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Seduta del 5/5/2004


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Audizione del ministro plenipotenziario Laura Mirachian.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del ministro plenipotenziario Laura Mirachian.
Ministro, nel corso della sua carriera, quali incarichi ha ricoperto che hanno comportato, in tutto o in parte, un suo interesse istituzionale per le questioni relative ai Balcani?

LAURA MIRACHIAN. Ho trent'anni esatti di carriera e direi che tre più cinque li ho passati interessandomi dei Balcani, prima di andare a Belgrado, prima di essere ambasciatore, quando ero consigliere di legazione e consigliere di ambasciata e quindi al centro della mia carriera.

PRESIDENTE. Le leggo le note di cui disponiamo, affinché lei le possa correggere o confermare: il ministro plenipotenziario Laura Mirachian risulta essere stata dal 1992 al 1995 primo consigliere a Belgrado e dal 1995 al 1998 capo dell'ufficio per i paesi balcanici dell'Europa centrale della direzione generale degli affari politici del Ministero degli affari esteri.

LAURA MIRACHIAN. Ci sono due errori.

PRESIDENTE. Li corregga, in modo che le nostre domande possano essere più pertinenti.

LAURA MIRACHIAN. Quaranta giorni dopo il mio arrivo a Belgrado, l'ambasciatore d'Italia e tutti gli altri ambasciatori dell'Unione europea furono richiamati per consultazioni nelle rispettive capitali. Quindi, la sottoscritta, che era il numero due dell'ambasciatore Sergio Vento, fu incaricata d'affari ad interim per l'ulteriore periodo della sua permanenza (circa tre anni).
Il secondo errore riguarda il 1998, perché io fui capo dell'ufficio II della direzione generale degli affari politici al Ministero degli affari esteri, dal mio rientro da Belgrado, per cinque anni, fino al gennaio 2000, momento in cui entrò in vigore la riforma del Ministero degli affari esteri, la quale, grande o piccola che fosse - per quanto mi riguarda abbastanza grande -, ha previsto che le cinque direzioni generali fossero smantellate e si istituissero delle direzioni geografiche e tematiche, che sono attualmente dieci o dodici. La differenza è fondamentale.

PRESIDENTE. Quindi, rafforza di più il suo periodo di conoscenza degli affari balcanici.

LAURA MIRACHIAN. Come dicevo, la differenza è fondamentale perché, nel periodo in cui ricoprii questo incarico, il Ministero degli affari esteri aveva una divisione netta di compiti tra affari politici e affari economici. Se mi permette, presidente, vorrei descrivere il lavoro che, in quei cinque anni, ho svolto come capo dell'ufficio II della direzione generale degli affari politici.

PRESIDENTE. Le rivolgeremo domande in proposito.
Il 18 novembre 1996 a Belgrado, l'onorevole Fassino e il ministro Jovanovic hanno sottoscritto un memorandum d'intesa nel quale si parla espressamente «dell'impegno italiano per l'assistenza in vari settori e a collaborare nel programma


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di privatizzazione delle imprese in modo specifico per le telecomunicazioni e i trasporti». Queste affermazioni vengono riferite dall'onorevole Fassino poco tempo fa ad altra autorità e quindi sono recenti ma, nello stesso tempo, offrono una retrospettiva degli affari allora conclusi. Lei ebbe modo di occuparsi della stesura del testo del documento?

LAURA MIRACHIAN. Assolutamente no, ancorché io fui presente a quella missione dell'onorevole Fassino in veste di sottosegretario agli esteri competente per i Balcani. Di norma accompagnavo tutti i responsabili politici nei loro viaggi nei Balcani e non facevo solo quello. In questa specifica occasione posso confermare che ero presente. Certamente non partecipai alla stesura dell'accordo perché competeva al collega della direzione generale degli affari economici.

PRESIDENTE. Cioè?

LAURA MIRACHIAN. Non ricordo chi fosse all'epoca. Penso che in quella stessa missione - lo avete già sentito quindi forse ne sapete più di me - ci fosse anche il ministro Cavarai, che era allora vicedirettore generale degli affari economici.

PRESIDENTE. Cavarai era vicedirettore, ma il titolare della direzione economica era Di Roberto. È in condizione di dirci chi, a suo giudizio, abbia partecipato alla stesura del documento, Cavarai o Di Roberto?

LAURA MIRACHIAN. Se non sbaglio lei sta parlando di un memorandum d'intesa per la collaborazione economica.

PRESIDENTE. Esatto.

LAURA MIRACHIAN. Senz'altro ricordo il memorandum, anche se non ho partecipato alla stesura del testo. Eravamo ad un mese di distanza dalla revoca delle sanzioni alla Serbia e Montenegro che all'epoca si chiamavano Repubblica federale jugoslava, quindi il memorandum si inquadra in questo contesto politico. Immagino che il testo ripercorra la falsariga di testi del genere, però non ho partecipato alla sua stesura.

PRESIDENTE. Sì. L'onorevole Fassino ha già detto in altra sede il contenuto del il testo. Ciò è importante per noi perché utilizzeremo questi argomenti, però la mia domanda è diversa: lei è in condizione di dirci se se ne occupò Cavarai, Di Roberto o entrambi?

LAURA MIRACHIAN. Non sono in condizione di dirlo. Può essere anche stato a più basso livello, perché questo tipo di testi, soprattutto se sono testi standard, vengono trattati a livello di ufficio, non occorre arrivare al vicedirettore o al direttore generale degli affari economici.

PRESIDENTE. Lei sa se vi fossero stati già contatti, e a quale livello, in merito alle eventuali acquisizioni societarie da effettuare nel comparto delle telecomunicazioni in Serbia?

LAURA MIRACHIAN. No, non ne sono a conoscenza.

PRESIDENTE. L'affare Telekom-Serbia le dice qualcosa?

LAURA MIRACHIAN. Certamente. Ho visto armadi ricolmi di carte in questi corridoi, ma soprattutto ho letto molti articoli sulla stampa italiana in questi anni.

PRESIDENTE. Gli articoli ci interessano poco perché ognuno di noi legge, anche in salotto o dal barbiere.

MAURIZIO EUFEMI. La dottoressa ha parlato degli armadi che sono nei corridoi della Commissione!

PRESIDENTE. Ci arriveremo. Siccome siamo tutti adulti, farci capire che lei sa della vicenda solo perché ha letto i giornali e che è stata impressionata dagli armadi contenenti documenti mi pare una mancanza


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di riguardo al minimo dell'intelligenza nostra, che non sarà elevatissima, ma è ragionevolmente sufficiente.
Lei viene in questo momento a deporre per dare notizie di fatti che lei dovrebbe conoscere più di noi, perché noi li abbiamo letti mentre lei li ha vissuti. Nell'ambito della conoscenza sui Balcani, lei è l'autorità più mirata, dal punto di vista della specificità della materia, e allora le chiedo: non ha mai conosciuto nulla di Telekom-Serbia?

LAURA MIRACHIAN. Certamente non volevo mancare di riguardo a questa Commissione, che rispetto altamente come rispetto il Parlamento italiano e tutte le istituzioni. Se c'è stato un tono che ha lasciato percepire questa sensazione, me ne scuso.
Evidentemente ho fatto un excursus poco preciso. Ho sentito parlare e ho letto messaggi dell'ambasciatore Bascone su questo problema, in particolare due messaggi nel febbraio 1997, quando lui riferì delle reazioni della stampa serbo-jugoslava - in particolare Nasa Borba, dell'opposizione - molto critiche su questo presunto deal; dico «presunto» perché non c'era prova all'epoca che fosse stato concluso. Io ne sono venuta a conoscenza attraverso queste comunicazioni dell'ambasciatore Bascone.

PRESIDENTE. In quale epoca?

LAURA MIRACHIAN. Febbraio del 1997.

PRESIDENTE. Appena venutane a conoscenza, ne ha parlato con qualcuno all'interno del ministero?

LAURA MIRACHIAN. Immagino che questi messaggi siano agli atti di questa Commissione...

PRESIDENTE. Naturale.

LAURA MIRACHIAN. Può vedere che allora si usava un sistema di distribuzione interna dei telegrammi o dei messaggi dell'ambasciata che recavano scritto assegnazione: affari economici; visione: affari politici, segreteria generale o altri dipartimenti; per cui certamente ne venni a conoscenza perché il mio ufficio era competente per i Balcani ed era in visione di questi telegrammi.

PRESIDENTE. Una volta che ne è venuta a conoscenza, con chi ne ha parlato o chi gliene ha parlato?

LAURA MIRACHIAN. Non ho considerato questa una materia di mia diretta competenza e quindi non ricordo di averne parlato. Forse ci sono stati commenti al telefono con i colleghi degli «economici» per acquisire più informazioni, ma non andiamo più in là di questo tipo di comunicazione informale che avviene normalmente fra funzionari.

PRESIDENTE. Ma lei non si occupava dei Balcani?

LAURA MIRACHIAN. Sì, mi occupavo dei Balcani e vorrei ripercorrere qui - perché mi sembra rilevante per i lavori di questa Commissione - le competenze dell'ufficio II degli affari politici di cui io ero a capo dal 1995 al 2000. Questo ufficio della direzione generale degli affari politici si occupava territorialmente di un'area che andava dall'Austria a Cipro, passando per la ex Jugoslavia, l'Albania e la Turchia, quindi, di tutta la problematica dei Balcani, dello smantellamento della ex Repubblica federale socialista jugoslava, dei problemi delle minoranze italiane di Slovenia e Croazia, dei problemi della Bosnia, della gestione della crisi bosniaca, della gestione della presenza italiana militare e civile in Bosnia, della crisi dell'Albania del 1997, che fu particolarmente gravosa, perché la direzione generale degli affari politici organizzò un comitato di direzione strategica della forza...

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo. Lei sta dicendo delle cose sicuramente importanti, ma l'oggetto della nostra indagine prescinde da questo quadro


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generale. A noi interessa in particolare, in modo molto mirato, sapere: lei si occupava dei Balcani, dove si colloca il problema Serbia che comporta una serie di complessità - che abbiamo individuato - che vanno dal rischio paese, all'inconvertibilità del dinaro, ad altre questioni, tanto che l'allora Presidente del Consiglio Prodi, nel gennaio e nell'agosto del 1997, cioè prima e dopo l'affare, aveva dichiarato quella una zona nevralgica in cui bisognava essere allertati nel momento in cui si volesse arrivare ad investimenti od altro. Si trattava quindi di un paese sul quale era concentrata la vostra attenzione e di un affare politico. Di Roberto ha usato un'espressione molto efficace che le riferisco: la linea politica del Governo fa parte dell'area che si respira e, a proposito della linea politica del Governo, diceva che c'era una «vicinanza» del Governo italiano al regime di Milosevic.
Fatta questa premessa, le chiedo: si sta realizzando un affare di importanza assolutamente non comune; si stanno investendo 1.500 miliardi, di cui circa 900 di quota nostra; in questo «benedetto» Ministero degli affari esteri, del quale conosco qualcosa per averne fatto parte, è possibile che si vivesse in compartimenti stagni e che la mano destra non sapesse quello che faceva la sinistra? Nessuno parlava di questo affare che era demonizzato; appena si parlava di Telekom-Serbia c'era improvvisamente un black out o un'afonia generale o una sordità generale. Siccome noi non crediamo né all'epidemia di afonia, né all'epidemia di otite, le chiediamo: lei ha mai riferito a chi di competenza, data la gravità del fenomeno (perché Bascone aveva allertato con ben 14 dispacci, anche se lei non li conosceva tutti), che bisognava stare attenti a questa operazione perché con essa si sarebbe finanziato il dittatore Milosevic (dico quello che diceva Bascone)? Lei vuole dire oggi che di tutta questa vicenda sentì parlare genericamente? In sostanza la domanda è: si interessò specificatamente del problema?
Se lei dovesse darci risposte non convincenti, sarà trasferita in prossima audizione da semplice audita a testimone. Io non voglio arrivare ad estremizzare le cose, voglio usare rispetto per l'autonomia e l'indipendenza. Tra l'altro, il modo in cui si operò non è responsabilità sua: lei era una catena intermedia.

LAURA MIRACHIAN. Presidente, la prego di credere che sto affrontando questa audizione in piena consapevolezza sia della sua importanza, sia dell'interesse di tutto il paese, del Parlamento, dello stesso Ministero degli affari esteri di conoscere effettivamente la verità. Non ho alcun vulnus nel mio approccio verso questa Commissione. Il mio interesse personale, professionale, istituzionale è che questa Commissione arrivi ad un chiarimento della vicenda. Questa è la premessa di tutto quello che ho detto finora e dirò. La prego di credermi.

PRESIDENTE. Però, lei deve fare di tutto affinché noi la crediamo.

LAURA MIRACHIAN. Ci sono dei punti fondamentali che vorrei la Commissione cogliesse: mi riferisco all'organizzazione del Ministero degli affari esteri di allora. Sarebbe diverso adesso che la direzione generale Europa si occupa degli affari economici, politici e culturali. All'epoca non è che ci fossero compartimenti stagni, ma c'erano diversi piani, nel senso che la direzione degli affari economici era al quarto, la direzione degli affari politici era al secondo, c'erano corridoi divisori, ognuno faceva capo ad un direttore generale diverso...

PRESIDENTE. Questo è il gulag; quello che ha descritto è un ambiente carcerario.

LAURA MIRACHIAN. No, non è un ambiente carcerario.

PRESIDENTE. Sì, è così. Disponiamo di una dichiarazione dell'ambasciatore Di Roberto il quale ha dichiarato che lei, ministro Mirachian, aveva il ruolo di supportare il direttore generale degli affari politici nel valutare la compatibilità dell'operazione


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Telekom-Serbia con le linee di politica del Governo italiano e che, per quanto è a sua conoscenza, non gli risulta che né lei né lo stesso direttore generale degli affari politici abbiate ritenuto che quella fosse un'operazione sbagliata. Quindi, c'è stato un apprezzamento dell'operazione.

LAURA MIRACHIAN. Ripeto: la mia competenza era assolutamente esclusa in questo caso. Nessuno della direzione generale degli affari economici, né per iscritto né oralmente, mi interpellò mai per avere un giudizio o una valutazione sull'operazione. Questo è il primo punto.
Il secondo punto è che, sul piano generale, è chiaro che la direzione degli affari politici dava anche delle indicazioni strategiche più generali che non potevano escludere gli affari economici. Non c'era una dipendenza funzionale, ma era riconosciuta una competenza generale. Evidentemente la direzione degli affari politici doveva essere interpellata su questo punto, avrebbe senz'altro dovuto dare una valutazione; ma così non fu.

PRESIDENTE. Così non fu da parte di chi?

LAURA MIRACHIAN. Senz'altro della sottoscritta: io non ho mai risposto ad alcuna interrogazione o richiesta di valutazione da parte della direzione degli affari economici.

PRESIDENTE. Ma lei ha detto che sapeva da Bascone.

LAURA MIRACHIAN. Nel febbraio del 1997, io lessi i due messaggi.

PRESIDENTE. E rimase indifferente?

LAURA MIRACHIAN. No, probabilmente se ne parlò informalmente, al telefono, per acquisire maggiori informazioni. Ma la competenza si fermava lì, a meno che non fosse stata richiesta dalla direzione affari economici formalmente, cioè per iscritto, una valutazione sull'operazione. Questo non fu fatto, almeno a mia conoscenza, o nei confronti del mio ufficio.

PRESIDENTE. Ma doveva essere fatto? C'è un sottosegretario preposto all'area. In proposito abbiamo un'impressionante dichiarazione di Fassino: «I miei abituali rapporti con Dini consistevano in una riunione due o tre volte alla settimana, di prima mattina, nel corso della quale esaminavamo, con Dini, i problemi sul tappeto. In una di queste riunioni, tra tanti altri argomenti, io dissi a Dini della lettera di Bascone e dei problemi che essa evidenziava con riferimento alla reazione dell'opposizione. Dini mi disse di trasmettere la lettera alla direzione economica e politica ed io dissi a Sannino, capo della mia segreteria, di farlo e credo che sia stato fatto. Dini chiese ancora se Telecom Italia ci aveva detto qualcosa. Io dissi di no e allora Dini disse che la sua regola era quella che, se un'azienda non chiedeva assistenza, noi non ci dovevamo inserire». Nello stesso corpo, il sottosegretario Fassino dichiara: «In quella occasione Bascone mi chiese se io ero al corrente di una trattativa tra Telekom-Serbia e Telecom Italia e io gli dissi che lo apprendevo da lui in quel momento. Nel corso della giornata, mentre incontravo Milutinovic, lo stesso mi disse che proprio in quel momento era a Belgrado Tommasi di Vignano, amministratore delegato di Telecom Italia, che stava trattando per l'acquisto di quote di Telekom-Serbia. Io mi indispettii perché non ne sapevo niente e si trattava di un affare che avrebbe potuto avere ripercussioni sui rapporti tra i due paesi e ne parlai, in questi termini, anche con Bascone».
Sicché noi abbiamo il ministro Dini che ci tiene a far sapere che lui restava indifferente perché era un problema di Telecom Italia, come se si trattasse di un chiosco di bibite. Dopo, Fassino, all'interno della stessa dichiarazione, afferma che era un affare politico importante su cui avevano concentrato la loro attenzione.
Davanti a questa divaricazione, per cui ciechi e sordi sono obbligati a vedere e a


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sentire, le chiedo: visto che c'era questo contenzioso acceso e persino il sottosegretario d'area si era indispettito per questi comportamenti, è possibile che i supporti tecnici al massimo livello (lei, Di Roberto, De Franchis) non dicessero nulla fra loro e nulla riferissero a chi di dovere?

LAURA MIRACHIAN. È una buona domanda.

PRESIDENTE. Ed io vorrei una buona risposta.

LAURA MIRACHIAN. La prego di credere alla mia risposta: io so di questa conversazione tra Fassino e Milutinovic in questo momento.

PRESIDENTE. Non dubito che lei lo sappia in questo momento. Ma questo discorso non è che Fassino si riservasse di farlo a Milutinovic; ovviamente nella «casa» se ne parlava, perché su questo c'era un comportamento che aveva indispettito Fassino; Bascone bussava e nessuno gli apriva; il ministro Dini si incontrava con Fassino nelle prime ore del mattino e si parlava di che cosa, del servizio meteorologico? Non credo. Si parlava di questo, perché lo stesso Fassino dice «Ne parlammo con Dini». E Dini dice «Telecom Italia non ne ha parlato; noi ci disinteressiamo». Quindi, visto che si disinteressa Telecom, ci disinteressiamo noi; il paese evidentemente non ha diritto di sapere che esistono controlli, almeno di opportunità, sul denaro pubblico. Interviene ancora Fassino, nel corpo dello stesso documento e dice «Un momento. Lo consideravamo un affare importante, politicamente importante». Quindi si incontra col ministro e ne parlano.
Non voglio sapere se lei condivida e se Fassino abbia parlato o meno a Dini, perché abbiamo prove su questo e comunque lo dicono Fassino e Sannino; a noi interessa sapere se questo fosse un affare clandestino, occulto, segreto, blindato, anonimo che circolava al Ministero degli affari esteri.

LAURA MIRACHIAN. Non so se fosse blindato o anonimo. Certamente al mio livello non arrivò mai - altrimenti lo direi molto volentieri a questa Commissione - notizia di questa grande problematica. L'unica informativa l'ho avuta nei messaggi di Bascone che, se non sbaglio, sono del 7 e del 25 febbraio 1997, con i quali riferiva - ritengo per dovere d'ufficio - circa il dibattito critico dell'opposizione nei confronti della leadership di allora su questo affare. Non solo nessuno mi ha mai interpellato, ma non ho avuto modo di accedere ad informazioni diverse da quelle che sto dando alla Commissione.

PRESIDENTE. Ma lei era sul posto! Lei era a Belgrado nel momento in cui arrivava Dini; si trovava a Belgrado nel momento in cui c'è stato l'interregno; lei ha retto l'ambasciata, perché era la numero due, era l'incaricato d'affari. Quindi, non è nuova alla materia; era nelle condizioni di conoscerla tecnicamente!
Chiedo scusa ai colleghi, soprattutto ai nuovi, se ho usato questo tono che non mi è abituale, ma c'è un momento in cui le paratie dello sdegno - che riguardano non lei, dottoressa Mirachian, ma l'affare - alla fine non possono essere assolutamente sostenibili.
Per un omaggio alla collega senatrice, vorrei citare un aforisma di Oscar Wilde: parlavano spesso di nulla, l'unico argomento di cui sapevano tutto. Noi parliamo spesso di tutto, l'unico argomento di cui gli altri sembrano non sapere nulla. Con questa malinconia puramente letteraria, ho finito le mie domande.
Prego, senatore Cantoni.

GIAMPIERO CANTONI. In relazione alla predisposizione e alla conclusione dei vari accordi in materia di cooperazione economica e finanziaria, vi fu il coinvolgimento di altri ministri o enti, verosimilmente altrettanto se non più competenti del Ministero degli affari esteri, quale ad esempio il Ministero per il commercio con l'estero, che allora esisteva. Quale fu il contributo offerto da tali ministeri, o da enti?


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LAURA MIRACHIAN. Credo che questa domanda rivolta a me sia destinata a non avere risposta.

GIAMPIERO CANTONI. Non è la prima domanda alla quale non dà risposta!

LAURA MIRACHIAN. Io do tutte le risposte che posso.

GIAMPIERO CANTONI. Stiamo notando che gli ambasciatori sono veramente dei diplomatici, ma non devono esagerare, perché noi non siamo nati ieri. Lei ci deve scusare, ma questo suo «ero, ma non c'ero, non vedevo e non sentivo» non è accettabile.

LAURA MIRACHIAN. Non posso dire cose che non so. Mi dispiace veramente per la Commissione, però vi prego di credere che sono in buona fede. Se riuscissi ad esporre i dettagli del mio lavoro...

GIAMPIERO CANTONI. Lei li ha già esposti più volte.

LAURA MIRACHIAN. Per esempio, cosa facevo nel 1997 a capo di quell'ufficio?

GIAMPIERO CANTONI. Lo ha già detto: praticamente nulla.

LAURA MIRACHIAN. No. Gestivo la crisi di Albania, che portò poi ad un contingente di 6 mila uomini guidati dall'Italia; gestivo la crisi di Bosnia che portava ogni mese alla riunione della Peace implementation conference, una riunione con 50 paesi; gestivo la crisi dei Balcani in seno al gruppo di contatto in cui eravamo valorosamente entrati nel 1996.

PRESIDENTE. Chi si occupava di questo affare?

LAURA MIRACHIAN. Avevo una gamma enorme di presenze e di predisposizioni di conferenze. Evidentemente prendevo l'aereo anche tre volte la settimana e andavo a Ginevra, a Bonn, a Parigi, a Bruxelles, ovunque si parlasse di Balcani. Questo era il mio lavoro.

PRESIDENTE. Il presidente Cantoni non vuole sapere tutte le cose che lei faceva. Di questo orfanello Telekom-Serbia chi se ne occupava?

GIAMPIERO CANTONI. Così lei ci fa un esempio della sua superattività, mentre noi prendiamo atto di una super disorganizzazione, perché lei era preposta a questi paesi e non a tutte queste incombenze.

LAURA MIRACHIAN. Ero preposta a questi paesi sul piano degli affari politici. C'era una direzione degli affari economici.

GIAMPIERO CANTONI. Io voglio i nomi.

LAURA MIRACHIAN. I nomi di chi?

GIAMPIERO CANTONI. Di chi si occupava di questi aspetti.

LAURA MIRACHIAN. Questi aspetti facevano parte della direzione degli affari economici. Il direttore generale era Di Roberto e il vicedirettore era Cavarai. Ci sarà stato un capo dell'ufficio competente.

GIAMPIERO CANTONI. Ci sarà stato un capo che lei avrebbe dovuto conoscere.

LAURA MIRACHIAN. Sì.

GIAMPIERO CANTONI. Era nella sfera delle sue attività. Quindi, ci deve indicare il nome.

LAURA MIRACHIAN. Il nome può indicarlo l'ambasciatore qui presente.

PRESIDENTE. È molto strano che debba farlo l'ambasciatore che non c'entrava e non lo faccia lei!

LAURA MIRACHIAN. Non lo ricordo in questo momento, ma sono pronta a


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ritornare in Commissione e dire il nome dopo aver consultato il bollettino di quegli anni del Ministero degli affari esteri.

GIAMPIERO CANTONI. Proponiamo che lei torni in Commissione come testimone. Allora, ci dirà il nome.

LAURA MIRACHIAN. Il nome del capo dell'ufficio competente per i Balcani?

GIAMPIERO CANTONI. Con il quale c'era un contatto. Era preposto e quindi ha responsabilità effettive nella conduzione delle vostre funzioni in quel momento particolare a Belgrado.

LAURA MIRACHIAN. A Belgrado? A Roma. Lei vuol sapere il nome del capo dell'ufficio competente della direzione generale degli affari economici a Roma in quegli anni.

GIAMPIERO CANTONI. Persona con la quale lei doveva avere contatti per le responsabilità su questo affare, che appare così fumoso che non riusciamo a comprendere chi in realtà non dico fosse responsabile, ma potesse esserne a conoscenza.
Abbiamo appreso che da gennaio a giugno 1997 l'ambasciatore Bascone ha inviato al Ministero degli affari esteri numerosi telegrammi. Di quanti di questi telegrammi lei ha avuto visione o conoscenza? Lei ha già risposto, ma io vorrei avere una conferma: i telegrammi erano 14; lei quanti ne ha visti?

LAURA MIRACHIAN. A sette anni di distanza è anche difficile ricollegare, però senz'altro ricordo i messaggi, che mi pare fossero due ed erano di febbraio, in cui lui riferiva sulle reazioni della stampa dell'opposizione serba, Nasa Borba e Nin.

GIAMPIERO CANTONI. E gli altri dodici?

LAURA MIRACHIAN. È anche possibile che non mi fossero assegnati oppure che mi fossero assegnati e che adesso non li ricordi.

GIAMPIERO CANTONI. Quindi, non possiamo escludere che lei li abbia visti, ma non lo ricordi. Ne ricorda solo due?

LAURA MIRACHIAN. Quelli li ricordo.

GIAMPIERO CANTONI. E gli altri dodici?

LAURA MIRACHIAN. Non sapevo neanche che fossero dodici, lo so adesso.

GIAMPIERO CANTONI. Sono quattordici.

LAURA MIRACHIAN. Senz'altro due li ho visti.

GIAMPIERO CANTONI. Lei ebbe modo di parlare con il suo superiore - so che è una ripetizione - l'ambasciatore Amedeo De Franchis? Cosa le disse al riguardo e quali iniziative riteneste di assumere?

PRESIDENTE. Non è una ripetizione, la domanda è nuova.

LAURA MIRACHIAN. Non fui mai interpellata e non ricordo di averne mai parlato con l'ambasciatore De Franchis. Non so neanche se lui fosse al corrente esattamente dei contorni di questa vicenda.

GIAMPIERO CANTONI. Neanche De Franchis ne era a conoscenza?

LAURA MIRACHIAN. Non lo so. Ho detto che io non so se lo fosse. Comunque, lui non me ne parlò mai ed io non ebbi mai occasione di parlarne con lui. Ripeto che in quei mesi eravamo molto impegnati con l'Albania.

GIAMPIERO CANTONI. A suo avviso, chi ne era a conoscenza?

LAURA MIRACHIAN. A mio avviso, dovevano esserne istituzionalmente a conoscenza il direttore generale degli affari economici ed il vicedirettore generale degli


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affari economici. Queste due persone dovevano istituzionalmente esserne a conoscenza.

GIAMPIERO CANTONI. Mi vuole ricordare i nomi?

LAURA MIRACHIAN. L'ambasciatore Di Roberto e l'ambasciatore Cavarai.

GIAMPIERO CANTONI. Lei ebbe contatti sull'argomento con l'ambasciatore Federico Di Roberto?

LAURA MIRACHIAN. No.

GIAMPIERO CANTONI. Non ebbe mai contatti?

LAURA MIRACHIAN. Non fui mai contattata dall'ambasciatore Di Roberto.

GIAMPIERO CANTONI. Quindi, quando l'ambasciatore Di Roberto ha ricordato che lei doveva esserne a conoscenza, ha detto una cosa imprecisa?

LAURA MIRACHIAN. Mi pare che l'ambasciatore Di Roberto facesse riferimento alle linee generali della politica italiana nei Balcani. Essendo state revocate le sanzioni l'anno precedente, evidentemente la linea generale era nel senso di non scoraggiare i rapporti, anche economici. Ricordo che c'era una corsa al mercato della Repubblica federale di Jugoslavia in quell'anno.

PRESIDENTE. E con Cavarai non ne parlò mai?

LAURA MIRACHIAN. Non ricordo di averne mai parlato né di essere mai stata interpellata istituzionalmente, formalmente.

PRESIDENTE. Nel momento in cui i colleghi lo considereranno opportuno ed utile, sono dell'avviso che questa deposizione debba essere interrotta.

GIAMPIERO CANTONI. Io ho avanzato la richiesta specifica di chiedere al ministro di essere nuovamente ascoltata come testimone. Quindi, mi riservo di fare la domanda che intendevo rivolgerle nel momento in cui verrà qui come testimone.

PRESIDENTE. È stata avanzata una proposta, che può essere postergata se intendete fare altre domande che sostanzino alla fine questa esigenza di trasformare la libera audita in testimone.
Quindi, se pensate di fare altre domande, si completeranno, poi dovremo definire questa proposta.
Prego, senatore Consolo.

GIUSEPPE CONSOLO. Sono d'accordo con la richiesta del senatore Cantoni di trasformare l'audita in testimone, con la contestuale ammonizione e la lettura delle conseguenze di legge cui il testimone è sottoposto.
Qualora questo dovesse avvenire in una seduta successiva e non contestualmente, come è già successo una volta, con la trasformazione dell'audito in teste, vorrei comunque formulare ora al ministro Mirachian una domanda alla quale ritengo sia più opportuno dia risposta ora.

PRESIDENTE. Lei è d'accordo ad assumere il ruolo di testimone?

LAURA MIRACHIAN. Sì.

PRESIDENTE. Prendo atto che la Commissione concorda nel proseguire ad ascoltare il ministro Mirachian come teste con il consenso dell'interessata.
Avendo il consenso dell'audito, da questo momento sono tenuto ad ammonirla sull'importanza della testimonianza e sulle conseguenze in caso di testimonianza reticente o non veritiera. Uso un'espressione elegante perché lei la merita; in genere si dice testimonianza falsa, io dico non veritiera.
Prego, senatore Consolo.

GIUSEPPE CONSOLO. Il presidente le ha già detto tutto quello che il ruolo gli


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imponeva di dirle. Io non voglio fare una mozione della coscienza, ambasciatore, ma desidererei da lei delle risposte secche e concrete lasciando stare il preambolo e quel linguaggio diplomatico al quale purtroppo ogni tanto qui siamo stati abituati, ma che non va alla sostanza delle cose.
Lei di recente ha ricoperto la carica di ambasciatore?

LAURA MIRACHIAN. Sì.

GIUSEPPE CONSOLO. Dove?

LAURA MIRACHIAN. A Damasco.

GIUSEPPE CONSOLO. Fino a quando, più o meno?

LAURA MIRACHIAN. Fino a qualche settimana fa; sono appena rientrata.

GIUSEPPE CONSOLO. Nella sua qualità di ambasciatore a Damasco lei ha mandato telegrammi, lettere o dispacci all'attuale ministro degli esteri?

LAURA MIRACHIAN. Per quanto riguarda gli affari della Siria, certamente sì.

GIUSEPPE CONSOLO. Ovviamente non voglio conoscerli perché esula dal nostro campo, ma arrivo al punto. Come ambasciatore a Damasco, lei ha la certezza che l'attuale ministro degli esteri Frattini abbia letto i suoi telegrammi e messaggi?

LAURA MIRACHIAN. I telegrammi ed i messaggi sono normalmente indirizzati ...

GIUSEPPE CONSOLO. Non ho chiesto a chi sono indirizzati. Le ho chiesto se lei ha la certezza che il ministro li abbia letti. Il resto non mi interessa.

LAURA MIRACHIAN. Non ho la certezza, perché non gliel'ho chiesto. Alcuni messaggi e telegrammi non sono indirizzati al ministro, mentre altri lo sono.

PRESIDENTE. La domanda è questa: si è mostrato informato delle cose che gli ha detto? Avrà incontrato il ministro.

LAURA MIRACHIAN. Per quanto riguarda la Siria, certamente sì.

GIUSEPPE CONSOLO. Il suo collega, l'ambasciatore Bascone, ha mandato quattordici tra telegrammi e lettere. Lei può ritenere, sulla base della sua esperienza, che qualcuno di questi possa non essere stato portato all'attenzione del ministro o nessuno sia stato portato all'attenzione del ministro?

LAURA MIRACHIAN. Può succedere.

GIUSEPPE CONSOLO. Può succedere cosa?

LAURA MIRACHIAN. Può succedere che un messaggio indirizzato al ministro o al Gabinetto del ministro non gli venga recapitato.

GIUSEPPE CONSOLO. Può succedere che quattordici messaggi non vengano portati?

LAURA MIRACHIAN. Mi sembra difficile.

GIUSEPPE CONSOLO. Lo può escludere?

LAURA MIRACHIAN. Posso escludere che non vengano portati quattordici messaggi indirizzati al ministro sulla stessa problematica.

GIUSEPPE CONSOLO. Poiché credo, con rispetto per le persone e per le cariche - non sono un esperto, lo è il nostro presidente -, che un ambasciatore a Damasco valga un ambasciatore a Belgrado, noi dobbiamo avere acquisito la sicurezza, che d'altra parte avevamo già acquisito, per le dichiarazioni che ha letto il presidente, che il ministro degli esteri dell'epoca ebbe notizia di questi messaggi.


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In particolare, le risulta che quei due messaggi che lei ricorda furono portati a conoscenza del ministro degli esteri?

LAURA MIRACHIAN. Non mi risulta, ma lo presumo.

GIUSEPPE CONSOLO. Perché lo presume, ambasciatore?

LAURA MIRACHIAN. Soprattutto se questi due che io conosco facevano parte di un set di quattordici.

GIUSEPPE CONSOLO. Quindi, posso dire di aver acquisito, anche in base alla sua esperienza, la consapevolezza che il ministro degli esteri seppe di questa vicenda.
Può succedere che il sottosegretario con delega, per una vicenda da 1.500 miliardi complessivi, 900 dei quali a carico dell'Italia e, tra l'altro, dei cittadini italiani - ma questo esula dal tema di cui stiamo parlando - non informi costantemente il ministro in carica?

LAURA MIRACHIAN. Io non so...

GIUSEPPE CONSOLO. No, lei è un ambasciatore, non è un impiegato. Glielo dico con tutto il rispetto.

LAURA MIRACHIAN. Di norma, se c'è una questione considerata molto importante da un sottosegretario, questo ne parla con il ministro. Peraltro, da quello che ha letto il presidente, mi sembra che ne abbiano parlato.

GIUSEPPE CONSOLO. Questo lo lasci dire al presidente. Io desidero saperlo da lei, in base alla sua esperienza. Lei non è un estraneo, è un intraneo al Ministero degli esteri, ambasciatore. Glielo dico con rispetto, ma con fermezza.
Nel corso delle sue esperienze da diplomatico, le è mai successo che un ministro degli esteri dialoghi con funzionari e non con ministri di altri paesi? Mi spiego meglio: se il ministro degli esteri di un paese è a conoscenza di un'operazione che si tratta con l'Italia, con chi dialoga, con il ministro degli esteri dell'Italia o no?

LAURA MIRACHIAN. Normalmente il dialogo avviene tra pari grado, con un interlocutore che ha la stessa carica. Evidentemente non è esclusivo, ma di norma succede questo.

GIUSEPPE CONSOLO. Comunque, se parla anche con altri, non possiamo escludere che non abbia parlato almeno una volta con il ministro suo collega?

LAURA MIRACHIAN. Non lo possiamo certamente escludere.

GIUSEPPE CONSOLO. Quindi, sicuramente ne ha parlato.

LAURA MIRACHIAN. No, non lo possiamo escludere.

GIUSEPPE CONSOLO. Venendo al caso concreto, poiché il ministro degli esteri jugoslavo Milan Milutinovic - per sua stessa ammissione e per ammissione dell'onorevole Fassino, dell'ambasciatore Bascone e del segretario Sannino - seguiva la trattativa Telekom-Serbia, possiamo escludere o dobbiamo ritenere, in base a quello che lei ha detto, che ne parlò con il ministro italiano suo collega, cioè il ministro Lamberto Dini?

LAURA MIRACHIAN. Se ben ricordo, il ministro degli esteri della Repubblica federale jugoslava in quegli anni era Jovanovic, non Milutinovic. Milutinovic aveva un'altra carica; potrei sbagliarmi, ma penso che sia così.

PRESIDENTE. Milutinovic era preposto all'affare.

LAURA MIRACHIAN. Ma il ministro degli esteri era Jovanovic.

PRESIDENTE. Cambiando il nome non cambia la sostanza.


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GIUSEPPE CONSOLO. Il ministro Milutinovic incontrò l'onorevole Fassino e gli disse che vi erano delle trattative su un tema molto importante, quale quello delle telecomunicazioni, che si stavano svolgendo in altra sede: mi riferisco a quanto ha detto in Commissione l'ambasciatore Bascone e a quanto ebbe luogo il 15 luglio 1997. A questo punto dobbiamo ritenere che il ministro Milutinovic parlasse con gli affari esteri italiani, o no?

LAURA MIRACHIAN. Mi pare che questo risulti dalle dichiarazioni dell'onorevole Fassino.

GIUSEPPE CONSOLO. Lei vuole sempre buttarla in corner, per usare un termine calcistico. Risponda per lei, ambasciatore! Lasci stare ciò che risulta. Se le chiedo che giorno è domani, non mi dica che consulta il calendario. Se lei, al meglio della sua esperienza, conosce queste risposte, me le dia di suo, altrimenti noi chiuderemmo i nostri lavori, perché avremmo già acquisito le nostre certezze.
Siccome, attraverso l'impiego di pubblico denaro e di pubbliche risorse, noi cerchiamo di arrivare alla verità e di assolvere i compiti che l'articolo 82 della Costituzione ci attribuisce, vogliamo risposte da lei.
Le rivolgo l'ultima domanda: è ipotizzabile, secondo lei, che il ministro degli esteri Lamberto Dini non sapesse niente all'epoca dell'operazione Telekom-Serbia?

LAURA MIRACHIAN. È forse ipotizzabile, ma è difficile.

GIUSEPPE CONSOLO. Presidente, ho terminato. Mi riservo di rivolgere in seguito altre domande ed eventualmente di adottare misure diverse perché non sono soddisfatto delle risposte del testimone.

PRESIDENTE. Prego, senatore Eufemi.

MAURIZIO EUFEMI. Ministro, la sua posizione certamente è più delicata perché lei è stata vice di Bascone ...

LAURA MIRACHIAN. Mi scusi se la interrompo, ma io non sono mai stata vice di Bascone. Io ho preceduto Bascone, il quale mi ha sostituito in veste di ambasciatore, mentre io ero incaricato di affari.

PRESIDENTE. L'ambasciatore Vento era il titolare.

LAURA MIRACHIAN. Sì, era l'ambasciatore Vento. Vi sono stati tre anni di incaricatura di affari da parte mia e poi mi sostituì Bascone. Ci incontrammo all'aeroporto.

PRESIDENTE. Vi siete incontrati all'aeroporto. C'era una prassi da commedia francese per cui le consegne venivano fatte all'aeroporto. Non c'è mai una consegna formale, ma tutte avvengono all'aeroporto.

MAURIZIO EUFEMI. Questa è una nota certamente interessante.
Dopo la nomina di Bascone, lei che cosa ha fatto, dove è andata?

LAURA MIRACHIAN. Sono rientrata da Belgrado, dove sono stata sostituita dall'ambasciatore Bascone, a Roma ed ho assunto l'incarico di capo dell'ufficio II della direzione generale degli affari politici, dove sono rimasta per cinque anni.

MAURIZIO EUFEMI. Per quanto attiene alla sua permanenza a Belgrado, lei conosce la lingua serba?

LAURA MIRACHIAN. Non conosco il serbo, ma conosco i serbi molto bene.

MAURIZIO EUFEMI. In ambasciata c'era una rassegna stampa?

LAURA MIRACHIAN. C'era un ufficio traduzioni.

MAURIZIO EUFEMI. Quindi, prendeva contezza dei giornali, che parlavano anche di questo evento, o no?


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LAURA MIRACHIAN. Non ancora, perché io sono tornata nel gennaio del 1995 e la questione fu successiva.

MAURIZIO EUFEMI. Quando ha avuto conoscenza di queste trattative? Può focalizzare una data?

LAURA MIRACHIAN. Non ho mai saputo che fossero in corso trattative. Sembrerà impossibile a questa Commissione, ma non l'ho mai saputo. L'ho appreso dai telegrammi e dai messaggi di Bascone nel febbraio del 1997
Posso riferire un altro dettaglio: io appresi della lettera dell'ambasciatore Bascone al sottosegretario Fassino, la famosa lettera del 13 febbraio che viene citata ovunque, soltanto nel febbraio del 2001.

MAURIZIO EUFEMI. In che occasione?

LAURA MIRACHIAN. Ero già ambasciatore a Damasco quando il Ministero degli affari esteri mi pregò di rientrare per qualche giorno a Roma per ricostruire il quadro politico in cui la vicenda Telekom-Serbia era intervenuta ed in quella occasione presi conoscenza di questa lettera.

MAURIZIO EUFEMI. Ci torneremo fra poco. Ambasciatore, quando lei stava a Belgrado ed aveva queste responsabilità, si erano già svolti dei viaggi e vi erano state varie delegazioni della Telecom. Lei era a conoscenza di questi viaggi, di questa presenza della Telecom a Belgrado oppure no?

LAURA MIRACHIAN. Nel periodo dal 1992 al 1995, quando io ero incaricato di affari a Belgrado, certamente no.

MAURIZIO EUFEMI. Vorrei tornare sulla questione di cui ci ha parlato prima, cioè di quando è stata richiamata dalla Siria al ministero. Immagino che lei si riferisca alla preparazione della comunicazione del ministro degli affari esteri Dini in occasione dell'informativa urgente del 28 febbraio 2001.

LAURA MIRACHIAN. Esatto.

MAURIZIO EUFEMI. In quella occasione il ministro Dini dichiarò: «Le fonti di informazione del Ministero degli affari esteri furono essenzialmente i giornali serbi, in particolare Nin e Nasa Borba, che ne parlarono nel febbraio del 1997, e le indicazioni di massima che la stessa STET fornì, sempre nel febbraio del 1997, alla nostra direzione generale degli affari economici. Che l'informativa - e soltanto l'informativa - ci fosse pervenuta nel corso delle ultime fasi del negoziato emerge chiaramente da una comunicazione del nostro ambasciatore a Belgrado che nel febbraio del 1997 faceva stato di voci che egli riferiva con riserva circa l'eventuale conclusione dell'acquisto da parte della STET di una quota dell'ente serbo delle telecomunicazioni».
Lei ha detto di essere stata interpellata in ragione ed in vista della predisposizione di quell'intervento del ministro Dini. Chi faceva parte di questo comitato che doveva redigere l'intervento in aula? Vi furono date direttive per la predisposizione del documento da utilizzare in Parlamento?

LAURA MIRACHIAN. Ripeto ancora una volta che io fui convocata perché ero considerata la memoria storica di quegli anni, per quanto riguarda il quadro politico in cui questa vicenda si sarebbe svolta.
La direzione degli affari economici - in questo caso ricordo il nome - preparò poi una sua memoria.

GIUSEPPE CONSOLO. Faccia il nome.

LAURA MIRACHIAN. Era il ministro Paolini, che era incaricato per gli affari economici di dare il contributo per questa informativa.
Io ho avuto come supporto un paio di giovanissimi della segreteria generale, appena assunti, per reperire le carte. Nel predisporre la bozza di questo intervento ci furono, quindi, due apporti fondamentali: il mio, per quanto riguardava la ricostruzione del quadro politico, e quello


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del ministro Paolini, per quanto riguardava la competenza economica del caso.

MAURIZIO EUFEMI. Che tipo di accertamenti documentali e verbali avete fatto? Come vennero effettuati e da chi?

LAURA MIRACHIAN. In quella occasione non feci altro che chiedere ai giovani della segreteria generale di recuperare dagli archivi storici - perché nel frattempo tutta la documentazione era confluita negli archivi storici e non era più a disposizione delle direzioni generali - i documenti relativi agli anni di mia competenza. Questo fu fatto e su quella base ricostruii esattamente che cosa era successo nel 1997, che cosa stavamo gestendo.

MAURIZIO EUFEMI. Lei non ritiene che in questa fase di accertamento i quattordici messaggi dell'ambasciatore Bascone possano essere confluiti o che qualcuno abbia fatto cenno a questi messaggi, a queste preoccupazioni, oppure questi documenti rimasero fuori?

LAURA MIRACHIAN. In quella occasione mi avvalsi dei due messaggi che ricordavo a memoria e che erano quelli del febbraio del 1997.

MAURIZIO EUFEMI. Quindi, lei portò all'attenzione questi due messaggi?

LAURA MIRACHIAN. Certo, e li usai per elaborare la prima stesura dell'allocuzione del ministro.

MAURIZIO EUFEMI. Presidente, credo si debba sottolineare che l'ambasciatore ha detto una cosa molto importante, cioè che durante la riunione per la predisposizione dell'esposizione del ministro Dini portò come memoria i due documenti di Bascone.
Questo è importante perché poi tale questione si riflette sulla predisposizione del documento.

PRESIDENTE. Furono oggetto di studio, non fu un passaggio.

MAURIZIO EUFEMI. Pertanto, non si può dire che non erano stati portati o che nessuno sapesse di questi documenti, come invece abbiamo poi registrato.

LAURA MIRACHIAN. Sto parlando, in particolare, dei due messaggi di febbraio, che riferivano su Nasa Borba e su Nin.

MAURIZIO EUFEMI. Erano quelli più importanti. Come spiega, quindi, il fatto che il ministro Dini nel corso dell'informativa urgente abbia riferito che a febbraio del 1997, secondo quanto comunicato dall'ambasciatore a Belgrado, il negoziato fosse nelle ultime fasi, quando invece risulta che, con il telegramma n. 310 del 25 febbraio 1997, proprio l'ambasciatore Bascone aveva comunicato al Ministero degli affari esteri che in quel momento si prevedevano tempi lunghi per la definizione dell'affare, a causa della complessità delle trattative, la cui conclusione era forse prevista nell'orizzonte di un anno?

LAURA MIRACHIAN. Se ben ricordo, quel telegramma, che è effettivamente un telegramma chiave, riferiva di quello che i giornali dell'opposizione sostenevano e non riferiva necessariamente una versione accreditata o accreditabile e dimostrabile. Riferisce le forti critiche che l'opposizione in quel momento sollevava su questo affare.

MAURIZIO EUFEMI. Ambasciatore, le rivolgo l'ultima domanda. Lei ritiene che l'ambasciatore Di Roberto, rispetto ad una vicenda così grave, possa avere trattenuto per sé ogni informativa ed ogni valutazione e non abbia riferito all'autorità politica?

LAURA MIRACHIAN. Non lo so.

MAURIZIO EUFEMI. Faccio riferimento all'audizione dell'ambasciatore.

LAURA MIRACHIAN. Non so cosa abbia fatto Di Roberto.


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MAURIZIO EUFEMI. Le sto chiedendo un'altra cosa. Lei ritiene che l'ambasciatore Di Roberto, direttore degli affari economici, potesse trattenere per sé una informativa di questo livello, relativa alla preoccupazione espressa dall'ambasciatore Bascone, e non ne riferisse all'autorità politica?

LAURA MIRACHIAN. Se io fossi stata il direttore generale degli affari economici, ne avrei parlato all'autorità politica, ma non so che cosa abbia fatto lui.

MAURIZIO EUFEMI. La ringrazio.

GIUSEPPE CONSOLO. Presidente, bisogna chiarire le cose. Forse l'ambasciatore, che è esperta di questioni diplomatiche, ma poco di questioni giuridiche, non sa che qui ha l'obbligo di dire la verità e che questa Commissione ha i poteri dell'autorità giudiziaria.
Pertanto, presidente, prima di chiedere la trasmissione degli atti alla procura per dichiarazioni reticenti, vorrei che lei spiegasse bene all'ambasciatore quali sono i suoi diritti, ma anche i suoi doveri. Quando il collega, senatore Eufemi, le chiede: «lei ritiene che ...», non può girare intorno alla risposta, perché qui pare che nessuno abbia il coraggio di dire le cose come stanno e di dire ciò che pensa. Una persona della sua cultura e del suo livello non può dire: «io avrei fatto ...».
Nel Ministero degli affari esteri ci sono determinate regole, non codificate, ma che valgono assai più delle regole codificate e noi le conosciamo bene, ma, siccome siete sentiti voi come testimoni - in questo caso lei non è più un audito -, prego vivamente il presidente di fare presente alla testimone queste circostanze chiedendole di rispondere nuovamente alla domanda che il senatore Eufemi avrà il garbo di ripetere.

PRESIDENTE. La domanda è chiara. Accolgo il suo invito e mi rivolgo con ferma cortesia al ministro Mirachian: avendo noi avidità di certezze o di conoscenze ed avendo saputo che l'ambasciatore Di Roberto, pur dissolvendosi nella nebbia, ha dovuto ammettere che di queste cose informò chi di dovere, che il sottosegretario ne era a conoscenza, che Sannino ha detto che dagli affari economici fu riferito al sottosegretario tutto quanto c'era da riferire e che ne informò persino il ministro, la prego di valutare se non sia più il caso di offrire tutele a chi ha già espresso queste cose.
La domanda che le viene formulata non è in ragione della sua opinione, ma di una prassi ordinaria di rapporti responsabili che si svolgevano tra gli uffici tecnici ed il ministero. Quando è stata introdotta la nuova regolamentazione del Ministero degli affari esteri, rispetto alla quale rivendico di avere avuto una piccola parte, quale vicepresidente della Commissione esteri dell'epoca - la cosiddetta riforma Vattani, per intenderci - ovviamente per le aree è stata prevista una diversa fisionomia, ma al momento c'era una struttura piramidale, la quale non consentiva che, stando ai vertici, non si sapesse.
Se io cito il suo dattilografo, quello sventurato può dire che la cosa non passò per le sue mani, ma lei aveva un'esclusiva di conoscenza perché presiedeva l'area dei Balcani, e qui stiamo parlando dei Balcani, tranne che non si dimostri che il paese di cui ci stiamo occupando non è nei Balcani. Poiché ciò non è possibile, la invito e, con l'espressione tecnica che il codice consente, la diffido a dire in questo momento le cose che sono a sua conoscenza, perché si tratta di una protezione che non merita nessuno, non per ragioni di valutazione di capacità o di talenti, ma perché davanti alla verità ognuno di noi ne deve essere servo.

LAURA MIRACHIAN. Certo. La prego di ripetere la domanda.

MAURIZIO EUFEMI. La domanda era chiara. Vogliamo sapere come è stato predisposto questo testo, perché abbiamo raccolto versioni diverse. Vattani ci ha detto che l'informativa fu affidata agli affari politici, l'ambasciatore Cavalchini ci ha detto che la direzione era stata affidata...


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PRESIDENTE. Mi scusi, ma non era questa la domanda. La domanda che lei ha fatto era molto mirata. Se è stato disturbato l'ambasciatore Mirachian è perché aveva più conoscenze di tutti. Pertanto, in ragione di questa sua conoscenza, al punto che è stata invitata a lasciare la sua sede per dare man forte al gruppo dei tecnici, ci dica: in quella occasione lei informò il ministro Dini del quadro esatto, e il ministro Dini, a questo punto, le diede la convinzione di conoscere?

LAURA MIRACHIAN. Signor presidente, la ringrazio di questo chiarimento. Se mi permettete, prima di dare una risposta, vorrei dire che non ho alcuna intenzione di offrire tutele a nessuno. Ho già detto all'inizio di questa audizione che non solo ho un grande rispetto per questa Commissione e per il Parlamento, ma considero necessario, sul piano personale, professionale, istituzionale e politico, fare luce su questa storia. Non sto offrendo tutele a nessuno.
In secondo luogo, presidente, lei ha detto che io presiedevo l'area dei Balcani. Mi permetto di correggerla perché è inesatto: io ero a capo dell'ufficio II degli affari politici dei Balcani e, di fronte a me, c'era un direttore generale per gli affari politici, poi c'era un sottosegretario, un segretario generale ed un ministro.

PRESIDENTE. C'era compenetrazione tra di voi?

LAURA MIRACHIAN. Sì. Non vi era una presidenza da parte mia.

PRESIDENTE. Era una conoscenza qualificata.

LAURA MIRACHIAN. Io ero un quadro medio che aveva la responsabilità di guidare l'ufficio degli affari politici dei Balcani.

MAURIZIO EUFEMI. Si butta troppo giù.

LAURA MIRACHIAN. Diciamo un quadro medio-alto. Che cosa mi aveva chiesto?

MAURIZIO EUFEMI. Vorrei sapere: che tipo di comunicazione vi è stata tra voi e i politici, tra lei e il ministro?

LAURA MIRACHIAN. Ripeto, forse articolandolo meglio, quello che ho detto prima su come fu compilata questa bozza di informativa per il ministro. Rispettando le divisioni istituzionali tra la direzione generale degli affari politici e quella degli affari economici, una parte fu redatta da me, descrivendo il quadro politico internazionale relativo ai Balcani in cui questa vicenda si svolgeva, ed una parte confluì dagli affari economici. Io non ne ebbi neanche conoscenza, e certamente non ero in grado di invadere il terreno dei colleghi degli affari economici, ma compilai tutta la parte politica.

MAURIZIO EUFEMI. Non voglio perdere la pazienza, ma lei poco fa ci ha detto che durante la riunione erano stati trattati i messaggi di Bascone!

LAURA MIRACHIAN. Quale riunione?

MAURIZIO EUFEMI. C'è stato questo comitato di coordinamento.

LAURA MIRACHIAN. No, non c'è stato un comitato di coordinamento. Io non ho parlato né di comitato di coordinamento né di riunioni. Ho detto che c'erano due direzioni generali interessate, che io ero considerata la memoria storica per quanto riguardava la parte politica, e fui chiamata per questo, mentre la parte economica fu compilata dalla direzione generale degli affari economici.
Come lei sa, all'epoca il ministero aveva un vertice che era la segreteria generale, poi c'era il sottosegretario e poi il ministro, che avevano la competenza di mettere insieme il tutto.

PRESIDENTE. Nella sua parte politica lei che cosa ha detto dell'affare Telekom-Serbia?


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LAURA MIRACHIAN. Nella parte politica non ho detto niente, perché non ero in grado di dire niente, non avevo nemmeno le carte.

MAURIZIO EUFEMI. E l'hanno richiamata dalla Siria?

LAURA MIRACHIAN. Mi hanno richiamato dalla Siria per ricostruire il quadro politico.

MAURIZIO EUFEMI. Poco fa lei ha detto che aveva fatto presente la questione dei messaggi di Bascone: lo abbiamo sentito tutti.

LAURA MIRACHIAN. Sì.

MAURIZIO EUFEMI. A chi ha riferito di questi messaggi?

LAURA MIRACHIAN. Questi messaggi erano allegati alla bozza che io ho preparato, per quanto riguarda la parte politica, e ne avevo avuto notizia perché i messaggi erano stati messi in visione al mio ufficio e, quindi, risultavano a mia conoscenza, e non soltanto nel 2001, ma nel 1997, come ho detto. Quelli mi arrivarono e, quindi, io ne ero a conoscenza. Li rintracciai dall'archivio storico, dove erano stati depositati, e li allegai perché era una cosa che consideravo importante anche sul piano politico.

MAURIZIO EUFEMI. Quanti messaggi furono allegati?

LAURA MIRACHIAN. Due, ed entrambi riferivano sulle critiche.

MAURIZIO EUFEMI. Tutta l'attività di documentazione si è limitata ai due messaggi, invece che ai quattordici?

LAURA MIRACHIAN. Io non ho avuto accesso ai quattordici. Due senz'altro li ho visti e li ho allegati alla mia bozza.

MAURIZIO EUFEMI. Queste bozze a chi sono confluite? Chi erano i responsabili della stesura del documento?

LAURA MIRACHIAN. Secondo la consueta procedura del Ministero degli esteri, confluirono al segretario generale ed al Gabinetto del ministro. Questi sono i due organi unificanti del ministero.

MAURIZIO EUFEMI. Sono pienamente soddisfatto.

PRESIDENTE. Prego, senatore Malan.

LUCIO MALAN. Ambasciatore Mirachian, è vero che lei durante il periodo in cui vi era l'embargo nei confronti del Governo di Belgrado, indipendentemente dall'entità a cui si riferisse, ha espresso posizioni critiche nei confronti dell'embargo stesso, dal punto di vista politico?

LAURA MIRACHIAN. Io non avevo nessuna posizione critica nei confronti del nodo politico. Questa era una decisione internazionale, dell'Unione europea, una decisione dell'Italia e non avevo niente da dire su questo.

LUCIO MALAN. Quindi, l'ufficio politico non si occupa di questioni economiche e non si occupa di questioni politiche.

LAURA MIRACHIAN. Le sanzioni alla ex Repubblica di Jugoslavia, decurtata di Slovenia e Croazia, che nel frattempo, il 15 gennaio del 1992, erano diventate indipendenti, furono applicate dall'Italia, dall'Unione europea e poi dalle Nazioni Unite nel 1992. Vi furono poi gli accordi di Dayton, nel novembre del 1995, e le sanzioni furono tolte dall'Unione europea, e naturalmente dall'Italia, l'anno successivo, nell'ottobre del 1996. Era un movimento assolutamente corale, non c'era nessuno che si opponesse o meno alle sanzioni, era assolutamente consensuale nella comunità internazionale.

LUCIO MALAN. Ci risulta che ci furono contatti tra la Telecom Italia e la


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Serbia, e con Telekom-Serbia, già nel 1995 con l'impegno a concludere questa transazione, con la cessione del 49 per cento dell'azienda jugoslava, non appena cadute le sanzioni economiche contro la Jugoslavia. Pertanto, questi contatti avevano carattere politico, poiché avvenivano in violazione, contro lo spirito e la lettera delle sanzioni. Come lei ha detto, era una questione estremamente importante.

LAURA MIRACHIAN. Come ho detto, non conoscevo questi contatti; li ho conosciuti molto più tardi, nel 1997, quando Bascone ha cominciato a scrivere. Sempre, quando si applicano sanzioni (lo so adesso perché vengo da un paese che, purtroppo, le sta rischiando), i contatti che le imprese prendono con il paese non sono necessariamente in violazione delle sanzioni, fino al momento in cui non si stipula il contratto. Bisogna avere una sensibilità giuridica. Non sono proibiti nel diritto internazionale i contatti tra imprese o di imprese con le autorità del paese. Quando si stipula il contratto è diverso; ancora peggio quando si applica il contratto.

LUCIO MALAN. Non ci sarebbe, tuttavia, un obbligo, quantomeno di carattere morale, da parte di un'azienda, specialmente come la Telecom Italia che era un'azienda a forte partecipazione pubblica, di informare, di prendere contatti con il Ministero degli affari esteri o con le nostre autorità diplomatiche?

LAURA MIRACHIAN. La risposta è sì, sarebbe stato molto opportuno.

LUCIO MALAN. Non c'era però un obbligo di legge?

LAURA MIRACHIAN. Non c'era necessariamente un obbligo di legge per questo tipo di contatti. Ci sarebbe stato un obbligo per la firma del contratto, se essa fosse avvenuta sotto un regime di sanzioni.

LUCIO MALAN. Più che l'obbligo di informazioni, ci sarebbe stata la proibizione di stipularlo.

LAURA MIRACHIAN. Certamente.

LUCIO MALAN. Ha detto poco fa, rispondendo al senatore Eufemi, che, venuta a conoscenza come minimo di due dei messaggi dell'ambasciatore Bascone e forse anche di altri, non fece nulla «perché non aveva gli elementi, non aveva le carte»: mi sembra che abbia usato proprio queste parole.

LAURA MIRACHIAN. Meno male che c'è una trascrizione dell'audizione, perché le parole pesano come macigni.
Ci sono due momenti, il primo è praticamente il febbraio 1997 quando io, come altri colleghi del ministero, venimmo a conoscenza, tramite i messaggi di Bascone, dell'affare. Il secondo momento è il febbraio 2001 quando sono stata convocata e ho dovuto riesumare le carte per trovare i due telegrammi.

LUCIO MALAN. Cosa fece, una volta venuta a conoscenza, come minimo, dei due telegrammi che mi pare avessero forte rilevanza politica, anche perché gran parte di quanto scriveva l'ambasciatore Bascone nasceva da perplessità di tipo politico? Cosa ha fatto in conseguenza di questi messaggi?

LAURA MIRACHIAN. Come ho detto prima, ho potuto avere delle conversazioni telefoniche con i colleghi, come il ministro Paolini - mi è venuto in mente il nome - che era la mia controparte agli affari economici; posso aver evocato il tema, però la mia competenza assoluta e istituzionale era rivolta ad altre cose che questa Commissione non è interessata a sentire e che quindi non elenco. Né nessuno mi interpellò su questo sul piano formale. Normalmente, se la direzione degli affari economici vuole avere una valutazione politica su un'operazione, prende la penna, scrive un appunto e la chiede.

LUCIO MALAN. Sì, però lei sapeva; non aveva bisogno che queste cose le fossero dette.


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LAURA MIRACHIAN. Sì, però l'iniziativa è della direzione competente, quella che è in assegnazione del messaggio.

LUCIO MALAN. Per quanto riguarda gli aspetti economici; per quanto riguarda gli aspetti politici a chi spetta l'iniziativa?

LAURA MIRACHIAN. Per quanto riguarda gli aspetti politici, non spetta certamente a chi è in visione del messaggio.

LUCIO MALAN. Che fine ha la visione del messaggio se non quello di valutarne gli aspetti di competenza?

LAURA MIRACHIAN. La visione.

LUCIO MALAN. Dunque, non serve assolutamente a nulla.

LAURA MIRACHIAN. Serve, se l'altra direzione ti stimola e ti chiede...

LUCIO MALAN. Scusi, ambasciatore. Mi pare che la visione o è un aspetto puramente di perdita di tempo oppure vuol dire questo: poiché potrebbe interessare le vostre competenze, lo facciamo pervenire anche a codesto ufficio affinché facciate le valutazioni del caso. Altrimenti, è una visione dove, quand'anche si riscontrassero profili di competenza, di interesse o addirittura di pericolo o di rilevanza internazionale, non bisogna far nulla.

LAURA MIRACHIAN. Ripeto: nessuno mi sollecitò a far niente, né dall'alto né...

LUCIO MALAN. Come facevano a farlo dall'alto se lei non li aveva informati?

LAURA MIRACHIAN. Certamente tutto quello che vedevo io lo vedevano anche gli altri.

LUCIO MALAN. Gli altri chi, dall'alto?

LAURA MIRACHIAN. Certo.

LUCIO MALAN. Lei si è trovata in questa situazione: ha avuto conoscenza e visione dei messaggi o di parte dei messaggi dell'ambasciatore Bascone; ha ritenuto di non riferire a nessuno su questo. Conferma?

LAURA MIRACHIAN. Confermo.

LUCIO MALAN. Perché?

LAURA MIRACHIAN. Perché non era mia competenza istituzionale essendo io destinatario in seconda battuta di questi messaggi e non in prima battuta.

LUCIO MALAN. Sugli aspetti di carattere politico dei messaggi dell'ambasciatore Bascone, dunque, lei non aveva competenza, poiché non le era stata sollecitata dall'ufficio economico?

LAURA MIRACHIAN. Certamente.

LUCIO MALAN. Allora, è l'ufficio economico che stabilisce la competenza dell'ufficio politico?

LAURA MIRACHIAN. No, è diverso. Incalzare in questa maniera non serve, perché io sto parlando molto serenamente e sto dicendo la verità.

LUCIO MALAN. L'utilità dell'ufficio politico...

PRESIDENTE. Scusi ministro, noi abbiamo qui come consulenti degli esponenti molto qualificati di polizia giudiziaria. Metta conto che c'è un dirigente della «narcotraffico» ed uno che invece è alla «amministrativa». Di fronte ad un fatto di competenza dell'amministrativa, di cui viene incidentalmente a conoscenza la narcotraffico, quest'ultima dice «Non è competenza mia; non è un mio problema; mi disinteresso e lo ignoro». Il senatore Malan vuole sapere questo: lei si trova nella condizione - per usare una sua espressione -, intermedia medio-alta e apprende queste cose. La logica obbligatoria, da Kant ad oggi, vuole che si parli col superiore dicendo «Tu ne sai qualcosa? Che devo fare?». Lei, invece, non ne


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parla con nessuno; il superiore dice «Me ne doveva parlare lei e non me ne ha parlato»; Bascone dice «Io comunico e nessuno mi dà conto». In quale regime di anarchia vive, o viveva all'epoca, questo Ministero degli affari esteri?

LAURA MIRACHIAN. Il Ministero degli esteri è molto meglio organizzato oggi che all'epoca e questo è uno dei casi in cui, se avesse avuto un'organizzazione integrata, le cose forse sarebbero andate meglio.

PRESIDENTE. Quindi, c'è una responsabilità del Ministero degli esteri per questo disordine interno?

LAURA MIRACHIAN. Responsabilità che mi sembra sia stata affrontata con la riforma del 2000.

PRESIDENTE. Lasci perdere la riforma. Nel caso della domanda del senatore Malan, c'è una responsabilità, una mancanza di informazioni che diventa un fatto di irresponsabilità o di mancanza di responsabilità? Questo è il tema.

LAURA MIRACHIAN. Posso rispondere per me stessa e per il mio lavoro. So solo che nel mese in cui mi arrivavano in visione i due telegrammi, scoppiava la crisi di Albania: non so se abbiate idea di che cosa sia stata.

LUCIO MALAN. L'Albania aveva qualcosa a che fare con la Serbia.

LAURA MIRACHIAN. Sì, era nei Balcani come la Serbia.

LUCIO MALAN. Non perché era nei Balcani. Non era come la Grecia. Mi pare che la crisi d'Albania avesse molto a che fare con Belgrado.

LAURA MIRACHIAN. E il Kossovo. Scoppiarono contestualmente la crisi d'Albania...

LUCIO MALAN. Il Kossovo tuttora si trova in territorio serbo.

LAURA MIRACHIAN. Appunto. L'Albania era già un paese indipendente. Comunque, collassò lo Stato e l'Italia intervenne con seimila uomini, guidando un contingente di coalition of the willing autorizzato in dieci giorni dall'ONU, dal Consiglio di sicurezza, dall'Unione europea e dall'OSCE. Sto descrivendo il mio lavoro in quei giorni.

PRESIDENTE. Proprio questa è la domanda del senatore Malan: visto che lei era intrigata in questi affari, che lei considera prevalenti...

LAURA MIRACHIAN. Erano prioritari.

PRESIDENTE. Perfetto. Allora il problema si passa ad altra persona «occupatene tu, perché il fatto è rilevante» e non si dice «è robetta bagattellare» e si butta via.

LUCIO MALAN. Posso capire che la priorità fosse costituita dagli elementi che ha citato, pur connessi a questa vicenda, ma è una priorità e non elimina il resto, mentre queste cose sono state eliminate per sempre, perché avrebbero dovuto essere esaminate quantomeno in un secondo tempo, se non subito.

LAURA MIRACHIAN. Le conversazioni che ebbi con i colleghi sul tema dei due messaggi che riferivano le denunce dell'opposizione serba, erano «Questa è tua competenza. Occupatene».

PRESIDENTE. A chi lo ha detto?

LAURA MIRACHIAN. Ai colleghi degli affari economici.

PRESIDENTE. A chi ha detto «occupatene»?

LAURA MIRACHIAN. Non ricordo a chi l'ho detto; immagino ai miei interlocutori istituzionali.

PRESIDENTE. Sì, ma non è gente di passaggio nei corridoi.


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LAURA MIRACHIAN. No, mi riferisco ai responsabili per i Balcani.

PRESIDENTE. Chi?

LAURA MIRACHIAN. Con Di Roberto non ne ho mai parlato, ma probabilmente potevano essere Cavarai, Paolini, il numero due dell'ufficio di Paolini, il numero tre. C'erano tanti funzionari competenti ad occuparsi di queste cose.

LUCIO MALAN. Mi scusi, ma continuo a non capire come un aspetto squisitamente politico - è difficile immaginarne uno più politico di questo -, cioè le posizioni dell'opposizione politica e non economica in Jugoslavia, fosse di competenza dell'ufficio per gli affari economici. Com'è possibile che sia di competenza economica la posizione dell'opposizione in un paese che credo fosse ritenuto non totalmente affidabile dal punto di vista democratico, altrimenti non ci sarebbe stato quello che c'era prima né quello che è avvenuto dopo?

LAURA MIRACHIAN. Ripeto: la divisione dei compiti era questa.

LUCIO MALAN. Cioè che perplessità di carattere politico...

LAURA MIRACHIAN. Che accertare lo scenario che l'opposizione serba rilevava, cercare di saperne di più, verificare era competenza... tanto più che in quei messaggi era nominata una compagnia e quindi era di competenza di chi aveva normalmente i rapporti con questi operatori economici.

LUCIO MALAN. Il problema era che l'opposizione jugoslava diceva che con questo affare si rischiava di finanziare un regime che non rispettava la democrazia. Questo è un problema politico e non economico. Lo stesso affare fatto con un'azienda francese, americana o spagnola avrebbe avuto profili unicamente economici; ma, avendo a che fare con un paese con una situazione politica assai diversa, aveva profili squisitamente politici.

LAURA MIRACHIAN. Sì, però le mie priorità erano il raccordo con le Nazioni unite, con l'Unione europea, con la NATO, con l'OSCE, con il Consiglio d'Europa, con il Gruppo di contatto, con il Quint, per gestire il gestibile in tutte le sedi internazionali, multilaterali, istituzionali e non, per gestire le varie crisi che i Balcani stavano producendo. Queste erano le mie priorità.

LUCIO MALAN. In conseguenza di queste priorità, lei decise di non fare nulla al riguardo?

LAURA MIRACHIAN. No. È probabile che abbia parlato con i colleghi, scontando una loro competenza.

LUCIO MALAN. Colleghi del dipartimento economico?

LAURA MIRACHIAN. Certo.

LUCIO MALAN. Sulle competenze di carattere politico non fece nulla?

LAURA MIRACHIAN. Certo, perché loro non potevano fare il mio lavoro politico, che era costituito dalla presenza italiana in tutte le sedi che ho nominato per quanto riguarda le varie crisi che i Balcani andavano producendo nel 1997.

LUCIO MALAN. Ha detto altresì poc'anzi che della questione i suoi superiori erano comunque informati.

LAURA MIRACHIAN. Sì, certo.

LUCIO MALAN. Come faceva a saperlo?

LAURA MIRACHIAN. Ne sono sicura, perché i messaggi che ricevo io li riceve anche la direzione generale, cioè l'ufficio del direttore generale.


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LUCIO MALAN. Il direttore generale...

LAURA MIRACHIAN. ... degli affari politici e degli affari economici, che erano in prima assegnazione. Sul piano procedurale, era così.

LUCIO MALAN. Sulla responsabilità dei quali, si vedrà in altra sede.
Lei vide in quegli anni il ministro Dini, immagino, quantomeno nei viaggi che faceva in Jugoslavia.

LAURA MIRACHIAN. Certo.

LUCIO MALAN. E non ritenne mai di parlargli di questo fatto?

LAURA MIRACHIAN. Nel dicembre 1996 ero nella famosa missione del ministro Dini a Belgrado. Mi risulta, per averla preparata, che fosse una missione squisitamente politica. L'obiettivo numero uno era spianare la strada alla missione dell'OSCE nella persona di Gonzales, incaricato dall'OSCE stessa di fare un rapporto sui risultati delle elezioni amministrative contestati dall'opposizione.

LUCIO MALAN. Di conseguenza, non questo.

LAURA MIRACHIAN. C'erano state le elezioni amministrative in Serbia, che riguardavano i sindaci e che avevano prodotto nuovi sindaci.

PRESIDENTE. Questo ci interessa molto relativamente, solo per cultura. La domanda è un'altra: ebbe mai occasione di parlare con il ministro Dini di questa operazione?

LAURA MIRACHIAN. No, perché mi occupai del tema che ho sempre considerato prioritario in quella missione e che mi è parso anche il ministro Dini considerasse prioritario.
Il secondo obiettivo di quella missione fu l'incontro con i tre leader di Zajedno, che in effetti avvenne in residenza, con una cena, insieme ad altri esponenti dei media, dell'opposizione, eccetera. Furono fatte due operazioni - a quanto ne so io - in quella missione su cui io ho lavorato: la prima fu convincere Milosevic ad accettare la missione dell'OSCE, cioè di Gonzales che poi arrivò, fece un rapporto e i sindaci furono ripristinati. L'obiettivo fu raggiunto, non totalmente per le ragioni che dirò dopo. La seconda fu incontrare i leader dell'opposizione come segnale dell'appoggio che l'Italia le dava.

LUCIO MALAN. Ignorava i messaggi riguardo all'affare Telekom-Serbia?

LAURA MIRACHIAN. Ho delle fotografie con Draskovic, Vesna Pesic e il povero Djindjic, che poi fu ucciso, scattate proprio in quella giornata in cui effettivamente ci fu un grosso appoggio dell'Italia. Questa è l'operazione del ministro Dini alla quale io contribuivo.

LUCIO MALAN. C'è stato questo appoggio e gli incontri con esponenti dell'opposizione, però i messaggi riguardanti una questione molto concreta, che questi stessi esponenti dell'opposizione ritenevano pericolosa per il loro paese, sono stati totalmente ignorati.

LAURA MIRACHIAN. Non ho notizia che in quell'occasione... passai delle ore, una sera...

LUCIO MALAN. Io parlo del suo lavoro; lei si è dedicata...

LAURA MIRACHIAN. ...a rafforzare la posizione dell'opposizione nel negoziato con Milosevic per avere uno spazio di libertà e di dinamismo politico.

PRESIDENTE. E non si parlò del dossier su Telekom?

LAURA MIRACHIAN. No, né spettava a me farlo, perché c'era una divisione dei compiti.

LUCIO MALAN. Per gli aspetti economici non spettava a lei, nonostante questi


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stessi esponenti dell'opposizione fossero estremamente contrariati dall'affare Telekom-Serbia per motivi evidentemente politici e non economici.

LAURA MIRACHIAN. Che fossero contrariati a me non lo hanno detto quel giorno.

LUCIO MALAN. Risultava dai messaggi dell'ambasciatore Bascone.

LAURA MIRACHIAN. No, qui siamo nel dicembre del 1996 e i messaggi sono del febbraio 1997.

LUCIO MALAN. Neanche ex post ha notato che il collegamento poteva essere interessante?

PRESIDENTE. Invece dell'ex post andiamo al centro. Le autorità serbe dell'opposizione si spostano a Roma e vengono ricevute alla Farnesina.

LAURA MIRACHIAN. Questo fu nel gennaio, con Fassino.

PRESIDENTE. In quella occasione, lei preparò un documento?

LAURA MIRACHIAN. Come no!

PRESIDENTE. C'era un ribollire di sdegno, perché se è vero che i telegrammi sono di febbraio, è anche vero che non è che nascono da un giorno all'altro. Intendo dire che c'era già un movimento d'opinione, da parte dell'opposizione, che s'ingrossava. In quell'occasione lei ebbe modo di preparare un dossier, visto che l'opposizione diceva «state dando la bombola d'ossigeno a Milosevic» (così viene definita Telekom-Serbia)? Lei ebbe modo di incontrarsi con questo argomento, se non con le persone?

LAURA MIRACHIAN. Presidente, la prego di considerare le affermazioni che sto facendo come dettate dal massimo della trasparenza. Era la missione Fassino ed io ero in quell'aereo; ritornammo insieme ai tre leader di Zajedno, cioè Vesna Pesic, Draskovic e Djindjic, e li portammo a Roma, dove l'indomani ci fu una grande conferenza stampa. Questa missione di Fassino, che io ho contribuito a preparare, per la parte politica, si è svolta a gennaio ed io seppi del caso Telekom-Serbia dai telegrammi di Bascone in febbraio, quindi un mese dopo. Lavorai in quella missione di Fassino e anche lì gli obiettivi erano sempre cercare di rafforzare e dare visibilità all'opposizione, sperando che si mettessero d'accordo fra loro e spianare la strada a Gonzales.

PRESIDENTE. Ce lo ha detto questo: non ci interessa. Lei parlò con l'opposizione, altrimenti che documenti preparava?

LAURA MIRACHIAN. Come no! Tornai in aereo con questi signori.

PRESIDENTE. E nessuno dell'opposizione ebbe mai a dirle nulla?

LAURA MIRACHIAN. No. Sono stata tre ore in aereo con Vesna Pesic, Draskovic e Djindjic. Questi signori non mi parlarono di questo affare; mi parlarono naturalmente della loro strategia per vincere le elezioni di settembre, di cosa stava succedendo in Bosnia, delle efferatezze di Milosevic nelle prigioni, delle violazioni dei diritti umani, dell'esercito serbo federale che stava in Kossovo.

LUCIO MALAN. Condivido il calore con cui sottolinea questi argomenti, che sono fondamentali, ma un mese dopo - forse anche meno - considera nulla le cose che queste stesse persone, fronteggiando gli stessi problemi, cioè l'efferatezza di Milosevic e quant'altro ha detto ora, dicono, ossia «Attenzione, state dando la bombola d'ossigeno alle efferatezze di Milosevic». Considerò questa una questione di carattere economico?

LAURA MIRACHIAN. Senz'altro no, ma questi signori con cui passai delle ore in aereo da Belgrado a Roma non mi parlarono di questo.


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LUCIO MALAN. Io parlo di febbraio. Quando lei ha visto i telegrammi dell'ambasciatore Bascone, ha dimenticato tutto quello che era stato detto!

LAURA MIRACHIAN. No, ma io stavo seguendo i temi generali della collocazione dell'opposizione in questa dinamica, che noi speravamo evolvesse verso la democrazia. C'erano le elezioni a settembre e noi cercavamo di prepararle in modo che ci fosse una transizione. Purtroppo non andò così.

LUCIO MALAN. Elezioni per le quali arrivò la bombola d'ossigeno.

LAURA MIRACHIAN. E arrivò anche il bombardamento a Milosevic un anno dopo.
Voglio ripetere che avevo responsabilità molto gravi, insieme ai miei superiori, in quella occasione, perché si trattava di evitare, per quanto possibile, di arrivare ad un bombardamento della Serbia, della Jugoslavia. Quindi, bisognava convincere Milosevic e valorizzare l'opposizione. Questi erano i due punti.

LUCIO MALAN. Mi pare che finanziare la maggioranza non sia un modo di valorizzare l'opposizione!
Nel periodo in cui si occupava di questo settore, aveva rapporti di carattere familiare, personale con il ministro Dini, non in quanto ministro?

LAURA MIRACHIAN. Assolutamente no.

LUCIO MALAN. Neppure con la sua signora, Donatella Zincone?

LAURA MIRACHIAN. No.

LUCIO MALAN. Un'ultima domanda sulla questione delle competenze dell'ufficio economico e dell'ufficio politico. Ha detto che a lei i telegrammi giunsero solo in visione e che per questo ritenne che non potesse in ogni caso darvi seguito. Chi decideva del fatto che arrivavano solo in visione?

LAURA MIRACHIAN. L'ambasciata stessa. Ancora adesso, chi manda il messaggio decide chi debba trattare in prima battuta la materia.

LUCIO MALAN. Dunque, è stato l'ambasciatore Bascone ad inviarlo alla direzione generale economica? È stata una scelta dell'ambasciatore Bascone?

LAURA MIRACHIAN. Certo. Assegnazione agli «economici» e visione ai «politici».

LUCIO MALAN. Quindi già l'ambasciatore Bascone stabilì che fosse in visione ai «politici».

LAURA MIRACHIAN. Certo.

PRESIDENTE. Grazie. Dichiaro concluso l'esame testimoniale.

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