato i NAS negli ospedali di Roma. Ora, vorrei sapere se, per lei, il problema delle liste d'attesa riguarda solo la città di Roma o tutto il paese. Per quanto mi riguarda, ho il dovere di verificare se esse sono un problema per tutto il paese.
Per quanto concerne la questione del decreto-legge sui farmaci, sono consapevole delle difficoltà di comprensione di un testo che non si conosce, e tuttavia lo si critica con grande facilità. L'onorevole Labate ha chiesto se la prospettiva è quella di girovagare per le farmacie per ottenere gli sconti maggiori e mi ha ricordato gli articoli che raccontano di persone che, nel nord del paese, attraversano il confine per andare a comprare i farmaci nelle zone oltre frontiera, magari in Svizzera.
Queste cose succedono, ma non per questo provvedimento. Al contrario, credo che questo decreto-legge introdurrà elementi di trasparenza per il cittadino, affinché questo abbia la possibilità di risparmiare e di risolvere un problema che, nei comizi, si cita sempre: l'alto costo dei farmaci.
Ebbene, l'attuale Governo e questo ministro, hanno tentato di portare a soluzione questo problema, mentre ci sono stati ministri che non l'hanno nemmeno affrontato.
Questo è un Governo che si permette di discutere con l'industria farmaceutica,


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avanza la propria proposta di bloccare i prezzi per due anni e se la vede accettare. Non so se ci siano precedenti di questo tipo. Sicuramente non ce ne sono stati quando ha fatto il ministro l'onorevole Bindi.

ROSY BINDI. Ho governato male anche su questo!

FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. È difficile discutere con chi non vuole ascoltare, ma le cose stanno come dico io, non come dice lei.
Infine, voglio rispondere sulla questione Di Bella perché ritengo che sia giusto farlo in questa sede. Volevo prima capire se vi fosse, da parte della Commissione, il desiderio di comprendere qual è la posizione del ministro in questo momento.
Credo che occorra essere onesti, sempre e fino in fondo. Per storia personale, ho sempre considerato doveroso rispondere alla domanda sociale. Non ho inventato nulla, in questo caso, ma mi sono semplicemente limitato a prendere atto della decisione del mio predecessore di trasferire non ad una sezione di partito, ma al Consiglio superiore di sanità, gli atti ricevuti dal figlio del dottor Di Bella, per esaminare l'opportunità o meno di una nuova sperimentazione.
Questo significa agire con trasparenza e prendere atto di una novità valutata dal mio predecessore, e che io rivendico come il dovere di un'amministrazione.
Da qui a pensare che sia chi vi parla a poter valutare la bontà di una terapia, questo può attribuirmelo solo chi è dotato di molta fantasia. Certo è che non si può chiedere a questo ministro di mandare a prendere a manganellate i malati di tumore.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per l'audizione.

GIUSEPPE PETRELLA. Signor ministro, non ha risposto sulla proposta di legge sul Mezzogiorno...

PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti, naturalmente anche i sottosegretari presenti.
Dichiaro conclusa l'audizione

La seduta termina alle 18,05.