XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 3584
Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge
costituzionale presentata, in sintonia con quanto previsto nel
programma presentato da L'Ulivo alle ultime elezioni
politiche, indica alcune possibili modifiche alla
Costituzione, che puntano alla revisione della forma di
governo nella duplice direzione del rafforzamento della
stabilità del Governo e della coesione della maggioranza,
attraverso più incisivi poteri di leadership al Primo
Ministro, e della competizione bipolare, attraverso la
definizione di un organico statuto dell'opposizione.
La costruzione nel nostro Paese di una moderna democrazia
dell'alternanza postula infatti - accanto e in coerenza con
quel processo di evoluzione dei poli nella reciproca
legittimazione, più volte autorevolmente richiamato, come
obiettivo politico di sistema, da parte del Presidente della
Repubblica - il completamento della transizione
costituzionale, con particolare riferimento al nodo tuttora
non compiutamente risolto della forma di governo.
Il ritardo accumulato da ormai troppi anni nel processo di
adeguamento della forma di governo al nuovo sistema elettorale
prevalentemente maggioritario sta comportando costi elevati
per il nostro sistema democratico: da un lato, con la ricerca
di forme improprie di supremazia da parte della maggioranza
(abnormi concentrazioni di potere, abuso della decretazione
d'urgenza, uso eccessivo della delegazione legislativa);
dall'altro, con la tendenza da parte dell'opposizione a
ricercare ruolo e incisività prevalentemente per vie
extra-parlamentari.
Il ritardo con il quale procede la transizione favorisce
il diffondersi della convinzione della ineluttabilità, almeno
nel nostro Paese, di una degenerazione autoritaria del
maggioritario e del bipolarismo; e della conseguente necessità
di ricostruire un sistema di garanzie, di impianto
proporzionalistico-consociativo, che difenda la democrazia
"dal" maggioritario e "dal" bipolarismo.
Il percorso di riforma istituzionale qui proposto punta,
al contrario, alla costruzione di un forte sistema di garanzie
"nel" maggioritario e "nel" bipolarismo, in modo da
contrastare efficacemente possibili derive plebiscitarie,
senza rinunciare ai vantaggi della democrazia competitiva, ma
anzi sviluppandone compiutamente le potenzialità. Tali
obiettivi vengono perseguiti facendo leva su due strumenti di
innovazione tra loro complementari:
per un verso l'elezione diretta del Primo Ministro, capo
di una ben definita maggioranza (in antitesi alle visioni di
tipo plebiscitario), secondo l'ispirazione neo-parlamentare,
un modello in Italia già positivamente sperimentato in comuni,
province e regioni; un modello che deve la sua efficienza
all'adozione del principio del "simul stabunt, simul
cadent" tra organo consiliare ed esecutivo; un modello qui
riproposto con una maggiore dose di flessibilità (come è
appropriato trattandosi del livello statuale-nazionale), quale
si evince dalla previsione del bilanciamento tra potere
sostanziale di scioglimento della Camera dei deputati,
attribuito al Primo Ministro, e potere di nomina del
Premier, assegnato al Presidente della Repubblica, che
deve esercitarlo in coerenza con i risultati delle elezioni;
un modello rafforzato nel suo impianto garantistico dal rinvio
ad una legge che regoli efficacemente il conflitto di
interessi e contrasti la concentrazione del potere mediatico,
perché un Primo Ministro rafforzato nelle sue funzioni di
governo e di indirizzo politico non ha alcun motivo di
surrogare la propria debolezza istituzionale con impropri
poteri privati;
per altro verso, il riequilibrio dei poteri
dell'esecutivo, mediante l'individuazione di un moderno
statuto dell'opposizione parlamentare, centrato sulla figura
del capo dell'opposizione (e del Governo ombra da lui
eventualmente costituito) e sulla previsione di istituti
garantistici, quale la facoltà di attivare un ricorso diretto
per illegittimità costituzionale delle leggi di fronte alla
Corte costituzionale e di deliberare la costituzione di
commissioni d'inchiesta parlamentare anche con il solo voto
dell'opposizione, nonché attraverso meccanismi sottratti
all'arbitrio delle maggioranze pro tempore, in materia
di verifica dei poteri, di ineleggibilità e di incompatibilità
(con un possibile ricorso alla Corte costituzionale) e sulla
revisione costituzionale (innalzando il quorum e
rendendo sempre possibile il referendum approvativo).
Prefigurando, senza predeterminarla rigidamente, una
soluzione organica che saldi un rinnovato Senato della
Repubblica al sistema delle autonomie, il potere fiduciario è
limitato alla sola Camera dei deputati, secondo l'esperienza
consolidata delle moderne democrazie parlamentari.
Quanto alla connessione con il sistema elettorale, si
inserisce il principio per cui il Primo Ministro è
accompagnato da una stabile maggioranza parlamentare nella
Camera dei deputati, non tale però da comprimere oltremodo la
rappresentanza dell'opposizione e delle minoranze.
E' prevista l'esposizione iniziale alle Camere, da parte
del Primo Ministro, del programma di governo senza una fiducia
preventiva, anche qui in analogia con quanto avviene nelle
principali esperienze parlamentari europee, ove il passaggio
parlamentare è obbligato (in quanto si tratta di specificare
analiticamente un programma che in sede elettorale è stato
necessariamente semplificato ad alcune grandi discriminanti),
mentre il voto è superfluo, giacché la fiducia è presunta in
seguito al successo elettorale.
Come i suoi omologhi di altri Paesi europei, il Primo
Ministro italiano acquisisce il potere di revocare i Ministri
e di chiedere e ottenere elezioni anticipate, deterrente
decisivo verso le crisi e le fibrillazioni interne alla
maggioranza. Come nel caso svedese e per analogo intento
deterrente, di fronte a un rigetto della questione di fiducia
o all'approvazione di una mozione di sfiducia, il Primo
Ministro ha una settimana di tempo per richiedere al
Presidente della Repubblica elezioni anticipate oppure
dimettersi, lasciando il campo a un altro esponente della
maggioranza.
La norma transitoria rende applicabile il sistema sin
dalle prime elezioni, modificando in modo limitato il
meccanismo elettorale in vigore con la previsione di un unico
voto nel collegio uninominale e per il Primo Ministro: al 75
per cento di collegi uninominali maggioritari, come da legge
elettorale vigente, si affiancano una quota fissa e
incomprimibile del 10 per cento destinata al recupero dei
migliori perdenti nei collegi e una quota "mobile" del 15 per
cento, destinata, in tutto o in parte, a funzionare come una
"clausola di salvaguardia maggioritaria", nel caso
(statisticamente remoto) nel quale i risultati elettorali non
abbiano prodotto una maggioranza in seggi del 55 per cento.