XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 1183




        Onorevoli Colleghi! - Il nuovo ordinamento processuale penale ha confermato la tradizionale struttura del regime delle impugnazioni ed ha previsto tre gradi di giudizio; due di merito ed il terzo di legittimità, riservato alla Corte di Cassazione.
        L'articolo 606 del codice di procedura penale indica i casi di ricorso ed, al comma 3, prevede l'inammissibilità del ricorso proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge.
        Benché la legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, abbia dedicato al giudizio innanzi alla Corte di cassazione soltanto le direttive n. 89 e 95 del comma 1 dell'articolo 2, senza particolari specificazioni, così da rendere evidente l'intenzione di non introdurre innovazioni radicali rispetto al vecchio sistema, la nuova normativa, attraverso la ridefinizione dei casi di ricorso ha profondamente innovato la materia.
        Infatti con le disposizioni dell'articolo 606 del codice di procedura penale, si puntualizzano i casi di ricorso e si pongono alla giurisdizione di legittimità ingiusti limiti, resi ancora più angusti dall'interpretazione della norma.
        Il comma 1, lettera e), dell'articolo 606 consente la denunzia del vizio di mancanza o manifesta illogicità della motivazione solo "quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato". Il legislatore ha quindi respinto l'opinione di coloro che intendevano impedire il controllo di legittimità sulla motivazione ed ha invece ritenuto (vedi la relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale) "fortemente rischioso amputare la giurisdizione della possibilità di esercitare un sindacato finale su motivazioni in cui si traggano conclusioni prive di giustificazione o incompatibili con le premesse ovvero si adottino massime di esperienza contrastanti con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento".
        Il vizio di motivazione resta quindi tra i motivi di ricorso ma tanto limitato da essere svuotato di significato in quanto è precluso ogni riscontro della motivazione con i fatti e con le circostanze oggetto del giudizio od oggetto della prova.
        La norma non ha esplicato la funzione "calmieratrice" che molti si attendevano; ha soltanto reso pressoché impossibile il pur ineliminabile controllo sulla motivazione.
        Infatti, mentre la "mancanza di motivazione" si traduce nella sola ipotesi (difficilmente realizzabile) di un provvedimento assolutamente privo di motivazione, la "illogicità della motivazione" risultante dal testo del provvedimento, impedisce ogni disamina degli atti processuali, anche al solo fine di verificare l'esistenza del vizio denunciato. In sostanza il controllo di legittimità sulla motivazione si traduce in una verifica meramente formale volta ad accertare solamente se la massima di esperienza adottata dal giudice di merito ed il canone di ragionamento siano idonei a stabilire la verità; il che impedisce di rilevare errori nell'accertamento del dato di fatto e nell'interpretazione delle risultanze processuali nel caso in cui la motivazione sia apparentemente corretta, ma nei fatti incompatibile con gli elementi acquisiti al processo.
        E' quindi possibile, essendo impedito al giudice di legittimità di controllare i fatti, che il giudice del merito si sottragga ad ogni sindacato semplicemente ammettendo un fatto manifestamente escluso dagli atti ovvero escludendo un fatto manifestamente risultante dagli stessi.
        Tale situazione è resa più grave dall'affermarsi di un contrasto giurisprudenziale, tra diverse sezioni ed all'interno della stessa sezione della Corte di Cassazione. Ciò determina una grave situazione di ingiustizia giacché in alcuni casi la Corte di Cassazione rifiuta - sulla base della lettura testuale della norma - di prendere in considerazione e d'affermare l'ammissibilità del ricorso che denunci la mancanza od illogicità della motivazione con riferimento agli atti del procedimento, mentre in altri casi procede a tale disamina.
        La presente proposta di legge intende rimediare a tali distorsioni, che si traducono in palesi ingiustizie ed in possibili errori, riproponendo la mancanza od illogicità della motivazione quale vizio denunziabile in sede di legittimità anche se non riscontrabile dal solo testo del provvedimento impugnato ma verificabile con il riscontro degli atti acquisiti.




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