TURRONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la demolizione degli edifici di Piazzetta Trauner nel cuore del centro storico medioevale di Trieste, avvenuta nell'ultima settimana del dicembre 2000, è un ulteriore grave segnale di come in questa città non sia ancora stata acquisita quella cultura del rispetto e del recupero del patrimonio urbanistico e architettonico che è da decenni diventato patrimonio comune alle altre città italiane, piccole o grandi, che hanno la fortuna di possedere un centro storico;
a dieci anni dall'inizio di una viva battaglia di sensibilizzazione culturale di livello nazionale, nata per opporsi agli sventramenti dell'allora piano di recupero di via dei Capitelli nella città vecchia di Trieste, nulla sembra sostanzialmente cambiato;
il debole piano di recupero approvato dal comune con molti sforzi, ha in sé così pochi elementi di tutela da non essere nemmeno ricordato dagli stessi amministratori comunali come dimostra l'intervista del 5 gennaio 2001 al giornale Il Piccolo di Trieste dell'assessore Tommasini; evidentemente il messaggio arrivato al tavolo
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di imprenditori, progettisti e amministratori triestini si limita alla «manieristica» (o incomprensibile?) tutela di qualche singolo elemento (bifora, pietra, chiave di volta, eccetera) da reinserire a posteriori nei nuovi edifici, una tutela così debole da sembrare inutile giacché la sottovalutazione/svalutazione del patrimonio ne risulta così marcata che il passaggio alla demolizione completa è, chiaramente, brevissimo;
la soprintendenza ai beni culturali per l'area di città vecchia, che ha espresso in questi giorni tanta indignazione per l'accaduto, in dieci anni di solleciti e appelli non è riuscita a mettere insieme le carte per tutelare un patrimonio palesemente meritevole di essere salvaguardato nella sua interezza, lasciando il compito di tutela al solo, generico e debole vincolo di tutela paesaggistica, nonostante la cronaca dimostri come «suggerimenti forti» per l'apposizione di precisi vincoli, lanciati da diverse fonti, risalgano almeno agli inizi degli anni novanta;
nonostante sia stato messo formalmente in campo qualche debole strumento, è tuttavia risultata negli anni totalmente inconsistente la capacità di controllo da parte del comune e della soprintendenza, che non sono stati in grado di verificare lo stato del grande cantiere aperto in città vecchia, né di imporre la messa in sicurezza di edifici in evidente crisi per la presenza di fessurazioni, infiltrazioni dai tetti, piccoli incendi ecc, in molti casi intervenuti solo dopo l'apertura del cantiere, ovvero almeno dal 1992;
è evidente che se lo scopo ultimo di questo atteggiamento è stato la cancellazione della citta vecchia esistente per sostituirla con una nuova (venissero anche rispettati allineamenti e volumi, sarebbe comunque una Città Nuova), non c'è che da continuare su questa strada e la demolizione di piazzetta Trauner, avvenuto nel cuore di Città Vecchia non è, in fondo, che l'ultimo anello di una catena di atteggiamenti culturali ed amministrativi che hanno segnato la storia del rapporto della città con il suo nucleo originario;
se invece la città di Trieste vuole finalmente riconoscere il valore del suo patrimonio storico e tentare di salvare quel che, nonostante tutto, può essere ancora tutelato, allora l'amministrazione comunale e la Soprintendenza per i beni architettonici, archeologici e storici del Friuli Venezia Giulia con la massima urgenza devono fare ogni sforzo possibile per interrompere questa modalità distruttiva di intervento nell'area di Città Vecchia -:
se non ritenga quindi il Ministro interrogato intervenire urgentemente per sospendere e bloccare gli interventi di manomissione e alterazione dell'antico tessuto urbano di Trieste-città vecchia;
se non ritenga necessario al più presto adottare ed apporre vincoli di ampia tutela su tutta l'area della città vecchia di Trieste;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare per sollecitare gli organi periferici ad accelerare le misure per l'individuazione dei vincoli di tutela del patrimonio ancora esistente, nonché le iniziative per l'arricchimento e la rigorosa applicazione di strumenti urbanistici volti alla conservazione e alla protezione del tessuto urbano storico di Trieste-città vecchia.
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SCALIA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel quadro di un rinnovato interesse generale del tessuto sociale del nostro Paese verso la tutela del patrimonio storico e culturale delle città e dei luoghi più significativi della tradizione storico-architettonica italiana, si assiste purtroppo ad un incredibile esempio in controtendenza nazionale all'Isola d'Elba e più precisamente a Portoferraio dove, al di là del culto di Napoleone, la giunta comunale del luogo sembra poi disinteressarsi del resto;
la città di Portoferraio, capoluogo dell'Isola d'Elba antistante le coste centrali della terra toscana, attualmente appartenente
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alla provincia di Livorno, fu fondata intorno al 1550 da Cosimo De Medici con il nome di Cosmopoli e mirabilmente fortificata con baluardi e grandiosi bastioni intorno al porto, tale da renderla un sicuro approdo della flotta del Granducato di Toscana a guardia delle scorribande saracene che in quegli anni infestavano il mar Tirreno;
la città ha subito nel corso dei secoli una progressiva trasformazione delle proprie difese soprattutto del porto con poderose e mirabili opere di ingegneria militare che hanno raggiunto la loro massima espressione architettonica nella prima metà del 1700 e che hanno fatto di Portoferraio, un porto definito all'epoca come imprendibile;
il retaggio storico di quelle opere che qui interessa, è un vecchio camminamento sotterraneo segreto ormai frammentato, che collegava la città in alcuni punti dei sui bastioni di difesa sopra il quale sono state costruite con l'accrescimento delle esigenze demografiche di Portoferraio, filari ininterrotti di abitazioni;
lo scempio e l'incuria di tale urbanizzazione non è stata la costruzione delle realizzazioni abitative avvenuta a Portoferraio in ogni luogo possibile così come in molte altre città del nostro Paese prima del piano urbanistico nazionale del 1939, ma a quanto è dato sapere, il successivo e recentissimo utilizzo di tratti del vecchio camminamento sotterraneo che collegava tra loro le fortificazioni della città, come scarico fognario di certe abitazioni soprastanti dove qualcuno avrebbe trovato comodo incanalare, senza entrare nel sistema di depurazione, i liquami domestici destinati in questo modo, ad inquinare ulteriormente il porto turistico della cittadina;
tale fatto ove fosse confermato, assumerebbe una netta connotazione di diseducazione civica in dispregio alla dignità architettonica della città nonché della pubblica igiene;
il degrado che da tale situazione è derivato è andato oltre l'incuria delle autorità comunali, poiché la tracimazione di ogni sorta di scarico ha comportato il ristagno dei liquami e la fuoriuscita della parte liquida attraverso le pareti delle abitazioni a livello del piano stradale di una della principali strade del centro storico della turistica Portoferraio, ovvero, di via F.D. Guerrazzi, in uno scenario da quarto mondo -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
se non reputi opportuno intervenire, nell'ambito di competenza, presso le autorità comunali per sollecitarle a mettere fine alla pericolosa e progressiva infiltrazione nei muri degli edifici coinvolti nonché all'antigienica condizione ambientale, e comunque se non ritenga di promuovere un'inchiesta della Sovrintendenza competente affinché il patrimonio storico-architettonico del nostro Paese non subisca un ulteriore gravissimo affronto.
(4-34363)