XIV LEGISLATURA
PROGETTO DI LEGGE - N. 1025
Onorevoli Colleghi! - Uno dei problemi di fondo e più
attuali dell'istituto militare è quello dell'inserimento più
stretto di detto istituto nella società civile e di rendere
compatibile questo istituto con i valori guida della società.
Ciò richiede a tutti i livelli un approfondimento culturale.
Inoltre un grave problema dell'istituto militare è quello del
reinserimento dei suoi componenti nella vita civile quando per
una causa o l'altra lascino il servizio.
A tal fine tutti i corsi di formazione nell'ambito delle
Forze armate devono costituire particolari elementi di un ben
articolato tessuto didattico armonicamente inserito a tutti i
livelli nel contesto formativo scolastico e universitario
della società nazionale, operando nel senso di una maggiore
integrazione tra studi militari e civili.
Del resto anche il decreto legislativo n. 464 del 1997,
recante la riforma strutturale delle Forze armate, ha
previsto, al comma 3 dell'articolo 2, che con apposito decreto
siano definiti gli ordinamenti didattici dei corsi di diploma
universitari, di laurea e di specializzazione adeguati alla
formazione degli ufficiali delle Forze armate e del Corpo
della guardia di finanza. I problemi di formazione e di
acculturazione sono, infatti, di primaria importanza, e tra i
problemi culturali il primo che ci sembra necessario
affrontare è quello di istituire un apposito diploma di laurea
in scienze militari, direzionali e sociali per gli ufficiali
che attualmente frequentano le accademie e le altre scuole
superiori delle Forze armate. Tutto ciò si rende necessario
oggi che si riconosce la necessità di dare un maggiore peso a
materie come psicologia, sociologia, organizzazione, scienze
del lavoro (meccanizzazione, automazione, eccetera) divenute
molto più necessarie che in passato per espletare gli
essenziali compiti di comando e di direzione che tanto rilievo
hanno ad ogni livello gerarchico delle Forze armate.
Di fronte alla maggiore consapevolezza politica, sociale e
culturale dei giovani, di fronte alla nuova concezione della
disciplina militare come "adesione consapevole", di fronte
alla necessità di spiegare ogni decisione chiarendone, per
quanto possibile, il motivo e le finalità, occorre una
preparazione dei quadri diversa, più approfondita, più
consapevole delle interdipendenze col mondo esterno, più
credibile.
Varie leggi hanno regolato la materia nel nostro Paese,
negli anni passati, tra cui: 1) legge 22 maggio 1959, n. 397:
"Norme per l'equiparazione degli studi compiuti presso
l'Accademia militare e le Scuole di applicazione dell'Esercito
al biennio propedeutico di ingegneria"; 2) legge 27 maggio
1991, n. 168: "Norme per il riconoscimento della validità
degli studi compiuti dagli ufficiali in servizio permanente
della Marina e dell'Aeronautica militari, nonché della Guardia
di finanza, presso le rispettive Accademie e Scuola di
applicazione, ai fini dell'ammissione ai corsi di diploma e di
laurea di talune facoltà universitarie".
Queste leggi tendevano alla equiparazione al biennio di
ingegneria, per gli ufficiali delle carriere "operative"
dell'esercito, marina e dell'aeronautica e al riconoscimento
di alcuni esami per l'ammissione al secondo anno (o al terzo,
a giudizio del competente consiglio di facoltà) del corso
della facoltà di giurisprudenza, scienze politiche, economia e
commercio per gli ufficiali dei carabinieri e della guardia di
finanza. Analoghi provvedimenti sono stati adottati per gli
ufficiali del ruolo sussistenza del servizio di commissariato
e per quelli del servizio di amministrazione dell'esercito.
Tale soluzione, da ritenersi senz'altro parziale, si è
peraltro manifestata densa di inconvenienti. Innanzitutto ha
prodotto una discriminazione nelle materie di insegnamento in
accademia e nei corsi superiori post-accademici, tra quelle di
ordine universitario e quelle non conosciute come tali,
pregiudizievole per il curriculum personale degli
allievi. Ha poi determinato una prassi per cui alcune
università hanno ritenuto di non riconoscere, contrariamente a
quanto avveniva in precedenza, altri esami al di fuori di
quelli relativi alle materie indicate dalla legge. Ha altresì
spinto numerosi ufficiali in servizio ad affollare le facoltà
(in special modo giurisprudenza, scienze politiche,
statistica, sociologia, ingegneria e matematica) per ottenere
un titolo accademico pur restando generalmente nella
professione per la quale erano stati abilitati.
Alcune equiparazioni (o semi equiparazioni) come quella
riguardante il biennio di ingegneria non si sono rivelate
particolarmente utili. Molte delle materie insegnate non sono
state, infatti, di alcuna utilità professionale. I problemi
evidenziati sono stati solo parzialmente risolti dal citato
decreto legislativo n. 464 del 1997, che, peraltro, demanda ad
apposite convenzioni tra le università e le accademie ed
istituti militari d'istruzione. Solo recentemente, con il
decreto del Ministro dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica 12 aprile 2001, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del
5 giugno 2001, sono state istituite le classi dei corsi di
laurea e di laurea specialistica nelle scienze della difesa e
della sicurezza. Pur prendendo atto di tale importante
innovazione, si ritiene significativo istituire una specifica
università della difesa nazionale, ente di diritto pubblico,
dotato di autonomia didattica, di ricerca scientifica e di
gestione.
A sostegno della rilevanza che ha la istituzione di una
università autonoma è interessante esaminare come il problema
è stato affrontato all'estero.
Nella Germania federale sono state istituite dal 1973
apposite università delle Forze armate ad Amburgo e a Monaco
con corsi per circa 600 ufficiali studenti. Con questa forma
di università civile per militari si è cercato di risolvere il
problema di formare ufficiali in un arco di tempo tollerabile
ai fini del servizio e ottenere il riconoscimento ufficiale
del diploma di laurea pari, nel valore legale, agli altri
titoli accademici.
In Belgio esiste un programma di studi di livello
universitario che termina o con una "licenza in scienze umane
e militari" o con un "attestato universitario di ingegnere
civile": la durata dei corsi è rispettivamente di quattro o di
cinque anni.
In Francia esiste il modello dell'E'cole
Polytechnique, un istituto di livello universitario, con
inquadramento militare alle dipendenze del Ministero delle
forze armate francesi, che prepara non solo gli ufficiali, ma
anche professionisti e dirigenti dei vari dicasteri
dell'apparato statale. Il relativo decreto istitutivo
precisava che essa era destinata a dare agli allievi un'alta
cultura scientifica e a formare gli uomini adatti a
costituire, dopo la specializzazione, i quadri superiori della
nazione e, in particolare, dei corpi dello Stato, civili e
militari, e dei servizi pubblici.
Anche in Gran Bretagna, la formazione degli ufficiali
sembra avviarsi verso una formazione di livello universitario.
Oltre ai corsi pre-universitari (PUS - pre-university
studies) ed a quelli dell'università militare di scienze di
Shrivenham, vi è una aumentata tendenza a far conseguire la
nomina ad ufficiale attraverso una preparazione di base
universitaria. Se il candidato aspirante ufficiale è già in
possesso di una laurea, viene nominato sottotenente al momento
dell'incorporamento con anzianità retrodatata a seconda della
durata del corso di laurea seguito; dopo un periodo di venti
settimane, trascorse presso l'accademia militare di Sundhurst,
egli raggiunge le scuole d'arma o dei servizi e poi le unità.
Se invece si tratta di studenti universitari non ancora in
possesso di laurea che optano per la carriera militare, questi
vengono nominati "cadetti universitari" e completano gli studi
a spese dell'esercito, frequentano un corso a Sundhurst,
trascorrono parte delle loro vacanze ai reparti e, non appena
laureati, seguono un corso della durata di quindici settimane,
al termine del quale, nel grado di sottotenente, vengono
inviati alle scuole d'arma o dei servizi e poi alle unità.
A parte questi esempi il problema di dare un
riconoscimento formale a coloro che sono particolarmente
responsabili della difesa, e che hanno acquisito conoscenze
qualificanti nelle scienze che presiedono a questo settore, è
stato affrontato in molti altri Paesi ed esige un ripensamento
anche nel nostro, per i mutamenti che si sono verificati nei
rapporti tra società civile e società militare.
In particolare occorre giungere a una maggiore
integrazione della società militare con la più ampia "società"
rappresentata dalla comunità del Paese: e questa integrazione
passa attraverso una revisione culturale.
A tale fine la proposta di legge prevede, per la sua
attuazione, una intesa tra il Ministero della difesa (per ciò
che concerne l'esercito, la marina e l'aeronautica), il
Ministero dell'interno (Polizia di Stato), il Ministero
dell'economia e delle finanze (Corpo delle guardie di finanza)
e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della
ricerca al fine di stabilire dei piani di studio normativi per
le singole accademie e i corsi post-accademici.
Nella attuazione dei primi provvedimenti dovrà comunque
essere regolata, sia pure con disposizioni transitorie, la
posizione degli ufficiali in servizio che abbiano frequentato
le accademie e le scuole di applicazione prima della data di
entrata in vigore dei provvedimenti in oggetto.
Nella attuale situazione italiana, la soluzione più
razionale del problema appare quella di inserire le accademie
militari e le scuole di applicazione d'arma tra gli istituti
di ordine universitario, allo scopo sia di eliminare gli
inconvenienti citati, sia di aumentare il prestigio degli
studi militari, ingiustamente confinati nel limbo della
cultura nazionale.
Con tale soluzione, dopo la frequenza di un corso
quadriennale (il biennio presso le accademie militari e il
biennio presso le scuole di applicazione) i giovani potranno
conseguire una "laurea in scienze militari", con
specializzazioni in armi terrestri, armi navali e armi
aeronautiche.
Gli istituti militari possono aspirare ad una elevazione a
rango universitario in considerazione dei titoli di qualità e
di serietà negli studi che li contraddistinguono. Ne sono
garanzia la presenza di numerosi insegnanti universitari
(nella sola accademia militare di Modena insegnano molti
professori civili tra i quali famosi docenti universitari),
l'inquadramento disciplinare dei discenti, l'efficace
vigilanza dei quadri permanenti sul regolare svolgimento degli
studi, la ottima e razionale organizzazione scolastica, frutto
di lunga esperienza, il favorevole rapporto
insegnanti-allievi, la tradizionale serietà, la rispondenza
dei programmi, le continue selezioni dei discenti.
La proposta di legge riguarda nel complesso una
popolazione scolastica di poche centinaia di ufficiali e rende
giustizia a coloro che hanno seguito e seguono un iter
formativo completo rispetto a coloro che sono diventati e
diventano tuttora ufficiali per vie più comode e più brevi.
Il titolo accademico deve essere attribuito soltanto a
quegli ufficiali che hanno superato il ciclo quadriennale di
studi militari e serve a contraddistinguerli da coloro che
raggiungono il grado di ufficiale attraverso iter
diversi. Si tratta di rendere giustizia, almeno sul piano
formale del riconoscimento del valore degli studi compiuti, a
quegli ufficiali che si sono assoggettati ad una preparazione
completa ed approfondita rispetto a quelli che hanno seguito
la via più breve e per i quali non esiste alcuna
discriminazione nello sviluppo della carriera, in quanto
vengono loro riconosciute le stesse possibilità di
avanzamento, di trattamento economico e di ricoprire incarichi
di prestigio che esistono per gli ufficiali provenienti dai
corsi regolari.
In questo modo si assicurerà ai giovani la possibilità di
acquisire un titolo che le facoltà universitarie concedono ai
propri laureati, con vantaggi nel proseguimento eventuale
degli studi, e si aumenterà il prestigio degli istituti
militari, i cui programmi hanno assunto - con il progresso
degli armamenti e della tecnica - una complessità ed una
vastità tali da giustificare ad abundantiam la proposta
del loro inserimento in un contesto universitario.
La parificazione di diritto e di fatto degli studi
militari regolari a quelli delle facoltà universitarie, che
presentano tanti punti in comune, comporterà indubbiamente la
necessità di ritoccare alcuni programmi e di rivedere talune
modalità di insegnamento. In particolare, si dovrà procedere
alla formazione di un corpo stabile di insegnanti militari,
ovviando all'inconveniente di avvicendare continuamente gli
ufficiali insegnanti. In questo settore si dovrà operare
decisamente ed in profondità, assicurando la possibilità agli
ufficiali che saranno incaricati dell'insegnamento di una
adeguata preparazione preventiva e di uno sviluppo di carriera
che non preveda la loro rotazione da un incarico all'altro, in
settori senza alcuna correlazione tra loro.
L'approvazione della proposta di legge consentirà di
migliorare qualitativamente e quantitativamente il
reclutamento degli ufficiali in servizio permanente, renderà
possibile l'interscambio - tramite la possibilità di accedere
con il diploma di laurea ai vari concorsi - con le altre
amministrazioni dello Stato e determinerà un maggior prestigio
nella collocazione sociale degli ufficiali.
Un ulteriore passo avanti in questo processo di
"acculturazione universitaria" per gli ufficiali, sarà reso
possibile attraverso il riordinamento degli istituti di
formazione, in particolare con la creazione di una vera e
propria università della difesa nazionale.
L'istituzione di una unica università della difesa
nazionale, che comprenda e riordini il complesso di istituti,
accademie e scuole militari operanti in modo settoriale nel
nostro Paese, trae motivazione profonda dalla necessità di
affrontare con visione unitaria i problemi della difesa
nazionale, intesa nelle sue due componenti di difesa militare
e difesa civile e discende naturalmente da quanto
precedentemente esposto in merito all'esigenza
dell'istituzione di una laurea per i militari.
Per quanto elevato sia il livello degli studi militari nel
nostro Paese e degna di nota la serietà con cui essi vengono
svolti, appare di fondamentale importanza l'esigenza di un
maggior coordinamento tra i piani di studio dei vari istituti
ed indispensabile un più frequente contatto tra studiosi e
insegnanti militari e civili, per creare la tanto auspicata
mentalità "interforze" tra esercito, marina ed aeronautica e
corpi armati dello Stato e di "interscambio" con gli organismi
della difesa civile e con le università nazionali in cui si
svolgono studi similari.
E' necessario considerare questi problemi con la visione
globale delle esigenze della difesa nazionale e con una
politica unica di direzione dei vari istituti, prevedendo
l'unificazione - per quanto possibile - di modalità di
insegnamento, programmi, norme di governo del personale,
criteri di selezione, testi ed infrastrutture, non esitando ad
eliminare quegli istituti che ad un attento esame risultino
scarsamente idonei al raggiungimento degli scopi compresi
nella formula "interforze-interscambio" delineata.
Come già succintamente esposto, l'esame obiettivo della
situazione esistente nel settore scolastico militare ha
suggerito i contenuti della presente proposta di legge; vi ha
concorso anche l'opportunità di riconoscere ai fini civili il
valore degli studi che gli ufficiali compiono nella severa
atmosfera dei loro istituti, che li caratterizza in maniera
positiva nel confronto con le università e gli istituti
civili. Si conseguirà così anche il risultato di soddisfare
l'esigenza sempre più generalmente avvertita del
riconoscimento degli studi militari per lo svolgimento delle
professioni civili, qualora circostanze dovessero obbligare
gli ufficiali ad interrompere la carriera. Tale necessità è
stata recentemente ribadita dal decreto del Ministro
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 12
aprile 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla
Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, che ha
stabilito, all'articolo 2, apposite convenzioni finalizzate a
definire le modalità di riconoscimento degli studi compiuti e
dei titoli rilasciati riguardanti gli ufficiali delle Forze
armate e del Corpo della guardia di finanza.
La presente proposta di legge si caratterizza per le
seguenti innovazioni:
a) facilitazione del conseguimento di una laurea
per gli ufficiali;
b) riorganizzazione degli istituti esistenti,
assicurando in essi la presenza di insegnanti universitari in
misura non inferiore al 50 per cento del corpo insegnante, con
possibilità di rilasciare diplomi universitari, diplomi di
laurea in scienze militari e dottorato di ricerca (articoli 5
e 6);
c) riconoscimento della presenza degli studenti
militari e dei professori universitari negli organismi di
gestione dell'Università della difesa nazionale e dei singoli
istituti (articolo 10);
d) istituzione di un ruolo unico per gli
insegnanti militari (articolo 12).
Tra le novità di maggiore rilievo va ricordata anche la
fusione in dipartimenti universitari delle tre scuole di
guerra dell'esercito, marina ed aeronautica, dell'Istituto
superiore di stato maggiore interforze e del Centro alti studi
per la difesa (articolo 6). Le motivazioni che hanno condotto
a questa soluzione consistono nella individuazione di un
gruppo di discipline comuni alle cinque scuole, che non hanno
motivo di essere studiate separatamente e che ben si prestano
alla creazione dei dipartimenti: si tratta di strategia
globale, ricerca operativa, impiego delle forze, difesa
civile, armi speciali, organizzazione.
Il dottorato di ricerca si qualifica come titolo avente
valore per l'inserimento degli ufficiali nell'area direttiva
delle Forze armate, nell'ambito della ricerca scientifica e
nel settore dell'insegnamento. I dipartimenti si configurano
come organizzazione di una pluralità di settori di
approfondimento, ricerca e insegnamento, ai quali si dovrà
pervenire attraverso la necessaria sperimentazione pratica,
fissata in due anni (articolo 13).