XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 1238




        Onorevoli Colleghi! - Il diritto di asilo trova il suo fondamento nell'articolo 10 della Costituzione, in virtù del quale "Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge".
        Ad oltre cinquanta anni dalla data di entrata in vigore della nostra Carta costituzionale, non è ancora stata approvata una legge sul diritto di asilo aderente al dettato costituzionale.
        Le sezioni unite civili della Corte di cassazione hanno stabilito che l'articolo 10 della Costituzione è immediatamente e direttamente applicabile e attribuisce allo straniero un diritto soggettivo perfetto (sentenza n. 4674 del 1997).
        La Camera dei deputati nella XIII legislatura - in forte collaborazione con le organizzazioni umanitarie delle Nazioni Unite e con tutti gli altri organismi che si occupano di rifugiati - aveva apportato sostanziali modifiche al testo licenziato dal Senato della Repubblica in materia di diritto di asilo, rendendolo più rispettoso della tutela dei diritti umani. Tale testo, però, non è stato approvato in via definitiva.
        La presente proposta di legge intende quindi regolamentare la materia della protezione umanitaria e del diritto di asilo, dando finalmente piena attuazione al dettato costituzionale, e garantendo il recepimento nell'ordinamento italiano di disposizioni contenute in molti trattati internazionali.
        L'Italia, infatti, aderisce alle convenzioni internazionali che sanciscono il divieto di estradizione - e quindi, a maggior ragione, di espulsione - nei Paesi dove lo straniero rischia la pena di morte o anche solo di essere discriminato per motivi razziali, etnici, religiosi e politici.
        L'Italia, inoltre, ha firmato, e reso esecutiva con legge n. 848 del 1955, la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e la Corte costituzionale, con sentenza n. 223 del 27 giugno 1996, ha dichiarato incostituzionale il disposto dell'articolo 698, comma 2, del codice di procedura penale e l'articolo IX del trattato sull'estradizione Italia-USA, sancendo il divieto di estradizione e quindi, a maggior ragione, seppure in via indiretta e analogica, di espulsione, ogni qualvolta, nel Paese ove il soggetto dovrebbe essere inviato, vi sia anche solo la possibilità di una condanna alla pena capitale.
        Nello stesso senso si pone la disposizione di cui all'articolo 19, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, secondo cui: "In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione".
        Nell'articolo 43 del predetto testo unico si precisa che "(...) costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica, le convinzioni e pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l'effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica".
        Va rilevato, inoltre, come i presupposti per ottenere lo status di rifugiato siano differenti rispetto a quelli richiesti dalla Costituzione per l'asilo. Per la Convenzione di Ginevra (relativa allo statuto dei rifugiati del 28 luglio 1951, resa esecutiva con legge n. 722 del 1954) è necessario che lo straniero sia perseguitato ovvero nutra il fondato timore di essere perseguitato per motivi di razza o di religione o per la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche e non possa o non voglia per tale motivo avvalersi della protezione del Paese di cui è cittadino. Per quanto riguarda l'asilo il nostro ordinamento costituzionale prevede che questo sia garantito allo straniero al quale sia impedito, nel suo Paese, l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana.
        Secondo le Nazioni Unite, le decisioni sull'asilo e sullo stato di rifugiato non possono, e non devono, avere carattere politico: devono, cioè, essere assunte esclusivamente in base alla sussistenza o meno dei requisiti previsti, senza alcun margine di discrezionalità. Nel caso contrario, la tutela dei diritti fondamentali dell'individuo verrebbe condizionata dalle convenienze politiche del momento: il che è inammissibile in uno Stato di diritto.
        Non si può non rilevare, infine, che, dal momento che il diritto di asilo, come più volte ribadito dalla dottrina e dalla giurisprudenza anche di legittimità, è da considerare un "diritto soggettivo perfetto", deve essere un giudice, autonomo e indipendente da ogni altro potere dello Stato, a decidere se esistono i presupposti per il suo riconoscimento. E che, fino a quando non vi è una sentenza irrevocabile di concessione o di diniego della richiesta di asilo, è dovere di ogni Stato democratico offrire protezione allo straniero che ne fa richiesta ogni qualvolta dal richiedente sia prospettata una situazione per la quale, nel suo Paese di origine, sia impedito l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla nostra Costituzione (salvo i casi di richieste meramente strumentali o inammissibili).
        Prevedere che, a fronte del diniego del riconoscimento del diritto di asilo, e in pendenza di ricorso all'autorità giudiziaria, il richiedente possa essere espulso, significa non solo vanificare i princìpi del nostro ordinamento costituzionale, e di ogni ordinamento democratico, ma anche assumersi la grave responsabilità di non tutelare tutti coloro ai quali, nel loro Paese, non sono garantiti i fondamentali diritti dell'uomo.




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