XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2936
Onorevoli Colleghi! - Il Consiglio di Stato, nella
seduta dell'11 aprile 2002, nell'emettere il parere n. 67/02,
relativamente allo schema di regolamento concernente
l'individuazione della figura e del relativo profilo
professionale dell'odontotecnico, ha rilevato che "le
disposizioni attributive della potestà regolamentare al
Ministro della salute debbono ritenersi venute meno a seguito
della emanazione del nuovo Titolo V della parte seconda della
Costituzione che, iscrivendo la materia delle professioni e
della salute tra quelle di legislazione concorrente, esclude
che lo Stato possa disciplinare le materie predette nella loro
intera estensione e, per giunta, a livello regolamentare. Nel
nuovo sistema di legislazione concorrente spetta, invero, allo
Stato solo il potere di determinare i tratti della disciplina
che richiedono, per gli interessi indivisibili da realizzare,
un assetto unitario (i cosiddetti princìpi fondamentali).
In relazione a ciò, va riconosciuto alla legge regionale
(legittimata, nel nuovo sistema, ad avvalersi, per i tratti
della disciplina di sua spettanza, anche di regolamenti
regionali di attuazione) il compito di dare vita a discipline
diversificate che si innestino nel tronco unitario espresso a
livello di princìpi fondamentali. Alla luce delle nuove
disposizioni costituzionali rientrano, pertanto, nell'ambito
statale i tratti concernenti l'individuazione delle varie
professioni, dei loro contenuti (rilevanti per definire la
fattispecie dell'esercizio abusivo della professione), i
titoli richiesti per l'accesso all'attività professionale.
Il potere statale di intervento, in relazione alle
professioni sanitarie, va, pertanto esercitato non più con
regolamento, ma in via legislativa, essendo questo il livello
prescritto dal riformato articolo 117 della Costituzione.
Né possono ritenersi consentiti, fino alla emanazione dei
princìpi fondamentali, interventi nella normazione regionale
fondati sul presupposto dell'esistenza di una professione che
non è stata ancora istituita dalla legislazione statale".
Pertanto, si pone la necessità di rendere attuale il
profilo professionale della professione sanitaria del podologo
disciplinata dal regolamento di cui al decreto del Ministro
della sanità n. 666 del 1994, di seguito denominato "decreto
n. 666".
Alla luce di quanto rilevato nel citato parere del
Consiglio di Stato, non è più possibile intervenire sulla
materia con decreti o regolamenti dello Stato, ma occorre
intervenire con una legge, che fissi i princìpi
fondamentali.
Il profilo professionale del podologo in vigore, di cui al
decreto n. 666, prevede tra le competenze della figura
professionale la trattazione diretta, cioè senza nessuna
prescrizione da parte del medico, delle patologie del piede
che vanno sotto il nome di piede doloroso.
La trattazione diretta, tra l'altro, del piede doloroso è
successiva ad un esame obiettivo del piede e tale esame deve
essere inteso come una indagine, più o meno approfondita, del
quadro statico e dinamico del piede stesso.
Le patologie trattate sono per lo più invalidanti per
l'individuo che ne è affetto. Basti pensare alle ulcere
plantari o alle complicanze ai piedi che sorgono a seguito di
malattie di rilevanza sociale come il diabete o l'artrite
reumatoide.
Così come è da porre in evidenza tutta la casistica dei
pazienti in età pediatrica con problemi di deambulazione e di
appoggio plantare, che possono essere curati e rieducati con
l'ausilio di dispositivi medici su misura prescritti e
realizzati dal podologo.
Si tratta di ortesi annesse al piede che vengono
confezionate su misura, previo accertamento diagnostico con
l'uso delle apparecchiature di cui può essere dotato lo studio
podologico, ivi compreso il baropodometro, senza la
prescrizione del medico, perché tale prescrizione non e
prevista, né come obbligatoria né come facoltativa, rientrando
l'attività suddetta nella specifica sfera di competenza del
podologo.
La modifica proposta integra le suddette competenze per
gli operatori sanitari abilitati, prevedendo la possibilità di
trattare oltre alle affezioni patologiche del piede anche le
alterazioni posturopediche, utilizzando metodiche preventive,
diagnostiche e terapeutiche. Di conseguenza il podologo
sarebbe abilitato all'utilizzo di apparecchiature
diagnostiche, limitatamente al proprio ambito di attività.
Altro aspetto innovativo da evidenziare è quello
dell'utilizzo di anestetici di effetto locale per la corretta
trattazione delle patologie del piede a livello anche
sottocutaneo, per interventi di piccola chirurgia, sempre nel
pieno rispetto delle competenze mediche e nei limiti del
proprio contesto operativo.
Questo proposto ampliamento è da considerare come una
evoluzione della professione, anche valutando gli ordinamenti
didattici dei corsi di laurea per le professioni sanitarie di
cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del
5 giugno 2001, i quali prevedono tra le attività formative
elencate nell'allegato 2, di base, caratterizzanti ed affini,
una serie di settori scientifico-disciplinari specifici che
danno la possibilità di acquisire, da parte dello studente, le
cognizioni per espletare professionalmente le attività
eventualmente introdotte con la modifica.
Infatti, i settori scientifico-disciplinari relativi alla
chirurgia sono presenti tra gli ambiti disciplinari
caratterizzanti (scienze della prevenzione e dei servizi
sanitari, primo soccorso) e tra quelle affini ed integrative
(scienze interdisciplinari cliniche), così come il settore
scientifico-disciplinare relativo alla anestiosiologia e
quello relativo alla diagnostica per immagini e
radioterapia.
Dunque, si è in presenza di una formazione universitaria
più completa rispetto alle competenze individuate nel decreto
n. 666 che istituisce il profilo professionale.
Di conseguenza, una revisione del profilo professionale
che adegui l'ambito professionale alle conoscenze acquisite
nel corso di laurea universitaria appare opportuna. Anche
perché si avrebbe un professionista che direttamente potrebbe
fornire all'utenza una prestazione sanitaria compiuta, in
quanto avrebbe la possibilità di accertare la patologia con
l'ausilio di apparecchiature diagnostiche per immagini e,
contestualmente di intervenire, completando la cura con la
fornitura di dispositivi medici su misura.
L'evoluzione del profilo professionale tracciato dal
decreto n. 666 favorirebbe quindi una migliore professionalità
e competitività della podologia italiana attualmente in
ritardo rispetto ai più evoluti Paesi dell'Unione europea,
dando la possibilità ai nostri professionisti di essere
competitivi nel contesto lavorativo internazionale.