XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 3316
Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge ha lo scopo
di modificare la vigente normativa relativa alla legge
elettorale comunale e provinciale e di sopprimere il doppio
turno di voto, stabiliti dal testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267. La ratio è quella di
semplificare le modalità che attualmente portano all'elezione
del sindaco dei comuni con più di 15 mila abitanti e del
presidente della provincia, rendendole sempre più simili a
quelle dell'elezione del presidente della regione e, per
quanto riguarda il turno unico, alle elezioni politiche ed
europee, nonché alle elezioni amministrative nei comuni al di
sotto di 15 mila abitanti.
La proposta di legge prevede anche la possibilità di un
terzo mandato consecutivo per i sindaci dei comuni con
popolazione inferiore a 3 mila abitanti, per ovviare
all'eventualità, tutt'altro che rara, della difficoltà di
reperire candidati alla massima carica cittadina.
La novità della proposta di legge è rappresentata
soprattutto dalla soppressione del secondo turno di votazione
e dall'eliminazione della distinzione tra comuni con valori
abitativi (e quindi elettorali) differenti.
In particolare, il comma 4 dell'articolo 3 ed il comma 2
dell'articolo 5 della proposta di legge prevedono
l'applicazione dei criteri enunciati al comma 9 dell'articolo
72 e al comma 11 dell'articolo 74 del citato testo unico di
cui al decreto legislativo n. 267 del 2000: nel caso di parità
di voti tra due o più candidati, viene eletto chi consegue
maggiore cifra elettorale complessiva, cioè l'insieme dei voti
delle liste collegate. A parità di cifra elettorale, vince il
più anziano d'età.
Le ragioni che giustificano l'eliminazione del doppio
turno dalle ultime due tipologie di elezioni rimaste (comunali
e provinciali) sono molteplici.
Le percentuali di elettori che si presentano alle
votazioni del secondo turno sono sempre più basse. Si sta
consolidando una tendenza che i più attenti analisti del voto
elettorale ed i politologi più lungimiranti avevano
evidenziato quando alcuni anni fa fu votato un
referendum per l'abolizione del secondo turno di
votazioni (ballottaggio). Il referendum raggiunse il
quorum con una percentuale di votanti non esaltante
(57,4 per cento), e sortì un risultato molto vicino al
pareggio (49,4 per cento favorevoli all'abrogazione, 50,6 per
cento contrari). Fu osservato allora che, poiché la stragrande
maggioranza del 42,6 per cento che non si era recata alle urne
apparteneva alla categoria di coloro che non amavano in
particolar modo le consultazioni elettorali, di qualunque
genere esse fossero, con un maggior numero di votanti era
ipotizzabile un risultato tendente all'abrogazione del
ballottaggio. Nelle ultime elezioni amministrative (maggio
2002) la percentuale dei votanti al ballottaggio è stata del
66,4 per cento per le comunali (primo turno 76,3 per cento) e
addirittura del 51,1 per cento per le provinciali (primo turno
64,9 per cento). E' ormai chiara la disaffezione crescente
degli elettori verso la reiterazione del voto.
Conseguenza di ciò è che il sindaco o il presidente di
provincia eletto è spesso espressione di una frazione alle
volte nemmeno significativa della popolazione, se pensiamo che
i dati espressi citati si riferiscono alla media nazionale,
con picchi verso il basso in alcune zone soprattutto del
meridione d'Italia. Ricordiamo, tra l'altro, che il comma 10
dell'articolo 71 del testo unico di cui al decreto legislativo
n. 267 del 2000, abrogato dalla proposta di legge, non
ammetteva nei comuni al di sotto dei 15 mila abitanti
l'elezione di un sindaco votato dal 25 per cento degli
elettori (50 per cento dei votanti a loro volta non inferiori
al 50 per cento degli elettori). Con il secondo turno di
ballottaggio accade spesso che il sindaco eletto non ottenga
la percentuale del 25 per cento degli elettori totali pur
aggiudicandosi la vittoria con il 50,1 per cento dei
votanti.
La necessità per i candidati tra il primo ed il secondo
turno di votazione di stringere alleanze con i candidati
esclusi dal ballottaggio introduce sia nella giunta, sia nel
consiglio comunale cooptazioni di alleanze forzate e spesso
conflittuali con il programma di governo del candidato
sindaco, dichiaratamente non condiviso durante il primo
turno.
Il maggioritario a doppio turno ha fatto proliferare il
numero di candidature, spesso proposte in modo strumentale.
Una formazione politica, anche di scarso peso elettorale,
il cui candidato non è ammesso al ballottaggio, assume un
ruolo spropositato rispetto al suo valore di consenso
elettorale, perché può essere l'ago della bilancia tra i due
candidati al secondo turno e può diventare, immeritatamente,
il protagonista del ballottaggio.
Tra le novità della proposta di legge, ed in conseguenza
dell'uniformazione delle modalità di elezione conseguente alla
surroga dell'articolo 72 all'articolo 71 soppresso del citato
testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, si
evidenzia la possibilità per il candidato sindaco, anche in
comuni con meno di 15.000 abitanti, di collegarsi con più
liste, o civiche o in rappresentanza di partiti nazionali.
Per quanto riguarda la soglia dei 15 mila abitanti, la
proposta di legge ritiene sia opportuno tenere in
considerazione il diverso peso del premio di maggioranza, che
resta del 60 per cento nei comuni più popolosi e del 66 per
cento (due terzi) nei comuni con popolazione inferiore alla
soglia dei 15 mila abitanti.
Il premio di maggioranza è un sistema che si è rivelato
valido per assicurare governabilità. Qualunque amministrazione
infatti si troverebbe "zoppa" se dovesse governare con il 51
per cento contro il 49 per cento dell'opposizione.
Il premio di maggioranza non rispetta il peso politico
uscito dalle urne. Infatti, sempre con l'esempio citato, se
l'elettorato risulta quasi equamente diviso tra due
alternative, il premio di maggioranza falsa questa situazione
permettendo più eletti in rapporto ai voti effettivi
ricevuti.
Due ultime considerazioni:
1) l'abolizione del secondo turno permette di realizzare
un notevole risparmio dei costi elettorali, particolare
tutt'altro che irrilevante anche in proiezione della
razionalizzazione che il Governo intende perseguire nel
settore della pubblica amministrazione;
2) la Gran Bretagna, culla del sistema maggioritario, da
tempo ha adottato con successo il sistema del turno unico nei
governi locali.