XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 4209
Onorevoli Deputati! - Le attività di vigilanza privata,
delle investigazioni private, di ricerca o raccolta di
informazioni e del recupero stragiudiziale dei crediti per
conto terzi, sono tutte attività disciplinate dal testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18
giugno 1931, n. 773, e dal relativo regolamento di esecuzione,
di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635.
La vetustà di tali disposizioni, ma soprattutto
l'espansione dinamica di una società in continua evoluzione,
da tempo consigliavano una revisione normativa di settore, che
tenesse soprattutto conto della contestuale evoluzione del
concetto di sicurezza, che attualmente non è solamente
ancorata alle attività istituzionali di prevenzione e
repressione di polizia, ma che diviene per così dire
"sicurezza partecipata", nella consapevolezza che il
patrimonio sicurezza appartiene a tutti i cittadini ed è
quindi connaturale che tutti debbano in qualche modo offrire
il loro contributo. Di qui la necessità di elaborare un
progetto di sicurezza globale che distingua tra una "sicurezza
primaria" che è e rimane affidata alle varie forze di polizia
e fa capo alle autorità di pubblica sicurezza (nazionale e
provinciali) ed una "sicurezza secondaria, o sussidiaria", che
consenta di demandare ai privati quelle attività che non
presuppongono l'esercizio dei poteri coercitivi che le vigenti
leggi attribuiscono esclusivamente alle forze di polizia.
Questi sono stati i princìpi ispiratori che hanno indotto
il Ministro dell'interno ad istituire, il 23 aprile 2002, un
Gruppo tecnico di lavoro con l'incarico di predisporre il
disegno di legge che si sottopone all'approvazione del
Parlamento.
Il disegno di legge si compone di sei capi:
il primo, che enumera le attività di sicurezza affidate
all'esercizio professionale privato (vigilanza, custodia,
investigazioni e ricerche, recupero crediti, eccetera) e detta
le norme generali e comuni che inquadrano, con forti caratteri
di omogeneità, i tratti essenziali della disciplina
autorizzatoria e dei controlli;
il secondo, che tratta specificamente degli istituti di
vigilanza e delle guardie giurate;
il terzo, che tratta delle imprese fornitrici di servizi
di custodia e dei custodi, confermando alcune recenti
"liberalizzazioni" del settore;
il quarto, dedicato agli istituti di investigazione e
ricerca ed agli investigatori privati, incrociando la relativa
disciplina con due temi di particolare rilievo: la tutela dei
diritti della difesa penale (per le cosiddette "indagini
difensive") e quella concernente il trattamento dei dati
personali (tutela della privacy);
il quinto, dedicato alle agenzie ed agli agenti per il
recupero crediti, cui già si è accennato, per i quali pure
emergono profili di tutela della privacy;
il sesto, infine, riguardante disposizioni diverse e
finali: le sanzioni; le agevolazioni finanziarie e fiscali; il
regime transitorio; le abrogazioni.
Gli obiettivi che il presente disegno di legge mira a
raggiungere possono così riassumersi:
sviluppo delle attività di sicurezza esperibili da
soggetti privati, in un più ampio contesto di sicurezza
generale coordinato e controllato dal Ministero dell'interno e
dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza;
crescita strutturale e funzionale degli istituti di
vigilanza, anche al fine di meglio corrispondere alle esigenze
dell'utenza;
valorizzazione e implementazione delle professionalità
di settore;
calibrata apertura all'Europa, compatibilmente con i
tratti pubblicistici dei compiti delle guardie giurate e con
le esigenze di controllo pubblico su attività particolarmente
delicate per i profili di ordine e sicurezza pubblica;
introduzione di meccanismi atti a favorire un
miglioramento dei servizi e la riduzione dei costi, anche
attraverso esenzioni o incentivi fiscali;
adeguamento del sistema dei controlli.
Passando ad esaminare il provvedimento in dettaglio, si
osserva che con l'articolo 1 vengono innanzitutto definite in
generale le attività di sicurezza sussidiaria, conferendo ai
soggetti privati operanti in tale settore margini di
intervento assai più ampi di quelli che il testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto n. 773
del 1931, attualmente rimette agli istituti di vigilanza. Pur
integrando l'elenco delle attività già note con altre
riguardanti settori di sicurezza decisamente innovativi, quali
la sicurezza delle reti informatiche e di telecomunicazione, è
rimasto l'intento, conforme agli indirizzi generali sopra
evidenziati, di realizzare una impalcatura generale delle
attività di sicurezza esercitabili dai privati, sotto diretto
e puntuale controllo pubblico, suscettibile, tuttavia, di
espansione con strumenti amministrativi e regolamentari
appropriati.
Per molte delle attività prese in considerazione
(vigilanza, trasporto e scorta valori, gestione di sistemi
complessi di sicurezza aziendale, servizi sui mezzi di
trasporto, eccetera) la nozione di "sicurezza secondaria", in
un primo tempo prescelta per le attività disciplinate dal
disegno di legge, merita di essere inquadrata ad un livello di
maggiore integrazione con il "sistema sicurezza" cui attende
l'Amministrazione dell'interno e si è ritenuto quindi di
proporre la formula definitoria "sicurezza sussidiaria", come
quella in grado di esprimere meglio il senso ed il perché di
una legge statuale in materia.
In tale contesto si inserisce il comma 5 dell'articolo 1
che rimette alla decretazione interministeriale, fra l'altro,
l'individuazione di ulteriori attività di sicurezza
esercitabili da soggetti privati, consentendo, ad esempio, di
estendere l'azione di operatori privati ai controlli di
sicurezza agli accessi, anche attraverso l'identificazione
personale degli interessati (ad esempio negli stadi), di
implementare i servizi svolti ad integrazione dei sistemi di
prevenzione e di sicurezza assicurati dalle Forze di polizia
dello Stato (come già ora avviene in ambito aeroportuale). La
lettera c) dello stesso comma contempla poi i servizi di
vigilanza e di sicurezza connessi alle attività di
trattenimento e di spettacolo lascia ampio spazio ad una
disciplina regolamentare delle attività di security
attualmente svolte fuori da ogni controllo (ad esempio gli
accompagnatori "antifans" degli artisti più in voga), al fine
di ricondurre tali attività ad un sistema definito ed
applicabile, dal quale siano comunque esclusi l'uso di armi o
altri strumenti di coazione fisica o l'espletamento di
attività che la legge riserva a soggetti in possesso di
qualifiche pubblicistiche.
L'articolo 2 riguarda la "disciplina generale delle
autorizzazioni" contemplate dal disegno di legge ed al comma 1
viene posta una preclusione significativa, peraltro presente
nell'ordinamento attuale e coerente con il sistema dei
pubblici poteri, che tali autorizzazioni non possono essere
rilasciate per attività che importino l'esercizio di pubbliche
funzioni o limitazioni della libertà personale.
I commi successivi riguardano i requisiti per il rilascio
di tali autorizzazioni. Particolare attenzione viene riservata
ai requisiti soggettivi, che devono essere posseduti, oltre
che dagli intestatari delle autorizzazioni (titolare
dell'istituto organizzato in forma individuale o legale
rappresentante per le società), anche dall'institore, dal
direttore tecnico e dagli altri soggetti che possono in
qualsiasi modo determinare le scelte e gli indirizzi, nonché a
quelli organizzativi ed operativi di cui all'articolo 3.
Sempre relativamente al possesso dei requisiti soggettivi,
la particolare implicazione che l'esercizio delle attività ha
con l'ordine e la sicurezza pubblica e la contestuale
apertura, anche se solo per le attività di portierato, agli
stranieri in possesso della carta di soggiorno, hanno imposto
di considerare adeguatamente la pendenza di procedimenti
penali per reati particolarmente gravi. E' stata quindi
prevista l'estensione delle disposizioni dell'articolo 15,
comma 4-bis, della legge 19 marzo 1990, n. 55, che
disciplina la sospensione dalla carica e l'incandidabilità dei
pubblici amministratori nei cui confronti sia stata esercitata
l'azione penale per gravi reati, come il delitto previsto
dagli articoli 314, primo comma (peculato), 316 (peculato
mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis
(malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318
(corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un
atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione
in atti giudiziari) e 320 (corruzione di persona incaricata di
un pubblico servizio) del codice penale.
Una novità di rilievo rispetto alla precedente disciplina
è sicuramente rappresentata dal comma 7 della disposizione in
esame dove viene prevista la possibilità che in caso di morte
del titolare l'erede o, se si tratta di un istituto esercitato
in forma societaria, chi subentra quale legale rappresentante,
possa continuare ad esercitare l'attività per un periodo non
superiore a sei mesi dalla data della morte, ferma restando la
possibilità per l'autorità di pubblica sicurezza di ordinare
l'immediata cessazione dell' attività se il soggetto
interessato è privo dei requisiti soggettivi. La norma,
infatti, tende ad assicurare il livello occupazionale del
personale dipendente, pur salvaguardando allo stesso tempo le
esigenze di ordine e sicurezza pubblica.
L'articolo 3 (progetto organizzativo e regole
tecnico-operative) impone al soggetto interessato
all'autorizzazione per l'esercizio di un istituto di
"sicurezza sussidiaria" di sottoporre all'approvazione
dell'autorità competente un progetto organizzativo e
tecnico-operativo, congruamente documentato, la cui eventuale
inadeguatezza ne impedisce l'approvazione. Ciò al fine di
assicurare una efficace corrispondenza con le esigenze di
qualità dei servizi e di evitare la proliferazione di licenze
prive di un reale contenuto imprenditoriale.
In definitiva, gli articoli 2 e 3 intendono caratterizzare
una riforma da tempo auspicata per restituire flessibilità ad
un sistema troppo a lungo ingabbiato in regole che le pur
ardite estensioni interpretative non sono riuscite a
svecchiare.
Il presente disegno di legge cerca appunto di delineare un
regime autorizzatorio attento sia ai tradizionali profili di
affidabilità delle persone fisiche investite di incarichi
rilevanti nell'impresa e nella direzione degli istituti
(dedicando anche particolare attenzione alla verifica degli
assetti societari delle imprese), sia alle nuove esigenze
organizzative delle imprese (riconoscendo ad esse la facoltà
di associarsi per meglio corrispondere alle esigenze della
clientela), sia, infine, alle esigenze di professionalità
degli operatori e di qualità dei servizi.
Per assicurare inoltre un'efficace rispondenza, ai fini
della qualità dei servizi, fra licenza e organizzazione
d'impresa, e, soprattutto, per evitare la proliferazione di
istituti privi di una seria prospettiva di successo, è stato
previsto l'obbligo, per i soggetti interessati alla licenza di
esercizio delle attività in argomento, di presentare
preliminarmente un "progetto organizzativo e
tecnico-operativo" contenente precise indicazioni circa la
disponibilità di mezzi logistici, tecnici, finanziari
occorrenti per l'attività da svolgere e circa l'assetto
societario dell'impresa.
L'articolo 4 (disciplina generale delle attività
autorizzate) impone per tutte le attività disciplinate dalla
legge alcuni obblighi generali, oltre quelli previsti dalle
disposizioni riguardanti le singole attività, che devono
essere osservati dal titolare della licenza e dal suo
institore.
Tali obblighi sono:
di tenere affissa nei locali dove si svolge l'attività
una tabella delle operazioni autorizzate, con l'indicazione
delle relative tariffe;
di tenere un registro degli incarichi assunti;
di comunicare al prefetto o al questore l'elenco del
personale dipendente o comunque impiegato;
di vigilare sull'attività del personale;
di informare le autorità di pubblica sicurezza su quanto
comunque attiene l'ordine e la sicurezza pubblica.
Significativa in proposito è la prescrizione contenuta al
comma 2 dello stesso articolo, relativa alle tariffe praticate
che devono essere commisurate alla qualità dei servizi resi ed
ai costi derivanti dall'applicazione del contratto collettivo
nazionale, di lavoro per il personale impiegato, ovvero alle
spese sostenute per gli incaricati non dipendenti, come ad
esempio nel caso dei collaboratori investigativi. La
disposizione mira al mantenimento delle condizioni ottimali di
impiego del personale, come condizione determinante della
qualità e della sicurezza dei servizi svolti.
Nella stessa ottica di assicurare le necessarie condizioni
di sicurezza sul lavoro per gli operatori e l'adempimento
degli oneri previdenziali ed assistenziali, va inquadrata la
disposizione contenuta al comma 6 che contempla la possibilità
per il questore di avvalersi, nell'esercizio delle attività di
controllo, degli accertamenti svolti dagli organi territoriali
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e, per le
attività di recupero crediti degli accertamenti svolti dagli
organi aventi compiti di vigilanza sulle attività di credito,
intermediazione finanziaria ed altre connesse.
L'articolo 5 (diniego, sospensione e revoca delle
autorizzazioni), ai commi 1 e 2, prevede altre ipotesi - oltre
quelle concernenti il possesso dei requisiti soggettivi
contemplate all'articolo 2 - nelle quali le autorizzazioni
previste dalla legge sono negate o revocate: il mancato avvio
delle attività autorizzate decorso un anno dal rilascio della
licenza; la mancanza, anche sopravvenuta, dei requisiti
professionali ed organizzativi occorrenti; la violazione grave
e reiterata degli obblighi inerenti alla licenza; il fondato
pericolo che l'istituto o l'impresa acquisisca una posizione
predominante nel territorio o nel settore di attività; la
presenza nel territorio di un numero adeguato di istituti o
imprese di servizi, di guardie giurate o di altri operatori
abilitati.
I motivi di ordine e sicurezza pubblica, cui oggi fa
riferimento l'articolo 136, ultimo comma, del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza, diventano, quindi, una
condizione residuale ed eccezionale, sottolineata dalla loro
particolare gravità. I commi successivi svolgono una funzione
di garanzia, di cui si avverte l'esigenza, prevedendo
l'instaurazione del contraddittorio per l'avvio dei
procedimenti inibitori. Resta comunque salva la possibilità,
per il questore, di sospendere in via cautelare il titolo per
un periodo fino ad un massimo di sessanta giorni, nonché
quella di adottare i provvedimenti occorrenti per assicurare
la continuità delle attività di sicurezza sussidiaria, anche a
mezzo di commissari straordinari, ovvero autorizzando
l'istituto all'esecuzione dei contratti in corso.
L'articolo 6 (esercizio in forma diretta delle attività di
sicurezza sussidiaria) per l'esercizio in forma diretta, cioè
svolto con propri dipendenti, delle attività disciplinate
dalla legge, di cui all'articolo 1, commi 2 e 3 (con
esclusione cioè delle attività di investigazione e di quelle
del recupero crediti), è previsto il rilascio di un nulla osta
da parte del prefetto, previa indicazione di un responsabile
di tali servizi. Per quel che concerne, in particolare, le
condizioni e le modalità del rilascio, nonché per la
sospensione e la revoca del nulla osta, si rinvia la
disciplina al regolamento di esecuzione, tenuto conto di
quanto previsto dalla legge e dallo stesso regolamento per le
attività svolte dagli istituti autorizzati.
L'articolo 7 (Commissione consultiva centrale per le
attività di sicurezza sussidiaria) prevede l'istituzione di
una Commissione consultiva centrale per il monitoraggio del
settore, nell'ambito della quale far emergere e comporre le
inevitabili rilevanti problematiche connesse ai rapporti tra
gli istituti che svolgono le attività di "sicurezza
sussidiaria" e la grande "committenza", in un quadro di
riferimento, attento ai rilevanti interessi pubblici in gioco,
nel quale sono presenti le amministrazioni interessate.
Una seconda importante funzione della Commissione è quella
della tenuta dei registri delle professionalità più rilevanti
(titolari e direttori degli istituti, security manager,
tecnici della sicurezza, investigatori privati, agenti di
recupero crediti, eccetera).
L'articolo 8 (registro professionale) istituisce, appunto,
il registro delle persone che esercitano le attività di
sicurezza sussidiaria previste dal disegno di legge, per le
quali è richiesta una elevata professionalità, distinto in
apposite sezioni in relazione alla tipologia di attività. Al
registro possono iscriversi i soggetti interessati che siano
in possesso dei requisiti soggettivi di cui al comma 2 dello
stesso articolo, secondo le modalità che saranno individuate
con il decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il
Ministro della giustizia, di cui al comma 3 dello stesso
articolo. Lo stesso decreto - oltre ad individuare, come già
si è detto, le modalità di iscrizione, sospensione e
cancellazione, compresi i criteri e le procedure di
valutazione della condotta - dovrà individuare disposizioni
regolamentari relative alla composizione delle sezioni della
Commissione di cui all'articolo 7, incaricate della tenuta dei
registri; individuare i titoli di studio e le qualificazioni
professionali; disciplinare i collegamenti fra il registro
istituito presso il Ministero dell'interno dal comma 1 della
disposizione in esame e l'albo istituito, come si vedrà,
all'articolo 18 presso ogni corte d'appello per gli
investigatoti abilitati allo svolgimento delle investigazioni
difensive. Le spese per la tenuta dei registri e dell'albo
sono a carico degli iscritti e conseguentemente l'articolo 25
del disegno di legge demanda ad un decreto del Ministro
dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia e
dell'economia e delle finanze, l'individuazione delle somme
dovute e le relative modalità di pagamento.
Altro aspetto qualificante dello stesso regolamento è poi
rappresentato dall'individuazione delle procedure per
l'adozione dei codici di deontologia professionale e le
modalità di controllo della qualità dei servizi prestati
<(articolo 8, comma 3, lettere e) e f)>.
Il capo II del disegno di legge (articoli da 9 a 13) si
occupa "degli istituti di vigilanza e di sicurezza e delle
guardie giurate", attualmente disciplinati dagli articoli da
134 a 141 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e
dalle corrispondenti norme del regolamento di esecuzione del
medesimo testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Si
tratta di una riforma da tempo auspicata dalle categorie
interessate, per adeguare la disciplina sia all'avvento di
sofisticati sistemi di tecnologia avanzata (si pensi ad
esempio al teleallarme, alla vigilanza satellitare, eccetera),
sia agli assetti organizzativi degli istituti, imposti da un
mercato in continua espansione.
Oltre alle innovazioni strutturali già poste in luce
commentando gli articoli 2 e 3, si segnalano le ulteriori
disposizioni dell'articolo 9 che, con specifico riferimento
agli istituti di vigilanza, rivedono il criterio della
"provincialità" della licenza, mantenendolo con le dovute
eccezioni (trasporto valori, sistemi di teleallarme, vigilanza
a cantieri mobili, vigilanza e scorta di convogli ferroviari),
soltanto in ragione della necessaria contiguità spaziale fra
impiego di personale armato ed esercizio delle funzioni di
direzione, gestione e controllo. Viene però contemplata la
possibilità, per gli istituti di vigilanza, di:
attivare una o più sedi secondarie in ciascuna delle
province ove intendano operare;
avvalersi dell' attività di altro istituto di vigilanza
regolarmente autorizzato in altra provincia, mediante stipula
di accordi associativi;
avvalersi di unità mobili per i cantieri itineranti;
avvalersi di personale e di mezzi della stessa impresa
in caso di attività svolta in ambito di comuni direttamente
confinanti con la provincia ove l'istituto è autorizzato,
previa comunicazione al prefetto ed al questore della
provincia interessata e con l'osservanza delle eventuali
prescrizioni imposte dalle predette autorità.
Le disposizioni del presente capo vanno raccordate, come
si è detto, con quelle del capo I, relative alla disciplina
generale delle autorizzazioni, di cui si richiamano le
previsioni alla qualità dei servizi:
la preventiva approvazione del progetto organizzativo e
tecnico-operativo di impresa, di cui già si è fatto cenno
(articolo 3);
un tariffario proporzionato alla qualità ed ai costi dei
servizi, oltre che alle prescrizioni dell'autorità (articolo
4, comma 2);
specifici codici di qualità del tipo UNI da adottare con
decreto interministeriale, sulla base dei requisiti minimi
stabiliti dall'UNI (articolo 1, comma 7);
le prescrizioni questorili sui servizi delle guardie
giurate (articoli 4, 10 e 11);
il ricorso, in sede di verifica e di controllo, a
soggetti pubblici o privati aventi specifiche competenze in
materia (articolo 4, comma 6).
Passando ad esaminare gli aspetti relativi agli addetti
dei vari settori della "sicurezza sussidiaria" un punto
particolarmente qualificante che il disegno di legge prende in
considerazione è quello della nazionalità (per le guardie
giurate, gli agenti di recupero dei crediti ed i collaboratori
investigativi), relativamente al quale vengono ammessi i
cittadini italiani e quelli dei Paesi appartenenti all'Unione
europea. Per gli addetti ai servizi di custodia, invece,
vengono ammessi anche gli stranieri extracomunitari, in
possesso della carta di soggiorno. Si rammenta, infatti, che
l'articolo 2 del testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione di cui al decreto legislativo n.
286 del 1998 e norme sulla condizione dello straniero,
garantisce allo straniero, anche extracomunitario,
regolarmente soggiornante parità di trattamento rispetto al
cittadino (l'articolo 9 dello stesso testo unico consente allo
straniero extracomunitario in possesso di carta di soggiorno
di svolgere nel territorio dello Stato ogni attività lecita,
salvo quelle che la legge espressamente vieta allo straniero o
comunque riserva al cittadino). Una tale soluzione è
giustificata dall'esigenza manifestata in più occasioni dagli
esponenti delle organizzazioni di categoria, i quali hanno
evidenziato una notevole scarsità di risposte alle offerte di
lavoro, soprattutto nelle regioni del nord, ed in particolare
nel settore del portierato. La soddisfazione di tale esigenza,
però, è stata contemperata con quella dei possibili rischi
sotto il profilo dell'ordine pubblico e dell'impatto che le
varie tipologie di attività possono esercitare sui diritti dei
terzi, con la conseguenza che gli strumenti amministrativi
adottati sono stati ispirati ad ovvi criteri di gradualità. Si
progredisce così dall'attività svolta dai "custodi", di cui si
è detto, di per sé rimessa all'iniziativa dei titolari dei
beni da custodire, per i quali si è prevista un'iscrizione
volontaria in un apposito registro tenuto dalla questura, fino
all'attività svolta dalle guardie giurate, per le quali
occorre un apposito riconoscimento formale e un giuramento di
fedeltà alle leggi dello Stato. Particolari sono anche le
regole d'azione per le attività di investigazione e di ricerca
e per quelle di recupero crediti.
Un discorso a parte va fatto poi per la questione della
qualificazione giuridica degli addetti ai compiti di
"sicurezza sussidiaria", significando che sono state
attentamente valutate le proposte di considerare gli stessi -
o almeno le guardie particolari giurate - come "pubblici
ufficiali" o "incaricati di pubblico servizio", o anche solo
"ausiliari di polizia".
Il disegno di legge in esame opta per l'esclusione
dell'una e dell'altra delle formule indicate, ritenendo tali
qualificazioni tecnicamente inappropriate e, comunque, tali da
ingenerare il dubbio, nei cittadini, che si tratti di soggetti
muniti di pubbliche funzioni o di una speciale autorità.
Ciò non ha impedito, però, né di riproporre, estendendola,
la norma dell'articolo 43 del testo unico della legge sugli
ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, di cui al regio
decreto n. 690 del 1907, che attribuisce alle guardie giurate
con compiti di accertamento degli illeciti (esempio le
"guardie venatorie", i "guardaparco" e simili), anche la
qualifica di agente di pubblica sicurezza, né di adottare nel
testo (articolo 11) una tesi "avanzata" per quanto riguarda il
riconoscimento, alle guardie giurate, di occasionali funzioni
di polizia giudiziaria (secondo una consolidata giurisprudenza
della Cassazione) e, soprattutto, di più estese facoltà di
arresto in flagranza.
In altre parole, per tali operatori viene estesa la
facoltà concessa ai privati (e, quindi, anche alle guardie
giurate) dall'articolo 383 del codice di procedura penale, con
riguardo non solo ai delitti perseguibili d'ufficio per i
quali l'arresto sia obbligatorio, ma anche "ai delitti che le
guardie giurate sono tenute a prevenire", sempre che l'arresto
sia consentito. Viene quindi previsto all'articolo 11, comma
4, che nell'ambito del servizio cui sono impiegate le guardie
giurate stendono verbali che fanno fede fino a prova contraria
e hanno l'obbligo di consegnare immediatamente all' organo di
polizia che interviene sul posto le persone arrestate ed i
mezzi di prova eventualmente raccolti.
Il provvedimento in esame pone poi particolare attenzione
al requisito della professionalità degli operatori,
privilegiando quindi la formazione degli addetti. In
particolare, per le guardie giurate l'articolo 13, comma 1,
nel rinviare l'individuazione dei requisiti professionali
minimi ad un decreto del Ministro dell'interno, da adottare
sentita la Commissione di cui all'articolo 7 e la Conferenza
Stato-regioni, presuppone che i programmi di formazione e
l'aggiornamento debbano promuovere il senso di responsabilità
ed assicurare una formazione adeguata ai compiti da svolgere.
Lo stesso articolo 13 distingue poi la formazione
professionale che in generale è di specifica competenza delle
regioni, dalla formazione e dall'aggiornamento professionali
cui possono provvedere anche gli istituti di vigilanza e di
sicurezza e gli enti bilaterali previsti dai contratti
collettivi delle guardie giurate, sulla base di programmi
formativi che saranno individuati con decreto del Ministro
dell'interno. Significativa è, infine, la disposizione
contenuta sempre all'articolo 13 sopra richiamato che,
relativamente alla formazione professionale di competenza
delle regioni, demanda alla Conferenza Stato-regioni, il
compito di promuovere su proposta del Ministro dell'interno,
l'adozione da parte delle regioni di normative comuni per la
formazione delle guardie giurate e degli altri operatori della
sicurezza sussidiaria.
Il capo III (articoli da 14 a 16) si occupa "dei servizi
di custodia e degli altri servizi di sicurezza secondaria".
Vengono quindi in considerazione, per un verso, i servizi
indicati al comma 3 dell'articolo 1:
la scorta tecnica per i trasporti eccezionali ed i
servizi a tutela della pubblica incolumità da assicurare nel
corso di gare ciclistiche, motociclistiche e automobilistiche
su strada;
la custodia di immobili quali case di abitazione,
alberghi, esercizi pubblici, officine, stabilimenti, depositi,
uffici, quando non vi siano particolari esigenze di sicurezza
che richiedono l'impiego di guardie giurate;
per altro verso, nello stesso ambito sono ricompresi
pure i servizi indicati al comma 5, lettera c), dello
stesso articolo 1, nonché quelli non riservati alle guardie
giurate, che saranno successivamente individuati con decreto
del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della
giustizia, sentita la Commissione di cui all'articolo 7.
Anche per questa tipologia di operatori particolare cura
viene posta nell'individuazione dei requisiti soggettivi e
professionali, pur dovendo prendere atto, relativamente ai
primi, della liberalizzazione già intervenuta per le attività
di portierato e custodia (parziale abrogazione dell'articolo
62 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, per
effetto dell'articolo 1, comma 3 e dell'allegato B, n. 1,
della legge n. 340 del 2000) e della improponibilità del
requisito della "buona condotta" (sentenza della Corte
costituzionale n. 440 del 2-16 dicembre 1993).
Si è ovviato allora prevedendo un registro, ove possono
iscriversi in via facoltativa i custodi dipendenti da imprese,
da società o da privati che provvedono direttamente (articolo
16, comma 3) e nel quale devono iscriversi obbligatoriamente i
custodi assunti da apposite agenzie di "portierato" per conto
terzi (articolo 16, comma 1). Sempre per i requisiti
soggettivi, in luogo della "buona condotta" viene introdotta
la nozione di "condotta idonea a dimostrare l'attuale
attitudine e affidabilità" necessarie all'esercizio dei
compiti richiesti. Per tutti viene invece operato il rinvio
<(articolo 16, comma 2, lettere d) ed e)>
all'articolo 11 del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza ed all'articolo 10 della legge n. 575 del 1965
(misure di prevenzione patrimoniali e interdittive, oltre che
personali).
Anche per i custodi e i portieri, si è evitato di
conferire "poteri" particolari, che non fossero quelli stessi
del soggetto presso cui prestano servizio, sottolineando la
diretta responsabilità del titolare del bene che se ne avvale,
oltre che quella del titolare dell'agenzia che abbia
eventualmente assunto o assicurato per conto terzi il servizio
di portierato.
Il capo IV (articoli da 17 a 20) recante la rubrica "degli
istituti di investigazione e ricerca e degli investigatori
privati", contempla il rilascio di una licenza per l'esercizio
di un istituto di investigazione e di ricerca e raccolta di
informazioni per conto dei privati, da parte del prefetto
della provincia in cui ha sede l'istituto, al direttore dello
stesso, iscritto nel registro professionale di cui
all'articolo articolo 8, fermo restando il possesso degli
altri requisiti prescritti dall'articolo 2. Viene poi previsto
(articolo 17, comma 3) il rilascio di una licenza da parte del
questore della provincia di residenza al collaboratore
investigativo iscritto nel registro di cui all'articolo 8.
Tale licenza consente l'esercizio individuale delle attività
di investigazione e ricerche, che può svolgersi o nell'ambito
di accordi di collaborazione, ovvero in un rapporto di lavoro
subordinato con un istituto regolarmente autorizzato.
Anche per gli istituti di investigazione, analogamente a
quanto già osservato per gli istituti di vigilanza privata,
per assicurare un'efficace rispondenza, ai fini della qualità
dei servizi fra licenza e organizzazione d'impresa, e,
soprattutto, per evitare la proliferazione di istituti privi
di una seria prospettiva di successo, è stato previsto
l'obbligo di presentare preliminarmente un progetto
organizzativo e tecnico-operativo contenente precise
indicazioni circa la disponibilità di mezzi logistici,
tecnici, finanziari occorrenti per l'attività da svolgere e
circa l'assetto societario dell'impresa.
Quanto all'efficacia spaziale della licenza, gli istituti
di investigazione assumono gli incarichi nell'ambito
territoriale indicato dalla licenza ed esercitano le attività
autorizzate, solo su espresso incarico del committente
regolarmente annotato nel registro di cui all'articolo 4,
comma 1, lettera b) (articolo 17, comma 7), a mezzo di
collaboratori investigativi dipendenti muniti della licenza
del questore, ovvero attraverso altro istituto di
investigazione o collaboratore investigativo con il quale
siano stati sottoscritti accordi associativi o di
collaborazione, anche saltuaria, preventivamente approvati
dalle autorità (prefetto o questore) che hanno rilasciato le
rispettive licenze.
Nessun "potere" particolare è stato previsto per gli
investigatori privati (fatte salve le facoltà già riconosciute
dalla legge a proposito delle "investigazioni difensive") e
per gli agenti di recupero crediti, per i quali, anzi, si è
prevista una disciplina attenta alle esigenze di tutela della
privacy - per entrambi - e, per i secondi, della
regolarità contabile (articoli 19 e 21).
Relativamente agli investigatori privati, si è inoltre
previsto, colmando una lacuna dell' ordinamento, che, fatte
salve le prerogative inerenti alle "indagini difensive", essi
siano tenuti a denunciare i fatti costituenti delitto di cui
siano venuti a conoscenza nell'esercizio dell'attività
autorizzata (articolo 19, comma 4); allo stato della
legislazione vigente, infatti, l'omissione di denuncia sarebbe
sanzionata solo come violazione dell'obbligo di collaborazione
a richiesta dell'organo di polizia o come favoreggiamento.
Un profilo a parte è quello degli istituti di
investigazione abilitati all'investigazione difensiva
(articolo 18). Mantenendo integralmente le disposizioni
"speciali" in vigore, che sono, poi, quelle del codice di
procedura penale e delle relative disposizioni di attuazione,
viene attribuita al presidente della corte d'appello, come
organo sicuramente "terzo" nel processo penale, la competenza
a disporre l'iscrizione dell'istituto, ovvero del
collaboratore investigativo, che siano in possesso della
licenza, rispettivamente, di cui all'articolo 17, commi 1 e 3,
in apposito albo da tenere presso ogni corte d'appello.
Lo stesso articolo 18 prevede poi che la tenuta, comprese
le disposizioni inerenti all'iscrizione, alla sospensione ed
alla cancellazione dal citato albo, è determinata con
regolamento da adottare su proposta del Ministro della
giustizia, di concerto con il Ministro dell'interno.
Il presidente della corte d'appello, sentiti il
procuratore generale ed, il questore, è inoltre competente ad
impartire le direttive generali che devono essere osservate
per la regolarità dell'attività investigativa autorizzata.
Per quanto riguarda, infine, le cosiddette "informazioni
commerciali" l'articolo 17, comma 8, consente finalmente di
chiarire che non occorre la licenza di "investigazione
privata" per le attività di ricerca e raccolta delle
informazioni presso albi, registri o repertori, comunque
denominati, istituiti per fini di pubblica notizia o destinati
alla pubblica consultazione.
Il capo V riguarda l'attività di recupero crediti che, pur
presentando elementi di contiguità con quella di
investigazione e di ricerca, è oggettivamente ai margini della
materia "sicurezza sussidiaria". Si è comunque preferito
disciplinarla nel disegno di legge, al fine di poter
comprendere in un contesto normativo statuale una materia
finora riservata alla competenza degli organi dello Stato per
gli spiccati profili di ordine e sicurezza pubblica che essa
presenta. Si rammenta, infatti, che l'articolo 163, comma 2,
lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
112, conferma allo Stato la competenza al rilascio delle
licenze ex articolo 115 del testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza limitatamente alle attività di recupero
crediti, pubblici incanti, agenzie matrimoniali e di pubbliche
relazioni.
Considerate tuttavia l'ampiezza della materia ed
l'interrelazione fra le diverse esigenze da tutelare, gli
aspetti attuativi e di dettaglio, per i quali non vi sia una
riserva di legge, sono stati rinviati al regolamento di
attuazione o ad altre fonti secondarie.
Il capo VI (articoli da 23 a 26), reca infine,
disposizioni diverse e finali: le sanzioni; le agevolazioni
finanziarie e fiscali; il regime transitorio; le
abrogazioni.
Tali disposizioni meritano di essere richiamate unicamente
per i profili attinenti agli incentivi e al regime
transitorio.
Per quel che concerne la disposizione di cui all'articolo
24 lo scopo di tale previsione è quello di promuovere lo
sviluppo del settore ed in proposito viene previsto che al
contributo di cui all'articolo 74 della legge 27 dicembre
2002, n. 289, possono accedere anche le piccole e medie
imprese commerciali interessate a programmi di spesa per la
realizzazione o il potenziamento della sicurezza sussidiaria,
mediante contratti pluriennali con istituti di vigilanza e di
sicurezza per attività di sicurezza da svolgere mediante
l'impiego di guardie giurate.
Per la fase transitoria, infine, l'articolo 25 prevede per
un verso che le attività non sottoposte a licenza
anteriormente alla data di entrata in vigore della legge
possono essere proseguite per non oltre sei mesi successivi.
Altra previsione è poi quella relativa alle licenze rilasciate
prima della data di entrata in vigore della legge, le quali
continuano ad avere efficacia fino alla data del rinnovo che
sarà disposto con le modalità previste dalla stessa legge e
dal regolamento di attuazione. Infine, i provvedimenti di
attuazione dei registri o degli elenchi contemplati dal
disegno di legge dovranno provvedere, con disposizioni di
prima applicazione, a disciplinare l'iscrizione a domanda dei
soggetti già in possesso di licenze, approvazioni o nulla osta
rilasciati a norma di disposizioni previgenti, anche se tali
soggetti siano privi del titolo di studio, ovvero delle
qualificazioni professionali richiesti.