VI Commissione - Mercoledì 17 novembre 2004


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ALLEGATO 1

5-03697 Romoli: Indicazione nel quadro RW della dichiarazione dei redditi delle azioni di SICAV estere acquistate o detenute tramite SIM italiane

TESTO DELLA RISPOSTA

L'Onorevole interrogante desidera conoscere quale sia l'interpretazione dell'articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 (convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227), nella parte in cui prevede determinate ipotesi di esonero dagli obblighi di monitoraggio fiscale da effettuarsi in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi, tra le quali, in particolare, l'acquisto e la detenzione di azioni SICAV estere (società di investimento a capitale variabile) attraverso una società di intermediazione italiana.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate ha fatto presente, in via preliminare, che gli obblighi di dichiarazione nel modulo RW della dichiarazione dei redditi sono previsti dagli articoli 2 e 4 dei decreto-legge n. 167 del 1990 e circoscritti alle seguenti tre ipotesi:
1) trasferimenti da o verso l'estero di denaro, certificati in serie o di massa o di titoli attraverso non residenti, senza il tramite di intermediari residenti, che abbiano interessato un ammontare complessivo superiore a euro 12.500,00;
2) possesso, al termine del periodo d'imposta, di investimenti all'estero e di attività estere di natura finanziaria di ammontare superiore a euro 12.500,00, attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia;
3) trasferimenti da, verso e sull'estero che, nel corso dell'anno, hanno interessato investimenti all'estero e attività estere di natura finanziaria.

A fronte di un generalizzato obbligo dichiarativo, l'articolo 4, comma 4, del citato decreto-legge n. 167 del 1990, prevede, con finalità di semplificazione, alcuni casi per i quali non sussistono gli obblighi di dichiarazione nel modulo RW.
La norma, infatti, dispone che gli obblighi di indicazione nella dichiarazione dei redditi non sussistono per i certificati in serie o di massa ed i titoli affidati in gestione o amministrazione agli intermediari residenti, per i contratti conclusi attraverso il loro intervento, anche in qualità di controparti, nonché per i depositi ed i conti correnti, a condizione che i redditi derivanti da tali attività estere di natura finanziaria siano riscossi attraverso l'intervento degli intermediari stessi.
A tal proposito, l'Agenzia delle entrate ha riferito che il dato normativo prevede tre distinte fattispecie di esonero e cioè:
1) i titoli ed i certificati in serie o di massa affidati in gestione o amministrazione agli intermediari residenti, ossia banche, Sim, Poste italiane S.p.a., società fiduciarie e finanziarie, nonché intermediari che, per ragioni professionali, effettuano il trasferimento di denaro o valori mobiliari da o verso l'estero, o comunque si interpongono nell'esecuzione del trasferimento;
2) i contratti produttivi di redditi finanziari conclusi attraverso l'intervento dei predetti intermediari residenti;
3) i depositi ed i conti correnti.

La stessa Agenzia ha precisato che, in tutti e tre i casi, l'esonero dagli obblighi di


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dichiarazione compete a condizione che i redditi di natura finanziaria siano riscossi attraverso l'intervento degli intermediari residenti. L'esonero compete anche se l'intermediario non ha potuto applicare sui proventi alcuna forma di prelievo (ritenuta a titolo d'imposta, ritenuta a titolo d'acconto o imposta sostitutiva), essendo sufficiente la sussistenza dell'incarico conferito all'intermediario di riscuotere i proventi.
In particolare, per la fattispecie rappresentata dall'onorevole interrogante, l'esonero spetta a condizione che le attività di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili siano affidati in amministrazione o siano oggetto dei contratti di gestione patrimoniale intrattenuti con intermediari residenti (banche, Sim, società fiduciarie, società di gestione del risparmio, agenti di cambio, eccetera).
Pertanto, la detenzione all'estero di azioni di SICAV estere, secondo l'Agenzia delle entrate, non deve essere oggetto di monitoraggio fiscale, a condizione che le stesse siano affidate in amministrazione o gestione ad intermediari italiani e che i relativi redditi siano riscossi attraverso l'intervento degli intermediari stessi.


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ALLEGATO 2

5-03698 Benvenuto: Effetti dell'anatocismo bancario

TESTO DELLA RISPOSTA

Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Benvenuto ed altri pongono quesiti in ordine alla questione dell'anatocismo «bancario». In particolare, richiamando la sentenza n. 21095 del 7 ottobre 2004 (depositata in data 4 novembre 2004), con la quale la Corte di Cassazione ha confermato la nullità delle clausole di capitalizzazione degli interessi contenute nei contratti bancari anteriori al 2000, chiedono di conoscere la stima complessiva degli effetti illeciti dell'anatocismo bancario, il numero dei correntisti «divenuti creditori legali delle banche», nonché quali iniziative si intendano assumere per eliminare erga omnes gli effetti di tale illiceità.
Al riguardo, la Banca d'Italia, tramite la Segreteria del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio, ha comunicato che la questione dell'anatocismo è all'attenzione delle banche sin dal 1999, allorquando la Corte di Cassazione, nell'invertire precedenti orientamenti, stabilì il principio secondo il quale la prassi della capitalizzazione degli interessi bancari - in quanto riconducibile a un uso «negoziale» piuttosto che a un uso «normativo» - era in contrasto con il divieto posto dall'articolo 1283 del codice civile.
La materia della capitalizzazione degli interessi nell'esercizio dell'attività bancaria e finanziaria è stata disciplinata - sulla base dell'articolo 120 del testo unico bancario, come integrato dall'articolo 25, comma 2, del decreto legislativo n. 342 del 1999 dalla Deliberazione del CICR del 9 febbraio 2000.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 425 del 9 ottobre 2000, ha, poi, dichiarato l'illegittimità, per eccesso di delega, del comma 3 del citato articolo 25, che aveva affermato valide ed efficaci le clausole di capitalizzazione degli interessi contenute nei contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della delibera del CICR.
Per quanto riguarda i quesiti specifici formulati nell'atto parlamentare, la Banca d'Italia ha precisato che non è possibile effettuare una stima prudenziale degli effetti derivanti dalla sentenza in questione, attesi i numerosi fattori che incidono sulla valutazione. Tra questi ha richiamato: il periodo, essendo difficile la sua individuazione, con riguardo alla eventuale richiesta di rimborso; la posizione processuale della banca (attrice o convenuta); il ricalcolo a ritroso degli interessi, al fine di scorporare la componente capitalizzata su ogni singolo rapporto; il numero di clienti disposti ad agire in giudizio in ragione dell'ammontare della pretesa creditoria.
Con riferimento, infine, alle eventuali iniziative tese a eliminare gli effetti della «illiceità», va considerato che il contenzioso in atto è destinato, comunque, a trovare soluzione nelle competenti sedi giudiziarie o ad essere composta, in via bonaria, stragiudizialmente.


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ALLEGATO 3

5-03699 Pistone: Dati relativi alla riscossione delle imposte mediante ruolo

TESTO DELLA RISPOSTA

L'onorevole interrogante ha chiesto di conoscere l'ammontare, ripartito su base regionale, delle somme iscritte a ruolo, l'importo delle somme effettivamente riscosse e i costi sostenuti per la riscossione.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate ha fornito due documenti che - rispettivamente per l'intero anno 2003 e per i mesi da gennaio a ottobre del 2004 - contengono, con riferimento ai carichi consegnati dalle Agenzie delle entrate e delle dogane, la suddivisione provinciale e regionale:
delle somme iscritte a ruolo;
degli incassi conseguiti dalle società concessionarie del servizio nazionale della riscossione nei periodi sopra indicati, quali risultanti dai dati inviati telematicamente dalle stesse concessionarie all'Agenzia delle entrate ai sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. L'importo di tali incassi è fornito al netto delle riscossioni effettuate ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 289 del 2002.
Per quanto attiene i costi dell'attività di riscossione, l'Agenzia delle entrate ha rappresentato che l'onere finanziario a carico dello Stato derivante dalla corresponsione dei compensi a favore delle aziende concessionarie è stato di 550 milioni di euro per l'anno 2003 (articolo 3 del decreto legge 24 giugno 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2003, n. 212) ed ammonta a 470 milioni di euro per l'anno in corso (articolo 4, comma 118, della legge 24 dicembre 2003, n. 350).


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ALLEGATO 4

5-03700 Lettieri e Molinari: Ritardi nell'effettuazione dei rimborsi IVA

TESTO DELLA RISPOSTA

Con l'interrogazione in esame viene rappresentata la situazione del ritardo dei rimborsi Iva spettanti alle imprese.
Al riguardo, l'Agenzia delle entrate ha, preliminarmente, fatto presente che le assegnazioni di fondi destinate al pagamento dei rimborsi in conto fiscale vengono effettuate centralmente sulla base delle informazioni trasmesse telematicamente dai concessionari e tenuto conto dei fondi assegnati nella legge di Bilancio. Allo stato attuale sono stati rimborsati tutti i crediti certi ed esigibili, scaduti fino alla data del 20 aprile 2004.
Per quanto concerne la polizza fideiussoria, con validità triennale, a garanzia dei rimborsi in conto fiscale, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 10 giugno 2004, è stato approvato il nuovo schema di fideiussione e di polizza fideiussoria che gli istituti di credito e le compagnie di assicurazione devono utilizzare per garantire i rimborsi Iva annuali ed infrannuali.
Detto schema sostituisce il modello approvato con decreto dirigenziale 20 febbraio 1998, nonché quelli allegati alla circolare 10 giugno 1998, n. 146/E.
In particolare, l'articolo 2 delle «disposizioni generali della garanzia» prevede che la garanzia stipulata tra le parti cessa automaticamente decorsi dodici mesi dal suo rilascio, qualora entro tale periodo non si sia dato luogo al rimborso.
Pertanto, a decorrere dal 10 giugno 2004, la validità della garanzia è stata elevata da sei a dodici mesi.
In ogni caso, l'Agenzia delle entrate ha precisato che, allo scopo di dare certezza ai rapporti intercorrenti tra fideiussore e fideiubente, nell'ipotesi in cui il rimborso sia disposto trascorsi sei mesi dall'emissione della garanzia, la Società/Banca ha la facoltà dì rivedere l'accordo sottoscritto e di dichiarare la cessazione dell'impegno assunto.
L'Agenzia delle entrate ha, inoltre, fatto rilevare di aver sottoscritto un accordo con alcune banche ed è in corso di sottoscrizione analogo accordo con l'Associazione Bancaria Italiana, per lo smobilizzo dei crediti Iva, previa effettuazione di una istruttoria semplificata ed il rilascio, da parte dell'Amministrazione finanziaria, dell'attestazione della certezza e liquidità del credito prevista dall'articolo 10 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326).