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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale, Luciano Capobianco, del direttore del dipartimento provinciale di Avellino, Cosimo Barbato, e del dirigente di staff, Maria Luisa Imperatrice, dell'ARPA Campania.
La Commissione ha convenuto di procedere ad una serie di audizioni di rappresentanti degli enti locali e degli organismi tecnici competenti al fine di acquisire elementi informativi in ordine alla vicenda, che ha destato forte preoccupazione per i pericoli di inquinamento ambientale, dell'incendio divampato presso il sito di stoccaggio di rifiuti di Manocalzati, nel quale sono bruciate circa settemila tonnellate di rifiuti solidi urbani.
Nell'odierna seduta si svolgerà l'audizione di rappresentanti dell'ARPA Campania, che riferiranno in ordine ai dati ed agli elementi conoscitivi di cui dispone l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente su tale specifica vicenda. Ricordo che su tale vicenda la Commissione ha già ascoltato il presidente della provincia di Avellino e il sindaco del comune di Manocalzati.
Nel rivolgere un saluto ed un ringraziamento per la disponibilità manifestata, do ora la parola all'ingegner Capobianco. Saluto anche il dottor Barbato e la dottoressa Imperatrice. Prego il direttore Capobianco di rappresentarci la situazione dell'Agenzia, tenendo presente che questa Commissione a più riprese in passato ha rilevato l'esistenza di una condizione di inadeguatezza dello strumento agenziale rispetto alle straordinarie necessità, potenzialità ed evenienze che si rilevano in mille condizioni in quella regione.
LUCIANO CAPOBIANCO, Direttore generale dell'ARPA Campania. Relativamente all'episodio dell'incendio presso lo stabilimento IRM di Manocalzati, l'Agenzia è prontamente intervenuta già in occasione dell'evento occorso nel pomeriggio del 22 gennaio scorso (mi sono recato sul posto personalmente alle 22), e con i nostri mezzi siamo riusciti ad avviare in tempo reale l'attività di monitoraggio di quanto avvenuto. L'attività si è svolta durante tutta la fase dell'incendio, durato cinque o sei giorni, in quanto c'è stato il problema collegato al sito di stoccaggio di rifiuti solidi presso lo stabilimento; quindi durante tutta la durata dell'incendio abbiamo cooperato con le forze dell'ordine, con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e con le altre autorità preposte per monitorare i parametri dell'inquinamento atmosferico
soprattutto dell'aria. Poi abbiamo avviato un'azione continua di monitoraggio anche per vedere l'evolversi del fenomeno nel tempo (l'ingegner Barbato potrà poi esplicitare tutti i dati nel dettaglio) ed abbiamo firmato un protocollo d'intesa con la provincia di Avellino, che ci ha garantito le risorse finanziarie per attuare un monitoraggio diffuso sulle matrici suolo, acqua, aria, inerente non solo al sito dell'incendio ma anche a quelli contermini, che abbracciano sette comuni precisamente individuati; infatti tali comuni, in relazione alle correnti anemometriche ed ai parametri che abbiamo monitorato continuamente durante l'incendio, potevano essere zone interessate dall'incendio dello stabilimento.
La campagna di monitoraggio è ancora in corso. Per quanto riguarda la matrice acqua, abbiamo effettuato tutte le necessarie analisi ed abbiamo verificato, anche mediante dei sezionamenti, l'evolversi del fenomeno e i punti interessati; infatti, trattandosi di un deposito di rifiuti, in occasione dello spegnimento dell'incendio sono stati usati idranti e quindi si è posto il problema dell'allontanamento delle acque, che naturalmente, dalle analisi dei campioni che abbiamo prelevato, presentavano grossi quantitativi di COD, di ammoniaca e di altri inquinanti.
Per quanto riguarda l'area, in relazione all'evoluzione del fenomeno, abbiamo monitorato sette comuni in quanto abbiamo individuato, rispetto ai coni d'aria ed alle possibilità di trasporto dell'aria stessa, un raggio di circa un chilometro e mezzo dal centro dell'episodio. Abbiamo installato delle centraline per il monitoraggio di tutti i parametri dell'aria, mentre sul suolo stiamo facendo dei campionamenti. Non stiamo ancora ricercando le diossine, perché dai primi risultati non sembra possa esserci un problema del genere; però, nonostante gli scarsi mezzi a disposizione e grazie al contributo del personale e all'interesse dell'amministrazione provinciale, che ha contribuito con un finanziamento di circa 75 mila euro per la predisposizione di un piano di monitoraggio completo, nel caso di specie si è data una risposta in tempo reale, precisa e puntuale, alle esigenze innanzitutto di monitoraggio dell'incendio e poi di conoscenza da parte delle popolazioni interessate, alle quali verranno poi divulgate tutte le informazioni analitiche in via di elaborazione.
Relativamente al problema dell'Agenzia, mi sono insediato a luglio 2004 e quindi ho attivato, come direttore generale, una ricognizione sulla situazione gestionale, che evidenziava secondo me un grosso deficit di finanziamenti rispetto alle obiettive esigenze dell'ARPAC. La Campania - è inutile che ve lo dica - è caratterizzata da una situazione di emergenza nel settore igienico-sanitario, idrogeologico, dei rifiuti; è una regione che si può definire emergenziale a tutti gli effetti. Da questo punto di vista noi scontiamo la carenza di una dotazione organica già approvata: l'Agenzia attualmente ha un organico in ruolo di circa 330 unità, tutte trasferite in sede di prima applicazione della legge regionale n. 10 del 1998, dispone di un certo numero di impiegati comandati in seguito a protocolli di intesa stipulati dall'amministrazione regionale, e di un certo numero di comandati ai sensi dell'ordinanza commissariale n. 3.100, che ha disposto un finanziamento della dotazione agenziale.
L'organico attualmente in servizio presso l'ARPAC è di circa 400-450 unità, cui si accompagna un finanziamento globale che è a valere essenzialmente su due fonti: quella del fondo sanitario regionale, per 20 milioni di euro, e sulla quota libera della regione Campania che, in sede di bilancio di previsione 2005, è stata ridotta dai 5 milioni 600 mila euro del 2004 a 5 milioni. Quindi, per il funzionamento dell'Agenzia la dotazione finanziaria disponibile nella sua globalità, al di là delle attività conto terzi, è di circa 25 milioni di euro. Per fare un paragone molto banale, l'Emilia-Romagna, che è una regione senz'altro non caratterizzata da emergenze, ha un finanziamento annuale garantito dalla regione di 55 milioni di euro e di 15 milioni per attività conto terzi, a fronte di meno di un migliaio di dipendenti.
C'è un rapporto di benchmarking fra le varie agenzie dal quale si evidenzia, in termini sia di personale assegnato sia di finanziamenti in favore dell'Agenzia, l'inadeguatezza delle risorse umane e, conseguentemente, economiche assegnate al sistema agenziale della regione Campania.
Il personale trasferito a seguito dell'applicazione della legge regionale n. 10 proveniva essenzialmente dalle ASL e quindi con un rapporto definito dal contratto nazionale della sanità, particolarmente oneroso in quanto si trattava essenzialmente di persone sopra una certa fascia di età e quindi posizionate nella fascia retributiva più alta. Rispetto alle 330 unità di ruolo sono previste circa 120-130 posizioni dirigenziali, il che si ripercuote sull'efficacia e sull'efficienza dell'ARPAC, che ha dei fondi finanziari che servono essenzialmente a pagare le retribuzioni e poche altre attività marginali, costringendo la precedente gestione e per certi versi anche l'attuale a ricorrere a forme di lavoro abbastanza precarie. Si cerca infatti di contemperare le varie esigenze che di volta in volta si pongono con forme di collaborazione che appartengono al mondo del precariato, così come purtroppo appartiene al precariato il problema dei comandati, che andrebbe risolto.
PRESIDENTE. Mi perdoni se la interrompo, non è nostro costume, però vorrei capire meglio questo profilo. La questione del precariato è un'altra vicenda. Lei sa che l'ARPAC è stata oggetto di contestazioni anche da parte dell'autorità giudiziaria rispetto ad alcune specifiche vicende, nelle quali i risultati sono stati contrastanti. A suo giudizio in quale misura - se esiste una misura - può incidere una valutazione di qualità e di efficienza dell'Agenzia rispetto alla condizione strutturale anche del personale?
LUCIANO CAPOBIANCO, Direttore generale dell'ARPA Campania. La mia impressione, in questi cinque o sei mesi di lavoro abbastanza intenso e, devo dire la verità, anche un po' stressante per certi versi, è che l'Agenzia sia dotata, per una buona percentuale, di ottime professionalità. C'è da rivedere un sistema gestionale all'interno dei rapporti con la forza lavoro, e sono convinto che impostando un nuovo metodo ed un nuovo corso si possano avere dei buoni risultati. Naturalmente c'è il problema di dotare l'Agenzia innanzitutto delle risorse umane indispensabili per garantire i compiti istituzionali; rispetto a questo purtroppo c'è un problema, collegato un po' al sistema nazionale, costituito dal blocco dei concorsi e delle assunzioni. Quindi è un po' il serpente che si morde la coda, nel senso che anche bandendo dei concorsi sarebbe poi difficile assumere giovani di buona volontà non dico che vengano a «tirare la carretta» ma che possano acquisire quel bagaglio di conoscenze che il personale che si avvia alla pensione è in grado di trasferire oggi ma non fra qualche anno.
Quanto alle indagini giudiziarie, per la verità non le conosco tutte, e quella con la quale ho avuto a che fare è stata svolta dalla procura generale della Corte dei conti in relazione ad alcuni trasferimenti. Ritengo che l'Agenzia abbia scontato una fase di avvio in cui probabilmente non sono state rispettate tutte le regole.
PRESIDENTE. Ingegnere, lei sa che non tutte le procure vi utilizzano in via prioritaria.
LUCIANO CAPOBIANCO, Direttore generale dell'ARPA Campania. Purtroppo non tutte le procure ci utilizzano in via prioritaria, un po' anche per la difficoltà di dare risposte in tempi certi. Noi abbiamo trovato - e questo è ratificato da un ordine del giorno del consiglio regionale approvato all'unanimità - un debito fuori bilancio di 12,8 milioni di euro. Naturalmente, per un'Agenzia che ha un bilancio di 25 milioni di euro annui, è difficile trovare fondi per ripianare un debito del genere e questo provoca una gestione in continua emergenza.
Per quel che mi riguarda, ed è sotto gli occhi di tutti, sono stati ridotti al minimo gli eventuali sprechi esistenti. Sono state finalmente sottoscritte convenzioni con i
commissari: l'Agenzia operava per conto dei commissari - mi riferisco per esempio al commissario Catenacci - per conto del commissario Jucci; finalmente sono state stipulate delle convenzioni in base alle quali anche le attività - e sono tantissime - che l'Agenzia svolge quotidianamente nella regione Campania possono avere un minimo ritorno. La credibilità si conquista con i fatti e non solo con i timbri; negli ultimi tempi si stiano compiendo notevolissimi sforzi per recuperare credibilità e dare risposte; naturalmente, senza i soldi per comprare i reagenti e per pagare il chimico che effettua le analisi in laboratorio, le risposte inevitabilmente purtroppo non possono essere all'altezza. L'alternativa, se la situazione è questa, naturalmente è quella di adottare, per quel che mi riguarda, valutazioni strettamente personali del caso; però sono un ottimista e quindi spero che, a valle di questa ondata elettorale che incide su alcuni aspetti, la situazione migliori. Per la verità il consiglio regionale ha dato un segnale di attenzione, all'unanimità, nei confronti dell'Agenzia, che si trova oggi veramente in una fase di crisi ma che deve riconquistare la fiducia sul campo. La fiducia si conquista dando risposte serie; naturalmente in ogni squadra possono esserci degli elementi non pienamente validi, ma ritengo che gran parte del personale impegnato sia di ottimo livello e possa offrire un contributo al rilancio dell'Agenzia.
Il problema generale comunque è quello della carenza di risorse. La quota libera della regione è pari a 5 milioni di euro; come ho detto in un'intervista che ho rilasciato all'inizio del mio mandato, nel mezzo di una campagna di stampa contro un certo tipo di gestione, è meno del prezzo di una tazza di caffè per ogni abitante della Campania il che, in una situazione come quella in cui ci troviamo, non è sostenibile. Spero che non solo il consiglio ma anche l'esecutivo si stiano attrezzando per venirci incontro, alla luce dell'ampliamento delle competenze, della difficoltà in cui operiamo e anche dell'imminente passaggio alla situazione ordinaria, che aggraverà ulteriormente i compiti dell'Agenzia. Se questa non verrà dotata di mezzi e risorse, il rientro nell'ordinario sarà, almeno per quello che ci compete, un salto nel vuoto con ulteriori problemi.
DONATO PIGLIONICA. Mi pare di capire che, mutuando dai bilanci dello Stato, avete il 250 per cento di debito rispetto al vostro prodotto interno lordo; con un finanziamento pari a 5, avete già un debito di 12.
LUCIANO CAPOBIANCO, Direttore generale dell'ARPA Campania. Nel 2004 il bilancio rimodulato ha evidenziato un debito fuori bilancio di 12,8 milioni di euro.
DONATO PIGLIONICA. Voi collaborate con la Sogin per la questione delle diossine, oppure le due rilevazioni procedono ognuna per proprio conto?
In secondo luogo, da quanto vi risulta, l'incendio di Manocalzati è stato spontaneo? Dai dati in vostro possesso ed alla luce degli accertamenti della magistratura e dei Vigili del fuoco risulta che ci sia una possibilità che si sia trattato di un incendio doloso?
Inoltre, si è parlato di difficoltà legate alla scarsità di mezzi a disposizione. Con frequenza si è rilevata una discrasia tra i dati dell'ARPAC rispetto a quelli di altri laboratori. Mi è parso che il più delle volte i vostri erano più ottimistici: non vorrei che lei trasferisse nei laboratori e nei risultati il suo ottimismo! A cosa è dovuta questa disparità? Si renderà conto - non ho bisogno di dirglielo - che più è elevata la frequenza di questi episodi e meno facile è recuperare credibilità.
LUCIANO CAPOBIANCO, Direttore generale dell'ARPA Campania. Sulla natura dell'incendio è in corso un'inchiesta della magistratura e non mi risulta che ci siano dati che vadano in quella direzione, però naturalmente questo lo prenda con il beneficio di inventario. Comunque l'ingegner Barbato potrà soffermarsi sulle cause dell'incendio.
Quanto al problema dei dati, le nostre strutture laboratoristiche talvolta sono
state criticate, ma in alcune circostanze e proprio di recente ho verificato che i nostri dati collimano in situazioni specifiche. Naturalmente parlo per quella che è la mia esperienza diretta; questo non significa fare come Ponzio Pilato, dicendo che non so nulla di quello che succedeva prima. Noi stiamo vivendo in diretta questa esperienza nel caso del commissariamento del Sarno: va detto che i nostri dati si sono trovati perfettamente, dal punto di vista sia delle misure sia delle metodologie e delle linee, con quelli dell'Istituto superiore di sanità, dell'APAT e di altre realtà da prendere a riferimento. Per carità, non siamo perfetti - chi non fa, non sbaglia -, però da un punto di vista di dati e di metodologie, almeno in questi mesi, non ho trovato particolari discrasie. Caso mai - chiedo scusa per la considerazione personale - c'è sempre chi cerca di forzare il dato in un modo o di interpretarlo in un altro; anche leggi, classificazioni, codici e tipi di analisi non sono sempre interpretabili in modo univoco. C'è chi vorrebbe seguire una certa metodologia per arrivare ad un risultato e chi vorrebbe seguirne un'altra per pervenire ad un risultato diverso.
Al di là del mio ottimismo, ho trovato un certo rigore, in alcune situazioni, che mi ha tranquillizzato, come direttore generale; è antipatico farsi dei nemici dicendo «questa cosa non si può fare», in riferimento allo smaltimento di rifiuti o a fatti del genere, perché sono fenomeni collegati ai costi. Ognuno naturalmente cerca di trovare la soluzione amministrativamente più semplice e quella economicamente più conveniente. I nostri uffici, sebbene con un certo rigore, mi sembrano decisamente attenti; non vorrei vantarmi, ma ho l'impressione che la Campania, per quel che riguarda suolo e rifiuti, attualmente sia una regione che, a livello di Agenzia, si può permettere di dare lezioni a tante altre realtà agenziali, perché ha maturato un'esperienza sul campo...
DONATO PIGLIONICA. Malauguratamente!
LUCIANO CAPOBIANCO, Direttore generale dell'ARPA Campania. Purtroppo. Però, cerchiamo di vedere il lato positivo, che è rappresentato dalla competenza tecnica che obiettivamente non si ha in altre parti d'Italia; abbiamo una mole di dati ed una capacità di restituzione di dati che non hanno altre regioni molto più attrezzate di noi. Questo va detto con estrema franchezza e senza tema di smentita.
Per quanto riguarda il problema delle diossine, è intervenuto un provvedimento di emergenza con cui sono state attribuite alcune competenze all'APAT ed altre all'ARPAC; le competenze della Sogin seguono quelle dell'APAT, nel senso che noi non abbiamo questo tipo di attività. Sulla campagna di monitoraggio delle diossine svolta dall'APAT, rispettando il nostro ruolo, facciamo delle controanalisi, e questo è un altro motivo di crescita, perché effettuiamo delle controanalisi sui campioni del nostro grande - se si può dire così - braccio tecnico del Ministero dell'ambiente.
La regione Campania di recente ci ha affidato, sempre nell'ambito della diossina, una campagna di informazione sul rischio diossina; il finanziamento è stato ripartito fra il sistema agenziale APAT, per il 90 per cento, e l'ARPAC, per il rimanente 10 per cento, ma si tratta di attività essenzialmente di controllo; non sono le attività principali, che sono seguite direttamente dall'Agenzia nazionale.
Sul campo diossine non abbiamo alcun tipo di rapporto con la Sogin.
DONATO PIGLIONICA. Vorrei sapere se la situazione abbia qualcosa di dinamico nel tempo, vale a dire se il quadro dei valori delle diossine stia migliorando o sia stazionario.
LUCIANO CAPOBIANCO, Direttore generale dell'ARPA Campania. Le chiedo scusa, ma su questo vorrei avere la palla di vetro. Finalmente si sta parlando del problema delle diossine, che è all'attenzione di tutti, un problema complicatissimo, che richiede un'analisi di dettaglio sul territorio della regione Campania e
finanziamenti che al momento, al di là della mia lamentela riguardo all'Agenzia nazionale, non sono immaginabili; però si sta procedendo, sulla base dell'emergenza, ad una pianificazione che mi sembra attenta ed intelligente, nel senso che si sta concentrando l'attenzione sulle aree maggiormente a rischio e si sta ipotizzando in ogni caso un piano di monitoraggio che potrà essere esteso a tutte le zone della Campania. Mi sembra che l'APAT stia facendo un ottimo lavoro, in parte con i soldi disponibili e in parte con il nostro contributo. Siamo riusciti finalmente in questi giorni, in relazione al laboratorio - perché in tutto il Mezzogiorno non esiste un laboratorio per le diossine - a sbloccare la situazione: è intervenuto un problema amministrativo in riferimento alla gara e martedì scorso abbiamo vinto il ricorso al Consiglio di Stato; quindi anche su questo, con buona volontà e con molto spirito di sacrificio, la Campania potrà dare un segnale positivo nei confronti della regione e di tutto il sud, perché avrà il primo laboratorio pubblico attrezzato per le diossine nel Mezzogiorno. Naturalmente poi dovremo trovare il personale da adibirvi ed i soldi per pagarlo, ma intanto cominciamo a creare il laboratorio e poi le risorse le troveremo.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al senatore Sodano, comunico che ci hanno raggiunto anche il signor Sebastiano Sodano e il dottor Giuseppe D'Antonio, direttore del Centro regionale inquinamento atmosferico (CRIA).
TOMMASO SODANO. Ingegnere, le sue parole sono incoraggianti, le prendiamo tutte per buone sperando che la situazione migliori; infatti, quello che abbiamo ascoltato in questi mesi, sia dalle istituzioni locali sia dalla magistratura...
PRESIDENTE. Senatore Sodano, quando c'è un nuovo dirigente il percorso è reso più agevole, perché si chiude una stagione e se ne apre un'altra.
TOMMASO SODANO. Speriamo che la nuova pagina sia scritta in modo limpido e trasparente.
Lei prima ha detto, in riferimento a Manocalzati, che il problema diossina, almeno ad una prima valutazione, non dovrebbe essere particolarmente rilevante. Gradirei un approfondimento in proposito, perché questo è uno degli elementi che ha destato maggiori preoccupazioni.
In secondo luogo, in relazione alle deficienze che lei oggi ci ha confermato in ordine ai laboratori per le analisi sui rifiuti e soprattutto agli impianti di CDR ed in ordine alla discordanza dei dati tra i diversi laboratori, noi abbiamo acquisito in questi mesi delle informazioni circa l'utilizzo di laboratori di proprietà del gruppo Impregilo da parte dell'ARPA; ci ha sconvolto la notizia che in sostanza si è chiesto all'oste come è il vino. Non a caso quindi c'era discordanza tra i dati. Per dirlo più chiaramente, i rilievi svolti presso gli impianti di CDR da parte dei tecnici dell'ARPA venivano poi trasmessi al laboratorio Impregilo di Genova per la verifica.
PRESIDENTE. Era l'ARPA ad effettuare i prelievi?
TOMMASO SODANO. Sì: una pratica un po' scandalosa, se mi è consentito.
LUCIANO CAPOBIANCO, Direttore generale dell'ARPA Campania. Non è proprio così.
TOMMASO SODANO. Gradiremmo una parola su questo.
PRESIDENTE. Io ricordo un'altra vicenda, quella della SEA.
TOMMASO SODANO. La SEA è venuta dopo, è stata sostituita dal commissario Catenacci...
PRESIDENTE. Anche la SEA è partecipata Impregilo.
TOMMASO SODANO. Si tratta della seconda fase.
PRESIDENTE. La prima non la ricordavo.
TOMMASO SODANO. La prima era relativa a Genova-Impregilo. C'è stato fatto un racconto abbastanza colorito sul modo in cui venivano effettuate queste trasferte per portare i campioni per le analisi a Genova.
LUCIANO CAPOBIANCO, Direttore generale dell'ARPA Campania. A questo punto, se consentite, lascerei la parola alla dottoressa Imperatrice, che rappresenta la memoria storica, in quanto era il direttore tecnico dell'Agenzia. La voce relativa all'utilizzo dei forni della FISIA a Genova per una serie di campioni è giunta anche a me, ma il problema è costituito forse dalla scelta non condivisibile di utilizzare forni di proprietà di un privato.
PRESIDENTE. Direttore, mi perdoni: non si tratta del fatto che è di un privato. Il senatore Sodano esprime sensibilità politiche distanti dai privati, ma nella fattispecie non credo sia questa la motivazione.
LUCIANO CAPOBIANCO, Direttore generale dell'ARPA Campania. Si tratta del general contractor; la questione mi è chiara. Però i tecnici che ho sentito sull'argomento mi hanno dato delle garanzie. Non le sto a dire chi mi abbia raccontato di queste trasferte; non c'è assolutamente intento polemico, purtroppo sono molto diffidente. Questa mattina mi è pervenuta una denuncia sporta alla procura della Repubblica, alla Corte dei conti, ai Carabinieri, su un comando che io non ho mai fatto, relativo ad una persona che io non conosco neppure. Si figuri, sono abituato a queste cose, perché purtroppo in Campania molte volte si gioca un po' con le parole, però sono molto attento a vedere la realtà; infatti, parlare male è uno degli sport preferiti degli italiani e soprattutto dei campani. Per evitare considerazioni fuori di ogni etica, passerei la parola alla dottoressa Imperatrice.
MARIA LUISA IMPERATRICE, Direttrice di staff dell'ARPA Campania. Per quanto riguarda il problema relativo a Manocalzati, noi abbiamo fatto un certo tipo di valutazione, per quanto riguarda la diffusione di diossine in aria: in realtà i limiti di concentrazione delle diossine nell'aria sono bassissimi e comunque, anche nel corso di un incendio, è difficilissimo prendere un campione che possa essere rappresentativo, vale a dire che possa contenere tanta diossina da poter raggiungere i limiti di rilevabilità. Quindi normalmente in open air, cioè quando non c'è una fonte puntuale di contaminazione ma c'è una distribuzione dovuta anche al vento, anche da parte delle agenzie americane ed australiane sono effettuate campagne di campionamento che durano dai sette ai ventotto giorni proprio per raggiungere un quantitativo in aria tale da poter essere valutato. Dato che l'incendio è durato tre o quattro giorni, si sarebbe trattato effettivamente di un campionamento che difficilmente avrebbe prodotto dei risultati.
In secondo luogo, ricordiamo che comunque siamo di fronte ad una sostanza che è pericolosa per ingestione e non per inalazione, a meno che non si tratti di un caso come quello di Seveso, con una concentrazione in aria tale da provocare anche fenomeni di intossicazione acuta. Ci siamo quindi riservati - e l'abbiamo già fatto - di predisporre i campioni come avviene anche in altre situazioni, vale a dire di valutare la concentrazione di diossina misurando la deposizione al suolo o sulle foglie degli alberi circostanti. Per questo motivo ora non abbiamo dati relativi alla diossina in relazione a quell'incendio.
In riferimento al CDR, il direttore generale ha detto giustamente che io rappresento la memoria storica. Noi abbiamo effettuato una campagna di monitoraggio per conoscere la qualità del CDR prodotto in Campania, che ci era stata commissionata dal Ministero dell'ambiente; per questa indagine conoscitiva abbiamo utilizzato,
in presenza di nostro personale, le strutture dei laboratori di Caivano e di Genova. Le stufe in cui abbiamo misurato l'umidità, che è uno dei parametri fondamentali, sono state sigillate da nostro personale con verbale e dissigillate per il peso (si effettua la pesata per unità e poi una pesata per differenza), dopo di che i campioni sono stati pesati in presenza di nostro personale. Tra l'altro c'era una difficoltà oggettiva, ripeto, perché era una campagna conoscitiva e non un'indagine giudiziaria, con difficoltà enormi legate anche ai finanziamenti. Si tenga presente che un campione rappresentativo di CDR doveva pesare sette chili (adesso di più) di materiale raccolto durante i vari cicli della lavorazione. Noi prelevavamo tre campioni al giorno, da sette chili ciascuno, da varie balle; si trattava dunque di un'attività estremamente complicata. Ciascun campione da sette chili, dopo essere stato essiccato, doveva essere surgelato, perché per effettuare un'analisi di laboratorio deve essere macinato. Sono quindi necessari surgelatori molto capienti per prendere più campioni per volta. Il materiale poi deve essere triturato e ancora surgelato, altrimenti non è sufficientemente omogeneizzato per poter essere analizzato in laboratorio.
Nel corso di quelle analisi, i cui risultati ho avuto l'onore di comunicare alla Commissione ambiente della Camera, non abbiamo trovato neanche un campione che corrispondesse, quanto al potere calorico specifico ed all'umidità, i due valori fondamentalmente incriminati, ai limiti di legge. L'ho scritto e l'ho dichiarato alla Commissione. Questo significa che le analisi erano fatte bene. Invece non abbiamo trovato particolari contaminanti ambientali. Questi risultati, che abbiamo inviato al commissario, sono stati confermati anche dalla procura (questo da notizie di giornali, perché io non ho accesso ai dati della procura), perché i periti della stessa, ad un anno di distanza dalla nostra campagna di monitoraggio, hanno confermato l'inesistenza di contaminanti ambientali nei campioni da loro prelevati e fatti analizzare, ma hanno rilevato il problema, che io ho certificato oltre un anno fa, di un potere calorico specifico inferiore ai limiti di legge e di un'umidità superiore agli stessi limiti.
Ho certificato questi risultati in alcune relazioni firmate da me. Io, in camera caritatis, presso alcuni di questi laboratori ho fatto eseguire le analisi di taluni dei parametri di inquinanti ambientali che noi potevamo analizzare una volta omogeneizzato il campione. I dati analitici, come ha detto anche il direttore generale, non sono paragonabili uno ad uno; ripeto, i risultati che ho ottenuto dai miei laboratori non solo erano paragonabili a quelli del laboratorio FISIA, ma in alcuni casi erano inferiori, anche se solo di pochi microgrammi. Ho effettuato dei controlli a campione per mia sicurezza personale, senza che il laboratorio lo sapesse, del materiale che loro avevano analizzato, al fine di confrontare i dati, ed i nostri laboratori hanno confermato i risultati comunicati da FISIA. Comunque, abbiamo detto - e l'abbiamo anche scritto - che non va bene, a prescindere dal fatto che si tratti o meno di FISIA.
PRESIDENTE. Tornando un attimo alla vicenda di Manocalzati, prima dell'incendio l'ARPA ha mai svolto controlli presso quell'impianto? Ha partecipato ai processi autorizzativi? Alla luce dei sopralluoghi effettuati ex post, si può fare una valutazione sulla gestione dell'impianto e sulle modalità di stoccaggio dei rifiuti? Siete intervenuti nella fase preventiva dell'autorizzazione di quelle modalità? Qual è stata la vostra partecipazione al processo prima e dopo l'incidente?
COSIMO BARBATO, Direttore del dipartimento di Avellino dell'ARPA Campania. Noi non partecipiamo agli aspetti autorizzativi; in questo caso specifico l'impianto era già autorizzato dal 1999, ai sensi dell'articolo 28 del decreto Ronchi, dalla regione Campania, a stoccare tutta una serie di rifiuti. L'impianto è anche autorizzato dall'amministrazione provinciale ai sensi dell'articolo 33, quindi può operare sia in regime ordinario sia nel regime previsto da quell'articolo.
Abbiamo dato vita ad una serie di ispezioni dell'impianto dal 2002 ad oggi, e tutto quello che non andava lo abbiamo normalmente segnalato agli enti preposti: amministrazione provinciale, regione, prefetto, commissariato del Governo per l'emergenza rifiuti. Posso dire anzi che, per quanto riguarda un caso specifico, già nel 2001 il commissario ha autorizzato il deposito di 2.190 tonnellate di rifiuti nel sito di Manocalzati, rifiuti provenienti in particolare da Paolisi e da Giffoni Valle Piana. Lo abbiamo segnalato ed abbiamo sempre detto all'IRM ed agli organi preposti che quei rifiuti andavano tolti. Fortunatamente pochi giorni prima dell'incendio, avvenuto il 22 gennaio, il commissario Catenacci ha emesso un'ordinanza che imponeva la rimozione dei rifiuti, dando mandato alla Gesco di portarli via. Quindi al momento dell'incendio erano stoccati solo i rifiuti di proprietà del commissariato, per una quantità pari a 1.050 tonnellate.
PRESIDENTE. Quindi parlare di 7.000 tonnellate non è corretto.
COSIMO BARBATO, Direttore del dipartimento di Avellino dell'ARPA Campania. Sono quasi 7.000 tonnellate, perché abbiamo il comune di Avellino, con circa 6.000 tonnellate di rifiuti solidi urbani, il comune di Manocalzati, con circa 562 tonnellate, il comune di Mercogliano, con circa 380 tonnellate. Si tratta di circa 7.000 tonnellate stoccate nel capannone interessato dall'incendio. Inoltre sono stoccate negli altri siti dell'IRM, per l'attività ordinaria, 2.200 tonnellate di rifiuti di altro genere, con altro codice. Gli unici dati in possesso di tutti gli enti relativamente al monitoraggio sono dell'ARPAC e quindi non possono, in questo caso specifico, essere in contrasto con altri dati, in quanto non ve ne sono.
L'incendio si è sviluppato intorno alle 16.30 del 22 gennaio: alle 19 siamo stati allertati dalla prefettura, alle 20 eravamo sul posto; è venuto anche il direttore generale alle 22, accompagnato da un laboratorio mobile. Quindi immediatamente abbiamo cominciato ad effettuare i rilievi. La fase di monitoraggio, che è ancora in corso, si è articolata in tre fasi principali: nella prima, immediatamente dopo l'incendio, sono stati analizzati gli elementi che potevano scaturire dalla combustione di quel particolare tipo di rifiuti solidi urbani. La seconda fase è stata di analisi più completa; abbiamo aumentato il raggio di azione, altri sono stati gli elementi che abbiamo valutato e siamo intervenuti, grazie al direttore del CRIA, D'Antonio, con un laboratorio mobile. Quanto alle strutture attualmente in dotazione all'ARPAC, abbiamo un unico laboratorio mobile che per poter essere trasferito a Manocalzati - perché in quel momento ce n'era necessità - è stato smontato dalla discarica di Settecainati di Giugliano. Quindi allo stato abbiamo il laboratorio mobile ancora a Manocalzati, però non lo abbiamo a Giugliano, e non vi dico la reazione della popolazione di Giugliano! Le condizioni economiche dell'ARPAC sono state illustrate dal direttore: noi possiamo ritardare negli interventi, però ritengo che i nostri interventi siano sempre estremamente precisi e puntuali, come in questo caso particolare.
La terza fase era relativa al monitoraggio completo di tutte le matrici nei sette comuni limitrofi a Manocalzati: aria, suoli, acque superficiali e sotterranee. Abbiamo presentato all'amministrazione provinciale un programma completo per quanto riguarda questo monitoraggio dopo aver effettuato uno studio su tutta una serie di problemi che potevano presentarsi in fase di monitoraggio, e l'amministrazione provinciale ha ritenuto opportuno finanziare questo monitoraggio, che è ancora in corso.
Ritornando alla prima fase, quella subito dopo l'incendio, il 23 gennaio già abbiamo fornito i primi dati al commissariato, alla prefettura, al comune di Manocalzati e a tutte le altre istituzioni interessate. Avevamo tre postazioni, una all'IRM, un'altra a 250 metri, un'altra ad un chilometro: dai dati emergeva che già dai 300 metri in poi non c'erano problemi relativamente alla qualità dell'aria. È
chiaro che nell'area immediatamente vicina all'IRM avevamo una serie di problemi soprattutto in ordine all'acido fluoridrico e al monossido di carbonio.
È stato importante ed interessante studiare le modalità dell'incendio; in questa fase, dal 22 al 24 gennaio, avevamo fiamme alte, venti estremamente variabili, colonne di fumo di 40-50 metri. Questo ci ha indotto a non consigliare al sindaco di Manocalzati di sgomberare in quanto, data l'estrema variabilità dei venti, la nube tossica si spostava e quindi avrebbe dovuto evacuare, e non ce n'era la necessità, un raggio di 150 metri. Ripeto, in base ai dati in nostro possesso, già da 300 metri non c'erano problemi.
Poi abbiamo avuto una seconda fase, dal 25 al 29 (l'incendio si è spento il 30), dove in effetti si è registrata un'unidirezionalità dei venti nord-nordovest; abbiamo avuto una fase di non completa combustione del rifiuto, cosa estremamente pericolosa, ed è intervenuta una grossa movimentazione dei rifiuti stessi, in quanto i Vigili del fuoco li stavano spegnendo e spostando. Poi a causa di questa concomitanza di eventi abbiamo avuto un aumento delle polveri, le famose PM10, e dei valori degli idrocarburi non metanici. A questo punto ci siamo veramente preoccupati e ci siamo confrontati con il CRIA, abbiamo tenuto una serie di riunioni ed abbiamo ritenuto che era il caso, dal 25 in poi, di consigliare all'amministrazione comunale di sgomberare un raggio di 250 metri. Questa è stata l'evoluzione della situazione.
Perché non abbiamo proceduto al monitoraggio delle diossine? Lo abbiamo ampiamente illustrato anche all'ingegner Sciuderi, che è il consulente nominato dal magistrato, con il quale siamo in costante contatto; anzi, i risultati di tutte le analisi che periodicamente svolgiamo vengono forniti anche a lui nonché ai Carabinieri, e gli abbiamo spiegato perché - e lui ha concordato con noi - non era il caso di effettuare analisi della diossina in aria; lo stiamo facendo sui suoli e ritengo che entro una ventina di giorni avremo completato il quadro. Sarà ovviamente cura del direttore generale comunicare al presidente gli esiti degli accertamenti.
TOMMASO SODANO. In riferimento alla mia precedente domanda sui laboratori, quelli che utilizzate attualmente sono dell'ARPAC o continuate ad avvalervi di quelli esterni in ordine al CDR?
MARIA LUISA IMPERATRICE, Direttrice di staff dell'ARPA Campania. Per quanto riguarda il CDR, proprio perché è particolare ed in quanto esiste una norma UNI internazionale che prevede come si debba procedere, il trattamento dei campioni è il problema fondamentale: quando abbiamo provato al dipartimento di Napoli, in emergenza e su pressione della magistratura, a fare l'analisi dei rifiuti, siamo stati denunciati dai nostri colleghi coinquilini della provincia perché, dopo aver fatto seccare per 24 ore anche un solo chilo di rifiuto, non si può entrare nel laboratorio, né al piano di sopra né al piano di sotto. Mi dispiace tornare sempre al discorso dei finanziamenti, ma bisogna costruire un apposito laboratorio in contropressione; abbiamo le attrezzature, ma c'è il problema della sicurezza del lavoro e della strutturazione di ambienti idonei per questo tipo di trattamenti.
Per quanto riguarda i rifiuti, dato che le quantità sono minori e non c'è il problema dei famosi sette chili, ci avvaliamo dei nostri laboratori, fin quando è possibile, nelle condizioni in cui si può operare.
Prima di dar vita al programma di indagine conoscitiva lo abbiamo comunicato a tutti gli enti interessati; il commissariato ha fatto conoscere questa procedura alle procure, alle province, ai comuni interessati, prima che se ne occupasse l'autorità giudiziaria. Si trattava di una campagna preliminare.
PRESIDENTE. Lei ha detto che il dato veniva letto attraverso delle forzature. Ci spiega meglio cosa intendeva?
LUCIANO CAPOBIANCO, Direttore generale dell'ARPA Campania. Non esistono
discrasie fra dati; noi abbiamo degli uffici particolarmente rigorosi. Naturalmente io in cinque o sei mesi ho visto più persone interessate ad una semplificazione delle procedure, che a fronte di un'analisi coscienziosa si lamentano perché vorrebbero smaltire i materiali con attribuzione di codici più semplici. I tecnici dell'ARPAC su questo sono abbastanza rigorosi e non c'è dunque un pericolo in deminutio del risultato delle analisi. Anche con commissari di Governo come il generale Jucci, in caso di perplessità sui metodi seguiti diciamo fino in fondo come la pensiamo, in quanto riteniamo che il problema della sicurezza ambientale sia preminente rispetto ad un'eventuale maggiore spesa per un trasporto verso una certa discarica o verso un altro sito.
PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Capobianco, il dottor D'Antonio, il dottor Barbato, la dottoressa Imperatrice ed il dottor Sodano per la squisita disponibilità e per le utili indicazioni offerte, che saranno certamente per noi elementi per ulteriori ed approfondite valutazioni su questa delicata tematica e chiedo loro la cortesia di farci pervenire tutti quei dati che potranno mettere a nostra disposizione.
Dichiaro conclusa l'audizione.
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