XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 4207
Onorevoli Colleghi! - La nuova disciplina sul
patteggiamento della pena su richiesta delle parti è
l'ennesimo intervento legislativo dell'attuale Governo per
salvare dalle vicende giudiziarie il Presidente del Consiglio
dei ministri, Berlusconi, il suo legale, onorevole avvocato
Cesare Previti dai processi IMI-SIR/Lodo Mondadori e SME e, in
questo caso, anche il leader della Lega Nord, il
Ministro Bossi sul quale pende una condanna in appello per
oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale, durante la
perquisizione della sede della Lega di via Bellerio a Milano
nel 1996.
L'istituto dell'applicazione della pena su richiesta delle
parti (articolo 444 del codice di procedura penale), il
cosiddetto "patteggiamento", prevedeva - prima dell'entrata in
vigore della legge 12 giugno 2003, n. 134 - che la richiesta
delle parti al giudice, al fine di applicare una pena
sostitutiva o detentiva diminuita fino a un terzo della pena,
potesse essere formulata ad alcune condizioni, ossia che
quest'ultima non superasse i due anni di reclusione o di
arresto, soli o congiunti a pena pecuniaria e che la richiesta
fosse formulata entro un termine perentorio dalla
presentazione delle conclusioni del pubblico ministero e dei
difensori nell'udienza preliminare, ovvero entro la
dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, nel
giudizio direttissimo.
La legge 12 giugno 2003, n. 134, di modifica dell'istituto
del patteggiamento su richiesta delle parti, di recente
approvata dal Parlamento, aveva visto inizialmente, nel corso
del suo esame, un atteggiamento costruttivo da parte delle
forze di opposizione in quanto condivisibili alcune delle
ragioni ispiratrici, miranti a favorire misure deflattive del
carico giudiziario e volte ad incoraggiare una maggiore
speditezza dei processi, anche mediante lo sviluppo di un
processo di depenalizzazione.
Tuttavia, durante le varie navette fra Camera dei deputati
e Senato della Repubblica, il provvedimento è stato stravolto
nei suoi intendimenti originari, andando ben oltre la
filosofia deflazionistica che sottostava alla proposta di
modifica.
Con tale legge è venuta alla luce, per l'ennesima volta,
la tracotanza di imputati eccellenti che sono riusciti a far
trasmigrare, impropriamente, alcune richieste dalla sede loro
propria, quella giudiziaria, e a condizionare pesantemente
l'iniziativa parlamentare in favore di vere e proprie leggi
ad personam.
Il provvedimento, infatti, nato con l'intento di allargare
il patteggiamento della pena anche oltre i due anni previsti
dal codice di procedura penale (cosiddetto "patteggiamento
allargato"), ha finito con estendere l'applicazione del
patteggiamento anche a reati assai gravi, entro i "5 anni,
soli o congiunti a pena pecuniaria", facendo rientrare, in tal
modo, nel circuito premiale del patteggiamento la maggior
parte dei processi celebrati in Italia (per tentato omicidio,
rapina, estorsione, violenza carnale, bancarotta,
concussione).
Altro punto cruciale della legge è l'inedita e forzata
previsione secondo cui l'imputato può richiedere la
sospensione del dibattimento per un periodo non inferiore a 45
giorni (inizialmente la sospensione era introdotta con il
termine di 30 giorni).
Infine, si stabilisce che le disposizioni in tema di pene
sostitutive alla pena detentiva vengano applicate anche ai
procedimenti in corso e che per tali procedimenti anche la
Cassazione possa applicare direttamente le sanzioni
sostitutive.
E' evidente come questa disposizione comporti uno
snaturamento delle funzioni della Cassazione che è, innanzi
tutto, giudice di legittimità; prevedere che la Corte possa
intervenire direttamente nel decidere misure sostitutive della
pena detentiva costituisce una grave forzatura alla funzione
costituzionalmente stabilita e propria di quest'organo.
Sembra configurarsi, con la nuova legge, più che un'attesa
deflazione e uno snellimento del carico penale, un vero e
proprio incentivo alla "fuga dal processo"; se per reati di
modesta gravità ciò può costituire un efficace strumento per
fare fronte alla lamentata lentezza della nostra giustizia,
per i reati gravi la disintegrazione di un apparato punitivo
non ci appare una soluzione auspicabile.
Gli effetti perversi della nuova disciplina non hanno
tardato a farsi attendere; dalla sua entrata in vigore
centinaia di richieste di sospensione sono state avanzate
dalle difese in decine di processi. Il processo di Milano con
il troncone principale dello SME è stato bloccato con la
richiesta di sospensione degli imputati (Previti, Pacifico,
Mariano e Renato Squillante) alla fine del dibattimento e a un
passo dalla sentenza. Anche per il processo per la strage di
Linate è stata chiesta la sospensione per una "pausa di
riflessione" per il patteggiamento; così per altri processi in
corso presso il tribunale di Roma, fra cui rileva la richiesta
di sospensione del giovane accusato di omicidio volontario e
di omissione di soccorso per aver investito una nomade
sedicenne.
La presente proposta di legge intende quindi cancellare
quelle norme "salva processi" pensate e costruite ad
personam per imputati eccellenti che minano fortemente i
connotati democratici del nostro sistema giuridico e
costituzionale, e inquinano il sistema normativo.
Per questi rilievi critici occorre ristabilire alcuni
principi irrinunciabili, modificando in particolare l'articolo
1 e abrogando l'articolo 5 della citata legge n. 134 del 2003,
perché in contrasto con gli articoli 3 (principio di
eguaglianza) e 111 (giusto processo) della Costituzione.
Vengono in parte ripristinate disposizioni precedentemente
contemplate dal nostro codice di procedura penale, in parte
reintrodotte alcune disposizioni in tema di applicazione di
sanzioni sostitutive delle pene detentive disciplinate dalla
legge 24 novembre 1981, n. 689 (il loro ripristino è
conseguente alla previsione di riduzione dai cinque ai tre
anni della pena patteggiabile) e vengono infine abrogate le
disposizioni "più odiose" contenute nell'articolo 5 della
legge n. 134 del 2003 precedentemente descritte.
In definitiva, essendo stata approvata dalla maggioranza
di centrodestra una legge per favorire alcuni propri esponenti
e visto che il risultato è stato ormai conseguito, non pare
proprio corrispondere all'interesse generale del Paese
mantenere nell'ordinamento una normativa assolutamente
indecente.
L'articolo 1 della presente proposta di legge intende
diminuire l'impatto del provvedimento e fissare la pena
negoziabile, mediante il cosiddetto "patteggiamento allargato"
nella pena massima di tre anni, modificando il comma 1
dell'articolo 444 del codice di procedura penale.
Con l'articolo 2 si interviene per modificare la legge n.
689 del 1981, come da ultimo modificata dall'articolo 4 della
citata legge n. 134 del 2003, che ha ampliato l'applicabilità
delle misure delle sanzioni sostitutive delle pene detentive
brevi, raddoppiando i limiti di pena previsti dalla normativa
vigente, laddove si prevede che la detenzione fino a due anni
può essere sostituita con la semidetenzione, quella fino ad un
anno dalla libertà vigilata e che fino a sei mesi il giudice
può sostituire la pena con un'ammenda. Si reintroducono gli
articoli originari della legge previgente (articoli 53, 59 e
60 della legge 24 novembre, 1981, n. 689) e, in particolare,
viene ripristinato l'articolo (ex articolo 60) che
elencava i reati per i quali non era ammessa l'applicazione
delle pene sostitutive (ossia le "esclusioni oggettive").