Allegato B
Seduta n. 862 del 19/2/2001


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ALOI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
vari candidati all'esame degli avvocati hanno fatto ricorso al tribunale amministrativo regionale, con riferimento alle prove orali della sessione 1998-1999;
si eccepisce, infatti, che la mancanza di un obbligo a fornire la motivazione di un giudizio, mancanza sostenuta dal Consiglio di Stato, per il quale va soltanto assegnato un punteggio e non motivato, è in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, creando una diseguaglianza fra coloro i quali hanno il diritto di conoscere le ragioni di un dato esito di un procedimento amministrativo;
tale assenza riduce il raggio d'azione entro il quale si può dare vita ad un ricorso, potendosi muovere l'interessato in un ambito di pura forma;
sempre in mancanza di un obbligo di motivazione è in contrasto con i principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione;
la situazione adesso descritta va affrontata e risolta per conferire, tra gli altri, un margine indispensabile di certezza del diritto -:
quali siano le iniziative che il Ministro interrogato intenda adottare per risolvere una questione, il cui protrarsi non può essere ulteriormente consentito.
(4-30752)

Risposta. - Con riferimento alla questione sollevata nell'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
La questione della legittimità della valutazione delle prove scritte dell'esame per avvocato è stata portata all'esame del giudice amministrativo sia in primo che in secondo grado.
Al riguardo va anzitutto evidenziato che l'obbligo di motivare sussiste, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 241 del 1990, per le attività provvedimentali dell'Amministrazione e non per quelle che si sostanziano, invece, nella formulazione di un giudizio (vedi Consiglio di Stato, Sez. VI, dec. n. 747/96); si osserva poi che l'espressione del giudizio con la semplice attribuzione di un voto è da ritenere sufficiente e legittima, considerando che non si è in presenza di una scelta su base comparativa, ma di un mero esame di idoneità professionale.
Non è pertanto ravvisabile violazione alcuna del principio di uguaglianza - trattandosi di situazioni del tutto diverse - tra coloro i quali sono sottoposti, nell'ambito di una procedura concorsuale, ad un giudizio espresso con punteggio alfanumerico e coloro i quali, all'esito di un procedimento amministrativo, ottengono un provvedimento motivato. Né può essere ipotizzata, nel caso, la compressione del diritto di difesa del candidato, tenuto conto che la valutazione effettuata dalla Commissione è espressione di discrezionalità tecnica, come tale insindacabile, e che pertanto l'utilizzo di un giudizio scritto in luogo dell'attribuzione di un punteggio risulterebbe comunque ininfluente a fini di contestazione o doglianza.
Va infine precisato che la scelta legislativa dell'utilizzo del punteggio alfanumerico, quale modalità di espressione di giudizio,


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risulta del tutto coerente con il principio di buon andamento dell'amministrazione, siccome finalizzato alla realizzazione dell'esigenza di speditezza e semplificazione delle procedure.
Il Ministro della giustizia: Piero Fassino.

ALOI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
con informativa n. 73 del 1999 le Poste italiane hanno reso nota l'iniziativa volta ad assumere due unità A.O. da applicare presso il servizio commerciale di Filiale per attività promozionali e di vendita nella città di Reggio Calabria;
tra i prerequisiti per accedere alla selezione figuravano, oltre alla conoscenza di lingue straniere e diploma di scuola media superiore, un'età non superiore ai 40-45 anni e, testualmente, «l'eleganza nei modi e nella figura»;
l'interrogante ha più di una perplessità sulla necessità di soddisfare gli ultimi due prerequisiti ora illustrati, perchè potrebbero, in realtà, figurare quali elementi discriminatori -:
quali iniziative i ministri interrogati intendano promuovere per verificare gli elementi di quanto esposto in questa sede e far sì che siano assicurati ai candidati gli imprescindibili elementi di una parità di trattamento.
(4-32021)

Risposta. - Dalle indagini esperite dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Reggio Calabria, è emerso quanto segue.
Le Poste Italiane S.p.A., in data 23.12.99, hanno diffuso un'informativa con la quale rendevano nota la decisione di effettuare una selezione tra il personale di staff in esubero e tra il personale di produzione, al fine di individuare n. 2 unità A.O. da impiegare presso il servizio commerciale di Filiale per attività promozionali e di vendita nella città di Reggio Calabria.
Nella suddetta informativa, le Poste specificavano che, per realizzare gli obiettivi commerciali previsti dal piano d'impresa, era necessario individuare nuove professionalità che presupponevano il possesso di precisi requisiti, competenze e capacità da parte del personale candidato alla selezione.
Fra i requisiti previsti per l'accesso alla selezione, erano esplicitamente indicati i due elementi citati nell'interrogazione e, precisamente: età non superiore a 40/45 anni ed eleganza nei modi e nella figura.
Tali requisiti potrebbero configurarsi quali elementi discriminatori ed ingenerare disparità di trattamento nei confronti del personale da selezionare.
In merito a tale problema, da notizie acquisite da rappresentanti sindacali CISL, si è rilevato che quanto stabilito con la suddetta informativa è frutto di una decisione del tutto unilaterale delle Poste che hanno effettuato la selezione, senza la preventiva consultazione delle organizzazioni sindacali. Gli stessi rappresentanti hanno dichiarato, peraltro, di avere immediatamente contestato, verbalmente, tale decisione e di essersi riservati di mettere in atto azioni di protesta qualora dalle Poste non dovessero pervenire assicurazioni in merito alla risoluzione del problema.
La segreteria provinciale della CGIL di Reggio Calabria, inoltre, ha informato la Direzione Provinciale del Lavoro di Reggio Calabria, di avere inviato al Direttore della filiale delle Poste di Reggio Calabria, in data 27.11.2000, un documento nel quale si richiedeva una maggiore attenzione da parte della Società, nei confronti del personale, sia riguardo all'orario di servizio che alle condizioni di lavoro ed ai rapporti in genere tra la dirigenza ed il personale, e si richiedeva soprattutto la salvaguardia della dignità dei lavoratori, facendo esplicito riferimento ai criteri utilizzati nell'assegnazione degli incarichi ed evidenziando come questi ultimi dovessero essere improntati alla trasparenza e al rispetto dei fondamentali diritti dei lavoratori.
La Direzione Regionale Territoriale Calabria e Lucania-Filiale di Reggio Calabria, contattata telefonicamente, ha dichiarato che la stessa, nell'effettuare la ricerca del


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personale in questione, si è limitata semplicemente ad osservare i principi generali individuati direttamente dalla Direzione Centrale Rete Territoriale di Roma.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

ALOI. - Al Ministro per la solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione «Amici Lontani» per l'aiuto ai bambini bisognosi dei Paesi in via di sviluppo, con sede legale in Cervignano d'Adda (Lodi), opera meritoriamente a favore dell'adozione internazionale e dell'affido familiare, avvalendosi di radicazione all'estero (27 sedi) e sul territorio nazionale: in Toscana, Lazio, Campania, Veneto, Calabria, Sicilia, Sicilia, Emilia-Romagna, nonché di personale qualificato, come educatori, psicologi, formatori, assistenti sociali, anche tramite un servizio informativo alle coppie adottanti con il «Telefono Sos Adozioni»;
in funzione di tale benemerita attività l'Associazione «Amici Lontani» ha avanzato documentata istanza, nel giugno 2000, per essere inclusa nell'albo degli enti autorizzati, ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184 (legge sulle adozioni), come modificata dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476;
tale richiesta di riconoscimento, valutata da apposita Commissione ministeriale per le adozioni internazionali, è stata assurdamente respinta per motivi di mancata presenza sul territorio nazionale e di operatori esperti -:
per quale ragione si sarebbe venuta a creare, in conseguenza del mancato riconoscimento all'Associazione in parola, una evidente ed iniqua disparità di trattamento tra le associazioni ed enti che fanno da legale supporto, presso le istituzioni preposte, all'iter predispositivo, conoscitivo e confermativo delle adozioni internazionali, che finalizzano, in sostanza, un prezioso e solidale aiuto all'infanzia più bisognosa dei Paesi in via di sviluppo;
se non ritenga di dover disporre il riesame, con senso di equità e riconoscenza sociale, della questione relativa alla inclusione nell'Albo suddetto dell'Associazione «Amici Lontani» che da ben otto anni opera con serio impegno civile e propositivo nell'ambito, tanto scrupoloso, dell'affidamento adottivo, anche attraverso segnalazioni, raccolta di firme, petizioni a favore dell'emanazione di leggi più moderne ed umane per dare all'infanzia più povera, mediante l'inserimento in famiglia, il soccorso economico-affettivo di cui più abbisogna.
(4-32549)

Risposta. - In premessa è opportuno precisare che la legge 31 dicembre 1998, n. 476 recante «Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in tema di adozione di minori stranieri» non ha attribuito alla Commissione poteri discrezionali nella scelta degli enti da autorizzare ad operare nel campo dell'adozione internazionale. Pertanto, i criteri di valutazione delle domande sono stati necessariamente quelli previsti dall'articolo 39-ter della legge: vale a dire l'accertamento della compresenza di tutti i sette requisiti tassativamente elencati nel comma 1 della norma stessa, essendo evidente che la mancanza anche di uno solo di essi rende possibile l'accoglimento della domanda di autorizzazione.
In applicazione di tali principi, è stata fatta particolare attenzione (anche in adempimento a quanto prescritto dagli articoli 11 e 32 della Convenzione dell'Aja) all'adeguatezza della formazione specifica e alle indispensabili e ineccepibili qualità morali dei dirigenti e dei componenti dell'ente (tenuto conto, a tal proposito, delle nuovissime e delicate funzioni di natura pubblicistica che la citata legge n. 476 del 1998 assegna ora agli enti); alla equilibrata presenza, in numero adeguato al territorio richiesto, dei professionisti di tutte le tre aree (sociale, giuridica e psicologica) indicate dalla legge, nonché alla loro effettiva iscrizione negli albi professionali; all'assenza dei fini di


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lucro ed all'assoluta trasparenza della gestione contabile; alla correttezza tecnica ed alla verificabilità delle metodologie operative; al tipo di impegno prospettato per l'attuazione del principio di sussidiarietà nell'adozione internazionale.
Le ragioni del mancato accoglimento dell'istanza di autorizzazione presentata dall'Associazione «Amici Lontani» sono elencate nella motivazione del provvedimento di rigetto (allegato in visione presso il servizio resoconti), e ad esse si fa rinvio.
Per quanto attiene alla parte finale dell'interrogazione in argomento «... se (il Ministro) non ritenga di dover disporre il riesame ...» faccio presente che, ai sensi di legge, competente a richiedere l'avvio della procedura di riesame è il legale responsabile dell'ente interessato (articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 1/12/1999, n. 492). Nel caso di specie, l'Associazione «Amici Lontani», in data 29/11/2000, ha presentato istanza di riesame, e la relativa procedura è attualmente in corso.
Il Ministro per la solidarietà sociale: Livia Turco.

ALOI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere:
se il dottor Pietro Frega, nato in Calabria, il quale ha acquisito nel 1973 la cittadinanza francese, gode ancora dei diritti civili e politici derivanti dalla cittadinanza italiana, e, nel caso in cui avesse perso quest'ultima, se e come potrebbe riacquistarla;
se sia altresì al corrente che numerosi italiani che si trovano in Francia ed, in particolare, a Nizza e sulla «Costa azzurra», incontrano notevoli difficoltà a conservare e a riacquisire la cittadinanza italiana per tutta una serie di intralci burocratici frapposti dalle competenti autorità;
se non ritenga di dovere intervenire per consentire che - attraverso uno snellimento di procedure - si possa mettere in condizione gli italiani, che siano in possesso dei richiesti requisiti, di potere acquisire o conservare la cittadinanza italiana evitando che gli stessi possano incontrare rilevanti difficoltà di ogni tipo.
(4-32804)

Risposta. - Al caso del Signor Pietro Frega, naturalizzatosi cittadino francese nel 1973, è applicabile la Convenzione di Strasburgo firmata il 6 maggio 1963 e ratificata dalla Francia e dall'Italia; in base ad essa coloro che si naturalizzano cittadini francesi perdono il nostro «status civitatis».
Giova comunque segnalare che al Signor Pietro Frega è offerta dall'articolo 13 della Legge 5 febbraio 1992, n. 91, la possibilità di riacquistare la cittadinanza italiana, rammentando tuttavia che, in tale circostanza, egli incorrerebbe nella perdita di quella francese.
Considerato quanto sopra, da una lato non si ravvisano particolari «intralci burocratici frapposti dalle competenti Autorità in materia di acquisto o riacquisto della cittadinanza italiana» nella fattispecie in esame; d'altro lato, l'intento di «mettere in condizioni gli italiani in Francia di conservare o riacquistare senza difficoltà la loro cittadinanza» è stato realizzato per coloro che sono nati in Francia mediante il Secondo Protocollo di emendamento alla Convenzione di Strasburgo, firmato nel 1993.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Franco Danieli.

AMORUSO. - Al Ministro del commercio con l'estero. - Per sapere - premesso che:
all'istituto per il commercio con l'estero si è proceduto ad un avvicendamento nella stragrande maggioranza delle posizioni previste dall'organigramma, comprendente non solo la totalità dei dirigenti, ma anche oltre il sessanta per cento dei direttori degli uffici all'estero, a seguito di due comunicazioni di servizio;
un'operazione di questo genere, estremamente costosa per il contribuente e che sarà pagata in ultima analisi dalle imprese per la minore operatività di un istituto costretto ad un simile valzer di poltrone,


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esula da qualunque situazione fisiologica e assume carattere di assoluta straordinarietà, di cui non sono chiari i motivi;
più parti avanzano forti obiezioni circa la correttezza dell'operazione che, anziché da logiche di professionalità ed efficienza, sarebbe in realtà motivata da ragioni di lottizzazione partitica;
la correttezza di una simile operazione di lungo periodo per la vita dell'ente, che peraltro si sarebbe svolta senza alcun confronto sindacale e nel disinteresse di criteri o regole di alcun tipo, sarebbe messa in dubbio anche dal fatto che l'attuale amministrazione scadrà fra meno di un anno -:
quali siano stati i criteri a cui l'amministrazione dell'Ice si è ispirata per quanto riguarda l'affidamento degli incarichi dirigenziali e se i criteri esistenti sulla carta siano stati effettivamente rispettati, in particolare per quanto riguarda il rispetto della graduatoria uscita dal recente concorso pubblico estero, la cui commissione d'esame era presieduta da un magistrato del Consiglio di Stato;
se corrisponda al vero che il capo del personale dell'Istituto per il commercio con l'estero sia un'esponente di spicco della CGIL;
se il Ministro in indirizzo non ritenga di dover intervenire, con apposita commissione d'inchiesta, per appurare la reale utilità di un avvicendamento di incarichi di simili proporzioni, che non ha precedenti né all'Ice, né, si è convinti, in alcun'altra struttura, sia pubblica che privata.
(4-30901)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare indicata, sulla base degli elementi forniti a questo Ufficio dall'Istituto Nazionale per il commercio estero si precisa quanto segue.
Si premette che l'assegnazione dei direttori e dei dirigenti nei vari uffici è stata effettuata in linea con la vigente normativa, in base a criteri di massima trasparenza e correttezza e comunque in applicazione del regolamento per la disciplina delle modalità e dei criteri per l'affidamento, l'avvicendamento e la revoca degli incarichi al personale con qualifica di dirigente, con delibera del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto n. 155 del 2000, approvato da questa Amministrazione, in qualità di Ministero vigilante.
L'avvicendamento degli incarichi dirigenziali, oggetto della presente interrogazione; deve considerarsi il logico sbocco di un processo di razionalizzazione delle risorse, indispensabile al corretto funzionamento dell'Istituto che, occorre rammentare, uscito dapprima dal comparto del Parastato a seguito della riforma introdotta dalla Legge n. 106 del 1989, dopo un periodo di commissariamento, è stato ricondotto nel comparto degli Enti pubblici non economici, con la Legge di riforma n. 68 del 1997.
L'avvicendarsi del quadro normativo di riferimento ha comportato, alla fine, la necessaria elaborazione di un nuovo organigramma, definito rigorosamente sulla base delle rilevazioni degli incarichi di lavoro e della conseguente individuazione del fabbisogno di personale. Tale organigramma, come previsto dalla normativa vigente, è stato oggetto di informativa sindacale e successivamente sottoposto al Ministero vigilante per la relativa approvazione.
A seguito della elaborazione di tale nuovo organigramma l'Istituto ha provveduto a bandire un concorso a 41 posti di dirigente, il cui esito si è concluso nell'aprile del corrente anno. Le precedenti promozioni a dirigente erano state effettuate nel 1992, in regime di Legge n. 106 del 1989. L'introduzione di questi 41 nuovi dirigenti ha, naturalmente, comportato la necessità di una ridistribuzione degli incarichi e di una conseguente nuova collocazione del personale. I vincitori del concorso sopra citato sono stati richiamati dall'estero per ricoprire i posti vacanti della Sede centrale, dove esistevano le maggiori carenze nell'organico dirigenziale.
Occorre inoltre sottolineare che la struttura dell'Istituto, articolata in Sede centrale, uffici in Italia ed unità operative all'estero, pur nel massimo rispetto della normativa di


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riferimento, è necessariamente dinamica e flessibile, nella costante necessità di adeguarsi alle esigenze dell'utenza. Ciò si evince del resto anche dal dettato dell'articolo 19 del Decreto legislativo n. 29 del 1993 che prevede espressamente come norma, e non come eccezione, il criterio della rotazione degli incarichi dirigenziali. Lo stesso articolo 19 prevede di tenere conto della natura e delle caratteristiche dei programmi da realizzare, delle attitudini e della capacità professionale del singolo dirigente.
Tale criterio è stato adottato anche nella assegnazione degli incarichi, nella
ratio non della rigida posizione in graduatoria, ma sulla base delle attitudini e della capacità professionali individuali dei 41 nuovi dirigenti, la cui nomina è stata dettata dalla improcrastinabile necessità di dare un riassetto definitivo all'istituto, in modo da incidere in maniera sostanziale sulla organizzazione dello stesso.
Per quanto riguarda, infine, il quesito sull'appartenenza del Capo del personale dell'ICE alla CGIL, si fa presente che lo stesso non è mai stato un alto esponente della citata organizzazione sindacale, avendo abbandonato l'incarico ricoperto al suo interno già dalla fine degli anni '70 e che, per motivi di opportunità, lo stesso ha rassegnato le dimissioni dal sindacato al momento di assumere la carica in questione.
Il Sottosegretario di Stato per l'industria, il commercio e l'artigianato e per il commercio con l'estero: Mauro Fabris.

BECCHETTI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la legge 17 maggio 1999 ha stabilito la legittimità dei CED per le imprese artigiane e per le piccole imprese;
il contenuto della legge era stato oggetto di un lungo dibattito e di fatto aveva trovato una soluzione tra le diverse posizioni sostanzialmente diverse emerse in Parlamento;
i criteri attuativi della disposizione legislativa erano stati demandati, con esplicita delega al Ministro del lavoro che ha provveduto all'emanazione di una circolare (n. 14 del 15 marzo 2000) con la quale viene disciplinata l'attività dei CED in materia di adempimenti per l'amministrazione del personale dipendente da imprese artigiane e piccole imprese secondo quanto previsto dalla legge 11 gennaio 1979, n. 12 e successive modifiche;
in materia è opportuno ricordare come il Consiglio di Stato abbia già dichiarato la illegittimità di una circolare ministeriale del 1986 e illegali tutta una serie di CED;
con la circolare n. 14 del 15 marzo 2000 il ministero non si limita ad esplicitare i criteri attuativi della norma ma, di fatto, modifica sostanzialmente il contenuto della legge dando disposizioni sostanzialmente simili a quelle contenute nella circolare n. 82 del 12 luglio 1986 annullata sia dal Tar che dal Consiglio di Stato;
alla luce dei precedenti, e dei contenuti della circolare n. 14, gli ordini professionali interessati hanno intrapreso azione giudiziaria davanti al Tar del Lazio, con notevoli possibilità di ottenere l'annullamento della circolare n. 14/2000 -:
quali siano le ragioni secondo le quali non sono state prese in alcuna considerazione le argomentazioni avanzate dai rappresentanti degli ordini dei consulenti del lavoro, degli avvocati, dei dottori commercialisti e dei ragionieri nella riunione appositamente convocata presso il ministero del lavoro;
come si giustifichi il fatto che vengano riproposti criteri di parte già oggetto di discussione in Parlamento tramite la distorsione dei contenuti di una delega che avrebbe dovuto limitarsi solo ad esplicitare criteri attuativi e non certo innovativi;
quali siano i motivi secondo i quali non si vuole, nella sostanza, accettare quanto sancito dal Tar del Lazio, dal Consiglio di Stato e dallo stesso Parlamento;


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se non si ritenga urgente e inderogabile una modifica della circolare in oggetto e il ripristino dei criteri conformi alla volontà del Parlamento in materia di creazione ed utilizzo dei CED.
(4-30615)

Risposta. - Nel far presente, in via preliminare, che il TAR del Lazio, con sentenza 8239/2000 ha integralmente accolto le motivazioni addotte da questa Amministrazione e rigettato il ricorso proposto dai consulenti del lavoro avverso la circolare 14/2000, si fa presente quanto segue.
La legge 11 gennaio 1979, n. 12, recante la disciplina della professione di consulente del lavoro, dispone, all'articolo 1, che tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti possono essere svolti personalmente dal datore di lavoro o da quest'ultimo affidati a professionisti qualificati iscritti agli albi dei consulenti del lavoro, avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali.
La modifica alla legge n. 12 del 1979 intervenuta con l'articolo 58, comma 16, della legge n. 144 del 1999 ha inteso ovviare ai gravi problemi occupazionali insorti a seguito dell'annullamento, operato dalla sentenza C.d.S., della circolare n. 62/85 emanata sul punto da questo Ministero, onde adeguarsi al progresso tecnologico.
La nuova normativa ha demandato espressamente a questo Ministero la determinazione dei criteri di attuazione della disciplina stessa «sentiti i rappresentanti delle Associazioni di categoria e degli ordini e collegi professionali interessati». In relazione a ciò si è provveduto ad emanare la circolare 14/2000 del 14.3.2000, il cui testo è stato redatto, ovviamente, anche sulla base degli orientamenti comuni emersi dalle ampie consultazioni intervenute con tutte le parti interessate, formalmente convocate nella riunione del 16 giugno 1999.
Ciò posto, si fa presente che la legge n. 12 del 1979, prima della modifica, conteneva una speciale disciplina solo per le imprese artigiane e le altre piccole imprese. La nuova normativa introduce, invece, due distinte discipline: l'una per le imprese con oltre 150 addetti, l'altra per quelle definite «artigiane e piccole imprese».
Perciò, relativamente alle imprese con meno di 250 addetti, si classifichino esse in categorie (piccole e medie) ovvero in una sola categoria (piccole) la disciplina non può che essere sempre la stessa, essendo incongruo che il legislatore abbia voluto, di proposito, escludere da questa disciplina solo le medie imprese. Pertanto è perfettamente logico e giuridicamente corretto che la categoria intermedia sia accomunata, nella disciplina, ad una delle altre due categorie: piccole imprese da una parte e imprese con oltre 250 dipendenti dall'altra.
Quindi, essendo escluso che la stessa disciplina possa valere sia per le imprese con più di 250 addetti che per quelle di media dimensione, ne consegue che queste ultime non possono che essere attratte nella disciplina della prima categoria, cioè quella delle piccole imprese. In definitiva, qualora si precluda l'utilizzazione dei CED alle imprese con un numero di addetti inferiore a 250 e diverse dalle «imprese considerate artigiane e altre piccole imprese» di cui al comma 4, della citata legge n. 12 del 1979, la normativa in esame determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento.
Quindi la nuova disciplina si articola come segue:
a) le imprese di cui al 4o comma legge n. 12 del 1979 (artigiane e piccole imprese), anche non iscritte nelle associazioni di categoria, possono avvalersi dei CED operanti in queste ultime;
b) le imprese di medie dimensioni possono avvalersi di CED costituiti dalle associazioni di categoria cui siano iscritte; in tal caso i CED devono essere assistiti da uno o più soggetti abilitati di cui all'articolo 1 della legge n. 12 del 1979;
c) le imprese con oltre 250 dipendenti possono avvalersi di CED, che siano assistiti da uno o più soggetti di cui all'articolo 1 della legge 12/79.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.


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BERGAMO. - Al Ministro degli affari esteri, al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, al Ministro del commercio con l'estero. - Per sapere - premesso che:
in data 5 novembre 2000, il quotidiano Il Giornale ha riportato la notizia secondo cui gli uffici dell'Istituto del Commercio con l'Estero, inaugurato a Pristina il 25 marzo 2000 dall'allora Ministro preposto onorevole Piero Fassino, sarebbe attualmente completamente privo di personale;
il giornalista Luciano Gulli, estensore dell'articolo, ha cercato ripetutamente di mettersi in contatto con le autorità italiane in alcune sedi dislocate nei Balcani, senza riuscire a comprendere chi fossero i responsabili di quell'ufficio e nemmeno i motivi per cui, a distanza di sette mesi dalla sua inaugurazione, non sia ancora operativo;
da tale situazione, che fa triste compagnia alle recenti mortificazioni subite in sede Onu (esclusione dal Consiglio di Sicurezza) ed Europea (mancata designazione di un italiano, Migone o Bonino), è del tutto evidente l'inadeguatezza della politica estera del nostro Paese e, secondo l'inviato de Il Giornale, particolarmente in Kosovo, in quanto i nostri organici non possiedono competenze specifiche ma sarebbero figure provenienti da altre amministrazioni dello Stato senza l'esperienza necessaria;
tutto questo, risalta maggiormente se si confrontano con le presenze, gli impegni ed investimenti delle altre Nazioni europee che dispongono di personale qualificato sia per qualità che per quantità;
ciò comporta, naturalmente, una sempre maggiore scarsa considerazione da parte degli organismi internazionali nei confronti dell'Italia -:
quali siano le considerazioni del ministro interrogato in ordine ai fatti espressi e quali provvedimenti urgenti intendano adottare per colmare il deficit di rappresentanza diplomatica e tecnica che risulterebbe utile, non solo sotto il profilo del prestigio della politica estera italiana, ma anche per la nostra economia incentivando l'imprenditoria italiana, interessata alla realizzazione delle opere di modernizzazione dei Paesi dell'Est Europeo.
(4-32357)

Risposta. - La prima questione sollevata dalla presente interrogazione riguarda l'operato dell'Ufficio ICE di Pristina. L'apertura di tale unità fu disposta con delibera ICE n. 294/99 del 23.11.1999, approvata dal competente Ministro per il Commercio con l'Estero di concerto con il Ministro degli Affari Esteri (L. n. 68 del 1997, articolo 4). La finalità della costituzione di tale unità, inaugurata dal Ministro Fassino in occasione della sua visita in Kossovo nello scorso mese di marzo, risiede nell'intenzione di rafforzare la presenza dell'ICE nell'area, attraverso un più ampio sostegno alle imprese italiane nell'ambito della ricostruzione economica della regione. Tale unità, dipendente dall'Ufficio ICE di Belgrado, è retta non da un funzionario di ruolo ma da un impiegato locale. L'ICE ha indicato al Ministero degli Esteri che l'unità di Pristina è operante e, nel confermare l'episodio riferito dal Gulli nell'articolo citato, ha spiegato l'assenza temporanea dell'impiegato con lo svolgimento da parte dello stesso di attività fuori dell'Ufficio.
Il Ministero degli Esteri ritiene peraltro che l'Ufficio stesso debba essere ulteriormente rafforzato e a tale fine ha effettuato gli opportuni passi presso le amministrazioni competenti, allo scopo di illustrare le ragioni di un tale potenziamento e chiederne una rapida attuazione.
Venendo alla seconda parte dell'interrogazione, quella in cui si fa riferimento ad un «deficit di presenza diplomatica» in Kossovo, e si estende tale critica alla presenza italiana nell'intera Europa dell'est, occorre dividere la risposta in due parti.
Per quanto riguarda la presenza diplomatica italiana nel Kossovo, va rilevato che l'Italia, in piena coerenza con la scelta di fondo di mantenere aperta la propria rappresentanza diplomatica (unica tra i grandi Paesi occidentali) a Belgrado, ha configurato il proprio Ufficio a Pristina come sede dipendente


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dall'Ambasciata nella Repubblica Federale di Jugoslavia (parimenti, l'unità ICE di Pristina dipende - come sopra chiarito - dall'Ufficio ICE di Belgrado). Presso l'Ufficio di Pristina opera un funzionario diplomatico con il grado di Primo Segretario, che si avvale di una struttura logistica già allestita in loco nell'ambito di programmi della Cooperazione allo Sviluppo. Va ricordato che altri Paesi europei quali Francia, Gran Bretagna e Germania, nonché gli stessi Stati Uniti, non avevano rapporti diplomatici con Belgrado e pertanto disponevano a Pristina di strutture più articolate. Può ritenersi che il ristabilimento di rapporti tra detti Paesi e la RFJ comporti ora una revisione dell'organico degli Uffici in questione.
Ciò premesso, si ritiene opportuno sottolineare che il Ministero degli Esteri ha avviato una riflessione sull'opportunità di un rafforzamento della struttura di Pristina: si sta a questo proposito valutando con favore la possibilità di un suo potenziamento, in considerazione sia del fatto che la progressiva applicazione della Risoluzione 1244, e la conseguente dinamica di attribuzione di una sostanziale autonomia alla provincia, comporterà un nostro crescente impegno nel Kossovo, sia dell'opera di ricostruzione che le nuove condizioni politiche della regione non mancheranno di agevolare, e che vedrà auspicabilmente sempre più coinvolte anche aziende ed imprese italiane.
Da un punto di vista più generale, per quanto riguarda la presenza italiana nei Balcani e nell'est europeo, si sottolinea come desti un certo stupore l'impostazione che l'interrogante ha voluto dare all'interrogazione. Come noto, le risorse a disposizione di questo Dicastero sono alquanto esigue, soprattutto se comparate con quei Paesi europei con cui, giustamente, ci confrontiamo. Ciononostante, è proprio nei Balcani, e nell'est dell'Europa, che l'Italia ha saputo negli ultimi anni assurgere ad un ruolo trainante, con un'azione ed una presenza diplomatica di grande importanza. Tale ruolo, che si è progressivamente sviluppato nel tempo, ha visto tra l'altro il nostro Paese, in un'ottica di stabilizzazione regionale, farsi promotore di due importantissime iniziative di cooperazione nell'area come l'InCE (Iniziativa Centro Europea) che, con l'inclusione della RFJ nel recente Vertice dei Capi di Governo del 25 novembre scorso a Budapest, raccoglie ora 17 Paesi, dalla Polonia alla Romania, dalla Moldavia all'Austria, ed è diventata un foro privilegiato di consultazione politica e di promozione economica per l'Europa centro orientale, e l'Iniziativa Adriatica e Ionica. Quest'ultima iniziativa, lanciata lo scorso maggio con la Conferenza di Ancona, raggruppa tutti i Paesi del bacino adriatico-ionico (da ultimo la RFJ, ammessa nell'Organizzazione lo scorso 24 novembre) e permette, per la prima volta nella storia recente di tale area, di poter sperare in uno sviluppo armonioso della cooperazione economica, scientifica, culturale e nel campo della lotta alla criminalità tra i Paesi rivieraschi. Ma l'Italia, nel corso delle crisi che negli ultimi anni hanno segnato i Balcani, ha saputo conquistarsi un ruolo di primo piano anche grazie ad un suo sostanziale impegno in termini di mezzi, uomini, risorse economico-finanziarie e responsabilità: così, anche a seguito della capacità dimostrata nella presenza NATO in Bosnia, l'Italia si è vista assegnare nell'ambito della KFOR un settore indipendente, quello di Pec (dove sono attualmente dislocati oltre 6000 uomini, primi tra gli europei), ed ora ha anche assunto, con il Generale Cabigiosu, il comando della stessa missione. Si tratta di successi per il nostro Paese, che sono stati costruiti nel quadro di una costanza e continuità di impegno in un'area che reputiamo prioritaria e che sono confermati dalla nostra partecipazione attiva nei vari fori internazionali che si occupano dei Balcani (Nazioni Unite, Unione Europea, OSCE, G8, Gruppo di Contatto). Sotto il profilo dello sforzo finanziario, occorre anche ricordare che siamo tra i primi contribuenti del Patto di Stabilità e che, a seguito dei recenti sviluppi in RFJ, stiamo assistendo in maniera assai consistente il processo di democratizzazione in quel Paese. La stessa recente visita del Presidente Kostunica a Roma (la prima del Capo di Stato jugoslavo in un Paese dell'Unione europea) conferma


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il ruolo di primo piano che l'Italia ha saputo acquisire nella regione. Anche casi specifici come l'Albania, dove l'Italia è presente in ogni settore e con ingenti interventi di cooperazione allo sviluppo, dimostrano l'ampiezza e la profondità del nostro impegno. Ma appare opportuno anche ricordare i rapporti privilegiati che abbiamo saputo instaurare con la nuova Croazia democratica, l'importante contributo da noi dato alla stabilizzazione della Bosnia Erzegovina, il dialogo costante sviluppato con altri importanti attori dell'area, come la Macedonia.
Certo è necessario che, a fronte di tale impegno e delle responsabilità assunte, vi sia anche un'ulteriore affermazione della nostra economia e della nostra imprenditoria privata, che ha già comunque ottenuto significativi successi: l'Italia è infatti il secondo partner commerciale della RFJ ed il primo della Croazia e dell'Albania.
Occorre però evitare di impostare il rapporto con delle realtà tanto complesse come quelle balcanica e dell'Europa orientale - e nei confronti delle quali l'Italia ha interessi di ampia portata (basti pensare ai problemi immigratori e di sicurezza) - su una semplice base di «do ut des», ma piuttosto su un rapporto fattivo e costruttivo, da svilupparsi nell'ambito di una dinamica che non perda mai di vista le grandi direttrici della nostra politica estera, tra le quali si situa per l'appunto lo sviluppo di duraturi rapporti di pace e di stabilità con un'area a noi cosi vicina storicamente e culturalmente.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Umberto Ranieri.

BIELLI. - Al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero. - Per sapere - premesso che:
la legge 10 del 9 gennaio 1991 detta norme per il risparmio energetico. All'articolo 31 - Esercizio e manutenzione degli impianti termici - al comma 1 e 2 si introduce la figura del terzo responsabile dell'esercizio e della conduzione dell'impianto di riscaldamento in grado di compiere in proprio o di commissionarle ad altri tutte le operazioni necessarie per il corretto funzionamento dell'impianto;
il decreto del Presidente della Repubblica del 26 agosto 1993, n. 412 è il regolamento per l'installazione, la manutenzione, la progettazione e l'esercizio degli impianti termici. All'articolo 1 comma 1, lettera n) si legge: («ai fini del presente regolamento, si intende») n) per «terzo responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto termico», la persona fisica o giuridica che, essendo in possesso dei requisiti previsti dalle normative vigenti e comunque di idonea capacità tecnica, economica, organizzativa, è delegata dal proprietario ad assumere la responsabilità dell'esercizio, della manutenzione e dell'adozione delle misura necessarie al contenimento dei consumi energetici;
lo stesso decreto del Presidente della Repubblica all'articolo 11, comma 3, definisce i requisiti che devono essere posseduti dal Terzo per poter assumere la responsabilità di cui all'articolo 31 della legge n. 10 del 1991. Tra le caratteristiche che vengono indicate c'è quella dell'iscrizione «ad Albi nazionali tenuti dalla pubblica amministrazione e pertinenti per categoria, quali ad esempio l'Albo Nazionale dei Costruttori - gestione e manutenzione degli impianti termici di ventilazione e condizionamento, oppure mediante l'iscrizione ad elenchi equivalenti della Comunità Europea, oppure mediante accreditamento del soggetto ai sensi della norme UNI EC 29.000»;
l'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 551, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 6 aprile 2000, n. 81, interviene a modifica del comma 3 dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica per cui oggi il testo è il seguente: «Nel caso di impianti termici con potenza nominale al focolare superiore a 350 kW, ferma restando la normativa vigente in materia di appalti pubblici, il possesso dei requisiti richiesti al - terzo responsabile dell'esercizio


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e della manutenzione dell'impianto termico - è dimostrato mediante l'iscrizione ad albi nazionali tenuti dalla pubblica amministrazione e pertinenti per categoria quali, ad esempio, l'albo nazionale dei costruttori - categoria gestione e manutenzione degli impianti termici di ventilazione e condizionamento, oppure mediante certificazione del soggetto, ai sensi delle norme UNI EN ISO della serie 9000, per l'attività di gestione e manutenzione degli impianti termici, da parte di un organismo accreditato e riconosciuto a livello italiano e europeo. In ogni caso il terzo responsabile o il responsabile tecnico preposto deve possedere conoscenze tecniche adeguate alla complessità dell'impianto o degli impianti a lui affidati»;
il decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34, ha abolito l'efficacia del certificato di iscrizione all'Albo costruttori e ne ha sancito la chiusura a far data dal 1 marzo 2000 sostituendo con il sistema unico di qualificazione, basato sull'autocertificazione dei requisiti per gli appalti di importo inferiore a 150 mila Euro e sull'attestazione SOA per gli appalti di importo superiore;
non esistono «elenchi equivalenti della Comunità europea» sulla base delle disposizioni previgenti (decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993) centinaia di imprese si erano iscritte all'albo nazionale costruttori al fine di poter svolgere l'attività di terzo responsabile sia negli impianti di proprietà pubblica, requisito che veniva normalmente richiesto anche in ossequio alla legislazione sugli appalti, sia negli impianti privati. L'iscrizione all'albo costruttori infatti risultava più conveniente della certificazione ISO 9000, visto che era valida per ambedue i mercati (pubblico e privato) mentre un'impresa in possesso della certificazione del sistema di qualità aziendale sulla base dell'UNI EN ISO 9000, mancando di certificato di iscrizione all'albo costruttori, veniva esclusa dalla gara pubblica;
l'abolizione dell'Albo Costruttori ha sostanzialmente sottratto a centinaia di imprese che danno lavoro ad oltre 15 mila addetti, il requisito per poter svolgere l'attività di Terzo Responsabile;
deve peraltro tenersi presente che l'attività di Terzo Responsabile è subordinata comunque al possesso dei requisiti previsti dalla legge 5 marzo 1990, n. 46, lettere C ed E articolo 10 -:
se vista la frase contenuta nel comma 3 dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 412 del 1993 così come riformulato dopo l'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 551 del 1999, ....« Ferma restando la normativa vigente in materia di appalti pubblici ....» per gli appalti emessi da una pubblica amministrazione per l'assegnazione del ruolo di Terzo responsabile della gestione ed esercizio degli impianti termici, debba farsi riferimento solo ed esclusivamente alla normativa vigente per detti appalti - legge n. 109 del 1994 - decreto legislativo n. 157 del 1995 - e, quindi, la certificazione del sistema di qualità secondo le norme UNI EN ISO 9000 sia da ritenersi facoltativa e non obbligatoria;
se, visto che l'albo nazionale dei costruttori non esiste più, debba ritenersi che le imprese in grado di documentare il possesso dei requisiti di cui al nuovo sistema unico di qualificazione disposto dal decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34, sostitutivo del precedente sistema basato appunto sull'iscrizione all'Albo costruttori, sono in possesso dei requisiti previsti per lo svolgimento dell'attività di Terzo Responsabile in impianti termici pubblici o privati di potenza nominale superiore a 350 kW;
se, in alternativa al punto precedente, non ritenga di affermare che l'iscrizione delle imprese ai registri delle camere di commercio o agli Albi delle imprese artigiane, per l'attività di terzo responsabile dell'esercizio e della manutenzione degli


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impianti termici, devono intendersi equivalenti a quelli indicati all'articolo 11, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993;
se non ritenga il Ministro di emanare urgentemente opportuna circolare esplicativa al fine di eliminare il grave stato incertezza che sta non solo limitando il mercato ma anche e soprattutto mettendo in grave difficoltà le imprese che, oggettivamente, si trovano nell'impossibilità di operare.
(4-29841)

Risposta. - La frase contenuta nel comma 3, articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993, come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 551 del 1999, «... ferma restando la normativa vigente in materia di appalti pubblici...» intende chiarire che la certificazione di qualità secondo le norme UNI EN ISO 9000 non può essere ritenuta sostitutiva, nel caso di appalto pubblico per il ruolo di terzo responsabile, dei requisiti richiesti, appunto, dalla normativa cui sono sottoposti gli appalti pubblici in generale, cioè l'iscrizione all'Albo Nazionale Costruttori, finché efficace, o l'autocertificazione o l'attestazione SOA nel nuovo sistema.
Pertanto, l'iscrizione all'Albo Nazionale era necessaria per gli appalti pubblici al di sopra degli importi fissati mentre era facoltativa per i privati e per gli appalti pubblici di importo inferiore, per i quali ultimi poteva essere sostituita dalla certificazione di qualità ai sensi delle norme europee della serie UNI EN ISO 9000.
Peraltro, il nuovo sistema di qualificazione (articolo 4, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 25/1/2000, n. 34) prevede che: «Ai fini della qualificazione, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, lettere
a) e b) della legge, le imprese devono possedere il sistema di qualità aziendale UNI EN ISO 9000 ovvero elementi significativi e correlati del suddetto sistema, nella misura prevista dall'allegato C, secondo la cadenza temporale prevista dall'allegato B», adottando, nella sostanza, il sistema di qualità europeo anche per altre categorie di lavori, sia pure con la previsione di un periodo di transizione, limitato quest'ultimo all'ambito di applicazione del regolamento in parola.
Del resto, l'abolizione dell'Albo Nazionale Costruttori era prevista già all'epoca dell'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993, che fu criticato da qualche Associazione di categoria per aver fatto riferimento ad esso.
Sulla base delle considerazioni esposte, sembra pertanto doversi ritenere che, con l'abolizione dell'Albo Nazionale Costruttori, la certificazione di qualità ai sensi delle norme UNI EN ISO della serie 9000 resti l'unica dimostrazione, in generale, del possesso dei requisiti richiesti al terzo responsabile di impianti di potenza superiore a 350 kW. Solo nel caso di appalti pubblici di importo superiore a 150.000 euro, che ricadono nel campo di applicazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000, possono essere accettate le dichiarazioni alternative in esso previste, secondo le modalità fissate.
Non si ritiene, inoltre, di poter affermare che l'iscrizione delle imprese ai registri delle camere di commercio o agli Albi delle imprese artigiane, cui è subordinata comunque l'attività di terzo responsabile, debba intendersi equivalente a quelle indicate all'articolo 11, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993, proprio perché tale affermazione, eliminando ogni distinzione tra impianti di potenza inferiore e superiore a 350 kW, renderebbe tale comma totalmente privo di significato, in contrasto con l'evidente volontà di differenziazione del legislatore.
Relativamente all'ipotesi di una circolare esplicativa, è intendimento del Ministero dell'Industria verificare la reale necessità di una tale iniziativa, previo contatto, per le vie brevi, con le associazioni di categoria più rappresentative.
Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero: Enrico Letta.


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BONATO. - Al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. - Per sapere - premesso che:
è in via di definizione il decreto legislativo in attuazione della legge sulle fondazioni bancarie -:
se corrisponda al vero che il presidente della Fondazione che controlla la Banca di Roma ricopre anche l'incarico di Presidente della Leasing Roma, società controllata dalla stessa Banca di Roma, se le due cariche, per le quali sono corrisposti ingenti emolumenti la cui corrispondenza alle esigenze dell'Istituto è da verificare, siano conciliabili, e quale tipo di rapporto economico vi sia con la Banca medesima.
(4-23769)

BONATO. - Ai Ministri delle finanze e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. - Per sapere - premesso che:
sono arrivate all'interrogante, da un gruppo di lavoratori, segnalazioni di una situazione alquanto anomala, riguardante la Banca di Roma, la fondazione che la controlla e il ruolo del presidente di quest'ultima, il professor Emanuele Emanuele;
stante le segnalazioni lo stesso Emanuele ricoprirebbe la doppia carica di presidente della fondazione e di presidente della Leasing Roma, a sua volta controllata dalla Banca di Roma, svolgendo pertanto contemporaneamente la funzione di controllore e controllato, che gli consente oltretutto di percepire ingenti emolumenti per il cumulo delle due cariche, che non si comprende quanto siano in linea con le esigenze della stessa Banca -:
come si chiedeva in interrogazioni precedenti quali iniziative intenda prendere il Ministro interrogato;
per quali motivi la nomina non sia mai stata portata all'attenzione del Parlamento per l'espressione del parere.
(4-28619)

Risposta. - Si risponde alle interrogazioni in esame, concernenti una presunta incompatibilità tra cariche, ricoperte dal professor Emanuele Emmanuele, di presidente della Leasing Roma S.p.A., società controllata dalla Banca di Roma, e di presidente della Fondazione Banca di Roma.
Al riguardo, va premesso che la precedente normativa, recata dal decreto ministeriale 1o febbraio 1995, prevedeva all'articolo 1, comma 1, che, «qualora l'organo competente dell'ente conferente abbia deliberato l'impegno alla cessione delle azioni della società conferitaria in modo da conformarsi alle previsioni dell'articolo 2, comma 2, lett.
b) della direttiva del Ministro del Tesoro del 18 novembre 1994, la regola dell'incompatibilità tra le cariche amministrative e di controllo dell'ente conferente e le cariche amministrative e di controllo nella società conferitaria e nelle società ed enti che con essa compongono il gruppo creditizio, di cui al decreto ministeriale n. 243265 del 26 novembre 1993, non si applica ai componenti l'organo di controllo e a non più di tre componenti l'organo amministrativo dell'ente conferente».
Dal momento che l'Ente Cassa di Risparmio di Roma aveva deliberato un programma unitario ad attuazione progressiva per la dismissione della partecipazione nella conferitaria Banca di Roma S.p.A., al presidente, ad altri due consiglieri ed al collegio sindacale non veniva applicata la predetta regola dell'incompatibilità.
Si fa presente, tuttavia, che attualmente l'assunzione di cariche amministrative presso fondazioni è disciplinata dal decreto legislativo n. 153 del 17 maggio 1999 («Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 20.11.90, n. 356, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria a norma dell'articolo 1 della legge 23.12.98, n. 461») e dal provvedimento del Ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 5 agosto 1999 («Atto di indirizzo a carattere generale in materia di adeguamento degli statuti delle fondazioni alle disposizioni della legge 23.12.98, n. 461, e del decreto legislativo 17.5.1999, n. 153).


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Le citate disposizioni prescrivono che, al fine di assicurare l'indipendenza nello svolgimento dei rispettivi compiti e la trasparenza delle decisioni, le «incompatibilità», in linea di massima, devono essere fissate reciprocamente fra i componenti dei tre organi di base delle fondazioni (indirizzo, amministrazione e controllo) e fra questi e l'organo di direzione.
Viene, inoltre, demandata agli statuti l'individuazione di situazioni riguardanti incarichi, il cui svolgimento sia ritenuto incompatibile con la qualità di componente degli organi della fondazione in base ad una motivazione verificabile, ovvero con riferimento alla titolarità di cariche pubbliche, non necessariamente elettive; ciò al fine di assicurare condizioni formali e sostanziali di indipendenza nello svolgimento dei compiti dei vari organi e di assoluta trasparenza delle decisioni, nonché di evitare situazioni di conflitto.
In tale contesto, le medesime disposizioni rimettono agli statuti anche la determinazione di specifiche ipotesi di incompatibilità per i dipendenti e gli amministratori degli enti e degli organismi, ai quali spettano, in base alle disposizioni statutarie, poteri di designazione dei componenti gli organi delle fondazioni, nonché per i soggetti legati a questi da rapporti di collaborazione anche a tempo determinato.
Si precisa, altresì, che, ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del citato decreto legislativo n. 153 del 1999, i membri dell'organo di amministrazione non possono assumere la carica di amministratore nella società bancaria conferitaria.
La normativa di riforma ha, perciò, disciplinato
ex novo la materia mediante un regime assoluto d'incompatibilità per le cariche di consigliere di amministrazione nelle fondazioni e di consigliere di amministrazione nelle società bancarie conferitarie; ha stabilito, inoltre, in via transitoria, che l'incompatibilità ai sensi del citato articolo 4, comma 3, con riguardo ai componenti l'organo di amministrazione di fondazioni, i quali ricoprivano alla data di entrata in vigore del presente decreto anche la carica di consigliere di amministrazione in società bancarie conferitarie, sarebbe diventata operativa allo scadere del termine della carica ricoperta nella fondazione e, comunque, non oltre la data di adozione del nuovo statuto, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, decreto legislativo n. 153 del 1999.
Si ritiene, perciò, che nel caso in questione non si rinvengano profili di illegittimità ai sensi della normativa vigente, non presentando il medesimo situazioni d'incompatibilità.
Per quanto concerne la mancata comunicazione al Parlamento della nomina del professor Emanuele Emmanuele, va precisato che il parere parlamentare, previsto dalla legge 24 gennaio 1978, n. 14, è richiesto solo per le nomine di presidenti e vicepresidenti di istituti e di enti pubblici nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri, dal Consiglio dei Ministri o dai singoli Ministri.
Nel caso in esame, la nomina del presidente compete al consiglio di amministrazione della fondazione, ai sensi dell'articolo 21 dello statuto vigente.
Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Vincenzo Visco.

BORGHEZIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da oltre un anno risulta abolito l'articolo 40 della legge 15 dicembre 1990, n. 395 concernente la piena equiparazione tra personale direttivo dell'amministrazione penitenziaria, tra cui i direttori degli istituti penitenziari e il personale dirigente e direttivo delle corrispondenti qualifiche della polizia di Stato in base alla legge 1 aprile 1981, n. 121;
d'altra parte l'articolo 12 della legge n. 266 del 1999 prevede l'istituzione di ruoli direttivi e di una dirigenza interni alla polizia penitenziaria;
nonostante la citata normativa, permane l'incongruenza di cui all'articolo 9 della menzionata legge n. 395 del 1990 che stabilisce la dipendenza gerarchica e non solo funzionale del personale di polizia penitenziaria nei confronti dei direttori


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penitenziari che oltre a non detenere qualifiche di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza e non appartenere, quali funzionari con compiti meramente amministrativi, allo stesso Corpo, non hanno più nessuna equiparazione giuridica ed economica con i funzionari direttivi delle forze di polizia;
l'incongruenza accennata è tale che anche i collaboratori d'istituto penitenziario, di recentissima assunzione, sulla base di una mera delega rilasciata dai direttori d'istituto, riescono ad esercitare funzioni gerarchiche nei confronti degli appartenenti alla polizia penitenziaria;
l'Os.a.p.p. - Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria ha più volte richiesto su indicazione del personale del Corpo, del tutto inutilmente, alle autorità politiche ed amministrative del dicastero di sanare un problema che, oltre a seri problemi organizzativi pone il personale stesso in quotidiana confusione rispetto alle proprie funzioni istituzionali ed ai propri obblighi -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere atteso che il caso risulta unico tra le forze di polizia italiane e che si rende indispensabile una opportuna modifica normativa dell'accennato articolo 9 ex lege n. 395 del 1990 oltreché l'emanazione di sollecite disposizioni chiarificatrici all'interno dell'amministrazione penitenziaria.
(4-26574)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue sulla base delle informazioni acquisite presso la competente articolazione ministeriale.
La norma di cui all'articolo 9 della legge n. 395 del 1990, che stabilisce la dipendenza gerarchica degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria anche dal direttore dell'istituto, non ha perso di validità né di coerenza a seguito dell'abolizione dell'articolo 40 della stessa legge.
Infatti, l'equiparazione del personale dirigenziale e direttivo dell'Amministrazione Penitenziaria al personale della Polizia di Stato, prevista dal succitato articolo 40, poi disapplicato dalla legge n. 449 del 1997, ha esclusivo riguardo al trattamento giuridico ed economico e non anche alle funzioni svolte che, secondo l'Ordinamento penitenziario e il relativo Regolamento di esecuzione, attribuiscono al Direttore anche il compito di provvedere al mantenimento della sicurezza, dell'ordine e della disciplina all'interno dell'istituto.
Alla luce di quanto sopra, non sembra quindi corretto ritenere impropria la dipendenza del personale di Polizia penitenziaria dal Direttore dell'istituto non rivestendo quest'ultimo la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza; il mutamento di «status» non ha dunque avuto, né poteva avere, alcuna influenza sull'ambito delle competenze del direttore di istituto né sulle responsabilità gestionali allo stesso attribuite.
Si deve poi aggiungere che l'istituzione dei ruoli direttivi ordinario e speciale del Corpo di polizia penitenziaria, introdotti dal decreto legislativo n. 146 del 2000 in attuazione della delega conferita al Governo con la legge n. 266 del 1999, pur richiedendo un coordinamento con l'assetto organizzativo già esistente, non modifica il principio in base al quale il direttore è il massimo responsabile e rappresentante unitario dell'istituto, alla luce anche della circostanza che al suo interno operano figure professionali tra loro diverse e non tutte appartenenti al comparto sicurezza.
Il Ministro della giustizia: Piero Fassino.

CENTO. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
con la legge n. 448 del 1998, articolo 41, sono state soppresse le tariffe postali agevolate per l'editoria e presupposto a tale modificazione stava nella fine del regime


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di monopolio statale nel divieto da parte dell'Unione europea di «agevolare» uno dei concorrenti nel medesimo settore;
un regime di concorrenza nel servizio postale non è ancora esistente nel nostro paese;
tale riforma inoltre porta con sé conseguenze disastrose per la piccola e media editoria infatti il rincaro del servizio, stimato tra il 150 per cento e il 400 per cento potrebbe condurre alla cessazione delle pubblicazioni;
la maggior parte delle riviste di alta cultura vengono vendute quasi esclusivamente per abbonamento postale;
la legge in oggetto prevede che sia istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo a cui potessero accedere soggetti con requisiti specifici;
detta legge prevedeva inoltre che alla data del 1 ottobre 1999 fossero emanati i decreti di attuazione, fondamentali per la concreta applicazione della legge, dove venivano stabiliti i requisiti dei soggetti che potranno beneficiare del contributo diretto, le caratteristiche dei prodotti editoriali oggetto del beneficio, l'entità del contributo medesimo e le modalità per usufruirne;
il successivo rinvio dell'entrata in vigore del nuovo regime tariffario al 1 ottobre previsto dalla legge finanziaria 2000, ha determinato la proroga dei termini per l'emanazione dei decreti a1 1 aprile 2000;
in realtà gli addetti al settore auspicano una ulteriore proroga sine die per consentire di arrivare al nuovo regime in maniera più corretta vista anche la situazione di grande incertezza derivante dal ritardo con cui le Poste italiane spa comunicano di dati effettivi di spesa di questo settore e le difficoltà delle istituzioni e degli editori di affrontare il nuovo regime;
l'incertezza delle tariffe postali determina gravi conseguenze per le campagne di abbonamento delle testate che si avvalgono di tale mezzo di diffusione e in pratica non è materialmente possibile agli editori valutare i costi di tale operazione in riferimento all'anno 2000 e di conseguenza non è possibile stabilire le variazioni di prezzo se necessarie -:
quali iniziative intenda intraprendere per giungere a una soluzione del problema e cercare di concordare con le Poste italiane spa un regime tariffario più consono alle possibilità dei piccoli editori.
(4-30023)

Risposta. - Con decreto-legge 27 settembre 2000, n. 266, il termine per l'emanazione degli atti previsti dall'articolo 41, comma 2, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è stato prorogato al 1o novembre 2000, mentre l'avvio del regime di contribuzione diretta per le spedizioni postali è stato prorogato al 1o gennaio 2001.
Tuttavia, in sede di conversione del suddetto decreto-legge, con legge 23 novembre 2000 n. 344, detti termini sono stati ulteriormente prorogati rispettivamente al 1o settembre 2001 ed al 1o gennaio 2002.
Si fa presente infine che nella
Gazzetta Ufficiale del 18 dicembre 2000 sono stati pubblicati i due regolamenti recanti disposizioni di attuazione dell'articolo 41 della legge n. 448 del 1998.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Vannino Chiti.

COLUCCI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il signor Stefano Pagliarulo, nato a Sarno (Salerno) il 4 marzo 1957, dipendente delle Poste italiane spa, in servizio presso la filiale di Torino, ha presentato, dopo l'evento alluvionale che il 5 maggio 1998 sconvolse la cittadina di Sarno, numerose


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domande di trasferimento o di distacco dalla filiale di Torino alla filiale di Salerno, nonché istanze di comando rivolte a vari ministeri ed enti, adducendo gravissimi e documentati motivi di famiglia (moglie e due figli minori, rispettivamente di 14 e 7 anni) coinvolta nel più che noto evento franoso;
la famiglia del signor Pagliarulo (che risiedeva e risiede attualmente a Sarno, mentre il Pagliarulo, per motivi di servizio, risiedeva e risiede a Torino) ancora vive nella cosiddetta «zona rossa» di cui alle ordinanze ministeriali n. 2787/1998 e 2980/1999, dichiarata ad alto rischio e soggetta periodicamente ad evacuazione in sede di pre-allarme (caduta di ml 40 di pioggia);
la moglie del signor Pagliarulo, salvata dal fango per l'intervento dei vigili del fuoco, a seguito del trauma subìto, certificato dalla Asl/Sa1, è in terapia presso il dipartimento di salute mentale dell'Asl/Sa1, perché affetta da «Stato depressivo reattivo con sintomatologia fobico-ossessiva e crisi di panico»;
tutte le istanze rivolte dal signor Pagliarulo non hanno avuto riscontro o sono state rigettate perché «le procedure di mobilità regolamentate dalla direttiva 25 del 6 marzo 1998 sono attualmente sospese», mentre risulta che, almeno un altro dipendente che si trovava in condizioni similari, di cui si conoscono le generalità, nel maggio del 1999 veniva trasferito «senza oneri per l'Azienda dalla filiale di Torino a quella di Reggio Calabria» -:
se non ritenga che l'attuale normativa ed in particolare i poteri di vigilanza riconosciuti al Ministro delle comunicazioni sulle Poste, consenta comunque di assicurare adeguata tutela a casi come quelli esposti in premessa.
(4-30557)

Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno premettere che a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, il Governo non ha il potere di sindacarne l'operato per la parte riguardante la gestione aziendale che, com'è noto, rientra nella competenza propria degli organi statutari della società.
Ciò premesso, si fa presente che Poste Italiane s.p.a. interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante ha preliminarmente osservato che, nell'ambito del processo di riorganizzazione che sta positivamente conducendo, la società ha effettuato e continua ad effettuare movimenti di personale secondo modalità concordate con le organizzazioni sindacali e, per quanto possibile, con il personale interessato. Detta mobilità rientra in quella logica che prioritariamente mira alla salvaguardia dell'attuale livello occupazionale oltre che a commisurare le risorse alle effettive necessità che presso ogni unità operativa si rilevano di volta in volta, tenuto conto delle complessive esigenze di equilibrata gestione e, ove possibile, delle esigenze del personale interessato.
Pertanto, laddove si registra esubero di personale, come avviene nelle zone del centro-sud, è favorito lo spostamento dei dipendenti verso località del nord le quali, di contro, non consentono un movimento di personale in senso contrario, stante la nota esigenza di mantenere in dette zone una forza di lavoro tale da consentire la presenza equilibrata sul territorio di dipendenti nell'interesse della clientela.
In tale contesto si colloca il mancato accoglimento da parte dell'azienda della domanda di trasferimento presentata dal sig. Stefano Pagliarulo, in servizio presso la filiale di Torino, motivata dal desiderio di raggiungere la propria famiglia, composta dalla moglie e da due figli, residente a Sarno, località particolarmente colpita dall'alluvione del 1998; evento che ha inciso psichicamente in particolare modo sulla moglie.
Diverso è il caso, ha riferito la società, cui sembra riferirsi l'interrogante, per il quale è stato disposto il trasferimento dalla filiale di Torino a quella di Reggio Calabria.


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In particolare, la società ha comunicato che «il caso presentava profili di oggettiva ed evidente gravità, di natura diversa da quelli invocati dal Pagliarulo, e che, alla stregua delle regole applicate in argomento, giustificano pienamente la decisione di accogliere la richiesta».
Il Ministro delle comunicazioni: Salvatore Cardinale.

CONTI. - Al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. - Per sapere - premesso che:
la dottoressa Wanda Rosa Senerchia, a seguito di cessazione, alla data del 1 febbraio 1997, del rapporto di servizio - in qualità di medico funzionario responsabile sanitario del presidio poliambulatoriale Murat - con l'Azienda sanitaria locale BA/4, ha percepito un TFR di lire 106.000.000, liquidatole dall'Inpdap, che non includeva, come invece sarebbe dovuto accadere, il periodo di servizio prestato anteriormente al suo ingresso in ruolo, presso la Cassa mutua commercianti di Bari, con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 5 novembre 1968 al 13 luglio 1972;
dal 13 luglio 1972 l'interessata, avendo vinto il concorso come medico funzionario, ha prestato servizio per la medesima cassa mutua senza soluzione di continuità, sino al suo scioglimento avvenuto nel 1980 in concomitanza con l'istituzione delle unità sanitarie locali;
per il suddetto periodo (5 novembre 1968-13 luglio 1972), non scorporabile da quello successivo proprio per la continuità del rapporto sia pure con il passaggio in ruolo, la ricorrente nulla ha mai ricevuto a titolo di TFR;
essendo mancata questa dovuta corresponsione, la dottoressa Senerchia ha lato svariate intimazioni di adempimento al competente ministero del tesoro;
la divisione III/COMM della ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale per gli affari e per la gestione del patrimonio degli enti disciolti, ha risposto alle istanze dell'interessata sostenendo che il predetto rapporto di servizio del 5 novembre 1968 al 13 luglio 1972 avrebbe già dato luogo a trattamento di quiescenza, con il pagamento dell'importo di lire 737.572, e che quindi il relativo periodo non potrebbe essere computato ai fini del TFR;
tali affermazioni fatte dalla succitata divisione III/COMM non corrispondono a quanto sostenuto dalla Senerchia per l'importo, che avrebbe dovuto essere almeno quadruplo in base alla fattispecie citata, sia per il fatto che il Ministro non è in grado di dimostrare in alcun modo l'avvenuta corresponsione della cifra, sostenendo a tal proposito che gli atti relativi sarebbero stati destinati ai macero;
è preciso compito del ministero del tesoro dimostrare l'avvenuta liquidazione, secondo il preciso onere incombente su chiunque sostenga di aver eseguito un pagamento, sia esso soggetto privato o ente pubblico;
il Ministro stesso ha ammesso in forma scritta la propria impossibilità di provare l'avvenuta corresponsione di quanto dovuto;
a cosa sia dovuto questo comportamento della burocrazia ministeriale, lesivo dei diritti dei cittadini in quanto tardivo ed esercitato discrezionalmente, come dimostra l'assenza di atti probatori peraltro candidamente ammessa;
se non si ritenga doveroso, stanti i fatti e gli obblighi di legge, procedere all'immediata liquidazione di quanto dovuto alla dottoressa Senerchia, ponendo così fine ad un contenzioso senza fondamento che, oltre a creare notevole disagio ad una pensionata, impegna le risorse dello Stato


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in maniera impropria e controproducente, in quanto i dipendenti pubblici impegnati in tali amenità potrebbero e dovrebbero essere impiegati in ben altre incombenze;
quali urgenti provvedimenti si intendano prendere per razionalizzare la macchina amministrativa del ministero del tesoro onde evitare che fatti del genere abbiano a ripetersi.
(4-32585)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione indicata in esame, con la quale viene chiesta «l'immediata liquidazione» del TFR a favore della dottoressa Wanda Rosa Senerchia, per il periodo di servizio prestato anteriormente al suo ingresso in ruolo presso la Cassa Mutua Commercianti di Bari, con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 5 novembre 1968 al 13 luglio 1972, rapporto di lavoro che è continuato, avendo vinto la medesima il concorso come medico funzionario, presso la stessa Cassa Mutua fino al 1980, anno del suo scioglimento.
Al riguardo, si fa presente che la richiesta avanzata dalla dottoressa Senerchia non è fondata, in quanto il periodo di servizio prestato dalla medesima, in posizione pre-ruolo, presso la disciolta Cassa Mutua dei Commercianti di Bari, risulta già liquidato e non riscattato dall'interessata ai fini della quiescenza; a titolo di liquidazione delle competenze, dovute a seguito della risoluzione del predetto rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è stata, infatti, corrisposta, dall'allora Cassa Mutua Commercianti di Bari, la somma di lire 737.572, sulla base delle direttive impartite alla medesima dalla disciolta Federazione nazionale delle casse mutue commercianti, con nota n. 7006 del 3 aprile 1973.
In ordine al mancato reperimento delle quietanze comprovanti l'avvenuto pagamento, va precisato che la dottoressa Senerchia ha avuto notizia delle motivazioni sottese alla mancata inclusione del periodo contestato nel computo dell'anzianità complessiva, con nota ministeriale n. 646957 del 14 ottobre 1985, a seguito della prima rivendicazione formulata dall'interessata con nota del 27 giugno 1985, al momento del pagamento dell'eccedenza, ai sensi dell'articolo 76 del decreto del Presidente della Repubblica n. 761 del 1979.
Con la citata nota ministeriale del 14 ottobre 1985, questa Amministrazione comunicò, infatti, all'interessata che l'anzianità effettiva dalla medesima maturata decorreva dal 14 luglio 1972 - data della sua immissione in ruolo - e non dal 5 novembre 1968, in quanto tale periodo aveva dato già luogo al richiamato trattamento di quiescenza per lire 737.572, e che il periodo stesso non poteva essere, pertanto, ricompreso nel computo dell'anzianità stessa.
Le argomentazioni sopra riportate, all'epoca supportate da idonea documentazione, atta a certificare l'avvenuto pagamento della citata somma, non furono contestate dall'interessata, la quale ha presentato una nuova istanza di rivendica soltanto a distanza di circa 12 anni, lamentando la mancata liquidazione del periodo 5 novembre 1968-13 luglio 1972 e richiedendo copia della documentazione probante, nel contempo ceduta alla Croce Rossa Italiana, sulla base degli accordi intercorsi con la competente Commissione di scarto degli atti di archivio.
Va sottolineata comunque, l'intervenuta prescrizione di ogni eventuale diritto vantato dalla dottoressa Senerchia.
Si soggiunge, infine, che, in ordine alla questione in oggetto, l'interessata ha proposto ricorso, tuttora pendente dinnanzi al TAR della Puglia, per il quale è stata interessata l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari.
Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Vincenzo Visco.

COSTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in vista della celebrazione di canonizzazione di Suor Maria Faustina Kowalska,


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avvenuta a Roma il 30 aprile 2000, la casa generalizia dell'ordine delle suore della Beata Vergine della Misericordia di Cracovia, di cui la citata Santa Maria Faustina Kowalska faceva parte, ha disposto di fare donazione alla rettoria della chiesa dello Spirito Santo in Sassia di Roma di un modesto quantitativo di materiale destinato al culto, per altro privo di qualsivoglia valore commerciale, né d'uso al di fuori della celebrazione religiosa a cui era destinata;
in data 16 aprile 2000 il signor Piotr Bart, in esecuzione del mandato ricevuto, si accingeva al trasporto del summenzionato materiale: in quest'occasione veniva fermato alla frontiera austriaca di Mikulov, veniva contestato il contrabbando di mercanzie e, di conseguenza, era respinto alla frontiera; da un secondo tentativo effettuato in data 26 aprile, munito dei documenti attestanti la donazione, alla frontiera di Gorizia, il suddetto signor Piotr Bart veniva informato che, a carico dello stesso, le autorità austriache avevano adottato provvedimento di espulsione con conseguente divieto d'introdursi nei paesi della Comunità europea per un periodo di tre anni -:
stante l'infondatezza del fatto contestato, se non ritenga il Ministro interrogato di attivarsi presso le competenti autorità austriache per l'immediata revoca del provvedimento di espulsione, nonché del provvedimento di divieto d'ingresso, anche in considerazione del danno arrecato alla celebrazione religiosa in vista della quale era stato organizzato il trasporto.
(4-30045)

Risposta. - Il cittadino polacco Piotr Bart si è presentato, proveniente dall'Italia, ai controlli di frontiera di Drasenhofen in data 16.04.2000, intorno alle ore 14.00, alla guida di un minibus Ford Transit con targa BLS3152.
Al controllo effettuato da un addetto alla Gendarmeria, il Sig. Bart si è identificato con una patente di guida falsificata.
Interrogato, in presenza di un'interprete giurata, il Sig. Bart ha ammesso il fatto dichiarando che la propria patente di guida originale era stata ritirata in Polonia per aver egli guidato in stato di ebbrezza. Per questa ragione egli ha utilizzato una fotocopia a colori che aveva provveduto a plastificare.
Contro il Sig. Piotr Bart è stata sporta denuncia, da parte di quella Gendarmeria, presso il competente Tribunale per falsificazione di documenti.
L'Ufficio Stranieri (Capitanato Distrettuale di Mistelbach) ha, conseguentemente, emanato nei confronti del Bart un divieto di soggiorno per la durata di cinque anni. Inoltre, egli ha dovuto pagare una «garanzia provvisoria» di Scellini Austriaci 2.300, per aver guidato in Austria senza patente valida.
Il Ministero degli Affari Esteri austriaco ha tenuto a precisare che né candele, né bandiere od altri oggetti celebrativi sono stati sequestrati al Sig. Piotr Bart da parte degli organi di controllo alla frontiera.
Ad integrazione di tali informazioni, si informa che il Sig. Bart, cittadino polacco, risulta essere assistito dall'Ambasciata di Polonia a Vienna, alla quale egli si è rivolto, e che si è già messa in contatto con le Autorità locali austriache.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Umberto Ranieri.

CUSCUNÀ, MALGIERI, BENEDETTI VALENTINI, COLUCCI, TRINGALI, CARDIELLO, POLIZZI, RALLO, ZACCHEO, ASCIERTO, NAPOLI, FRANZ, AMORUSO, MANZONI, RASI, MENIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da oltre un anno risulta abolito l'articolo 40 della legge 15 dicembre 1990, n. 395 concernente la piena equiparazione tra personale direttivo dell'amministrazione penitenziaria, tra cui i direttori degli Istituti penitenziari e il personale dirigente e direttivo delle corrispondenti qualifiche della Polizia di Stato in base alla Legge 1 aprile 1981, n. 121;
d'altra parte l'articolo 12 della legge n. 266 del 1999 prevede l'istituzione di


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ruoli direttivi e di una dirigenza interni alla polizia penitenziaria;
nonostante la citata normativa, permane l'incongruenza di cui all'articolo 9 della menzionata legge n. 395 del 1990 che stabilisce la dipendenza gerarchica e non solo funzionale del personale di polizia penitenziaria nei confronti dei direttori penitenziari che oltre a non detenere qualifiche di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza e non appartenere, quali funzionari con compiti meramente amministrativi, alla stesso corpo, non hanno più nessuna equiparazione giuridica ed economica con i funzionari direttivi delle forze di polizia;
l'incongruenza accennata è tale che anche i collaboratori d'istituto penitenziario, di recentissima assunzione, sulla base di una mera delega rilasciata dai direttori d'Istituto riescono ad esercitare funzioni gerarchiche nei confronti degli appartenenti alla polizia penitenziaria;
l'O.S.A.P.P.-organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria ha più volte richiesto su indicazione del personale del corpo, del tutto inutilmente, alle autorità politiche ed amministrative del dicastero di sanare un problema che oltre a seri problemi organizzativi pone il personale stesso in quotidiana confusione rispetto alle proprie funzioni istituzionali ed ai propri obblighi -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere atteso che il caso risulta unico tra le forze di polizia italiane e che si rende indispensabile una opportuna modifica normativa dell'accennato articolo 9 ex lege n. 395 del 1990 oltreché l'emanazione di sollecite disposizioni chiarificatrici all'interno dell'amministrazione penitenziaria.
(4-26507)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue sulla base delle informazioni acquisite presso la competente articolazione ministeriale.
La norma di cui all'articolo 9 della legge n. 395 del 1990, che stabilisce la dipendenza gerarchica degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria anche dal direttore dell'istituto, non ha perso di validità né di coerenza a seguito dell'abolizione dell'articolo 40 della stessa legge.
Infatti, l'equiparazione del personale dirigenziale e direttivo dell'Amministrazione Penitenziaria al personale della Polizia di Stato, prevista dal succitato articolo 40, poi disapplicato dalla legge n. 449 del 1997, ha esclusivo riguardo al trattamento giuridico ed economico e non anche alle funzioni svolte che, secondo l'Ordinamento penitenziario e il relativo Regolamento di esecuzione, attribuiscono al Direttore anche il compito di provvedere al mantenimento della sicurezza, dell'ordine e della disciplina all'interno dell'istituto.
Alla luce di quanto sopra, non sembra quindi corretto ritenere impropria la dipendenza del personale di Polizia penitenziaria dal Direttore dell'istituto non rivestendo quest'ultimo la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza; il mutamento di «status» non ha dunque avuto, né poteva avere, alcuna influenza sull'ambito delle competenze del direttore di istituto né sulle responsabilità gestionali allo stesso attribuite.
Si deve poi aggiungere che l'istituzione dei ruoli direttivi ordinario e speciale del Corpo di polizia penitenziaria, introdotti dal decreto legislativo n. 146 del 2000 in attuazione della delega conferita al Governo con la legge n. 266 del 1999, pur richiedendo un coordinamento con l'assetto organizzativo già esistente, non modifica il principio in base al quale il direttore è il massimo responsabile e rappresentante unitario dell'istituto, alla luce anche della circostanza che al suo interno operano figure professionali tra loro diverse e non tutte appartenenti al comparto sicurezza.
Il Ministro della giustizia: Piero Fassino.

DE CESARIS e CANGEMI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la «General 4» è una piccola fabbrica situata nel polo industriale di Pomezia,


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pochi chilometri a sud di Roma il cui titolare è il dottor Giovanni D'Attoma;
la «General 4» nasce nel 1990 con i contributi della Cassa per il Mezzogiorno;
la citata fabbrica produce sistemi di telecomunicazioni e negli ultimi anni ha prodotto «borchie isdn» una sorta di scatola che una volta applicata consente la comunicazione telefonica in contemporanea su più linee;
nel maggio del 2000 arriva ai lavoratori una lettera nella quale la direzione della fabbrica rende nota l'esistenza di problemi a livello produttivo;
i primi di giugno 2000 presso la Federlazio si svolge l'incontro con i sindacati e in quella sede l'azienda comunica la cessazione dell'attività per la mancanza di ordini e commesse lavorative;
l'8 giugno senza alcun preavviso viene dato il via alla procedura di mobilità per i 24 dipendenti della società;
il 19 giugno 2000 i lavoratori arrivano in fabbrica e trovano i cancelli chiusi e un cartello che li informa della chiusura dell'azienda per ferie collettive, si tratta con tutta evidenza di una provocazione in quanto le ferie debbono essere concordate con le rappresentanze sindacali come previsto dal contratto nazionale di lavoro;
i lavoratori a seguito della chiusura per forzate ferie collettive occupano il piazzale antistante lo stabilimento e stante l'indisponibilità del titolare dell'azienda a qualsiasi mediazione da due settimane vivono e dormono in tende rudimentali lottando in difesa del proprio posto di lavoro;
l'annuncio della crisi coincide con il venir meno dei finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno, essendo venuti a scadere i dieci anni nel maggio scorso -:
se sia a conoscenza della grave e difficile situazione vissuta dai lavoratori della «General 4» di Pomezia (Roma);
se non ritenga necessario ed urgente avviare delle trattative con il titolare della «General 4» allo scopo di raggiungere una mediazione che garantisca il posto di lavoro ai 24 dipendenti dell'azienda;
se non ritenga il caso di convocare le parti in causa presso il ministero per avviare concretamente un tavolo di trattative vista l'indisponibilità manifestata dal titolare dell'azienda ai dipendenti.
(4-30727)

Risposta. - In relazione all'atto parlamentare in esame, inerente alla GENERAL 4 S.r.l. di Pomezia si rappresenta quanto comunicato dalla competente Direzione Provinciale del Lavoro.
La GENERAL 4 Elettronica Sud S.r.l. con sede in Pomezia, Via Honduras snc è stata costituita l'11/2/88 ed ha per oggetto sociale la realizzazione, il collaudo e la riparazione di apparecchiature per l'industria elettronica. Unica sua committente è la Mistel S.p.a. che a sua volta opera esclusivamente per la Telecom.
La sua attività è iniziata l'1/7/88 e rientrando nell'Area del Mezzogiorno, ha usufruito per 10 anni, esattamente fino al 30/6/98, della esenzione totale dell'IRPEG. Inoltre, come ha reso noto il Ministero dell'Industria, in base alla legge n. 64 del 1986, ha ottenuto un contributo in c/capitale di L. 1.335.500.000, per l'ampliamento degli impianti e un contributo in c/interessi, su un contratto di mutuo in data 26/11/90 della durata di 5 anni di L. 491.400.000, erogato per 1.437.196.294, determinato sul finanziamento di L. 1.580.000.000.
I vincoli imposti da questa concessione sono quelli di non distogliere per 5 anni dall'uso previsto i macchinari, gli impianti e le attrezzature e di non destinare il fabbricato industriale ad usi diversi da quelli previsti, per almeno 10 anni.
I predetti vincoli risultano a tutt'oggi rispettati. A tale riguardo, il Ministero dell'Industria ha comunicato di aver avviato la procedura di verifica della cessazione dell'attività aziendale e di eventuale recupero delle agevolazioni concesse e non spettanti.
La società, inizialmente, aveva un capitale sociale di L. 20.000.000, quando il 29/11/89, la Finmistel S.r.1., società finanziaria il cui capitale sociale è detenuto in maggioranza dal Sig. D'Attoma Giovanni,


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rappresentante legale anche della General 4 e della Mistel S.p.a., rileva tutto il capitale e lo innalza prima a L. 99.000.000 e successivamente a L. 1.599.000.000.
In data 15/4/91 la ITALTEL del Gruppo STET acquistò il 30 per cento della General 4 ed il 30 per cento della Mistel, con l'accordo di acquisire un ulteriore 21 per cento delle due società previa approvazione dell'Antitrust. Con questa operazione la ITALTEL avrebbe incrementato il fatturato del 30 per cento e avrebbe portato l'organico della General 4 a 100 unità operative.
L'Autorità Garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) nell'adunanza del 10/12/92, bocciò l'operazione e sia la società Mistel che la General 4 non solo non incrementarono la produzione ma subirono la drastica riduzione delle commesse da parte TELECOM.
Le citate due società hanno risentito della crisi del settore ed hanno chiesto più volte l'intervento della Cassa Integrazione Guadagni oltre che della mobilità, per n. 22 dipendenti. I bilanci degli ultimi anni hanno registrato delle perdite: per la General 4, nel 1998, la perdita è stata di L. 116.860.915, nel 1999, di L. 392.907.693 e, nel 2000, la perdita è stimata a L. 1.700.000 circa.
Quindi, il 3/5/2000 l'assemblea dei soci della General 4 ha deciso lo scioglimento anticipato della società e la sua messa in liquidazione. Pochi giorni dopo e precisamente il 29/5/2000 la Italtel esce da General 4 e da Mistel, cedendo le quote a Finmistel.
Il 17/5/2000, presso la Federlazio, le Organizzazioni sindacali e le RSA sono state informate della messa in liquidazione della società ed il 7/6/2000, terminati tutti gli ordini di lavoro, la società ha aperto la procedura di mobilità per cessazione dell'attività. Il 19/6/2000 è stato chiuso lo stabilimento e tutti i lavoratori sono stati obbligati ad usufruire delle ferie. Questo ha comportato una viva reazione dei lavoratori e nei successivi giorni del 27 giugno, 14 e 24 luglio 2000, sono stati fissati degli incontri tra le parti, che tuttavia si sono esauriti senza accordi.
Pertanto, a partire dal 27 luglio 2000, presso la Direzione provinciale del Lavoro di Roma sono state, ripetutamente, convocate le parti fino al 21 settembre 2000, giorno in cui è stato firmato un accordo, con il quale l'azienda si è impegnata a corrispondere al personale L. 23.000.000 lordi, oltre le spettanze maturate.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

DEDONI. - Al Ministro degli affari esteri. Per sapere - premesso che:
avendo appreso dai giornali della terribile vicenda che vede dal 20 agosto 2000 due giovani turiste cagliaritane, Pilar Sanjust e Claudia Fontanarosa, in vacanza nell'isola di Bali (Indonesia), detenute in una cella del locale commissariato di Denpasar, sotto l'accusa di detenzione e spaccio di stupefacenti, assieme ad una terza italiana, Vincenza Delia e ad altri giovani turisti di varie nazionalità;
fatto presente che il reato di detenzione e spaccio è stato loro contestato dalla polizia indonesiana, dopo il rinvenimento di 10,5 grammi di hascisc e di 2,5 grammi di cocaina all'interno del bungalow di Kuta, dove i giovani fermati erano convenuti per partecipare ad una cena, e a seguito dei risultati positivi al test sull'uso di cannabis, rilevati con l'analisi delle urine a cui essi sono stati sottoposti;
rilevato che paiono sussistere non poche perplessità sia sulle modalità che hanno reso possibile tale ritrovamento, soprattutto per la notevole concitazione che ha caratterizzato l'irruzione nel bungalow dei 30 poliziotti indonesiani, sia sulla «regolarità» con cui si è proceduto a testare la positività dei fermati all'uso di stupefacenti;
considerata inoltre la situazione di occasionale presenza delle ragazze nel luogo d'irruzione dei poliziotti e l'entità comunque modesta delle sostanze stupefacenti rinvenute, nel bungalow e non addosso alle ragazze, elementi questi che potrebbero perlomeno far escludere il reato di spaccio -:
se il Ministro non ritenga opportuno intervenire e riferire quanto è stato fatto


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dalle autorità italiane e quanto le stesse hanno intenzione di fare ancora per dare adeguata assistenza alle giovani fermate e per portare a soluzione, con il loro pronto rientro in Italia, il caso di queste cittadine italiane all'estero, che più che colpevoli, alla luce dei fatti, sembrano rivelarsi in buona parte vittime delle circostanze.
(4-31293)

Risposta. - Il 18 agosto u.s. le connazionali Claudia FONTANAROSA, Pilar SANTJUSTE e Vincenza D'ELIA venivano poste in stato di arresto a Bali in quanto accusate di detenzione di sostanze stupefacenti. Infatti a seguito di un'irruzione della polizia locale in un bungalow dove le connazionali si trovavano per una festa, secondo la testimonianza degli agenti, tutti i presenti venivano sorpresi a consumare sostanze psicotrope. Non appena ricevuta notizia dell'arresto, l'Ambasciata si metteva immediatamente in contatto con le interessate per fornire loro la massima assistenza.
Il successivo 23 agosto, a seguito dell'esito positivo dell'esame delle urine delle tre connazionali, le Autorità indonesiane confermavano l'arresto delle connazionali e ne disponevano contemporaneamente il rinvio a giudizio, misura mantenuta anche a seguito della presentazione di nuovi risultati delle analisi - questa volta negativi - disposti dai legali di parte.
In tale situazione, l'Ambasciata a Jakarta interveniva con decisione ed otteneva dalle Autorità locali che le connazionali Santjuste e Fontanarosa beneficiassero degli arresti domiciliari presso un istituto ospedaliero, mentre la connazionale D'Elia veniva confinata nello stesso carcere del marito, cittadino francese.
Il 3 ottobre l'Ambasciatore d'Italia si recava a Bali per incontrare personalmente il Governatore di Bali, il Presidente del Tribunale, il Procuratore Generale dell'isola, il Capo della Polizia ed il Capo della Sezione Narcotici. Grazie a tali numerosi incontri l'Ambasciatore otteneva dalle Autorità locali formali rassicurazioni sull'intenzione di concludere il processo il più speditamente possibile, applicando alle connazionali tutte le attenuanti previste dalla normativa locale. In particolare, gli interlocutori assicuravano che avrebbero tenuto in debito conto la mancanza di precedenti penali delle accusate ed il diverso trattamento riservato dalla legge italiana al semplice consumo di stupefacenti.
A seguito di questi contatti, e di un successivo incontro dell'Ambasciatore con il Procuratore Generale dello Stato indonesiano, il 14 novembre si teneva l'udienza relativa alle connazionali Sanjuste e Fontanarosa, che si concludeva in effetti con l'applicazione di tutte le attenuanti previste dalla legge locale e con una pena di tre mesi di detenzione, comprensiva del periodo di detenzione preventiva già scontato. Le connazionali venivano quindi rilasciate il 20 novembre scorso.
La connazionale D'Elia, condannata a due mesi e 25 giorni di detenzione, veniva rilasciata il 16 novembre e si recava direttamente in Francia con il marito, altresì rilasciato.
L'Ambasciata a Jakarta ha quindi prestato tutta la possibile assistenza alle connazionali, adoperandosi attivamente per una rapida definizione giudiziale e per raggiungere una positiva soluzione della vicenda.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Franco Danieli.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. - Per sapere - premesso che:
recentemente il Ministro onorevole Vincenzo Visco ha ritenuto di dover richiamare regioni ed enti locali ad un maggiore contenimento della spesa, suscitando la comprensibile e prevedibile reazione degli amministratori di tali enti;
la generalizzazione dei destinatari dell'autorevole richiamo è chiaramente incondivisibile ed appare anzi evidente che è opportuno cercare di comprendere le ragioni che hanno indotto il Ministro ad una «sortita» di tal genere -:
se l'elemento scatenante dell'invito rivolto agli enti locali sia per caso stato la


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conoscenza delle deliberazioni della giunta comunale di Torino che stanziano: a) lire 20.000.000 per concorrere alla realizzazione di una produzione cinematografica, della durata di 30-50 minuti, «che possa illustrare il difficile cammino del paese centroamericano (il Guatemala) verso la democrazia e nello stesso tempo che denota l'impegno delle istituzioni piemontesi a fianco di quelle popolazioni»; b) lire 30.000.000 per il progetto «Symposium i filosofi al caffè» che, per il suo ampio respiro, è clamorosamente fallito per la totale assenza di cittadini agli incontri programmati per i martedì sera; c) lire 15.000.000 per la valorizzazione delle tradizioni storico-mobiliari e segnatamente per il progetto che prevede la stampa dell'opera del barone Antonio Manno.
(4-29972)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente il richiamo rivolto a Regioni ed enti locali per un maggiore contenimento della spesa.
Al riguardo, si premette che il riferimento agli andamenti eccessivi della spesa del comparto delle autonomie locali si riferisce al sistema Regioni e non a quello della finanza locale che, nella sua accezione più tecnica e più ristretta, riguarda principalmente Comuni e Province.
Infatti, dai dati predisposti dal Gruppo di monitoraggio dei flussi di cassa del Ministero del Tesoro sull'impatto sul fabbisogno del settore statale, a tutto il mese di settembre 2000, nei confronti del corrispondente periodo del 1999, emerge che i Comuni con popolazione superiore a 60.000 abitanti hanno ridotto la loro incidenza su detto fabbisogno da 7.982,9 a 6.739,6 miliardi.
Per quanto riguarda, in particolare, le deliberazioni assunte dalla Giunta del Comune di Torino, occorre precisare che il Ministero del Tesoro non ha tra le sue competenze il controllo degli atti amministrativi deliberati dagli Enti locali, il quale spetta ai Comitati Regionali di controllo.
Si soggiunge, infine, che, tra i dati dell'incidenza sul fabbisogno del settore statale, vengono riportati i risultati del Comune di Torino, il quale, nei primi nove mesi del 2000, ha registrato un fabbisogno per 65,3 miliardi contro un fabbisogno di 393,6 miliardi relativo al mese di settembre 1999.
Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Vincenzo Visco.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da qualche anno, ormai, negli Stati Uniti è stato abolito il segreto su oltre 400 mila pagine di documenti riservati dall'Oss, l'agenzia di spionaggio da cui, nel dopoguerra, è nata la Cia;
gli storici, dunque, hanno avuto la possibilità di accedere ad una massa enorme di documenti che può consentire una migliore comprensione della storia se non la messa a punto di nuovi e diversi giudizi storici;
dall'analisi di questi documenti sarebbe emerso che i servizi segreti inglesi e americani erano in possesso di informazioni che avrebbero potuto salvare gli ebrei romani dalla deportazione nel lager di Auschwitz;
la tesi è sostenuta da storici statunitensi ed ha trovato vasto eco sulla stampa internazionale e nazionale;
«Repubblica» del 28 giugno 2000 ha titolato: «Ebrei, il silenzio degli alleati: dagli archivi Cia la verità sulle retate a Roma. I comandi sapevano e non fecero nulla»;
«Il Corriere della Sera» del 29 giugno 2000, intervistando uno degli storici che hanno studiato le carte, Richard Breitman, ha titolato: «Ma i tedeschi consideravano Pio XII un nemico. I documenti segreti americani scagionano il Papa del silenzio»;
è di tutta evidenza l'opportunità, se non la necessità, di acquisire tali documenti, relativi alla storia recente e drammatica della nostra capitale, ed idonei a comprendere a) le probabili corresponsabilità


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omertose di autorità inglesi ed americane nella deportazione ad Auschwitz degli ebrei romani; b) le possibili conseguenze giuridiche di tale accertamento sotto il profilo di azioni risarcitorie intentabili degli ebrei romani; c) la verità definitiva sull'opera di Pio XII per salvare gli ebrei dalla deportazione -:
se non ritenga opportuno acquisire i documenti custoditi negli Stati Uniti, e divenuti pubblici, relativi al periodo dell'occupazione tedesca di Roma con riferimento specifico alle vicende della comunità ebraica di Roma.
(4-30798)

Risposta. - La documentazione cui si fa riferimento nell'interrogazione è ormai di dominio pubblico e può essere consultata liberamente. Non appare dunque giustificata un'iniziativa governativa presso gli americani volta ad acquisire materiale già disponibile.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Umberto Ranieri.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Governo, attraverso il Dipartimento per gli affari sociali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, si è impegnato a dedicare attenzione e cura ai problemi della riabilitazione con riferimento all'impegno, su tale versante, anche nel settore scolastico;
in particolare il Governo si è impegnato all'ulteriore miglioramento del servizio scolastico attraverso la «formazione e la specializzazione degli insegnanti», (Programma di azione del governo per le politiche dell'handicap 2000-2003, Testo approvato dal Consiglio dei Ministri il 28 luglio 2000 su proposta del Ministro per la solidarietà sociale onorevole Livia Turco, pagina 42);
l'impegno del Governo si palesa di grande rilievo atteso che la scolarizzazione del disabile, da sempre, incontra seri ostacoli che, progressivamente, debbono essere superati al fine di garantire eguali diritti ed al fine di realizzare il diritto allo studio, a rilevanza costituzionale, ai disabili -:
quali provvedimenti siano già stati assunti, o comunque si intendano assumere, per la formazione e la specializzazione degli insegnanti al fine di garantire in concreto il diritto allo studio dei disabili;
quali iniziative di sostegno si intendano assumere per facilitare l'impegno scolastico dell'alunno o dello studente disabile in ragione delle varie tipologie di disabilità.
(4-32990)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il Governo, attraverso il Dipartimento per gli affari sociali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, si è impegnato a dedicare attenzione e cura ai problemi della riabilitazione della disabilità con riferimento all'impegno, su tale versante, anche nel settore scolastico;
in particolare il Governo si è impegnato all'ulteriore miglioramento del servizio scolastico attraverso «l'offerta di opportunità formative e di specializzazione dei docenti che riguardino, in modo precipuo, i diversi bisogni educativi specifici conseguenti alle diverse tipologie della disabilità», (Programma di azione del Governo per le politiche dell'handicap 2000-2003, testo approvato dal Consiglio dei Ministri il 28 luglio 2000 su proposta del Ministro per la solidarietà sociale onorevole Livia Turco, pagina 43);
il programma esposto dal Governo su tale versante è certamente ambizioso e deve essere allestito senza indugio tenuto conto che il percorso formativo dei docenti richiede comunque un tempo tecnico di un certo rilievo mentre l'esigenza di assicurare un corpo docente specializzato agli alunni e studenti disabili appare di grande urgenza proprio al fine di assicurare un


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immediato e compiuto diritto allo studio come peraltro avviene in numerosi altri Paesi di grande tradizione solidaristica dell'Unione europea -:
quali atti concreti abbiano fatto seguito all'impegno assunto dal Governo per offrire opportunità formative e di specializzazione ai docenti che dovranno esplicare la loro attività con alunni e studenti disabili e se si ritenga di dover affrontare l'impegno con una specializzazione complessiva per tutte le tipologie di disabilità ovvero se non si ritenga, data la difficoltà della materia, di curare specializzazioni per i singoli tipi di disabilità o per gruppi omogenei di disabilità.
(4-32991)

Risposta. - In riferimento agli atti ispettivi cui si risponde, ed in base ad elementi assunti presso il Ministero della pubblica istruzione, rappresento quanto segue.
In premessa, è opportuno precisare che il Ministero della Pubblica Istruzione si è, da tempo, adoperato affinché potesse essere appieno assicurato, agli allievi portatori di handicap, un mirato sostegno da parte di docenti in possesso di adeguate competenze specialistiche.
Com'è noto, infatti, in attesa di poter reclutare insegnanti di sostegno formati nei corsi universitari di laurea e di specializzazione, attivati ai sensi della 19.11.1990, n. 341 recante «Riforma degli ordinamenti didattici universitari», con Decreto Interministeriale 24.11.1998, n. 460, è stato previsto (articolo 6) che le università possano attivare, limitatamente alle esigenze accertate nella provincia, anche in regime di convenzione con enti o istituti specializzati, appositi corsi biennali di specializzazione per le attività di sostegno alle classi in presenza di alunni in situazione di handicap.
Il medesimo decreto (articolo 7) ha anche previsto che gli insegnanti, già stabilmente in servizio, possano acquisire detta specializzazione in appositi corsi attivati dai Provveditori agli Studi, anche in regime di convenzione con le università.
I corsi destinati a detto personale già in servizio sono strutturati in moduli operativi e consentono, tra l'altro, ai corsisti di accumulare i crediti via via acquisiti, ed utilizzarli in relazione ad un
curriculum che ciascuno può personalmente costruire.
Per far fronte, poi, alle specifiche esigenze di acquisizione di tecniche comunicative per non udenti e per non vedenti o di particolari strategie e tecniche pedagogiche e didattiche, mirate all'integrazione di alunni in situazione di handicap mentali, sono stati già attivati e continuano ad essere riproposti, sulla base delle indicazioni dell'Osservatorio permanente per l'integrazione scolastica, corsi di alta qualificazione, disciplinati con Ordinanza Ministeriale del 9.12.1997, n. 782.
È, infine, opportuno precisare che l'attuazione dell'autonomia didattica e organizzativa offre, agli alunni in situazione di handicap, nuove opportunità per una migliore integrazione e personalizzazione dei processi di insegnamento-apprendimento. La flessibilità didattica e organizzativa (articolazione dei gruppi e delle classi, moduli curriculari, flessibilità del tempo scuola) e la corresponsabilità di tutte le componenti scolastiche nella predisposizione del piano dell'offerta formativa, nel quale inserire l'integrazione degli alunni disabili, costituiscono, infatti, cambiamenti significativi nella politica dell'integrazione.
Il Ministro per la solidarietà sociale: Livia Turco.

DOZZO. - Al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la scuola italiana di Tunisi, scuola privata legalmente riconosciuta dallo Stato italiano esiste dal 1996 e in essa Si espleta un ciclo di studi che parte dalla scuola materna fino al liceo scientifico;
considerato che la scuola e privata ma non a scope di lucro;
visto che le tasse di iscrizione e di frequenza agli studi sono differenziate per gli alunni italiani e per gli alunni stranieri;


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le tasse d'iscrizione e di frequenza per italiani e italo stranieri sono, rispettivamente per l'iscrizione dell'alunno e per la retta trimestrale per alunno: alla Scuola materna 150 dinari a 360 dinari; alla Scuola elementare 150 dinari e 650 dinari; alla Scuola media 200 dinari e 780 dinari; al Liceo 250 dinari e 970 dinari;
le tasse d'iscrizione c di frequenza per stranieri (entrambi i genitori stranieri) sono, rispettivamente per l'iscrizione dell'alunno e per la retta trimestrale per alunno: alla Scuola materna 150 dinari e 240 dinari; alla Scuola elementare 150 dinari e 435 dinari; alla Scuola media 200 dinari e 520 dinari; al Liceo 250 dinari e 645 dinari -:
cosa intenda fare il Governo per eliminare la discriminazione perseguita nel confronto degli alunni italiani costretti a pagare una notevole somma di denaro più degli alunni stranieri;
se delta scuola sia sovvenzionata dallo Stato italiano, e in case affermativo se sia giusto togliere il finanziamento, che non va certamente a beneficio degli alunni italiani.
(4-31542)

Risposta. - La scuola italiana di Tunisi è privata e legalmente riconosciuta. Il Comitato Pro - Scuola Italiana, ove sono rappresentate le diverse componenti della comunità italiana in Tunisia, in qualità di Ente Gestore della scuola in parola ha collegialmente deliberato la struttura differenziata delle tasse di iscrizione e di frequenza agli studi per gli alunni italiani e per gli alunni stranieri.
Tale decisione è stata presa a titolo sperimentale per l'anno scolastico 2000/2001 ed è fondata sull'oggettiva necessità di innalzare l'interesse dell'utenza locale - sovente economicamente svantaggiata - nei confronti dell'offerta didattica della scuola italiana, sia in considerazione di una tendenza stazionaria nelle iscrizioni di allievi italiani rilevata negli ultimi anni, sia per la forte concorrenza culturale esercitata in loco dalle scuole francesi e da quella americana. Dette scuole, tra l'altro, applicano tariffe preferenziali in favore dell'utenza tunisina, elemento questo che ha influenzato la delibera del Comitato Pro - Scuola.
La maggiore apertura della scuola italiana di Tunisi al territorio locale è del resto una componente implicita del progetto bilingue, attualmente oggetto di esame del Ministero degli Esteri e del Ministero della Pubblica Istruzione.
Il M.A.E., per il tramite dell'Ambasciata italiana a Tunisi, non mancherà tuttavia di osservare attentamente l'andamento della situazione e di verificare la validità delle decisioni prese, come detto, a titolo sperimentale.
Per quanto detto sopra, resta fermo l'impegno all'erogazione di contributi alla scuola in parola che, per la precisione, ha ricevuto L. 190.000.000 per l'anno finanziario 1999, mentre per l'anno finanziario 2000 si prevede un finanziamento di L. 144.000.000.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Franco Danieli.

DUCA, SBARBATI, GALDELLI, ABBONDANZIERI, GASPERONI, GIACCO, CESETTI e MARIANI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
la ditta Ciare sita nel comune di Senigallia (Ancona), svolgente attività di progettazione, realizzazione, vendita altoparlanti, con 99 dipendenti (18 impiegati, 8 intermedi e 73 operai di cui 34 donne), con atto del 2 agosto 2000 avvia procedura di mobilità con decorrenza immediata per 40 dipendenti;
la riduzione del personale della ditta Ciare è iniziato dal 1993 passando dagli originari 200 dipendenti agli attuali 99;
la ditta Ciare aveva ottenuto - 13 aprile 1994 - per la ristrutturazione, che avrebbe dovuto assicurare il suo rilancio, un finanziamento dal Ministero dell'industria - legge n. 46 del 1982 - pari lire 1.140.599.000 a fondo perduto e di lire 2.162.202.000 da restituire in quindici anni


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(di cui dieci al tasso del 6,66 per cento e cinque al tasso dell'1,665 per cento);
sono stati effettuati investimenti pari a lire 4.466.946.158, contro la spesa prevista dal progetto presentato al Ministero dell'industria di lire 7.862.533.000, e terminati nel settembre 1995;
l'attuale vertenza è iniziata nel 1998;
la ditta Ciare aveva già presentato nel luglio 1999 un avvio di procedure di mobilità seguita da un periodo di cassa-integrazione;
il 27 settembre 1999 si raggiunge un accordo sindacale con il quale la ditta ritira la procedura di mobilità e si impegna all'interruzione del decentramento delle lavorazioni e a verificare congiuntamente il rientro in azienda delle lavorazioni già decentrate;
il 1 febbraio 2000 c/o la Direzione provinciale del lavoro viene lamentata da parte sindacale il non rispetto dell'accordo stipulato nel settembre 1999, ne segue un successivo accordo il 27 aprile 2000 nel quale la ditta si impegna al mantenimento degli impegni presi, tantoché viene interrotta la cassa integrazione e chiesto ai lavoratori in regime di part-time la trasformazione in full-time fino al dicembre 2000;
il 28 agosto 2000 la Ciare ha deciso di procedere a 40 licenziamenti e di effettuare i decentramenti di ulteriori quote di produzione -:
quali iniziative e provvedimenti intenda prendere affinché venga mantenuto il livello occupazionale, evitando gli attuali licenziamenti e i decentramenti produttivi che aggraverebbero ulteriormente la già pesante situazione occupazionale della città di Senigallia;
quali iniziative intenda prendere in merito a dei finanziamenti che lo Stato ha erogato per una ristrutturazione che nel giro di due anni ha dimostrato la sua inefficacia e che addirittura si vuole smantellare;
quali iniziative intenda assumere nei confronti dell'azienda affinché discuta le soluzioni proposte dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e le istituzioni locali comune di Senigallia, provincia di Ancona e regione Marche.
(4-31539)

Risposta. - In ordine all'atto parlamentare in esame inerente la Ditta CIARE S.p.a., con sede in Senigallia (AN), si rappresenta quanto comunicato dalla competente Direzione Provinciale del Lavoro.
La suddetta società produce altoparlanti dal 1989, in seguito ad una trasformazione aziendale operata in virtù di un finanziamento, ex lege n. 46 del 1982, per la predisposizione e realizzazione di un progetto finalizzato all'introduzione in azienda di avanzamenti tecnologici. Le suddette innovazioni avrebbero consentito un miglioramento dei processi produttivi già esistenti e avrebbero, conseguentemente, comportato una maggiore competitività sul mercato.
Il suddetto progetto è stato approvato dal Ministero dell'Industria ed è stato realizzato nell'arco di cinque anni (si è concluso il 30/9/1995).
Nel 1996, l'azienda ha avviato una prima procedura di mobilità (ex artt. 4 e 24, legge 223 del 1991), motivata da nuove esigenze strutturali, che ha comportato una riduzione del personale a 110 lavoratori. In seguito, negli anni 1998/99, la società in esame ha subito una nuova crisi produttiva, causata dalla concorrenza asiatica. Tale situazione ha determinato l'avvio di una nuova procedura di mobilità per n. 43 lavoratori di cui: 1 impiegato, 2 intermedi, 40 operai. La motivazione era imputabile alla decisione aziendale di acquistare all'esterno componenti e semilavorati di fascia bassa, anziché produrli all'interno. Il 27/9/1999, presso la Direzione provinciale del Lavoro di Ancona è stato raggiunto un accordo, in virtù del quale è stata abbandonata la procedura di mobilità, fatta eccezione per 3 lavoratori, ed è stata avviata la procedura per la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, per i rimanenti 40 lavoratori, a far data dal 4/10/99 al 3/10/2000, per crisi aziendale. L'accordo prevedeva, inoltre, l'impegno dell'azienda ad interrompere il


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decentramento delle lavorazioni, allo scopo di verificare la possibilità di tornare a svolgere in azienda la produzione esterna.
Il piano di rilancio non ha ottenuto tutti i risultati sperati e ciò non consentito, dopo la cassa integrazione, il mantenimento dei livelli occupazionali. Pertanto, il 3/8/2000, è stata nuovamente attivata la procedura di mobilità per 40 lavoratori su un organico complessivo di 99 dipendenti. Per tale situazione, il 17/10/2000, presso la Regione Marche è stato raggiunto un accordo, che ha fissato l'esodo incentivato per 32 lavoratori in esubero. Lo stesso accordo prevede, inoltre, l'impegno sia degli Enti pubblici che della stessa Ciare S.p.a a ricollocare i suddetti lavoratori presso le aziende del territorio.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

FRATTINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere:
le motivazioni che lo hanno indotto a disporre il trasferimento di dirigenti dell'amministrazione penitenziaria - per cui le relative pratiche di avvicendamento sono in corso - due dei quali titolari di due importanti provveditorati regionali (Lazio e Puglia) in un contesto particolare in cui, con l'entrata in vigore, di recente, del decreto legislativo n. 146, del 21 maggio 2000, - a seguito della emanazione della legge n. 266, del 28 luglio 1999 - l'Amministrazione stessa sta attraversando un periodo di notevole trasformazione, soprattutto per quel che riguarda il personale. Difatti dovranno essere nominati n. 16 nuovi dirigenti generali, 12 dei quali verranno assegnati ad altrettanti provveditorati, questi ultimi elevati dalla legge anzidetta ai «ranghi» di dirigenza generale, nonché circa 200 dirigenti di II fascia -:
in particolare se e come siano stati esaminati i titoli e gli altri requisiti occorrenti per le promozioni, emergendo altrimenti il dubbio che il movimento di personale sia preordinato alla necessità di favorire funzionari politicamente schierati a favore della maggioranza e del governo attualmente in carica, precostituendo a loro favore il possesso di funzioni utili per conseguire la promozione che presto verrà deliberata.
(4-32319)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, dal cui tenore sembra emergere il convincimento che i provvedimenti di trasferimento in questione possano essere finalizzati a privilegiare alcuni dirigenti a scapito di altri, il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ha precisato che tali provvedimenti rientrano nel quadro dei normali avvicendamenti del personale dirigenziale, in conformità al criterio della rotazione degli incarichi previsto dal decreto legislativo n. 29/93; tale criterio comunque non avrà alcuna influenza sulla valutazione dei dirigenti interessati, che saranno effettuate in sede di nomina dei nuovi dirigenti generali.
E invero la collocazione data ad alcuni dirigenti superiori, assegnati dalle articolazioni periferiche alla sede centrale e viceversa, non ha inciso né sulla qualifica, né sulle funzioni degli interessati, atteso che le funzioni di provveditore regionale e quelle di vice direttore di Ufficio Centrale sono del tutto equiparate ai sensi del decreto legislativo n. 445 del 1992.
Si aggiunge che la legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge finanziaria 2001), pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2000, ha previsto all'articolo 50, comma 9, uno stanziamento di L. 10.254 milioni per la copertura e la riorganizzazione degli uffici di livello dirigenziale di cui al decreto legislativo n. 146 del 2000, la cui attuazione comporterà un aumento degli organici dei dirigenti e dei dirigenti generali dell'Amministrazione penitenziaria nella misura, rispettivamente, di 90 e 6 unità. Relativamente, invece, alle nomine dei dirigenti generali, è stato recepito, nel comma 4 dell'articolo 51 della medesima legge, l'emendamento presentato dal Governo che, con interpretazione autentica dell'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 146 del 2000, consente di procedere alle suddette


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nomine sulla base della normativa ancora applicabile al personale dirigenziale non contrattualizzato.
Resta fermo che l'attribuzione degli incarichi di dirigenza generale non potrà prescindere da valutazioni che tengano conto della professionalità, dell'esperienza, nonché dell'idoneità all'assunzione delle peculiari responsabilità connesse alle funzioni svolte.
Il Ministro della giustizia: Piero Fassino.

GAGLIARDI. - Al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. - Per sapere - premesso che:
la regione Liguria ha assunto in data 6 settembre 1999 la proposta di zonizzazione ai fini della individuazione delle aree da inserire nella programmazione 2000-2006 della Ue per «l'obiettivo 2»;
tale proposta estromette molti comuni della fascia costiera ligure dalla partecipazione alle zone «obiettivo 2» ed in essa vi sono altresì evidenti disparità di valutazione dei criteri stabiliti dall'Unione europea ai fini della individuazione delle aree depresse;
il metodo utilizzato dalla regione per determinare le aree eleggibili e quelle da escludere appare tutt'altro che chiaro e trasparente anche perché non sono state coinvolte le amministrazioni locali che avrebbero potuto dare un valido apporto ed un determinante contributo;
tutto quanto esposto in premessa lascia spazio a legittimi interrogativi sull'adozione di procedure che non garantiscono imparzialità e chiarezza;
è necessario attivare tutti gli strumenti utilizzabili per il rilancio occupazionale in Liguria essendo questa la regione con il più alto tasso di disoccupazione giovanile fra quelle del centro-nord del nostro Paese -:
se i comuni inseriti nella proposta di zonizzazione elaborata dalla regione Liguria siano tutti ricadenti nei criteri stabiliti dall'Ue;
quali verifiche ed iniziative intenda assumere per determinare una revisione da parte della regione Liguria di una decisione tanto grave e penalizzante per alcuni comuni che, non potendo contare sugli incentivi dell'obiettivo 2, non riusciranno a rilanciare, per diversi anni, l'imprenditoria e l'occupazione nel loro ambito territoriale.
(4-26081)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame concernente la proposta della Regione Liguria relativa alle aree dell'Obiettivo 2 da inserire nella programmazione 2000-2006 dell'Unione Europea.
Al riguardo, si fa presente che, con Decisione n. C(2000)2327 del 27 luglio 2000, la Commissione ha approvato l'elenco delle aree cui si applica l'Obiettivo 2 per il periodo in questione.
Nella fattispecie, la Regione Liguria è presente per un ammontare complessivo di popolazione pari a 500.432 abitanti, ai quali vanno sommati 590.997 abitanti, che possono beneficiare del sostegno transitorio (phasing out).
Detta popolazione corrisponde alla quota stabilita nell'accordo del 2 marzo 2000, intervenuto tra questo Ministero e le Regioni del Centro-Nord e relativo alla «riallocazione» di popolazione in Obiettivo 2 fra le Regioni Liguria, Piemonte e Lombardia, resasi necessaria per poter soddisfare le richieste della Commissione europea sul rispetto delle disposizioni del Regolamento n. 1260 del 1999, emerse nel corso del negoziato sull'Obiettivo 2.
Va segnalato che la nuova proposta italiana della «mappa degli aiuti di Stato», inviata il 24 luglio 2000 per l'approvazione definitiva da parte della Commissione europea, prevede un aumento di popolazione assistita, per quel che riguarda la Regione Liguria, pari a 187.691 abitanti.
Si precisa che, in data 20 settembre 2000, con Decisione C(2000)2752, la Commissione europea ha approvato la «Carta italiana degli aiuti a finalità regionale».
Si soggiunge, infine, che, con l'approvazione della legge Finanziaria per il 2000 (legge n. 488 del 1999) si è proceduto, in forza dell'articolo 27, 16o


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comma, all'allargamento del concetto di «aree depresse»; si prevede, infatti, che queste ultime siano, oltre alle aree ammissibili all'Obiettivo 2, anche quelle ammesse al sostegno transitorio di cui all'articolo 6 del citato Regolamento comunitario n. 1260 del 1999 e quelle rientranti nella fattispecie dell'articolo 6 del citato Regolamento comunitario n. 1260 del 1999 e quelle rientranti nella fattispecie dell'articolo 87.3.c) del Trattato di Amsterdam.
Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Vincenzo Visco.

GALDELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
mi sono giunte diverse segnalazioni, nel corso del mese scorso (dieci per l'esattezza), di richieste di permesso d'espatrio temporaneo avanzate da cittadini romeni per ragioni familiari e di affari cui gli uffici preposti del consolato italiano in Romania hanno frapposto ostacoli insormontabili;
a tal proposito mi preme di segnalarLe un caso esemplare: la signora Gergeta Anghel e sua figlia Juliana hanno chiesto di venire in Italia per poter vedere e conoscere la nipote nata il 22 ottobre 2000, nonostante il mio interessamento e sebbene siano state formalizzate tutte le garanzie richieste (reddito della persona ospitante, certificato di nascita della bambina) il permesso d'espatrio non è stato loro accordato;
si comprende l'esigenza del rigore ma non credo che questo debba sconfinare nella chiusura immotivata perché, fra l'altro, questo tipo di politica finisce per provocare l'ingresso clandestino in Italia di persone che non sono male intenzionate e inoltre non credo che i nostri regolamenti e le nostre leggi si debbano frapporre al bisogno di una madre che vuoi conoscere la propria nipote, così come non penso che si debba impedire a famiglie divise di riunirsi magari in occasione delle festività natalizie, se così fosse la nostra azione sarebbe in contrasto con i valori della nostra Costituzione;
quali siano le ragioni per cui, da parte degli uffici italiani in Romania, sono frapposte difficoltà a volte insuperabili all'ingresso in Italia anche in casi motivati in base al nostro ordinamento;
cosa intenda fare per rimuovere eventuali ostacoli all'applicazione corretta delle leggi in materia e se intenda verificare il caso menzionato in premessa.
(4-32866)

Risposta. - Sul caso della signora Georgeta Anghel, si precisa che l'Ambasciata d'Italia in Bucarest ha ritenuto carente di documentazione la domanda di visto presentata il 21.11.2000 ed ha invitato l'interessata ad integrarla. In particolare, non era sufficientemente documentato il possesso dei mezzi di sussistenza in relazione al periodo richiesto (l'inadeguatezza dei mezzi di sussistenza può causare, come è noto, il respingimento in frontiera anche se lo straniero è in possesso di un visto regolare). A seguito dell'integrazione richiesta, avvenuta in data 19.12.2000, l'interessata ha ottenuto il visto d'ingresso per turismo con validità dal 22.12.2000.
Sul piano generale l'Ufficio Visti presso la Cancelleria consolare in Romania si attiene nel rilascio dei visti alla normativa prevista dagli accordi di Schengen ed a quella nazionale. In particolare, i cittadini stranieri che chiedono il visto per recarsi a visitare familiari residenti nel nostro Paese devono soddisfare i requisiti e le condizioni per il rilascio di un normale visto turistico. In tale contesto rientra anche la valutazione dell'eventuale rischio immigratorio collegato all'effettivo interesse al rientro in patria dello straniero.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Franco Danieli

GAZZILLI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'ufficio di collocamento di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) amministra un numero di disoccupati assai rilevante;


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il personale addetto all'anzidetto ufficio ammonta a tre sole unità e, durante lo scorso mese di agosto, addirittura sarebbe rimasto chiuso per consentire agli impiegati di andare in ferie -:
quali ragioni giustifichino tanta insufficienza di personale nel menzionato organismo;
quali provvedimenti si intendano adottare per rimuovere al più presto la situazione in parola e i conseguenti disservizi.
(4-32553)

Risposta. - Si fa presente, in via preliminare, che il decreto legislativo n. 469 del 1997, attuativo del decentramento amministrativo in materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 1 della legge 15.3.97 n. 59, ha determinato il conferimento alle regioni ed agli enti locali delle funzioni e compiti relativi al collocamento ed alle politiche attive del lavoro.
Premesso ciò, si rappresenta quanto comunicato dalla Provincia di Caserta.
All'Ufficio (ex Recapito) di Santa Maria Capua Vetere sono addette dal 26.11.1999, data del trasferimento delle competenze dallo Stato agli Enti Locali, complessivamente n. 3 unità a tempo pieno e, da novembre 2000 n. 1 unità (in servizio presso il centro per l'Impiego di Caserta) nei giorni di martedì e Giovedì, dalle ore 14,30 alle ore 17,30.
Si precisa che l'ufficio suddetto è rimasto aperto al pubblico per l'intero mese di agosto 2000, con turnazione delle 3 unità di cui sopra, al fine di consentire al personale di fruire del congedo ordinario.
La Provincia di Caserta fa presente, infine, che sta già provvedendo ad una completa ed adeguata riorganizzazione delle strutture e dei servizi nonché ad una ridistribuzione del personale, tenuto conto delle effettive esigenze, sull'intero territorio provinciale.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

GIANNOTTI. - Al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 7 del 17 gennaio 2000 «Nuova disciplina del mercato dell'oro» prevede, all'articolo 1, comma 2 e 3, l'obbligo per chi esercita in via professionale il commercio dell'oro di dichiarare l'operazione all'Ufficio italiano dei cambi qualora il valore della stessa risulti di importo pari o superiore a 20 milioni di lire;
la stessa legge demanda all'Ufficio italiano dei cambi, all'articolo 1, comma 6, il compito di definire con proprio provvedimento i contenuti e le modalità di effettuazione della dichiarazione prevista dal comma 2 della legge in esame;
in data 14 luglio 2000 l'Ufficio italiano dei cambi ha pubblicato il provvedimento previsto dalla legge n. 7 del 2000;
le disposizioni attuative risultano estremamente complesse e necessitano di numerose dichiarazioni cartacee, vista la soglia di lire 20.000.000, estremamente esigua, sopra cui scatta l'obbligo della dichiarazione, e considerato che le operazioni in oggetto riguarderanno circa tremila soggetti, comporteranno un numero di operazioni annue che si aggira intorno alle 30.000/40.000 unità;
la proliferazione di tali comunicazioni, la rielaborazione di tutte le informazioni già presenti in contabilità secondo i tempi e i modi previsti dal provvedimento, oltre a comportare una duplicazione di lavoro e a complicare estremamente l'iter burocratico delle transazioni commerciali, creano notevoli difficoltà per il rispetto dei termini entro i quali modificare e/o adattare le procedure gestionali, visto che la prima scadenza è stata prevista per fine settembre -:
tenuto conto che il Governo in data 2 dicembre 1999, aveva accolto l'ordine del giorno di cui era primo firmatario l'interrogante, impegnandosi peraltro ad operare affinché l'attività nell'Ufficio italiano cambi si uniformasse ai princìpi: a) collaborazione massima con le imprese, a volte


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piccole e piccolissime, che spesso si trovano in difficoltà, b) massima chiarezza nell'esercizio delle competenze assegnate dalla legge, se non ritenga opportuno rivedere il provvedimento per renderlo più accessibile alle imprese che operano nel settore evitando al contempo una inutile ed eccessiva burocratizzazione che incaglierebbe il lavoro delle imprese e degli stessi soggetti pubblici coinvolti;
se non ritenga altresì necessario rinviare quantomeno la data di applicazione del provvedimento in esame.
(4-31446)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente l'obbligo, per chi esercita il commercio dell'oro in via professionale, di dichiarare l'operazione all'Ufficio Italiano dei Cambi, qualora l'importo della stessa risulti pari o superiore a 20 milioni di lire.
Al riguardo, va innanzi tutto premesso che l'articolo 1, comma 6, della legge 17 gennaio 2000, n. 7 ha demandato all'Ufficio Italiano dei Cambi il compito di definire, con proprio provvedimento, i contenuti e le modalità di effettuazione della dichiarazione prevista dall'articolo 1, comma 2, della legge medesima. Tale provvedimento è stato emanato dall'Ufficio Italiano dei Cambi in data 14 luglio 2000, ed è stato pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale del 5 agosto 2000.
L'Ufficio Italiano dei Cambi, appositamente contattato, ha, peraltro, precisato di essersi posto l'obiettivo, nell'ambito della discrezionalità tecnica ad esso attribuita, di contemperare l'esigenza di procedure razionali con quella di recezione di dati significativi per gli scopi istituzionali.
In tale ottica si colloca la previsione dell'articolo 7, comma 2, del citato provvedimento, tesa a consentire l'effettuazione e la trasmissione delle dichiarazioni e delle comunicazioni, attualmente in formato cartaceo, attraverso procedure informatiche e telematiche. L'Ufficio Italiano dei Cambi sta, perciò, predisponendo un apposito programma informatico, da distribuire gratuitamente, il quale permetterà di facilitare al massimo la gestione e l'invio delle dichiarazioni e delle comunicazioni da parte degli operatori.
Va precisato, altresì, che l'obbligo di dichiarazione delle operazioni in oro d'importo pari o superiore a venti milioni di lire riguarda, non solo chi esercita in via professionale il commercio dell'oro, ma tutti i soggetti che compiono atti di disposizione sul metallo, e tocca solo marginalmente le imprese orafe. In particolare, il citato provvedimento UIC del 14 luglio 2000 prevede che, nel caso in cui una delle controparti del contratto di vendita o di prestito d'uso sia un istituto bancario o un operatore professionale (praticamente la quasi totalità dei casi), l'obbligo di segnalazione viene a ricadere sull'istituto bancario o sull'operatore professionale medesimo. Diversamente, l'obbligo di dichiarazione ricade sul soggetto cedente il metallo grezzo.
L'onere degli adempimenti grava, perciò, sulle imprese orafe in casi molto marginali, in quanto tali imprese, di solito, non effettuano intermediazioni di metallo allo stato grezzo, ma lo acquistano per la successiva lavorazione.
Va, inoltre, precisato, che le consegne di oro grezzo in conto lavorazione non formano oggetto di dichiarazione, in quanto non costituiscono atti di disposizione del metallo, ma semplicemente la prestazione di un servizio. L'obbligo di dichiarazione non riguarda, quindi, tutte quelle aziende orafe che ricevono il metallo grezzo da committenti (italiani o anche esteri) per l'esecuzione della sola lavorazione, con successiva restituzione del prodotto finito.
Per quanto attiene, infine, ai termini di presentazione delle dichiarazioni, peraltro concordati con le associazioni di categoria, si soggiunge che i suddetti sono stati determinati per l'impellente necessità di rendere la legge stessa operativa sotto tutti gli aspetti, in considerazione anche dei pressanti inviti in tal senso da parte dell'Unione Europea.
Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Vincenzo Visco.


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GIANCARLO GIORGETTI. - Al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 104 del 16 febbraio 1996 prevede la cessione di immobili pubblici secondo tempi e modalità ispirate a trasparenza e informazione pubblica;
nel comune di Milano sono in corso alcune procedure di vendita ad eccezione di quelle relative al complesso di edifici di via Palmanova, via Plezo, via Mazzali per cui l'Inpdap, ente proprietario, non ha inviato nessuna lettera di intenti agli oltre trecento inquilini -:
quando preveda l'Inpdap di procedere all'alienazione del suddetto complesso immobiliare.
(4-28727)

Risposta. - Nell'interrogazione si chiede di conoscere le previsioni dell'INPDAP in ordine all'alienazione del complesso immobiliare di proprietà di cui fanno parte gli edifici siti in Via Palmanova, Via Plezo e Via Mazzali, non ricompresi nei piani di vendita in corso nel Comune di Milano alla data della presentazione dell'interrogazione in esame.
Con riferimento a quanto sopra l'INPDAP ha fatto presente che agli inquilini degli immobili in parola, così come a tutti i locatari dei complessi non inseriti nel primo piano di dismissione approvato dall'Istituto, è stata inviata a fine febbraio 2000 una lettera di indagine conoscitiva diretta ad accertare l'interesse dei medesimi all'acquisto. Tale lettera si presume sia stata ricevuta dagli inquilini immediatamente dopo la presentazione dell'interrogazione in argomento.
Terminata la fase relativa al predetto sondaggio, sulla base, delle propensioni manifestate circa la richiesta di acquisto da parte della totalità degli assegnatari o di una consistente loro maggioranza, l'istituto predisporrà il prossimo piano di alienazione che sarà avviato nel 2001.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

GIULIETTI e BRACCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei lavori pubblici. - Per sapere - premesso che:
il 23 novembre 2000 il provveditore per le opere pubbliche dell'Umbria, dottoressa Maria Teresa Bozzi, inviava una lettera al Ministro dei lavori pubblici, onorevole Nerio Nesi, avente per oggetto i lavori di completamento del nuovo carcere di Perugia;
lo stesso giorno, il Ministro dei lavori pubblici comunicava alla dottoressa Bozzi che, con decorrenza 1 gennaio 2001, veniva rimossa dall'incarico ed inserita nel ruolo unico della dirigenza;
in meno di due anni la dottoressa Bozzi ha risolto, con determinazione e chiarezza, come ad esempio nel caso del carcere di Perugia, o della frana Ivanchic di Assisi, complicatissime vicende amministrative che avevano paralizzato l'attività dei lavori pubblici nella regione dell'Umbria, così come aveva già operato presso il magistrato per il Po di Parma;
il dirigente in questione è conosciuto ed apprezzato in tutta Italia per la serietà e capacità professionale con cui ha gestito e risolto questioni inerenti la ricostruzione dei territori della Campania, Basilicata e Puglia colpiti dagli eventi sismici del 1980/1981 -:
quali siano le ragioni che hanno portato alla rimozione ed al successivo trasferimento della dottoressa Bozzi da Perugia a Roma, con una procedura d'urgenza piuttosto insolita.
(4-33221)

Risposta. - Nell'ambito delle complessive valutazioni cui sono pervenuto in ordine all'assetto degli Uffici di livello dirigenziale generale del Ministero dei lavori pubblici, ho ritenuto opportuno attuare un avvicendamento in alcune posizioni organizzative tra le quali anche quella del responsabile del Provveditorato alle opere pubbliche per la Regione Umbria.
L'avvicendamento in questione rientra dunque in un riassetto generale delle posizioni


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dirigenziali ministeriali che coinvolge anche altri Provveditorati alle opere pubbliche.
Nei riguardi del dirigente generale, dottoressa Maria Teresa Bozzi, non è stata adottata, dunque, alcuna procedura d'urgenza ovvero insolita, tenuto anche conto che il processo di riorganizzazione dei vertici del Ministero è maturato dopo un'attenta e lunga riflessione.
In questi mesi di guida del Dicastero ho raggiunto, tra l'altro, la convinzione che le capacità e le inclinazioni professionali del dirigente generale in questione possano trovare giusto rilievo nel compito di componente della Commissione per Reggio Calabria, istituita ai sensi della legge 5 luglio 1989, n. 246.
Le particolari e delicate funzioni attribuite a tale organo consultivo e di controllo richiedono, infatti, quelle attitudini che si ritiene appartengano al patrimonio e all'esperienza professionale della dottoressa Bozzi. Infatti, il dirigente in questione, nel riscontrare la mia proposta di lavoro nella Commissione, ha espressamente accettato l'incarico, pur con delle riserve in ordine al trattamento economico, rispetto alle quali si opererà per fare in modo che il trattamento stesso non sia penalizzante. La dottoressa Bozzi ha rappresentato altresì il suo apprezzamento per la nuova esperienza lavorativa, definendola interessante.
Il Ministro dei lavori pubblici: Nerio Nesi.

GRAMAZIO. - Ai Ministri delle comunicazioni e della sanità. - Per sapere - premesso che:
è entrato in vigore nel settore delle telecomunicazioni il decreto ministeriale n. 381/98 che stabilisce sull'annoso problema dell'inquinamento elettromagnetico una regolamentazione di massima e comunque non soddisfacente, a detta delle numerose associazioni ambientaliste e dei comitati dei cittadini;
in data 7 maggio i dirigenti dell'associazione Laut (Libera associazione utenti telecomunicazioni) da anni impegnati nella lotta all'elettrosmog hanno avuto un incontro con i responsabili della società Telecom Italia Mobile spa (Tim spa), presso la sede di via Luigi Rizzo, 22 - Roma, a cui hanno comunicato le proprie perplessità riguardo alla stazione radio base di Tim ubicata in via Giovanni da Empoli, 6 - Roma, per l'eccessiva potenza emessa e per la vicinanza alle civili abitazioni;
in data 21 maggio la società Sirti fiduciaria di Tim ha effettuato le misurazioni di campo elettromagnetico verificando un valore di 5,5 V/m all'interno dell'appartamento del signor Gabriele Rossi ubicato dirimpetto alle antenne della stazione radio-base di Tim;
in data 18 giugno risulta all'interrogante che l'ingegner Guerriero, in qualità di tecnico qualificato dell'azienda Asl RM/A, del presidio multizonale di prevenzione (via Boncompagni, 101 - Roma) avrebbe effettuato nuove misurazioni di campo elettromagnetico riscontrando valori del 90 per cento più alti di quelli riscontrati dalla società Sirti con picchi fino a 9,2 V/m di valore massimo tra i parametri istantanei provenienti dalle antenne e ripetitori di telefonia mobile cellulare di tipo Etacs, Gsm, Gsm1800 di Tim;
dei dati riportati l'associazione Laut possiede ampia documentazione a riprova di quanto sopra citato;
attualmente la società Tim non ha ottemperato in nessuna maniera a quanto stabilito dal decreto ministeriale n. 381/98 adducendo la priorità del servizio quale unico motivo valido davanti a questa pericolosa situazione per la salute della popolazione;
sia Tim che Sirti continuano ad effettuare controlli con apparecchiature non a norma anche in altre città italiane, producendo quindi relazioni palesemente falsate ed in aperta opposizione con quanto stabilito dalla legge;
nella stessa zona persistono altre sorgenti di radiazioni non ionizzanti che aggravano ulteriormente il valore di campo


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elettromagnetico (ferrovia ed emittenze radiotelevisive) -:
se alla luce dei fatti citati non si ritenga indispensabile un provvedimento di sequestro cautelativo dell'intero impianto radio base di Tim in via Giovanni Empoli;
quali iniziative siano state intraprese o si intendano adottare per la tutela della popolazione dalle radiazioni non ionizzanti in attesa di una gestione in forma idonea anche dagli altri gestori di telefonia mobile;
quali sanzioni le competenti autorità territoriali intendano assumere nei confronti di Tim;
se non sia più opportuno effettuare un monitoraggio ambientale sulla attuale situazione del territorio prevedendo un piano di bonifica sugli impianti esistenti;
se non si renda necessario per la credibilità di questo Governo in tema di politica ambientale provvedere a sospendere ai gestori di telefonia inadempienti la concessione della licenza di esercizio.
(4-25151)

Risposta. - Al riguardo la società Telecom Italia mobile, opportunamente interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame, ha riferito che in data 21 maggio 1999 ha incaricato la società SIRTI di effettuare le misurazioni del campo elettrico nell'abitazione del sig. Gabriele Rossi, sita in via G. Da Empoli n. 6 Roma; i valori rilevati rientravano nei limiti stabiliti dal decreto ministeriale 10 settembre 1998, n. 381, che fissa i tetti di emissione dei campi elettromagnetici.
Successivamente, ha precisato la TIM, la ASL competente sul territorio ha realizzato ulteriori misurazioni da cui risultavano valori diversi da quelli precedentemente rilevati per cui la stessa TIM, in data 13 ottobre e 7 dicembre 1999, affidava alla società MPB il compito di effettuare altre misurazioni.
I valori di campo elettrico rilevati dalla MPB alla presenza del presidente della LAUT (libera associazione utenti di telecomunicazioni) sono risultati notevolmente inferiori al limite di 6 V/m fissato dal citato decreto ministeriale n. 381 del 1998 per gli edifici adibiti a permanenza non inferiore alle 4 ore.
A completamento d'informazione si ritiene opportuno significare che la valutazione dei fattori di rischio, derivanti dall'esposizione alle varie sorgenti di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (elettrodotti, ripetitori radiotelevisivi, radar, stazioni radiobase per la telefonia cellulare, ecc.), nonché la conseguente previsione delle misure di protezione più adeguate per garantire la salute dei lavoratori e della popolazione, hanno costituito l'oggetto di un complesso ed approfondito esame da parte dell'istituto superiore di sanità e dell'istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL).
Al termine dei lavori è stato predisposto e sottoscritto, in data 29 gennaio 1998, un documento tecnico congiunto nel quale, sulla base delle ricerche e dei dati attualmente disponibili in ambito nazionale, comunitario ed internazionale, vengono individuati ed approfonditi i vari aspetti sanitari ed ambientali connessi all'utilizzazione delle sorgenti in questione, con particolare rilievo per l'analisi degli effetti sia di tipo deterministico (effetti acuti) sia su base probabilistica o stocastica (effetti a medio-lungo termine), nonché per la definizione di idonee strategie di intervento ai fini della prevenzione.
Per quanto riguarda le stazioni radio basi (SRB) per la telefonia cellulare si significa che le stesse rientrano fra le «sorgenti» di campi elettromagnetici ad alta frequenza (come pure i ripetitori radiotelevisivi e le apparecchiature radar, anch'essi in grado di generare campi elettromagnetici e radiofrequenza e microonde).
Tali stazioni sono costituite da antenne direzionali installate su tralicci e/o pali metallici, spesso situati su edifici.
Gli attuali sistemi di telefonia mobile funzionano a frequenze tra 800 e 1.800 MHz, che cadono nell'intervallo tra 1 MHz e 10 MHz; in particolare, la banda di frequenza


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attualmente utilizzata per la telefonia cellulare nel nostro Paese, è attorno ai 900 MHz.
A tutte le distanze, i livelli al suolo dei campi RF generati dalle stazioni radio base sono largamente entro le linee guida internazionali per l'esposizione della popolazione a RF ed al di sotto dei limiti stabiliti dal decreto ministeriale 10 settembre 1998, n. 381 che fissa tetti di emissione particolarmente severi e fino a 45 volte inferiori rispetto a quelli in vigore nei principali paesi industrializzati del mondo.
In conclusione si fa presente che, al fine di tutelare l'ambiente e il paesaggio nonché di proteggere la popolazione da eventuali danni da esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, è all'esame del Parlamento, com'è noto, un disegno di legge (A.S. n. 4273) recante «legge quadro sull'inquinamento elettromagnetico» in cui, tra l'altro, si prevede un monitoraggio dell'attuale situazione ambientale: ciò consentirà alle regioni la predisposizione di conseguenti piani di risanamento.
In particolare, allo scopo di coordinare i catasti regionali, il provvedimento prevede l'istituzione di un catasto nazionale delle sorgenti fisse dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e delle zone interessate. La realizzazione di tale catasto nazionale vede coinvolti, oltre a questo Ministero anche quelli dell'ambiente, della sanità, dei lavori pubblici, della difesa e dell'interno (ovviamente ciascuno per le proprie competenze) nonché gli enti locali per quanto riguarda i catasti regionali.
Il coinvolgimento di tali istituzioni è giustificato dalla necessità di affrontare le diverse problematiche derivanti dalle sorgenti emittenti.
La protezione dai campi elettromagnetici dovrà essere infatti affrontata a vari livelli, quello sanitario strettamente connesso alla definizione dei limiti di esposizione e alla ricerca degli effetti dei campi sulla salute umana, quello di rispetto dell'ambiente e quello di misura dei campi elettromagnetici, attraverso la messa a punto di metodologie specifiche e l'utilizzo di adeguati strumenti muniti delle necessarie certificazioni e correttamente tarati.
In attesa, quindi, delle conclusioni del monitoraggio ambientale e della elaborazione del piano di bonifica e in considerazione del fatto che laddove esistono zone in cui non è possibile installare nuovi impianti ve ne saranno altre dove i livelli di campo sono al di sotto dei limiti di legge, spetterà alle autorità competenti a livello locale, all'atto del rilascio delle autorizzazioni di installazione, verificare, attraverso necessarie valutazioni e puntuali misurazioni, le possibilità di localizzazione degli impianti sul territorio.
Il Ministro delle comunicazioni: Salvatore Cardinale.

GRILLO. - Al Ministro del tesoro. - Per sapere - premesso che:
è manifestamente assurdo e contrario alle direttive ministeriali il comportamento della Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.a. (Consap) nell'espletamento della procedura di dismissione del proprio patrimonio immobiliare (già dell'INA);
a Marsala sono stati chiesti ai titolari dei contratti di locazione, che, a norma dell'articolo 109 della legge n. 662 del 1996, hanno diritto di prelazione, prezzi esosi e fuori mercato, che non tengono affatto conto della normativa di legge e del protocollo d'intesa del 30 ottobre 1997 tra detta Consap e le organizzazioni sindacali. Non solo, ma essa Società non s'è preoccupata nemmeno di evadere la richiesta dell'Ute, a cui si sono rivolti i conduttori, a norma del cennato articolo 109, lettera d), della legge n. 662 del 1996;
tale palese atteggiamento, quello della Consap, viola apertamente le norme preposte alla dismissione del patrimonio immobiliare, prolunga esageratamente l'iter del Governo per la più celere procedura e rende penosa e incerta la legittima attesa degli aventi diritto -:
se ritenga di poter avallare un simile comportamento illegale e dilatorio della Consap;


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se ritenga di intervenire con fermezza per sollecitare detta società a rispettare appieno le norme preposte alla dismissione del patrimonio immobiliare ed assolvere con sollecitudine ai relativi adempimenti.
(4-31633)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame concernente la dismissione del patrimonio immobiliare della CONSAP SpA.
Ai riguardo, per quanto attiene ai motivi che inducono la società in questione a dismettere il proprio patrimonio immobiliare ed alle modalità con cui vi procede, si fa presente che tra le funzioni istituzionali della CONSAP rientra quella relativa alla gestione delle cosiddette «cessioni legali»: in forza della specifica statuizione della legge n. 403 del 1994, la CONSAP deve restituire alle compagnie di assicurazione private, che esercitano il «ramo vita», tutte le quote dei capitali relative alle porzioni di rischio a suo tempo assunte dell'INA, a termini dell'ormai abolito istituto delle «cessioni legali».
In sede di scissione dell'INA SpA, alla CONSAP venivano attribuiti beni immobili per un valore complessivo di circa 3.000 miliardi di lire; tale posta patrimoniale costituisce il maggior cespite cui la società può ricorrere per fronteggiare la descritta obbligazione istituzionale, in quanto all'ingente debito (oltre 6.000 miliardi di lire) la CONSAP deve far fronte esclusivamente con i propri mezzi patrimoniali.
La norma che disciplina la dismissione in questione è la legge n. 662 del 1996, la quale stabilisce soltanto il diritto di prelazione per tutti gli occupanti di abitazioni della CONSAP, nonché il diritto di questi ultimi ad uno sconto del 30 per cento sui prezzi di vendita degli appartamenti considerati liberi, salva la facoltà di ricorrere all'UTE in caso di disaccordo sui prezzi stessi.
I prezzi degli appartamenti considerati liberi non sono, quindi, stabiliti per legge, ma determinati in seno stesso alla CONSAP, con un procedura la cui complessità sta a salvaguardia della maggiore oggettività possibile del risultato: gli immobili vengono stimati, mediante apposite perizie giurate, da eminenti professionisti esterni; le risultanze sono sottoposte ad una commissione interna alla Società a composizione mista, che si avvale anche di docenti universitari in materia di estimo, nonché di una società «leader» del settore estimativo; i prezzi di vendita vengono, infine, sottoposti, per la relativa approvazione, al Consiglio di Amministrazione della CONSAP, di nomina governativa.
Va precisato che il «protocollo d'intesa», stipulato dalla CONSAP e dai maggiori sindacati degli inquilini in data 30 ottobre 1997, non riguarda la determinazione del prezzo di vendita degli immobili.
Per quanto attiene agli alloggi CONSAP di Marsala, si fa presente che i prezzi di vendita, quantificati nel modo descritto, sono stati regolarmente comunicati agli inquilini ed occupanti degli appartamenti, mediante apposita notifica finalizzata all'esercizio del diritto di prelazione di questi ultimi, nella più stretta osservanza della citata legge n. 662 del 1996. Peraltro, gli inquilini od occupanti non hanno accettato di acquistare ai prezzi comunicati dalla CONSAP ed hanno invocato il ricorso all'UTE territorialmente competente.
L'UTE ha, tuttavia, formalmente comunicato alla CONSAP ed ai ricorrenti che non avrebbe proceduto ad effettuare alcuna perizia sugli immobili, se non dietro rimborso delle spese relative.
La CONSAP, in quanto estranea alla richiesta di intervento dell'UTE, non ha riscontrato tale pretesa, tuttavia, ritiene opinabile la pretesa stessa - peraltro unica in tutta Italia - in quanto la funzione dell'UTE nella vicenda di alienazione degli immobili CONSAP è stata espressamente sancita dalla legge.
Non risulta, peraltro, che gli inquilini, appresa la posizione dell'UTE locale, abbiano assunto alcuna iniziativa volta a rimuovere la difficoltà che si è venuta a creare.
Si soggiunge, infine, che la CONSAP, se da una parte intende alienare il proprio patrimonio per adempiere all'obbligazione sopra descritta, dall'altra non è vincolata a farlo se non in forza di considerazioni strettamente


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economiche, di esclusiva spettanza della Società; per questo motivo, se non risultasse possibile alienare gli appartamenti di abitazione in Marsala, ne continuerebbe la gestione locativa.
Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Vincenzo Visco.

IACOBELLIS. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da oltre un anno risulta abolito l'articolo 40 della legge 15 dicembre 1990, n. 395 concernente la piena equiparazione tra personale direttivo dell'amministrazione penitenziaria, tra cui i direttori degli istituti penitenziari e il personale dirigente e direttivo delle corrispondenti qualifiche della polizia di stato in base alla legge 1 aprile 1981, n. 121;
d'altra parte l'articolo 12 della legge n. 266 del 1999 prevede l'istituzione di ruoli direttivi e di una dirigenza interni alla polizia penitenziaria;
nonostante la citata normativa, permane l'incongruenza di cui all'articolo 9 della menzionata legge n. 395 del 1990 che stabilisce la dipendenza gerarchica e non solo funzionale del personale di polizia penitenziaria nei confronti dei direttori penitenziari che oltre a non detenere qualifiche di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza e non appartenere, quali funzionari con compiti meramente amministrativi, allo stesso corpo, non hanno più nessuna equiparazione giuridica ed economica con i funzionari direttivi delle Forze di polizia;
l'incongruenza accennata è tale che anche i collaboratori d'Istituto penitenziario, di recentissima assunzione, sulla base di una mera delega rilasciata dai direttori d'istituto riescono ad esercitare funzioni gerarchiche nei confronti degli appartenenti alla polizia penitenziaria;
l'Osapp, organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria ha più volte richiesto su indicazione del personale del corpo, del tutto inutilmente, alle autorità politiche ed amministrative del dicastero di sanare un problema che oltre a seri problemi organizzativi pone il personale stesso in quotidiana confusione rispetto alle proprie funzioni istituzionali ed ai propri obblighi -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere atteso che il caso risulta unico tra le forze di polizia italiane e che si rende indispensabile una opportuna modifica normativa dell'accennato articolo 9 ex lege n. 395 del 1990 oltreché l'emanazione di sollecite disposizioni chiarificatrici all'interno dell'amministrazione penitenziaria.
(4-26529)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue sulla base delle informazioni acquisite presso la competente articolazione ministeriale.
La norma di cui all'articolo 9 della legge n. 395 del 1990, che stabilisce la dipendenza gerarchica degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria anche dal direttore dell'istituto, non ha perso di validità né di coerenza a seguito dell'abolizione dell'articolo 40 della stessa legge.
Infatti, l'equiparazione del personale dirigenziale e direttivo dell'Amministrazione Penitenziaria al personale della Polizia di Stato, prevista dal succitato articolo 40, poi disapplicato dalla legge n. 449 del 1997, ha esclusivo riguardo al trattamento giuridico ed economico e non anche alle funzioni svolte che, secondo l'Ordinamento penitenziario e il relativo Regolamento di esecuzione, attribuiscono al Direttore anche il compito di provvedere al mantenimento della sicurezza, dell'ordine e della disciplina all'interno dell'istituto.
Alla luce di quanto sopra, non sembra quindi corretto ritenere impropria la dipendenza del personale di Polizia penitenziaria dal Direttore dell'istituto non rivestendo quest'ultimo la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza; il mutamento di «status» non ha dunque avuto, né poteva avere, alcuna influenza sull'ambito delle competenze del direttore di


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istituto né sulle responsabilità gestionali allo stesso attribuite.
Si deve poi aggiungere che l'istituzione dei ruoli direttivi ordinario e speciale del Corpo di polizia penitenziaria, introdotti dal decreto legislativo n. 146 del 2000, in attuazione della delega conferita al Governo con la legge n. 266 del 1999, pur richiedendo un coordinamento con l'assetto organizzativo già esistente, non modifica il principio in base al quale il direttore è il massimo responsabile e rappresentante unitario dell'istituto, alla luce anche della circostanza che al suo interno operano figure professionali tra loro diverse e non tutte appartenenti al comparto sicurezza.
Il Ministro della giustizia: Piero Fassino.

IACOBELLIS. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse sulla stampa risulterebbe che l'Inail ha già trasferito le competenze relative alla città di Spinazzola dalla sede di Barletta a quella di Altamura, lontana diversi chilometri dal centro del nord-barese;
il trasferimento reca non pochi disagi agli abitanti della cittadina nonché ai professionisti del settore (commercialisti, consulenti del lavoro, ragionieri) e alle associazioni sindacali e di categoria, costretti a percorrere, per l'espletamento delle loro rispettive incombenze, diversi chilometri per raggiungere la non vicina città di Altamura;
a parte ciò, il provvedimento in questione si pone in aperta controtendenza rispetto agli ormai consolidati obiettivi di tutte le città del nord-barese, volti alla istituzione della sesta provincia pugliese e nella quale la città di Spinazzola si colloca in posizione geograficamente vicina a Barletta -:
quali iniziative intenda promuovere perché il provvedimento de quo sia sospeso nella sua operatività in vista di un auspicato incontro tra le categorie e le parti interessate.
(4-31764)

Risposta. - In ordine all'interrogazione in esame, relativa al trasferimento delle competenze INAIL, relative alla città di Spinazzola, dalla sede di Barletta a quella di Altamura, si comunica quanto segue.
L'INAIL, ed in particolare la Direzione regionale per la Puglia, ha avviato nel 1996 lo studio di un progetto per l'insediamento di strutture locali nelle province di Bari, Foggia e Lecce al fine di razionalizzare al meglio la presenza dell'Istituto sul territorio.
Per la provincia di Bari è stata individuata la città di Altamura in quanto situata su un asse costituito dalla SS. 97 che da Gioia del Colle arriva al Comune di Spinazzola. Detto comune si colloca a equidistanza sia da Barletta che da Altamura e la SS. 97 è molto più agevole dell'attuale strada di collegamento con Barletta.
Naturalmente diversa locazione potrà essere ripensata a seguito dell'eventuale istituzione della Provincia di Barletta.
Di recente il Direttore regionale dell'INAIL della Puglia ha partecipato ad una seduta del Consiglio Comunale del comune di Spinazzola per esaminare la possibilità di realizzare all'interno del comune stesso un «Punto informazioni» automatico assistito, un giorno alla settimana, da un operatore dell'INAIL per gli adempimenti di legge. Il bacino d'utenza INAIL riferito all'anno 1999 per il comune di Spinazzola è costituito da n. 96 infortuni denunciati, n. 119 rendite in pagamento e n. 331 posizioni assicurative.
All'Istituto non risulta che le varie figure professionali legate al settore assicurativo siano state penalizzate. Tutti gli adempimenti di legge di possono espletare in qualsiasi struttura INAIL posta sul territorio nazionale e, inoltre, tramite Internet ci si può collegare facilmente con il sito dell'Istituto (www.inail.it) e accedere senza particolari difficoltà agli archivi INAIL.
L'Istituto ha fatto presente, poi, che la sede INAIL di Altamura è stata dotata di aree amministrative efficienti e di una moderna ed attrezzata area medico-legale e del servizio «Prime Cure» comprendente le branche specialistiche di otorino, neurologia, oculistica, medicina del lavoro, ortopedia e chirurgia e che l'attuale sistema organizzativo


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e strutturale di detta Sede ha ridotto di molto i tempi di attesa.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

LANDOLFI, ANTONIO PEPE, AMORUSO, TATARELLA, POLIZZI, MARENGO e GISSI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
se nelle operazioni di riassetto e nelle azioni di ristrutturazione organizzativa, ex articolo 31, decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 1997, la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo abbia previsto l'istituzione di nuove redazioni o uffici di corrispondenza, con particolare riferimento a Foggia;
quali siano gli ambiti territoriali coinvolti nel processo della suddetta ristrutturazione e riorganizzazione.
(4-24973)

Risposta. - Al riguardo si ritiene necessario significare che il Governo non ha il potere di sindacare l'operato della RAI per la parte relativa alla gestione aziendale che, com'è noto, rientra nella competenza propria degli organi statutari della società, i quali operano tenendo conto delle direttive e dei criteri formulati dalla apposita Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
Ciò premesso si fa presente che la RAI - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame - ha riferito che al momento non sono previsti provvedimenti di ristrutturazione o di riorganizzazione riguardanti la provincia di Foggia né sono in programma nuove assunzioni di corrispondenti.
La concessionaria ha precisato comunque che è all'esame dell'azienda un generale progetto di riorganizzazione e di rideterminazione della figura professionale del corrispondente, allo scopo di meglio definire caratteristiche ed utilizzazione.
Il Ministro delle comunicazioni: Salvatore Cardinale.

LANDOLFI. - Ai Ministri delle comunicazioni, del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
in più occasioni, in risposta ad atti di sindacato ispettivo, è stato ribadito che «il nuovo sistema di calcolo della dotazione del personale degli uffici, adottato dalle Poste Spa, non è più vincolato ad organici predefiniti ma si fonda sulla valutazione delle diverse realtà territoriali e sulle effettive esigenze, che di volta in volta, si manifestano, con la ricerca di soluzioni - anche attraverso procedure di mobilità - che permettono di dotare i punti della rete postale di un livello di prestazioni adeguato»;
le Poste hanno previsto procedure di mobilità interprovinciale finalizzate al riassetto territoriale degli organici;
è sempre più crescente il disagio dei dipendenti delle Poste in ordine alla gestione dei comandi verso altre amministrazioni, attuati in modo poco trasparente e clientelare nonostante siano stati definiti sia su conforme parere delle organizzazioni sindacali sia dall'articolo 18 della Legge Bassanini pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 17 maggio 1997 i criteri per l'individuazione delle unità da porre in posizione di comando;
la filosofia attuata dalle Poste secondo la quale «poiché i comandi non avrebbero potuto essere disposti nei confronti del personale applicato presso le sedi del nord, che registrano carenze di addetti, l'accoglimento delle richieste di trasferimento avrebbe privilegiato alcuni dipendenti nei confronti di altri» ha di fatto provocato una disparità di trattamento fino a concretizzarsi nella mancata garanzia dei diritti fondamentali;
il predetto criterio unitamente a quello della mobilità interprovinciale rende di fatto centinaia di lavoratori meridionali ostaggio degli uffici postali del nord;
i pesanti disagi che hanno dovuto subire per oltre quindici anni di servizio, distanti dalla propria residenza e dal proprio


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nucleo familiare, hanno indotto - di recente - molti dipendenti PT delle filiali di Torino allo sciopero della fame nel piazzale di Montecitorio;
la clamorosa forma di protesta è scaturita dal mancato accoglimento di richiesta di trasferimento inoltrata, in alcuni casi, anche per 10 anni consecutivi ai sensi della legge 104 del 1992 (legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione ed i diritti delle persone handicappate) e soprattutto per vedersi riconosciuto il diritto al ricongiungimento ed all'unità familiare -:
quali siano stati i motivi che abbiano impedito l'accoglimento delle domande di trasferimento, presentate nell'arco di circa 10 anni, dai suddetti dipendenti nonostante, le Poste con direttiva n. 25/1998 Prot. APGO/RI/MEN abbiano previsto 1.303 disponibilità di mobilità nord-sud così ripartite: 227 Abruzzo, 76 Basilicata, 168 Calabria, 46 Campania, 200 Lazio, 41 Molise, 180 Puglia, 100 Sardegna e 265 Sicilia;
quali siano state le cause del mancato accoglimento delle domande di mobilità nord-sud, presentate dai dipendenti PT di Torino residenti al sud, atteso che la suddetta direttiva 25/1998 prevedeva un punteggio di 50 punti - cumulabile ad altri titoli - a «favore di coloro i quali avrebbero richiesto il trasferimento in una sede nel cui territorio rientrava la provincia presso la quale l'interessato possedeva, alla data di assunzione, la residenza anagrafica»;
quali i motivi del mancato accoglimento della richiesta di trasferimento nella regione Campania presentate dagli anni ottanta ad oggi dai dipendenti PT di Torino;
quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare per sensibilizzare l'Ente Poste SpA affinché siano garantiti i diritti fondamentali dei suddetti dipendenti costretti ad una permanenza forzata presso le filiali postali di Torino.
(4-29731)

Risposta. - Al riguardo si ritiene necessario significare che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni il Governo non ha il potere di sindacarne l'operato per la parte relativa alla gestione aziendale che, com'è noto, rientra nella competenza propria degli organi statutari della società.
Ciò premesso, si fa presente che Poste Italiane s.p.a. - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame - ha riferito di avere in atto una complessa fase di riorganizzazione finalizzata ad un concreto recupero di produttività che comporta anche un completo riassetto ed una diversa distribuzione del personale.
Ed infatti, in coerenza con gli obiettivi aziendali e con gli indirizzi strategici delineati nel piano d'impresa 1998-2002, l'attuazione del nuovo modello organizzativo aziendale ha reso necessaria la riallocazione delle risorse umane attraverso processi di mobilità finalizzati a conseguire in tutti i punti della rete un livello di prestazioni adeguato, con il supporto di addetti che, per numero e per attività, rispondano alle effettive esigenze della clientela.
In merito alla possibilità, per il personale dipendente della società, di transitare presso amministrazioni e organismi del settore pubblico, si rileva che l'articolo 45, comma 10, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, riserva tale possibilità esclusivamente al personale che alla data del 30 settembre 1998 già si trovava in posizione di comando.
A tale riguardo si ritiene opportuno far presente che, com'è noto, il passaggio ad amministrazioni o organismi pubblici è avviato su iniziativa dell'organo richiedente, una volta accertata la disponibilità dei posti, cui segue il nulla osta dell'organo presso cui presta servizio l'interessato e l'assenso di quest'ultimo.
Si rappresenta, infatti, che l'
iter per procedere all'inserimento nei ruoli delle pubbliche amministrazioni è attivato anch'esso su richiesta dell'organo di destinazione, nel cui ambito sussista la disponibilità di collocazione, previo assenso dell'interessato e su parere favorevole dell'azienda; rientra quindi nell'esclusiva competenza dell'ente richiedente valutare nel merito l'opportunità


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di inserire nei propri organici il personale che si trova già in posizione di comando.
Quanto alla Direttiva n. 25 Poste italiane s.p.a. ha riferito che fu emanata il 6 marzo 1998, d'intesa con le organizzazioni sindacali, al fine soddisfare le aspettative di numerosi dipendenti che, prestando servizio già da molti anni al nord, desideravano ritornare nelle località meridionali di origine. La Direttiva in parola, infatti, consentiva e regolamentava la mobilità volontaria sull'intero territorio nazionale.
Oggi, ha proseguito la società, il nuovo modello organizzativo aziendale, mirando, tra l'altro, anche alla ricollocazione delle risorse umane sul territorio nel rispetto degli obiettivi del citato Piano di Impresa, non risulta compatibile con i criteri ispirativi della Direttiva n. 25 del 1998 e conseguentemente ne ha determinato la decadenza. I principi sui quali si fonda l'attuale organizzazione aziendale, infatti, mentre favoriscono lo spostamento dei dipendenti dalle zone del centro sud, ove si registrano tuttora esuberi di personale, verso località del nord, escludono flussi in senso contrario, in quanto queste ultime località presentano penuria di personale.
Per quanto riguarda i motivi che hanno impedito l'accoglimento di alcune domande di trasferimento inoltrate ai sensi della legge n. 104 del 1992, l'azienda ha evidenziato che si trattava di casi in cui le motivazioni delle singole istanze non presentavano quei requisiti di particolare rilevanza e gravità, ricorrendo i quali la società ritiene che le esigenze del personale possano prevalere sugli obiettivi di efficienza complessiva del servizio in tutti i punti della vasta rete postale che condizionano nel senso sopra specificato le posizioni dell'azienda al riguardo.
Il Ministro delle comunicazioni: Salvatore Cardinale.

LECCESE. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
dal 27 al 30 aprile 2000 si è svolto a Bari, nella sede del Circolo tennis, il «Campionato internazionale di tennis femminile per nazioni» organizzato dalla società inglese Isl (International Sport Licensing);
il 16 marzo scorso la Federazione Italiana Tennis aveva diffuso un comunicato stampa in cui rendeva noto che la RAI aveva un contratto per i diritti tv sulla manifestazione;
ad evento iniziato gli organizzatori hanno reso noto alle emittenti televisive locali l'impossibilità di accedere ai campi durante le gare per le riprese televisive, non consentendo in questo modo di esercitare il diritto di cronaca previsto dalla legge;
l'ufficio stampa del comitato locale, su direttive della società organizzatrice, ha invitato le emittenti locali a utilizzare le immagini della RAI e a mandarle in onda sui loro canali con il marchio RAI;
prima della manifestazione gli organizzatori non avevano mai specificato una simile limitazione -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per far luce su questa vicenda che ha messo in discussione il diritto di cronaca, l'identità aziendale e le possibilità professionali delle emittenti locali rispetto ai network nazionali.
(4-29613)

Risposta. - Al riguardo si fa presente che la concessionaria RAI - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame - ha comunicato che, in forza di un contratto stipulato con la Federazione internazionale tennis nel 1999 (che scadrà nel 2002), risulta titolare dei diritti di trasmissione degli eventi sportivi sia della Federation Cup, sia della Coppa Davis che si svolgono sul territorio italiano.
In base al predetto contratto la medesima RAI può trasmettere tali eventi sulle proprie reti (terrestri o via satellite) ma non può autorizzare altri
broadcaster sul territorio a diffondere le immagini da essa prodotte, poiché una siffatta autorizzazione


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deve provenire dalla Federazione internazionale di tennis, titolare dei diritti.
Nel caso prospettato dall'interrogante ha precisato la RAI, la ITF aveva delegato la società inglese ISL (International sport licensing) all'organizzazione ed alla gestione del torneo di Bari e la suddetta società aveva tassativamente vietato alle emittenti televisive locali di riprenderne le immagini: in presenza di tale posizione la concessionaria RAI non ha potuto far altro che uniformarsi alle decisioni del titolare dei diritti.
Il Ministro delle comunicazioni: Salvatore Cardinale.

LUCCHESE. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere:
se a Roma sia riuscito a parlare con gli addetti del 187 prima di venti minuti di attesa e se poi sia riuscito a parlare con un addetto commerciale per avere chiarimenti sulla bolletta telefonica;
come intenda operare affinché la Telecom offra ai cittadini un servizio dignitoso e civile.
(4-28307)

Risposta. - Al riguardo si ritiene necessario premettere che la materia della qualità dei servizi offerti nel settore delle telecomunicazioni, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, lettera b), n. 2 della legge 31 luglio 1997, n. 249, è di competenza della Commissione per i servizi ed i prodotti, istituita in seno all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la quale opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e valutazione.
Ciò detto, si fa presente che la Telecom Italia s.p.a., opportunamente interpellata, ha comunicato che per quanto concerne il servizio «187 - sportello telefonico commerciale» nel mese di dicembre 1999 è stato avviata una massiccia campagna pubblicitaria che ha comportato un notevole incremento delle chiamate al servizio medesimo che, a livello nazionale, è stato mediamente del 20 per cento con valori anche più alti nelle aree metropolitane.
D'altro canto, però, ha precisato la Telecom, si è registrato un aumento dei tempi medi di conversazione dovuto alla spiegazione delle nuove e numerose iniziative offerte dalla società che ha provocato difficoltà di accesso al servizio «187». Ciononostante nel periodo gennaio-febbraio 2000 sono state evase l'85 per cento delle chiamate pervenute al «187» ed il 70 per cento di esse entro 20 secondi.
Il Ministro delle comunicazioni: Salvatore Cardinale.

MANTOVANI, LENTI e CANGEMI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
i lavoratori delle scuole secondarie italiane di Barcellona (Spagna), assunti con contratto locale, percepiscono sistematicamente il loro stipendio sotto forma di anticipi del 50 per cento o del 70 per cento e conguagli periodici;
in tutto l'anno 2000, infatti, hanno percepito lo stipendio intero solo nei mesi di maggio e giugno;
una delle dipendenti, facente parte del personale non docente, la signora Rosa Guarch, assunta a maggio 2000 ha percepito il primo ed unico stipendio sotto forma di anticipo del 70 per cento nel mese di settembre 2000;
alle richieste legittime dei lavoratori il consolato italiano ha risposto che «non arrivano i fondi dal Ministero degli esteri»;
gli adeguamenti annuali degli stipendi dei suddetti lavoratori, previsti dal contratto locale e automaticamente applicati in seguito alla pubblicazione nel bollettino ufficiale non sono stati ancora erogati -:
quali iniziative si intendano intraprendere per assicurare la regolare corresponsione degli stipendi ai lavoratori delle scuole secondarie statali italiane di Barcellona.
(4-32016)

Risposta. - Il ritardo nell'erogazione degli stipendi lamentato dal personale assunto con contratto locale presso le scuole secondarie italiane a Barcellona va valutato sullo


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sfondo della recente riorganizzazione amministrativa del Ministero degli Esteri.
Nel caso specifico, nel corrente esercizio finanziario 2000 sono stati istituiti nuovi capitoli, tra cui il capitolo 2417, a gestione unificata, su cui gravano le spese per oneri sociali a carico dell'Amministrazione, derivate dai capitoli di spesa per le retribuzioni al personale attribuiti ai vari Centri di Responsabilità Amministrativa.
Lo stanziamento del capitolo 2417 è stato costituito con risorse tratte dai capitoli delle retribuzioni, e - nella fattispecie - si è verificato che il riversamento derivato dal capitolo 2502 è risultato sovrastimato rispetto al fabbisogno del capitolo 2417, con conseguente carenza di circa 3 miliardi di lire sul capitolo 2502.
Dallo scorso mese di luglio la Direzione competente si è attivata per adeguare la disponibilità finanziaria al fabbisogno di spesa, con una prima integrazione di 1 miliardo di lire; solo successivamente è stato possibile richiedere un'ulteriore integrazione di 2 miliardi di lire, corrispondente alle risorse contrattuali previste dalla Sequenza contrattuale per il personale in servizio all'estero, sottoscritta il 24.02.2000 e prevista dall'articolo 44 del CCNL-Comparto Scuola.
Questa ulteriore disponibilità del capitolo consentirà di erogare i finanziamenti per le retribuzioni non pagate, sulla base del fabbisogno di spesa comunicato dalle Sedi.
Si prevede, considerati le procedure e i tempi tecnici necessari per l'accreditamento all'estero, che le sedi potranno ricevere i finanziamenti in parola soltanto agli inizi dell'esercizio finanziario successivo (2001).
Per quanto concerne l'adeguamento degli stipendi dei contrattisti presso le istituzioni scolastiche di Barcellona, si fa presente che in data 3 ottobre 2000 sono stati approvati i relativi decreti, ad eccezione di quello riguardante la signora Guarch, il cui atto aggiuntivo per l'adeguamento è giunto presso l'Ufficio competente del Ministero degli Esteri soltanto il 6 dicembre 2000. Resta inteso che, anche per il caso in questione, si provvederà quanto prima alla decretazione.
Si fa presente, infine, che per il prossimo esercizio finanziario l'attribuzione delle risorse sul capitolo delle spettanze al lavoratore (capitolo 2502), nonché sul capitolo degli oneri sociali a carico dello Stato (capitolo 2514, ex capitolo 2417) sarà adeguata all'effettivo fabbisogno; nello stesso tempo sarà andata a regime l'attribuzione delle risorse contrattuali e pertanto non si dovrebbe ripetere l'anomala ed eccezionale situazione del 2000.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Franco Danieli.

MICHELANGELI. - Al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. - Per sapere - premesso che:
sono arrivate all'interrogante, da un gruppo di lavoratori, segnalazioni di una situazione alquanto anomala, riguardante la Banca di Roma, la fondazione che la controlla e il ruolo del presidente di quest'ultima, il professor Emanuele Emmanuele;
stante le segnalazioni vede lo stesso Emmanuele ricoprire la doppia carica di presidente della fondazione e di presidente della Leasing Roma, a sua volta controllata dalla Banca di Roma, svolgendo pertanto contemporaneamente la funzione di controllore e controllato, che gli consente oltretutto di percepire ingenti emolumenti per il cumulo delle due cariche, che non si comprende quanto siano in linea con le esigenze della stessa Banca -:
se tali notizie corrispondano al vero e, nel caso, quale tipo di rapporto configura tale doppio incarico tra il professor Emmanuele e la Banca di Roma;
se esista una incompatibilità rispetto all'attuale legislazione;
quali iniziative intenda prendere il Ministro interrogato per ripristinare lo Stato di diritto qualora tale incompatibilità fosse palese ed accertata.
(4-23770)

Risposta. - Si risponde alle interrogazioni in esame, concernenti una presunta incompatibilità tra cariche, ricoperte dal


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professor Emanuele Emmanuele, di presidente della Leasing Roma S.p.A., società controllata dalla Banca di Roma, e di presidente della Fondazione Banca di Roma.
Al riguardo, va premesso che la precedente normativa, recata dal decreto ministeriale 1o febbraio 1995, prevedeva all'articolo 1, comma 1, che, «qualora l'organo competente dell'ente conferente abbia deliberato l'impegno alla cessione delle azioni della società conferitaria in modo da conformarsi alle previsioni dell'articolo 2, comma 2, lett.
b) della direttiva del Ministro del Tesoro del 18 novembre 1994, la regola dell'incompatibilità tra le cariche amministrative e di controllo dell'ente conferente e le cariche amministrative e di controllo nella società conferitaria e nelle società ed enti che con essa compongono il gruppo creditizio, di cui al decreto ministeriale n. 243265 del 26 novembre 1993, non si applica ai componenti l'organo di controllo e a non più di tre componenti l'organo amministrativo dell'ente conferente».
Dal momento che l'Ente Cassa di Risparmio di Roma aveva deliberato un programma unitario ad attuazione progressiva per la dismissione della partecipazione nella conferitaria Banca di Roma S.p.A., al presidente, ad altri due consiglieri ed al collegio sindacale non veniva applicata la predetta regola dell'incompatibilità.
Si fa presente, tuttavia, che attualmente l'assunzione di cariche amministrative presso fondazioni è disciplinata dal decreto legislativo n. 153 del 17 maggio 1999 («Disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 20.11.90, n. 356, e disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria a norma dell'articolo 1 della legge 23.12.98, n. 461») e dal provvedimento del Ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 5 agosto 1999 («Atto di indirizzo a carattere generale in materia di adeguamento degli statuti delle fondazioni alle disposizioni della legge 23.12.98, n. 461, e del decreto legislativo 17.5.1999, n. 153).
Le citate disposizioni prescrivono che, al fine di assicurare l'indipendenza nello svolgimento dei rispettivi compiti e la trasparenza delle decisioni, le «incompatibilità», in linea di massima, devono essere fissate reciprocamente fra i componenti dei tre organi di base delle fondazioni (indirizzo, amministrazione e controllo) e fra questi e l'organo di direzione.
Viene, inoltre, demandata agli statuti l'individuazione di situazioni riguardanti incarichi, il cui svolgimento sia ritenuto incompatibile con la qualità di componente degli organi della fondazione in base ad una motivazione verificabile, ovvero con riferimento alla titolarità di cariche pubbliche, non necessariamente elettive; ciò al fine di assicurare condizioni formali e sostanziali di indipendenza nello svolgimento dei compiti dei vari organi e di assoluta trasparenza delle decisioni, nonché di evitare situazioni di conflitto.
In tale contesto, le medesime disposizioni rimettono agli statuti anche la determinazione di specifiche ipotesi di incompatibilità per i dipendenti e gli amministratori degli enti e degli organismi, ai quali spettano, in base alle disposizioni statutarie, poteri di designazione dei componenti gli organi delle fondazioni, nonché per i soggetti legati a questi da rapporti di collaborazione anche a tempo determinato.
Si precisa, altresì, che, ai sensi dell'articolo 4, comma 3, del citato decreto legislativo n. 153 del 1999, i membri dell'organo di amministrazione non possono assumere la carica di amministratore nella società bancaria conferitaria.
La normativa di riforma ha, perciò, disciplinato
ex novo la materia mediante un regime assoluto d'incompatibilità per le cariche di consigliere di amministrazione nelle fondazioni e di consigliere di amministrazione nelle società bancarie conferitarie; ha stabilito, inoltre, in via transitoria, che l'incompatibilità ai sensi del citato articolo 4, comma 3, con riguardo ai componenti l'organo di amministrazione di fondazioni, i quali ricoprivano alla data di entrata in vigore del presente decreto anche la carica di consigliere di amministrazione in società bancarie conferitarie, sarebbe diventata operativa allo scadere del termine della carica ricoperta nella fondazione e, comunque,


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non oltre la data di adozione del nuovo statuto, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, decreto legislativo n. 153 del 1999.
Si ritiene, perciò, che nel caso in questione non si rinvengano profili di illegittimità ai sensi della normativa vigente, non presentando il medesimo situazioni d'incompatibilità.
Per quanto concerne la mancata comunicazione al Parlamento della nomina del professor Emanuele Emmanuele, va precisato che il parere parlamentare, previsto dalla legge 24 gennaio 1978, n. 14, è richiesto solo per le nomine di presidenti e vicepresidenti di istituti e di enti pubblici nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri, dal Consiglio dei Ministri o dai singoli Ministri.
Nel caso in esame, la nomina del presidente compete al consiglio di amministrazione della fondazione, ai sensi dell'articolo 21 dello statuto vigente.
Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Vincenzo Visco.

MIGLIORI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dalla autopsia sul corpo di Bruno Montesi, manager fiorentino recentemente ucciso a Bagdad mentre vi si trovava per ragioni di lavoro, emergerebbe con evidenza che trattasi di una vera e propria esecuzione;
l'edificio nel quale è avvenuto l'omicidio risulterebbe presidiato e controllato dalla polizia irakena;
è doveroso fare piena luce sulle responsabilità complessive di tale omicidio a tutela delle garanzie generali di sicurezza in cui si trovano ad operare cittadini, tecnici e lavoratori italiani nelle aree «calde» soprattutto del medio oriente -:
quali notizie si è stati in grado di avere sulla dinamica, il movente, le indagini inerenti l'omicidio Montesi;
quali passi siano stati fatti nei confronti del governo irakeno affinché vi sia compiuta e convinta collaborazione dell'autorità di Bagdad per individuare nel più breve tempo possibile mandanti ed esecutori di un crimine che sembra difficilmente ascrivibile ad un tentativo di furto o rapina.
(4-32739)

Risposta. - Il 17 novembre scorso intorno alle ore 19.00, la Sezione di Interessi italiana a Baghdad contattava l'Unità di Crisi del Ministero degli Esteri comunicando che il signor Filippo Ferrini, rappresentante in Iraq della società Nuovo Pignone, aveva rinvenuto alle ore 17.00 locali (ore 14.00 in Italia) il corpo senza vita del signor Bruno Montesi nell'abitazione occupata da quest'ultimo.
Il signor Ferrini avrebbe avuto un ultimo contatto telefonico con il signor Montesi alle ore 13.00, ora locale, di mercoledì 15 novembre. Messo in allarme dal prolungato silenzio del Montesi, si era recato presso l'abitazione dello stesso dove, accompagnato dal padrone di casa in possesso delle chiavi, aveva fatto la scoperta di cui sopra. Il signor Ferrini informava immediatamente la polizia irachena che si recava subito sul posto.
Le indagini avviate dalla polizia si sono concluse, sotto l'aspetto strettamente operativo, il 21 novembre. In particolare, risulta che il corpo del Montesi sia stato ritrovato riverso su un divano, mentre la causa della morte sarebbe imputabile ad uno o due colpi di arma da fuoco sparati alla testa.
La magistratura irachena sta invece proseguendo l'inchiesta per quanto riguarda la ricerca degli autori dell'omicidio e il movente dello stesso. Analoga inchiesta è stata avviata dalla Procura della Repubblica di Firenze.
Dopo aver espletato tutte le necessarie formalità, il 24 novembre, il responsabile della Sezione di Interessi in Iraq provvedeva a far trasportare la salma del signor Montesi da Baghdad ad Amman via terra e successivamente, il 25 novembre, al rientro in Italia.
Il signor Montesi si trovava a Baghdad in qualità di consulente della Nuovo Pignone per seguire la finalizzazione di contratti per la fornitura di attrezzature nell'ambito


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del programma «Oil for Food».
Durante tutto questo periodo l'Unità di Crisi è stata in stretto contatto con i rappresentanti della Nuovo Pignone e con i familiari della vittima in Italia ai quali ha fornito la massima assistenza.
Il caso continua ad essere seguito dal Ministero degli Esteri, sia attraverso la Sezione di Interessi a Baghdad che per il tramite dell'Unità di Crisi allo scopo di accertare tutti i possibili elementi sull'accaduto.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Franco Danieli.

MOLINARI e PITTELLA. - Ai Ministri di grazia e giustizia e dei lavori pubblici. - Per sapere - premesso che:
il progetto esecutivo della casa mandamentale del comune di Laurenzio (Potenza) fu approvato, in linea tecnico-amministrativo regionale alle opere pubbliche con voto n. 11541 del 30 novembre 1983;
il ministero di grazia e giustizia espresse parere favorevole per la speciale tecnica penitenziaria con nota del 7 aprile 1985;
fu esperita regolare gara di appalto, con relativa e conseguente stipula del contratto di appalto il 21 marzo 1985;
espletati i vari atti inerenti l'occupazione dei suoli, si consegnarono i lavori in data 17 luglio 1985;
nel 1987 fu redatta una perizia di variante e suppletiva, regolarmente approvata, in linea tecnica-economica dello stesso comitato tecnico amministrativo regionale alle opere pubbliche, ed in linea tecnica-penitenziaria dal Ministero di grazia e giustizia;
i vari lavori, sia edili che quelli riguardanti gli impianti tecnologici, sono stati regolarmente completati fin dal 1990;
le varie imprese hanno firmato le contabilità finali senza riserva alcuna;
l'importo globale dei lavori e delle spese è risultato pari a 2.610.842.762 di lire, che, rapportato al numero dei posti, per un numero totale di dieci per gli uomini e donne, da un costo di lire 186.500.000/posto detenuto;
tale importo è comprensivo anche degli ultimi lavori di pitturazione del muro di cinta che, essendo alto mediamente circa dieci metri, ha provocato seri problemi di impatto ambientale, tanto che si è cercato di ovviare realizzando un murales in grado di creare un effetto trampe-l'oeil, che dia l'immagine, a chi guarda, di una fortezza, di un castello protetto, simile ai tanti normanni presenti sull'intero territorio lucano nonché nello stesso comune di Laurenzana;
la casa mandamentale è stata costruita nel massimo rispetto della speciale tecnica penitenziaria e tenendo soprattutto conto delle prescrizioni specifiche richieste nel parere espresso dall'ufficio tecnico del ministero di grazia e giustizia;
il muro di cinta, come si diceva in premessa, ha creato e crea comunque un contrasto sullo scenario ambientale ricco di emergenze architettoniche di evidente fascino storico e culturale;
dagli speciali impianti tecnologici, elettrici, termici e idrico-sanitari, agli infissi di protezione antievasione, alle tompagnature in mattoni pieni, alla copertura del tetto, si evidenzia un continuo nel rispetto della prevenzione della salute del detenuto nonché degli accorgimenti per evitare la fuga diretta e indiretta, prodotta da eventuali complici dall'esterno;
la tipologia strutturale dell'opera, dunque, non consente una pur minima trasformazione per uso diverso da quello per cui è stata realizzata;
la mancanza di personale di custodia e sorveglianza rende la manutenzione dell'opera estremamente difficile;
depositi e stagnazioni di neve ed acqua nei pozzi luce creano fenomeni di


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infiltrazione nei locali e nei corridoi degli stessi livelli e di quelli inferiori;
il danno per l'erario dello Stato aumenta nel corso degli anni per la mancata utilizzazione dell'intera struttura carceraria;
la legge 5 agosto 1978, n. 469, relativa all'ordinamento delle case mandamentali prevedeva la possibilità di rimborso forfettario annuo per le spese di funzionamento nonché per il personale di custodia assimilato a quello di vigile urbano;
il danno provocato dalla costruzione della struttura penitenziaria sul territorio potrebbe essere compensato in parte con l'assunzione di personale, cosa auspicabile ed augurabile considerata la crisi occupazionale della gente di Basilicata;
il numero dei detenuti potrebbe essere aumentato fino a trenta, due detenuti per cella, sfoltendo le carceri di Potenza e fornendo agli stessi detenuti un ambiente meno promiscuo e meno violento, tipico delle carceri sovraffollate;
la cappella, il servizio mensa, i locali comuni per lo svago, i servizi sanitari ed i locali per assistenti sociali potrebbero ben adattarsi per la rieducazione del detenuto, curandolo nella crescita culturale e religiosa;
la distanza poi dalle carceri di Potenza e, quindi, dai funzionari preposti si andrà sempre di più riducendosi con la nuova strada in fase di esecuzione che collegherà il comune alla Basentana ed al capoluogo regionale;
la percorribilità è comunque già abbastanza semplificata ed i tempi sono di circa mezz'ora anche con l'attuale situazione stradale -:
quale ruolo intendano assegnare alla casa mandamentale di Laurenzana e quali iniziative intendano assumere per rendere funzionale in breve tempo una struttura la cui costruzione risale ormai all'anno 1990.
(4-05822)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue sulla base delle informazioni acquisite presso la competente articolazione ministeriale.
Nel mese di agosto del 1999, a seguito dell'iniziativa governativa condotta nell'ambito della Conferenza Stato-Città presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stata emanata la legge 3 agosto 1999, n. 265 che, all'articolo 34, dispone la soppressione delle case mandamentali e, contestualmente, il mantenimento della destinazione penitenziaria solo per gli istituti ritenuti idonei per condizioni strutturali, capienza ed economicità gestionale.
Pertanto, ai sensi della predetta legge, sono state soppresse 65 case mandamentali mentre è stato disposto, con apposito decreto ministeriale, il mantenimento di 25 strutture la cui capacità recettiva ammonta a circa 1000 posti.
Allo stato, sono in funzione 15 istituti ed altri 10 saranno attivati, una volta completati i lavori di costruzione in corso.
La Casa Mandamentale di Laurenzana, essendo inserita nel decreto interministeriale del 31 marzo 2000, emanato ai sensi dell'articolo 34, 1o comma, della legge n. 265 del 1999, rientra fra quelle soppresse e, come peraltro già annunciato al Comune di Laurenzana, tale struttura rientra definitivamente nella disponibilità dello stesso Comune, che potrà così determinarne una diversa destinazione, in attuazione delle proprie attribuzioni istituzionali.
Il Ministro della giustizia: Piero Fassino.

MOLINARI. - Al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. - Per conoscere - premesso che:
in Basilicata opera la «fondazione lucana antiusura Monsignor Cavalla» con sede in Matera presso la Parrocchia di Sant'Agnese;
nel mese di febbraio 2000, a seguito della richiesta di rinvio a giudizio del presidente della fondazione, sig. Angelo Festa,


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e del componente Rev.mo Don Basilio Gavazzeni,entrambi hanno rassegnato le proprie dimissioni;
in data 21 luglio 2000 è stato nominato un nuovo consigliodi amministrazione della Fondazione con la elezione di un nuovo presidente;
in data 10 agosto 2000 dopo l'avvenuta verifica contabile-amministrativa della gestione della fondazione, da parte del collegio sindacale, sono state effettuate le consegne frail presidente uscente e il subentrante;
sulla base delle indagini volte ad accertare la corretta gestione dei fondi assegnati dal Ministero del tesoro per il periodo dal 1996 al 1997, ai sensi dell'articolo 15 legge n. 108 del 1996, la fondazione si è vista sospendere «momentaneamente» in via cautelativa l'utilizzo di tali fondilimitando la propria attività all'ascolto;
sono passati oltre 2 anni dalla sospensione dei fondi, che ammontano ad oltre 5miliardi di lire finalizzati alla prevenzione del fenomeno dell'usura;
in Basilicata nelle due provincie di Matera e Potenza l'usura purtroppo risulta essere un fenomeno diffuso;
quali iniziative intenda intraprendere il ministro affinché venga revocata la sospensione cautelativa dei fondi in considerazione del rinnovo del consiglio di amministrazione permettendo in tal modo alla Fondazione Monsignor Cavalla di riprendere la propria attività.
(4-32586)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente l'attività della Fondazione Lucana Antiusura «Monsignor Cavalla».
Al riguardo, si fa presente che alla Fondazione Lucana Antiusura «Monsignor Vincenzo Cavalla» sono stati assegnati, e regolarmente erogati, nel corso dell'anno 1997, contributi per complessivi 4.700.000.000, dei quali 2.500.000.000 per l'esercizio 1996 e 2.200.000.000 per l'esercizio 1997.
In merito alle vicende della Fondazione in questione, si comunica quanto segue.
In data 15 aprile 1998, il Comando Provinciale dei Carabinieri di Matera, su delega della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Matera, chiedeva l'acquisizione in copia di tutta la documentazione relativa all'erogazione dei contributi alla Fondazione Lucana Antiusura.
In data 3 ottobre 1998, il suddetto Comando comunicava formalmente a questa amministrazione l'esistenza di un'indagine tendente ad accertare la corretta gestione dei contributi ministeriali erogati alla Fondazione in questione, essendo state ravvisate, a carico di alcuni esponenti della stessa, responsabilità penali per i reati di cui agli articoli 110, 81 cpv, 316, comma 2, C.P., con emissione di avvisi di garanzia ed inviti a comparire.
In data 15 ottobre 1998, il Tesoro disponeva, in via cautelativa, la sospensione temporanea dell'ulteriore utilizzo dei fondi ministeriali da parte della Fondazione, interessando allo scopo gli istituti bancari presso i quali gli stessi risultavano accreditati; richiedeva, altresì, in data 24 novembre 1998, al Comando Provinciale dei Carabinieri di Matera di fornire sollecite informazioni sulle determinazioni adottate dalla Magistratura, al fine di valutare l'eventuale sblocco dei fondi vincolati.
In data 3 dicembre 1998, in mancanza di ulteriori elementi sugli sviluppi dell'inchiesta, questa Amministrazione rimetteva alla Commissione di gestione del Fondo la decisione sull'opportunità o meno di revocare la sospensione dell'utilizzo dei fondi vincolati.
In data 23 dicembre 1998, la predetta Commissione deliberava di non poter adottare alcun provvedimento, in mancanza di precisi elementi di giudizio da acquisire dalla Procura della Repubblica di Matera.
In data 20 luglio 1999, la Procura in questione, sollecitata da questo Ministero, comunicava di aver richiesto il rinvio a giudizio nei confronti del Presidente e di un membro della Fondazione, per il reato di malversazione ai danni dello Stato. Successivamente, in data 12 febbraio 2000, il Comando Provinciale dei Carabinieri di Matera


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comunicava che, al termine delle udienze preliminari, il GUP presso il Tribunale di Matera aveva accolto la richiesta di cui sopra, ed aveva disposto il rinvio a giudizio del Presidente e di un membro della Fondazione Lucana Antiusura, il cui procedimento dibattimentale risulta tuttora in corso.
In data 10 ottobre 2000, la Fondazione comunicava a questa Amministrazione la sostituzione del Consiglio di Amministrazione e la nomina di un nuovo Presidente del medesimo Consiglio, a seguito delle dimissioni presentate dagli esponenti rinviati a giudizio, e richiedeva contestualmente di poter riprendere la propria attività, interrotta a causa della sospensione cautelativa.
La Commissione di gestione del Fondo, in data 12 dicembre 2000, ha preso in esame la richiesta di svincolo dei fondi, presentata dalla Fondazione, ed ha preso atto che, a seguito delle dimissioni presentate dagli esponenti rinviati a giudizio, il Consiglio di Amministrazione risulta totalmente sostituito, anche nella figura del Presidente. La Commissione, pertanto, tenuto conto anche delle pressanti sollecitazioni in tal senso pervenute dal Prefetto di Matera, ed al fine di consentire la ripresa dell'attività della Fondazione in favore delle vittime dell'usura, si è espressa, in linea di principio, favorevolmente sulla revoca della sospensione cautelativa dei fondi statali, purché preceduta da una quantificazione delle effettive esigenze di utilizzo dei fondi, in relazione alle richieste presentate, oltre che dalla attestazione del possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità da parte dei nuovi esponenti della Fondazione.
Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Vincenzo Visco.

OLIVIERI, SCHMID, BOATO, CACCAVARI, PISAPIA e BRUGGER. - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Enrico Forti è un italiano residente da alcuni anni negli Stati Uniti, dove viveva con la moglie ed i suoi tre figli;
giovedì 15 giugno è stato condannato all'ergastolo con sentenza pronunciata dal giudice Victoria Platzer della Miami Dade Court dello Stato della Florida. I dodici giudici popolari della Dade Court di Miami hanno ritenuto Forti colpevole dell'omicidio di Anthony Pike, ma i motivi che li hanno portati alla decisione non sono stati resi noti. I mezzi d'informazione hanno dato ampio risalto a quanto avvenuto;
Forti è stato ritenuto responsabile dell'omicidio di Anthony Pike il cui corpo venne ritrovato il 16 febbraio 1998 nei boschi di Virginia Key, un quartiere residenziale di Miami, ucciso da due colpi di pistola alla testa;
la vittima era il figlio di facoltoso imprenditore australiano, Anthony Pike Senior. Forti venne arrestato pochi giorni dopo con l'accusa di frode e il sospetto di aver ucciso Anthony Pike;
Enrico Forti ed il suo socio, il tedesco Thomas Knott, avevano contattato Anthony Pike Senior per un albergo ad Ibiza in Spagna. Secondo l'accusa Forti ed il suo socio avrebbero tentato di sottrarre ad Anthoy Pike Senior la proprietà dell'albergo, mentre la difesa ha ribattuto che l'affare non mascherava alcuna truffa in quanto l'Hotel andava male ed era sommerso dai debiti e per questo Pike Senior voleva far entrare nella proprietà nuovi soci. Sembra però che il figlio di Pike Senior, la vittima, non avesse gradito quell'affare e per evitare che andasse in porto nel febbraio del 1998 si recò a Miami;
Enrico Forti sarebbe andato a trovarlo all'aeroporto, i fatti successivamente accaduti non sono chiari. L'imputato sostiene di aver lasciato Pike in un ristorante dove poi questi si allontanò in compagnia di uno sconosciuto. L'accusa replica che Forti, con la complicità di una persona sconosciuta, uccise Pike per fare in modo che l'acquisto dell'albergo non si potesse realizzare;
l'elemento su cui l'accusa avrebbe costruito il suo teorema è legato alle contraddittorie dichiarazioni rese da Forti.


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Dopo il ritrovamento del cadavere, egli si presentò alla polizia di Miami sostenendo di non aver mai incontrato la vittima. Questo era falso in quanto il loro incontro è stato ripreso dalle telecamere dell'aeroporto. A questo punto Forti ha ritrattato, affermando di aver prelevato Pike all'aeroporto. Pike gli avrebbe quindi chiesto di poter fare una telefonata e quindi si sarebbe fatto lasciare nel piazzale di un ristorante da dove si sarebbe allontanato in compagnia di uno sconosciuto. Altro elemento portato a carico di Forti è che l'assassinio avvenne tra le 18 e le 20 e Forti sarebbe stato con la vittima sino alle 19;
il Consolato italiano di Miami ha seguito da vicino la vicenda giudiziaria offrendo assistenza Enrico Forti;
a carico di Forti c'erano solamente alcuni indizi ma la giuria popolare ha ritenuto di esprimere la condanna all'ergastolo per il solo Enrico Forti. La difesa sottolinea che il processo presenta diverse lacune, tra le quali il fatto che nessuno si è preoccupato di scoprire chi fosse la persona sconosciuta incontrata al ristorante;
ora si trova in carcere e la sua speranza è legata alla possibilità di ottenere il processo d'appello richiesto dai suoi legali, ma questo non è scontato in base alle leggi americane. L'istanza della difese verrà vagliata il 14 luglio da una giuria composta da tre giudici e che un avvocato di Stato; se questa riterrà che non sussistono nuovi elementi tali da riaprire il caso o che la decisione del tribunale di primo grado non presenta contraddizioni, per Enrico Forti sarà confermata la condanna all'ergastolo;
le spese legali sono molto elevate negli Stati Uniti, la sua famiglia avrebbe già speso un miliardo, i suoi beni sono sotto sequestro e la moglie con i tre bambini è in grosse difficoltà economiche;
la famiglia di Enrico Forti ha chiesto l'appoggio del Governo italiano affinché ponga in essere quanto gli è possibile per fare in modo che l'ergastolo per Enrico Forti non venga reso esecutivo, il processo venga rifatto o almeno venga svolto il dibattimento di secondo grado -:
quale sia stato il ruolo del Consolato italiano a Miami nella vicenda che ha coinvolto Enrico Forti;
quali azioni intendano intraprendere per richiedere fortemente che il processo venga annullato e rifatto alla luce delle irregolarità che si sarebbero verificate nel primo processo, essendo tra l'altro le regole processuali americane diverse da quelle italiane, per cui lo svolgimento del dibattimento di secondo grado non è scontato;
quale assistenza si intenda fornire a Enrico Forti ed alla sua famiglia, tenendo presente che è un italiano residente all'estero.
(4-30414)

Risposta. - Non appena avuta notizia dell'arresto del sig. Enrico Forti, avvenuto il 12 ottobre 1999, con l'imputazione di omicidio del sig. Anthony Pike, il Consolato Generale d'Italia a Miami e l'Ambasciata a Washington si sono attivati per assicurare la massima assistenza al connazionale.
In particolare, le anzidette Rappresentanze diplomatico-consolari hanno preso immediatamente contatto con i legali del sig. Forti per esaminarne la situazione giuridica e per valutare se l'accusa di omicidio potesse comportare la richiesta della pena capitale da parte dello State Attorney. Appresa l'esistenza di tale eventualità, l'Ambasciata a Washington ed il Consolato Generale a Miami effettuavano ogni possibile passo per sottolineare che la vicenda era seguita con la massima attenzione dal Governo italiano e per ribadire l'opposizione dell'Italia alla pena di morte. A seguito di tali ripetuti interventi, nell'aprile 2000 l'Ufficio dello State Attorney rinunciava a richiedere la pena capitale, optando per la reclusione a vita.
Il 12 aprile 2000, in attesa della prima udienza, funzionari dell'Ambasciata a Washington e del Consolato Generale a Miami effettuavano una visita consolare nel carcere dove era recluso il connazionale ed in tale occasione lo rassicuravano sulla


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massima attenzione prestata al suo caso dal Governo italiano.
Il 15 giugno 2000 il Consolato Generale a Miami inviava un rappresentante all'udienza di primo grado e, a seguito della sentenza di condanna all'ergastolo, prendeva subito contatto con i legali del Forti per valutare la possibilità di effettuare un nuovo processo. Il 17 luglio 2000, rigettata dal giudice la domanda in tal senso, venivano immediatamente avviate le procedure per un giudizio d'appello.
Secondo le anticipazioni fornite dal Consolato Generale a Miami, l'udienza d'appello sarà fissata nel mese di gennaio 2001 e si terrà probabilmente nel successivo mese di febbraio.
In attesa della nuova udienza, il Consolato Generale a Miami continua ad assicurare la massima assistenza al connazionale, anche attraverso visite consolari continue e regolari. Inoltre, il Consolato Generale si mantiene in stretto contatto con la famiglia del sig. Forti, facendo giungere al connazionale le somme di denaro e gli oggetti che gli vengano inviati dai familiari.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Franco Danieli.

OLIVO, BRANCATI, GIACCO, BRUNETTI, OLIVERIO, GAETANI, CENTO, GAETANO VENETO, OCCHIONERO, PALMA, MAURO e GATTO. - Al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. - Per sapere - premesso che:
la promozione dello sviluppo delle aree depresse del Paese, ed in particolare del Mezzogiorno d'Italia, attraverso la programmazione negoziata e concertata con gli attori dello sviluppo locale, si sta rivelando sempre di più come una felice intuizione che, stimolando l'orgoglio e la concorrenzialità fra territori, realizza le necessarie premesse culturali per il decollo delle singole aree;
il perfezionamento degli strumenti di programmazione negoziata procede tuttavia con enormi ed ingiustificati ritardi che creano, ancora una volta, un forte distacco fra la società civile e quella politica particolarmente evidenti proprio dove più grande si manifesta la passione degli attori dello sviluppo locale impegnati nella costruzione di un quadro organico di riferimento per le forze economiche e sociali e per la stessa amministrazione pubblica teso ad individuare obiettivi concreti e perseguibili, evitare dispersione a pioggia di risorse, creare le condizioni per una crescita endogena e duratura, attivare sinergie con la programmazione regionale, nazionale e comunitaria, in altre parole rivolto ad inserire il territorio nel circuito virtuoso dello sviluppo autopropulsivo;
i Patti Territoriali, per il grande numero di aree coinvolte, e per l'indiscutibile e, per certi versi straordinaria, capacità di concertazione e programmatoria messa in campo dai soggetti promotori, rappresentano il momento più interessante della programmazione negoziata capace di produrre, a condizione che siano sufficientemente supportati dalle necessarie risorse, effetti immediati sull'occupazione ma anche e soprattutto, ancora più importante, sulla stessa qualità dello sviluppo;
alla luce dell'esperienza dei Patti Territoriali così detti di I e II generazione, risalenti agli anni 1996 e 1997, con la legge finanziaria 1999 e i relativi collegati, sono stati introdotti correttivi e semplificazioni alle procedure ed è stato previsto il finanziamento dei soggetti responsabili veri motori della concertazione locale avviati a svolgere il ruolo di agenzie di sviluppo locale;
dopo oltre un anno e mezzo dall'approvazione dei provvedimenti di sostegno alle attività dei soggetti responsabili, tuttavia, mancano i regolamenti di attuazione e le società miste, costituite per la gestione dei Patti, sono impedite nell'esercizio dei compiti loro assegnati dalle delibere e dai regolamenti Cipe con grave pregiudizio per la correntezza e la realizzazione degli obiettivi dei Patti -:
quali siano le cause, presumibilmente legate alla burocratizzazione e alla scarsa


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efficienza del Dipartimento della programmazione negoziata, che hanno impedito l'emanazione, in tempi ragionevoli, dei regolamenti di attuazione dei collegati alla finanziaria 1999 in materia di finanziamento dei soggetti responsabili dei Patti territoriali e quali garanzie il Ministro intenda dare circa la immediata emanazione dei regolamenti stessi.
(4-30661)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, concernente i regolamenti di attuazione previsti dalla legge finanziaria 1999 per il finanziamento dei Soggetti responsabili dei patti territoriali.
Al riguardo, si fa presente che, in base al potere conferito al Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica dall'articolo 2, comma 207, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, come modificato dall'articolo 43, comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144 («Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali»), è stato elaborato uno schema di regolamento, recante «Disciplina per l'erogazione delle agevolazioni relative ai contratti d'area e ai patti territoriali», il quale contiene anche le disposizioni dirette a definire le funzioni dei Soggetti responsabili dei patti territoriali e dei Responsabili unici dei contratti d'area, nonché ad attribuire agli stessi le necessarie risorse finanziarie.
In data 10 dicembre 1999, questo Ministero ha trasmesso lo schema di regolamento, per il prescritto parere, al Consiglio di Stato, che, in data 27 gennaio 2000, ha restituito il documento con alcune osservazioni e proposte di modifiche, alle quali questa Amministrazione si è conformata.
Si fa, inoltre, presente che il CIPE, con delibera n. 31 del 17 marzo 2000, recante «Disposizioni transitorie in materia di programmazione negoziata e velocizzazione dei contratti d'area», ha previsto che il regolamento in questione disciplinasse, in via organica, le ipotesi di revoca delle agevolazioni. È stato, quindi, necessario apportare alcune modifiche ed integrazioni al testo.
Nel frattempo, sono pervenute osservazioni da parte di alcuni soggetti interessati ed, in particolare, una richiesta informale di incontro da parte della Presidenza della Conferenza dei Presidenti delle Regioni. Nel corso dell'incontro sono stati avanzati dalle Regioni alcuni rilievi di merito, che hanno reso necessario un ulteriore approfondimento della materia.
Detto regolamento, che contiene, pertanto, una disciplina organica fino ad oggi mancante, è stato, infine, emanato con decreto n. 320 del 31 luglio 2000 e pubblicato sul Supplemento ordinario n. 182/L alla
G.U. n. 260 del 7 novembre 2000.
Si soggiunge, inoltre, che questa Amministrazione sta concludendo l'istruttoria preliminare per la redazione delle convenzioni e dei disciplinari, al fine di consentire una piena operatività del regolamento in questione.
Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Vincenzo Visco.

PEZZOLI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per conoscere - premesso che:
com'è noto, da parte dell'INPS, sono state istituite speciali «task forces» adibite ai controlli nelle campagne, al fine di reprimere il fenomeno dell'impiego illegale di extracomunitari, soprattutto nei periodi di raccolta;
la lodevole iniziativa, tuttavia, non sembra sia stata interpretata in tal senso da parte della sede INPS di Mestre: squadre di ispettori, infatti hanno preso di mira soprattutto le piccole proprietà contadine, nel periodo della vendemmia, sanzionando con pesanti multe la presenza sui fondi di persone estranee al nucleo familiare dell'imprenditore agricolo;
orbene, per quanto lecito sotto il profilo formale possa dirsi l'operato degli ispettori, il fatto che nel corso delle vendemmie vi sia tra le famiglie degli agricoltori l'uso di aiutarsi reciprocamente, trova il proprio fondamento in una tradizione


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millenaria e non si vede proprio quale sia l'opportunità di andare a colpire così pesantemente una consuetudine nota ed innocua, che si traduce in ben poche lire per le casse dell'Istituto;
il vicendevole soccorso, durante la vendemmia, la mietitura, la raccolta della frutta, è sempre stato da secoli un fondamento della comunità agraria ed un momento non solo di lavoro ma anche di ritrovo comune e di rafforzamento dei vincoli di parentela, di amicizia, di socializzazione;
le «squadre» dell'INPS vadano ad interferire con questo vero e proprio mos maiorum, anziché colpire i reali fenomeni d'impiego abusivo di manodopera spesso clandestina, non può non destare sorpresa nei diretti interessati nonché in tutti coloro che, al tempo, avevano auspicato interventi più severi nei confronti dello sfruttamento degli immigrati da parte di alcune grosse imprese agricole -:
se non ritenga opportuno dare delle indicazioni in proposito, auspicando in primis che i controlli nelle campagne siano rivolti nel senso originariamente previsto ed inoltre sancendo la legittimità dell'opera comunitaria tra appartenenti a più nuclei familiari che si riscontra in agricoltura nei periodi di massima concentrazione delle vendemmie e delle raccolte, tra i coltivatori diretti.
(4-31835)

Risposta. - In relazione al tema indicato nell'interrogazione si rappresenta quanto precisato al riguardo dall'Istituto nazionale di Previdenza Sociale.
La formulazione del piano di attività della vigilanza, la trasformazione in termini operativi e la programmazione delle attività di gestione delle risorse e di controllo dei risultati rientra nei compiti delle Direzioni Regionali dell'INPS. Le stesse formulano i piani con specifica attenzione alla valutazione degli aspetti statistici, sociali e legali del fenomeno «economia sommersa e lavoro nero», in azione sinergica con altre forze ispettive, su un territorio, spesso, più ampio di quello di appartenenza.
Il budget programmato per l'anno 2000, per la Regione Veneto, ha previsto per la provincia di Venezia (in cui rientra anche la Sede di San Donà), l'effettuazione di 2.040 accertamenti ispettivi, di cui 204 specifici per le aziende agricole. Per quanto riguarda l'attività effettivamente svolta, l'Istituto fa presente che, nei primi 10 mesi dell'anno, sono stati effettuati nella provincia di Venezia n. 986 accertamenti ispettivi, di cui 41 nei confronti delle aziende agricole.
In particolare, gli accertamenti ispettivi effettuati nel territorio di San Donà di Piave, nel periodo della vendemmia, sono stati in tutto 18. L'esito dei predetti accertamenti è stato sostanzialmente negativo, in quanto soltanto per due aziende è stato formulato l'addebito per il mancato versamento dei contributi assicurativi e previdenziali.
L'INPS, inoltre, ha precisato che, nel corso di tali accertamenti, gli ispettori di vigilanza tengono in debito conto l'eventuale presenza nelle aziende agricole di persone appartenenti a più nuclei familiari. Infatti, in una delle due aziende sottoposte ad accertamento con esito positivo, gli addebiti sono stati effettuati soltanto ed esclusivamente per tutti coloro che, trovati ad effettuare prestazioni di lavoro retribuite, sono risultati privi della qualifica di coltivatori diretti e non legati da alcun vincolo di parentela con i titolari delle aziende (nello specifico 2 persone su dieci lavoratori trovati nel campo per la raccolta).
Si fa presente che, recentemente, sulla materia è intervenuta la Legge 23/12/2000, n. 388 (finanziaria 2001). Infatti l'articolo 122 prevede, come sperimentazione e per un periodo non superiore a due anni, che i coltivatori diretti iscritti agli elenchi provinciali possono avvalersi, per la raccolta dei prodotti agricoli, in deroga alla normativa vigente, della collaborazione occasionale di parenti ed affini entro il quinto grado per un periodo complessivo non superiore a tre mesi nel corso dell'anno.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.


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PISAPIA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
con decreto in data 6 giugno 2000 il prefetto di Viterbo ha ordinato l'espulsione della cittadina somala Faduma Farah Aidid per essersi trattenuta nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto;
la signora Aidid, figlia dell'ex presidente della Repubblica somala, generale Aidid, assassinato nel 1996, ha fatto ingresso in Italia nel 1986 accreditata presso il ministero degli affari esteri quale terzo segretario dell'ambasciata della Repubblica somala in Roma;
nel decreto di espulsione si afferma che la signora Aidid «non è risultata più far parte del personale» della rappresentanza diplomatica somala;
il tribunale di Viterbo ha annullato il decreto di espulsione con provvedimento in data 28 giugno 2000;
è stato presentato dal signor Franco Cannatà un esposto alla procura della Repubblica di Roma nel quale è stato fatto presente come la sede dell'ambasciata sia occupata abusivamente da persone estranee alla rappresentanza diplomatica, ossia dai rappresentanti del regime di Siad Barre, deposto nel 1991, i quali continuano nei fatti a svolgere funzioni non riconosciute né dal legittimo governo somalo né a livello internazionale;
il Governo italiano non è finora intervenuto per porre fine a tale situazione, con la conseguenza che attualmente non esiste una legittima rappresentanza diplomatica somala in Italia -:
di quali informazioni disponga in merito ai fatti riferiti in premessa e quali provvedimenti intenda adottare per rimuovere quanto prima l'attuale situazione di incertezza, che crea gravi inconvenienti ai cittadini somali residenti in Italia.
(4-31675)

Risposta. - La rete diplomatica somala, ha cessato peraltro di operare a seguito del collasso delle strutture statali del Paese e delle condizioni di anarchia ivi determinatesi, allorché dal 1991, a seguito della destituzione del Presidente Siad Barre, non seguì la costituzione di un nuovo Governo centrale.
Al fine di venire comunque incontro alle esigenze della Comunità somala in Italia, si è quindi convenuto, di concerto con il Ministero degli Interni di rinnovare trimestralmente i tesserini diplomatici a quattro funzionari del l'Ambasciata somala, e, dal maggio dello scorso anno, solo a due di loro, per consentire di svolgere le mansioni consolari, nella misura strettamente necessaria, di assistenza alla comunità in questione. Naturalmente, detti funzionari, non essendo legittimati a rappresentare un governo centrale somalo inesistente, non possono svolgere attività di carattere diplomatico. Per i restanti ex funzionari dell'Ambasciata e del Consolato si era provveduto a chiedere alla Questura di Roma il rilascio dei permessi di soggiorno.
Per quanto riguarda invece le sedi diplomatico-consolari di proprietà somala, risulta che in alcuni immobili risieda il personale della ex Ambasciata somala rimasto in Italia mentre la villa dell'Olgiata è stata affittata a terzi.
Per quanto attiene poi alla Signora Faduma Farah Aidid, essa è stata accreditata in qualità di Terzo Segretario dell'Ambasciata somala a Roma dal 1986 al 1989, ma dal 1990 non risulta più far parte del personale diplomatico di detta Ambasciata. La Questura di Roma ha reso noto che la Signora Faduma Farah Aidid si era presentata il 23 maggio scorso, qualificandosi come Ambasciatore della Somalia in Italia, insieme al Signor Franco Cannatà, che invece si è qualificato «Consigliere Generale degli Affari Speciali della Repubblica Somala» per rivendicare l'indebita occupazione degli immobili sopra citati.
È necessario precisare che, affinché ci sia una rappresentanza diplomatica che abbia un carattere di ufficialità, è necessariamente richiesta una prassi formale. Il personale diplomatico deve essere notificato tramite i canali diplomatici a questo Ministero degli Esteri e per l'Ambasciatore è necessario ottenere preventivamente il gradimento del


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Paese accreditatario, in questo caso l'Italia nonché, successivamente, l'atto formale della presentazione delle Lettere Credenziali al Capo dello Stato, cerimonia che ufficializza la presenza del Capo Missione di quel paese.
Sicché non è possibile riconoscere alla Signora Aidid o al Signor Cannatà un qualsiasi titolo di rappresentatività per rivendicare gli immobili in questione che, peraltro, periodicamente sedicenti incaricati o rappresentati del «Governo somalo» rivendicano per esclusivi fini personali.
Si sono ultimamente registrati in Somalia importanti sviluppi nello scenario politico, come conseguenza della Conferenza di riconciliazione nazionale tenutasi nella città gibutina di Arta, che ha eletto a fine agosto scorso, un'Assemblea nazionale transitoria e un Presidente nella persona di Abdulkassin Salad Hassan, non riconosciuti peraltro dalle autorità del Somaliland e del Puntland. L'Unione Europea, con una Dichiarazione dell'8 settembre scorso, si è espressa positivamente sulle nuove istituzioni e ha fatto appello a tutte le parti affinché instaurino un dialogo costruttivo.
Il Presidente neoletto sta procedendo alla formazione di un governo per la cui effettività saranno importanti soprattutto le intese che esso saprà raggiungere con l'insieme delle componenti somale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Rino Serri.

POZZA TASCA. - Ai Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione e per la solidarietà sociale. - Per sapere - premesso che:
in base a quanto emerso dall'inchiesta giornalistica condotta da Maurizio Chierici sull'inserto settimanale de Il Corriere della Sera IO Donna (sabato 27 novembre, pagina 91), a Gela si annidano molteplici forme di sfruttamento del lavoro minorile;
«bambini di appena nove anni utilizzati come camerieri in bar del centro o ragazzini autisti di furgoni per consegne» vanno così ad aggravare il quadro già di per sé drammatico dell'infanzia a Gela, già passata agli onori delle cronache come la città dei baby-killer, dove l'apprendistato del crimine inizia sin in tenera età;
i servizi sociali denunciano un tasso di dispersione scolastica nel territorio molto alto, sottolineando come un elevato numero di bambini abbandonano la scuola dopo aver conseguito la licenza elementare;
l'articolo 32 della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo del 1989 prevede che «gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo ad essere protetto contro lo sfruttamento economico e a non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale e sociale»;
la Carta europea dei diritti del fanciullo dell'Unione europea del 1992, paragrafo 8.39, sancisce che ogni fanciullo deve essere protetto da ogni forma di sfruttamento;
la raccomandazione n. 7840 del Consiglio d'Europa del 26 giugno 1997 impegna tutti i paesi membri ad adottare una strategia integrata per debellare le forme più intollerabili di lavoro minorile;
la Convenzione n. 182 dell'Oil, siglata a Ginevra nel giugno del 1999 relativa alla «Proibizione ed eliminazione immediata delle forme peggiori di lavoro minorile» prevede nuovi e più adeguati strumenti di controllo per sradicare il lavoro minorile;
la legge n. 285 del 1997, articolo 3 prevede la realizzazione di azioni positive per la promozione dell'infanzia e dell'adolescenza, per l'esercizio dei diritti civili fondamentali, per il miglioramento della fruizione dell'ambiente urbano e naturale da parte dei minori -:
quali iniziative sollecite i Ministri interrogati intendano adottare per il rafforzamento degli organi di controllo ed ispezione e per favorire iniziative volte a far


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emergere delle attività economiche non regolari, anche attraverso l'adozione di iniziative legislative volte a contrastare il lavoro minorile;
se non ritengano opportuno verificare i dati della dispersione scolastica e le procedure di controllo relative all'abbandono scolastico.
(4-27411)

Risposta. - In relazione a quanto emerso dall'inchiesta giornalistica rappresentata nell'interrogazione, è stata predisposta, dall'Ispettorato di Caltanissetta, un'accurata vigilanza diretta ad ostacolare e prevenire forme di sfruttamento di lavoro minorile.
Alla data di settembre 2000 erano stati sottoposti ad accertamenti ispettivi n. 47 bar, n. 33 officine meccaniche e n. 4 panifici. Nel corso della vigilanza, effettuata nelle ore antimeridiane, è stato trovato soltanto un minore di anni 15, la cui posizione lavorativa è in corso di accertamento.
Per salvaguardare l'insorgenza di tale fenomeno, l'Ispettorato Provinciale del Lavoro di Caltanissetta intensificherà l'azione di vigilanza nei settori e servizi a maggior rischio, anche nelle ore pomeridiane.
Per quanto riguarda il fenomeno della dispersione scolastica il Ministero della Pubblica Istruzione ha fatto presente di aver intrapreso iniziative volte a contrastare tale fenomeno mediante già avviati programmi di prevenzione che hanno interessato tutto il territorio nazionale; sono stati costituiti a livello provinciale Osservatori con rappresentanti delle varie istituzioni, che costituiscono strutture operative per correlare conoscenze - programmazione - organizzazione degli interventi e verifica, atteso che le esperienze già realizzate hanno confermato l'importanza del momento conoscitivo.
Il Ministero della Pubblica Istruzione ha comunicato, poi, che la problematica relativa alla dispersione scolastica è stata oggetto, di recente, di ulteriori analisi che hanno condotto alla elaborazione del documento «La dispersione scolastica: una lente sulla scuola». Detto documento vuole essere un contributo all'approfondimento della conoscenza del fenomeno ed offre elementi nuovi per approfondimenti sia a livello nazionale che in ambito locale permettendo di individuare i casi straordinari rispetto alle medie provinciali.
Per quanto riguarda il fenomeno in parola nel Comune di Gela, il competente Provveditore agli Studi ha comunicato di trovarsi impegnato per la soluzione di questa problematica sin dal 1998, quando la provincia di Caltanissetta fu individuata per l'avvio dell'esperienza pilota, tenuto conto della mappa elaborata dal CENSIS sull'argomento.
Dalla rilevazione effettuata dai docenti coordinatori utilizzati per la dispersione scolastica nell'area di Gela, per l'anno scolastico 1999/2000, risultano i seguenti dati riferiti alle scuole dell'obbligo:
alunni iscritti n. 9.229;
abbandoni n. 37;
evasioni n. 19;
prosciolti dall'obbligo - nessuno;
non ammessi alla classe successiva n. 158.

Al Provveditorato agli Studi di Caltanissetta, inoltre, dagli accertamenti domiciliari e dalle risultanze delle relazioni strutturate dalle assistenti sociali del Comune di Gela, risulta che quasi tutti i 56 alunni che nell'anno passato hanno evaso e/o abbandonato gli studi, sono rientrati in classe, fatta eccezione di n. 5 maschi e n. 5 femmine che si sono rifiutati di riprendere gli studi per aiutare i loro genitori.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

RASI. - Al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. - Per sapere - premesso che:
il signor Fedele Mirò, residente ad Alessandria, in corso Marini 23, il 28 ottobre 1997 mentre si trovava alla guida della sua automobile veniva investito sul


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lato destro da un'automobile che viaggiava a 130-140 km orari;
l'incidente provocava il ferimento del signor Fedele Mirò e la distruzione dell'autovettura su cui viaggiava;
l'assicurazione «La Piemontese» di Alessandria, con sede in via Dante 42, offre come risarcimento lire 7.500.000 mentre il signor Mirò chiede l'importo di lire 120.000.000;
attualmente è in corso una causa tra le parti finora costata al signor Mirò per le necessarie spese legali lire 1.500.000;
la causa avrà presumibilmente, tenuto conto dei tempi lunghi nei procedimenti giudiziari nel nostro Paese, la durata di una decina d'anni;
il signor Mirò, in una lettera datata 2 febbraio 1999, indirizzata alle più alte cariche istituzionali dello Stato, denuncia la sottovalutazione da parte del perito della compagnia delle lesioni subite -:
se non ritenga necessaria un'immediata segnalazione all'Isvap perché valuti il comportamento della assicurazione «La Piemontese»;
se l'atteggiamento dell'assicurazione sia defatigatorio al fine di ritardare il più possibile il risarcimento al Mirò per i danni fisici e materiali subiti.
(4-23010)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione citata relativa alla gestione da parte della società «La Piemontese» di un sinistro verificatosi il 28/10/1997, che causò lesioni personali al sig. Fedele Micò, si fa presente quanto segue.
In seguito all'intervento dell'ISVAP, risulta che, sulla base della denuncia formulata dal proprio assicurato e della perizia sui mezzi coinvolti, il liquidatore ha ritenuto che la condotta di guida del sig. Micò non fosse stata del tutto esente da responsabilità per l'evento occorso.
La società ha proposto un'offerta reale pari al 70 per cento del danno materiale che però non è stata accettata dal sig. Micò il quale ha attivato un giudizio civile.
Inoltre, per quanto attiene l'entità del risarcimento, la società sostiene che non è mai stato fornito alcun elemento probatorio riguardante il preteso totale risarcimento.
In relazione a quanto suesposto, considerato che la decisione del giudice riguarderà sia l'
an che il quantum e che la società si dichiara in attesa delle decisioni del magistrato, l'ISVAP ha fatto presente che, prima di ogni eventuale ulteriore intervento, resta in attesa di conoscere l'esito di tale accertamento.
Il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato e del commercio con l'estero: Enrico Letta.

EDO ROSSI e CANGEMI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Ceramtec di Caravaggio (Bergamo) ha assunto l'iniziativa di aprire la procedura di messa in mobilità di 77 lavoratrici e lavoratori;
il grave taglio occupazionale in atto, il futuro produttivo dell'azienda e l'impoverimento del tessuto produttivo e dell'economica locale avrà inevitabili ricadute sul tessuto sociale della città di Caravaggio (Bergamo);
è possibile tra le parti un esame approfondito dei problemi produttivi esistenti e l'individuazione di soluzioni alternative al taglio occupazionale che si prospetta, e ciò al riparo dal ricatto rappresentato dal tempo ristretto dovuto ai licenziamenti di fatto incompetenti;
è urgente evitare l'innesco di dinamiche estranee che possono interferire e complicare la vicenda;
se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
se non ritenga opportuno convocare le rappresentanze delle lavoratrici e dei lavoratori per verificare la possibilità e la modalità del sostegno alle iniziative che questi volessero intraprendere a difesa e


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incremento dell'occupazione e della struttura produttiva del territorio.
(4-31875)

Risposta. - In ordine all'atto parlamentare, inerente alla Società CERAMTEC ITALIA S.r.l. Innovative Ceramic Engeneering, si rappresenta quanto comunicato dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Bergamo.
La suddetta società, con sede legale e stabilimento in Caravaggio - Via Treviglio n. 8, opera nel settore delle ceramiche industriali, in particolare produce piastrine di ceramica per il settore della rubinetteria, nonché produzione di pistoni-alberini e prodotti vari.
L'azienda ha attraversato nell'ultimo decennio quattro periodi di crisi. Infatti, nel 1990, ha chiuso il proprio stabilimento di Lissone, trasferendo parte del personale presso l'unità di Caravaggio e incentivando la risoluzione del rapporto di lavoro di 50 lavoratori.
Nel 1993 ha attivato la prima procedura di mobilità, che si è conclusa con il licenziamento di 23 dipendenti, usufruendo, inoltre, della cassa integrazione guadagni per 6 mesi, nonché di quella straordinaria per 18 mesi.
Nel 1996 ha fatto nuovamente ricorso alla cassa integrazione per 7 settimane, per pochissime unità. In seguito, nel 1998 ha attivato la seconda procedura di mobilità, che si è conclusa con il licenziamento collettivo di 30 lavoratori.
Da quanto sopra esposto, è evidente che l'organico aziendale ha subito un forte decremento e la causa è da imputarsi alla persistente difficoltà di mercato, in cui opera la società, relativamente alla produzione di piastrine. I lavoratori occupati nel 1990 erano 261, mentre al 31 ottobre 2000 risultano 139. La direzione aziendale ha precisato che la concorrenza francese e inglese sta offrendo sul mercato lo stesso prodotto a prezzi tali da rendere impossibile, allo stato attuale, la competizione. La società ha, inoltre, affermato che il costo del personale costituisce il 55 per cento del totale e, pertanto, al fine di mantenere una posizione concorrenziale è sorta la necessità di ridurre drasticamente i costi.
L'azienda intende operare un intervento radicale con la soppressione di alcune fasi della lavorazione, attraverso un processo di robotizzazione, nonché l'eliminazione del 30 per cento della produzione di pistoni/alberini, tutto ciò al fine di evitare la chiusura della CERAMTEC Italia. Le attività sottratte allo stabilimento di Caravaggio verrebbero effettuate negli stabilimenti siti nella Repubblica Ceca, dove il costo complessivo orario medio annuo, all'ottobre 2000, è di L. 8.750 contro le L. 46.650 dello stabilimento in questione.
Tale strategia è stata già attuata dal gruppo Dynamit-Nobel (cui fa parte il gruppo CeramTec) nel 1998, per gli stabilimenti della Lauf (Germania).
La società ritiene di aver compiuto ogni sforzo possibile, compreso l'investimento di L. 2.880.000.000 nel 1998/99, per la riallocazione funzionale dei reparti, l'introduzione di nuovi metodi di lavoro, la costruzione di una nuova cabina metano, l'acquisto di un nuovo centro EDP, l'automazione della lucidatura e pulitura. Infine, risultano stanziati per il futuro L. 1.290.000.000.
Le RSU hanno rappresentato, dopo l'intervento del 1998, di aver avuto assicurazioni, da parte dell'azienda, inerenti sia alla stabilità occupazionale che alla concentrazione della produzione di piastrine per rubinetteria, destinate al mercato italiano, nello stabilimento di Caravaggio (70 per cento del complessivo). Da ciò la disponibilità delle citate RSU a trovare risoluzioni positive, finalizzate alla fluidità della produzione quali la definizione degli orari di lavoro e la gestione del lavoro straordinario nei periodi di punta. Alle stesse, occorre precisare, risulta poca chiara la politica aziendale che intende fare dei tagli allo stabilimento di Caravaggio e sopporta, tuttavia, i costi orari medi annui dello stabilimento di Lauf, superiori del 28 per cento a quelli italiani.
Allo stato attuale, l'esubero è di n. 74 lavoratori (n. 3 dimissioni) e, al fine di rendere meno traumatico l'intervento, la società conferma la propria disponibilità ad


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incentivare l'esodo dei lavoratori e a ricollocarne alcuni presso società che si renderanno disponibili.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

SETTIMI. - Al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, al Ministro del commercio con l'estero. - Per sapere - premesso che:
la General 4 elettronica sud di Pomezia (Roma) ha aperto la procedura di mobilità per tutti i suoi dipendenti;
questi ultimi, in data 19 giugno 2000 hanno trovato l'azienda serrata con un cartello che annunciava le ferie collettive per tutti i lavoratori, ferie non concordate con i lavoratori stessi;
risulterebbe che una quota della società suddetta sia di proprietà delle partecipazioni statali e che la stessa società faccia parte del Gruppo Mistel che potrebbe assorbire i lavoratori della General 4 elettronica sud;
i lavoratori manifestano la disponibilità a soluzioni diverse da quelle adottate dalla azienda, compresi i contratti di solidarietà ed il part-time -:
se non ritengano opportuno intervenire nei confronti dell'azienda e delle partecipazioni statali al fine di evitare i licenziamenti.
(4-30666)

Risposta. - In relazione all'atto parlamentare inerente alla GENERAL 4 S.r.l. di Pomezia, si rappresenta quanto comunicato dalla competente Direzione Provinciale del Lavoro.
La GENERAL 4 Elettronica Sud S.r.l. con sede in Pomezia, Via Honduras s.n.c. è stata costituita l'11/2/88 ed ha per oggetto sociale la realizzazione, il collaudo e la riparazione di apparecchiature per l'industria elettronica. Unica sua committente è la Mistel S.p.a. che a sua volta opera esclusivamente per la Telecom.
La sua attività è iniziata l'1/7/88 e rientrando nell'Area del Mezzogiorno, ha usufruito per 10 anni, esattamente fino al 30/6/98, della esenzione totale dell'IRPEG. Inoltre, come ha reso noto il Ministero dell'Industria, in base alla Legge n. 64 del 1986, ha ottenuto un contributo in c/capitale di L. 1.335.500.000, per l'ampliamento degli impianti e un contributo in c/interessi, su un contratto di mutuo in data 26/11/90 della durata di 5 anni di L. 491.400.000, erogato per L. 1.437.196.294, determinato sul finanziamento di L. 1.580.000.000.
I vincoli imposti da questa concessione sono quelli di non distogliere per 5 anni dall'uso previsto i macchinari, gli impianti e le attrezzature e, di non destinare il fabbricato industriale ad usi diversi da quelli previsti, per almeno 10 anni.
I predetti vincoli risultano a tutt'oggi rispettati. A tale riguardo, il Ministero dell'Industria ha comunicato di aver avviato la procedura di verifica della cessazione dell'attività aziendale e di eventuale recupero delle agevolazioni concesse e non spettanti.
La società, inizialmente, aveva un capitale sociale di L. 20.000.000, quando il 29/11/89, la Finmistel S.r.l., società finanziaria il cui capitale sociale è detenuto in maggioranza dal sig. D'Attoma Giovanni, rappresentante legale anche della GENERAL 4 e della Mistel S.p.a. rileva tutto il capitale e lo innalza prima a L. 99.000.000 e successivamente a L. 1.599.000.000.
In data 15/4/91 la ITALTEL del Gruppo STET acquistò il 30 per cento della GENERAL 4 ed il 30 per cento della Mistel, con l'accordo di acquisire un ulteriore 21 per cento delle due società previa approvazione dell'Antitrust. Con questa operazione la ITALTEL avrebbe incrementato il fatturato del 30 per cento e avrebbe portato l'organico della GENERAL 4 a 100 unità operative.
L'Autorità Garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) nell'adunanza del 10/12/92, bocciò l'operazione e sia la società Mistel che la GENERAL 4 non solo non incrementarono la produzione ma subirono la drastica riduzione delle commesse da parte TELECOM.
Le citate due società hanno risentito della crisi del settore ed hanno chiesto più


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volte l'intervento della Cassa integrazione guadagni oltre che della mobilità, per n. 22 dipendenti. I bilanci degli ultimi anni hanno registrato delle perdite: per la GENERAL 4, nel 1998, la perdita è stata di L. 116.860.915, nel 1999, di L. 392.907.693 e, nel 2000, la perdita è stimata a L. 1.700.000 circa.
Quindi, il 3/5/2000 l'assemblea dei soci della GENERAL 4 ha deciso lo scioglimento anticipato della società e la sua messa in liquidazione. Pochi giorni dopo e precisamente il 29/5/2000 la ITALTEL esce da GENERAL 4 e da Mistel, cedendo le quote a Finmistel.
Il 17/5/2000, presso la Federlazio, le Organizzazioni sindacali e le RSA sono state informate della messa in liquidazione della società ed il 7/6/2000, terminati tutti gli ordini di lavoro, la società ha aperto la procedura di mobilità per cessazione dell'attività. Il 19/6/2000 è stato chiuso lo stabilimento e tutti i lavoratori sono stati obbligati ad usufruire delle ferie. Questo ha comportato una viva reazione dei lavoratori e nei successivi giorni del 27 giugno, 14 e 24 luglio, sono stati fissati degli incontri tra le parti, che tuttavia si sono esauriti senza accordi.
Pertanto, a partire dal 27 luglio, presso la Direzione provinciale del Lavoro di Roma sono state, ripetutamente, convocate le parti fino al 21 settembre, giorno in cui è stato firmato un accordo, con il quale l'azienda si è impegnata a corrispondere al personale L. 23.000.000 lordi, oltre le spettanze maturate.
Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale: Cesare Salvi.

TABORELLI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
nonostante negli incontri preliminari tra l'amministrazione del comune di Olgiate Comasco e l'Ente Poste, i quadri provinciali dell'azienda poste si siano espressi favorevolmente per la realizzazione a breve scadenza del nuovo ufficio in via Vecchie Scuderie, ad Olgiate Comasco, in provincia di Como, alla data odierna ancora nulla è stato fatto per l'apertura dei nuovi uffici e neppure è ancora pervenuta conferma scritta da parte dei vertici dell'ente Poste al comune di Olgiate Comasco della volontà di realizzazione dei nuovi uffici;
la necessità dell'apertura della nuova sede si rende ogni giorno più urgente ed è attesa con impazienza dalla comunità, non solo della popolosa cittadina di Olgiate, ma anche dagli abitanti dei paesi limitrofi, poiché l'ufficio poste di Olgiate è tra i pochi della zona a fornire anche il servizio di apertura pomeridiano;
gli stessi dipendenti dell'ufficio postale di Olgiate hanno inviato un esposto all'Asl per lamentarsi delle cattive condizioni della struttura in cui sono costretti ad operare, nella speranza che l'iter per l'apertura dei nuovi uffici potesse essere il più rapido possibile;
per far sì che fosse realizzata la nuova sede il comune ha messo a disposizione gratuitamente un terreno, sito in via Vecchie Scuderie;
dopo una serie di incontri tra l'amministrazione comunale e i dirigenti provinciali dell'ente Poste si era giunti all'accordo per cui le poste avrebbero dovuto costruire la sede con partenza dei lavori nella primavera del 2000;
giunta la data prestabilita l'ente Poste solo dopo diversi solleciti ha esplicitato l'impossibilità a iniziare i lavori e ha richiesto il cambiamento nel progetto perché troppo impegnativo; nonostante l'assenso da parte del comune allo stato odierno i lavori non hanno ancora preso il via -:
quali siano i motivi dei ritardi nell'inizio dei lavori;
se il Ministro interrogato non ritenga che l'atteggiamento dell'ente Poste non appaia quantomeno poco chiaro e per nulla corretto nei confronti dell'amministrazione comunale e di tutta la cittadinanza dell'Olgiatese;
quando finalmente potranno iniziare i sospirati lavori, così da poter rendere


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operativi nel più breve tempo possibile i nuovi uffici postali di Olgiate Comasco.
(4-31335)

Risposta. - Al riguardo, si ritiene opportuno premettere che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, il Governo non ha il potere di sindacarne l'operato per la parte riguardante la gestione aziendale che, com'è noto, rientra nella competenza propria degli organi statutari della società.
Ciò premesso, si fa presente che Poste Italiane S.p.A. - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante - ha comunicato che effettivamente, è stata ceduta alla società un'area di circa 12.000 mq, a seguito di stipula di apposita convenzione con il comune di Olgiate Comasco, il quale si è impegnato ad eseguire l'apposita progettazione dei lavori per la realizzazione del nuovo ufficio postale in detta località, l'esecuzione dei quali sarà a cura della società stessa.
In data 14 gennaio 2000, il progetto è stato presentato all'azienda la quale lo ha ritenuto troppo oneroso ed in contrasto con le strategie aziendali. È stata perciò raggiunta con il comune l'intesa di proporre un nuovo progetto con una previsione di spesa complessiva di lire 1.000.000.000; progetto che dovrebbe pervenire alla società, per l'approvazione da parte del competente organo tecnico, in tempi brevi, atteso che il comune ha affidato l'incarico di progettazione fin dal 27 settembre 2000.
La società Poste Italiane ha rappresentato che appena verranno acquisite le determinazioni tecniche provvederà a trasmetterle al comune, unitamente alla richiesta di appalto.
I tempi previsti per la realizzazione dei lavori in parola e per la consegna dell'edificio, sono di circa otto mesi.
Pertanto, ha comunicato la società, la consegna della nuova sede dell'ufficio postale di Olgiate Comasco potrebbe essere effettuata entro la fine dell'anno 2001.
Il Ministro delle comunicazioni: Salvatore Cardinale.

TABORELLI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
l'edificio che dovrà ospitare i nuovi uffici dell'ente Poste nel comune di Valmorea, in provincia di Como, è pronto ed agibile ormai da tempo;
l'apertura dei nuovi uffici era stata prevista per lo scorso mese di marzo, ma a distanza di cinque mesi dalla data della rinviata inaugurazione, ancora mancano parte degli arredi che rendono la struttura inutilizzabile;
i vecchi uffici postali sono tuttora collocati in un magazzino di proprietà del comune di Valmorea ed ormai l'attesa per la nuova collocazione ha tristemente superato i 12 anni: correva infatti l'anno 1989 quando l'iter per lo spostamento dell'Ufficio postale prese il via; in quell'anno il comune di Valmorea concedeva all'allora amministrazione dell'ente Poste la concessione edilizia per la realizzazione dell'edificio su un'area di circa 1850 metri quadrati;
il magazzino ora occupato dagli uffici postali potrebbe, una volta liberato, secondo le intenzioni dell'amministrazione comunale, venire utilizzato, dopo gli adeguati lavori di ristrutturazione, come biblioteca comunale, oppure potrebbe venir destinato alle associazioni attive nel Paese -:
se il Ministro non ritenga opportuno dopo l'estenuante attesa cercare di velocizzare la consegna degli arredi così da poter rendere l'ufficio funzionante, evitare all'ente Poste di pagare il canone di locazione presso l'attuale sede, liberare i locali oggi sede degli uffici postali così che possano essere utilizzati per altra funzione e rendere, nel complesso, un servizio di corretta amministrazione a tutta la comunità.
(4-31336)

Risposta. - Al riguardo si ritiene necessario significare che a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni il Governo non ha il potere di sindacarne l'operato per la parte riguardante


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la gestione aziendale che, com'è noto, rientra nella competenza specifica degli organi statutari della società.
Tuttavia, allo scopo di potere disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame, non si è mancato di interessare la società Poste la quale ha precisato che i lavori che hanno interessato il nuovo ufficio postale di Valmorea (CO) sono stati ultimati nello scorso mese di ottobre.
Successivamente si è provveduto a dare corso alla fornitura degli arredamenti e degli ulteriori accessori secondo lo standard stabilito con il progetto «Layout 2000», con il quale la predetta società ha inteso modificare le condizioni di lavoro delle proprie strutture al fine di renderle più funzionali ed accoglienti sia per i dipendenti che per la clientela.
L'apertura al pubblico dell'ufficio in questione - ha concluso la società Poste - è prevista per il mese di gennaio 2001.
Il Ministro delle comunicazioni: Salvatore Cardinale.

TRANTINO, FLORESTA, NERI, PALUMBO, PAOLONE e TRINGALI. - Al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, al Ministro del lavoro e della previdenza sociale, al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, al Ministro del commercio con l'estero. - Per sapere - premesso che:
i contratti d'area sono stati già avviati da tempo in diverse zone del Paese, che il risultato prodotto è apprezzabile sia sotto il profilo della pianificazione delle risorse e delle infrastrutture nel territorio di riferimento, sia sotto il profilo dello snellimento burocratico;
Catania è in condizione, già da tempo, di avere tutti gli indicatori, gli strumenti ed i finanziamenti necessari ad avviare il contratto d'area, in quanto la gran parte delle opere infrastrutturali è già finanziata con leggi e capitoli specifici, inoltre, «Investi a Catania», è la struttura che consente di semplificare le pratiche delle aziende che intendono investire a Catania;
il tavolo di concertazione costituito da Cgil - Cisl - Uil - Ugl, Assindustria, le centrali cooperative, comune e provincia di Catania hanno sollecitato ed auspicano l'attivazione del contratto d'area per dare consistenza ed ordine allo sviluppo dei territorio etneo;
poiché il contratto d'area di Catania già da tempo era strutturato, sostanzialmente, come strumento di pianificazione, di regolazione dello sviluppo del territorio etneo, si chiede di conoscere le determinazioni dei Ministri interrogati sull'attivazione dello strumento suddetto a Catania e nelle zone che sono state già stabilite con determina del Ministro del lavoro.
(4-30671)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame concernente l'attivazione dei contratti d'area per la provincia di Catania.
Al riguardo, si fa presente che la procedura di stipula di nuovi contratti d'area prevede, tra i presupposti necessari per avviarla, l'individuazione delle aree interessate come aree di crisi che siano oggetto dell'attività del Comitato per il Coordinamento delle iniziative per l'occupazione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Peraltro, la delibera CIPE n. 81 del 9 giugno 1999 ha sospeso la stipula di nuovi contratti d'area, ad eccezione di quelli previsti nelle aree industriali realizzate ai sensi dell'articolo 32 della legge n. 219 del 1981.
Nell'area della provincia di Catania sono attualmente attivi i due seguenti patti territoriali comunitari:
il patto territoriale per l'occupazione «Catania Sud», che prevede 99,3 mld di finanziamento pubblico a fronte di 198,5 mld di investimenti complessivi per 680 occupati;
il patto territoriale per l'occupazione «Calatino Sud Simeto», che prevede 99,3 mld di finanziamento pubblico a fronte di 143,6 mld di investimenti complessivi per 786 occupati.


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È, inoltre, attivo, e sono in corso le erogazioni, un patto territoriale nazionale («Simeto Etna»), che prevede 100 mld di finanziamento pubblico a fronte di 150,05 mld di investimenti complessivi per 1001 occupati totali.
Per quanto concerne il territorio della Provincia di Catania, si soggiunge che sono state presentate iniziative contenute in quattro patti specializzati nel settore dell'agricoltura e della pesca, che, essendo stati istruiti positivamente, rientrano in graduatoria e saranno finanziati.
Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Vincenzo Visco.

VENDOLA e VALPIANA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la solidarietà sociale, al Ministro della sanità. - Per sapere - premesso che:
alla seconda conferenza nazionale governativa sulla tossicodipendenza, dal titolo «Contro la droga cura la vita», che si è svolta a Napoli dal 13 al 15 marzo 1997, entrava ufficialmente a far parte delle strategie contro la tossicodipendenza la «riduzione del danno», il cui obiettivo è tra gli altri la riduzione delle mortalità delle patologie correlate all'uso di droga;
ad oggi gli interventi di riduzione del danno, pur genericamente considerati indispensabili, di fatto non sono stati attivati se non in casi straordinari e del tutto disomogenei sul territorio nazionale;
nel programma della terza conferenza nazionale governativa sulla tossicodipendenza, «Educare al benessere, prevenire gli abusi, liberare dalle dipendenze» convocata a Genova dal 28 al 30 novembre 2000, il tema della «riduzione del danno» risulta addirittura assente, così come il tema della depenalizzazione e della situazione carceraria;
il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva promossa nel 1999 nel 2000, dalla Commissione sanità del Senato evidenzia come nell'esperienze di alcuni paesi europei, Germania, Svizzera Spagna e Portogallo, la riduzione del danno ha di fatto svolto un ruolo chiave nella diminuzione del consumo di stupefacenti, come dei decessi provocati da overdose;
lo stesso documento ha sottolineato come spesso la spia significativa del funzionamento del sistema italiano è la carenza di personale dei Sert, soprattutto infermieristico;
mentre il binomio droga carcere ha assunto negli ultimi tempi dimensioni allarmanti, con il 35 per cento della popolazione carceraria che risulta tossicodipendente - con punte che sfiorano il 50 per cento in alcune strutture metropolitane - la lettera e la sostanza della riforma sanitaria per la parte che affida ai Sert l'intervento nelle carceri risulta essere completamente disattesa;
i dati sulla popolazione carceraria e le motivazioni dei provvedimenti detentivi indicano come l'orientamento del referendum del 1993 nei fatti risulta disatteso;
quale bilancio verrà presentato dell'azione di governo alla prossima conferenza di Genova;
quali interventi concreti intenda proporre il Governo nell'ambito di tale conferenza;
in particolare quali interventi intenda promuovere il Governo per riportare il tema della riduzione del danno all'interno della prossima conferenza nazionale governativa sulla tossicodipendenza. E successivamente quali interventi legislativi intende promuovere per dare corpo a questa strategia di lotta contro la tossicodipendenza;
come intenda - sempre nell'ambito della prossima conferenza nazionale governativa sulla tossicodipendenza - affrontare il tema della depenalizzazione secondo l'esito del Referendum 1993 e la questione del binomio droga-carcere.
(4-32653)


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Risposta. - Per ciò che concerne il bilancio dell'azione di Governo e gli interventi concreti da attuare, si allega (allegato in visione presso il servizio resoconti) la relazione tenuta in occasione della Terza Conferenza Nazionale sui problemi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope.
Per quanto riguarda, invece, i temi della riduzione del danno, della depenalizzazione e del binomio droga-carcere, si allega (allegato in visione presso il servizio Resoconti) la relazione di sintesi della sessione di lavoro «L'inclusione sociale possibile», nell'ambito della quale i suddetti temi sono stati affrontati.
Il Ministro per la solidarietà sociale: Livia Turco.

ZACCHERA. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
la Rai è tenuta a fornire un servizio radiotelevisivo pubblico;
tale servizio si estrinseca anche con le edizioni regionale dei Tg e dei GR;
nella provincia del Verbano Cusio Ossola, parte integrante della regione Piemonte, il segnale di Rai 3 giunge in modo debole e disturbato, tanto da essere soverchiato dai ripetitori lombardi;
conseguentemente le notizie diffuse da Rai 3 captate nella zona non sono in gran parte del telegiornale Piemonte, ma di quello della Lombardia anche se peraltro non risulta che il telegiornale del Piemonte, salvo casi eccezionali, dia spazio a notizie della zona -:
quali iniziative abbia assunto od intenda assumere affinché in tutte le province del Piemonte sia ricevibile il segnale delle trasmissioni regionali piemontesi, territorialmente comprendendo anche il Verbano Cusio Ossola ed assicurando anche a questa provincia una doverosa e corretta copertura informativa nei telegiornali regionali, anche per farle conoscere a tutti i cittadini piemontesi.
(4-25502)

Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno fare presente che il grado di copertura del servizio di radiodiffusione regionale è stabilito nel contratto di servizio stipulato tra questo Ministero e la concessionaria RAI, laddove è previsto l'impegno della concessionaria di estendere il servizio reso dalla prima e dalla seconda rete televisiva fino ai centri abitati con popolazione non inferiore ai 300 abitanti, mentre per la terza rete stabilisce che deve essere assicurata una copertura media regionale pari almeno al 96 per cento della popolazione e una copertura nazionale di poco superiore al 98 per cento.
Ciò premesso, la RAI radiotelevisione italiana s.p.a. - interessata in merito a quanto rappresentato dall'interrogante - ha riferito che nel territorio della provincia di Verbano Cusio Ossola, l'informazione televisiva è irradiata dall'impianto TV03 di Monte Mottarone ed è trasmessa sul canale 33.
Tale canale, come segnalato all'interrogante, effettivamente non consentiva una buona ricezione dei programmi di RAI 3 Piemonte, a causa di interferenze di emittenti private.
Si è proceduto, pertanto, ad interessare il competente Ispettorato territoriale per il Piemonte, per gli accertamenti del caso e l'adozione degli opportuni provvedimenti.
Il citato organo ha comunicato l'avvenuta cessazione di dette interferenze e quindi la normalizzazione della situazione dell'impianto RAI nella zona in questione.
Il Ministro delle comunicazioni: Salvatore Cardinale.