XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 2439
Onorevoli Colleghi! - La piena indipendenza
nell'esercizio dell'azione penale, ampiamente discrezionale, e
la effettiva direzione della polizia per la conduzione delle
indagini, hanno portato nella sostanza il pubblico ministero
ad acquisire il ruolo di un vero e proprio poliziotto che
opera in assoluta indipendenza; una figura atipica in un
sistema democratico. Questa funzione anomala rende diversa la
categoria del pubblico ministero italiano da quella degli
altri ordinamenti europei e non solo europei.
I nostri pubblici ministeri appartengono alla stessa
categoria dei giudici: reclutamento attraverso lo stesso
concorso e possibilità di passare da una funzione all'altra,
anche più volte, nel corso della loro carriera.
L'unico Paese dell'Unione europea che ha tali
caratteristiche è la Francia ove però, a differenza
dell'Italia, il pubblico ministero è sottoposto alla
supervisione gerarchica del Ministro della giustizia.
In nessuno dei Paesi con sistema processuale accusatorio
il pubblico ministero appartiene allo stesso corpo dei
giudici.
Fino alla metà degli anni '60 i passaggi dalla funzione
del pubblico ministero a quella del giudice e viceversa erano
rari. A rendere difficile il passaggio contribuiva una precisa
norma dell'ordinamento giudiziario, approvato con regio
decreto n. 12 del 1941, e cioè l'articolo 190, quarto comma,
il quale prevedeva che "durante la permanenza nel medesimo
grado, il passaggio dalle funzioni requirenti alle funzioni
giudicanti è consentito soltanto per ragioni di salute
debitamente accertate o, in via eccezionale, per gravi e
giustificati motivi; ed il passaggio dalle funzioni giudicanti
a quelle requirenti è ammesso soltanto a favore di chi ha
speciali attitudini alle funzioni di pubblico ministero".
Altro ostacolo era rappresentato dal sistema delle
promozioni.
A partire dalla istituzione del Consiglio superiore della
magistratura e, soprattutto, dalla metà degli anni '60, che
videro la modifica del sistema delle promozioni con la
eliminazione di fatto delle valutazioni della professionalità,
l'articolo 190 dell'ordinamento giudiziario venne
disapplicato. Nel 1977 il CSM decise formalmente che
l'articolo 190 dell'ordinamento giudiziario doveva ritenersi
abrogato in virtù della legge 24 maggio 1951, n. 392 (di ben
26 anni prima).
Le ragioni che esigono la separazione delle carriere dei
giudici e dei pubblici ministeri anche nel nostro sistema
giudiziario, sono molte.
Partono innanzitutto dalle direttive europee, dalle
indicazioni del Trattato di Maastricht il quale impegna gli
Stati membri a promuovere una convergenza dei loro assetti
giudiziari.
Il Comitato dei Ministri dell'Unione europea ha approvato
un documento che fissa in 37 punti i princìpi fondamentali ai
quali tutti i pubblici ministeri d'Europa dovrebbero
adeguarsi. "(..) i pubblici ministeri devono rendere conto,
periodicamente e pubblicamente, dell'insieme della loro
attività. Non devono interferire nelle competenze del potere
legislativo e del potere esecutivo. Non possono criticare i
giudici e devono astenersi da ogni discriminazione fondata su
opinioni politiche o di altro tipo". Questa direttiva è del
1977 e per costruire lo spazio giuridico europeo ed una
cooperazione valida al suo interno è necessario, sia pure con
tanto ritardo, adeguarsi.
I nostri giudici e pubblici ministeri non solo vengono
reclutati con lo stesso concorso e possono spostarsi da una
funzione all'altra, ma svolgono anche le loro funzioni negli
stessi palazzi; hanno una quotidiana dimistichezza di rapporti
di lavoro e anche sociali; appartengono alla stessa
associazione sindacale e alle stesse correnti associative;
eleggono congiuntamente i loro rappresentanti al CSM.
Innumerevoli sono le occasioni in cui giudici e pubblici
ministeri si comunicano le reciproche difficoltà di lavoro e
le reciproche aspettative anche riguardo a singoli casi che
stanno trattando. In altri Paesi qualsiasi rapporto tra
pubblico ministero e giudice sui casi di cui sono investiti,
che avvenga in assenza del difensore, viene duramente
sanzionato come grave vulnus ai diritti della difesa e
del cittadino indagato.
Sulla necessità di tenere separato il reclutamento dei
pubblici ministeri da quello dei giudici esistono poi altre
ragioni di grande rilievo.
Una prima riguarda specificatamente il nostro Paese. In
quarant'anni si è ribaltato il rapporto tra i magistrati che,
al momento dell'assunzione, chiedono di fare il pubblico
ministero e quelli che chiedono di fare il giudice civile a
favore dei primi. E ciò, probabilmente, perché è proprio il
magistrato con potere investigativo che diventa il più
visibile modello del magistrato di successo; il punto di
riferimento delle nuove generazioni di magistrati. I giovani
sono dunque attratti da questa funzione ma la maggior parte di
quelli che entrano in magistratura con quelle motivazioni
devono poi essere destinati a svolgere funzioni di giudice e
questo determina qualche problema in più! Questi giovani
vengono destinati, cioè, a svolgere un ruolo che è invece per
sua natura passivo, di terzo imparziale tra le parti, comunque
non coinvolto o influenzato dalle passioni che agitano la
società. Ciascuno porta nel proprio lavoro le motivazioni, i
valori, gli orientamenti che lo caratterizzano e che poi in
vario modo e misura orientano i suoi comportamenti e le sue
azioni nel lavoro. La separazione del processo di selezione e
socializzazione dei pubblici ministeri da quello dei giudici
diviene quindi un elemento importante anche per assicurare, in
prospettiva, che almeno i giudici abbiano sin dall'inizio e
mantengano nel tempo quei valori di terzietà, passività e
distacco che sono tipici della cultura della giurisdizione.
Una seconda ragione che consiglia di tenere separato il
ruolo del pubblico ministero da quello del giudice riguarda
l'evoluzione del ruolo del pubblico ministero avvenuta in
tutti i Paesi democratici. Si tratta da un canto della
evoluzione e della maggiore complessità dei fenomeni criminali
e del loro accresciuto ambito di azione e dall'altro della
evoluzione delle tecniche e tecnologie di indagine. Entrambi
questi aspetti rendono sempre più essenziale una specifica
preparazione professionale distinta da quella del giudice.
Queste ragioni, per la verità, sono state già a suo tempo
mirabilmente rappresentate dal magistrato inquirente italiano
più noto nel mondo e cioè Giovanni Falcone.
Su questa direttrice bisogna muoversi accantonando il
timore della dipendenza del pubblico ministero dall'esecutivo
e della discrezionalità dell'azione penale che viene
puntualmente sbandierato tutte le volte in cui si parla di
differenziazione delle carriere. Appare, pertanto, necessario
prevedere che l'accesso alle due carriere di giudice e di
pubblico ministero avvenga mediante concorsi separati.