XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 2173




        Onorevoli Colleghi! - A tutti è noto il livello cui è giunto il frazionamento fondiario in alcune zone d'Italia, dopo che per decenni numerose successioni mortis causa sono avvenute trascurando totalmente la disposizione di cui all'articolo 846 del codice civile.
        Ai moderni sistemi meccanizzati di coltivazione, che esigono unità colturali molto più ampie di quelle che si potevano calcolare cinquant'anni addietro, l'agricoltura italiana risponde, così, a rovescio, con un ulteriore sminuzzamento, sempre più casuale e irrazionale.
        Sta di fatto che innumerevoli piccoli coltivatori dispongono oggi di appezzamenti che, per la forma anomala o per la discontinuità di ubicazione, rendono quanto mai problematica, se non impossibile, qualsiasi forma di coltivazione.
        I più tenaci amatori della coltivazione della terra cercano di ovviare all'assurda situazione accennata con il sistema delle affittanze reciproche, ma ciò implica un inutile coacervo di innaturali rapporti obbligatori, resi oltre tutto problematici dal fatto che la solita vana demagogia della legislazione vigente in materia di affitto di fondi rustici, rende questo praticamente proibitivo per l'affittante.
        Sarebbe un grave errore sottovalutare la gravità del problema ora che l'integrazione europea è in fase di completa attuazione. L'assurdità del nostro frazionamento fondiario è infatti causa non ultima della scarsa competitività della nostra agricoltura, soprattutto nelle zone meridionali, rispetto a quella degli altri Paesi membri dell'Unione europea e dei continui colpi che le vengono inflitti per provocarne l'abbandono.
        D'altro canto, il riordino fondiario - necessità a mio avviso improrogabile per i motivi esposti e nel cui seno non sono mancati encomiabili tentativi - si scontra, nella sua attuazione, contro difficoltà di ordine giuridico, fiscale e burocratico che è nostro compito impegnarci ad appianare se non si vuole che un popolo dalle luminose tradizioni agricole come il nostro sia ridotto a nutrirsi solo di prodotti esteri, pagandoli a cifre esorbitanti.
        In tale azione, va inquadrata questa proposta di legge, nella speranza che essa non resti vox clamantis in deserto.
        C'è anche un altro aspetto della questione che non posso sottacere. Se è pienamente giustificata la posizione della nostra parte politica, nettamente contraria all'errata politica economica che ha portato all'erezione delle cosiddette "cattedrali nel deserto", con sperpero copioso e insensato di pubblico denaro, invito gli onorevoli Colleghi a considerare che lo stesso nefasto carattere coinvolge una grande opera di irrigazione a vantaggio di un comprensorio che, per l'infelice situazione fondiaria, non è in grado di utilizzarla. Contro tale pericolo - tutt'altro che astratto - la proposta di legge intende approntare un rimedio.
        Vi è, poi, il fatto che qualsiasi attuazione di un piano di riordino fondiario ha implicato sinora adempimenti e costi notarili e fiscali proibitivi, aggravati dal fatto che gli uffici del registro sembrano ignorare l'esistenza dell'istituto giuridico della permuta (capo III del titolo III del libro IV del codice civile), e la tassano quindi come se si trattasse di due compravendite (capo I del titolo III del libro IV del codice civile). Si aggiunga che la necessaria stipula di una miriade di atti pubblici di trasferimento fa salire i costi notarili.
        Il Governo ha l'obbligo di agevolare e semplificare ogni attività che sia utile a quegli interessi; politica, questa, che risulta in prospettiva anche più redditizia per il pubblico erario che non sottopone ad ulteriore tassazione coloro che in tale attività si impegnano.
        In questa ottica si colloca la presente proposta di legge.




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