5-04821 Calzolaio: risorse spese dall'Italia per la missione civile
e militare in Iraq.
Sin dalla fine delle operazioni militari, nel marzo del 2003, l'Italia è fortemente impegnata nel settore della ricostruzione economica e sociale dell'Iraq. Nel corso della Conferenza dei donatori tenutasi a Madrid nell'ottobre 2003 il nostro Paese ha annunciato un impegno pari a 200 milioni di euro con un esborso ripartito su cinque anni.
Il Ministero degli esteri ha agito su due linee principali nel settore civile in Iraq, attraverso la Task Force Iraq e tramite la nostra cooperazione allo sviluppo, con un intervento complessivo a favore dei cittadini iracheni di circa 155 milioni di Euro.
La Task Force Iraq ha finanziato numerosi progetti in settori di fondamentale importanza per il recupero e lo sviluppo dell'Iraq quali il settore sanitario; il sostegno elettorale; la salvaguardia ed il recupero del patrimonio culturale ed archeologico; i programmi di sviluppo sociale e ricostituzione del tessuto socio-economico a livello decentrato, di capacity building e sostegno alla capacità di governance, anche in senso tecnologico, della pubblica amministrazione irachena, ed infine di formazione.
Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, in risposta all'appello umanitario a favore dell'Iraq lanciato nell'aprile 2003 dalle Nazioni Unite per interventi urgenti nei settori più colpiti, la nostra cooperazione allo sviluppo ha avviato iniziative di emergenza sia sul canale bilaterale che su quello multilaterale, per un valore complessivo di oltre 30 milioni di euro. A tali interventi si sommano i finanziamenti erogati negli ultimi due anni dalla cooperazione italiana sul canale ordinario per 20 milioni di euro, e consistiti in contributi in favore di organismi internazionali impegnati nella ricostruzione del Paese.
I frequenti contatti con rappresentanti delle istituzioni irachene (e da ultimo col governatore della Provincia del Dhi Qar, dove si trova ad operare il nostro contingente militare) testimoniano che, pur nelle oggettive difficoltà in cui si opera nel teatro iracheno, l'intervento umanitario italiano è particolarmente apprezzato dalla popolazione, che ne ha tratto un oggettivo e sensibile giovamento.
Per quanto riguarda la ricostruzione economica è innegabile che la situazione di sicurezza ha influito in maniera negativa, rallentandone lo svolgimento. Ciò nondimeno, alcune imprese italiane sono attive in settori primari quali l'elettricità e le risorse idriche, avendo ricevuto dal Governo iracheno importanti commesse per la riabilitazione di reti infrastrutturali.
Interrogazione n. 5-04802 Mattarella: partecipazione di osservatori italiani all'ACEH Monitoring Mission nel Sud-est asiatico.
In primo luogo si precisa che la missione cui si riferisce l'interrogazione in esame aveva come obiettivo non gli aiuti per le popolazioni colpite dallo tsunami bensì il monitoraggio da parte dell'Unione europea degli accordi di pace stipulati tra il Governo indonesiano e il Movimento separatista di Aceh (G.A.M.), firmati ad Helsinki il 15 agosto scorso. Come noto, questi accordi prevedono la riconsegna delle armi da parte dei separatisti e la rinunzia alla totale indipendenza in cambio ad una pronunciata autonomia, nonché il correlato impegno del governo indonesiano di smobilitare progressivamente le sue truppe dalla regione di Aceh e liberare i prigionieri politici.
Si è trattato quindi di una missione di carattere civile nel contesto della Politica Estera e Sicurezza Comune che, data la sua natura, avrebbe dovuto trovare copertura finanziaria sul bilancio della stessa PESC, gestito dal Segretariato del Consiglio UE, ed al quale l'Italia già contribuisce. Il Segretariato ha però esaurito i suoi fondi e, in attesa di un possibile aumento delle risorse complessive destinate alla PESC, ha quindi chiesto agli Stati membri di farsi carico delle spese di viaggio degli osservatori.
A questo proposito si sottolinea con chiarezza che, mentre la prassi per le missioni militari PESC è quella delle spese a carico degli stati membri, nel caso evocato - trattandosi di una missione civile - le spese operative, ai sensi del Trattato sull'Unione Europea, dovevano essere a carico del bilancio comunitario nei limiti della sua capienza. In occasione della missione ad ACEH, le ridotte disponibilità finanziarie del bilancio PESC, rese per di più note ad operazioni preparatorie già avviate, hanno imposto un drastico ridimensionamento della pianificazione finanziaria dell'iniziativa, facendo quindi gravare sugli Stati membri una serie di oneri originariamente non previsti. Questo è avvenuto nonostante le perplessità manifestate da parte nostra e di altri partners, contrari ad una «rinazionalizzazione» della PESC. Il «sistema Italia» non ha comunque avuto ricadute negative in quanto ad Aceh siamo rappresentati dal Vice Capo della Missione Monitoraggio UE. A seguito di una azione di sostegno del Ministero degli esteri uno dei candidati italiani, la dottoressa Renata Tardioli, è stata infatti selezionata per questo importante incarico. In tale veste si trova ora ad operare ad Aceh ed è in continuo contatto con il nostro Ministero degli esteri e l'Ambasciata d'Italia a Jakarta.
Questa recente esperienza ha tuttavia reso evidenti i ridotti margini di flessibilità, di natura sia giuridica che amministrativa, che presenta la normativa che regola la partecipazione italiana alla PESC (legge n. 299 del 1998). Il Ministero degli affari esteri intende quindi promuoverne un opportuno aggiornamento, alla luce degli sviluppi e della dimensione che hanno assunto la PESC e la PESD).
Interrogazione n. 5-04801 Cima: violazione dei diritti umani in Marocco nei confronti dei detenuti politici saharaouis.
Come sottolineato in precedenti risposte del Governo a interrogazioni parlamentari riguardanti la crisi a livello regionale nell'ex-Sahara spagnolo, si ricorda anzitutto che l'impegno dell'Italia nel corso di questi ultimi anni è sempre stato coerente nel perseguimento di una soluzione negoziata, che faccia riferimento ai principi delle Nazioni Unite ed alle Risoluzioni approvate sulla questione. A tal fine, l'Italia mantiene regolari contatti con tutti i Paesi maggiormente coinvolti, tra cui, oltre al Marocco ed all'Algeria, anche Francia, Spagna e Stati Uniti. L'Italia, anche sulla base degli eccellenti rapporti che intrattiene con le Parti interessate, intende svolgere ogni utile azione - sia in ambito bilaterale, che a livello comunitario e multilaterale - affinché a tale situazione di crisi possa trovarsi una soluzione concordata.
Per quanto riguarda più specificamente le condizioni dei rifugiati saharawi, anzitutto si ricorda che la nostra cooperazione allo sviluppo ha assicurato aiuti sia sul canale dell'emergenza - nel 2004 sono stati forniti beni alimentari per un ammontare di 1.500.000 di euro - che attraverso contributi pari a circa 1 milione di euro per la realizzazione di progetti promossi da ONG italiane. Il Ministero degli esteri ha inoltre rinnovato anche per il corrente anno accademico borse di studio a studenti saharawi iscritti alla Facoltà di medicina dell'Università di Bologna.
In questo quadro, continuiamo a rivolgere particolare attenzione alla dimensione umanitaria, con interventi opportunamente calibrati in funzione dei destinatari, specie per quanto riguarda le condizioni di detenzione e la liberazione dei prigionieri di guerra detenuti sia dal Polisario che dalle autorità marocchine. Questa nostra sensibilità al problema trova riscontro nell'azione sviluppata a livello europeo: nel marzo scorso la Presidenza lussemburghese dell'Unione ha infatti inviato ai Ministri degli affari esteri di Marocco, Algeria ed al Segretario generale del Fronte Polisario una missiva in cui si esprimeva preoccupazione in relazione agli aspetti di carattere umanitario del conflitto nel Sahara Occidentale. Il testo delle tre lettere, calibrato in maniera diversa a seconda dei suoi destinatari, conteneva una premessa comune relativa alla necessità di separare gli aspetti di carattere umanitario da quelli di natura politica del conflitto. A tale proposito si segnala che l'Unione europea ha recentemente espresso il proprio apprezzamento per la liberazione, lo scorso 18 agosto, da parte del Fronte Polisario, dei 404 prigionieri di guerra marocchini detenuti a Tindouf e invitato le parti coinvolte nel conflitto a prendere tutte le misure concrete che consentano di risolvere le rimanenti questioni umanitarie. Va inoltre evidenziato che il Marocco ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, in base alla quale esiste l'obbligo, a carico degli Stati parte, di indagare in modo rapido, imparziale ed indipendente su eventuali casi di tortura.
Siamo pertanto determinati a continuare in questa nostra azione - sia a livello bilaterale che europea - per favorire concreti passi avanti con riguardo a tutti gli aspetti di tutela dei diritti umani relativi alla situazione nel Sahara occidentale.