XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 1267
Onorevoli Colleghi! - Il codice civile, negli articoli
da 1742 a 1753, tratta del contratto di agenzia e le relative
norme sono applicate a tutte le attività socio-economiche
nelle quali una parte assume stabilmente l'incarico di
promuovere, per conto di un'altra, in una determinata zona, la
conclusione di specifici affari, dietro retribuzione.
Abbiamo quindi le figure degli agenti di commercio, degli
agenti di borsa, di assicurazione, teatrali, immobiliari e
così via, cioè di persone che, nei più disparati campi,
pongono professionalmente la loro attività a disposizione di
una ditta, di una impresa, di una società, di terzi, per
concludere determinati affari agendo da intermediari tra
offerta e domanda, con la caratterizzazione di una attività
esclusiva su zone territorialmente delimitate.
Il codice civile, poi, quando tratta del contratto di
assicurazione, all'articolo 1903 parla esplicitamente degli
agenti di assicurazione, creando nella più vasta accezione
dell'agente, quale previsto nella nozione del contratto di
agenzia, una fattispecie più limitata, con connotazioni
proprie, in quanto la procura concessa dal preponente - che va
resa pubblica nelle forme di legge - li può abilitare non solo
allo svolgimento degli atti e delle attività necessarie alla
conclusione del contratto ma anche a modificare o risolvere i
contratti conclusi.
Da questo punto di vista gli agenti di assicurazione
assumono dei poteri ben maggiori di un comune agente. Infatti,
mentre questi ultimi possono soltanto "promuovere" la
conclusione di contratti per conto di un terzo, l'agente di
assicurazione può, dopo aver "promosso" l'affare, assumersi
anche la responsabilità di modificare i termini del contratto
arrivando sino alla sua risoluzione, naturalmente sempre che
il preponente con specifica procura gli abbia riconosciuto gli
adeguati poteri, cosa che regolarmente avviene.
Inoltre, l'altro elemento caratterizzante la figura
dell'agente di assicurazione è quello che emerge dalla norma
del secondo comma dell'articolo 1903 per cui l'agente può
attivamente o passivamente essere parte in un giudizio, in
nome dell'assicuratore, quando vi siano contestazioni con
l'assicurato in merito agli obblighi reciprocamente assunti
con la firma della polizza.
Di fronte a questa situazione di diritto e di fatto che
scolpisce una figura dell'agente di assicurazione nettamente
differenziata da quella dell'"agente" genericamente inteso, ci
è sembrato di rilevare una carenza di norme a tutela dei più
ampi poteri e delle connaturate responsabilità che
confluiscono nell'agente di assicurazione.
E' indiscutibile che base del contratto d'agenzia è il
diritto dell'esclusiva inteso sia come divieto per il
preponente di avvalersi contemporaneamente di più agenti nella
stessa zona per lo stesso ramo di attività, sia come divieto
per l'agente di assumere nella stessa zona l'incarico di
trattare lo stesso tipo di affari in nome di più imprese
concorrenti fra loro.
Fissato questo principio fondamentale, quando scendiamo
all'analisi di quanto di fatto avviene nel campo assicurativo
vediamo che, mentre gli agenti di assicurazione rispettano
rigorosamente il dovere di trattare gli affari a vantaggio di
una singola compagnia, non altrettanto avviene per la
compagnia di assicurazione che - specie per gli affari più
importanti - tratta direttamente con il terzo, sempre
all'insaputa dell'agente.
Per essere più chiari tentiamo un esempio: una impresa
industriale con sede a Milano, per coprire i rischi di un
proprio stabilimento a Bari, tratta direttamente con la
direzione generale di una compagnia di assicurazioni con sede
a Torino, che travalicando il diritto di esclusiva dell'agente
di Bari promuove e conclude in proprio l'affare.
L'agente per la Puglia della compagnia di assicurazione,
al limite, ignorerà che la compagnia da lui territorialmente
rappresentata sta trattando la copertura di un rischio ubicato
nella propria zona di esclusiva, ma certamente non ignorerà,
una volta ricevuta la polizza per la gestione, di essere stato
estromesso dall'affare perdendo provvigioni ed eventuali
interessenze.
Questo fenomeno, purtroppo, nel campo assicurativo si sta
sempre più generalizzando sia con la gestione diretta di
assicurazioni da parte dei dipendenti delle imprese, che si
creano un personale portafoglio, sia con la creazione presso
le direzioni generali delle compagnie delle cosiddette
"agenzie di direzione" che acquisiscono e gestiscono
direttamente le polizze; sia con la istituzione di "gestioni
in economia" che acquisendo direttamente degli affari e
gestendo le polizze diventano praticamente sedi periferiche
delle compagnie stesse. Per completare il quadro non va
ignorata l'attività dei brokers e in tutti questi casi
l'agente, che dovrebbe gestire il rischio coperto dalla
polizza perché ubicato nella sua zona, malgrado il conclamato
diritto di esclusiva non si vedrà riconosciuta alcuna
provvigione o interessenza.
Per ovviare a questa situazione riteniamo opportuno
integrare le norme del contratto di assicurazione come
attualmente previste dal codice civile inserendo dopo
l'articolo 1903 l'articolo 1903-bis.
Con questo nuovo articolo, richiamiamo le norme contenute
nel primo e secondo comma dell'articolo 1748, ed aggiungiamo -
forse ad abundantiam dal punto di vista
tecnico-giuridico ma opportunamente di fronte alla realtà di
fatto - che per tutti gli affari, anche se conclusi
direttamente o indirettamente dal preponente, le provvigioni
e, quando del caso le interessenze, sono sempre dovute
all'agente che ha competenza esclusiva nella zona in cui è
ubicato il rischio.
In tal modo, la figura dell'agente, elemento
insostituibile nella struttura delle compagnie di
assicurazione, viene giustamente tutelata con un preciso
richiamo alla compagnia stessa a non avvalersi di un istituto
del codice civile solo per la parte da cui essa trae benefìci
ed utili, ma obbligandola a rispettare sotto ogni aspetto la
figura giuridica dei suoi più preziosi collaboratori,
riconoscendo la validità di quei diritti che il legislatore
ineccepibilmente ha garantito all'agente e che con una
capziosa se non anche furbastra interpretazione dell'articolo
1748 si tende a sottrargli.
Onorevoli colleghi, il problema della revisione del
contratto di assicurazione già più volte è stato oggetto di
dibattiti in questa Camera. Tutti noi siamo convinti che molte
norme siano ormai superate, molte insufficienti, altre
particolarmente onerose ma, prima di affrontare il problema
nella sua complessa globalità, abbiamo ritenuto necessario
elaborare questa proposta di legge, su una questione
tecnicamente limitata, la cui soluzione, però, con il vostro
voto favorevole, darà il metro e la indicazione della
necessità di rivedere profondamente l'attuale normativa del
contratto di assicurazione.