Allegato B
Seduta n. 876 del 26/4/2001


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ALBONI. - Al Ministrodel lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
sulle pagine de Il Giorno, nell'inserto Economia e Finanza dell'8 novembre 2000, si legge che circa 400 mila bambini sotto i 14 anni sono la migliore manodopera a buonissimo mercato presente in Italia;
così in particolar modo nel sud e nel Triveneto c'è un esercito di minilavoratori che varia dai 14 agli 11 anni, con dei picchi di 8-9 anni che con poche centinaia di migliaia di lire al mese, senza ferie e orari massacranti soddisfano i loro datori di lavoro in ambienti che spaziano da bar, ristoranti sino a officine meccaniche e tessiture -:
come i ministri interrogati intendano affrontare il problema che viene riconosciuto come «sfruttamento di bambini sul luogo di lavoro».
(4-32455)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente quanto segue.
Lo sfruttamento del lavoro minorile è da sempre all'attenzione degli organi di vigilanza di questa Amministrazione, sia nell'ambito dello svolgimento dell'ordinaria attività ispettiva, sia attraverso la predisposizione di apposite vigilanze speciali che vengono annualmente programmate per meglio verificare l'eventuale impiego di minori in attività loro non consentite, generalmente in coincidenza con la chiusura delle scuole.
Anche per l'anno 2000 è stata programmata una vigilanza speciale e dai controlli effettuati risulta che il fenomeno in parola è diffuso in tutto il paese ma, sia pur con diversa intensità, è da considerarsi contenuto. Infatti su un totale di 6.581 minori occupati, ne sono risultati irregolari 1.906.
Nelle zone più a rischio sul territorio nazionale, come la Toscana, ove il fenomeno è presente soprattutto in aziende tessili con minori di nazionalità cinese, in seguito ad accertamenti effettuati sono risultati irregolari 124 minori su 632 occupati, ed in Puglia, ove maggiore è la presenza di minori nei settori dei pubblici servizi, dell'artigianato e delle confezioni, sono risultati in posizione irregolare 368 minori sui 522 occupati.
Da ultimo, si rappresenta che nel complesso le violazioni più gravi - riferite all'età minima di assunzione ed alle attività lavorative vietate - ai sensi della legge n. 977/67 e successive modifiche, risultano non particolarmente elevate, essendo le prime riferite a 351 casi, le seconde a 65.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

ALBONI. - Al Ministro delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a partire dai primi giorni di gennaio ed in particolare dalla scoperta avvenuta in Lombardia del primo caso di Bse in capi allevati in Italia, si è generata una serissima crisi nei consumi alimentari, che ha di fatto pressoché sospeso il consumo e quindi la vendita della carne bovina;
i consumatori italiani di fronte all'evidenza di una malattia sconosciuta fino


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a pochi anni fa e confusi da un'informazione contraddittoria attendono una risposta chiara e completa da parte delle istituzioni;
il trend negativo delle vendite del settore commerciale interessato è inarrestabile e comporterà una ricaduta sull'economia italiana -:
se non ritenga opportuno emettere un apposito provvedimento che stabilisca la non applicabilità degli «studi di settore» per tutti i commercianti che investiti dal problema sopra esposto, hanno già subito ingenti danni economici.
(4-33851)

Risposta. - Con l'interrogazione cui si risponde l'interrogante, nel richiamare l'attenzione sulle conseguenze derivanti dalla scoperta, in Lombardia, del primo caso di BSE (encefalopatia spongiforme bovina), in particolare, sulla rilevante flessione delle vendite di carne bovina, che ha determinato ingenti danni economici ai commercianti del settore, ravvisa l'opportunità della non applicabilità degli studi di settore alle attività del commercio colpite dal fenomeno in questione.
Come è noto, per fronteggiare la predetta emergenza, con il decreto legge 14 febbraio 2001, n. 8, (legge 9 marzo 2001, n. 49) sono stati stabiliti interventi urgenti a favore degli allevatori di bovini, delle aziende di macellazione e degli esercenti attività di commercio all'ingrosso e al dettaglio di carni.
In particolare, è stata prevista:
la sospensione o il differimento dei termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti tributari;
l'adeguamento, a partire dal periodo di imposta in vigore al 31 dicembre 2000, degli studi di settore in base agli elementi rilevati dalla dichiarazione dei redditi Modello Unico 2001.

Per consentire il suindicato adeguamento, nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore SM02U e SM21D, destinati ai contribuenti che esercitano il commercio al dettaglio e all'ingrosso di carni, sono state inserite delle schede di rilevazione con lo scopo di acquisire informazioni sull'andamento di tali attività nell'ultimo quadrimestre del 2000 e nel primo quadrimestre del 2001.
Pertanto, sulla base delle informazioni rilevate, saranno elaborati degli opportuni algoritmi al fine adeguare gli studi di settore, applicabili a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2000, alla concreta situazione che emergerà dalla suddetta rilevazione.
Il Ministro delle finanze: Ottaviano Del Turco.

ALEMANNO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la situazione occupazionale a Napoli e provincia ha raggiunto livelli divenuti ormai insopportabili;
lo stabilimento della Birra Peroni di Miano nel 1985 aveva oltre 700 dipendenti mentre oggi può «vantarne» solamente 150 con la previsione futura di chiudere lo stabilimento, con gli evidenti riflessi drammatici che ricadranno sui lavoratori, motivando il fatto che nel mezzogiorno e nell'area napoletana sono calate le vendite di birra;
tutto questo avviene nonostante la produzione sia raddoppiata rispetto proprio al 1985 e le aziende del mezzogiorno, e tra queste vi è anche la Peroni di Miano, continuano a ricevere fondi pubblici;
a rendere ancora più grave la situazione dei lavoratori licenziati ci sarebbe il mancato raggiungimento dei requisiti per il prepensionamento -:
se sia stato effettuato un controllo serio sulla certificazione di stato di crisi, requisito essenziale per giustificare i licenziamenti;
se sia stato accertato il corretto utilizzo aziendale degli ingenti finanziamenti


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pubblici fruiti in relazione alla tutela dello sviluppo occupazionale;
se quali strumenti intendano adottare al fine di impedire ai vertici aziendali di proseguire in questa assurda politica dei licenziamenti, che oltre a non essere giustificata da situazioni di crisi aziendali, non produce altro che povertà andando così a chiudere l'unica realtà produttiva sulla quale può contare Miano.
(4-33095)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata, si fa presente, in via preliminare, che la Ditta Birra Peroni, per lo stabilimento di Napoli, ha usufruito del trattamento di integrazione salariale per i seguenti periodi:
ex lege 675 del 12.8.1977 per ristrutturazione aziendale: dal 18.8.86 al 19.2.89;
ex lege 223 del 23.7.1991, per riorganizzazione aziendale: dal 24.2.92 al 31.5.93; e dal 19.2.96 al 18.2.97.

Tutto ciò premesso, si comunica l'esito degli accertamenti effettuati dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Napoli dai quali è emerso quanto segue.
La Birra Peroni Industriale S.p.A. ha presentato in data 9.10.2000 alle OO.SS. e alla Giunta Regionale - Ufficio Mobilità di Napoli la comunicazione prevista dagli articoli 4 e 24 della legge 223/91 e successive modificazioni ed integrazioni per il licenziamento collettivo di 45 dipendenti su 199 in organico occupati presso lo stabilimento di Napoli, in quanto in esubero rispetto alle esigenze aziendali.
L'azienda ha fatto presente che tali esuberi sono stati determinati dal fatto che nel corso degli ultimi dieci anni ha presentato indicatori economici c.d. «piatti» con sensibili ribassi di circa il 9 per cento e, contestualmente, eccedenze produttive intorno al 15 per cento della produzione totale nel mercato europeo; ciò, in particolare, è determinato dalla competizione sempre più accentuata tra i maggiori gruppi industriali del settore che operano nel mercato globale e a costi sempre più competitivi.
Inoltre, l'aumento dinamico dei costi fissi (manodopera, manutenzione, energia ecc.), maggiorati attualmente del 100 per cento rispetto al decennio passato, hanno indotto l'azienda ad attuare un piano per il recupero della competitività.
Tale piano, secondo l'azienda, deve necessariamente realizzarsi attraverso strumenti riorganizzativi, quali l'affidamento delle attività di alcuni reparti (controllo merci, movimentazioni, pubblicità, assistenza tecnica, confezionamento prodotti) a ditte specializzate come avviene ormai in molti settori industriali e commerciali.
Per quanto innanzi detto, l'azienda ha dato corso all'
iter previsto per legge, ma nel corso degli incontri sindacali non è stato raggiunto alcun accordo nel termine legale dei 45 giorni.
In particolare, gli incontri con le OO.SS. hanno evidenziato la determinazione della Birra Peroni a procedere alla risoluzione programmata dei rapporti con il personale in esubero, in contrasto con gli orientamenti delle OO.SS. (FLAI-CGIL, UILA-UIL, FAT-CISL e SLAI-CODAB) i quali contestano le motivazioni addotte dall'impresa e poste a base degli esuberi, richiedendo, comunque, soluzioni alternative ai licenziamenti.
L'Ufficio Mobilità della Giunta Regionale di Napoli, a cui recentemente sono state trasferite le competenze della Direzione Provinciale del Lavoro previste dall'articolo 4 della legge 223/91, ha dato atto con verbale del 9.1.2001 del mancato accordo tra le parti.
Dal 12 gennaio c.a. l'azienda ha già proceduto a licenziare n. 35 lavoratori in esubero, riservandosi di completare tutti i licenziamenti programmati nel termine di 120 giorni.
In conseguenza di tutto quanto sopra in data 11.1.2001, sono state attuate forme di protesta da parte dei lavoratori. La società ha rappresentato agli organi preposti (Prefettura e Questura) il fermo dell'attività a causa del picchettaggio degli impianti attuato da alcuni dipendenti.
Nel corso della verifica ispettiva sono state altresì acquisite le seguenti notizie:


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il numero dei lavoratori dello stabilimento di Napoli era di 552 unità nel 1985 e di 201 unità nel 2000;
gli investimenti ammessi ad agevolazione alla data del 31.12.2000, riferiti allo stesso stabilimento, ammontano a lire 71.887.503.000 (legge 64/86 e 488/92);
lo stabilimento ha attuato dal 1991 le seguenti procedure di licenziamenti collettivi e messa in mobilità: in data 16.4.93 per 48 lavoratori che hanno maturato i presupposti per la pensione INPS con le tutele previste dai punti 6 e 7 dell'articolo 7 legge 223/91; in data 15.2.96 per 85 lavoratori dei quali 65 sospesi in CIGS per crisi aziendale; in data 27.2.97 per 47 lavoratori con i requisiti pensionistici e le tutele dell'articolo 7 della citata legge anche provenienti dai periodi di sospensione per CIGS.

Si fa presente, infine, che alla data odierna, nello stabilimento è ripresa normalmente l'attività produttiva.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

AMORUSO. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
il signor Francesco De Cillis, nato a Bisceglie (Bari) il 28 novembre 1981 ed ivi residente in via Carrara Reddito n. 7, ha presentato istanza (pratica n. 26941) per ottenere dal Ministero della sanità il rimborso danni per aver contratto nel 1991 un'epatite virale a seguito di trasfusione;
il ministero competente in data 24 maggio 2000, dopo ben nove anni di attesa, notificava all'interessato l'esito positivo della sua istanza;
ad oggi il signor Francesco De Cillis non ha ancora ricevuto quanto dalla legge giustamente riconosciutogli -:
quali iniziative urgenti intenda assumere al fine di consentire il soddisfacimento delle legittime aspettative del nominato in premessa;
se non ritenga opportuno intraprendere le azioni di competenza necessarie a verificare eventuali responsabilità per tali gravi ritardi.
(4-33534)

Risposta. - Come indicato nell'atto parlamentare in esame, con istanza datata 12 dicembre 1995, il Sig. Onofrio De Cillis, all'epoca esercente la patria potestà di Francesco De Cillis, ha chiesto la concessione a quest'ultimo dell'indennizzo di cui all'articolo 1 della legge n. 210/1992, in quanto danneggiato irreversibilmente da epatite post-trasfusionale.
La Commissione medica ospedaliera di Bari, dopo aver sottoposto l'interessato a visita, ha espresso il giudizio che esiste nesso causale tra la trasfusione e l'infermità denunciata, con ascrizione alla settima categoria della tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834.
Con nota del 24 maggio 2000, il suddetto giudizio è stato notificato al Sig. De Cillis, con l'invito a presentare i documenti necessari per la liquidazione.
Tali documenti sono pervenuti all'Ufficio competente di questo Ministero (Dipartimento Professioni Sanitarie, Risorse Umane e Tecnologiche in Sanità e Assistenza Sanitaria di Competenza Statale - Ufficio XV) in data 13 ottobre 2000.
Non è stato possibile fino a questo momento adottare il provvedimento di liquidazione dell'indennizzo in questione, a causa dell'enorme quantità di pratiche di indennizzo al cui disbrigo l'Ufficio XV ha dovuto provvedere.
La trattazione delle pratiche stesse è avvenuta secondo l'ordine cronologico di arrivo della documentazione ed è proseguita fino a quando è stata consentita l'assunzione di impegni finanziari per l'esercizio dell'anno 2000.
Com'è noto, ai sensi del D.P.C.M. 26 maggio 2000, le funzioni e i compiti amministrativi di cui alla citata Legge n. 210/1992 sono trasferiti alle amministrazioni regionali, con decorrenza 1o gennaio 2001.
Dalla stessa data sono state trasferite anche le relative risorse finanziarie, per cui questo Ministero, non potendo più disporre


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dei fondi necessari per il pagamento degli indennizzi, sta organizzando il trasferimento delle pratiche in questione agli assessorati regionali competenti.
Pertanto, anche la documentazione relativa al Sig. De Cillis sarà quanto prima inviata alla Regione Puglia per gli adempimenti di competenza.
Il Sottosegretario di Stato per la sanità: Grazia Labate.

BERGAMO. - Ai Ministri per la solidarietà sociale e dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in molti casi nel passato, ed anche di recente, è stata denunciata la drammatica condizione degli anziani in alcune cosiddette «case di riposo»;
più volte la cronaca ha evidenziato le violenze subite in queste strutture che, al contrario, dovrebbero provvedere alla cura dei degenti -:
quali siano i motivi per cui i grandi programmi dell'Ulivo nel settore della solidarietà verso le fasce più deboli, sbandierati nella campagna elettorale dell'aprile 1996, non sono stati ancora attuati;
quali provvedimenti urgentissimi intenda adottare il Ministro per la solidarietà sociale per fare in modo che, una volta tanto, le promesse non restino sulla carta;
se non sia opportuno, come pare all'interrogante, che il Ministro dell'interno predisponga strumenti utili e ispezioni per verificare l'idoneità di tutte le case di riposo esistenti sul territorio nazionale.
(4-13950)

Risposta. - In riferimento all'atto ispettivo in esame, rappresento quanto segue.
Con la legge 8 novembre 2000, n. 328 «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», è stato posto in essere un sistema di interventi e servizi sociali nell'ambito dei quali si possono trovare risposte ai bisogni socio-assistenziali delle persone anziane, nonché la programmazione di interventi per l'efficacia ed il controllo sui servizi erogati.
Ferme restando, infatti, le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione per le patologie acute e croniche, riferite soprattutto ai soggetti non autosufficienti, in base alla citata legge n. 328/2000, una quota del Fondo per le politiche sociali viene riservata ai servizi per le persone anziane, onde favorirne l'autonomia e sostenere il nucleo familiare nella loro assistenza domiciliare.
Tali finanziamenti sono rivolti ad investimenti e progetti integrati tra assistenza e sanità, realizzati in rete con azioni e programmi coordinati tra soggetti pubblici e privati, volti appunto a sostenere e favorire l'autonomia delle persone anziane e la loro permanenza nell'ambiente familiare, potenziando le attività di assistenza domiciliare integrata.
Destinatarie dei finanziamenti stessi sono le Regioni che, entro il 30 giugno di ogni anno, sono tenute a trasmettere al Dipartimento per gli affari sociali e al Ministero della sanità una relazione con lo stato di attuazione degli interventi e gli obiettivi conseguiti nelle attività svolte, formulando anche eventuali proposte per interventi innovativi.
Le Regioni medesime, infine, nell'ambito del riordino del settore socio-assistenziale, non si sono solo limitate a «riconvertire» le Case di riposo in Residenze Sanitarie Assistenziali, ma, con obiettivi segnatamente rivolti alla popolazione anziana, si sono attivate nella prevenzione dall'isolamento e dall'emarginazione attraverso una serie di servizi, anche domiciliari, o con l'attivazione di centri diurni attraverso l'Unità di Valutazione Geriatrica, onde prevedere il ricovero in istituto solo nei casi di estrema necessità.
Il Ministro per la solidarietà sociale: Livia Turco.

BERGAMO. - Ai Ministri della sanità e della ricerca scientifica e tecnologica. - Per sapere - premesso che:
recentemente, nel corso di un convegno, il professor Ferdinando Aiuti, immunologo


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di fama internazionale, ha denunciato che la ricerca scientifica in Italia è «un pozzo senza fondo in cui pescano burocrati, faccendieri e personaggi politici di spessore minimo»;
il professor Aiuti ritiene che l'attuale sistema sanitario nazionale, e il settore della ricerca scientifica, siano assolutamente disorganizzati ed inidonei per garantire prospettive serie e degne di un Paese moderno;
il professor Aiuti cita un caso alquanto allarmante: la dottoressa Barbara Ensoli lavora incessantemente nel campo della sperimentazione contro l'Aids ma, ad un anno di distanza, a causa delle lentezze burocratiche, non riesce ad avviare le vaccinazioni;
un altro caso denunciato dal professor Aiuti riguarda la lentezza nella registrazione dei farmaci per quanto concerne le sperimentazioni contro il cancro; infatti, solo recentemente, dopo sei mesi dalla richiesta, è stata data via libera alla molecola «efavirenz», mentre gli altri stati europei usano da tempo tale prodotto -:
quali siano le considerazioni del Ministro della sanità in merito alle denunce del professor Aiuti;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare per snellire le procedure burocratiche che, oltre a provocare ritardi nell'affrontare i problemi della salute dei cittadini italiani, concorrono ad aggravare il grave gap tra il nostro sistema sanitario e quello degli altri paesi provocando un notevole dispendio di risorse economiche;
se non sia urgentissimo, da parte dei ministri dell'interno e della giustizia, sollecitare gli organi preposti ad avviare una indagine che faccia luce sulle gravissime accuse del professor Aiuti per individuare i «burocrati, faccendieri e politici di spessore minimo», verificando se sussistano precise responsabilità.
(4-26914)

Risposta. - La sperimentazione clinica del vaccino contro l'AIDS basato sulla proteina Tat di HIV per scopi preventivi e terapeutici richiede, così come per ogni farmaco di nuova istituzione (cioè mai somministrato nell'uomo), l'esecuzione di una serie di fasi preparatorie, prima di procedere all'arruolamento dei volontari e alla sperimentazione sull'uomo.
La principale di tali fasi è rappresentata dalla produzione del vaccino, secondo quanto previsto dalle norme vigenti in materia di fabbricazione dei medicinali.
La sperimentazione nell'uomo di un qualsiasi farmaco di nuova istituzione in Italia è regolata, tra le altre, dalle seguenti normative: Decreti Ministeriali 28 luglio 1977 e 27 aprile 1992 (pubblicati rispettivamente sulla
G.U. n. 216 del 9 agosto 1977 e sulla G.U. del 15 giugno 1992 serie generale - Supplemento ordinario n. 86); Circolare Ministeriale n. 8 (Sperimentazione Clinica dei medicinali, 10 luglio 1997).
In accordo con tali normative e con quelle dettate dalla Comunità Europea (EMEA - European Agency for the Evaluation of Medicinal Products), la produzione di nuovi farmaci per la sperimentazione nell'uomo deve essere realizzata secondo le norme comunitarie di buona prassi di fabbricazione (Good Manufactoring Practice, «GMP»).
Il GMP rappresenta il sistema di controllo di qualità per l'industria farmaceutica.
Di conseguenza, affinché un farmaco di nuova istituzione, dimostratosi precedentemente sicuro ed efficace in esperimenti preclinici in diversi modelli animali, possa essere somministrato all'uomo, esso deve essere necessariamente prodotto in centri dotati di una certificazione GMP, la quale è rilasciata dalle agenzie regolatorie governative dei vari paesi.
Pertanto, per ottenere l'approvazione per la somministrazione, all'uomo del prodotto, è necessario soddisfare i seguenti requisiti:
1) la sostanza da somministrare deve essere prodotta in un centro autorizzato e con certificazione GMP;
2) deve essere redatto un dossier contenente i dati relativi al prodotto stesso (descrizione delle caratteristiche fisico-chimiche, dati di stabilità, descrizione delle


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attività biologiche, livelli di purezza, ecc.), i dati di tossicità (sperimentazioni precliniche in modelli animali), e i dati di farmacologia (descrizione degli effetti farmacologici del nuovo farmaco che, nel caso di un vaccino, sono rappresentati dalla induzione di una risposta immunitaria specifica);
3) la certificazione GMP, il dossier ed il protocollo clinico che si intende applicare per la sperimentazione nell'uomo, devono essere approvati dal Ministero della Sanità;
4) i protocolli clinici e l'autorizzazione alla sperimentazione del Ministero della Sanità devono infine ottenere l'approvazione dei comitati etici dei centri clinici che effettueranno i
trials.

Nel caso segnalato nell'interrogazione parlamentare in esame, lo sviluppo della fase preindustriale è stato condotto dall'Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con il Dipartimento di Biochimica dell'Università degli Studi di Urbino (Prof. M. Magnani), sino alla realizzazione di un processo completo su scala di laboratorio.
Per la produzione del prodotto finale (GMP) da impiegarsi nei
trial clinici sono stati contattati vari centri per verificarne le conoscenze tecniche specifiche (produzione di proteine con tecniche di DNA, ricombinante), l'esperienza nel campo, la validità delle strutture, nonché per ottenere una valutazione approssimativa dei costi di produzione.
La maggior parte delle industrie farmaceutiche italiane dirotta la produzione dei propri prodotti a
partners europei o americani, mentre le poche che possiedono strutture adeguate, oltre alle specifiche conoscenze tecniche, sono impegnate nelle proprie linee di produzione e non possono fornire tale servizio.
È necessario, quindi, selezionare all'estero un'industria specializzata per questo tipo di produzione, alla quale saranno trasferite le conoscenze e i procedimenti già messi a punto presso l'Istituto Superiore di Sanità con la collaborazione dell'Università di Urbino.
La selezione è realizzata sulla base dei processi di produzione GMP necessari per l'ottenimento di una quantità di proteina Tat biologicamente attiva, sufficiente per la realizzazione dei
trial di fase I.
Si è tenuto in considerazione anche il fatto che, a parità di qualità di prestazioni e di costi, l'utilizzo di un centro europeo rispetto ad un centro americano facilita l'espletamento di tutte le pratiche relative agli aspetti regolatori ed, infine, permette un contenimento dei costi.
I
trial clinici di fase I relativi alla sperimentazione del vaccino anti-HIV-1 basato sulla proteina Tat saranno effettuati nei seguenti centri:
Cattedra di allergologia e Immunologia Clinica, Università di Roma «La Sapienza», Roma;
Dipartimento di Malattie infettive, Ospedale San Raffaele, Milano;
I.R.C.C.S. Ospedale L. Spallanzani, Roma.

Per il trial di tipo preventivo (in individui HIV-negativi) saranno arruolati 40 volontari, mentre per il trial di tipo terapeutico (in pazienti HIV-positivi) saranno arruolati 56 volontari.
I protocolli clinici non sono stati ancora sottoposti all'approvazione del Ministero della Sanità, e, quindi, potrebbero subire revisioni.
L'impianto di produzione GMP non è solo caratterizzato dalla presenza di apparecchiature specifiche, in quanto esso è ubicato in un edificio dedicato esclusivamente allo scopo, composto da una serie di ambienti separati ad alti livelli di contenimento e igiene.
Tutte le stanze devono essere dotate di sistemi di «HVAC» (healing, ventilation and air conditioning) indipendenti, con sistemi automatici di contenimento e purificazione dell'aria, che permettano l'applicazione dei processi di produzione e purificazione in assenza di rischi di contaminazione.
L'impianto deve essere dotato di camere sterili per le colture microbiche, colture cellulari e purificazione dei prodotti.


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Una tale struttura deve necessariamente essere sostenuta e gestita da personale altamente specializzato e dotato di esperienza in tutti gli aspetti regolatori sia italiani che europei.
Si ritiene che la creazione di una tale struttura richiederebbe spese di impianto non inferiori a 15 miliardi ed un costo annuale di mantenimento non inferiore a 5 miliardi.
Finora l'Istituto Superiore di Sanità non ha sentito l'esigenza di fornirsi di tale struttura, dal momento che la maggior parte delle sperimentazioni cliniche effettuate in Italia fanno riferimento a farmaci che hanno già superato le prime fasi di sperimentazione in altri paesi, o la cui sperimentazione viene gestita da strutture estere pubbliche o private (il cosiddetto «sponsor» del
trial clinico).
La produzione delle sostanze oggetto di tali sperimentazioni viene gestita, infatti, dal paese di appartenenza dello «sponsor».
È auspicabile che, come altri paesi europei, anche l'Italia possa dotarsi dell'impianto di produzione «GMP», in modo da sostenere la ricerca scientifica italiana, in particolare quella mirata alla individuazione di nuovi approcci terapeutici.
Ciò comporterebbe non solo gli ovvi benefici derivanti da una fiorente e produttiva ricerca biomedica, ma anche un notevole accorciamento dei tempi di produzione ed un cospicuo ritorno in termini economici.
Per quanto riguarda l'«Efavirenz», occorre precisare che esso non è un farmaco antitumorale, bensì viene indicato, in associazione con altri medicinali, nel trattamento di pazienti infetti da virus HIV-1.
L'«Efavirenz» ha ottenuto l'autorizzazione alla immissione in commercio, valida per tutta l'Unione Europea, dalla Commissione Europea il 28 maggio 1999.
Dopo l'invio del dossier su tale farmaco all'apposita Commissione prevista dalla delibera CIPE del 30 gennaio 1997, una volta esaurita la fase istruttoria, il 15 luglio 1999 la ditta titolare di «Efavirenz» è stata convocata per la negoziazione del prezzo e la definizione della rimborsabilità.
In tale data, il processo negoziale è stato consensualmente interrotto al fine di esaminare tutta una serie di elementi emersi dalla valutazione del farmaco e, in particolare, del suo rapporto costo/beneficio.
Dopo un ulteriore rinvio richiesto dalla ditta produttrice, la procedura di negoziazione è stata ripresa e si è conclusa il giorno 23 settembre 1999.
Lo schema di decreto di classificazione in fascia H è stato approvato nella seduta della Commissione Unica del Farmaco del 5-6 ottobre 1999 ed è stato pubblicato sulla
G.U. n. 258 del 3 novembre 1999.
I tempi di registrazione sono stati rigorosamente rispettati ed «Efavirenz» è entrato in commercio in Italia contemporaneamente ad altri paesi della Comunità Europea.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

BERGAMO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il governo iracheno ha annunciato che non intende avvalersi più della valuta statunitense per gli scambi con l'estero ma altre divise di cui l'euro, decidendo altresì di favorire le società dei paesi che si sono espressi contrari all'embargo;
la Francia e la Russia stanno assumendo atteggiamenti differenziati rispetto ai paesi che insistono per il rigoroso mantenimento dell'embargo;
i francesi in particolare, sembra abbiano già predisposto voli di linea per l'Iraq senza chiedere perciò alcuna autorizzazione alla commissione per le sanzioni dell'ONU;
anche la Cina e la Russia ritengono che per quanto riguarda il trasporto di passeggeri e di aiuti umanitari non occorrano autorizzazioni ma sia sufficiente una semplice comunicazione;
da tale situazione scaturisce, quindi, l'infrazione delle sanzioni da parte di tre Paesi membri del consiglio di sicurezza dell'ONU, per consentire l'invio di medicinali


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e personale medico per frenare la decimazione della popolazione soprattutto infantile a causa delle malattie contratte e dell'impossibilità di usufruire di misure minime assistenziali;
il 28 settembre 2000, anche la Giordania ha inviato un aereo civile con membri del governo e del Parlamento, unitamente a medici e aiuti umanitari;
il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati hanno approvato due mozioni con le quali impegnano il Governo a intraprendere iniziative finalizzate alla revoca dell'embargo, a rafforzare la rappresentanza diplomatica italiana a Baghdad e a realizzare iniziative per affrontare le emergenze in campo sanitario ed alimentare verso le persone in pericolo di vita -:
quali iniziative siano state finora assunte dal Governo italiano per sostenere una campagna umanitaria;
quali misure siano state adottate in sede internazionale per porre fine al dramma del popolo iracheno, afflitto da malattie e da carenze alimentari;
se siano stati attivati rapporti con l'Iraq come previsto dalle mozioni approvate dai due rami del Parlamento.
(4-32185)

Risposta. - Il dialogo tra Italia e Iraq è stato riallacciato ad alto livello, lo scorso anno con le visite ufficiali a Roma, del Presidente dell'Assemblea Nazionale di Baghdad Hammadi, a giugno e in ottobre, di una delegazione governativa, guidata dal Ministro dell'istruzione Superiore Al Shagra, e comprendente, oltre ad altri Rappresentanti di Dicasteri tecnici iracheni, anche il Vice Ministro degli Esteri Najem ed il Sottosegretario alla Sanità Al Janabi, nonché nel gennaio di quest'anno il Ministro della Sanità iracheno, in visita privata in Italia su invito della Fondazione Beato Angelico, è stato ricevuto dal Ministro Dini.
Tali sviluppi nei rapporti bilaterali con l'Iraq si riflettono nella decisione del Governo di potenziare la nostra Rappresentanza a Baghdad, operazione che è in fase di attuazione. Accanto alla creazione di un ulteriore posto di funzionario diplomatico presso la Delegazione, sono state previste più ampie competenze della Sede, segnatamente nel campo del riconoscimento dei titoli di studio e professionali, ai fini del rafforzamento della collaborazione in campo culturale.
Per quanto concerne le iniziative di sostegno umanitario, in considerazione della diffusa povertà della popolazione irachena e alla luce delle preoccupazioni espresse dall'OMS sulle condizioni del sistema sanitario del Paese, il Governo italiano ha autorizzato lo stanziamento di 5 miliardi di lire come contributo per un progetto in ambito sanitario-ospedaliero che è in corso presso l'ospedale di Al-Nouman, struttura di riferimento per un bacino di utenza di circa due milioni di abitanti a Baghdad. L'iniziativa viene portata avanti ricorrendo ai prodotti che sono disponibili sul mercato locale in quanto autorizzati ad entrarvi nel quadro dell'embargo deciso con la Risoluzione ONU n. 986.
Inoltre è in corso di approfondimento un'intesa bilaterale per la Cooperazione sanitaria.
Il progetto di collaborazione sanitaria mira alla formazione di personale sanitario iracheno, sia medico che infermieristico in settori concordati con la controparte irachena e considerati prioritari quali la tubercolosi, la pediatria, la gestione ospedaliera, l'oncologia e la formazione infermieristica.
Si procederà infine all'invio di un esperto in lunga missione che opererà con il compito di coordinare le iniziative
in loco in raccordo con tre organizzazioni non governative italiane, presenti in Iraq ed impegnate nel settore sanitario e di costituire l'interfaccia con il Ministero della Sanità iracheno.
Per quanto attiene a considerazioni di natura propriamente politica, è utile rilevare che in sede comunitaria ed in sede Nazioni Unite il Governo italiano ha dato prova di un costante impegno, volto ad


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ottenere un'applicazione più flessibile dell'embargo, in vista di un suo possibile superamento.
Un primo positivo sviluppo registratosi in sede ONU, consiste nell'approvazione da parte del Consiglio di Sicurezza, il 5 dicembre 2000, della Risoluzione n. 1330, volta a garantire un più sollecito e razionale funzionamento del meccanismo sanzionatorio, soprattutto per i beni destinati al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione irachena.
Permane, innegabilmente, un cattivo funzionamento del Programma «Oil for food», dovuto ad inadempienze burocratiche dei vari organi dell'ONU incaricati della sua gestione, che preclude una possibile ricostruzione dell'economia irachena ed incide, quindi, negativamente sul livello di vita della popolazione.
Da stigmatizzare, ad esempio, è il perverso meccanismo in base al quale l'invio di attrezzature mediche in Iraq, viene spesso ostacolato dalla natura bivalente (civile o militare) di alcune componenti.
La gestione del Conto Corrente delle Nazioni Unite, su cui affluiscono i proventi delle esportazioni di petrolio irachene e dal quale vengono emessi gli ordini di pagamento delle forniture, non è anch'essa esente da critiche. La nostra Rappresentanza presso le Nazioni Unite è stata a più riprese attivata per rimuovere gli ostacoli che di volta in volta si frappongono all'approvazione, dei contratti stipulati da ditte italiane o al pagamento delle forniture.
La posizione italiana - di preoccupazione per il deteriorarsi della situazione umanitaria in Iraq, ferma restando la necessità di verificare l'eliminazione di armi di distruzione di massa - è stata ribadita dall'On. Ministro nel corso dell'incontro con il Segretario di Stato USA, Colin Powell, avvenuto lo scorso 22 febbraio a Washington.
La stessa Amministrazione statunitense sembra essersi convinta della necessità di una revisione del meccanismo delle sanzioni, che non sembrano aver prodotto i risultati sperati. All'indomani della sua missione nel Medio Oriente, il Segretario di Stato ha dichiarato di auspicare un ripensamento dell'embargo, che allarghi le maglie per l'importazione di beni ad uso civile e garantisca un più stretto controllo sulle forniture suscettibili di impiego militare.
Il nostro Paese non ha mai mancato di sollevare con l'Amministrazione statunitense e con gli altri Paesi dell'Unione Europea, in particolare Francia e Regno Unito, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, la questione delle sanzioni all'Iraq, al fine di pervenire ad un loro superamento nel rispetto dello spirito delle Risoluzioni ONU.
In questa prospettiva, il Governo italiano guarda con fiducia ai primi incontri, svoltisi il 26 e 27 febbraio a New York, tra il Segretario Generale Kofi Annan ed il Ministro degli Esteri iracheno Al Sahaf, e si attende che, nel corso dei prossimi colloqui, venga superato l'attuale stallo nei rapporti tra Baghdad e l'ONU.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Rino Serri.

CENTO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. - Per sapere - premesso che:
da otto mesi i 36 lavoratori della Saba Electronic, una piccola fabbrica di componenti elettroniche alle porte di Roma, in via Prenestina, non ricevono lo stipendio;
in seguito all'istanza di fallimento della fabbrica, il proprietario, sembra abbia attivato un'altra attività economica disinteressandosi delle sorti della Saba Electronic;
gli operai stanno resistendo di fronte alle decisioni unilaterali del proprietario dell'azienda con un presidio di fronte alla fabbrica e attraverso una serie di iniziative tese a cercare la solidarietà degli altri lavoratori e degli abitanti della zona -:
quali iniziative di propria competenza intendano intraprendere per garantire, la tutela dei diritti dei lavoratori, il regolare


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pagamento degli stipendi e la difesa dei livelli occupazionali.
(4-31216)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica l'esito degli accertamenti svolti dalla Direzione Provinciale di Roma.
La SABA ELECTRONIC S.r.l., con sede e stabilimento in Montecompatri - Via Prenestina Nuova n. 54 è stata costituita il 19.12.1984 ed ha iniziato l'attività lavorativa (costruzione di apparati elettromeccanici ed elettronici) con personale dipendente il 15.3.1985.
Negli ultimi mesi di attività occupava 20 operai e 8 impiegati che hanno lavorato fino al mese di giugno 2000.
La Società, che in data 17.9.2000 è stata dichiarata fallita, deve ancora corrispondere al personale dipendente le retribuzioni di circa 9 mesi oltre ai ratei di 13a, i ratei di ferie e il T.F.R.
Inoltre non risultano versati i contributi assicurativi dovuti all'INPS ed all'INAIL, dal gennaio 1997 in poi.
Per dette inadempienze la Direzione Provinciale del Lavoro di Roma ha già adottato i provvedimenti di competenza, in occasione di una precedente visita ispettiva eseguita il 19.4.2000, prima del fallimento. Tali provvedimenti saranno opportunamente aggiornati fino alla data del fallimento.
Attualmente lo stabilimento in parola risulta inattivo, disabitato ed in uno stato di abbandono.
I Carabinieri della locale Stazione di Colonna, che pure hanno seguito il presidio dello stabilimento da parte dei lavoratori prima del fallimento, riferiscono di non conoscere nuove attività svolte dal Sig. Milone Francesco, rappresentante legale e proprietario della società fallita.
Per quanto riguarda, infine, le eventuali iniziative a favore dei lavoratori, si fa presente che il curatore fallimentare ha dimostrato di avere inoltrato a questo Ministero, in data 19.10.2000, la richiesta di intervento straordinario di integrazione salariale per tutto il personale in forza prima del fallimento, per il periodo dal 15.9.2000 al 15.9.2001, ai sensi dell'articolo 3, comma 1 della legge 223/91 (procedure concorsuali).
Presso lo stesso curatore sono pervenute le istanze di ammissione al passivo di tutti i lavoratori per crediti riguardanti retribuzioni arretrate, ratei di 13a e ferie, festività e T.F.R. non corrisposti.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

CENTO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Carlo Ventre, cittadino italiano, si trova attualmente agli arresti domiciliari in America, dopo aver raggiunto sua figlia affidata alla madre americana;
lo stesso ha ricevuto intimazione di sfratto e tra breve lo stesso diventerà esecutivo con la esplicita conseguenza di carcerazione immediata;
le spese legali hanno raggiunto cifre spropositate tanto che il Ventre ha fatto richiesta di un sussidio e di un prestito con promessa di restituzione al Ministero degli affari esteri così come previsto dall'articolo 80 del decreto del Presidente della Repubblica n. 200 del 1967;
nei giorni scorsi gli è stato concesso un sussidio pari a lire 100.000 cifra chiaramente inidonea a sostenere le spese legali-:
quali iniziative intenda intraprendere a sostegno della vicenda del dottor Carlo Ventre anche con la possibilità di erogazione del prestito e del sussidio così come previsto dalla normativa vigente.
(4-32140)

Risposta. - Il caso del connazionale Carlo Ventre è seguito da tempo con la massima cura dal Ministero degli Esteri e dal Consolato Generale d'Italia a Los Angeles, nella cui circoscrizione egli è detenuto agli arresti domiciliari.
Il Ventre ha ricevuto ogni possibile aiuto dal punto di vista sia finanziario che di assistenza e tutela dei suoi diritti, nel dovuto rispetto della vigente normativa in materia.
Nel novembre scorso egli ha ottenuto un sussidio di 1000 dollari USA (non l'equivalente


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di 100.000 lire, come riferito dall'interrogante) e, sulla base delle norme che regolano l'erogazione di tali forme di aiuto, non è possibile provvedere nuovamente con un ulteriore sussidio prima che sia trascorso un anno solare.
Nel frattempo, comunque, si è offerto al Ventre ogni sostegno presso il giudice competente affinché egli fosse autorizzato a svolgere un'attività lavorativa che gli consentisse migliori condizioni di vita. Quanto alle spese legali, si rileva che il Ventre è assistito a titolo gratuito da un ottimo legale, l'Avv. Melodye Hannes, le cui capacità professionali sono state evidenziate dallo stesso connazionale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Franco Danieli.

COMINO, BARRAL, ROSCIA, SIGNORINI e GAMBATO. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
da una ricerca attivata dalla Federfarma e presentata ai primi di giugno, emerge che in moltissime regioni le prescrizioni da parte dei medici di farmaci erogabili attraverso il Servizio sanitario nazionale avvengono senza tener conto delle limitazioni stabilite dalla Cuf;
queste prescrizioni riguardano soprattutto antibiotici, farmaci di facile prescrizione e dei quali esistono in commercio molti prodotti-copia;
in queste prescrizioni vengono privilegiati antibiotici per iniezione ad alto prezzo la fiala che, secondo le note Cuf, dovrebbero essere prescritti soltanto in particolari condizioni;
considerato il fatto che per gli antibiotici iniettivi è possibile una multiprescrizione, ogni ricetta di questo tipo costituisce un costo ragguardevole per il Servizio sanitario nazionale;
emerge da dati recenti che le regioni non attuano in maniera regolare i controlli delle ricette del Servizio sanitario nazionale come prescritto dalla legge;
da dati pubblicati recentemente la percentuale dei mancati controlli è altissima e raggiunge in alcune regioni perfino il 90 per cento;
questi mancati controlli influiscono direttamente sul verificarsi del noto e deleterio fenomeno di corruzione chiamato «comparaggio»;
il «comparaggio», per ovvie ragioni, si orienta verso prodotti ad alto prezzo ed ad alta redditività;
nel primo trimestre del 2000 il mercato di questi antibiotici è stato di più di 5 milioni di pezzi, per una spesa globale di circa 145 miliardi;
recentemente è stato istituito presso il ministero della sanità un «Osservatorio nazionale sull'impiego dei medicinali», previsto dalla Legge 448/98 collegata alla Finanziaria del 1999;
questo Osservatorio dispone di mezzi economici congrui;
detto Osservatorio deve «garantire comunicazione, formazione e ricerca per promuovere efficacia, appropriatezza efficienza sull'impiego dei medicinali»;
data la gravità della situazione recentemente documentata, come intende operare detto osservatorio che è stato istituito con un notevole ritardo sia rispetto alle necessità del momento sia rispetto al dettato della Legge 448/98.
(4-31191)

Risposta. - Al fine di risolvere il problema dell'improprio uso degli antibiotici iniettabili e dei rilevanti costi che ne derivano al Servizio Sanitario Nazionale, questo Ministero ha fornito ai medici, con apposite note e relativo commento, ogni elemento per una appropriatezza d'uso degli antibiotici iniettabili di più largo impiego.
Il controllo concernente la materiale adozione di tali note e, quindi, la corretta prescrizione dei medicinali spetta, come è ben noto, alle Regioni.
L'Osservatorio Nazionale sull'impiego dei medicinali recentemente costituito presso il Ministero della Sanità fornisce


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elementi informativi utili per il controllo della spesa e può, come è auspicabile, più incisivamente intervenire sulla formazione dei medici, ma non può operare come «braccio di intervento», sostituendosi agli Assessorati Regionali alla Sanità.
Si assicura, in ogni caso, che il Ministero della Sanità, anche attraverso il proprio periodico di informazione «Bollettino di informazione sui farmaci» sarà sempre più impegnato nell'attività di informazione-formazione, essenziale per una corretta somministrazione dei medicinali.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

CONTI. - Al Ministro della sanità, al Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. - Per sapere - premesso che:
il professor Fernando Aiuti, immunologo di riconosciuta fama mondiale, professore presso l'università di Roma e la dottoressa Barbara Ensoli, ricercatrice dell'Istituto Superiore di Sanità, nota in campo nazionale ed internazionale, a proposito degli studi in corso per la realizzazione di un vaccino anti-Aids che si dovrebbe basare su una proteina denominata anti-Tat, avrebbero dichiarato (dottoressa Ensoli): «non si può fare in Italia, perché non ci sono industrie specializzate con le esperienze necessarie per produrre questa e altre sostanze» e che il professor Aiuti si sarebbe così espresso: «gran brutta figura italiana. È assurdo che si debba ricorrere ad altre Nazioni per fabbricare una proteina. Se tutto andrà bene, il lavoro non si potrà iniziare prima di luglio o novembre in tre centri italiani»-:
a) se le pesanti accuse del professor Aiuti e della dottoressa Ensoli rispondono a verità;
b) in quali centri italiani saranno effettuati, pur con grave ritardo, i lavori in questione sul vaccino anti-Aids (anti-Tat);
c) su quante persone verrà effettuata la sperimentazione;
d) perché all'Istituto Superiore di Sanità non si forniscano le apparecchiature necessarie per produrre direttamente la proteina in questione e altre sostanze necessarie per le sperimentazioni e la ricerca scientifica.
(4-34366)

Risposta. - La sperimentazione clinica del vaccino contro l'AIDS, basato sulla proteina Tat di HIV per scopi preventivi e terapeutici richiede, così come per ogni farmaco di nuova istituzione (cioè mai somministrato nell'uomo), l'esecuzione di una serie di fasi preparatorie, prima di procedere all'arruolamento dei volontari e alla sperimentazione sull'uomo.
La principale di tali fasi è rappresentata dalla produzione del vaccino, secondo quanto previsto dalle norme vigenti in materia di fabbricazione dei medicinali.
La sperimentazione nell'uomo di un qualsiasi farmaco di nuova istituzione in Italia è regolata, tra le altre, dalle seguenti normative: Decreti Ministeriali 28 luglio 1977 e 27 aprile 1992 (pubblicati rispettivamente sulla
G.U. n. 216 del 9 agosto 1977 e sulla G.U. del 15 giugno 1992 serie generale - Supplemento ordinario n. 86); Circolare Ministeriale n. 8 (Sperimentazione Clinica dei medicinali, 10 luglio 1997).
In accordo con tali normative e con quelle dettate dalla Comunità Europea (EMEA - European Agency for the Evaluation of Medicinal Products), la produzione di nuovi farmaci per la sperimentazione nell'uomo deve essere realizzata secondo le norme comunitarie di buona prassi di fabbricazione (Good Manufactoring Practice, «GMP»):
Il GMP rappresenta il sistema di controllo di qualità per l'industria farmaceutica.
Di conseguenza, affinché un farmaco di nuova, istituzione, dimostratosi precedentemente sicuro ed efficace in esperimenti preclinici in diversi modelli animali, possa essere somministrato all'uomo, esso deve essere necessariamente prodotto in centri dotati di una certificazione GMP, la quale è rilasciata dalle agenzie regolatorie governative dei vari paesi.


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Pertanto, per ottenere l'approvazione per la somministrazione all'uomo del prodotto, è necessario soddisfare i seguenti requisiti:
1) la sostanza da somministrare deve essere prodotta in un centro autorizzato e con certificazione GMP;
2) deve essere redatto un dossier contenente i dati relativi al prodotto stesso (descrizione delle caratteristiche fisico-chimiche, dati di stabilità, descrizione delle attività biologiche, livelli di purezza, ecc.), i dati di tossicità (sperimentazioni precliniche in modelli animali), e i dati di farmacologia (descrizione degli effetti farmacologici del nuovo farmaco che, nel caso di un vaccino, sono rappresentati dalla induzione di una risposta immunitaria specifica);
3) la certificazione GMP, il dossier ed il protocollo clinico che si intende applicare per la sperimentazione nell'uomo, devono essere approvati dal Ministero della Sanità;
4) i protocolli clinici e l'autorizzazione alla sperimentazione del Ministero della Sanità devono infine ottenere l'approvazione dei comitati etici dei centri clinici che effettueranno i trials.

Nel caso segnalato nell'interrogazione parlamentare in esame, lo sviluppo della fase preindustriale è stato condotto dall'Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con il Dipartimento di Biochimica dell'Università degli Studi di Urbino (Prof. M. Magnani), sino alla realizzazione di un processo completo su scala di laboratorio.
Per la produzione del prodotto finale (GMP) da impiegarsi nei trial clinici sono stati contattati vari centri per verificarne le conoscenze tecniche specifiche (produzione di proteine con tecniche di DNA ricombinante), l'esperienza nel campo, la validità delle strutture, nonché per ottenere una valutazione approssimativa dei costi di produzione.
La maggior parte delle industrie farmaceutiche italiane dirotta la produzione dei propri prodotti a partners europei o americani, mentre le poche che possiedono strutture adeguate, oltre alle specifiche conoscenze tecniche, sono impegnate nelle proprie linee di produzione e non possono fornire tale servizio.
È necessario, quindi, selezionare all'estero un'industria specializzata per questo tipo di produzione, alla quale saranno trasferite le conoscenze e i procedimenti già messi a punto presso l'Istituto Superiore di Sanità con la collaborazione dell'Università di Urbino.
La selezione è realizzata sulla base dei processi di produzione GMP necessari per l'ottenimento di una quantità di proteina Tat biologicamente attiva, sufficiente per la realizzazione dei trial di fase I.
Si è tenuto in considerazione anche il fatto che, a parità di qualità di prestazioni e di costi, l'utilizzo di un centro europeo rispetto ad un centro americano facilita l'espletamento di tutte le pratiche relative agli aspetti regolatori ed, infine, permette un contenimento dei costi.
I trial clinici di fase I relativi alla sperimentazione del vaccino anti-HIV-1 basato sulla proteina Tat saranno effettuati nei seguenti centri:
Cattedra di allergologia e Immunologia Clinica, Università di Roma «La Sapienza», Roma.
Dipartimento di Malattie Infettive, Ospedale San Raffaele, Milano.
I.R.C.C.S. Ospedale L. Spallanzani, Roma.

Per il trial di tipo preventivo (in individui IIIV-negativi) saranno arruolati 40 volontari, mentre per il trial di tipo terapeutico (in pazienti HIV-positivi) saranno arruolati 56 volontari.
I protocolli clinici non sono stati ancora sottoposti all'approvazione del Ministero della Sanità, e, quindi, potrebbero subire revisioni.
L'impianto di produzione GMP non è solo caratterizzato dalla presenza di apparecchiature specifiche, in quanto esso è ubicato in un edificio dedicato esclusivamente allo scopo, composto da una serie di ambienti separati ad alti livelli di contenimento e igiene.
Tutte le stanze devono essere dotate di sistemi di «HVAC» (heating, ventilation and


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air conditioning) indipendenti, con sistemi automatici di contenimento e purificazione dell'aria, che permettano l'applicazione dei processi di produzione e purificazione in assenza di rischi di contaminazione.
L'impianto deve essere dotato di camere sterili per le colture microbiche, colture cellulari e purificazione dei prodotti.
Una tale struttura deve necessariamente essere sostenuta e gestita da personale altamente specializzato e dotato di esperienza in tutti gli aspetti regolatori sia italiani che europei.
Si ritiene che la creazione di una tale struttura richiederebbe spese di impianto non inferiori a 15 miliardi ed un costo annuale di mantenimento non inferiore a 5 miliardi.
Finora l'Istituto Superiore di Sanità non ha sentito l'esigenza di fornirsi di tale struttura, dal momento che la maggior parte delle sperimentazioni cliniche effettuate in Italia fanno riferimento a farmaci che hanno già superato le prime fasi di sperimentazione in altri paesi, o la cui sperimentazione viene gestita da strutture estere pubbliche o private (il cosiddetto «sponsor» del trial clinico).
La produzione delle sostanze oggetto di tali sperimentazioni viene gestita, infatti, dal paese di appartenenza dello «sponsor».
È auspicabile che, come altri paesi europei, anche l'Italia possa dotarsi dell'impianto di produzione «GMP», in modo da sostenere la ricerca scientifica italiana, in particolare quella mirata alla individuazione di nuovi approcci terapeutici.
Ciò comporterebbe non solo gli ovvi benefici derivanti da una fiorente e produttiva ricerca biomedica, ma anche un notevole accorciamento dei tempi di produzione ed un cospicuo ritorno in termini economici.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

CREMA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da un nostro connazionale, membro del consiglio comunale di Stoccarda (Repubblica Federale di Germania) abbiamo appreso che, in violazione della normativa comunitaria, le autorità locali applicano - immotivatamente - criteri restrittivi nel rilascio dei permessi di soggiorno;
a detta dei responsabili di settore locali, in caso di mancato rilascio del permesso di soggiorno o in caso di espulsione e su richiesta dell'interessato, copia del provvedimento adottato viene inviata all'autorità diplomatica italiana competente;
le autorità consolari italiane, per contro, sembra non siano intervenute in alcun modo presso il sindaco della città, affinché la questione dei permessi di soggiorno e delle espulsioni sia affrontata proficuamente -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga utile sia sollecitare le autorità italiane di Stoccarda affinché intervengano, per quanto di loro competenza, sia intervenire direttamente, qualora necessario.
(4-34317)

Risposta. - Il Consolato Generale d'Italia a Stoccarda è a conoscenza della prassi seguita dalle autorità locali di informare, su richiesta dei connazionali interessati, il proprio Consolato circa il provvedimento di espulsione o di diniego dei permessi di soggiorno.
I connazionali però, in generale, non sollecitano l'intervento consolare perché, presumibilmente, specie in caso di detenuti, temono di avere conseguenze anche in Italia qualora le autorità nazionali venissero informate della loro condanna. Al riguardo, il Consolato Generale a Stoccarda ha intensificato le visite ai connazionali detenuti per informarli sulle possibilità di assistenza, anche legale, che può essere offerta ed ha richiesto alla controparte tedesca di fornire ai detenuti italiani esaurienti informazioni al momento di notificare loro l'apertura di un procedimento di espulsione.
L'autorità consolare italiana è invece più volte intervenuta con la controparte tedesca per sollecitare un maggiore allineamento sui principi e la normativa comunitaria in materia


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di libera circolazione e diritto di stabilimento dei cittadini dei Paesi Membri.
Diversi anni fa il Consolato Generale a Stoccarda ha incoraggiato e favorito le petizioni al Parlamento Europeo da parte di italiani colpiti da provvedimento di espulsione a seguito di condanne penali e da oltre due anni ha contestato al locale Ministero degli Interni la prassi in atto sostenendo la posizione italiana sul mancato rispetto delle direttive e dei principi comunitari in materia di soggiorno e libera circolazione dei nostri cittadini nel Baden-Wurttemberg. La parte tedesca, pur sostenendo di operare secondo le proprie norme, ha acconsentito a creare un «rapporto diretto» con il Consolato per valutare quei casi, soprattutto di quei connazionali nati e cresciuti in quel Land, che contrastano maggiormente con le Direttive Europee. In un caso si è recentemente ottenuta la sospensione del provvedimento di espulsione, in attesa della sentenza del competente Tribunale amministrativo.
Il Consolato Generale d'Italia a Stoccarda interviene quindi puntualmente, sia con il canale diretto presso il Ministero degli Interni, sia fornendo assistenza legale, in tutti i casi segnalati di cittadini soggetti a misure restrittive del loro soggiorno nel Baden-Wurttemberg. È stata anche avviata una capillare campagna di sensibilizzazione attraverso le Associazioni dei connazionali, che spesso non conoscono i loro diritti e non rivendicano permessi di soggiorno a tempo illimitato che li metterebbero «al riparo» dalle difficoltà in cui invece vengono a trovarsi al momento del rinnovo se disoccupati o se percepiscono indennità di assistenza sociale.
Inoltre, il Consolato Generale si è impegnato a sostenere un progetto del Comitato di Assistenza degli Italiani di Stoccarda per la difesa legale fino in sede di Corte Europea, per quei connazionali che si vedono limitare il permesso di soggiorno.
Come è noto, in occasione della visita dell'On. Danieli a Stoccarda il 16 giugno dello scorso anno, si è organizzato un incontro con il Ministero degli Interni del Baden-Wurttemberg, in occasione del quale le due parti hanno deciso di istituire un Gruppo di Lavoro Misto, monitorato dall'Ambasciata d'Italia in Berlino, per una valutazione congiunta dei criteri adottati dalla parte tedesca e delle possibili modalità per attenuarne l'impatto negativo sui nostri connazionali.
Il suddetto Gruppo Misto si è riunito già tre volte ed ha consentito di avviare su questa materia un confronto franco che ha visto la parte tedesca prendere atto delle posizioni della parte italiana. Il Ministero degli Interni del Baden-Wurttemberg si è impegnato a fornire articolate statistiche sulle espulsioni dei nostri detenuti, ha in corso un'azione di sensibilizzazione delle autorità preposte agli stranieri per una maggiore aderenza alle normative comunitarie, ed ha proposto una tavola rotonda alla quale parteciperebbero, oltre ad esperti tedeschi e italiani in materia di diritto comunitario, anche rappresentanti delle Istituzioni Europee.
Infine, si registrano alcuni segnali che da parte tedesca si sta valutando l'opportunità di inserire nella legislazione locale un più esplicito richiamo alla normativa comunitaria, poiché attualmente la prassi in quel Land è di applicare anche ai cittadini degli Stati Membri la legislazione degli stranieri, con una sottovalutazione quindi dei diritti sanciti dai Trattati che vincolano gli Stati Membri dell'Unione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Umberto Ranieri.

DEL BARONE. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
oggi, 29 novembre 1999 a chiare lettere, i giornali riportano le parole della ricercatrice dell'Istituto superiore di sanità, Barbara Ensoli, che denuncia il pericoloso slittamento della sperimentazione del vaccino anti-aids a causa di meri ostacoli burocratici;
la virologa dichiara di essere pronta con i suoi volontari ad avviare la sperimentazione di un vaccino della cui efficacia è convintissima, ma di non poter partire,


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poiché, per farlo, serve innanzitutto un grande quantitativo di una sostanza (tat), che solo le industrie private sono in grado di riprodurre grazie alle loro tecnologie;
la legge italiana però, a differenza di altri Stati dell'Europa e degli Stati Uniti, non rende possibile il trasferimento e, d'altra parte, lo Stato italiano non possiede un'azienda capace di produrre tali farmaci -:
se non intenda intervenire per rimuovere gli ostacoli burocratici che impediscono alla sperimentazione di essere avviata decretando così e la quasi sicura morte di tanti malati di Aids e la demotivazione dei ricercatori medico-scientifici che continuano a lavorare per tutti noi.
(4-27234)

Risposta. - La sperimentazione clinica del vaccino contro l'AIDS, basato sulla proteina Tat di HIV per scopi preventivi e terapeutici richiede, così come per ogni farmaco di nuova istituzione (cioè mai somministrato nell'uomo), l'esecuzione di una serie di fasi preparatorie, prima di procedere all'arruolamento dei volontari e alla sperimentazione sull'uomo.
La principale di tali fasi è rappresentata dalla produzione del vaccino, secondo quanto previsto dalle norme vigenti in materia di fabbricazione dei medicinali.
La sperimentazione nell'uomo di un qualsiasi farmaco di nuova istituzione in Italia è regolata, tra le altre, dalle seguenti normative: Decreti Ministeriali 28 luglio 1977 e 27 aprile 1992 (pubblicati rispettivamente sulla
G.U. n. 216 del 9 agosto 1977 e sulla G.U. del 15 giugno 1992 serie generale - Supplemento ordinario n. 86); Circolare Ministeriale n. 8 (Sperimentazione Clinica dei medicinali, 10 luglio 1997).
In accordo con tali normative e con quelle dettate dalla Comunità Europea (EMEA - European Agency for the Evaluation of Medicinal Products), la produzione di nuovi farmaci per la sperimentazione nell'uomo deve essere realizzata secondo le norme comunitarie di buona prassi di fabbricazione (Good Manufactoring Practice, «GMP»):
Il GMP rappresenta il sistema di controllo di qualità per l'industria farmaceutica.
Di conseguenza, affinché un farmaco di nuova, istituzione, dimostratosi precedentemente sicuro ed efficace in esperimenti preclinici in diversi modelli animali, possa essere somministrato all'uomo, esso deve essere necessariamente prodotto in centri dotati di una certificazione GMP, la quale è rilasciata dalle agenzie regolatorie governative dei vari paesi.
Pertanto, per ottenere l'approvazione per la somministrazione all'uomo del prodotto, è necessario soddisfare i seguenti requisiti:
1) la sostanza da somministrare deve essere prodotta in un centro autorizzato e con certificazione GMP;
2) deve essere redatto un dossier contenente i dati relativi al prodotto stesso (descrizione delle caratteristiche fisico-chimiche, dati di stabilità, descrizione delle attività biologiche, livelli di purezza, ecc.), i dati di tossicità (sperimentazioni precliniche in modelli animali), e i dati di farmacologia (descrizione degli effetti farmacologici del nuovo farmaco che, nel caso di un vaccino, sono rappresentati dalla induzione di una risposta immunitaria specifica);
3) la certificazione GMP, il dossier ed il protocollo clinico che si intende applicare per la sperimentazione nell'uomo, devono essere approvati dal Ministero della Sanità;
4) i protocolli clinici e l'autorizzazione alla sperimentazione del Ministero della Sanità devono infine ottenere l'approvazione dei comitati etici dei centri clinici che effettueranno i trials.

Nel caso segnalato nell'interrogazione parlamentare in esame, lo sviluppo della fase preindustriale è stato condotto dall'Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con il Dipartimento di Biochimica dell'Università degli Studi di Urbino (Prof. M. Magnani), sino alla realizzazione di un processo completo su scala di laboratorio.


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Per la produzione del prodotto finale (GMP) da impiegarsi nei trial clinici sono stati contattati vari centri per verificarne le conoscenze tecniche specifiche (produzione di proteine con tecniche di DNA ricombinante), l'esperienza nel campo, la validità delle strutture, nonché per ottenere una valutazione approssimativa dei costi di produzione.
La maggior parte delle industrie farmaceutiche italiane dirotta la produzione dei propri prodotti a partners europei o americani, mentre le poche che possiedono strutture adeguate, oltre alle specifiche conoscenze tecniche, sono impegnate nelle proprie linee di produzione e non possono fornire tale servizio.
È necessario, quindi, selezionare all'estero un'industria specializzata per questo tipo di produzione, alla quale saranno trasferite le conoscenze e i procedimenti già messi a punto presso l'Istituto Superiore di Sanità con la collaborazione dell'Università di Urbino.
La selezione è realizzata sulla base dei processi di produzione GMP necessari per l'ottenimento di una quantità di proteina Tat biologicamente attiva, sufficiente per la realizzazione dei trial di fase I.
Si è tenuto in considerazione anche il fatto che, a parità di qualità di prestazioni e di costi, l'utilizzo di un centro europeo rispetto ad un centro americano facilita l'espletamento di tutte le pratiche relative agli aspetti regolatori ed, infine, permette un contenimento dei costi.
I trial clinici di fase I relativi alla sperimentazione del vaccino anti-HIV-1 basato sulla proteina Tat saranno effettuati nei seguenti centri:
Cattedra di allergologia e Immunologia Clinica, Università di Roma «La Sapienza», Roma.
Dipartimento di Malattie Infettive, Ospedale San Raffaele, Milano.
I.R.C.C.S. Ospedale L. Spallanzani, Roma.

Per il trial di tipo preventivo (in individui IIIV-negativi) saranno arruolati 40 volontari, mentre per il trial di tipo terapeutico (in pazienti HIV-positivi) saranno arruolati 56 volontari.
I protocolli clinici non sono stati ancora sottoposti all'approvazione del Ministero della Sanità, e, quindi, potrebbero subire revisioni.
L'impianto di produzione GMP non è solo caratterizzato dalla presenza di apparecchiature specifiche, in quanto esso è ubicato in un edificio dedicato esclusivamente allo scopo, composto da una serie di ambienti separati ad alti livelli di contenimento e igiene.
Tutte le stanze devono essere dotate di sistemi di «HVAC» (heating, ventilation and air conditioning) indipendenti, con sistemi automatici di contenimento e purificazione dell'aria, che permettano l'applicazione dei processi di produzione e purificazione in assenza di rischi di contaminazione.
L'impianto deve essere dotato di camere sterili per le colture microbiche, colture cellulari e purificazione dei prodotti.
Una tale struttura deve necessariamente essere sostenuta e gestita da personale altamente specializzato e dotato di esperienza in tutti gli aspetti regolatori sia italiani che europei.
Si ritiene che la creazione di una tale struttura richiederebbe spese di impianto non inferiori a 15 miliardi ed un costo annuale di mantenimento non inferiore a 5 miliardi.
Finora l'Istituto Superiore di Sanità non ha sentito l'esigenza di fornirsi di tale struttura, dal momento che la maggior parte delle sperimentazioni cliniche effettuate in Italia fanno riferimento a farmaci che hanno già superato le prime fasi di sperimentazione in altri paesi, o la cui sperimentazione viene gestita da strutture estere pubbliche o private (il cosiddetto «sponsor» del trial clinico).
La produzione delle sostanze oggetto di tali sperimentazioni viene gestita, infatti, dal paese di appartenenza dello «sponsor».
È auspicabile che, come altri paesi europei, anche l'Italia possa dotarsi dell'impianto di produzione «GMP», in modo da sostenere la ricerca scientifica italiana, in particolare quella mirata alla individuazione di nuovi approcci terapeutici.


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Ciò comporterebbe non solo gli ovvi benefici derivanti da una fiorente e produttiva ricerca biomedica, ma anche un notevole accorciamento dei tempi di produzione ed un cospicuo ritorno in termini economici.
Il Ministro della sanità: Umberto Veronesi.

DEL BARONE. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
nella trasmissione Striscia la notizia della sera dell'8 febbraio 2000 sono state mostrate decine di autoambulanze posteggiate ed inutilizzate in una zona di Roma;
nel contempo è stato evidenziato il fatto che alle ricordate autoambulanze erano state trafugate le ruote di scorta e non si è potuto notare altro perché la troup televisiva fu costretta da eccitati vigilantes ad allontanarsi -:
se il ministro interrogato, controllato il fatto la cui veridicità è fuori discussione, voglia chiarire:
a) perché molte autoambulanze, per di più nuove, giacciano inutilizzate in un periodo nettamente carente per tale servizio e con le mille necessità legate al Giubileo ed al gran numero dei pellegrini;
b) se i vigilantes adibiti al servizio di guardia siano utilizzati per proibire fisiologicissime riprese televisive o a tutela di furti avvenuti e, dato l'andazzo, anche preventivabili per il futuro.
(4-28297)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, riguardante il mancato utilizzo delle nuove ambulanze acquistate nell'ambito del Sistema di Emergenza Sanitaria Lazio Soccorso 118, le competenti autorità Sanitarie della Regione Lazio hanno inteso precisare che i veicoli in questione sono automediche e non ambulanze.
All'epoca dei fatti descritti nell'interrogazione, le vetture erano parcheggiate di fronte all'officina dell'Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, in quanto i locali interni risultavano occupati momentaneamente da altri mezzi di soccorso.
Dette automediche non sono state utilizzate tempestivamente poiché per la loro attivazione era necessaria la presenza dei medici a bordo, addetti al servizio di emergenza.
Per tale personale, l'Azienda stava per concludere le procedure per l'immissione nel relativo ruolo medico con destinazione funzionale presso l'Area di emergenza-Sistema «118».
Pertanto, solo il 6 aprile 2000, a conclusione di uno specifico corso di preparazione degli stessi medici, è stato possibile potenziare il servizio ed attivare le automediche.
Infine, non risulta che i «vigilantes» abbiano avuto disposizioni per ostacolare un eventuale elementare esercizio di cronaca.
Il Sottosegretario di Stato per la sanità: Grazia Labate.

FRANZ. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa (Messaggero Veneto di lunedì 13 novembre 2000) si evince che c'è un contenzioso per l'acquisto di alcuni immobili dell'Inail nella città di Udine da parte degli inquilini degli stessi;
tale contenzioso nasce da una stima effettuata dall'Inail che ha messo in vendita gli appartamenti, costruiti circa trenta anni fa, a due milioni e mezzo al metro quadro;
gli inquilini degli appartamenti locati, perlopiù dipendenti Inail, hanno presentato una controperizia per contestare le stime effettuate nella quale si evidenziano oltre ad un prezzo eccessivo di valutazione, il prezzo medio in città risulta essere di lire un milione e seicento mila al metro quadro, anche alcune irregolarità in merito


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all'applicazione delle norme di sicurezza e prevenzione incendi -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
sulla base di quali parametri si sia formulato il valore di stima di lire due milioni e mezzo al metro quadro;
se l'Inail intenda mettere a norma gli immobili locati;
se si intenda procedere ad una nuova perizia per la stima dei locali oggetto del contenzioso.
(4-32617)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa alla dismissione degli appartamenti INAIL siti in Udine, l'Istituto ha fatto presente quanto segue.
Le osservazioni critiche degli inquilini sono state oggetto di accurata analisi da parte della Commissione territoriale di Congruità del Friuli-Venezia Giulia. Da detta analisi è scaturita una valutazione definitiva che può ritenersi equa in quanto si è cercato di coniugare le esigenze sollevate dai locatari con il rispetto dei principi posti a base dell'operato della Commissione stessa. Per cui, esaurita la disamina relativa agli stabili siti in Udine e provincia, si esclude l'eventualità di procedere da parte dell'INAIL a nuove perizie per la stima dei locali in questione e, in tempi brevi, l'istituto procederà all'invio agli inquilini della proposta definitiva di acquisto.
Per quanto riguarda i criteri seguiti dai periti dell'Istituto per la determinazione del valore unitario di ogni appartamento, si è tenuto presente la data di costruzione degli edifici risalenti agli anni '80 e la superficie commerciale dello stesso: mura e superficie dei locali, con esclusione delle pertinenze.
Il prezzo medio pari a L. 1.600.000 a mq., riferito alla città di Udine, indicato dagli inquilini e alla quale stima dovrebbe rapportarsi l'INAIL per gli immobili di cui sopra, non appare corrispondente alla realtà di mercato.
Detto importo, d'altra parte, non viene nemmeno indicato nei parametri adottati dalla Commissione Territoriale di Congruità (es. l'osservatorio immobiliare).
Da ultimo, si rileva che gli edifici in questione sono ubicati in una zona residenziale, semicentrale e nella maggior parte sono da considerarsi al di sopra di uno standard medio abitativo sia per il materiale edilizio impiegato sia per la disponibilità di spazi verdi, sia per la vicinanza di centri commerciali e la comodità di disporre facilmente di mezzi pubblici.
Pertanto i prezzi definitivi di vendita sono i seguenti:
Via Ledra n. 120 L. 1.975.000 al mq.
Via Mantova n. 74/76 L. 1.440.000 al mq.
Via Podgora n. 24 L. 1.900.000 al mq.

Per quanto concerne l'applicazione delle misure di sicurezza e prevenzione incendi, in particolare per gli stabili siti in Via Ledra, sono stati effettuati tutti gli interventi come richiesto dalla normativa di riferimento e si è in attesa di ricevere il nuovo Certificato di Previsione Incendi (CPI).
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

GATTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 20 dicembre 1996, sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana venne pubblicato il bando di concorso per l'arruolamento di 780 allievi agenti della Polizia di Stato;
alla prova scritta risultarono idonei 98.636 concorrenti;
sono stati sottoposti ad accertamenti psicofisici ed attitudinali tutti gli aspiranti che hanno superato la prova scritta con voto superiore o pari 7,85 decimi;
dal 29 marzo al 17 aprile 2000 sono stati sottoposti ad accertamenti psicofisici ed attitudinali 1.520 aspiranti risultati idonei alla prova scritta con votazione 7,75 nati prima del 31 dicembre 1972 -:
se i candidati risultati idonei alla prova scritta con voto 7,75 nati dopo il 31 dicembre 1972, saranno chiamati per le


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selezioni psicofisiche ed attitudinali per l'arruolamento quali allievi agenti della polizia di Stato;
se non ritenga doveroso, compatibilmente con le norme vigenti e la copertura finanziaria, sottoporre ad accertamenti psicofisici ed attitudinali tutti gli aspiranti che hanno superato la prova scritta con punteggio 7,75 prima di dichiarare decaduta la graduatoria per gli idonei onde evitare la discriminazione determinata dall'età anagrafica dei concorrenti ed un probabile contenzioso per la pubblica amministrazione.
(4-34193)

Risposta. - La graduatoria di merito del concorso pubblico per l'arruolamento di 780 allievi agenti della Polizia di Stato, approvata con decreto ministeriale del 9 maggio 1998, scadrà l'8 maggio prossimo venturo, ai sensi del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 554.
Si precisa che dal 29 marzo al 17 aprile 2000 sono stati sottoposti agli accertamenti dei requisiti psico-fisici ed attitudinali 1.566 aspiranti, utilmente collocati in graduatoria, con la votazione di 7.75 decimi, nati entro il 31 dicembre 1972 ovvero aventi titoli di preferenza ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487.
Non essendo attualmente disponibili posti nella dotazione organica del ruolo degli agenti ed assistenti della Polizia di Stato, al momento non è programmata alcuna ulteriore selezione psico-fisica ed attitudinale né si sta provvedendo alla indizione di una nuova procedura concorsuale per allievi agenti.
Il Ministro dell'interno: Enzo Bianco.

GIORDANO e CANGEMI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Peroni Spa di Miano a Napoli porta avanti dal 1985 una politica di tagli occupazionali ed aumenti di produttività, ricorrendo alla CIG, a ristrutturazioni, a prepensionamenti e blocco del turn over, al lavoro straordinario e a orari flessibili nonostante i finanziamenti pubblici di sostegno ed un aumento della produzione di circa il doppio;
nel 1997 è iniziato il ricorso alla mobilità da parte dell'azienda per 47 unità, che ha come obiettivo quello di espellere dal ciclo produttivo tutti i lavoratori rientranti nelle categorie protette dalla legge 482, aggirando così secondo l'interrogante, l'obbligo della quota del 15 per cento di invalidi nell'organico;
esiste una sorta di relazione di crisi fatta dall'azienda nella quale si addebita questa situazione ai costi fissi del lavoro e ad una eccedenza di capacità produttiva del 15 per cento da parte dei gruppi birrari in Europa a fronte di una riduzione del consumo pro capite;
questa relazione di crisi è in forte contraddizione con altre realtà, dove si evince che, per esempio, le importazioni delle case estere in Italia sono aumentate del 24 per cento;
di fatto nel 1984 lo stabilimento di Miano occupava 700 addetti mentre oggi ne occupa 199 e con le lettere di mobilità di questi giorni l'organico si ridurrà a 154 unità;
nel frattempo la produzione è passata dai 600.000 ettolitri l'anno ad 1.150.000 ettolitri del 2000;
dalla concretezza assoluta di questo ultimo dato si può vedere chiaramente il segno di una politica aziendale basata sull'incremento dei profitti e dello sfruttamento pagato con forti tagli occupazionali a spese dei lavoratori -:
che provvedimenti intenda assumere affinché si realizzino delle verifiche riguardanti la legittimità della dichiarazione dello stato di crisi e della conseguente procedura di mobilità formalizzata dall'azienda;
se non ritenga sia necessario fare chiarezza sull'ammontare degli stanziamenti


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pubblici elargiti dallo stato negli ultimi 15 anni e sulla loro destinazione.
(4-33560)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata, si fa presente, in via preliminare, che la Ditta Birra Peroni, per lo stabilimento di Napoli, ha usufruito del trattamento di integrazione salariale per i seguenti periodi:
ex lege 675 del 12.8.1977 per ristrutturazione aziendale: dal 18.8.86 al 19.2.89;
ex lege 223 del 23.7.1991, per riorganizzazione aziendale: dal 24.2.92 al 31.5.93; e dal 19.2.96 al 18.2.97.

Tutto ciò premesso, si comunica l'esito degli accertamenti effettuati dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Napoli dai quali è emerso quanto segue.
La Birra Peroni Industriale S.p.A. ha presentato in data 9.10.2000 alle OO.SS. e alla Giunta Regionale - Ufficio Mobilità di Napoli la comunicazione prevista dagli articoli 4 e 24 della legge 223/91 e successive modificazioni ed integrazioni per il licenziamento collettivo di 45 dipendenti su 199 in organico occupati presso lo stabilimento di Napoli, in quanto in esubero rispetto alle esigenze aziendali.
L'azienda ha fatto presente che tali esuberi sono stati determinati dal fatto che nel corso degli ultimi dieci anni ha presentato indicatori economici c.d. «piatti» con sensibili ribassi di circa il 9 per cento e, contestualmente, eccedenze produttive intorno al 15 per cento della produzione totale nel mercato europeo; ciò, in particolare, è determinato dalla competizione sempre più accentuata tra i maggiori gruppi industriali del settore che operano nel mercato globale e a costi sempre più competitivi.
Inoltre, l'aumento dinamico dei costi fissi (manodopera, manutenzione, energia ecc.), maggiorati attualmente del 100 per cento rispetto al decennio passato, hanno indotto l'azienda ad attuare un piano per il recupero della competitività.
Tale piano, secondo l'azienda, deve necessariamente realizzarsi attraverso strumenti riorganizzativi, quali l'affidamento delle attività di alcuni reparti (controllo merci, movimentazioni, pubblicità, assistenza tecnica, confezionamento prodotti) a ditte specializzate come avviene ormai in molti settori industriali e commerciali.
Per quanto innanzi detto, l'azienda ha dato corso all'
iter previsto per legge, ma nel corso degli incontri sindacali non è stato raggiunto alcun accordo nel termine legale dei 45 giorni.
In particolare, gli incontri con le OO.SS. hanno evidenziato la determinazione della Birra Peroni a procedere alla risoluzione programmata dei rapporti con il personale in esubero, in contrasto con gli orientamenti delle OO.SS. (FLAI-CGIL, UILA-UIL, FAT-CISL e SLAI-CODAB) i quali contestano le motivazioni addotte dall'impresa e poste a base degli esuberi, richiedendo, comunque, soluzioni alternative ai licenziamenti.
L'Ufficio Mobilità della Giunta Regionale di Napoli, a cui recentemente sono state trasferite le competenze della Direzione Provinciale del Lavoro previste dall'articolo 4 della legge 223/91, ha dato atto con verbale del 9.1.2001 del mancato accordo tra le parti.
Dal 12 gennaio c.a. l'azienda ha già proceduto a licenziare n. 35 lavoratori in esubero, riservandosi di completare tutti i licenziamenti programmati nel termine di 120 giorni.
In conseguenza di tutto quanto sopra in data 11.1.2001, sono state attuate forme di protesta da parte dei lavoratori. La società ha rappresentato agli organi preposti (Prefettura e Questura) il fermo dell'attività a causa del picchettaggio degli impianti attuato da alcuni dipendenti.
Nel corso della verifica ispettiva sono state altresì acquisite le seguenti notizie:
il numero dei lavoratori dello stabilimento di Napoli era di 552 unità nel 1985 e di 201 unità nel 2000;
gli investimenti ammessi ad agevolazione alla data del 31.12.2000, riferiti allo stesso stabilimento, ammontano a lire 71.887.503.000 (legge 64/86 e 488/92);


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lo stabilimento ha attuato dal 1991 le seguenti procedure di licenziamenti collettivi e messa in mobilità: in data 16.4.93 per 48 lavoratori che hanno maturato i presupposti per la pensione INPS con le tutele previste dai punti 6 e 7 dell'articolo 7 legge 223/91; in data 15.2.96 per 85 lavoratori dei quali 65 sospesi in CIGS per crisi aziendale; in data 27.2.97 per 47 lavoratori con i requisiti pensionistici e le tutele dell'articolo 7 della citata legge anche provenienti dai periodi di sospensione per CIGS.

Si fa presente, infine, che alla data odierna, nello stabilimento è ripresa normalmente l'attività produttiva.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

GRIMALDI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 14 luglio 2000 la Repubblica Federale Tedesca ha promulgato la legge che istituisce la Fondazione «Memoria Responsabilità e Futuro» e con la quale ha inteso riconoscere la propria responsabilità storica e morale per aver, durante il regime nazionalsocialista e la Seconda guerra mondiale, impiegato in condizione inumane circa 8 milioni di lavoratori forzati (i cosiddetti «Schiavi di Hitler») ed averli derubati dei loro beni;
con l'istituzione della predetta fondazione la Germania corrisponderà, a domanda dei richiedenti, aiuti economici agli ex lavoratori forzati completando così il regime delle forme di indennizzo già esistenti;
altra parte della Fondazione sarà dedicata al finanziamento di tutte quelle iniziative miranti a mantenere viva la memoria storica dell'Olocausto e di tutte le ingiustizie perpetrate dal nazionalsocialismo;
possono presentare domanda di indennizzo coloro che sono stati detenuti in campi di concentramento o di prigionia e costretti ai lavori forzati e coloro che sono stati deportati dai paesi di origine nel territorio del Reich tedesco o in regioni da esso occupate, costretti a lavorare forzatamente in attività industriali o commerciali detenuti in condizioni assimilabili alla prigionia;
lo status di prigioniero di guerra non è condizione sufficiente per accedere alla richiesta di indennizzo;
si hanno fondati motivi, suffragati da talune dichiarazioni ufficiali, per ritenere che in sede di attuazione della legge si possa operare una indebita discriminazione verso italiani che già hanno tanto sofferto;
a tutt'oggi, infatti, la Fondazione non ha ancora confermato l'ammissibilità degli IMI (Internati Militari Italiani) al programma di indennizzo a causa di dubbi interpretativi che porterebbero ad accomunare questi ex militari ai prigionieri di guerra, che come è stato premesso, sono esclusi dall'indennizzo -:
se non ritengano di dover chiedere presso le sedi competenti ulteriori e celeri chiarimenti in proposito, stante anche il fatto che per inoltrare le richieste di indennizzo il termine decorre dal momento di entrata in vigore della legge avvenuta il 12 agosto 2000 ed ammonta ad 8 mesi da quella data e perciò prossimo a scadere.
(4-34475)

Risposta. - Il 14 luglio 2000 il Parlamento tedesco ha approvato la legge istitutiva della Fondazione «Memoria, Responsabilità e Futuro» per gli indennizzi a favore dei lavoratori forzati in Germania durante l'ultimo conflitto mondiale. La legge è entrata in vigore il 12 agosto dello stesso anno.
È utile sottolineare come l'impegno assunto dalla Germania non è, per quanto riguarda l'Italia ed altri Paesi occidentali, il risultato di un negoziato tra Paesi, ma solo parte di una più ampia autonoma decisione


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del Governo e del Parlamento tedeschi di corrispondere compensazioni alle vittime del lavoro forzato. Il Governo italiano, infatti, non ha partecipato, a differenza dei Paesi dell'Est europeo, ai negoziati preparatori, avendo già regolato con il Governo della RFG, con l'Accordo bilaterale del 2 giugno 1961, la questione degli indennizzi in favore delle vittime del nazismo. Tale accordo, analogamente a simili accordi conclusi dalla Germania con altri Paesi dell'Europa occidentale, esclude infatti la partecipazione dell'Italia in quanto Stato a ulteriori negoziati sull'argomento, restando tuttavia impregiudicati i diritti dei cittadini italiani al riconoscimento degli indennizzi che potranno essere stabiliti. Il Governo italiano può pertanto influire soltanto sensibilizzando le autorità tedesche in direzione di un'interpretazione della legge che tenga conto della particolare situazione degli IMI rispetto ai prigionieri di guerra che la legge tedesca esclude dal beneficio.
La questione degli ex lavoratori forzati in Germania e dell'eventuale esclusione - che potrebbe derivare da un'interpretazione restrittiva della legge - della categoria degli Internati Militari Italiani (di gran lunga la più numerosa tra i potenziali beneficiari italiani) è stata seguita comunque dal Governo italiano con la massima attenzione già dalla fase preparatoria della legge tedesca, per il doveroso rispetto ed assistenza nei confronti di tale gruppo di nostri connazionali sopravvissuti a trattamenti ingiusti ed inumani, nonché per la rilevanza che il tema può assumere nei rapporti bilaterali con la Germania. A tal fine il Ministero degli Affari Esteri si mantiene in stretto contatto con l'OIM, con altri Dicasteri interessati, con le Associazioni di deportati e reduci e con singoli cittadini.
In più occasioni è stata fatta presente alle Autorità tedesche, sia attraverso l'Ambasciata d'Italia a Berlino sia direttamente all'Ambasciata di Germania a Roma, l'acuta sensibilità con cui da parte italiana si segue la questione delle compensazioni ai lavoratori forzati e coatti del III Reich.
Allo scopo di sensibilizzare il Governo tedesco affinché favorisca una decisione della Fondazione «Memoria, Responsabilità e Futuro» che includa gli ex-Internati Militari Italiani fra i potenziali beneficiari delle compensazioni, una delegazione interministeriale Esteri-Difesa ha incontrato nel novembre scorso i responsabili del Ministero degli Esteri tedesco ai quali ha illustrato, sulla base di un promemoria storico-giuridico, le ragioni per le quali la situazione particolare degli IMI rende inaccettabile una loro equiparazione ai prigionieri di guerra, che la legge tedesca esclude dal beneficio. È stato in particolare sottolineato che ai militari italiani deportati dopo l'8 settembre 1943 dal comando militare tedesco e successivamente impiegati come lavoratori coatti in campi di concentramento e imprese industriali e agricole non è mai stata applicata la Convenzione di Ginevra del 1929 che regolava il trattamento dei prigionieri di guerra, mentre è incontrovertibile il fatto che essi si trovarono a subire misure punitive e di limitazione della libertà personale nonché a svolgere lavoro forzato, non retribuito, in condizioni inumane.
Da ultimo il Ministero degli Affari Esteri ha dato istruzioni all'Ambasciata a Berlino affinché torni a sensibilizzare le autorità tedesche sull'importanza che da parte italiana si annette ad una soluzione positiva del problema.
Da parte tedesca ci sono state date assicurazioni, che la questione sarebbe stata approfondita prima di una decisione definitiva.
tj;2Per quanto riguarda infine le richieste di indennizzo, l'OIM ha predisposto un modulo di domanda che ha inviato a ciascun richiedente, che dovrà compilarlo e restituirlo entro l'11 agosto 2001, ovvero dodici mesi dall'entrata in vigore della legge.
Il Governo continuerà a seguire con la massima attenzione le fasi attuative della legge, tenendone, come ha fatto fino ad oggi, puntualmente informato il Parlamento.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Umberto Ranieri.


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LUCÀ, PEZZONI, RAFFALDINI, TATTARINI, OCCHIONERO, OLIVO, RUZZANTE, MARCO FUMAGALLI, BARTOLICH, GIOVANNI BIANCHI, LECCESE e BRUNETTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:

il 21 giugno 2000 la Camera approvava la risoluzione in assemblea n. 6-00132, primo firmatario il Presidente della III Commissione, onorevole Achille Occhetto e cofirmatari numerosi esponenti di tutti i gruppi politici, di maggioranza e di opposizione, sull'ormai decennale questione dell'embargo contro l'Iraq;
la risoluzione, dopo aver richiamato alcune precedenti mozioni firmate da diversi Parlamentari, faceva riferimento alle documentazioni di organismi sanitari ed umanitari, primo fra tutti «Unicef» in cui si mettevano in luce, tra le più gravi conseguenze dell'embargo, le alte perdite di vite umane, in particolare di bambini, per la mancanza di cibo, medicinali, generi di prima necessità, ma anche le gravi preoccupazioni per l'incremento di malattie tumorali a causa dell'utilizzo, durante la Guerra del Golfo, di armi ad uranio impoverito;
nella risoluzione si richiamava anche l'ormai dimostrata insufficienza della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu 1284, nota come Oil for food per attenuare, dal punto di vista umanitario, la grave situazione del popolo iracheno, così come, si prendeva atto del rafforzamento delle posizioni che non solo mettono in dubbio l'efficacia politica, ma soprattutto la legittimità morale, dell'embargo, in vari organismi internazionali e presso vari Governi;
ribadita la necessità della piena collaborazione delle autorità irachene con gli ispettori dell'Onu, allo scopo di giungere ad una rapida conclusione della vicenda;

impegnava il Governo a:

assumere in sede Onu posizioni esplicite a favore della revoca dell'embargo ed allo sblocco dei beni iracheni nelle banche estere, in modo da consentire il soddisfacimento delle esigenze primarie della popolazione irachena in campo sanitario ed alimentare;
procedere direttamente in tal senso, nell'eventualità dell'esistenza in banche italiane di beni iracheni congelati, salvo eventuali crediti italiani esigibili;
riaprire entro l'anno l'ambasciata italiana a Baghdad, nonché l'Istituto italiano di cultura, data l'ammissione, da parte Onu, dell'ormai avvenuto soddisfacimento iracheno di gran parte delle richieste delle risoluzioni dell'Onu stessa, ed a concertare la stessa misura in sede Unione europea;
riattivare forme di rapporto bilaterale a partire da scopi umanitari e sanitari, sostenendo le iniziative già in atto a livello di cooperazione decentrata di enti locali e Organizzazioni non governative italiane ed attuando anche un ponte sanitario per fronteggiare le più gravi emergenze:
riferire entro tre mesi al Parlamento sulle iniziative assunte e sul loro esito -:
essendo ampiamente trascorso il termine indicato dei tre mesi ed avvicinandosi ormai la fine dell'anno, altra scadenza prevista per alcune delle iniziative da assumere, mentre la situazione umanitario/sanitaria del popolo iracheno continua a peggiorare;
se non ritenga opportuno ottemperare al deliberato della Camera anche nella parte che prevede l'informazione al Parlamento, e procedere, quindi, ad una rapida ed esauriente informativa sulle iniziative intraprese e sul loro esito.
(4-32543)

Risposta. - Il dialogo tra Italia e Iraq è stato riallacciato ad alto livello, lo scorso anno con le visite ufficiali a Roma, del Presidente dell'Assemblea Nazionale di Baghdad Hammadi, a giugno e in ottobre, di una delegazione governativa, guidata dal


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Ministro dell'Istruzione Superiore Al Shagra, e comprendente, oltre ad altri Rappresentanti di Dicasteri tecnici iracheni, anche il Vice Ministro degli Esteri Najem ed il Sottosegretario alla Sanità Al Janabi, nonché nel gennaio di quest'anno il Ministro della Sanità iracheno, in visita privata in Italia su invito della Fondazione Beato Angelico, è stato ricevuto dal Ministro Dini.
Tali sviluppi nei rapporti bilaterali con l'Iraq si riflettono nella decisione del Governo di potenziare la nostra Rappresentanza a Baghdad, operazione che è in fase di attuazione. Accanto alla creazione di un ulteriore posto di funzionario diplomatico presso la Delegazione, sono state previste più ampie competenze della Sede, segnatamente nel campo del riconoscimento dei titoli di studio e professionali, ai fini del rafforzamento della collaborazione in campo culturale.
Per quanto concerne le iniziative di sostegno umanitario, in considerazione della diffusa povertà della popolazione irachena e alla luce delle preoccupazioni espresse dall'OMS sulle condizioni del sistema sanitario del Paese, il Governo italiano ha autorizzato lo stanziamento di 5 miliardi di lire come contributo per un progetto in ambito sanitario-ospedaliero che è in corso presso l'ospedale di Al-Nouman, struttura di riferimento per un bacino di utenza di circa due milioni di abitanti a Baghdad. L'iniziativa viene portata avanti ricorrendo ai prodotti che sono disponibili sul mercato locale in quanto autorizzati ad entrarvi nel quadro dell'embargo deciso con la Risoluzione ONU n. 986.
Inoltre è in corso di approfondimento un'intesa bilaterale per la Cooperazione sanitaria.
Il progetto di collaborazione sanitaria mira alla formazione di personale sanitario iracheno, sia medico che infermieristico in settori concordati con la controparte irachena e considerati prioritari quali la tubercolosi, la pediatria, la gestione ospedaliera, l'oncologia e la formazione infermieristica.
Si procederà infine all'invio di un esperto in lunga missione che opererà con il compito di coordinare le iniziative
in loco in raccordo con tre organizzazioni non governative italiane, presenti in Iraq ed impegnate nel settore sanitario e di costituire l'interfaccia con il Ministero della Sanità iracheno.
Per quanto attiene a considerazioni di natura propriamente politica, è utile rilevare che in sede comunitaria ed in sede Nazioni Unite il Governo italiano ha dato prova di un costante impegno, volto ad ottenere un'applicazione più flessibile dell'embargo, in vista di un suo possibile superamento.
Un primo positivo sviluppo registratosi in sede ONU, consiste nell'approvazione da parte del Consiglio di Sicurezza, il 5 dicembre 2000, della Risoluzione n. 1330, volta a garantire un più sollecito e razionale funzionamento del meccanismo sanzionatorio, soprattutto per i beni destinati al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione irachena.
Permane, innegabilmente, un cattivo funzionamento del Programma «Oil for food», dovuto ad inadempienze burocratiche dei vari organi dell'ONU incaricati della sua gestione, che preclude una possibile ricostruzione dell'economia irachena ed incide, quindi, negativamente sul livello di vita della popolazione.
Da stigmatizzare, ad esempio, è il perverso meccanismo in base al quale l'invio di attrezzature mediche in Iraq, viene spesso ostacolato dalla natura bivalente (civile o militare) di alcune componenti.
La gestione del Conto Corrente delle Nazioni Unite, su cui affluiscono i proventi delle esportazioni di petrolio irachene e dai quale vengono emessi gli ordini di pagamento delle forniture, non è anch'essa esente da critiche. La nostra Rappresentanza presso le Nazioni Unite è stata a più riprese attivata per rimuovere gli ostacoli che di volta in volta si frappongono all'approvazione dei contratti stipulati da ditte italiane o al pagamento delle forniture.
La posizione italiana - di preoccupazione per il deteriorarsi della situazione umanitaria in Iraq, ferma restando la necessità


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di verificare l'eliminazione di armi di distruzione di massa - è stata ribadita dall'On. Ministro nel corso dell'incontro con il Segretario di Stato USA, Colin Powell, avvenuto lo scorso 22 febbraio a Washington.
La stessa Amministrazione statunitense sembra essersi convinta della necessità di una revisione del meccanismo delle sanzioni, che non sembrano aver prodotto i risultati sperati. All'indomani della sua missione nel Medio Oriente, il Segretario di Stato ha dichiarato di auspicare un ripensamento dell'embargo, che allarghi le maglie per l'importazione di beni ad uso civile e garantisca un più stretto controllo sulle forniture suscettibili di impiego militare.
Il nostro Paese non ha mai mancato di sollevare con l'Amministrazione statunitense e con gli altri Paesi dell'Unione Europea, in particolare Francia e Regno Unito, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, la questione delle sanzioni all'Iraq, al fine di pervenire ad un loro superamento nel rispetto dello spirito delle Risoluzioni ONU.
In questa prospettiva, il Governo italiano guarda con fiducia ai primi incontri, svoltisi il 26 e 27 febbraio a New York, tra il Segretario Generale Kofi Annan ed il Ministro degli Esteri iracheno Al Sahaf, e si attende che, nel corso dei prossimi colloqui, venga superato l'attuale stallo nei rapporti tra Baghdad e l'ONU.
Non sembra possibile, al momento attuale, giungere ad un consenso in sede UE circa il ristabilimento di normali relazioni diplomatiche con l'Iraq. Anche i Paesi europei che non hanno interrotto le relazioni diplomatiche con Baghdad e che hanno mantenuta aperta la loro Ambasciata nella capitale irachena (Spagna, Grecia, Germania) vi si fanno rappresentare da un Incaricato d'Affari.
Il Governo ha esaminato attentamente la possibilità di pervenire ad uno sblocco dei fondi iracheni congelati presso le banche italiane, alfine di pagare le forniture umanitarie, nel necessario rispetto, condiviso dagli iracheni, della legalità internazionale e della Legge Italiana. Si rammenta a tal fine che il divieto di trasferire fondi all'Iraq è stato disposto con la Risoluzione del 6 agosto 1990, il cui disposto è stato sostanzialmente ripreso dalla Legge italiana 5 ottobre 1990 n. 278. Sulla questione influirà tuttavia l'esito della richiesta avanzata dalla Corte di Appello di Genova alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee di pronunciarsi in via pregiudiziale sull'interpretazione autentica delle disposizioni comunitarie in materia.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Rino Serri.

MAMMOLA. - Al Ministro delle finanze. - Per sapere se sia vero che la guardia di finanza, per incarico del ministero delle finanze, controlli quotidianamente l'elenco di coloro che richiedono i premi previsti dall'Alitalia per gli iscritti al club «Mille Miglia» e, in caso affermativo, quale sia lo scopo di tale controllo e quale uso venga successivamente fatto dei codici di iscrizione al club ricavabili dai medesimi elenchi.
(4-33101)

Risposta. - In merito alla vicenda segnalata dall'interrogate, il Comando Generale della Guardia di Finanza ha riferito che, su specifica richiesta dei competenti Uffici di questo Dicastero, è stato eseguito un controllo relativo ad una manifestazione a premi svolta dalla società Alitalia S.p.a. (Decreto Ministeriale 6/107959 del 7 giugno 1999).
Dagli accertamenti esperiti è emerso che la compagnia di bandiera è incorsa nelle violazioni di cui:
all'articolo 43, 1o comma, del regio decreto legge 19 ottobre 1938 n. 1933, per aver effettuato la citata manifestazione prima del rilascio del relativo decreto autorizzativo;
all'articolo 62, 2o comma, del regio decreto legge 19 ottobre 1938 n. 1933, per


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aver omesso l'indicazione degli estremi di detto provvedimento sul materiale pubblicitario.

Ciò posto, il predetto Comando Generale ha precisato che nel corso delle operazioni non è stato richiesto, né visionato, alcun «elenco di coloro che richiedono i premi previsti dall'Alitalia per gli iscritti al club Mille Miglia».
Il Ministro delle finanze: Ottaviano Del Turco.

MARTINAT. - Al Ministro delle finanze. - Per sapere - premesso che:
quotidiani e settimanali pubblicano, con l'autorizzazione del garante della privacy, la classifica dei cosiddetti «Paperoni d'Italia», i contribuenti che producono maggiore reddito;
si tratta di cittadini che, invece di chiedere la residenza all'estero o di rifugiarsi nei «paradisi fiscali», pagano le tasse allo Stato italiano;
tra questi, oltre a personaggi noti, ci sono anche persone non note, che non ricoprono cariche pubbliche e non risaltano sui mezzi d'informazione e che, in quanto tali, non fruiscono neanche di scorte o altri sistemi di protezione spesso pubblicamente finanziati;
gli elenchi dei maggiori produttori di reddito rappresentano un potenziale serbatoio privilegiato per la criminalità e comunque una violazione grave della «riservatezza» o «privacy», che evidentemente il garante non si occupa di tutelare;
questa violazione della «riservatezza» è anche un incentivo all'evasione fiscale ed alla corsa verso «paradisi fiscali» protetti -:
se non ritenga di intervenire con urgenza al fine di tutelare il diritto alla riservatezza dei suddetti cittadini.
(4-32710)

Risposta. - Con l'interrogazione cui si risponde l'interrogante ha chiesto di conoscere se, a fronte della pubblicazione su mezzi d'informazione a carattere locale e nazionale dei dati fiscali relativi al reddito dichiarato dai maggiori contribuenti, fosse opportuno intervenire con urgenza alfine di tutelare la riservatezza dei suddetti cittadini.
Come è noto l'articolo 27, comma 3, della legge 675 del 1996, consente ai soggetti pubblici la comunicazione e la diffusione dei dati personali in loro possesso se previsto da norme di legge.
Nel caso di specie la previsione normativa è data dall'articolo 69 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, il quale prevede espressamente la formazione di elenchi nominativi di contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi o che esercitano imprese commerciali, arti e professioni.
Detti elenchi sono caratterizzati dall'essere consultabili da parte di chiunque.
Alla luce di tali disposizioni normative, il Ministero delle Finanze è quindi legittimato al trattamento dei dati di che trattasi, i quali, tra l'altro, esulano dalla ristretta cerchia dei dati considerati «sensibili».
In tal senso si è, infatti, pronunciato lo stesso Garante per la protezione dei dati personali, con parere prot. N. 8987/13701 del 13 ottobre 2000.
Inoltre, si segnala che l'orientamento formulato nel predetto parere arricchisce i già numerosi interventi del Garante in materia di pubblicità dell'attività della pubblica amministrazione, accesso dei cittadini ai documenti della pubblica amministrazione, e trasparenza nella circolare delle informazioni a contenuto economico.
Infine, si rileva come la consueta pubblicazione degli elenchi in questione contribuisca in maniera rilevante al controllo democratico della condotta di ogni singolo contribuente.
Il Ministro delle finanze: Ottaviano Del Turco.


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PORCU. - Al Ministro delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la signora Antonella Corrias, operatore tributario, in servizio presso la circoscrizione doganale di Porto Torres, dopo 25 mesi di distacco presso l'ufficio di finanza di ripartizione di Sassari, è stata costretta in data 13 novembre 2000 a rientrare a Porto Torres; nonostante si fosse in attesa dell'attuazione dell'accordo raggiunto tra le organizzazioni sindacali ed il ministero sulle stabilizzazioni (che le avrebbe consentito di rimanere in pianta stabile a Sassari), andato a regime il 15 novembre 2000, ossia a soli due giorni dal trasferimento della Corrias;
tale rientro, (come del resto hanno rilevato anche le organizzazioni sindacali) ha provocato moltissimi problemi all'Ufficio di Sassari, considerato il ruolo della Corrias, alla quale erano affidate delicate funzioni di contabilità, che non possono essere espletate da nessun altro -:
conosciuti i fatti, quali provvedimenti si intendano porre in essere affinché la Corrias possa continuare a prestare servizio presso la sede di Sassari.
(4-33639)

Risposta. - In merito alla situazione della signora Antonella Corrias, operatore tributario, in servizio presso la Circoscrizione doganale di Porto Torres, la competente Agenzia delle Dogane, sulla base delle notizie assunte presso la Direzione Compartimentale di Cagliari, ha comunicato che già dal giugno 1998, a causa del pericolo di crollo del solaio, è stato ordinato lo sgombero degli uffici Doganali di Porto Torres con il conseguente smistamento temporaneo di parte del personale presso altri uffici doganali limitrofi (U.T.F. di Sassari e Dogana di Alghero Fertilia).
In tale contesto, la signora Corrias è stata assegnata alla sez. U.T.F. di Sassari, dove peraltro la medesima già si trovava per gravi motivi di famiglia, poi venuti a cessare.
A seguito dell'assegnazione di nuovi locali alla Dogana di Porto Torres, con accordo del 5 aprile 2000 siglato dalle Organizzazioni Sindacali locali, si concordava il rientro in quella sede di tutto il personale distaccato; tale rientro era assolutamente necessario per il raggiungimento degli obiettivi assegnati all'ufficio di Porto Torres.
Nel citato periodo di distacco presso la sede di Sassari l'operatore tributario Corrias ha collaborato con altri impiegati presso l'Ufficio Amministrativo-Contabile, diretto e coordinato da un funzionario tributario.
Ciò posto e fatta salva l'indubbia utilità delle mansioni svolte dalla signora Corrias, la predetta Agenzia ha precisato che detta dipendente è necessaria, al pari degli altri colleghi che ne compongono l'organico, per il raggiungimento degli obiettivi istituzionali e strategici della Dogana di Porto Torres dove, peraltro, la stessa è organicamente assegnata.
Il Ministro delle finanze: Ottaviano Del Turco.

PROCACCI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, al Ministro del commercio con l'estero. - Per sapere - premesso che:
lo stabilimento di Napoli del gruppo Birra Peroni aveva in organico, al 1 gennaio 1985, 700 dipendenti;
dal febbraio 1985 al febbraio 1989, lo stabilimento adottò la cassa integrazione speciale per ristrutturazione degli organici;
nel 1989, terminata la fase di ristrutturazione, un gruppo di lavoratori venne messo in mobilità con accordo sindacale. Alcuni lavoratori, dopo il periodo di mobilità, acquisirono quindi i requisiti di legge per accedere alla pensione; lasciarono la fabbrica «volontariamente», con incentivi concordati, anche lavoratori che non avevano i requisiti di legge ai fini pensionistici;


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nel 1993 l'azienda aprì nuove procedure di mobilità che si chiusero, come le precedenti, con accordo sindacale;
dal 1996 al 1997 l'azienda entrò di nuovo in cassa integrazione speciale;
nel 1997 si riaprirono le procedure di mobilità per 47 dipendenti e tra questi furono numerosi coloro che - non avendo i requisiti per accedere alla pensione - dopo il periodo di mobilità entrarono nella schiera dei disoccupati;
nel febbraio 1997, lo stabilimento di Napoli contava 195 dipendenti. Da allora ad oggi molti lavoratori hanno lasciato l'azienda per raggiunti limiti di età e di contribuzione. Durante questo periodo sono state effettuate assunzioni, anche se di poche unità;
il 9 ottobre 2000, il gruppo Birra Peroni di Napoli ha aperto nuovamente le procedure di mobilità per 45 dipendenti: inizia così la prima fase di 45 giorni per la trattativa tra azienda e sindacati, come previsto dalla normativa in materia. In caso di mancato accordo si passerà alla seconda fase di 30 giorni, per la trattativa al tavolo ministeriale;
attualmente, i lavoratori in organico sono 199 che si ridurranno a 154 per gli effetti della nuova mobilità;
tra i 45 dipendenti «candidati» alla mobilità, circa il 40 per cento - dopo il periodo di mobilità - diverrà pensionabile, a carico dello Stato. Il restante 60 per cento - terminato il periodo di mobilità - andrà ad alimentare le liste dei disoccupati napoletani;
è lecito dunque ipotizzare che il gruppo Birra Peroni abbia usufruito impropriamente delle normative in materia di mobilità e della cassa integrazione speciale a tutela dei lavoratori. Ha adottato, infatti, tali procedure anche nei propri stabilimenti di Roma, Napoli, Padova e Bari; ha chiuso gli stabilimenti di Udine, Taranto, Battipaglia ed altri, con marchi diversi ma appartenenti al gruppo citato; ha «costretto» persone, provenienti dalle liste di mobilità, ad accedere alla pensione a carico dello Stato laddove, in situazioni normali, avrebbero continuato a lavorare;
la procedura oggi in atto nello stabilimento di Napoli non viene avviata dopo un periodo di ristrutturazione da parte dell'azienda, ma giustificata con l'esigenza di un abbattimento dei costi fissi di produzione, in cui si include persino la logistica (carico e scarico delle materie prime e del prodotto finito);
risulta all'interrogante la predisposizione di un piano di investimenti per il gruppo di circa sessanta miliardi, di cui soltanto tre in tre anni sarebbero destinati allo stabilimento napoletano, per un importo insufficiente anche alla copertura delle spese per la manutenzione ordinaria;
sembrano dunque giustificati i timori di uno smantellamento della struttura di Napoli, nonostante la tenuta del mercato italiano della birra, che ha visto nel 1999 un incremento del 3 per cento rispetto al 1998 -:
a quanto ammontino i finanziamenti statali ottenuti dall'azienda nel corso del tempo, tenendo conto del fatto che essa ha usufruito di fondi per tutte le fabbriche del gruppo;
se i Ministri non ritengano di dover verificare la corretta applicazione delle norme in materia di mobilità e cassa integrazione, anche alla luce dei finanziamenti dello Stato erogati al gruppo Birra Peroni.
(4-32438)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione indicata, si fa presente, in via preliminare, che la Ditta Birra Peroni, per lo stabilimento di Napoli, ha usufruito del trattamento di integrazione salariale per i seguenti periodi:
ex lege 675 del 12.8.1977 per ristrutturazione aziendale: dal 18.8.86 al 19.2.89;
ex lege 223 del 23.7.1991, per riorganizzazione aziendale: dal 24.2.92 al 31.5.93; e dal 19.2.96 al 18.2.97.


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Tutto ciò premesso, si comunica l'esito degli accertamenti effettuati dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Napoli dai quali è emerso quanto segue.
La Birra Peroni Industriale S.p.A. ha presentato in data 9.10.2000 alle OO.SS. e alla Giunta Regionale - Ufficio Mobilità di Napoli la comunicazione prevista dagli articoli 4 e 24 della legge 223/91 e successive modificazioni ed integrazioni per il licenziamento collettivo di 45 dipendenti su 199 in organico occupati presso lo stabilimento di Napoli, in quanto in esubero rispetto alle esigenze aziendali.
L'azienda ha fatto presente che tali esuberi sono stati determinati dal fatto che nel corso degli ultimi dieci anni ha presentato indicatori economici c.d. «piatti» con sensibili ribassi di circa il 9 per cento e, contestualmente, eccedenze produttive intorno al 15 per cento della produzione totale nel mercato europeo; ciò, in particolare, è determinato dalla competizione sempre più accentuata tra i maggiori gruppi industriali del settore che operano nel mercato globale e a costi sempre più competitivi.
Inoltre, l'aumento dinamico dei costi fissi (manodopera, manutenzione, energia ecc.), maggiorati attualmente del 100 per cento rispetto al decennio passato, hanno indotto l'azienda ad attuare un piano per il recupero della competitività.
Tale piano, secondo l'azienda, deve necessariamente realizzarsi attraverso strumenti riorganizzativi, quali l'affidamento delle attività di alcuni reparti (controllo merci, movimentazioni, pubblicità, assistenza tecnica, confezionamento prodotti) a ditte specializzate come avviene ormai in molti settori industriali e commerciali.
Per quanto innanzi detto, l'azienda ha dato corso all'
iter previsto per legge, ma nel corso degli incontri sindacali non è stato raggiunto alcun accordo nel termine legale dei 45 giorni.
In particolare, gli incontri con le OO.SS. hanno evidenziato la determinazione della Birra Peroni a procedere alla risoluzione programmata dei rapporti con il personale in esubero, in contrasto con gli orientamenti delle OO.SS. (FLAI-CGIL, UILA-UIL, FAT-CISL e SLAI-CODAB) i quali contestano le motivazioni addotte dall'impresa e poste a base degli esuberi, richiedendo, comunque, soluzioni alternative ai licenziamenti.
L'Ufficio Mobilità della Giunta Regionale di Napoli, a cui recentemente sono state trasferite le competenze della Direzione Provinciale del Lavoro previste dall'articolo 4 della legge 223/91, ha dato atto con verbale del 9.1.2001 del mancato accordo tra le parti.
Dal 12 gennaio c.a. l'azienda ha già proceduto a licenziare n. 35 lavoratori in esubero, riservandosi di completare tutti i licenziamenti programmati nel termine di 120 giorni.
In conseguenza di tutto quanto sopra in data 11.1.2001, sono state attuate forme di protesta da parte dei lavoratori. La società ha rappresentato agli organi preposti (Prefettura e Questura) il fermo dell'attività a causa del picchettaggio degli impianti attuato da alcuni dipendenti.
Nel corso della verifica ispettiva sono state altresì acquisite le seguenti notizie:
il numero dei lavoratori dello stabilimento di Napoli era di 552 unità nel 1985 e di 201 unità nel 2000;
gli investimenti ammessi ad agevolazione alla data del 31.12.2000, riferiti allo stesso stabilimento, ammontano a lire 71.887.503.000 (legge 64/86 e 488/92);
lo stabilimento ha attuato dal 1991 le seguenti procedure di licenziamenti collettivi e messa in mobilità: in data 16.4.93 per 48 lavoratori che hanno maturato i presupposti per la pensione INPS con le tutele previste dai punti 6 e 7 dell'articolo 7 legge 223/91; in data 15.2.96 per 85 lavoratori dei quali 65 sospesi in CIGS per crisi aziendale; in data 27.2.97 per 47 lavoratori con i requisiti pensionistici e le tutele dell'articolo 7 della citata legge anche provenienti dai periodi di sospensione per CIGS.

Si fa presente, infine, che alla data odierna, nello stabilimento è ripresa normalmente l'attività produttiva.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.


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RUZZANTE. - Al Ministro delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è interesse dell'amministrazione finanziaria consentire e facilitare l'invio delle dichiarazioni per via telematica, come elemento di snellimento delle pratiche finanziarie;
fino ad oggi ai triburatisti è stato impedito l'invio per via telematica delle dichiarazioni dei redditi:
alcune sentenze del TAR (del Veneto, del Piemonte, della Sicilia, della Lombardia) si sono espresse favorevolmente in merito ai ricorsi presentati dai consulenti tributari iscritti negli elenchi delle Camere di Commercio entro il 30 settembre 1993;
la sentenza del TAR del Piemonte recita: «L'esclusione dei ricorrenti si appalesa illogica e determina un ingiustificato vantaggio a favore dei professionisti autorizzati -:
se le sentenze del TAR del Piemonte, del Veneto, della Lombardia non accelerino la necessità di adottare un provvedimento da parte del Ministero delle finanze che autorizzi in via definitiva tutti i tributaristi alla trasmissione telematica delle dichiarazioni dei redditi come interesse dello Stato prima che dei professionisti;
per quali motivi il ministero delle finanze ritardi questa autorizzazione in palese contrasto con le sentenze del TAR.
(4-34560)

Risposta. - La problematica evidenziata nella interrogazione può ritenersi favorevolmente risolta.
È, infatti, in fase di predisposizione un apposito decreto ministeriale, con il quale vengono ulteriormente individuati quali soggetti incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, lettera
e) del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1999, n. 542, coloro che esercitano abitualmente l'attività di consulenza fiscale. Tra tali soggetti sono compresi anche i tributaristi.
Il Ministro delle finanze: Ottaviano Del Turco.

SAIA. - Al Ministro per la funzione pubblica. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi la direzione dell'ufficio territoriale del Catasto de L'Aquila ha deciso, per non precisati motivi tecnici, di chiudere l'ufficio decentrato del Catasto di Sulmona;
contro tale decisione ha preso subito posizione la Cgil - funzione pubblica della valle Peligna che ha stigmatizzato l'inopportunità di tale scelta che è palesemente in contrasto con la linea di tendenza, più volte palesata dal Governo, di decentrare i servizi per avvicinarli ai cittadini;
va anche precisato che l'ufficio del Catasto di Sulmona svolgeva una mole di lavoro notevole al servizio dei cittadini della Valle Peligna e dell'alta Val di Sangro;
va anche sottolineato che tali popolazioni, che vivono per lo più in zone montane con scarsi mezzi pubblici di trasporto e viabilità dissestata, distano molto dalla città dell'Aquila ove dovrebbero recarsi per le loro pratiche, in assenza del predetto ufficio decentrato di Sulmona;
va infine sottolineato il fatto che tale decisione è ancora più impopolare ed inopportuna in quanto viene assunta proprio mentre a livello regionale e nazionale si sta seriamente valutando l'opportunità di istituire in Sulmona una nuova provincia del Centro-Abruzzo, proprio per i motivi di vastità del territorio e di grave disagio delle popolazioni locali -:
per quale motivo venga assunta la decisione di chiudere l'Ufficio decentrato del Catasto di Sulmona (Aquila);
se il Governo, coerentemente con le sue più recenti posizioni in merito al federalismo, alla sussidarietà, al decentramento amministrativo ed alla sburocratizzazione, non ritenga opportuno intervenire


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subito nei confronti della direzione del catasto de l'Aquila per far sì che venga mantenuto aperto l'Ufficio in questione per continuare ad assicurare un servizio quanto mai indispensabile per le popolazioni della Valle Peligna e dell'Alta Val di Sangro.
(4-32395)

Risposta. - In merito ai disagi arrecati ai cittadini a causa della chiusura dello sportello decentrato del Catasto di Sulmona, la competente Agenzia del Territorio ha precisato che, a seguito dell'attivazione del sistema client-server presso l'Ufficio di L'Aquila, la nuova architettura del sistema di comunicazione ha previsto collegamenti remoti catastali con modalità web, tramite collegamento internet e non con linea dedicata. Questa circostanza ha generato inefficienze che hanno consigliato, in via transitoria, la chiusura dello sportello decentrato di Sulmona, in data 16 giugno 2000.
A decorrere dall'8 gennaio 2001 parte dei servizi catastali presso il comune di Sulmona sono stati riattivati nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì dalle ore 12 alle ore 18.
Attualmente sono ancora in corso interventi specifici, la cui conclusione è prevista entro il corrente mese di aprile, finalizzati a realizzare collegamenti telematici diretti tra gli sportelli catastali di Sulmona ed Avezzano e l'Ufficio provinciale con una linea dedicata, in modo da poter ampliare i servizi all'utenza, e consentire una più efficiente erogazione dei servizi stessi.
Il Ministro delle finanze: Ottaviano Del Turco.

SCALIA. - Ai Ministri dell'ambiente, dell'industria, commercio ed artigianato e per i beni culturali ed ambientali. - Per sapere - premesso che:
in seguito ai permessi di ricerca e concessioni di coltivazione rilasciati, da alcuni anni, dal ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato ad alcune società concessionarie (Agip-Enterprice, Texaco, Fina, Mobil, Lasmo) sono iniziati, nel sottosuolo della val d'Agri, in Basilicata, indagini dirette ed indirette finalizzate alla ricerca di petrolio;
già nel 1988 si annunciava, da parte delle società concessionarie, la scoperta di un giacimento di notevole interesse in prossimità del centro abitato di Viggiano (Potenza);
da dati forniti dall'Agip, alla fine del 1995 la Basilicata risultava la prima regione italiana, nonostante il suo limitato territorio, per il numero di permessi di ricerca (diciotto) e concessioni di coltivazione (ventotto), per un totale di 662.671 ettari di territorio, pari a due terzi dell'intera superficie regionale. Per il 1996 le richieste di concessione sono aumentate, tanto da raggiungere circa cento pozzi;
l'Agip attualmente raggiunge in val d'Agri la produzione di oltre cinquemila barili al giorno ed è stato costituito un centro di olii denominato «Monte Alpi», già in fase di triplicazione, in considerazione del fatto che, secondo i dati Agip, la produzione di greggio dovrebbe crescere dai 7.500 barili/giorno del biennio 1996-1997, ai 42.000 barili/giorno del biennio 1999-199, fino agli oltre 83.000 barili/giorno previsti per il 2000. La produzione di greggio della Basilicata, secondo le previsioni Agip, dovrebbe poter rappresentare il dieci per cento del fabbisogno nazionale. Per tale motivo, è in fase di progettazione un oleodotto, lungo 148 chilometri, che dovrebbe collegare il centro olii con la raffineria di Taranto e con un dock di carico greggio pari a centomila barili/giorno;
una prolungata attività estrattiva comporta danni irreparabili non solo per l'ambiente (inquinamento del suolo e del sottosuolo nonché delle risorse idriche e dell'aria, per la presenza di idrocarburi incombusti, quale metano e altri gas prodotti dalla combustione come NO) ma anche per la salute delle popolazioni residenti e per la fauna;
irrilevanti sono sia gli effetti occupazionali sia lo sviluppo economico complessivo promesso dalle attività estrattive, disastrose


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se rapportati al volume degli investimenti effettuati;
infine, l'area oggetto delle trivellazioni è ricca di sorgenti, corsi d'acqua, invasi, montagne: si tratta di un classico esempio di natura incontaminata e di rara bellezza tanto che sono già state avviate le (procedure per inserirla nel futuro parco nazionale della val d'Agri-Lagonegrese);
se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali siano le loro valutazioni;
se non ritengano di dover promuovere e sostenere, in alternativa all'attività estrattiva di idrocarburi, lo sviluppo dell'agricoltura, del turismo e delle tecnologie «pulite» per la produzione di energia, anche in considerazione del fatto che trattasi di un territorio interessato dal parco nazionale del Pollino istituito con decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1993;
se non ritengano, alla luce di quanto in premessa, revocare i permessi di «ricerca» già concessi all'Agip ai sensi dell'articolo 6, comma 11, legge n. 9 del 1991, e lettera d, articolo 1, della legge n. 431 del 1985, in relazione ai pregiudizi che potrebbe avere su un'area di particolare valore ambientale;
quali misure verranno adottate a salvaguardia e tutela della salute dei residenti, della fauna e del territorio, in modo particolare per la val d'Agri-Lagonegrese;
se non ritengano infine più conveniente, per il Paese, considerare il petrolio lucano come riserva energetica strategica nazionale.
(4-06709)

Risposta. - Si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Con riferimento a quanto segnalato nell'atto di sindacato ispettivo indicato, si espone qui di seguito la situazione relativa all'attività di ricerca petrolifera in Val d'Agri.
Nella Val d'Agri, dove sono in corso da anni attività di ricerca di idrocarburi condotte dall'ENI e da altri operatori, è stato rinvenuto un complesso di giacimenti di petrolio di interesse strategico per l'approvvigionamento energetico del Paese il quale potrebbe garantire circa il raddoppio dell'attuale produzione nazionale del greggio.
In particolare, nella Val d'Agri risultano attualmente conferite alla società ENI in contitolarità con la Società ENTERPRISE tre concessioni di coltivazione finalizzate allo sviluppo di alcuni giacimenti da cui dovrebbe provenire una produzione di petrolio pari a circa 4,5 milioni di tonnellate/anno, di poco inferiore all'attuale produzione del resto d'Italia.
Con tale aumento di produzione, pertanto, si potrebbe arrivare a coprire circa il 10 per cento degli attuali consumi nazionali di petrolio.
Nelle concessioni ricadenti in Val d'Agri sono stati perforati sinora 22 pozzi di cui, attualmente, è stato possibile metterne in produzione 4, mediante collegamento all'esistente Centro Olio di Viggiano, da cui il greggio viene inviato mediante autobotti alla raffineria di Taranto.
Per consentire lo sviluppo e la messa in produzione degli altri pozzi, stante la limitata potenzialità del Centro rispetto alla capacità di produzione del campo, la Società ENI ha pertanto previsto l'ampliamento del Centro utilizzando l'area esistente e in parte dismessa, e quindi la realizzazione di un oleodotto (con potenzialità di circa 4,85 milioni di tonnellate/anno), lungo 136 km, per portare il greggio fino alla raffineria di Taranto.
In sintesi il progetto consiste in:
a) ampliamento del Centro Olio fino alla capacità di trattamento di 104.000 barili/giorno, con l'impiego di un processo ad alta efficienza di estrazione dello zolfo contenuto nell'olio greggio, con il massimo contenimento delle emissioni inquinanti, l'utilizzo di materiali di elevato standard e qualità e l'impiego di sistemi multipli di prevenzione, controllo e intervento;
b) posa di un oleodotto (136 km, di cui 96 in Basilicata) per il trasporto di petrolio alla raffineria di Taranto, che tra l'altro comporterà a regime un impatto notevolmente più ridotto di quello derivante dal


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transito delle autobotti; il progetto prevede, oltre allo studio sismogeologico e alla verifica strutturale delle condotte alle sollecitazioni prodotte da eventuali eventi sismici naturali, indagini sul tracciato durante i lavori di posa nei siti di interesse archeologico e la massima attenzione al ripristino paesaggistico, con eventuali interventi di compensazione;
c) costituzione di un deposito a Taranto, utilizzando alcuni serbatoi esistenti in raffineria e costruendone di nuovi, per lo stoccaggio del prodotto e utilizzo del terminale marino per l'export;
d) perforazione di ulteriori 26 pozzi di sviluppo, da allacciare al Centro Olio, che verranno perforati utilizzando tecnologie molto avanzate (quali perforazioni multiple a partire da un'unica piazzola) al fine di ridurre il numero di nuove postazioni da realizzare e quindi il relativo impatto ambientale. Le stesse metodologie previste per l'oleodotto saranno poste in essere per le linee di collegamento dei pozzi al Centro Olio con il ripristino e la riqualificazione dei tracciati. Analogamente le postazioni saranno oggetto di interventi di ripristino e riqualificazione;
e) perforazione di n. 15 pozzi esplorativi, che in caso di esito positivo saranno allacciati al Centro Olio adottando le stesse cautele previste per i pozzi di sviluppo;
f) installazione di un sistema di monitoraggio in continuo, per avere un controllo in tempo reale dei parametri caratteristici dell'ambiente circostante, ivi compreso il monitoraggio della microsismicità ambientale naturale, con il collegamento del Sistema alle strutture regionali di controllo.

A fronte della realizzazione del progetto sopra descritto si otterrebbe, in circa 20 anni, una produzione di petrolio pari a circa 405 milioni di barili (circa 54,5 milioni di tonnellate) e 15 miliardi di metri cubi di gas, che consentirebbe una notevole riduzione dell'import petrolifero.
Inoltre, a seguito della realizzazione del progetto, le compagnie interessate verseranno royalties per un ammontare totale stimato, nei 20 anni di produzione, di oltre 1200 miliardi di lire che, in base alle nuove norme emanate dal Ministero dell'industria (D. L.vo n. 625 del 25/11/1996 e legge n. 140 dell'11/5/1999), andrebbero per l'85 per cento alla Basilicata e per il restante 15 per cento ai Comuni nel cui ambito territoriale ricadono il Centro di trattamento olio e i pozzi di coltivazione.
L'occupazione che ne deriverebbe è valutata in 90 unità fisse e in circa 1000 per la fase di esecuzione dei lavori, comprendente l'ampliamento del Centro Olio nel comune di Viggiano, la costruzione dell'oleodotto fino a Taranto e l'apprestamento delle ulteriori postazioni di perforazione.
Pertanto, lo sviluppo delle risorse petrolifere dell'area può costituire una straordinaria occasione di sviluppo economico non solo della Val d'Agri, ma dell'intera Basilicata, fungendo da volano per la crescita soprattutto dell'indotto e dell'imprenditoria locale, utilizzando a tale scopo le entrate di Regione e Comuni derivanti dalle royalties e gli ulteriori investimenti che saranno nell'area realizzati dall'ENI in base ad uno specifico accordo intercorso con la Regione, che prevede opere di compensazione territoriale, monitoraggio ambientale, formazione professionale, sviluppo
in loco dell'indotto e di altre attività industriali connesse alla coltivazione.
La Regione ha anche sottoscritto un apposito accordo con il Governo per la realizzazione di ulteriori interventi a carico dello Stato in materia di infrastrutture e di investimenti sul territorio, dato il carattere strategico nazionale delle risorse rinvenute nel territorio lucano.
Infine, per quanto attiene gli aspetti di salvaguardia ambientale, il progetto è stato sottoposto, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 26 del 18/4/94, al vaglio da parte del Ministero dell'ambiente, che ha già provveduto ad emanare n. 4 decreti con i quali è stato espresso giudizio positivo per le opere previste nel progetto di sviluppo sopra esposto, fatta eccezione per la costruzione dell'oleodotto, per il quale il giudizio di compatibilità ambientale spetta, per competenza, alla Regione territorialmente interessata.


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Con tali pronunce di compatibilità, intervenute dopo un lungo e dettagliato esame delle operazioni e delle caratteristiche ambientali delle aree interessate, è stata dettata un'articolata e complessa serie di cautele operative, di misure di mitigazione degli impatti, sostanzialmente di natura temporanea, e di prescrizioni per la compensazione e per il ripristino territoriali, che consentiranno di svolgere le operazioni nel più assoluto rispetto e tutela dell'ambiente, anche nelle aree di più rilevante sensibilità.
Pertanto, per quanto sopra esposto, non sussiste, ad avviso del Ministero dell'Industria, alcun motivo di procedere alla revoca delle autorizzazioni, né di sospendere il recupero di tali importanti risorse petrolifere, di cui il Paese ha fondamentale bisogno.
Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero: Enrico Letta.

SCOZZARI, LUMIA, GIACALONE, RABBITO, CIANI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è stato indetto con decreto ministeriale 8 novembre 1996, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale IV serie speciale «Concorsi ed esami» n. 101 del 20 dicembre 1996, il concorso pubblico per l'arruolamento di 780 allievi agenti della polizia di Stato;
sono state presentate n. 397.217 domande; gli aspiranti che hanno partecipato alla prova scritta sono stati n. 133.402, di cui idonei sono risultati n. 98.636;
le selezioni psico-fisiche ed attitudinali nei confronti dei 19.845 aspiranti collocatisi in graduatoria con votazione uguale o superiore a 7.85 decimi e dei 111 riservatari (74 in possesso dell'attestato di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 752 del 26 luglio 1976 e 37 aspiranti ospiti del Centro Studi di Fermo) hanno avuto inizio il 1 giugno 1998 presso la scuola tecnica di polizia in Roma e si sono concluse il 13 dicembre 2000; le competenti commissioni hanno dichiarato idonei n. 8037 aspiranti che sono stati avviati, in dodici scaglioni, alle varie scuole Allievi Agenti per la frequenza, rispettivamente, del 142, 143, 144, 145, 146, 147, 148, 149, 150, 151, l52, 153 corso di formazione;
dal 29 marzo al 17 aprile 2001, hanno avuto luogo, presso la scuola tecnica di polizia in Roma, le selezioni psico-fisiche ed attitudinali nei confronti di 1520 aspiranti appartenenti alla fascia di voto 7.75 decimi, nati prima del 31 dicembre 1972 ovvero che abbiano presentato idoneo titolo di preferenza ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 9 maggio 1994, dalle quali sono risultati idonei 679 aspiranti;
dallo scorso aprile ad oggi, non si sono più effettuate selezioni psico-fisiche ed attitudinali, rimanendo pertanto fermi nella graduatoria al punteggio di 7.75 decimi;
la citata graduatoria, come da bando di concorso, rimarrà in vigore fino a maggio del corrente anno;
nel frattempo, in data 23 aprile 1999, è stato indetto un altro concorso, per titoli ed esami, per l'immissione nel ruolo degli agenti ed assistenti della polizia di Stato, riservato però ai volontari in ferma di leva prolungata;
da fonti non ufficiali, si apprende ora che è in corso di elaborazione un nuovo bando di concorso sempre per l'arruolamento di allievi agenti della polizia di Stato -:
se questa notizia sia vera e, in caso affermativo, perché si sta procedendo in tal senso quando esiste già una graduatoria effettuata sulla base di un concorso già espletato, che ha, tra l'altro, impiegato un notevole dispendio di personale e di denaro pubblico;
perché, nonostante già esistesse una graduatoria di idonei per il ruolo degli agenti, sia stato indetto il 23 aprile 1999 un concorso per la stessa qualifica ma con modalità diverse.
(4-34364)


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Risposta. - La graduatoria di merito del concorso pubblico per l'arruolamento di 780 allievi agenti della Polizia di Stato, approvata con decreto ministeriale del 9 maggio 1998, scadrà l'8 maggio prossimo venturo, ai sensi del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 554.
Si precisa che dal 29 marzo al 17 aprile 2000 sono stati sottoposti agli accertamenti dei requisiti psico-fisici ed attitudinali 1.566 aspiranti, utilmente collocati in graduatoria, con la votazione di 7.75 decimi, nati entro il 31 dicembre 1972 ovvero aventi titoli di preferenza ai sensi dell'articolo 5 del D.P.R 9 maggio 1994, n. 487.
Non essendo attualmente disponibili posti nella dotazione organica del ruolo degli agenti ed assistenti della Polizia di Stato, al momento non è programmata alcuna ulteriore selezione psico-fisica ed attitudinale né si sta provvedendo alla indizione di una nuova procedura concorsuale per allievi agenti.
Quanto al concorso, per titoli ed esami, bandito il 23 aprile 1999 dal Ministero della Difesa, d'intesa con le Amministrazioni interessate, per l'immissione di 1.912 unità nelle carriere iniziali delle Forze di polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, riservato ai volontari in ferma di leva prolungata, si precisa che la relativa procedura è disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 2 settembre 1997, n. 332.
Il suddetto decreto presidenziale, infatti, riserva ai volontari in ferma breve, che ne facciano richiesta, l'accesso alla carriera iniziale della Polizia di Stato nel limite del 35 per cento delle vacanze di organico.
Il Ministro dell'interno: Enzo Bianco.

SERVODIO. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
sono pervenute all'interrogante molte segnalazioni dei rappresentanti delle aziende agricole che pervengono in merito all'esigenza di una più ragionevole interpretazione dell'articolo 9-quater della legge n. 608 del 1996, nella parte in cui prevede l'obbligo da parte del datore di lavoro di consegnare al lavoratore all'atto dell'assunzione il modulo della sezione matricola e paga del registro d'impresa;
con riferimento a tale obbligo, risulta che, ultimamente, gli ispettori del Ministero del lavoro, nel procedere ai relativi controlli presso le aziende agricole, adottano modalità che, pur restando nei limiti dettati dalla legge, sono causa di forte disagio e preoccupazione nella categoria, considerato anche l'importo delle sanzioni comminate;
risulterebbe che l'adempimento di tale obbligo venga richiesto dagli ispettori del lavoro ai datori di lavoro delle aziende agricole nelle prime ore di inizio dell'attività lavorativa quando gli stessi non hanno avuto ancora materialmente il tempo di provvedervi;
le modalità concrete con cui si svolge il lavoro in agricoltura - in aggiunta al fatto che, specialmente, in determinati periodi dell'anno, il turn over dei lavoratori agricoli è particolarmente frenetico - rendono difficile, ed in molti dei casi addirittura impossibile, adempiere all'obbligo in modo praticamente istantaneo rispetto al momento dell'assunzione;
una lettura più ragionata della legge dovrebbe, invece, portare a ritenere che l'obbligo debba essere assolto «nella giornata» dell'assunzione;
tra l'altro prima di verificarsi degli episodi segnalati, il comportamento degli ispettori è stato ispirato proprio a tale criterio di ragionevolezza e buon senso;
analoga interpretazione è stata adottata dall'Inail, in merito alla cosiddetta denuncia contestuale dei lavoratori assunti o cessati dal servizio e che tale adempimento è, infatti, ritenuto assolto allorché il datore di lavoro vi provveda nella giornata ovvero nell'arco delle 24 ore rispetto al momento dell'assunzione -:
non mettendo in discussione il potere/dovere delle amministrazioni preposte ad esercitare l'attività di vigilanza, l'indubbia utilità


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e l'innegabile valore della loro funzione, quali iniziative intenda assumere il Ministro affinché tali attività non si concretizzino in una rigida ricerca ma tengono conto dei numerosi e complessi adempimenti posti a carico delle aziende agricole.
(4-33213)

Risposta. - In relazione all'interrogazione indicata si fa presente che l'articolo 9-quater della legge 608/96 prevede tassativamente che all'atto dell'assunzione del lavoratore agricolo gli venga consegnato il terzo foglio dei «moduli a ricalco» di cui si compone la sezione paga e matricola del registro di impresa nella quale devono essere iscritti gli operai indicando i dati anagrafici, il codice fiscale, il luogo di svolgimento della prestazione, le mansioni, il CCNL applicato ed il livello di inquadramento oppure la retribuzione lorda giornaliera e la data di assunzione, in ordine cronologico.
Un'interpretazione della norma che ritenesse tale adempimento legittimo, non all'atto dell'assunzione, ma nell'arco delle 24 ore dalla stessa sarebbe contraria alla
ratio della legge volta proprio a dare certezza al momento di inizio della prestazione lavorativa.
Inoltre, una tale interpretazione vanificherebbe l'accesso ispettivo in relazione all'effettiva data di assunzione dei lavoratori che, quando non regolarmente registrati, spesso in «accordo» con il datore di lavoro, tendono a celare l'effettiva data di inizio del rapporto di lavoro.
Si precisa, infine, che poiché la registrazione del lavoratore viene effettuata su moduli a ricalco la consegna della copia al lavoratore non costituisce onere particolarmente gravoso per il datore di lavoro.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

VELTRI. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 210 del 1992 che concede il diritto ad un indennizzo da parte dello Stato per i soggetti che abbiano contratto irreversibili danni epatici da HBV o HCV a seguito di somministrazione anche di emoderivati, demanda alle CMO la valutazione del nesso causale tra l'impiego di detti farmaci ed il danno biologico;
l'ufficio speciale per la legge n. 210 del 1992, in seguito D.P.S. Ufficio XV del Ministero, in più occasioni ha inoltrato note di chiarimento alle CMO sull'applicazione di tale normativa, dopo aver chiesto pareri all'Istituto Superiore di Sanità;
le note inviate alle CMO risultano scientificamente incomplete rispetto ai pareri forniti dall'ISS, ove non addirittura fuorvianti per la formale e sostanziale costante distorsione dei pareri espressi dall'ISS;
mentre con la lettera protocollo 1799 del 5 ottobre 1995 l'ISS affermava che «...Casi di trasmissione di virus HBV ed HCV sono stati descritti per alcune preparazioni (di immunoglobuline a somministrazione intramuscolare ed endovenosa): prima dell'applicazione di trattamenti di inattivazione/rimozione virale multipli», e con lettera protocollo 1978, di pari data, l'ISS affermava di non poter fornire dati statistici precisi per l'epatite cronica HCV positiva, a breve distanza di tempo l'Ufficio del Ministero, secondo quanto risulta all'interrogante, informava invece le CMO che: «all'ISS non risultano finora pervenute segnalazioni, nazionali ed estere, di epatite HCV-correlata a seguito di somministrazione intramuscolare di immunologlobuline antitetaniche»;
con tale sostanziale motivazione nel 1998 una CMO ha negato il diritto all'indennizzo a persona accertata a donazione di sangue nel 1990, sottoposta a profilassi antitetanica nel 1991 e risultata poi HCV positiva nel 1992 dalle analisi per nuova donazione di sangue;
con lettera protocollo DPS/UXIV/P.842 del 15 luglio 1998, l'ufficio Medico Legale del Ministero, relativamente ad un ricorso avverso il mancato riconoscimento da parte di una CMO del nesso di causalità


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tra la somministrazione di immunoglobulina antitetanica intramuscolare e la cirrosi epatica da cui era affetta una paziente, nell'accogliere il ricorso, affermava «ancora nel 1992 si sono verificati casi di contagio da virus C con le immunoglobuline antitetaniche...»;
con parere del 3 ottobre 2000 l'ufficio Medico Legale del Ministero smentisce la precedente sua stessa affermazione in merito alla possibile infettività delle antitetaniche intramuscolari;
il «New England Journal of Medicine» del 22 aprile 1999 ha pubblicato uno studio del Gruppo di ricerca irlandese in epatologia, sviluppato dopo aver riscontrato l'avvenuto contagio da parte del virus dell'epatite C in più donne sottoposte al trattamento intramuscolare con emoderivati immunoglobulinici provenienti da un singolo donatore infetto;
invece, secondo quanto risulta all'interrogante, con nota dell'11 dicembre 2000, protocollo 69750, l'ufficio XV del Ministero ricorda alla CMO-Roma che non esistono in letteratura segnalazioni di infezione da HCV causate da antitetaniche intramuscolari, e addirittura «restituisce» alla stessa CMO un verbale di riconoscimento della sussistenza del nesso causale «per le opportune riconsiderazioni»;
sulla rivista «Tranfusion» del settembre 1997 diversi ricercatori dell'ISS hanno: «raccomandato fortemente di accelerare l'introduzione di una fase di inattivazione e/o di rimozione dei virus nella preparazione di tutti i prodotti di immunoglobuline intramuscolari», con ciò riconoscendo che a quella data tali metodiche non erano ancora prassi corrente nella preparazione di prodotti derivati dal sangue -:
quali iniziative intenda prendere per rimuovere stratificati comportamenti caratterizzati dalla confusa apoditticità ed arbitrarietà di «informazioni» (distorte, incomplete e pertanto disinformanti) rese alle CMO, basate sulla costante ed ambigua discrezionalità di comportamento degli Uffici preposti all'attuazione della legge n. 210 del 1992, rifluenti nel solo vantaggio dei forti poteri dei produttori, a discapito di diversi centinaia di pazienti infettati dal virus dell'epatite C per via intramuscolare;
quante siano le note dell'Ufficio XV alle CMO che invitano a «riconsiderare» la già riconosciuta esistenza di rapporto causale e se non ritenga tale prassi violativa delle prerogative delle CMO;
quanti siano i mancati indennizzi determinati dalle note ministeriali, che suscitano anche più di una perplessità sull'imparzialità della condotta amministrativa su una tanto grave e delicata materia;
se non ritenga che l'eventuale mancato indennizzo nei casi di specie, potendo le persone interessate adire al contenzioso in sede civile, stante la documentazione suesposta, non faccia correre al Ministero il rischio della soccombenza con correlato danno erariale per esborso di somme imputabili e ripetibili dalla Corte dei Conti per colpa grave.
(4-34371)

Risposta. - Nel giugno 1995 l'Ufficio Speciale per la legge 25 febbraio 1992, n. 210 richiese all'Istituto Superiore di Sanità, in qualità di organo di consulenza tecnica del Ministero della Sanità, un parere sulla sicurezza degli emoderivati relativamente alla possibilità di contagio dei virus HBV ed HCV.
L'Istituto, con parere del 5 ottobre 1995, in conclusione riteneva che «...è possibile affermare, in base allo stato attuale delle conoscenze sulle caratteristiche biologiche dei differenti virus, che, dopo la recente introduzione di multipli trattamenti di inattivazione, le immunoglobuline in commercio, a somministrazione intramuscolare ed endovenosa, sono ragionevolmente sicuri.
Tuttavia casi di trasmissione di virus HBV ed HCV sono stati descritti per alcune preparazioni prima dell'applicazione di trattamenti di inattivazione/rimozione virale multipli».
In pari data l'Istituto, in merito alla possibilità di fornire dati statistici relativi alla percentuale di epatiti croniche da HCV sicuramente attribuibili a trattamento trasfusionale


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che, come noto, non può essere sottoposto ai procedimenti di inattivazione virale previsti invece per la produzione degli emoderivati, escludeva di poter fornire tali notizie, così come riportato nell'interrogazione parlamentare in esame, per la frammentarietà dei dati a disposizione.
In data 27 gennaio 1997, il competente Dipartimento delle Professioni Sanitarie, delle Risorse Umane e Tecnologiche in Sanità e dell'assistenza sanitaria di competenza statale - Ufficio XV, constatando il persistere di pareri difformi emanati dalle Commissioni mediche ospedaliere in merito al nesso causale fra la somministrazione di immunoglobuline intramuscolo ed epatite virale, richiedeva all'I.S.S. di fornire periodicamente dati epidemiologici relativi alle eventuali segnalazioni in merito.
L'Istituto provvedeva a trasmettere copia dei Bollettini S.E.I.E.V.A. (sistema di sorveglianza dell'epatite virale acuta) da cui non si evincevano casi di epatite virale acuta a seguito di immunoglobuline intramuscolo (i bollettini S.E.I.E.V.A. sono regolarmente pubblicati e, quindi, è possibile la loro consultazione).
Per i motivi suddetti, in un certo numero di casi (che peraltro risulta impossibile quantificare) nei quali si era verificata una somministrazione intramuscolo di immunoglobuline, detto Dipartimento ha chiesto alle Commissioni mediche approfondimenti medico-legali, tenuto conto dei dati acquisiti dagli organismi sanitari italiani e della letteratura internazionale in materia.
Bisogna, d'altro canto, rilevare che, allorché le C.M.O. hanno trasmesso il loro definitivo parere sui casi citati, l'Ufficio ha provveduto senz'altro alla notifica del parere stesso, senza ulteriori interventi.
Per quanto, poi, attiene agli espliciti riferimenti fatti dall'interrogante all'attività dell'Ufficio Medico Legale - Ufficio XIV del predetto Dipartimento - si fa presente quanto segue.
Il predetto Ufficio ha evaso, dal 1995 ad oggi, 22 (ventidue) pratiche e, nell'esprimere il parere richiesto ai sensi dell'articolo 5 Legge 210/1992, ha ritenuto di fondare la motivazione che sostanzia il riconoscimento o lo nega applicando in ogni caso la metodologia ed i criteri della disciplina medico-legale e facendo riferimento alle conoscenze dottrinarie più consolidate, tenendo presente che, per quanto attiene alle epatiti virali, i meccanismi etiopatogenetici non sono del tutto noti e nell'ultimo decennio numerose sono state le ricerche avviate a tale fine.
Nel mentre la letteratura scientifica riporta studi che evidenziano come le immunoglobuline somministrate per via endovenosa siano in grado di indurre epatite attraverso la trasmissione del virus C, non vi è rilevanza statistica di malattia epatica nei riceventi immunoglobuline antitetaniche intramuscolo nelle stime dell'Istituto superiore di Sanità che fanno riferimento al rilascio annuo di circa tre milioni di dosi per siero profilassi antitetanica per adulto, praticata per via intramuscolare.
Gli esperti dell'istituto hanno fornito di ciò una spiegazione ipotizzando che i bassi dosaggi, la via di somministrazione e l'occasionalità della stessa, giochino un ruolo nella diminuzione del rischio di trasmissione di HCV tramite immunoglobuline intramuscolo, non venendo raggiunta la concentrazione di virus sufficiente a provocare l'infezione, cioè la carica virale.
L'Ufficio Medico Legale sottolinea, inoltre, quanto in proposito affermato nel testo del prof. M. Piazza, Direttore dell'istituto di Malattie Infettive dell'Università di Napoli, «Epitite virale acuta e cronica» edito nel 1994, laddove a pagina 125 si forniscono i consigli da seguire al fine di ottenere una diminuzione del numero delle EPT (epatiti post trasfusionali). Al punto 7) si legge «Somministrare gammaglobuline per via intramuscolare. Somministrare 24 h prima della/e trasfusione/i 10 ml (5 ml per via intramuscolare per ciascun gluteo) di gammaglobuline umane normali. Ripetere lo stesso procedimento una settimana dopo. È stato dimostrato che tale procedura riduce consistentemente il numero delle EPT e nei rari casi in cui l'epatite si sviluppa, la malattia non cronicizza».


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Nel rinvio a pagina 158 si ribadisce quanto sopra in tema di profilassi cioè di iniziative volte a prevenire l'insorgenza della malattia, asserendo che «in mancanza di un vaccino, chi scrive ha per primo ipotizzato che la somministrazione periodica di y-G (gammaglobuline) al partner a rischio (4 ml per via intramuscolare ogni due mesi) potesse essere utile per prevenire l'infezione da virus epatitico C».
Lo stesso prof. Piazza firma, insieme ad altri eminenti Autori, un articolo sul tema della trasmissione per via intramuscolo in uno studio randomizzato controllato, articolo pubblicato nel 1997 su Archives Internal Medicine di cui si riportano le conclusioni: «L'epatite C può essere trasmessa sessualmente. Il siero contenente immunoglobuline ottenuto da donatori non testati ha significativamente ridotto il rischio... Poiché soltanto il siero contenente immunoglobuline ottenuto da donatori non testati (e non da quelli testati per HCV) contiene anticorpi neutralizzanti anti-HCV, questo siero potrebbe essere ottenuto da sangue risultato positivo alla ricerca degli anticorpi anti-HCV, solitamente eliminato».
In sintesi, nell'articolo, l'indicazione alla somministrazione di immunoglobuline sieriche è finalizzata a prevenire l'infezione da virus C assumendo il significato di fattore di protezione del soggetto a rischio. Di recente, nel gennaio 1999, lo stesso Autore ha pubblicato un articolo sulla rivista Hepatology in cui ribadisce l'assoluta sicurezza delle immunoglobuline somministrate per via intramuscolare, facendo riferimento a dati epidemiologici degli ultimi 50 anni ed alle dichiarazioni sia del Centro per il controllo delle malattie, CDC di Atlanta che dell'OMS.
Ritornando infine ai ricorsi evasi, l'Ufficio Medico Legale ha precisato che è stato espresso parere positivo nei casi in cui la via di somministrazione delle immunoglobuline è stata quella endovenosa ed anche quella intramuscolare quando l'evento-somministrazione è stato ripetutamente attuato; diversamente, è stato formulato parere negativo, quando la somministrazione intramuscolo è stata occasionale e pertanto inidonea ad assumere il ruolo di carica virale.
Numerosi ricorsi sono stati respinti con motivazioni che si rifanno alla storia clinica del singolo caso, non risultando soddisfatta la criteriologia medico legale come, ad esempio, la mancanza della prova dell'evento lesivo cioè della somministrazione di immunoglobuline.
Il Sottosegretario di Stato per la sanità: Grazia Labate.

ZACCHERA. - Al Ministro per gli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sono note le difficoltà economiche legate alla apertura di nuove rappresentanze italiane all'estero, ma più volte il Ministro agli Affari Esteri ha sottolineato la volontà del Governo ad investire in questo campo per migliorare la nostra rete consolare, soprattutto verso quei nuovi Paesi dove più attiva è la presenza italiana o le potenzialità di interscambio economico;
rispetto al passato sempre più numeroso è il numero degli italiani che si recano in vacanza nella zona dei Caraibi, sia per soggiorni che per crociere; in quei paesi si sono anche diffusi gli investimenti commerciali di nostri connazionali, soprattutto in campo turistico;
questa diffusa presenza richiede molto spesso un'assistenza in loco di ogni tipo, ma non risulta come la rete consolare italiana sia ben strutturata nella regione, dipendendo essenzialmente dalle ambasciate negli USA o nel Venezuela -:
come sia attualmente organizzata la presenza territoriale delle nostre sedi diplomatiche nella zona, alle ambasciate di quali paesi facciano diretto riferimento le numerose entità nazionali dell'area, se vi siano consolati generali od onorari ed in quali località, se non si ritenga di aprire nuovi consolati con speciale riguardo, tra l'altro, alla isola di Grenada, dove risultano essere state avviate di recente numerose


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iniziative turistico-commerciali da parte di imprese italiane.
(4-20928)

Risposta. - In risposta ai quesiti posti dall'interrogante, si allega la tabella che evidenzia le entità territoriali dell'area caraibica, e le Ambasciate e gli Uffici consolari di prima e seconda categoria nella cui circoscrizione sono comprese le predette entità territoriali.


Entità territoriale Ambasciata competente Ufficio consolare di I CTG Ufficio consolare di II CTG
Isole BahamasSanto DomingoV.C. Nassau
Isole Turks e CaicosLondraC.G. Miami
CubaL'AvanaA.C. Varadero
GiamaicaSanto DomingoC. Kingston
HaitiSanto DomingoV.C. Porto Principe
Rep. DominicanaSanto DomingoV.C. La Romana
V.C. Puerto Plata
V.C. Santiago de
los Caballeros
Antigua e BarbudaSanto DomingoV.C. Saint John's
St. Kitts e NevisSanto DomingoV.C. Basseterre
Puerto RicoWashingtonC.G. MiamiC. San Juan
Isole CaymanLondraC.G. Miami
Isole Vergini (Britanniche)LondraC.G. Miami
Isole Vergini (Americane)WashingtonC.G. Miami
Antille Olandesi del Nord (Saba, St. Marteen, St. Eustasius)L'AjaC.G. Miami
AnguillaLondraC.G. Caracas
MontserratLondraC.G. Caracas
GuadalupaParigiC. Pointe a Pitre
MartinicaParigiC. Fort de France
DominicaCaracasC.G. Caracas
Santa LuciaCaracasC.G. CaracasV.C. Castries
St. Vincent e GranadineCaracasC.G. Caracas
BarbadosCaracasC.G. CaracasV.C. Bridgetown
GrenadaCaracasC.G. CaracasV.C. Saint George
Trinidad e TobagoCaracasC.G. CaracasC. Port of Spain
Antille Olandesi del Sud (Curacao e Bonaire)L'AjaC. MaracaiboC. Willemstad
Antille Olandesi del Sud (Aruba)L'AjaC. MaracaiboA.C. Oranjestad

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Franco Danieli


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ZACCHERA. - Al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
l'isola di Ischia, in provincia di Napoli, è abitata da circa 50.000 residenti ed ogni anno accoglie oltre cinque milioni di turisti;
il suo territorio, di origine vulcanica, è amministrativamente diviso in più comuni ed è orograficamente complesso, sussistendo tra l'altro anche un potenziale rischio di carattere sismico e geologico;
più in generale, occorre garantire ai residenti ed ai turisti un servizio sanitario di pronto intervento adeguato all'importanza di questa località anche perché - pure nel recente passato - il ritardo negli interventi di emergenza si è caratterizzato con gravi ed a volte irreversibili conseguenze per la vita degli infortunati, traumatizzati o pazienti colpiti da patologie acute che impongono il più celere trasporto in adeguato luogo di cura;
ad oggi il servizio di trasporto viene svolto da una motovedetta veloce, che però presuppone non solo il necessario trascorrere di tempo spesso drammaticamente prezioso tra l'evento ed il ricovero, ma è soggetto alle incertezze ambientali, meteorologiche e climatiche proprie del trasporto via mare di feriti od ammalati da un'isola alla terra ferma;
su questo problema si sono attivati sull'isola gruppi e comitati di cittadini che, anche a mezzo delle fonti di stampa, chiedono una sensibilizzazione collettiva su queste tematiche -:
se non si ritenga che ad Ischia - anche in applicazione dei precisi dettati costituzionali in merito al diritto per ogni cittadino di godere di una adeguata copertura sanitaria - sia indispensabile organizzare un servizio di trasporto con elicottero-eliambulanza, oltre a dotare l'isola di un adeguato centro di rianimazione che possa intervenire al più presto in caso di necessità e quindi di autoambulanze dotate dei più moderni apparati di rianimazione;
se non intenda avviare per quanto di sua competenza iniziative in tal senso, effettuando inoltre le debite sollecitazioni sulla regione Campania affinché venga posta al problema tutta la necessaria, concreta attenzione in termini di assoluta urgenza, anche in vista dell'imminente stagione turistica.
(4-30904)

Risposta. - In base ai dati acquisiti dalle competenti Autorità Sanitarie della Regione Campania per il tramite del locale Commissariato del Governo, risulta che a partire dal mese di agosto 2000 è stato attivato l'eliporto nell'isola di Ischia ed il relativo Servizio di eliambulanza collegato con l'Ospedale S. Maria delle Grazie di Pozzuoli e con il Cardarelli di Napoli.
Peraltro, viene anche segnalato che, nella fase di ristrutturazione dell'Ospedale Anna Rizzoli di Ischia, sono previsti 4 posti letto di UTIC e 6 posti di Cardiologia.
Il Sottosegretario di Stato per la sanità: Grazia Labate.