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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame testimoniale di Luigi Simeone.
Dottor Simeone, lei è chiamato a rendere dichiarazioni dinanzi alla Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin nella veste di testimone e quindi ho l'obbligo di avvertirla che, per eventuali dichiarazioni che non volesse rendere o non corrispondenti al vero, ci sono precise responsabilità penali, che le ricordo solo per dovere d'ufficio. Le raccomando quindi la massima attenzione e il massimo sforzo di memoria.
La prego di declinare le sue generalità.
LUIGI SIMEONE. Mi chiamo Luigi Simeone, sono nato a Roma il 16 novembre 1958 e risiedo qui a Roma.
PRESIDENTE. Che attività svolge?
LUIGI SIMEONE. In questo momento lavoro presso un organismo internazionale, il programma alimentare mondiale, World food program, in qualità di consulente.
PRESIDENTE. Dove opera in questo momento?
LUIGI SIMEONE. Qui a Roma, nella sede centrale, e mi occupo di gestione di data base, di costruzione di mappe, utilizzando computer e software specifici.
PRESIDENTE. Lei conosce Casamenti?
LUIGI SIMEONE. Sì, perché stava con noi a Bosaso durante il periodo in cui lavoravo con Africa 70.
PRESIDENTE. E all'epoca in cui fu uccisa Ilaria Alpi?
LUIGI SIMEONE. In quel periodo non mi trovavo a Bosaso ma ero a Gibuti, perché dopo un periodo di permanenza a Bosaso ci recavamo a Gibuti per fare le cose che a Bosaso non potevamo fare, come telefonare a casa, perché non vi erano telefoni, e poi anche perché avevo bisogno di acquisire dati per elaborare un progetto che doveva essere il proseguimento di quello d'emergenza nel quale operavo.
PRESIDENTE. Quando è andato a Bosaso?
LUIGI SIMEONE. Il giorno esatto dell'arrivo a Bosaso non lo ricordo, ma era nel 1993, mi sembra a settembre, ma non ne sono sicuro. Sono trascorsi tanti anni.
PRESIDENTE. Che faceva a Bosaso?
LUIGI SIMEONE. Si trattava di un progetto multigestionale gestito da Africa 70, con la quale lavoravo; esattamente ora non ricordo quale fosse la struttura, ma era un progetto che aveva varie finalità. Era un progetto d'emergenza, con una parte veterinaria, una idrogeologica ed una medica; data la mia esperienza nel settore, essendo un idrogeologo, mi occupavo della parte idrogeologica ed idraulica.
PRESIDENTE. Tutto questo per incarico del Ministero degli affari esteri?
LUIGI SIMEONE. No. Avevo un incarico con Africa 70; come figura ero un cooperante.
PRESIDENTE. Africa 70 era un'organizzazione non governativa che operava in accordo e per effetto di accordi con il Ministero degli affari esteri?
LUIGI SIMEONE. Sì. Io avevo un contratto registrato.
PRESIDENTE. Lei aveva un contratto con Africa 70?
LUIGI SIMEONE. Sì. Penso sia stato un contratto regolato da una legge dello Stato, ma non ne sono sicuro, comunque...
PRESIDENTE. Però discendeva dal rapporto di Africa 70 con il Ministero degli affari esteri per la cooperazione.
LUIGI SIMEONE. Sì, anche se di fatto io con la cooperazione non avevo alcun tipo di rapporto. Io mi riferivo al mio capoprogetto.
PRESIDENTE. Chi teneva i rapporti con la cooperazione?
LUIGI SIMEONE. Probabilmente il responsabile del progetto.
LUIGI SIMEONE. Il capoprogetto era Enrico Fregonara, però lui lavorava con noi.
PRESIDENTE. Questo era il suo primo incarico, la prima attività che svolgeva nel settore della cooperazione, oppure se n'era interessato ad altro titolo o sempre per cooperazione?
LUIGI SIMEONE. Di fatto io non ho mai lavorato direttamente con la cooperazione allo sviluppo, ma ho sempre lavorato con organismi non governativi. Sì, avevo altre esperienze passate, in altri paesi, non in Somalia.
PRESIDENTE. E Africa 70 che cosa era, secondo le sue conoscenze? Era un'organizzazione non governativa o no?
LUIGI SIMEONE. Sì, era un'organizzazione non governativa. Fra l'altro devo dire che nel periodo in cui stavamo a Bosaso, pur in una situazione di estrema difficoltà a causa dell'instabilità politica, stando alla mia percezione Africa 70 era molto benvoluta dalla popolazione locale, tant'è vero che all'ultimo, come gesto di riconoscenza, ci è stata regalata una maglietta con la scritta «Africa 70» dalle persone che usufruivano delle nostre attività di aiuto umanitario.
PRESIDENTE. Lei ora non lavora più per Africa 70.
LUIGI SIMEONE. No. Dopo l'esperienza della Somalia sono tornato in Italia, perché volevo lavorare qui, tant'è vero che ho cambiato anche un po' settore, in quanto ho lavorato in un'altra direzione a Roma, anche se poi ho effettuato delle missioni per altri organismi.
PRESIDENTE. Africa 70 lavorava soltanto con il Ministero degli affari esteri, oppure aveva anche altri rapporti relativi alla cooperazione o comunque agli interventi che facevano parte delle sue finalità statutarie?
LUIGI SIMEONE. Guardi, questo non lo so. Alla sede di Africa 70 in Italia mi sono recato solo un giorno per firmare il mio contratto, e quindi non so.
PRESIDENTE. Attualmente per quali paesi lavora, qui in Italia?
LUIGI SIMEONE. Noi ci occupiamo del monitoraggio di tutti i paesi del mondo. Si tratta di una specie di protezione civile internazionale.
PRESIDENTE. Voi lavorate ora per tutti i paesi del mondo?
LUIGI SIMEONE. Il World food program è un organismo delle Nazioni unite che si occupa di aiuti alimentari d'emergenza, per cui in generale monitoriamo tutti i paesi che sotto l'emergenza possono soffrire delle crisi alimentari. Ovviamente s'intendono emergenze di tipo naturale, derivanti da siccità oppure instabilità che possono portare ad una crisi alimentare,
per cui il programma deve intervenire. Noi forniamo un early warning, per usare un termine inglese.
PRESIDENTE. Quando ha lasciato la Somalia?
LUIGI SIMEONE. Non ricordo esattamente, perché sono passati molti anni; mi sembra nel 1994. Sì, era il 1994.
PRESIDENTE. E in Somalia la sua residenza, la sua dimora, è stata sempre Bosaso?
LUIGI SIMEONE. Sì, come residenza sempre a Bosaso, poi ci spostavamo a Gibuti anche per effettuare degli acquisti; una volta ho comprato dei tubi per l'acqua, in quanto dovevamo fare degli interventi su alcuni pozzi e rimettere a posto l'acquedotto; poiché a Bosaso questo materiale non c'era, dovevamo farlo giungere da Gibuti.
PRESIDENTE. Lei andò via da Bosaso perché il suo compito era terminato o perché Africa 70 aveva deciso di concludere?
LUIGI SIMEONE. No. Il contratto era terminato.
PRESIDENTE. E lei è rimasto a Bosaso per conto suo?
PRESIDENTE. Lei allora è andato via perché si è concluso il contratto.
PRESIDENTE. Lei ha conosciuto Ilaria e Miran?
LUIGI SIMEONE. No, non li ho conosciuti, perché quando loro erano a Bosaso io stavo a Gibuti. Non c'ero.
PRESIDENTE. Non li ha mai incontrati?
LUIGI SIMEONE. No, assolutamente.
PRESIDENTE. Nel marzo 1994 lei si trovava a Bosaso o no?
LUIGI SIMEONE. Quando è avvenuto il delitto io stavo non in Somalia ma a Gibuti. Non c'ero. Ho appreso la notizia dalla BBC, se non erro, che tra l'altro ha dato la notizia in modo generico, dicendo solo che erano stati uccisi dei giornalisti.
PRESIDENTE. Quindi, come e da chi ha saputo che erano stati uccisi dei giornalisti?
LUIGI SIMEONE. L'ho saputo dalla BBC, almeno mi sembra.
PRESIDENTE. L'ha saputo direttamente, perché ha sentito la BBC, oppure perché qualcuno le ha detto di aver sentito la BBC?
LUIGI SIMEONE. Io ho sentito la BBC, il World service, che ascoltavamo sempre - ovviamente eravamo interessati a quello che accadeva in Somalia - che riportava la notizia dell'omicidio di due giornalisti italiani, ma senza dirne i nomi, che ho appreso una volta tornato in Italia.
PRESIDENTE. Cosa sa sulla permanenza di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin in Somalia, in particolare a Bosaso, quanto a tempi del loro arrivo e della loro partenza, che poi non è avvenuta? Non sa assolutamente nulla?
PRESIDENTE. Non dico per conoscenza diretta ma per esserle stato rappresentato. Lei conosceva Fregonara?
PRESIDENTE. Per esempio, per esserle stato rappresentato da Fregonara, lei ha mai saputo niente?
PRESIDENTE. Ignora qualsiasi cosa circa l'arrivo di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, la loro permanenza, la ragione della presenza in Somalia e, in particolare, per quel che ci interessa in questo momento, a Bosaso, ai programmi concernenti questa loro trasferta in relazione sia alle cose da fare sia all'epoca del ritorno in Italia?
LUIGI SIMEONE. In quel periodo ero a Gibuti e mi sono fermato per più tempo del previsto, in quanto dovevo scrivere il progetto sulla idrogeologia. Era molto difficile collegarsi con Bosaso; noi avevamo un contatto radio che funzionava molto male e quando riuscivamo a parlare dicevamo «tutto bene» e basta. Ricordo che non sapevo nemmeno che avevamo degli ospiti a Bosaso.
PRESIDENTE. E Fregonara non le ha mai detto niente, pensando per esempio - facendo un'ipotesi, che poi verificheremo e che in parte abbiamo già verificato -, che dal 16 al 20 marzo Ilaria e Miran siano stati ospiti di Fregonara stesso? In questi quattro giorni ha mai saputo niente? Fregonara o altri le hanno mai detto niente, o successivamente ha avuto da loro qualche notizia?
LUIGI SIMEONE. Lo escludo assolutamente. Non ho avuto alcun tipo di informazione o di notizia. Non sapevo nemmeno che ci fossero delle persone.
PRESIDENTE. Conosce il sultano di Bosaso?
LUIGI SIMEONE. No. L'ho visto in televisione dopo anni, in un servizio del telegiornale. Non ricordo bene.
PRESIDENTE. L'ha mai conosciuto?
LUIGI SIMEONE. No, perché il tipo di lavoro che svolgevo a Bosaso era molto tecnico, per cui non mi occupavo di intrattenere rapporti di alcun tipo che non fossero di tipo tecnico, ed ovviamente quella non era il genere di persona con la quale mi rapportavo.
PRESIDENTE. Ha mai saputo di un'intervista che Ilaria Alpi avrebbe fatto al sultano di Bosaso?
LUIGI SIMEONE. L'ho saputo da un'intervista della televisione italiana, dopo parecchi anni, ma non ricordo in che programma. Sono venuto a saperlo così.
PRESIDENTE. Chi era questo sultano di Bosaso?
LUIGI SIMEONE. Non ne ho la minima idea, non l'ho mai conosciuto.
PRESIDENTE. Se ne parlava a Bosaso? Si diceva chi fosse, che cosa facesse, di quale attività si interessasse?
LUIGI SIMEONE. No, le ripeto che i rapporti che avevo erano principalmente con i rappresentanti delle comunità, che erano le persone con cui poi decidevo dove fare l'intervento umanitario, come per esempio un pozzo.
PRESIDENTE. Quindi, non sa nulla.
PRESIDENTE. Lei è stato sentito altre volte da qualcuno sulla vicenda di Ilaria Alpi?
LUIGI SIMEONE. Sono stato interrogato dalla DIGOS come persona informata sui fatti, e poi sono stato chiamato, mi sembra, ad un'udienza di un processo.
PRESIDENTE. Dove sostanzialmente non ha potuto dire nulla.
LUIGI SIMEONE. Ho detto le cose che sono riportate, ma ora non ricordo esattamente...
PRESIDENTE. Senta, conosce Maria Colombano?
LUIGI SIMEONE. Maria Colombano era la nostra...
PRESIDENTE. Lavorava con voi per Africa 70?
LUIGI SIMEONE. In questo momento non ricordo; forse era la persona che lavorava con Gabriella...
LUIGI SIMEONE. Io conoscevo Gabriella; Maria, no.
PRESIDENTE. Maria Gabriella Colombano, un'ostetrica.
LUIGI SIMEONE. Era un'infermiera... No, era un'ostetrica, si occupava...
LUIGI SIMEONE. Sì, eravamo colleghi, lavoravamo assieme: lei si occupava di un altro settore, facevamo cose diverse, ma lavoravamo nello stesso progetto.
PRESIDENTE. Senta, ha conosciuto la dottoressa Florence Morin?
LUIGI SIMEONE. Morin si occupava della parte veterinaria del progetto. Non so esattamente quale fosse la sua competenza, ma si occupava del settore zootecnico.
PRESIDENTE. Ed era sempre presente sul posto, a Bosaso?
LUIGI SIMEONE. Lei stava a Bosaso. Adesso non so quando...
PRESIDENTE. Anche Gabriella stava a Bosaso, no?
LUIGI SIMEONE. Sì, stavamo insieme, però non so dirle esattamente i giorni.
PRESIDENTE. Eravate nello staff?
LUIGI SIMEONE. Sì, eravamo lo staff.
PRESIDENTE. Conoscevate Alda Rossini?
LUIGI SIMEONE. Alda Rossini si occupava dell'amministrazione del programma, però risiedeva soprattutto a Gibuti; infatti, poteva svolgere il lavoro da lì, anche perché c'era bisogno di stare in contatto con Milano per cose amministrative. A Bosaso non c'erano collegamenti.
PRESIDENTE. Casamenti che faceva a Bosaso? Che compiti aveva?
LUIGI SIMEONE. Casamenti si occupava della parte logistica per l'ospedale, ma non ne sono sicuro.
PRESIDENTE. Lei aveva rapporti con Casamenti?
PRESIDENTE. Non particolari...
LUIGI SIMEONE. Yusuf Beri-Beri è una persona che ci ha aiutato, almeno per quel che riguardava il mio progetto, a stabilire contatti con le comunità per fare gli interventi - nel mio caso idrici - che venivano richiesti.
PRESIDENTE. Che tipo di collaborazione vi prestava?
LUIGI SIMEONE. Faceva soprattutto il traduttore. Qualche volta, forse un paio di volte, è venuto con me presso qualche villaggio per tradurre; era un po' l'interfaccia con le comunità locali. Tra l'altro l'inglese in quelle zone non era molto conosciuto, e quindi ci aiutava soprattutto a mantenere i rapporti con le comunità.
LUIGI SIMEONE. Questo non lo so.
PRESIDENTE. Lo sa che aveva un'abitazione a Bologna?
LUIGI SIMEONE. Lui parlava molto bene l'italiano ed aveva anche un accento...
LUIGI SIMEONE. Sì. Non sono esperto di dialetti italiani, ma era un accento nordico. Non so se abitasse a Bologna o in altre parti.
PRESIDENTE. Non ha mai saputo che abitasse a Bologna?
LUIGI SIMEONE. Non sapevo che stesse a Bologna. Sapevo che era stato in Italia, al nord, ma non ricordo esattamente.
PRESIDENTE. C'era qualcun altro che aveva rapporti con Bologna: lei ha conosciuto l'ingegner Omar Mugne?
LUIGI SIMEONE. No. Questo nome non mi dice nulla.
PRESIDENTE. Né qualcuno le ha mai parlato di questa persona in riferimento a talune attività riguardanti la cooperazione?
LUIGI SIMEONE. No, assolutamente. È la prima volta che sento questo nome.
PRESIDENTE. Lei sa cos'era il Fronte democratico per la salvezza della Somalia?
PRESIDENTE. Non ricorda di alcune interferenze di questo Fronte con Africa 70, in particolare di un'intimazione o intimidazione che vi è stata fatta «raccomandandovi» di abbandonare Bosaso?
LUIGI SIMEONE. Adesso ricordo, però non so se fosse questo Fronte; ricordo che c'è stata un'evacuazione per motivi di sicurezza, perché la sicurezza generale non era garantita, però sinceramente non ricordo se fosse questo Fronte. È passato tanto tempo.
PRESIDENTE. Ci ricordi il fatto.
LUIGI SIMEONE. Cerco di ricostruirlo: ricordo che abbiamo ricevuto una lettera...
PRESIDENTE. Esatto, una lettera. L'epoca se la ricorda?
LUIGI SIMEONE. Non ricordo esattamente.
PRESIDENTE. Il 1994 o il 1993?
LUIGI SIMEONE. Mi sembra 1994, però potrei sbagliare. Potrebbe essere l'inizio del 1994, ma non ne sono sicuro. Si trattava, mi pare, di una lettera abbastanza stringata, in cui ci sono state mosse delle accuse, ma non ricordo esattamente quali fossero.
PRESIDENTE. Ricorda se riguardassero una questione di pesca e di pescherecci utilizzati nella zona?
LUIGI SIMEONE. Faccio molta fatica, non ricordo esattamente.
PRESIDENTE. Era arrivata questa lettera e c'era stata questa intimazione: a questa intimazione che cosa ha fatto seguito, come vostro comportamento?
LUIGI SIMEONE. Mi sembra che sia stata mandata una lettera di risposta in cui si negavano queste accuse.
PRESIDENTE. Però vi siete allontanati.
LUIGI SIMEONE. Adesso non ricordo. Mi sembra che il progetto rimase...
PRESIDENTE. Sì, ma per un certo periodo non vi siete allontanati da Bosaso?
LUIGI SIMEONE. Io in particolare mi sono allontanato perché dovevo andare, però non ricordo se fosse in funzione di quel caso....
PRESIDENTE. Però si ricorda di questo allontanamento. È stato solo suo o anche di altri della comunità?
LUIGI SIMEONE. Non ricordo esattamente.
PRESIDENTE. Beh, se tutti quanti sono andati via...
LUIGI SIMEONE. Mi sembra tutti quanti, però faccio fatica a ricordare.
PRESIDENTE. L'importante è riflettere. Quindi, ricorda quest'evacuazione.
PRESIDENTE. Io ho insistito perché lei ha parlato di evacuazione.
PRESIDENTE. L'evacuazione riguarda una pluralità di soggetti ed è un fatto che non può non essere ricordato nella vita di ciascuno di noi.
PRESIDENTE. E siete andati a Gibuti?
PRESIDENTE. E poi siete tornati?
LUIGI SIMEONE. Io non sono tornato, perché mi sono occupato di scrivere questo progetto.
PRESIDENTE. Gli altri sono tornati?
LUIGI SIMEONE. Mi sembra di sì.
PRESIDENTE. Sulle causali, lei ricorda anzitutto se questa ragione fosse o meno enunciata nella lettera minatoria che vi è arrivata?
LUIGI SIMEONE. Non lo ricordo.
PRESIDENTE. Se le parlo di pescherecci, questioni di pesca, cui era collegata questa lettera, le ricordo qualcosa di utile perché ci possa ragguagliare di qualche altra particolarità?
LUIGI SIMEONE. Io ho paura di confondere le cose che ho sentito dopo, magari in televisione, con quelle che ho visto lì, e non mi sento quindi di dire una cosa con sicurezza. Mi sembra ci fossero problemi legati alla pesca, ma non vorrei...
PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare della Federpesca come interlocutrice del Fronte democratico, che in somalo è noto con la sigla SSDF?
LUIGI SIMEONE. No. Io ricordo che c'è stata una specie di manifestazione a Bosaso per la pesca in generale, ma non ricordo alcun tipo di sigla.
PRESIDENTE. Ha mai sentito nominare la Shifco?
PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare di un peschereccio che è stato «sequestrato», ovviamente in modo non legittimo, nel porto di Bosaso?
LUIGI SIMEONE. No. Fra l'altro il porto era una zona un po' off limits; noi non ci andavamo perché la sicurezza non era garantita.
PRESIDENTE. In che senso? Il porto era governato dal sultano?
LUIGI SIMEONE. Non so da chi fosse governato.
PRESIDENTE. Perché non era garantita la sicurezza?
LUIGI SIMEONE. Perché la zona del porto non era... Non ci andavamo. Io almeno non ci sono mai andato, anche perché non avevo bisogno di andarci in quanto il mio lavoro si svolgeva più nell'entroterra.
PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare di un peschereccio Falomar?
LUIGI SIMEONE. Assolutamente no.
PRESIDENTE. Lei prima mi ha detto di aver saputo dell'uccisione di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin mentre era a Bosaso. Dico bene?
LUIGI SIMEONE. No. Io ho saputo dell'uccisione di due giornalisti italiani mentre stavo a Gibuti, mi sembra dalla BBC, da una radio internazionale.
PRESIDENTE. Non dagli altri, da Fregonara e Casamenti.
LUIGI SIMEONE. No, assolutamente.
PRESIDENTE. Lo ha saputo così.
PRESIDENTE. A parte la BBC, avevate telefoni o radio?
LUIGI SIMEONE. Avevamo una radio, ma funzionava male, perché era lontano. Le comunicazioni erano un po' difficili.
PRESIDENTE. E quando ricevette questa comunicazione? La mattina, il pomeriggio, la sera, la notte? Comunque lo stesso giorno dell'omicidio?
LUIGI SIMEONE. Non ricordo se fosse lo stesso giorno.
PRESIDENTE. Ha mai sentito nominare Giancarlo Marocchino?
PRESIDENTE. Non ha mai sentito parlare di Marocchino?
LUIGI SIMEONE. No. Cioè, aspetti, ho sentito parlare di questo Marocchino in televisione qui in Italia, ma mai lì.
PRESIDENTE. Ha mai saputo della presenza a Bosaso di persone appartenenti ai nostri Servizi, in particolare al SISMI?
LUIGI SIMEONE. Assolutamente mai.
PRESIDENTE. E chi vi garantiva la sicurezza?
LUIGI SIMEONE. Poco dopo il mio arrivo sono venuti dei soldati americani a garantire, per conto delle Nazioni Unite, mi sembra... Adesso non ricordo, comunque avevamo l'ufficio delle Nazioni Unite che si occupava della sicurezza.
PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare a quell'epoca di un personaggio che si faceva chiamare o che chiamavano «l'avvocato»?
PRESIDENTE. Ha mai sentito nominare Rajola Pescarini?
LUIGI SIMEONE. No, assolutamente.
PRESIDENTE. Ha sentito mai parlare del colonnello Pezzarini?
LUIGI SIMEONE. No. Guardi, il tipo di lavoro che svolgevo era tecnico, non interfacciavo con nessuno...
PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare di traffici illeciti a Bosaso?
PRESIDENTE. Ma lei stava dentro casa, chiuso a chiave?
LUIGI SIMEONE. A parte che ci muovevamo sempre... Spesso stavamo dentro casa perché non potevamo muoverci, per motivi...
PRESIDENTE. Ma questo significa non essere proprio usciti di casa, perché non sapere queste cose mi pare abbastanza...
LUIGI SIMEONE. No. Io le dico...
PRESIDENTE. Lei può non aver conosciuto personalmente - o magari può aver conosciuto senza sapere i nomi e i cognomi - molte delle persone che le ho indicato, a cominciare dall'ultima menzionata, Rajola Pescarini.
PRESIDENTE. Quanto tempo è stato a Bosaso? Quattro o cinque mesi?
LUIGI SIMEONE. Sì, da settembre ad aprile.
PRESIDENTE. È stato sempre e soltanto a Bosaso, salvo qualche escursione a Gibuti.
LUIGI SIMEONE. Sì, andavamo a Gibuti.
PRESIDENTE. Quindi, per fare una domanda più generale, ha mai saputo che in Somalia si praticassero traffici illeciti di armi o di rifiuti tossici? Dunque Bosaso appartiene ad una particolarità della Somalia di cui lei non sa assolutamente niente. Ed allora perché ha parlato di pericolo per la sicurezza?
PRESIDENTE. Lei ha detto che al porto non si poteva andare perché era troppo pericoloso...
LUIGI SIMEONE. Perché dicevano che c'erano delle bande che non erano sotto controllo. Però io non me ne interessavo.
PRESIDENTE. Non si parlava di traffici che si esercitavano proprio al porto di Bosaso?
LUIGI SIMEONE. No, o almeno io non ne sono mai venuto a conoscenza. Io mi occupavo della parte tecnica, tant'è vero che il mio lavoro era solo quello di...
PRESIDENTE. Le risulta se a Bosaso, sempre al porto, siano arrivate o arrivassero navi che trasportavano aiuti alimentari?
PRESIDENTE. E in quelle occasioni ci andava o no?
LUIGI SIMEONE. No. So che è arrivata una nave di aiuti alimentari.
LUIGI SIMEONE. Da quello che dicevano, dall'Italia, forse da Reggio Emilia, ma non ne sono sicuro.
PRESIDENTE. Nel 1994 o nel 1993?
LUIGI SIMEONE. Non lo ricordo, però ricordo dell'arrivo di questa nave che trasportava aiuti alimentari.
PRESIDENTE. Si ricorda della strada Garoe-Bosaso?
LUIGI SIMEONE. Sì. Una strada asfaltata.
PRESIDENTE. Sa niente di questa strada, dell'asfaltatura o della sua costruzione?
LUIGI SIMEONE. No. Sembrava una strada di recente costruzione, sembrava nuova.
PRESIDENTE. Non sa nulla di possibili operazioni illecite?
PRESIDENTE. Né quanto a rifiuti tossici, né quanto - detto volgarmente - a tangenti?
LUIGI SIMEONE. Non ne so nulla.
PRESIDENTE. La storia dell'intimidazione fatta con la lettera, oltre ad essere nota a lei (mi pare che l'abbia ricordata anche Casamenti) era nota a tutti gli altri di Africa 70?
LUIGI SIMEONE. Penso di sì, perché siamo stati tutti...
PRESIDENTE. E al di fuori di Africa 70 non lo sapeva nessuno?
LUIGI SIMEONE. Questo non lo so.
PRESIDENTE. In quell'occasione anche Beri-Beri è venuto con voi?
LUIGI SIMEONE. Mi sembra di no, ma non ne sono sicuro.
PRESIDENTE. Che lei ricordi, a Gibuti non è venuto con voi. Chi rimase a Bosaso quando voi siete scappati? Qualcuno è rimasto?
LUIGI SIMEONE. Mi sembra di no.
PRESIDENTE. Lei mi ha detto che della partenza di Ilaria non sa assolutamente nulla, né del giorno, né delle modalità.
LUIGI SIMEONE. Sono venuto a sapere di questa notizia generica dalla radio, non hanno detto i nomi ma hanno solo detto quello che era successo, che c'era stato un agguato in cui erano morti dei giornalisti italiani.
PRESIDENTE. Lei conosce un tale Giuseppe Cammisa, detto Jupiter?
PRESIDENTE. Cardella l'ha mai sentito nominare?
LUIGI SIMEONE. No, assolutamente.
PRESIDENTE. La comunità Saman l'ha mai sentita nominare?
LUIGI SIMEONE. Assolutamente no.
PRESIDENTE. Ha sentito mai parlare della società OIASA Company Limited?
PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare di una certa nave (che per la verità erano due) chiamata Garaventa?
PRESIDENTE. Grazie.
Do ora la parola ai colleghi per le domande.
ROSY BINDI. Presidente, se non ricordo male noi abbiamo deciso di sentire il dottor Simeone perché era stato chiamato in causa da Casamenti, il quale ha detto che era a Bosaso. C'è questa contraddizione.
PRESIDENTE. Dottor Simeone, le viene contestato che Casamenti in questa sede ha dichiarato che il 20 marzo 1994, giorno in cui, come lei sa, sono stati uccisi Ilaria e Miran, lei era presente a Bosaso, nella sede di Africa 70.
LUIGI SIMEONE. Guardi, non so come mai Casamenti abbia rilasciato questa dichiarazione, ma io ero a Gibuti e stavo scrivendo questo progetto. L'ho anche dichiarato e probabilmente ci sono altri ex colleghi. Le posso assicurare che quando è avvenuto il fatto io ero a Gibuti. Non so per quale motivo...
PRESIDENTE. E Casamenti stava a Gibuti?
LUIGI SIMEONE. No, Casamenti non stava a Gibuti.
ROSY BINDI. Chi era con lei a Gibuti?
LUIGI SIMEONE. Mi pare che di Africa 70 ero solo io; forse c'era Alda Rossin, ma non ricordo bene. Io stavo a Gibuti.
ROSY BINDI. E quando è rientrato?
LUIGI SIMEONE. Io non sono più rientrato in Somalia; sono rimasto a Gibuti e poi sono tornato in Italia. Fra l'altro dovevo partecipare ad un concorso al Ministero degli affari esteri; sono tornato per parteciparvi e poi non sono più tornato.
ROSY BINDI. Casamenti quindi non era con lei. Non c'era mai stato. Non può essere che abbia confuso Gibuti con Bosaso?
LUIGI SIMEONE. Sicuramente io stavo a Gibuti, quando è avvenuto l'omicidio. Mi sembra che Casamenti fosse a Bosaso; sono passati tanti anni, ma sono quasi sicuro. Mi pare che io fossi da solo. Io rispondo di me, ed ero sicuramente a Gibuti.
PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Motta.
CARMEN MOTTA. Dottor Simeone, potrebbe dirci quando è rientrato a Bosaso da Gibuti?
LUIGI SIMEONE. Io non sono più rientrato a Bosaso. Poiché noi dividevamo l'ufficio con il COPI, che è un altro organismo non governativo, delle persone che erano lì mi hanno visto a Gibuti.
CARMEN MOTTA. Chi c'era con lei a Gibuti? Può darci qualche indicazione nominativa?
LUIGI SIMEONE. Adesso i nomi non li ricordo esattamente, però all'epoca c'erano delle persone del COPI che lavoravano con noi. C'erano altre persone con me.
PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Lavagnini.
ROBERTO LAVAGNINI. Le chiedo scusa, dottor Simeone, ma che lei ricordi nella sua società, Africa 70, vi era qualcuno che annotava gli spostamenti del personale, se i dipendenti rimanevano a Bosaso, se andavano a Gibuti, se si recavano a Mogadiscio, se rientravano?
ROBERTO LAVAGNINI. Eravate tutti indipendenti?
LUIGI SIMEONE. No, non eravamo indipendenti. Ci spostavamo con l'aereo messo a disposizione...
ROBERTO LAVAGNINI. Dalla società?
LUIGI SIMEONE. No, dalle Nazioni Unite, mi sembra, o dalla Comunità europea, ora non ricordo. Dovevamo riempire un foglio con i nostri dati, però spesso accadeva che ci si recava all'aeroporto di corsa perché l'aereo arrivava... Non era un servizio regolare; a volte il volo veniva cancellato. Noi controllavamo l'aereo, sentivamo quando arrivava, e in base ai nostri turni andavamo all'aeroporto, prendevamo l'aereo e andavamo a Gibuti. Però non c'era un servizio formale. C'era ovviamente
una registrazione, in quanto dovevamo scrivere i nostri nomi, però lo facevamo presso l'ufficio delle Nazioni Unite, mi sembra.
ROBERTO LAVAGNINI. La ringrazio.
PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Deiana.
ELETTRA DEIANA. Dottor Simeone, tra coloro che sono stati evacuati a Gibuti e poi sono rientrati a Bosaso c'era il dottor Casamenti? Ricorda questo particolare?
LUIGI SIMEONE. Penso di sì, ma non ne sono sicuro. Non ricordo se anche lui è venuto con noi; mi sembra di sì, ma non ricordo esattamente. È passato molto tempo. Ricordo che tutti gli addetti al progetto sono stati evacuati.
ELETTRA DEIANA. Casamenti aveva un ruolo importante, non era uno qualsiasi. Non era il presidente?
LUIGI SIMEONE. No. Si occupava dell'ospedale. Non so nemmeno se fosse direttamente con Africa 70, ma non era il responsabile del nostro progetto. Ricordo che tutti siamo stati evacuati per Gibuti, e mi sembra che anche Casamenti sia venuto con noi.
ELETTRA DEIANA. E poi è rientrato a Bosaso, stando a quanto ricorda?
LUIGI SIMEONE. Mi sembra di sì, ma è passato tanto tempo. Non l'ho accompagnato sull'aereo.
ELETTRA DEIANA. Ricorda quando Casamenti è rientrato a Bosaso?
ELETTRA DEIANA. E con chi è rientrato?
LUIGI SIMEONE. Non lo ricordo.
PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Bianchi Clerici.
GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Dottor Simeone, se non ho capito male lei ha detto di aver appreso la notizia dell'uccisione di due giornalisti italiani da un servizio della BBC e ha anche detto che subito dopo è rientrato a Roma per partecipare ad un concorso al Ministero degli affari esteri. Qual è esattamente la successione del rientro?
LUIGI SIMEONE. Aspetti, forse ho sbagliato. Ricordo che sono rientrato a Roma per partecipare a questo concorso, però forse è stato prima. Non sono rientrato subito in Italia, dopo il fatto, sono stato ancora un po'. Sono tornato qui... Guardi, dovrei vedere il contratto, perché non ricordo esattamente quando sono tornato; mi sembra fosse maggio.
GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Con che frequenza riuscivate a sentire le notizie da una radio internazionale, come può essere la BBC?
LUIGI SIMEONE. La BBC è una radio che a Gibuti si sentiva bene, ad onde corte...
GIOVANNA BIANCHI CLERICI. E quanti notiziari venivano trasmessi quotidianamente dalla BBC, all'incirca?
LUIGI SIMEONE. Sicuramente la sera.
GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Voi lo sentivate la sera?
GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Quindi, lei ha appreso la notizia dei due giornalisti italiani e poi non ricorda di aver ascoltato un altro notiziario della BBC in cui è stato detto che i due giornalisti erano italiani, che uno di loro era una donna, fatto non molto frequente
allora (purtroppo accade ancora adesso) in zone di questo tipo? Non ricorda di aver sentito i nomi?
LUIGI SIMEONE. Ricordo sicuramente della notizia che è stata data da una radio internazionale, penso dalla BBC, però ricordo che non è stato detto il nome. È stata riportata la notizia di un agguato in cui c'erano state delle vittime, che erano morti dei giornalisti italiani, ma senza specificare né il nome né se si trattasse di uomini o donne. Mi sembra di averlo saputo telefonando in Italia, a mia madre; avevano dato la notizia in televisione. All'epoca non c'erano i telefonini e non c'era Internet, quindi era più facile avere notizie dall'Italia per telefono. Ricordo che da Gibuti si poteva telefonare in Italia, ed io ovviamente lo facevo; ho telefonato, ho parlato con mia madre, che mi ha detto di questo agguato a Mogadiscio, e mi sembra che mi abbia detto che era stata colpita una giornalista italiana.
GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Non conosco bene come ci si muova nel caso di operazioni di cooperazione con scopi umanitari, però mi sembra piuttosto insolito che, in una piccola comunità composta da pochissime persone, in una zona dove ci sono pericoli per l'incolumità fisica, dove mancano i beni materiali più indispensabili, voi non aveste creato un sistema di solidarietà tra colleghi, seppure impegnati in progetti diversi (lei si occupava della questioni idrauliche, altri degli ospedali e via dicendo). Mi pare un po' strano che non esistesse questa comunione di chi vive un'esperienza del genere in una zona così difficile, ma può essere che questo accada in tutti i progetti di cooperazione, non so. Glielo chiedo per avere un quadro di quello che accade.
LUIGI SIMEONE. Tra di noi c'era solidarietà, noi del progetto, tra me, Fiorenza, Gabriella, Enrico; vivevamo tutti insieme.
GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Intendo il fatto di interessarsi l'uno dell'altro, anche delle questioni più banali della vita quotidiana, dei pericoli che si potevano correre.
LUIGI SIMEONE. Quello senz'altro. Noi avevamo sempre a cuore quello che succedeva agli altri, c'era questo senso di protezione tra di noi. Se c'era un problema di sicurezza in una zona in cui dovevamo andare a fare un intervento, le informazioni ce le scambiavamo.
GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Che preparazione ricevete, prima di recarvi in un territorio del genere, sulla storia, sulla cultura, sulle problematiche sociali e sugli scopi umanitari per i quali venite mandati?
LUIGI SIMEONE. Non esisteva, all'epoca... Io avevo la mia esperienza di lavoro come volontario; ho seguito dei corsi negli anni precedenti; prima di fare il volontario ci hanno fatto dei corsi per lavorare in queste zone, ma non corsi formali.
GIOVANNA BIANCHI CLERICI. Mi scusi, mi sono spiegata male. A me sembra insolito che chi partecipa ad un'operazione di questo tipo non abbia, come mi pare di desumere dalle sue risposte, la curiosità intellettuale di conoscere il motivo per cui il paese è in quella situazione, le problematiche, le vicende politiche. Da come ha risposto - non è una critica, ma voglio capire - mi sembra che lei fosse là come in una campana di vetro in un paese che gli sta bruciando intorno, con l'unico scopo di curare le questioni idrauliche. Possibile che non vi scambiaste dati per cui alle domande precedenti del presidente su tutta una serie di situazioni - chi è il sultano di Bosaso, che cosa accadeva e via dicendo - lei ha risposto di non ricordare nulla?
LUIGI SIMEONE. Il discorso non è il fatto di ricordare; nell'ambito del progetto non mi occupavo di mantenere i rapporti con le autorità politiche della zona. Ho avuto grandi rapporti con i somali, tant'è vero che, come ho detto prima, la gente
che usufruiva dei nostri interventi ci ha regalato una maglietta, il che, dal nostro punto di vista, non significa nulla, ma dal loro, che avevano problemi anche per mangiare, non era così. Hanno raccolto i soldi e ci hanno regalato la maglietta con su scritto Africa 70; è stato un modo di manifestare gratitudine nei confronti del lavoro di base che noi svolgevamo, e di questo sono molto contento. I rapporti che avevo erano soprattutto con i villaggi, non con le autorità politiche che stavano sopra questo livello di base, perché il mio lavoro non richiedeva un intervento di questo tipo; io dovevo andare al villaggio, verificare la situazione idraulica, se ci fosse o meno un pozzo, se ci fosse una sorgente da mettere in protezione, controllare la qualità dell'acqua, se c'era. Questo era l'intervento che dovevamo fare, tanto che poi le informazioni che abbiamo attinto e gli interventi che abbiamo operato sono stati utilizzati per elaborare in seguito un progetto più strutturato, al quale non ho partecipato. C'era un legame con le comunità.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Lavagnini, vorrei fare un'osservazione: Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sono stati sicuramente il 16, 17, 18, 19 e il 20 mattina del mese di marzo a Bosaso, sempre da voi. A me sembra strano - tutto può succedere nella vita, per cui non ci si meraviglia più di niente - che, per quanto lei in quei giorni... Dove stava con precisione in quei giorni?
LUIGI SIMEONE. Ripeto, in quei giorni stavo a Gibuti.
PRESIDENTE. Ho capito, ma è mai possibile, proprio in riferimento alle domande che le ha posto l'onorevole Bianchi Clerici e per questi rapporti di protezione reciproca che avevate, che in quattro giorni e mezzo di permanenza nessuno tra voi ha comunicato per dire: ci sono qua due giornalisti che stiamo ospitando, c'è un programma non dico di lavoro ma di visite che è stato curato da Fregonara, da Casamenti, almeno per quel che sappiamo fino a questo momento? Lei ha ignorato qualsiasi circostanza.
LUIGI SIMEONE. Non sono stato assolutamente messo a conoscenza di questo, probabilmente perché non c'era nemmeno la richiesta. In quel periodo io mi sono occupato di scrivere questo progetto, e tra l'altro non ero io la persona che doveva tenere questi contatti.
PRESIDENTE. Era soltanto per sollecitare la sua memoria.
Onorevole Lavagnini, prego.
ROBERTO LAVAGNINI. Dottor Simeone, come geologo, per il lavoro che svolgeva per conto di Africa 70, dava a quest'organizzazione delle informazioni, stilava dei rapporti su quanto faceva, sugli eventuali scavi, sul progetto idraulico che stava seguendo? Ci sono progetti firmati da lei, con delle date, dai quali emerga se lei si trovava a Bosaso o a Gibuti? Ci sarà pure una traccia del lavoro che lei ha svolto in un anno in cui ha operato con Africa 70, o no?
LUIGI SIMEONE. Venivano elaborati dei rapporti di lavoro; io ho scritto anche il progetto, che poi è stato presentato. Ovviamente adesso non so la data esatta, però facevamo dei rapporti.
ROBERTO LAVAGNINI. Sui rapporti c'era anche la data, evidentemente.
LUIGI SIMEONE. Penso di sì. Sicuramente facevo dei rapporti tecnici al capoprogetto, Fregonara. Ora però non ricordo.
ROBERTO LAVAGNINI. Presidente, potremmo chiedere ad Africa 70 se abbia una documentazione relativa agli spostamenti del dottor Simeone, per sapere dove si trovava, se a Gibuti, a Bosaso o in altre località della Somalia, dove si recava a fare degli scavi.
PRESIDENTE. A me pare che la sollecitazione dell'onorevole Lavagnini sia più che pertinente. Approfittiamo della presenza del dottor Simeone per capire dove dovremmo rivolgerci per ottenere questa documentazione. Africa 70 ha una sede in Italia, a Roma? Se sì, dove? La società è sciolta?
LUIGI SIMEONE. Non so se sia sciolta, ma la sede era a Milano.
PRESIDENTE. Eventualmente lo chiederemo a Fregonara.
Do la parola all'onorevole Bertucci.
MAURIZIO BERTUCCI. Intanto vorrei fare i complimenti al dottor Simeone, in quanto non c'è molta gente in questo mondo che si sente gratificata dal regalo di una maglietta per ciò che fa.
Lei ha detto di essere tornato in Italia prima o dopo la morte di Ilaria Alpi?
MAURIZIO BERTUCCI. Ha detto di essere tornato per partecipare ad un concorso al Ministero degli affari esteri.
LUIGI SIMEONE. Mi sa che mi sono confuso, nel senso che sono tornato in Italia per fare un concorso, però forse questo è successo prima, e poi sono ritornato a Gibuti.
MAURIZIO BERTUCCI. Quando era in Somalia da chi ha saputo il giorno in cui si sarebbe svolto il concorso? Quando era stato indetto?
LUIGI SIMEONE. Si trattava di un concorso indetto molto tempo prima. Io mi tenevo in contatto via telefonica.
MAURIZIO BERTUCCI. Però è tornato in Italia dopo la morte di Ilaria Alpi.
LUIGI SIMEONE. Sono tornato in Italia dopo la morte di Ilaria Alpi; il concorso l'ho fatto prima che succedesse il fatto.
MAURIZIO BERTUCCI. Prima che succedesse il fatto?
MAURIZIO BERTUCCI. E lo ha fatto in Italia o in Somalia?
MAURIZIO BERTUCCI. E allora come è tornato dopo la morte di Ilaria Alpi in Italia, stando in Somalia?
LUIGI SIMEONE. Dunque, io sono andato in Italia, ho fatto il concorso, sono tornato in Somalia, poi è successo quello che è successo. Sono stato a Gibuti.
MAURIZIO BERTUCCI. Quindi, durante il periodo in cui Ilaria Alpi era in Somalia lei è ritornato in Italia a fare il concorso, e poi è tornato giù quando ancora Ilaria Alpi era viva. Non ricorda?
LUIGI SIMEONE. Non ricordo. Però ricordo che quando è successo il fatto stavo a Gibuti.
MAURIZIO BERTUCCI. Non a Bosaso?
PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, ringraziamo il dottor Simeone anche per quello che non ha potuto dire.
LUIGI SIMEONE. Io ho detto tutto quello che potevo. Buon lavoro a tutti.
PRESIDENTE. Anche a lei. Grazie. Dichiaro concluso l'esame testimoniale.
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