XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2521
Onorevoli Colleghi! - Il fenomeno della pedofilia, nel
corso degli ultimi 20 anni, tra alti e bassi, ha visto
raddoppiare il numero di episodi e di persone denunciate
all'autorità giudiziaria. Se nel 1983 erano emersi 302 episodi
e le persone denunciate erano state 333 e l'andamento, sino al
1990, è stato sostanzialmente decrescente, successivamente, si
è registrata un'impennata del fenomeno che ha raggiunto, nel
2000, il numero di 698 episodi e di 621 persone denunciate.
Ben il 76 per cento delle vittime di violenza sessuale è
rappresentato, oggi, da minori di anni quattordici.
Le dimensioni del fenomeno non sono neanche immaginabili;
infatti, anche chi verrebbe naturale ritenere estraneo alla
problematica ha dovuto, per le sue competenze, affrontarle. La
Chiesa cattolica ha sentito il bisogno di intervenire di
fronte al moltiplicarsi dei processi e delle cause di
risarcimento intentate contro preti "seduttori" in diverse
nazioni del mondo. L'ultima condanna è quella a tre mesi di
reclusione, con la sospensione condizionale delle pena, del
vescovo di Bayeux - in Francia - Monsignor Pierre Pican, che è
stato riconosciuto colpevole di non aver denunciato alla
magistratura il sacerdote Renè Bissey, colpevole di pedofilia,
che gli aveva confessato le sue colpe. Un motu proprio
di Sua Santità Giovanni Paolo II ed una lettera applicativa
del Cardinale Ratzinger, pubblicate dagli Acta Apostolicae
Sedis (la "Gazzetta Ufficiale" vaticana), hanno
affidato alla "Congregazione per la dottrina della fede" il
coordinamento delle misure attribuendole la competenza a
ricevere le segnalazioni di vescovi anche nel caso di un
semplice sospetto.
Le dimensioni del fenomeno risultano ancora più allarmanti
nel prendere in considerazione i mezzi e gli strumenti
utilizzati dai pedofili. Come emerso nel corso delle ultime
operazioni di polizia: 12 milioni di fotografie e le immagini
di minori pubblicate in rete, 2 milioni i bambini coinvolti
nel fenomeno, oltre 4 miliardi di euro il giro d'affari annuo,
50.000 siti INTERNET dedicati alla pedofilia, 40.000
chat per pedofili, 20 milioni di video pedo-pornografici
in circolazione e ben 34 organizzazioni internazionali
attraverso le quali i pedofili rivendicano il diritto di avere
rapporti sessuali con minori di dodici anni.
La scelta, operata con la legge n. 269 del 1998, ammirata
a livello internazionale, di configurare la fattispecie penale
come reato di pericolo, così da perseguire come delitto la
forma del tentativo, non ha aumentato il livello di difesa dei
minori: su 252 imputati nel 1999, grazie all'attività della
apposita sezione specializzata della polizia postale, soltanto
uno era detenuto dopo un anno, mentre gli altri, tutti liberi,
attendono per lo più il giudizio di primo grado. Inoltre,
l'ipertrofia del sistema giudiziario fa si che solo dopo anni
si giunga ad una condanna, scaricando sull'eventuale
carcerazione preventiva il compito di difesa sociale.
La legge n. 269 del 1998, nei fatti, è una normativa che,
intervenendo dopo che il danno si è prodotto purtroppo non è
riuscita, come dimostrano i dati e le tristissime cronache
degli ultimi quattro anni, ad aumentare il livello di difesa
dei minori. E qui si innesta un altro sentimento che sta
iniziando a diffondersi tra i cittadini e che potrebbe
portare, di fronte alle emozioni suscitate da un bambino
vittima di abusi, a reazioni incontrollate e a derive
giustizialistiche: la mancata punizione del colpevole
contribuisce a diffondere l'impressione di una giustizia
negata nel quotidiano. Cosa si può provare di fronte al
racconto di un ragazzo, oggi maggiorenne, violentato per tre
anni dall'età di nove anni, da trentatre pedofili, dei quali,
oggi, dopo quattro anni di indagini e processi, ben trentuno
potrebbe rincontrarli per strada quotidianamente? (Maurizio
Costanzo Show, Canale 5, 22 gennaio 2002)?
L'attuale tendenza ad individuare nell'inasprimento delle
pene la risposta a qualsiasi propagarsi e generalizzarsi
dell'allarme sociale in tema di sicurezza, a ricercare una
maggiore serenità sociale attraverso l'ideologia della pena
esemplare, non solo non risulterà uno strumento idoneo a
contenere la problematica, ma lascerà il cittadino ancor più
accorato e disorientato di fronte all'inutilità di misure così
aspre e propagandate come risolutive, aggravando il suo
sentimento di insicurezza e di sfiducia nel diritto e nelle
istituzioni. La legge n. 269 del 1998 è una legge che non ha
contenuto il rischio dell'errore giudiziario. Un rischio che,
in questo settore, è da non sottovalutare perché genitori,
educatori e responsabili delle istituzioni sono, assai spesso,
non adeguatamente preparati in merito o non hanno le
necessarie competenze. Ultima vicenda, in ordine di tempo,
l'assoluzione di un uomo di quarantasei anni disposta sia in
tribunale che in corte d'appello, il 16 gennaio 2002 a Milano.
Quest'uomo, dopo aver passato tredici mesi tra carcere ed
arresti domiciliari, aver perso un figlio nell'incidente
stradale che ha coinvolto l'autovettura con la quale, insieme
alla mamma lo stavano raggiungendo in carcere, essere stato
licenziato, aver rischiato di perdere la patria potestà sugli
altri figli, con un tribunale per i minori che si è "arreso"
solo di fronte alla seconda assoluzione, è stato assolto
dall'accusa di aver abusato della nipotina per sei-sette anni.
Ecco un motivo in più per non aspettare il momento repressivo,
per non continuare a confidare solo in una legge che non ha
fornito alle Forze di polizia alcun nuovo strumento
preventivo, per evitare di continuare a guardare solo alla
fase successiva alla commissione del reato dimenticando che la
prevenzione ha costi economici e sociali notevolmente
inferiori rispetto alla repressione. Intanto, l'importanza di
anticipare il momento di difesa - la pena, sempre che arrivi e
venga scontata, per quanto elevata possa essere, non sembra
aiutare a combattere tale manifestazione della devianza
criminale - diventa ancor più pregnante visto che il soggetto
passivo è disarmato di fronte al pericolo e la società, la
famiglia, la scuola, la parrocchia, appaiono impotenti, fatte
salve le spinte emozionali dettate dall'immediatezza.
La forte risposta dell'opinione pubblica ogni qualvolta
viene reso noto un caso di pedofilia ha raggiunto, in alcuni
casi, picchi estremi. Tanto che, lo scorso anno, Vittorio
Feltri, direttore del quotidiano "Libero", ha scelto di
pubblicare nelle colonne del proprio giornale le liste dei
pedofili condannati con sentenza definitiva con questa
motivazione "che fanno i condomini quando c'è un tipo
pericoloso che si aggira in un condominio? Si passano la voce
per stare in campana e per fare maggiore attenzione. La
società non è altro che un grande condominio. Lo Stato ha
grosse difficoltà a fare il suo mestiere? Ebbene, noi,
semplicemente, aiutiamo i condomini nel loro passaparola".
La legge n. 269 del 1998 ha subìto, poi, lo sviluppo della
rete INTERNET. La pedofilia telematica configura elementi
nuovi e per certi versi allarmanti, sia in termini
comunicazionali ed interattivi sia in termini organizzativi.
E' facilmente ipotizzabile che alcuni individui affetti da
tale patologia abbiano avuto l'opportunità con INTERNET di
"sperimentare" la loro perversione, fino a quel momento
vissuta a livello intrapsichico. Già nel corso del dibattito
conclusosi con l'approvazione della legge n. 269 del 1998, i
lavori parlamentari evidenziarono, in modo inequivoco, e ben
prima che il fenomeno si manifestasse nella virulenza degli
ultimi mesi, quanto era chiara al legislatore l'insidiosità
del mezzo telematico per il sistema di tutela del minore dalle
offese alla sua integrità psico-fisica. Tanto chiara che, dopo
aver preso atto delle difficoltà di intervenire con efficacia
sulle reti telematiche e sui tentativi in atto in molti Paesi,
tra i quali gli Stati Uniti e la Germania, lo stesso relatore
affermò che sarebbe stato necessario "consentire agli organi
dello Stato di agire anche nei confronti della divulgazione
per via telematica nella consapevolezza che lo sviluppo di
queste tecnologie potrà richiedere continui aggiornamenti
legislativi". Ed ancor più chiara emerge, dai verbali
parlamentari della discussione, la consapevolezza della
necessità di intervenire nella sfera privata, prevedendo la
punibilità del possesso personale di materiale pornografico
minorile. Difesa della sfera privata che era e resta il
pilastro di una concezione laica e democratica dello Stato: ma
in tale ambito è stata ritenuta prevalente la necessità di
proteggere la libertà psicologica e fisica del minore, come
già accadeva in Germania, Belgio, Norvegia, Svizzera,
Inghilterra, Stati Uniti, Australia e Canada, nella
consapevolezza che non è sufficiente, vista l'entità del
fenomeno, contrastare solo l'offerta, ma risulta
indispensabile il contrasto alla domanda, alimentata dal
possesso di materiale pornografico. Ritornando al fenomeno
INTERNET non bisogna dimenticare che questo resta, comunque,
solo uno strumento del pedofilo. Ecco perché un intervento non
può limitarsi a questo, ma deve incidere anche su tutti i
luoghi abitualmente frequentati da minori. Sembrerebbe restare
esclusa la pedofilia "domestica", tra le mura di casa o della
famiglia (intesa in senso allargata): in realtà le misure
proposte incidono anche su questo fenomeno perché tali
comportamenti devianti non sono tenuti solo tra le mura di
casa, e la caratterizzazione di tali persone come soggetti
pericolosi potrebbe ancor più essere d'aiuto per scoprire
episodi che, magari, proprio le mura di casa avrebbero per
sempre nascosto.
La presente proposta di legge si muove nel senso della
prevenzione in considerazione sia della sua efficacia sia
dell'immediatezza del contrasto al fenomeno della pedofilia.
Le misure di prevenzione risultano essere molto più efficaci
in quanto non richiedono la prova del processo penale ma solo
indizi (i cosiddetti "dati di fatto"), molto più semplici da
acquisire, sono irrogabili in tempi rapidissimi e, nelle more
del procedimento di prevenzione, il procuratore della
Repubblica può chiedere la loro applicazione provvisoria. Da
non sottovalutare anche l'aspetto garantista: le misure di
prevenzione non recano i danni del procedimento penale e della
carcerazione penale nei casi in cui le accuse si rivelino
infondate (numerosi soprattutto per i procedimenti
instauratisi su violenze all'interno delle mura domestiche
perché spesso fondati solo sulle dichiarazioni del minore), ma
agiscono in modo quasi silenzioso. Per concludere, le misure
proposte sono misure che si avvolgono sempre di più sul
soggetto pericoloso perché, raccogliendo via via sempre più
indizi e prove, lo si obbliga, se il presunto pedofilo
deciderà di continuare a porre in essere ulteriori condotte
pericolose, a correre sempre maggiori rischi aumentando così
la possibilità delle Forze di polizia di interrompere la sua
condotta pericolosa.