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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale di Giulio Sacchetti, che avverto dell'obbligo di dire tutta la verità in sede di testimonianza formale davanti alla Commissione. La avverto altresì della responsabilità prevista dalla legge penale per i testimoni falsi o reticenti.
Informo che è presente anche il dottor De Giorgio in sostituzione del professor Pascali.
Dottor Sacchetti, può declinare le sue generalità?
GIULIO SACCHETTI. Sono Giulio Sacchetti, nato a L'Aquila il 28 gennaio 1948, medico legale all'Università di Roma Tor Vergata.
GIULIO SACCHETTI. A Roma, via Premuda, 1a.
PRESIDENTE. Quanti pareri tecnici ha fornito nel corso dell'iter giudiziario?
GIULIO SACCHETTI. Ho fornito due pareri tecnici e ho deposto davanti alla corte d'assise. Ho fornito il primo parere al PM che mi incaricò di effettuare un esame esterno sul cadavere di Ilaria Alpi, esame che effettuai al cimitero Flaminio, limitandomi ad un'ispezione esterna del cadavere, travalicando anche il mandato conferitomi perché verificai la presenza in sede sottocutanea al collo di una formazione dura riferibile ad un proiettile, che estrassi e consegnai alla polizia.
Il secondo è consistito in un'autopsia sul cadavere esumato, effettuata insieme ad altri colleghi (credo la dottoressa Liviero della polizia scientifica e forse un altro collega, ma non ricordo), presso l'Istituto di medicina legale de La Sapienza, previo accertamento radiografico sul cadavere, preliminare rispetto all'autopsia.
Quindi sono stato sentito in Corte d'assise insieme ad un altro perito che credo fosse un perito balistico.
PRESIDENTE. Ha parlato di un mandato: chi glielo ha conferito e in che cosa consisteva?
GIULIO SACCHETTI. Io venni incaricato di fare una consulenza tecnica per conto del pubblico ministero, dottor Andrea De Gasperis, il quale mi richiese di effettuare un'ispezione esterna sul cadavere di Ilaria Alpi, che era appena arrivato in aeroplano ed era stato traslato al cimitero Flaminio. Feci questa ispezione esterna, nella quale rilevai i segni di un colpo d'arma da fuoco che interessava le mani e il capo della donna. Per questo dissi che verosimilmente si era trattato di un atteggiamento di difesa istintivo della Alpi, che si era posta le mani sul capo prima di essere attinta dal colpo di arma da fuoco.
PRESIDENTE. Lei non si stupì del fatto che nel mandato non fosse richiesto l'esame autoptico? Per quale ragione? Come mai non si è ritenuto di effettuarlo?
GIULIO SACCHETTI. Questo non lo so. So che mi venne richiesto espressamente di procedere all'ispezione esterna. Le ho detto poc'anzi che travalicai questo mandato allorquando mi accorsi che sotto la cute del collo vi era un frammento di proiettile, cioè il nucleo di un proiettile, che io estrassi e consegnai.
PRESIDENTE. Quindi non fu un argomento di discussione?
GIULIO SACCHETTI. Non ci fu discussione perché io ero da solo.
PRESIDENTE. Non c'era De Gasperis?
GIULIO SACCHETTI. Ero solo. Al cimitero Flaminio c'erano i miei assistenti, due giovani specializzandi in medicina legale, e la polizia.
PRESIDENTE. Come le fu dato il mandato?
GIULIO SACCHETTI. Penso, come sempre, con un verbale di incarico, che dovrebbe essere agli atti.
PRESIDENTE. Nel suo primo parere tecnico lei disse che la morte era stata causata da una ferita al capo con lesione dell'encefalo e che la dinamica degli eventi che l'avevano conseguita si riassume in un colpo di arma da fuoco (proiettile unico) esploso a contatto del capo. Come arrivò a questa valutazione che mi pare lei abbia cambiato successivamente?
GIULIO SACCHETTI. Il colpo in questione aveva prodotto sul cuoio capelluto un foro d'ingresso con i caratteri del colpo a contatto, ovverosia un foro con alcune incisure stellari sui margini che sono caratteristiche dei colpi esplosi a contatto, nel senso che, quando l'arma viene appoggiata, il piano di volata della canna viene appoggiato sul cuoio capelluto, essendo questo sotteso da una superficie
ossea, i gas dello sparo penetrano insieme al proiettile e provocano un vero e proprio impatto a rovescio fra il cuoio capelluto e la bocca dell'arma, per cui si produce, oltre al foro vero e proprio, anche un impatto con le superfici metalliche che provoca le lacerazioni da scoppio che caratterizzano il colpo a contatto.
Siccome erano anche presenti le lesioni prodotte da un proiettile sulle dita o su un dito di una mano - non ricordo - si potette ipotizzare che le caratteristiche stellari del foro d'ingresso fossero state prodotte dall'appoggio dell'osso del dito sul cuoio capelluto, nel senso che i frammenti ossei, insieme al proiettile, potrebbero aver prodotto questo tipo di foro.
PRESIDENTE. Il dottor Farneti, perito balistico, ci ha riferito e assicurato nella sua audizione che, da un punto di vista balistico - penso ci sia una forte differenza di competenze fra il medico legale e il perito balistico -, un proiettile...
GIULIO SACCHETTI. Era un frammento.
PRESIDENTE. Il dottor Farneti sostiene che il proiettile era talmente consumato che doveva avere avuto un altro impatto (egli parla di «attraversamento di lamiera»), anche perché era senza incamiciatura. Sostiene che è assolutamente impossibile che su un proiettile sparato a contatto possa prodursi quell'effetto. Quindi, da una parte c'è la possibilità dell'inganno rispetto a come si configurava la ferita, dall'altra il dottor Farneti ci dice che è assolutamente impossibile che questo fosse il risultato della perizia balistica.
GIULIO SACCHETTI. Della sua perizia!
PRESIDENTE. Sì, della sua. Lei poi cambiò opinione su questo. Mi pare di ricordare che lei firmò una successiva perizia in cui la prima tesi fu cambiata.
GIULIO SACCHETTI. La seconda perizia che facemmo dopo l'esumazione della salma (non ricordo se la feci insieme a Farneti o no, ma sicuramente insieme ad un altro medico legale) venne effettuata dopo il rilievo radiografico fatto sul cadavere, che evidenziò anche alcuni frammenti metallici negli stadi opachi, collocati in vari distretti del capo, e che vennero estratti nel corso dell'autopsia. Sulla base di questi elementi fu possibile considerare l'ipotesi che il proiettile avesse impattato contro strutture solide (lamiera, carrozzeria, vetri) e, essendosi scamiciato, avesse attinto il capo della donna nella posizione che ho ipotizzato poc'anzi, cioè con le mani sul capo. Proprio la frammentazione ossea di uno o più dita potrebbe avere prodotto la caratteristica forma stellare che aveva indotto alla diagnosi preliminare del colpo esploso a contatto.
PRESIDENTE. Quindi lei era convinto dell'argomentazione secondo la quale si arrivò alla perizia che sosteneva che il colpo non era stato sparato a contatto e neanche da un'arma corta.
GIULIO SACCHETTI. Non ricordo bene questo punto poiché è passato molto tempo, ma penso che in corte d'assise ci fu qualche discordanza.
PRESIDENTE. Io mi riferisco a lei, a come lei ha vissuto il momento di cambiamento dell'opinione iniziale.
GIULIO SACCHETTI. L'ho vissuto serenamente, nel senso che quando emergono elementi obiettivi che consentono di riformare una prima diagnosi, essi devono essere presi con la massima serenità. La presenza di altri frammenti radiopachi nel capo del cadavere, evidenziati nel corso dell'autopsia effettuata sul cadavere esumato, consentivano di ritenere verosimile un impatto precedente del proiettile rispetto a quello terminale sul capo della donna, nella posizione - che io ritengo verosimile - di un'istintiva difesa del capo con le mani.
PRESIDENTE. Lei, quindi, firmò in maniera convinta la seconda perizia, sulla base delle nuove acquisizioni.
GIULIO SACCHETTI. Altrimenti non avrei firmato.
PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi.
ELETTRA DEIANA. Vorrei sapere, vista la sua lunga esperienza, se l'incarico che ha ricevuto da De Gasperis fosse nella norma (l'ispezione esterna e non l'autopsia; il magistrato non presente).
GIULIO SACCHETTI. Le posso dire, in base alla mia esperienza, che, in alcuni casi di omicidi importanti, il magistrato è presente all'autopsia. In questo caso non so quali fossero i motivi che hanno indotto il magistrato a non presenziare. Evidentemente lo riteneva superfluo. Capita molto spesso - quasi sempre - che noi facciamo autopsie senza la presenza del magistrato. Del resto sono cambiati i tempi, nel senso che, quando ero giovane, i magistrati presenziavano sempre alle autopsie, mentre ora vengono meno.
ELETTRA DEIANA. In altri casi di omicidi importanti non era presente il magistrato?
GIULIO SACCHETTI. Sì, ci sono stati altri casi di omicidi importanti in cui il magistrato ha delegato a noi ampiamente. Peraltro essendo il magistrato non un tecnico, la sua presenza poco rileva al momento delle operazioni necroscopiche.
ELETTRA DEIANA. E dal punto di vista dell'incarico che le era stato dato (ispezione esterna e non autopsia)?
GIULIO SACCHETTI. Questo dipende dal magistrato. Noi siamo sostanzialmente degli esecutori: il magistrato ci chiede di fare l'ispezione esterna e noi facciamo l'ispezione esterna; ci chiede l'autopsia e noi facciamo l'autopsia; ci chiede esami di accertamento tossicologico, ematologico e quant'altro e noi procediamo.
ELETTRA DEIANA. Mi è chiaro che voi seguite le indicazioni, ma vorrei capire se il caso, si configurasse, a suo giudizio, come bisognoso di un esame più approfondito.
GIULIO SACCHETTI. In realtà, nel momento dell'ispezione esterna che io effettuai, il caso era molto semplice: si trattava di un unico colpo di arma da fuoco che aveva attinto il capo di una donna. La diagnosi era quella di morte per colpo d'arma da fuoco al capo. Sembrava essere un colpo a contatto per i motivi che ho spiegato poc'anzi, ma successivamente, in base agli ulteriori elementi acquisiti nel corso dell'indagine, la primitiva diagnosi sulla distanza di sparo venne riformata. Comunque, la mia prima impressione fu quella di un colpo a contatto al capo. Questo è quanto è emerso dalla mia prima osservazione.
CARMEN MOTTA. Lei ci ha detto che inizialmente il corpo presentava una situazione per cui lei poteva riteneva che i fatti fossero andati nel modo che ha indicato, però ha aggiunto che, travalicando il mandato, ha estratto un frammento di proiettile. Lei, in quanto medico legale, esegue il mandato che il magistrato le affida, però, avendo fatto questa operazione, non le è venuto in mente di chiedere al magistrato l'esecuzione dell'autopsia? Intendo dire che lei si era fatto l'idea che il colpo fosse stato sparato a distanza ravvicinata...
GIULIO SACCHETTI. No, a contatto.
CARMEN MOTTA. ...ma quando ha estratto il frammento non ha pensato che forse sarebbe stato opportuno richiedere al magistrato un ulteriore esame?
GIULIO SACCHETTI. Io, ovviamente, informai il magistrato che avevo repertato questo proiettile in sede sottocutanea e che lo avevo consegnato alla polizia presente. Lui avrebbe dovuto decidere il resto; non lo ha deciso ed io ho finito il mio compito.
PRESIDENTE. Lei prima ha dato una sua interpretazione sul perché non sia stato richiesto nel mandato di De Gasperis l'esame autoptico, ma come faceva De Gasperis a sapere che non c'era bisogno di questo esame?
PRESIDENTE. Lei ha detto che probabilmente De Gasperis ha pensato che non sarebbe stato necessario l'esame autoptico. Su quale base?
GIULIO SACCHETTI. Non lo so. Noi veniamo chiamati dai magistrati i quali ci incaricano di una consulenza, sulla base dei loro elementi. De Gasperis mi chiese di fare un esame esterno sul cadavere ed io eseguii l'esame. Non conosco le motivazioni.
PRESIDENTE. Ma De Gasperis vide mai il cadavere? Un magistrato ovviamente non può intendersi di medicina legale o di perizie balistiche, quindi o decide in modo automatico, nel senso che sempre in caso di omicidio richiede l'esame autoptico, o addirittura, valuta autonomamente che non ve ne sia bisogno. Mi sembra molto strano ed anche inaccettabile.
GIULIO SACCHETTI. In realtà non esiste nel codice di procedura penale la prassi con cui il magistrato deve operare in ambito di morti violente. Noi, nella nostra attività, facciamo molte più ispezioni esterne di soggetti deceduti per morte violenta che non autopsie. Basti pensare agli incidenti stradali o agli infortuni sul lavoro. A volte, il magistrato dispone l'ispezione esterna e noi la facciamo, senza domandarci perché.
PRESIDENTE. Da che cosa è dovuta questa diversità di approccio? Perché delle volte l'autopsia e altre volte l'ispezione esterna?
GIULIO SACCHETTI. Dipende dalle indagini di polizia giudiziaria che precedono la nostra attività. Quando c'è un omicidio, il magistrato dispone la consulenza tecnica al medico legale di turno, sulla base delle risultanze degli atti di polizia giudiziaria in suo possesso. In questo caso, si trattava di una persona proveniente dall'estero: vidi il cadavere avvolto in un telo di recupero, quelli che usano i militari americani, con la zip, e non esaminai alcun atto.
PRESIDENTE. Ci ha detto che De Gasperis non era presente: ne è sicuro? Da altre testimonianze risulta il contrario.
GIULIO SACCHETTI. Non ricordo bene. Comunque, se tra gli atti vi è la mia relazione di consulenza, io ne ho dato sicuramente atto.
PRESIDENTE. In corte d'assise ci fu un'altra perizia: lei fu coinvolto?
GIULIO SACCHETTI. Non ricordo se la mia seconda perizia venne disposta dalla procura o dalla Corte. Verosimilmente venne disposta dalla procura, ma non ne sono certo.
ROSY BINDI. Non abbiamo motivo per dubitare di quello che lei ci dice, e cioè che il magistrato dispone e voi eseguite, però sorge il dubbio su che cosa possa disporre il magistrato, a prescindere dalla vostra professionalità.
Un colpo sparato, come lei refertò all'inizio, a contatto non avrebbe dovuto, almeno teoricamente, produrre il soffermarsi di un frammento del proiettile in una parte così vicina al punto in cui il colpo era stato sparato. Questo avrebbe dovuto quantomeno farle venire il dubbio che la prima impressione potesse non avere totale fondamento. È stato sparato un colpo in testa a contatto e il proiettile si ferma nel collo: non mi intendo di medicina legale, però mi chiederei come abbia fatto un colpo che sembra sparato a contatto a soffermarsi a pochi centimetri, in quanto avrebbe dovuto essere fuoriuscito. Questo dubbio - che a lei evidentemente non è venuto o forse sì, perché ha
estratto il proiettile e lo ha consegnato - non doveva suggerirle di consigliare al magistrato un ulteriore approfondimento?
GIULIO SACCHETTI. Nella mia esperienza ho visto molti colpi d'arma da fuoco esplosi a contatto del capo con proiettile ritenuto e non fuoriuscito: dipende dal tipo di arma e dal tipo di proiettile. Inoltre, la parte di proiettile da me repertata non era a pochi centimetri come lei ha ipotizzato; in realtà era a più di un palmo, nel senso che il foro era sul capo e il proiettile era sul collo, quindi aveva attraversato la volta cranica, l'encefalo e la base cranica: la prima e l'ultima sono formazioni ossee importanti che consentono, a volte, la frammentazione del proiettile che perde la camiciatura esterna per cui il nucleo, essendo animato da massa maggiore, procede autonomamente. È chiaro che poi i frammenti si possono trovare all'interno del cranio. Trattandosi di un colpo che mi pareva essere stato esploso a contatto ed avendo il proiettile attraversato queste strutture ossee importanti, nulla ostava a far ritenere che si fosse scamiciato nel tramite intrasomatico, a livello osseo soprattutto. Io estrassi il proiettile perché era un reperto occasionale localizzabile al tatto: si sentiva sotto la cute, per cui lo estrassi.
Mi correggo: il magistrato era presente a questa autopsia.
ROSY BINDI. Se è normale o comunque non del tutto insolito che un colpo sparato a contatto venga ritenuto, soprattutto nel caso in cui ha attraversato delle masse resistenti, non avrebbe dovuto esserci qualche danno in più nella testa? Qui abbiamo un cranio intatto con un foro e un proiettile ritenuto: non avrebbero dovuto esserci conseguenze maggiori?
In tutta questa vicenda, ancora non sappiamo come queste due persone siano state ammazzate e chi le abbia ammazzate, ma una cosa appare certa: quantomeno c'è stata poca diligenza da parte di tutti quelli che hanno avuto a che fare con essa. Devo dirle che questa impressione si ha in primo luogo nei confronti di chi ha avuto il primo contatto col cadavere, certamente del magistrato che non ha disposto l'autopsia ma anche di chi ha fatto la prima verifica. In questi casi, non basta il minimo dubbio per cercare di approfondire? Tanto più che poi i fatti hanno dimostrato il contrario, anche con il suo parere.
GIULIO SACCHETTI. Lei, molto esplicitamente, mi taccia di negligenza e di incompetenza o quantomeno di poco acume clinico in quel caso. Ora, io le devo dire che il caso, così come si presentava alla mia osservazione, era di una semplicità lampante: presentava un colpo d'arma da fuoco al capo con parte del proiettile ritenuto al collo. Questo è un reperto semplicissimo per chi fa questo tipo di lavoro.
Lei si domanda come mai un proiettile lasci un cranio integro: bisogna vedere di che arma da fuoco si parla. Ma allora non si sapeva nulla; io ho visto un foro d'ingresso e un proiettile sotto al collo. Il cranio non era integro, lo era il resto del cuoio capelluto, tanto che poi si sono viste le lesioni che ha riportato il cranio.
ROSY BINDI. Questo poteva essere un motivo per verificarlo subito!
GIULIO SACCHETTI. Io faccio il medico legale e lei fa il politico: se cambiamo l'ordine dei fattori, cambia il prodotto. Io faccio il medico legale e le rispondo da tecnico. Quando mi dicono di fare un'ispezione esterna su un morto sparato, io la faccio e verifico il foro d'ingresso, il foro d'uscita, il tramite intrasomatico, la distanza da cui è stato sparato il colpo: questo deriva dalla mia esperienza. Posso sbagliare, ma in quel caso era semplice perché sul cuoio capelluto c'era un foro tipico da colpo a contatto, per cui non ho avuto alcun dubbio.
ROSY BINDI. Io le rispondo da persona - mi auguro - di buon senso. Gli accertamenti che sono seguiti dimostrano che il suo primo esame era infondato.
GIULIO SACCHETTI. Allora, nel secondo esame abbiamo dato altri elementi.
ROSY BINDI. Bisogna chiedersi, non solo nei suoi confronti, ma anche nei confronti del magistrato, come si faccia, se non si sa neppure se il cranio sia stato sfracellato, a dire che una certa tesi è evidente per cui si va avanti senza neppure fare l'autopsia. Tanto più che alla prova dei fatti la presunzione si è dimostrata totalmente infondata.
GIULIO SACCHETTI. Non è esatto quello che lei dice, perché nel corso dell'esame esterno, attraverso il forame del cuoio capelluto, ho visto l'osso parietale sottostante che era interessato anch'esso da una soluzione di continuo rotonda di nove millimetri di diametro. Quindi, che l'osso sottostante fosse stato interessato dal proiettile risulta dalla mia relazione, perché io attraverso il foro del cuoio capelluto ho visto il foro che stava sull'osso e ho indicato che si trattava di un colpo penetrante al capo, fuoriuscito dalla base del collo. Per noi, sotto il profilo tecnico, il caso è semplice. Che poi abbia implicazioni diverse, non lo so.
ROSY BINDI. Lei ha detto «se cambiamo l'ordine dei fattori», ma qui è stato cambiato dai tecnici e non dall'osservazione di un politico. Tant'è vero che le perizie successive hanno dimostrato esattamente il contrario di quanto rilevato nella prima osservazione esterna. C'è da chiedersi come mai, di fronte ad una morte avvenuta in circostanze simili, il magistrato da una parte e il medico legale dall'altra si siano fermati alle prime apparenze.
GIULIO SACCHETTI. Io rispondo per la parte che mi compete, cioè in qualità di medico legale. Per me il caso era semplice, trattandosi di un colpo al capo come ne vediamo tanti.
ROSY BINDI. Però aveva sbagliato.
GIULIO SACCHETTI. Non ho sbagliato, perché un colpo al capo è rimasto.
ROSY BINDI. Che discorsi sono? Abbia pazienza, lei ha sostenuto che fosse un colpo al capo e certo non è diventato un colpo alla gamba! Il problema era come il colpo fosse stata sparato. La sua osservazione indica un colpo a bruciapelo e tutte le perizie successive hanno dimostrato il contrario.
Vorremmo sentirci dire da lei: «In quella circostanza era talmente evidente che ci sono cascato».
GIULIO SACCHETTI. No. In quella circostanza gli elementi tecnici a mia disposizione erano quelli di un colpo esploso a contatto: questi sono gli elementi che avevo sulla base dell'obiettività rilevata.
ROSY BINDI. Allora nel prossimo manuale di medicina legale bisognerebbe scrivere di non fermarsi mai alle apparenze e portare il caso Alpi come un caso classico nel quale l'osservazione esterna può essere smentita da un'autopsia.
GIULIO SACCHETTI. Questo capita e non solo nel caso Alpi. Però, non deve chiedere a me perché non ho fatto l'autopsia, perché non ero io che decidevo.
ROSY BINDI. Chiedo che venga effettuata una verifica sul fatto che i medici legali non abbiano alcuna discrezionalità nei confronti della disposizione del magistrato. Vorrei un approfondimento giuridico e chiedo ai consulenti di darci una mano da questo punto di vista.
GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Professore, credo che lo sconcerto da parte nostra nasca sostanzialmente in relazione a questo primo esame esterno sul corpo di Ilaria Alpi, alla presenza, come abbiamo avuto conferma adesso, del magistrato che si stava occupando del caso.
Non ho motivo di ritenere che lei non abbia fatto tutto quello che era suo dovere fare, eseguendo il mandato che il magistrato le diede e semmai credo che dovremmo
chiedere al magistrato per quale motivo, assistendo all'esame e di fronte al rinvenimento di una parte del proiettile, non abbia disposto ulteriori accertamenti.
Non dubito che non sia stato un problema suo, però quello che probabilmente suscita lo sconcerto anche dei colleghi che mi hanno proceduto è il fatto che voi stavate esaminando il corpo di una persona che non era stata uccisa in un banale fatto, come immagino purtroppo accadano quotidianamente nel nostro paese, ma che era avvenuto in un paese africano, in un momento particolare, in cui tra l'altro i nostri militari stavano abbandonando il paese; inoltre, i due cadaveri erano stati riportati con un aereo messo a disposizione dallo Stato, ad accoglierli a Ciampino c'erano sicuramente tutti i mezzi di comunicazione, in primis il presidente ed il direttore generale della RAI, che era l'ente per il quale i due lavoravano.
Quindi, c'era un notevole clamore da parte della stampa e della televisione ed ovviamente un'attenzione dell'opinione pubblica su questo fatto. È questo che ci lascia perplessi: per quale motivo non avete ritenuto - comprendo benissimo che non fosse una responsabilità sua, ma sostanzialmente in primis del magistrato - di dover fare qualcosa in più invece di limitarvi semplicemente all'esame esterno?
La seconda questione è strettamente collegata. Vorrei sapere come si fa un esame esterno di un corpo. Qual è la prassi, che cosa si guarda?
GIULIO SACCHETTI. In quella occasione, per quanto mi riguarda, si trattava di un cadavere che proveniva, sì, da un paese straniero e che afferiva ad una persona uccisa in Africa, ma l'obiettività e, tutto sommato, la semplicità dei reperti necroscopici consentiva di orientare la diagnosi verso un colpo d'arma da fuoco che aveva attraversato il capo della donna e che, per i caratteri del foro d'ingresso, era compatibile con un colpo esploso a contatto. Questa fu la mia impressione.
Il fatto che un cadavere venga accolto dalle autorità e trasportato con un aereo dello Stato mi lascia del tutto indifferente, per quanto riguarda l'obiettività. Se c'è un foro d'ingresso al capo, quel foro d'ingresso rimane, che sia trasportato con mezzi propri o con quelli dello Stato.
Per quanto riguarda l'ispezione esterna del cadavere, si procede alla identificazione dello stesso, ove possibile, alla misurazione dell'altezza, del peso, alla determinazione del sesso, dell'età e delle caratteristiche somatiche del cadavere. Quindi, si procede all'esame degli indumenti, che credo di aver fatto in questa circostanza: io descrissi, come da prassi, tutti gli indumenti che la donna indossava. Venne quindi estratto dal sacco di nylon verde marcato US, con la sigla che ho riportato; tutti elementi che erano utili alla identificazione del caso ed alla maggiore descrizione possibile di tutti gli elementi che il cadavere presentava.
Dopo di ciò si procede all'esame della lesività, che in questa mia relazione è stato dettagliatamente riportato. Per la verità, per vedere meglio il foro sul tavolato osseo sottostante al cuoio capelluto interessato dalla soluzione di continuo con caratteri stellari, procedetti anche ad una piccola dissezione del cuoio capelluto per verificare meglio il foro presente sul cranio e ne ho descritto le modalità.
La repertazione di questo proiettile sottocutaneo, palpabile, mi indusse ad incidere - peraltro, alla presenza del magistrato - per tirare fuori il proiettile stesso, che venne consegnato. Il cadavere presentava anche delle piccole lesioni sulle dita di una mano.
Si procede, quindi, a descrivere dettagliatamente tutto quello che si rileva all'ispezione esterna, che finisce lì. Se l'ispezione esterna consente di porre una diagnosi di causa di morte e di mezzi che l'hanno prodotta, si pone la diagnosi.
GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Lei ha detto che repertate praticamente tutti i vestiti che il cadavere indossa. Anche gioielli, accessori ed altro?
GIULIO SACCHETTI. Tutto quello che ho visto in quella sede l'ho riportato in questa relazione.
ELETTRA DEIANA. Capisco che lei sia attestato sulla linea della descrizione tecnica di quello che tecnicamente era chiamato ad eseguire. Condivido le perplessità delle mie colleghe circa l'affermazione che lei ha fatto sulla non interazione tra il magistrato ed il medico legale relativamente alla costruzione di una interpretazione di quello che si va a fare, perché sinceramente non riesco a capire, se non c'è un'interazione tra i due soggetti, a che cosa serva.
Voglio soltanto richiamare la sua attenzione sul fatto che la stessa ricostruzione che lei ha fatto circa l'avvenuta morte attraverso un colpo sparato a contatto avrebbe dovuto suscitare marcate preoccupazioni circa la necessità di un approfondimento, perché in questo modo il fatto si configurava nettamente come un delitto, forse non accidentale.
Era materia che avrebbe richiesto da parte della magistratura un superiore sforzo di indagine, perché se arriva dall'Africa un cadavere segnato da un colpo che non rientra nella tipologia degli scontri armati, bellici e, quindi, di un incidente come poteva occorrere a civili o giornalisti, se vi è un colpo ravvicinato sparato a contatto, si presuppone che il contesto in cui il fatto è avvenuto sia un contesto in cui il delitto è stato perseguito e questo nei due soggetti, magistrato e medico legale, mi augurerei che facesse scattare un meccanismo di vigilanza investigativa, di interesse investigativo.
Lei mi può dire che questo compete al magistrato, ma io ritengo che competa ad ambedue, nel senso che credo molto nella sinergia delle competenze e delle capacità, altrimenti non capisco nulla. Questa è la prima osservazione che volevo fare.
Inoltre, lei è stato sentito in corte d'assise nel 1999, in occasione del processo d'appello all'imputato Hashi Omar. Vorrei conoscere, se la ricorda, la sua testimonianza, che cosa ha detto a proposito del suo primo lavoro.
GIULIO SACCHETTI. Non lo ricordo. Potrei riguardare gli atti, le trascrizioni. Lei capisce che è passato tanto tempo.
ELETTRA DEIANA. Questa sua testimonianza, se ricordo bene, è successiva alla seconda perizia.
ELETTRA DEIANA. Quindi, è successiva all'autopsia.
ELETTRA DEIANA. Pertanto, è successiva a questa rettifica di interpretazione che lei ha fatto relativamente alle modalità.
GIULIO SACCHETTI. Noi facemmo questa seconda autopsia per incarico della procura - adesso che ho le carte davanti, lo ricordo - ed in collegio con Farneti, perito balistico, Nobile, radiologo, e la dottoressa Liviero, altro medico legale, ma della Polizia di Stato.
In questa seconda consulenza noi dicemmo, al punto 13, che l'arma in questione - per le indicazioni fornite dal dottor Farneti, come abbiamo scritto tutti, perché lui era l'esperto di balistica - era identificabile in un fucile kalashnikov. Questa è la consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero; si tratta dell'esumazione, la prima che facemmo.
Questa consulenza è stata effettuata collegialmente ed il dottor Farneti, esperto di balistica, asserì, sulla base dei suoi accertamenti, che si trattava di un frammento di proiettile kalashnikov che aveva attinto il capo della donna, dopo aver perforato le strutture solide del pick-up Toyota. In questa consulenza, firmata a quattro, è scritto che, per le indicazioni fornite da Farneti, l'arma è identificabile in un fucile kalashnikov: questo è pacifico.
Per quanto riguarda la mia testimonianza in corte d'assise, non la ricordo, non ricordo quello che dissi. Potrei guardare le trascrizioni, ma non ho memoria precisa di questa testimonianza.
ROSY BINDI. Se avesse avuto la perizia balistica subito dopo avere prelevato il proiettile ritenuto, sarebbe stato ancora convinto dell'apparente colpo a contatto?
GIULIO SACCHETTI. No, perché il colpo a contatto ed anche non a contatto, ma a distanze brevi ed anche non molto brevi, di un fucile kalashnikov lascia segni diversi da quelli trovati rispetto al colpo a contatto, nel senso che, allora sì, il capo sarebbe esploso, anche a livello cutaneo. Mi è capitato di vedere negli anni di piombo, in cui abbiamo fatto tante autopsie di questo genere, questa lesività da fucili kalashnikov.
Sicuramente, se io avessi avuto questo rilievo, non avrei fatto quella diagnosi.
ROSY BINDI. Vede, dottore, quanti elementi emergono, almeno per il magistrato, che avrebbero consigliato qualche approfondimento in più.
GIULIO SACCHETTI. Non lo metto in dubbio, tant'è vero che, quando ci sono stati, ne abbiamo preso atto ed abbiamo modificato la nostra prima impressione.
PRESIDENTE. Concludiamo con altre due domande. È usuale che accanto al medico legale non ci sia l'esperto balistico di primo acchito?
GIULIO SACCHETTI. Sì, è usuale, nel senso che il medico legale è quello che per primo opera sul cadavere di un soggetto attinto da colpi di arma da fuoco. Il suo compito è quello di rilevare la lesività, di repertare i proiettili, ove presenti, e quant'altro di interesse balistico, siano essi affumicatura, tatuaggi, elementi accessori, tipo borre ed altri elementi afferenti al colpo esploso, e consegnarli alla polizia o al magistrato, il quale incarica poi, a parte, un consulente balistico che li esamina e deduce le caratteristiche precise di questi reperti.
PRESIDENTE. Lei ha fatto un'affermazione che Farneti ha contraddetto radicalmente, quando è venuto in questa sede. Lei ha detto che un proiettile sparato a contatto da un'arma corta, dovendo attraversare anche superfici solide e dure, poteva essere scamiciato. Il dottor Farneti ci ha detto in maniera assolutamente risoluta che un proiettile sparato a bruciapelo non può perdere la camiciatura. Io prendo atto di questa diversità.
GIULIO SACCHETTI. Se vuole una risposta tecnica ...
PRESIDENTE. No, prendo atto che c'è una diversità tecnica notevole.
GIULIO SACCHETTI. La risposta tecnica è che Farneti non è un medico legale.
PRESIDENTE. E lei non è un perito balistico.
GIULIO SACCHETTI. Io mi intendo un po' di balistica. Mi sono occupato di lesività di armi da fuoco per tanti anni; mi sono fatto le ossa negli anni di piombo e ne ho viste tante.
ROSY BINDI. Doveva vedere che quello era un kalashnikov.
GIULIO SACCHETTI. Onorevole, le assicuro che non si poteva vedere.
In assoluto non è vero quello che dice Farneti, perché esistono un'infinità di tipologie di proiettili. Basti pensare ad un proiettile di pistola, che per lo stesso calibro può essere totalmente camiciato, parzialmente camiciato o del tutto scamiciato. Quindi, al contatto con l'osso i proiettili si frammentano; non è vero che fuoriescono tali e quali. Se è totalmente mantellato, può anche fuoriuscire integro, ma se è parzialmente mantellato, se è inciso sulla punta o se c'è qualche cosa di diverso su questo proiettile ...
PRESIDENTE. Essendo stata trovata la camiciatura del proiettile, lui dice che questo proiettile era integralmente camiciato.
GIULIO SACCHETTI. Quando era integralmente camiciato? Quando è entrato nel cranio o prima di entrare nel cranio?
GIULIO SACCHETTI. Come fa allora la camiciatura ad entrare nel cranio, se si è scamiciato prima? Questo Farneti dovrebbe spiegarcelo. I frammenti di camiciatura che sono stati trovati all'interno del cranio ...
PRESIDENTE. I frammenti, non la camiciatura che è stata trovata a parte.
Capisco che vi è una forzatura nel trarre una conclusione, però mi viene da farla, anche se so benissimo che lei non può accettarla. La sua convinzione, che fu così netta, così chiara - e lei ci ha spiegato perché, ha parlato addirittura di semplicità - non può avere spinto il dottor De Gasperis, che era lì presente, a non ampliare il mandato? Stiamo cercando il mandato, ma sembra che non ci sia, sembra che ci sia un mandato verbale. Non esiste un mandato formale ...
GIULIO SACCHETTI. Essendo presente il magistrato.
PRESIDENTE. Lui era lì e, quindi, stavate facendo una cosa insieme. Lei dice: è una cosa semplice, è questa cosa che dico io. Lei può pensare di non aver influenzato il magistrato?
GIULIO SACCHETTI. No, non lo posso pensare. Ho fatto una diagnosi, che il magistrato ha ritenuto esaustiva. Se non sbaglio, vi era anche la necessità di procedere rapidamente ai funerali.
PRESIDENTE. Abbiamo già detto che questo non giustifica assolutamente la mancanza dell'autopsia, che poteva essere fatta dopo.
GIULIO SACCHETTI. Non giustifica nulla, però c'era questa esigenza.
GIULIO SACCHETTI. Però indubbiamente il magistrato, sulla base della mia diagnosi ...
PRESIDENTE. Nel mandato si parla di «accertamenti medico-legali». De Gasperis dice che bisogna fare degli accertamenti medico-legali e lo comunica al dirigente della squadra mobile della questura di Roma, il quale poi parla con lei?
GIULIO SACCHETTI. Non ricordo, ho parlato con tante persone in quel momento.
PRESIDENTE. Lei era di turno e, quindi, avrà ricevuto una comunicazione ufficiale, formale?
GIULIO SACCHETTI. Sì, mi è stato chiesto di fare questa cosa.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Tuccillo.
DOMENICO TUCCILLO. La mia è una curiosità che mi è sorta sentendo come lei ha risposto alla domanda posta dalla collega Bianchi Clerici, riguardante il fatto che nell'esame del cadavere lei giustamente non tiene conto se viene con l'aereo di Stato o in altro modo.
Vista la risposta che ha dato, vorrei chiederle se avesse consapevolezza della delicatezza e della particolare importanza del caso in questione, relativo al soggetto Ilaria Alpi, alle modalità con cui era avvenuto questo omicidio, alla risonanza a cui esso comunque aveva dato esito, cioè che non si trattasse di un caso di ordinaria amministrazione, ma di un fatto che richiedeva da parte di chi aveva il compito di approfondire l'analisi una consapevolezza in più, una maggiore attenzione da portare al caso per il valore intrinseco che il caso in sé stesso aveva.
Nel momento in cui andò a fare l'esame, aveva o meno questa consapevolezza? A questo punto, è quasi una mia curiosità per capire il tipo di approccio ad un caso del genere.
GIULIO SACCHETTI. Onorevole, le ripeto che per noi i cadaveri sono tutti uguali.
DOMENICO TUCCILLO. Questo lo abbiamo capito.
GIULIO SACCHETTI. Non esiste un cadavere al quale poniamo più attenzione e quello al quale poniamo meno attenzione. Sotto il profilo tecnico, sono tutti uguali. Sapevo benissimo che si trattava di una giornalista uccisa all'estero.
DOMENICO TUCCILLO. Non è che avesse titolo, in quanto giornalista uccisa all'estero, ma sui mezzi di comunicazione e attraverso le indagini del magistrato si ipotizzava che non si trattasse di un caso di ordinaria amministrazione, non perché fosse una persona particolarmente titolata ad avere attenzione, ma perché il caso in sé, il fatto intrinseco richiedeva una particolare e specifica attenzione in quanto attraverso l'indagine che vi accingevate a fare si poteva ricavare se dietro quella morte vi fosse un percorso di tipo accidentale oppure uno di tipo completamente diverso.
All'esame che voi facevate era affidato molto rispetto a questa capacità di chiarificazione di un problema, che non era solo individuale, della persona che in quel momento ci aveva rimesso la vita, ma poteva fare riferimento ad un complesso di situazioni molto delicate ed importanti, che richiedevano una particolare attenzione.
GIULIO SACCHETTI. Io non conosco le indagini a cui lei fa riferimento, nel senso che la prima indagine fatta forse è stata proprio la mia. Il magistrato non aveva un fascicolo di atti di polizia giudiziaria relativo alle modalità di questo omicidio; io non ne sapevo niente, non so se ne sapesse qualcosa lui.
DOMENICO TUCCILLO. Mi scusi, il magistrato, quindi, non le aveva comunicato nulla?
GIULIO SACCHETTI. Mi aveva detto soltanto che si trattava di una giornalista italiana uccisa in Somalia.
In riferimento alla sua osservazione, devo però precisare che nella seconda autopsia, quando facemmo l'esumazione, evidenziammo radiograficamente dei reperti radiografici importanti, costituiti da frammenti metallici relativi alla camiciatura di proiettile, che rinvenimmo all'interno del capo. Noi rinvenimmo dei piccoli frammenti metallici ed un grosso frammento, che per il suo aspetto poteva attribuirsi a camicia di proiettile unico. Quindi, nel capo del cadavere rinvenimmo un grosso frammento attribuibile a camicia di proiettile unico.
Le mie impressioni possono essere più o meno condivise, ma se un proiettile si scamicia - questo in corte d'assise fu anche oggetto di dibattimento e penso che mi discostai dagli altri periti in quella sede -, se un proiettile attinge una struttura solida e attraversandola si scamicia, perde la camiciatura, non si capisce come un frammento grosso di camiciatura possa finire dentro al cranio.
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo. Infatti, il professore Pascali dice che non è un pezzo di camiciatura, bensì un pezzo di lamiera.
GIULIO SACCHETTI. Anche in quel caso, come fa un pezzo di lamiera... A questo punto di quello che dice il professor Pascali... A me interessa, sotto il profilo professionale, poter dimostrare che è assolutamente impossibile che un proiettile che attraversa una lamiera ne trascini un pezzo nello stesso foro d'ingresso, delle dimensioni di circa nove millimetri, e possa portare un pezzo di lamiera dentro al capo. Questo è un mistero che qualche esperto balistico deve chiarire a me per primo.
Siccome faccio questo mestiere e mi occupo di morti ammazzati da una vita, sostengo che è matematicamente impossibile che un proiettile nel suo attraversare una struttura ne inglobi una parte e la trascini dentro insieme al nucleo. Questo è da cartone animato.
PRESIDENTE. Il dottor De Giorgio è qui per questo.
GIULIO SACCHETTI. Ce lo dovrebbe spiegare. Vorrei sentirlo anch'io, se fosse possibile, per capire, perché questa cosa non l'ho mai capita, anche se poi in corte d'assise ne abbiamo parlato e credo di essermi discostato da questa teoria. Per questo però vorrei vedere gli atti della corte, sulla base delle trascrizioni.
ROSY BINDI. Presidente, sarà necessario un confronto tra periti. Ho guardato velocemente la testimonianza del dottor Sacchetti, in corte d'assise. C'è una persona in prigione per questa cosa; vorrei che non ci dimenticassimo che c'è qualcuno che è stato ammazzato e qualcuno che è in prigione.
In quella circostanza, in effetti, il dottor Sacchetti ha continuato a dire che, secondo lui, il colpo è stato sparato a contatto, al punto tale che addirittura lei sembra sostenere che ci sarebbe un colpo che ha preso le mani ed un colpo a contatto.
ROSY BINDI. Nel frattempo, però, lei aveva firmato l'altra perizia.
GIULIO SACCHETTI. Sì, onorevole, però le ho detto che ho firmato quella perizia con quella riserva, dicendo che, per quanto acclarato dal dottor Farneti, si trattava di un kalashnikov. Io non ho mai detto che era un proiettile di kalashnikov; l'ha affermato il perito balistico.
PRESIDENTE. Quindi, abbiamo chiarito quanto detto dal professor Sacchetti, ma lo non abbiamo chiarito in contraddittorio rispetto alla perizia del professor Pascali.
GIULIO SACCHETTI. Non conosco la tesi di Pascali. Sono disponibile ad ogni confronto, ma voglio guardare gli atti.
PRESIDENTE. Io ritengo che ognuno si debba assumere le sue responsabilità.
GIULIO SACCHETTI. Io me le assumo.
PRESIDENTE. Lei si assume le sue come se le assumerà il professor Pascali.
Ringrazio il dottor Sacchetti per la sua deposizione ed il dottor De Giorgio per la sua presenza. Dichiaro concluso l'esame testimoniale.
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