XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 2236




        Onorevoli Colleghi! - Secondo le più recenti stime dell'Istituto nazionale di statistica, oltre il 20 per cento della popolazione italiana, per la cura della propria salute, ricorre ai rimedi ed alle terapie delle cosiddette "medicine complementari". Sempre più italiani, infatti, in alternativa ai ritrovati della medicina tradizionale, si affidano alle cure previste da una variegata serie di discipline mediche, riconducibili ad altrettante correnti di pensiero medico-scientifico, affermatesi anche nella nostra società solo negli ultimi decenni.
        Rientrano nel novero di queste medicine complementari prassi mediche come l'agopuntura, la fitoterapia, la medicina antroposofica, la medicina ayurvedica, la medicina omeopatica, la medicina tradizionale cinese e l'omotossicologia. Tutte queste esperienze sono oggetto di intensi studi ed antichissima sperimentazione in tradizioni scientifico-filosofiche diverse dalla nostra. Sebbene differenti tra loro stesse, queste discipline possono tuttavia raccogliersi in una categoria unitaria (quella appunto delle "medicine complementari" o - come pure sono dette - "non convenzionali") perché accomunate dal principio secondo il quale la malattia del corpo non costituisce l'effetto di un agente patogeno esterno, quanto il frutto di un disequilibrio interno all'organismo.
        Il crescente ricorso ai prodotti ed alle terapie di questo tipo può ricondursi anzitutto alla loro dimostrata efficacia (supportata da un comprovato valore scientifico) nel trattamento di molteplici patologie. Inoltre, è ormai opinione diffusa tra i pazienti che molti dei prodotti farmaceutici tradizionali, per quanto certamente efficaci, possano per converso arrecare effetti indesiderati all'organismo fino al punto da provocare talvolta gravi forme di dipendenza.
        Vista dunque la diffusione del fenomeno in questione, in assenza di una adeguata normativa di settore ed alla luce anche delle normative adottate in materia da altri Paesi europei come Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna e Belgio, la presente proposta di legge si propone di colmare una significativa lacuna del nostro ordinamento.
        Nell'articolo 1 è anzitutto affermata la libertà della scelta terapeutica; sono inoltre incentivati, anche attraverso l'istituzione di appositi corsi universitari e l'adeguata qualificazione professionale degli operatori sanitari, la coesistenza, l'integrazione ed il confronto scientifico tra la medicina tradizionale e le esperienze medico-scientifiche in questione, per questa ragione denominate più opportunamente "complementari" piuttosto che "non convenzionali".
        In base all'articolo 2 i medici praticanti le medicine complementari potranno dichiarare pubblicamente la loro qualificazione professionale. Il Ministro della salute accrediterà talune Associazioni medico-scientifiche di riferimento, ciascuna delle quali esprimerà un proprio rappresentante in seno al Consiglio superiore di sanità.
        L'articolo 3 prevede l'istituzione della Commissione permanente per le medicine complementari, cui spetterà tra l'altro - secondo l'articolo 4 - la definizione dei criteri per l'adozione degli ordinamenti didattici dei corsi universitari, la promozione della ricerca e la vigilanza nell'esercizio di tali discipline mediche.
        L'articolo 5 prevede l'istituzione di specifiche commissioni con funzioni consultive ed aventi tra l'altro il compito di definire gli standard di qualità, sicurezza ed efficacia necessari per l'autorizzazione all'ammissione in commercio dei medicinali impiegati nelle medicine complementari.
        L'articolo 6 riserva alle regioni ed alle province autonome l'istituzione presso le aziende sanitarie locali di servizi ambulatoriali ed ospedalieri per la cura con medicine complementari.
        L'articolo 7, nel quadro della normativa comunitaria di settore, autorizza anche i veterinari all'impiego di prodotti medicinali omeopatici e fitoterapici ad uso animale.
        L'articolo 8 obbliga infine il Governo a presentare annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della legge.




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