XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 4472




        Onorevoli Colleghi! - Il Consiglio dell'Unione europea con la decisione 2001/903/CE del 3 dicembre 2001, ha proclamato il 2003 anno europeo delle persone con disabilità.
        L'iniziativa intende:

                a) sensibilizzare i cittadini sui temi legati alla non discriminazione e all'integrazione;

                b) sostenere azioni concrete per favorire le pari opportunità e l'inclusione sociale;

                c) informare sulle buone prassi a livello locale, nazionale ed europeo;

                d) intensificare la cooperazione tra tutti gli attori delle politiche a favore dei disabili;

                e) diffondere un'immagine positiva dei disabili;

                f) promuovere i diritti dei bambini e dei giovani disabili ad un pari trattamento nell'insegnamento.

        Ulteriori indicazioni a favorire l'inserimento dei disabili vengono da varie posizioni ufficiali del Consiglio in materia di occupazione, e soprattutto dalla direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000 per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.
        Le attuali politiche nazionali per il riconoscimento della disabilità sono disciplinate da tre complessi di norme, cui corrispondono diverse valenze prevalenti, tra loro non sempre ben coordinate (tabella 1).
Tab. 1 - Norme in materia di disabilità (invalidità/handicap) e loro ambito prevalente di intervento.

... (omissis) ...

        Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in copresidenza con il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri, è istituito un organismo di coordinamento, presieduto da rappresentanti degli stessi Ministeri.
        Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si fa carico, attraverso le proprie strutture centrali e periferiche e i rapporti con altre amministrazioni centrali, regionali e locali, dell'assistenza, dei diritti e dell'integrazione sociale dei disabili; ripartisce le risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali; è responsabile dell'attuazione della legge quadro in materia di servizi sociali (legge 328 del 2000), ha competenze per l'applicazione della legge n. 68 del 1999 e cura l'elaborazione e la redazione della relazione annuale al Parlamento sullo stato di attuazione della legge n. 104 del 1992 (legge quadro sull'handicap).


La legge n. 68 del 1999.

        Questa legge ha rappresentato una svolta importante nelle politiche per la disabilità, in quanto al previgente sistema vincolistico (legge n. 482 del 1968, abrogata dalla stessa legge n. 68 del 1999), indifferenziato e rigido, articolato su liste di collocamento e sullo schema "diritto dell'invalido/obbligo del datore di lavoro", a prescindere dalle mansioni e dalla natura delle disabilità, ha sostituito un sistema che prevede:

            1) un appaiamento tra capacità globale del disabile e offerta di lavoro;

            2) una maggiore flessibilità del collocamento, essendo prevista anche la (nuova) ipotesi di contrattazione diretta del rapporto di lavoro tra disabile e datore di lavoro obbligato (e disposto) ad assumere, senza l'intermediazione del sistema del collocamento. L'approvazione della legge n. 68 del 1999 nel corso della precedente legislatura ha visto un'ampia convergenza delle forze politiche sulle questioni di principio e, soprattutto, sul nuovo approccio, basato sulla capacità effettiva del disabile, intesa in senso positivo di valorizzazione e di promozione delle sue capacità (e non mirato sul deficit funzionale, dato per scontato e immutabile), e pro-attivo, nel senso di misure normative e tecniche, inclusi incentivi alle imprese per l'assunzione e l'adeguamento dei posti di lavoro, intese a favorire il concreto inserimento attraverso l'integrazione della persona e il superamento delle disabilità.

        L'impatto della nuova normativa è stato notevole, e in buona parte positivo, anche se sussistono ritardi e disomogeneità anche gravi nella sua applicazione, con riferimento al comportamento di regioni diverse e talora anche di province diverse nell'ambito della stessa regione.
        Nella consapevolezza che sarebbe oggi impossibile procedere ad un ulteriore riordino della materia, visti da un lato l'effetto generalmente favorevole della legge n. 68 del 1999 sul diritto al lavoro dei disabili, e dall'altro le resistenze che ancora oggi incontra la "nuova normativa", di cui gli atteggiamenti appena citati sono solo un aspetto, si rende necessario procedere alla revisione della normativa vigente, almeno per quanto concerne alcuni dei punti lasciati insoluti dal legislatore, soprattutto in materia di procedure sanitarie finalizzate all'inserimento lavorativo.


1. Procedure sanitarie per l'inserimento degli invalidi del lavoro e degli invalidi di guerra e per servizio.

Per gli invalidi civili il momento del riconoscimento del diritto (percentualizzazione dell'invalidità) e le procedure sanitarie finalizzate all'inserimento sono ricomposte in capo al Servizio sanitario nazionale, fondamentalmente allo stesso soggetto istituzionale: infatti, la commissione prevista dalla legge n. 68 del 1999 (articolo l, comma 4) è quella introdotta dalla legge n. 104 del 1992 in materia di handicap (articolo 4). Questa, a sua volta, altro non è che è la commissione per il riconoscimento dell'invalidità civile (si veda, da ultimo, la nuova tabella indicativa delle percentuali di invalidità, di cui al decreto del Ministro della sanità 5 febbraio 1992, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1992), integrata da un esperto nella patologia prevalente e da un operatore sociale (assistente sociale o educatore professionale dell'azienda sanitaria locale o del comune), che ha la funzione di collaborare alla valutazione della persona nelle sue modalità di interazione e di inserimento nell'ambiente di vita e di lavoro.
        Le procedure sanitarie della legge n. 68 del 1999, attualmente disciplinate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 22 febbraio 2000, possono tuttavia essere definite, al meglio, "contorte e di difficile applicazione" per i medici e gli operatori sociali, tanto che se ne propone una semplificazione all'articolo 5 della proposta di legge.
        L'articolo 1 della proposta di legge dispone una revisione, con lo stesso strumento normativo previsto dalla legge n. 68 del 1999 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri), dei criteri e delle modalità per l'effettuazione degli accertamenti sanitari, ispirandosi a princìpi di certezza dei tempi e di semplificazione del procedimento.
        In particolare:

                a) il procedimento deve essere snellito, avvalendosi prioritariamente della via telematica, in quanto il trasferimento degli atti comporta nella prassi corrente gravi ritardi;

                b) il nuovo termine per completare il procedimento è fissato in centoventi giorni in luogo degli attuali centottanta;

                c) si tiene conto dell'esigenza di riservatezza dei dati personali del disabile, riconoscendo l'interesse della persona alla legittima trasmissione, da parte dei vari soggetti pubblici, dei dati sensibili, limitatamente a quelli ritenuti necessari nell'atto di indirizzo e coordinamento ai fini dell'inserimento lavorativo mirato;

                d) si esige una semplificazione della modulistica attuale - criticata da tutti, incluso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali - adeguandola al progresso delle conoscenze sanitarie e tecniche in termini valutativi sia della persona nella sua globalità, che delle misure disponibili per il superamento della disabilità;

                e) viene diversamente regolata la revisione delle valutazioni della Commissione, prevista non secondo criteri burocratici, ma in funzione di specifiche esigenze di verifica dell'efficacia dell'inserimento;

                f) si evita un inutile passaggio burocratico, consistente nella trasmissione degli atti alla commissione medica di verifica del Ministero dell'economia e delle finanze, secondo i termini previsti dal comma 7 dell'articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, oltretutto frainteso nelle finalità (si vedano in proposito le circolari del Ministero del tesoro n. 150 del 7 maggio 2001, e del Ministero dell'economia e delle finanze n. 166 del 3 luglio 2001, tra loro perfino contraddittorie - la prima più compatibile con il quadro normativo e la restante prassi amministrativa ministeriale, la seconda di impostazione esclusivamente formale/burocratica), causa per il passato di gravi ritardi e anche disomogeneità nella applicazione; è degno di nota il fatto che ciò comporta anche un risparmio, in quanto tali commissioni sono composte da esperti retribuiti in ragione delle prestazioni effettuate;

                g) si disciplinano i casi in cui si può dichiarare, come eventualità estrema, il fallimento della procedura di inserimento mirato e la conseguente incollocabilità del disabile, su richiesta dello stesso, ovvero del comitato tecnico previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 469 del 1997, qualora l'inserimento stesso sia risultato ripetutamente infruttuoso.

        E' senza dubbio questa l'esigenza di modifica più sentita da parte di tutti gli operatori del settore.
        I successivi commi dell'articolo 1 intervengono, invece, su alcune situazioni particolari non adeguatamente tutelate dalla legge n. 68 del 1999.
        Per gli invalidi del lavoro (testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965) e gli invalidi di guerra, civili di guerra e per servizio (testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1978), la legge n. 68 del 1999 ha fissato con certezza solo il riconoscimento del diritto (attestato dalle certificazioni di invalidità), senza stabilire, rispetto agli invalidi civili, analoghe procedure sanitarie valutative e di garanzia.
        La situazione ha trovato riconoscimento formale, e soluzione solo parziale, nella circolare del Ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 66 del 2001 "Disciplina generale del collocamento obbligatorio - Assunzioni obbligatorie. Indicazioni operative in materia di accertamenti sanitari e di assegno di incollocabilità", che dava indicazioni all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) di provvedere ad almeno alcune delle successive valutazioni (ad esempio, utilizzo della scheda del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2000, per la valutazione della capacità globale del disabile). A ciò sono seguiti vari atti amministrativi dell'INAIL.
        Il caso degli invalidi di guerra e per servizio, viceversa, non è stato ritenuto degno neppure di indicazioni interpretative, se non in una fuggevole menzione nella citata circolare, che si limita ad affermare in proposito che "il dettato normativo appare più stringente e tale da non consentire, allo stato attuale, operazioni di adeguamento in via amministrativa", dando quindi per scontata l'esistenza di difficoltà gravi e insuperabili.
        E' dunque necessario un intervento legislativo ad hoc, in quanto alla situazione attuale conseguono nei fatti:

                a) diseguaglianze nel riconoscimento effettivo dei diritti e nella tutela tra le diverse categorie di disabili;
                b) difficoltà operative per le pubbliche amministrazioni coinvolte, tanto da costringere i soggetti pubblici a intervenire con vari atti amministrativi (Circolari del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, atti interni dell'INAIL; convenzioni INAIL-regioni, eccetera), non sempre logici e tra loro coerenti.

        I commi 2 e 3 dell'articolo 1 della proposta di legge riconducono, per tutte le commissioni previste dai diversi ordinamenti in materia di invalidità, i percorsi sanitari attuativi della legge n. 68 del 1999 a criteri omogenei, identificati in quelli previsti per gli invalidi civili.


2. Riconoscimento del diritto al lavoro per la persona portatrice di disabilità riconducibili a più ambiti giuridici.

        L'articolo 2 introduce una procedura di valutazione, ai soli fini del riconoscimento del diritto all'inserimento lavorativo mirato, della persona portatrice di disabilità, riconducibile a più ambiti giuridici di riconoscimento.
        La legge n. 68 del 1999 nel testo vigente rimanda infatti, per il riconoscimento della condizione di "avente diritto" (articolo 1, comma 1), a soglie diverse stabilite per i diversi ordinamenti (vedi tabella 2), senza possibilità di una valutazione cumulativa:


Tab. 2. Soglie di riconoscimento del diritto al lavoro per le varie tipologie di invalidità.

... (omissis) ...

        Non è infatti previsto il caso in cui la persona sia, ad esempio, riconosciuta invalida del lavoro al 33 per cento e invalida civile al 45 per cento: infatti i due ordinamenti sono indipendenti e vige il divieto esplicito di doppia valutazione, per cui ciascuna amministrazione si deve limitare al solo ambito di competenza, escludendo quanto già accertato dipendente da altra causa.
        In questo caso alla persona non sarebbe riconosciuto lo status di disabile ai fini della legge n. 68 del 1999 solo perché le cause delle disabilità sono riconducibili ad ambiti diversi (anche per finalità, suddivisibili essenzialmente tra risarcitorie di danni riconducibili al lavoro o al servizio, e sociali di protezione del soggetto "più debole" per motivi riconducibili alla sua salute (vedi anche tabella 1).
        Si tratta di un'evidente distorsione fondata sul riconoscimento del diritto non sulla condizione concreta della persona nella sua globalità, come del resto impone la stessa legge n. 68 del 1999, ma sui diversi procedimenti (che oltretutto prevedono criteri di valutazione niente affatto omogenei).
        Si propone quindi di ricondurre ai criteri previsti per l'invalidità civile la valutazione di tutte le coesistenti "minorazioni", inadeguata traduzione normativa del termine "impairment" previsto dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) secondo la classificazione internazionale di Disability, Impairment and Handicap- ICDIH (1980), peraltro recentemente sostituita dalla stessa OMS con la classificazione di Functioning, Disability and Health- ICF (2000). Quest'ultimo sistema si fonda su princìpi fortemente innovativi rispetto all'ICDIH, e necessiterà di un recepimento nazionale; non può però essere qui richiamato, se non con una citazione di passaggio, per l'importanza che andrà a rivestire nel prossimo decennio, data l'impostazione sostanzialmente diversa da quella su cui si fonda ad oggi la normativa italiana, sia sanitaria che di protezione sociale.
        Si è poi scelto di identificare l'organo competente nella stessa commissione sanitaria prevista dalla legge n. 68 del 1999. In questo modo la commissione potrà immediatamente procedere, qualora la persona sia riconosciuta come "avente diritto", ai successivi adempimenti previsti dalla medesima legge (allo stato, disciplinati dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2000), finalizzati all'inserimento lavorativo.
        La competenza della commissione viene estesa per queste persone anche ai compiti previsti all'atto dell'inserimento lavorativo ed, eventualmente, anche in momenti successivi, riconducibili sostanzialmente alle ipotesi dell'articolo 10 della legge n. 68 del 1999 e dell'articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2000.
        Viene esclusa esplicitamente ogni ulteriore valutazione da parte della commissione sanitaria del Ministero dell'economia e delle finanze, sia al fine di semplificare l'iter, sia perché è posto in rilievo il diritto al lavoro, e non direttamente i benefìci economici di competenza prevalente di tale commissione.
        Si menziona poi l'ipotesi di ricorso, al fine di garantire un livello adeguato di affidabilità al procedimento, riconducendolo a percorsi amministrativi e giudiziali già collaudati.
        In conclusione, la valutazione secondo i vigenti criteri dell'invalidità civile, pur rappresentando una soluzione tutt'altro che perfetta, appare allo stato l'unica che rende possibile risolvere nell'immediato il problema di garantire i diritti della persona disabile adottando criteri omogenei, che (nonostante i ben noti limiti, oggetto di pur giusta critica in ambito medico-legale, e non solo) sono oltretutto ampiamente sperimentati e ben noti agli operatori sanitari chiamati ad applicarli.


3. Riconoscimento del diritto all'inserimento mirato del lavoratore divenuto disabile in corso di rapporto di lavoro.

        Il quadro delineato dalla legge n. 68 del 1999 tutela il diritto al lavoro del disabile il cui rapporto di lavoro sia stato costituito in forza dell'obbligo del datore di lavoro.
        In altre parole, è disabile ai fini della legge n. 68 del 1999 - e specificamente garantito, ad esempio, dal licenziamento - colui che è stato inserito al lavoro tramite le procedure di collocamento obbligatorio, ma non colui che, in corso di rapporto di lavoro, diviene invalido ad un grado tale da integrare i requisiti per il riconoscimento del diritto (confronta tabella 1).
        Ciò vale soprattutto per l'invalidità civile, in quanto:

                a) gli invalidi del lavoro di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 della legge n. 68 del 1990, sono invece tutelati dall'articolo 1, comma 7, della stessa legge, che ne vieta il licenziamento;
                b) gli invalidi di guerra e per servizio sono soggetti a un complesso molto articolato di norme, che non può qui essere richiamato.

        Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, con circolare n. 41 del 2000 in materia di "Invalidità contratta nel corso del rapporto di lavoro", era intervenuto - a seguito di ripetute segnalazioni e anche proteste di cittadini e associazioni - per via amministrativa, ritenendo "possibile il riconoscimento come disabile di un lavoratore invalido, non assunto dalle liste di collocamento obbligatorio, attraverso l'attivazione della procedura prevista dalla legge n. 68 del 1999 e dall'atto di indirizzo e coordinamento successivamente emanato (visita medica di accertamento ad istanza del lavoratore, da parte della Commissione sanitaria integrata di cui alla legge n. 104 del 1992 e successiva redazione della scheda professionale da parte del Comitato tecnico per la verifica della compatibilità delle mansioni cui è adibito)".
        Si tratta di una soluzione oltremodo precaria, priva di stabilità normativa.
        Ove vi sia possibilità di assunzione diretta, è oltretutto invalsa la prassi di richiedere al lavoratore di interrompere il rapporto di lavoro per poi procedere alla riassunzione come disabile immediatamente dopo le dimissioni.
        La questione è particolarmente importante, visto il già notevole numero di riconoscimenti di invalidità in età lavorativa - destinato inevitabilmente ad aumentare nello scenario di una prossima, necessaria elevazione dell'età pensionabile - indicativamente al momento prospettata per l'anno 2008.
        Il mantenimento del posto di lavoro è quindi un interesse prioritario non solo per la persona divenuta disabile, ma anche per la società nel suo complesso, in quanto si limita il ricorso a prestazioni assistenziali non strettamente necessarie.
        Si propone quindi (articolo 3 della proposta di legge recante modifiche all'articolo 4 della legge n. 68 del 1999) di consentire al lavoratore di presentare domanda al datore di lavoro e al comitato tecnico di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 499 del 1997, e successive modificazioni.
        La commissione si dovrà successivamente esprimere sulla compatibilità tra stato di salute e mansioni affidate, o da affidarsi qualora il datore di lavoro ritenga opportuna una diversa collocazione del lavoratore divenuto disabile.
        Viene prevista anche l'ipotesi di un inquadramento come disabile, su richiesta del datore di lavoro, anche in esubero rispetto alla quota di obbligo.
        La procedura viene estesa anche alle persone aventi diritto precedentemente alla costituzione di un rapporto di lavoro tramite collocamento ordinario; viene invece salvaguardato l'attuale regime per il pubblico impiego, dove il candidato deve dichiarare la propria condizione di disabile all'atto della domanda.


4. L'istituto dell'incollocabilità per gli invalidi del lavoro.

        La previgente legge n. 482 del 1968 prevedeva un apposito accertamento sanitario per dichiarare l'eventuale incollocabilità per l'invalido a seguito di infortunio sul lavoro o malattia professionale.
        A seguito dell'abrogazione della citata legge, è scomparsa questa fattispecie di accertamento, effettuato dal Servizio sanitario nazionale, pur permanendo l'istituto dell'assegno di incollocabilità ai sensi dell'articolo 180 del testo unico in materia di assicurazione obbligatoria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, richiamato dall'articolo 4, comma 6, della legge n. 68 del 1999.
        Tale difficoltà è segnalata dallo stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la citata circolare n. 66 del 2001 che attribuisce in via provvisoria all'INAIL la competenza all'accertamento: "Resta comunque ferma la necessità di modificare l'intero assetto normativo, anche in riferimento alle diverse tipologie per le quali l'assegno può essere corrisposto o ripristinato, avviando tuttavia immediatamente, al fine di non interrompere il servizio, la suddetta procedura semplificata". Diverso è però il comportamento dell'Istituto assicuratore.
        Nell'incertezza normativa le pubbliche amministrazioni si comportano in modo non omogeneo sul territorio nazionale, e gli invalidi incontrano non poche difficoltà.
        L'articolo 4 della proposta di legge, che modifica l'articolo 8 della legge n. 68 del 1999, attribuisce in via definitiva all'INAIL anche questa competenza, in linea con le indicazioni generali della proposta di legge, che riconduce tutte le procedure finalizzate al riconoscimento del diritto al lavoro all'amministrazione che ha riconosciuto l'invalidità.


5. Scheda di valutazione del posto di lavoro.

        E' evidente anche ai non addetti ai lavori come la legge n. 68 del 1999 abbia delineato un modello chiave "serratura", in cui il disabile dovrebbe trovarsi inserito in un posto di lavoro perfettamente adatto alle proprie esigenze.
        In realtà, è stato previsto un modello per la valutazione del disabile (il più volte citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 gennaio 2000), senza prevederne uno per la valutazione del lavoro (la chiave), come sarebbe peraltro ragionevole prevedere dall'attenta lettura del criticatissimo allegato I del medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, laddove viene valutato in modo standardizzato il disabile in alcune sue funzioni di base (motorie, sensoriali, eccetera), come del resto avviene per il metodo tedesco ERTOMIS di cui l'allegato citato è largamente debitore.
        La carenza è grave, e solo in parte superabile con la competenza degli operatori e la buona volontà dei disabili.
        Si prevede all'articolo 5 della proposta di legge, che introduce l'articolo 20-bis della legge n. 68 del 1999, un modello di valutazione standardizzata, da approvare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che consenta un più efficace accoppiamento tra offerta di lavoro e capacità globale del disabile, garantendo una migliore prospettiva di successo dell'inserimento di volta in volta proposto.
        La scheda viene trasmessa dal datore di lavoro insieme al prospetto, da compilare annualmente, relativo allo stato di attuazione degli obblighi aziendali in materia di collocamento obbligatorio.
        Attraverso tale modello il comitato tecnico opera un primo appaiamento tra posto di lavoro e disabile, e trasmette la scheda e la proposta alla commissione sanitaria per gli atti di competenza.
        La commissione può così disporre di una descrizione più accurata del posto di lavoro per le proprie valutazioni di compatibilità.




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