TESTO AGGIORNATO AL 6 FEBBRAIO 2001
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culturali, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
1985), e siano per contro riferibili ad un collaboratore amministrativo d'ex-settima qualifica funzionale;
un riesame dell'incarico attribuitogli (data la sua comprovata e naturale competenza giuridica, certamente estranea - nel caso specifico - alla disciplina statistica), e se essa gli abbia riconfermato l'incarico contestatole, ed anzi abbia chiesto fin dal 1995 al funzionario d'attivarsi personalmente per un proprio trasferimento o comunque un allontanamento dalla Gnam;
dottoressa Pinto), che l'avrebbe invitato «a non fare uso di tale lettera per qualsiasi altro fine non investendo essa alcuna funzione oltre quella di mero ringraziamento»;
del lavoratore alla libera esplicazione della personalità nel luogo di lavoro (specie se con effetti più che vantaggiosi per il datore di lavoro, come nell'ipotesi in esame) e che perciò il conseguente pregiudizio incide sulla vita professionale e di relazione dell'interessato, con un'indubbia dimensione patrimoniale (anche se non concretamente provata nella sua entità) la quale lo rende risarcibile e valutabile anche equitativamente, dato che la mortificazione della professionalità del lavoratore offende l'affermazione d'un valore superiore della professionalità (direttamente collegato ad un diritto fondamentale del lavoratore medesimo, e costituente sostanzialmente un bene materiale);
trasferendole quindi in effetti al ministero dell'Interno, e se ciò presenti profili d'illegittimità rispetto ai principi sanciti dal citato decreto legislativo n. 300 del 1999;
quanto stabilito dall'articolo 11 - quarto comma - del decreto legislativo n. 300 del 1999);
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
in data 18 gennaio 2001 l'ufficio servizio civile presso il «Sudtiroler Jugendring» ha emanato un comunicato stampa che di seguito viene integralmente riportato:
«Il 17 gennaio 2001 il Senato della Repubblica ha emanato una nuova legge per il servizio civile. Le novità soddisfano appieno le aspettative dei giovani altoatesini che potranno svolgere il servizio nei masi contadini.
Chi giornalmente è impiegato nel servizio civile si pone sempre più la domanda: "A cosa servono le riforme e le innovazioni se la disorganizzazione a Roma peggiora quotidianamente?"
Sempre più giovani decidono di svolgere il servizio civile invece che il militare. L'ufficio nazionale per il servizio civile, responsabile dell'organizzazione e coordinamento del servizio per l'intero paese, non è in grado di svolgere efficientemente il proprio lavoro. Nell'ultimo periodo il caos è cresciuto mese dopo mese.
Il servizio civile viene svolto presso associazioni del volontariato. Organizzazioni che lavorano con volontari e obiettori di coscienza devono poter organizzarsi efficientemente per garantire un buon servizio. Negli ultimi mesi ciò si è rivelato, purtroppo, sempre meno possibile. Chiamate al servizio, comunicazioni agli enti convenzionati, decadimento dei termini legislativi per la chiamata, versamento delle paghe: non funziona praticamente più nulla.
Ma non è solo per questi problemi che non si riesce più ad organizzarsi, ma anche per l'elevato numero di obiettori (più di 1.000 in Alto Adige). Per molti la chiamata giunge inaspettata e non nei termini di legge. Anche giovani che non hanno ancora terminato gli studi ricevono all'improvviso la chiamata. Le associazioni si ritrovano inaspettatamente alla mattina con nuovi obiettori, senza aver mai ricevuto una comunicazione dall'ufficio competente di Roma. Molte imprese e ditte si trovano confrontati con il fatto che i loro dipendenti inaspettatamente da un giorno all'altro devono presentarsi per lo svolgimento del servizio civile.
Ma per aumentare ancora di più il caos è accaduto ciò che non doveva accadere: alcune associazioni hanno ricevuto più obiettori di quelli previsti dalla convenzione, mentre altre aspettano da mesi. Dato poi che le organizzazioni non devono più offrire all'obiettore il vitto e l'alloggio succede spesso che sia lo stesso obiettore a pagarle di tasca propria. Purtroppo accade anche che al ragazzo in servizio vengono forniti servizi disagevoli (ad esempio alloggi dove non è possibile fara una doccia o il bagno).
Allora ci si chiede: "Dove è lo spirito sociale di queste organizzazioni per il servizio civile? Il servizio civile è un'attività socialmente utile, ma viceversa, le istituzioni quanto aiutano l'obiettore?" Cosa può succedere ad un obiettore: un giovane ragazzo è stato assegnato per lo svolgimento del servizio civile ad un'organizzazione che non è convenzionata per l'impiego di obiettori con l'Ufficio nazionale per il servizio civile di Roma. Il risultato per il ragazzo è stato una sospensione della chiamata e successivamente una nuova assegnazione. E per l'ironia del suo destino anche stavolta l'assegnazione ad un ente che non è in grado di impegnarlo come obiettore visto che tutti i posti convenzionati sono già pieni. Il ragazzo è di nuovo in attesa di una nuova assegnazione che verrà in tempo non determinato.
Intanto lui aspetta!» -:
quali siano gli orientamenti che il Governo abbia assunto o intenda assumere per consentire di migliorare la situazione transitoria;
quali siano le iniziative che il Governo intenda porre in essere, nel rispetto della provincia autonoma di Bolzano, affinché sia possibile giungere ad un'intesa fra la giunta provinciale di Bolzano e l'ufficio nazionale per il servizio civile per l'istituzione di un'agenzia per il servizio civile a Bolzano.
(2-02869)
«Boato».
nella Galleria nazionale d'Arte moderna e contemporanea di Roma (importantissima soprintendenza speciale e sede dirigenziale del Ministero per i beni e le attività culturali, da ora in poi definita «Gnam» nella presente interpellanza), da circa cinque anni si registrano tensioni riguardanti il personale addetto;
particolarmente rilevante, anzi emblematico, risulta il conflitto tra la soprintendente dottoressa Bianca Alessandra Pinto (dirigente, ivi pervenuta nell'anno 1995) e il dottor Mario Ursino, funzionario appartenente all'ex-carriera direttiva (storico dell'arte direttore ed anche laureato in giurisprudenza nonché in scienze politiche, di area professionale «C3» - già definita come nona qualifica funzionale del comparto dei ministeri - ed ivi in servizio dal 1987 nonché complessivamente da oltre 23 anni in servizio nel ministero per i beni e le attività culturali) -:
se il dottor Ursino abbia finora esercitato in un ottimo rapporto interpersonale con i collaboratori - le proprie funzioni con la dedizione e la cura di chi ama il proprio lavoro, se egli abbia investito ogni personale energia nel perseguimento dei risultati connessi al proprio ruolo (immedesimando il proprio appagamento professionale col complessivo miglioramento dell'offerta culturale, resa all'utenza della Gnam), se alle iniziative da lui curate abbia fatto conseguire - per l'impegno profuso e l'alto profilo tecnico-scientifico-culturale - notevoli apprezzamenti dall'utenza e da addetti ai lavori (ottenendone notazioni di merito all'interno dell'Amministrazione, Basti citare in proposito il notevole contributo fornito all'incremento - per varie decine di miliardi di lire - del patrimonio della Gnam: ad esempio, il recupero del dipinto «Il giardiniere» di Vincent van Gogh, la riacquisizione della sede museale del «Villino Andersen», la soluzione dei complessi problemi riguardanti le donazioni di celebri maestri quali Giorgio De Chirico, Alberto Burri, Lucio Fontana), e se quindi l'Ursino possa essere obiettivamente definito un funzionario d'indiscutibile capacità professionale nonché di comprovata indipendenza ideologico-partitica, nell'ottica di una ricerca costante nonché quotidiana, coerente e coraggiosa della trasparenza amministrativa (anche nell'organizzazione delle varie attività culturali della Galleria);
se la dottoressa Pinto, fin dal suo avvento nella Galleria (1995), abbia dimostrato ostilità nel rapporto interpersonale con vari dipendenti, tra cui principalmente il dottor Ursino;
se, particolarmente, essa abbia posto in essere una costante nonché univoca e mirata condotta lesiva e pregiudizievole del ruolo professionale rivestito dal dottor Ursino, del suo prestigio personale, della natura e della qualità dell'impegno lavorativo a lui affidato, nonché più generalmente dell'intera collocazione professionale di lui nella Gnam, diretta dalla medesima;
se fin dall'inizio del rapporto con la nuova dirigente il predetto funzionario sia stato da lei privato delle franzioni esercitate fino ad allora nell'ufficio del contenzioso nei suoi aspetti più vasti della tutela del patrimonio storico-artistico (acquisizioni, donazioni, depositi; attività di referente per l'Avvocatura generale dello Stato, per il Comando generale dell'Arma dei Carabinieri - Nucleo per la tutela del patrimonio artistico - e per l'analogo nucleo del Comando generale della Guardia di Finanza), e sia stato quindi assegnato a non meglio precisati «compiti di studio» nonché di responsabile del servizio statistico, obiettivamente impossibili da svolgere compiutamente nella Gnam perché la dottoressa Pinto avrebbe sempre omesso d'assegnare all'Ursino sia incarichi specifici, sia qualunque unità di personale;
se - allora come oggi - i compiti ascritti alla figura del responsabile del servizio statistico siano completamente estranei a quanto descritto nei 22 punti del profilo professionale di storico dell'arte (come da Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana pubblicata il 30 ottobre
se il funzionario, di fronte a quest'autentico «demansionamento» (che peraltro si sarebbe concretato anche in un vero danno erariale, considerando che un dipendente statale avrebbe continuato a ricevere una determinata retribuzione a fronte d'un lavoro di quantità e qualità vistosamente inferiori!), abbia invano reiteratamente richiesto - in via formale e gerarchica - il riaffidamento del contenzioso, e per risposta la soprintendente - sul pretesto del riconoscimento d'un buon risultato conseguito dal dottor Ursino «nel lavoro di ricerca e raccolta della letteratura giuridica sui beni culturali» - abbia sostanzialmente confermato l'incarico di studio;
se peraltro, nella tabella elencativa (affissa per qualche mese e poi abolita) degli uffici affissa all'esterno della sede Gnam in Valle Giulia a Roma, risultasse inesistente l'ufficio-studi;
se nel frattempo il dottor Ursino, nel pieno esercizio del suo mandato sindacale (nell'àmbito della Dirstat-Confedir il sindacato indipendente dei dirigenti e funzionari direttivi dello Stato) abbia espresso - con correttezza formale giudizi su talune disposizioni adottate dalla dottoressa Pinto (immagine e proiezione esterna della libreria della Galleria nonché scelta ed utilizzazione del logo della medesima), e se perciò essa abbia ritenuto censurabile l'intervento del dottor Ursino (lettera dell'11 marzo 1996 diretta a tutto il personale dei servizi di vigilanza);
se per contro la dottoressa Pinto si sia resa colpevole di marcate anomalie nella gestione dei rapporti sindacali come ad esempio risulterebbe dallo svolgimento di uno specifico incontro per l'esame dei profili professionali e delle mansioni affidate al personale in relazione al contratto-ministeri allora vigente (anno 1996), allorquando essa inviò in propria rappresentanza un funzionario di settima qualifica anziché uno dei numerosi funzionari di nona qualifica allora a disposizione nell'organico (si registrò anche - a quanto risulta - una lettera di protesta della Dirstat-Confedir in ordine a tale comportamento, che per l'importanza dell'argomento trattato risultava irriguardoso nei confronti di tutti i sindacati ivi presenti);
se nel medesimo anno 1996 il dottor Ursino abbia formalizzato, per via gerarchica, rimostranze in ordine alla bozza d'organigramma presentata dalla dottoressa Pinto, evidenziando ulteriormente come i compiti a lui assegnati risultassero del tutto inadeguati al suo profilo professionale ed in contrasto con le norme regolanti il ruolo funzionale connesso alla posizione del funzionario stesso, e se la mancanza d'ogni riscontro l'abbia indotto ad inoltrare quindi una nota di rammarico e di richiesta d'intervento all'allora direttore generale del personale di quel dicastero (una lettera di contenuto analogo risultò inoltrata dalla Dirstat-Confedir);
se a seguito di tale ultimo episodio la dottoressa Pinto abbia irrogato al dottor Ursino un provvedimento di censura, e se soltanto in séguito la dirigente abbia risposto per iscritto al funzionario reiterandogli di fatto l'incarico pertinente al fantomatico «servizio studi e statistica» della Galleria, assegnando peraltro al destinatario il termine (brevissimo ed obiettivamente inadeguato) d'un mese per l'esecuzione di quanto commessogli e contestualmente negandogli qualunque unità di personale, salva l'ipotesi di «consistente immissione di nuove unità in servizio civile» e qualora «il materiale lavorato dal Servizio Studi abbisognasse di gestione quotidiana» (esclusivamente l'improbabile ipotesi di un'eccezionale mole di lavoro, che inizialmente il dottor Ursino da solo avrebbe dovuto sviluppare su una materia inesistente e non definibile in quell'ambito lavorativo, l'avrebbero abilitato a ricevere personale in servizio civile nella Gnam, previa sua «consistente» immissione dall'esterno non ancora avvenuta in quei mesi del 1996 e neppure a tutt'oggi!);
se il dottor Ursino abbia di nuovo chiesto formalmente alla dottoressa Pinto
se quindi il perpetrarsi di tale condotta da parte della dottoressa Pinto, l'assegnazione al dottor Ursino d'un incarico del tutto inadeguato al proprio livello ed alla propria competenza (normalmente espletato da funzionari di ben due livelli inferiori), la formalizzazione di quest'incarico all'interno di una bozza d'organigramma non approvata consultando i sindacati di settore, l'evidentissima disparità di trattamento nei confronti del dottor Ursino, rispetto ad altri funzionari di pari livello ed anche di livello inferiore (ai quali erano stati assegnati, tra il 1995 ed il 1996, molteplici incarichi e direzioni ben superiori all'incarico virtualmente conferito a lui), abbiano indotto il medesimo funzionario ad inoltrare all'allora direttore generale del personale un esposto (in plico chiuso, ai sensi della normativa tuttora prevista in materia dall'ancor parzialmente vigente testo unico degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3) concluso da una nuova richiesta d'intervento;
se finalmente sia stata allora disposta ed effettuata (luglio 1996) un'ispezione ministeriale, che avrebbe accertato la piena sussistenza di un contrasto concreto tra la dottoressa Pinto e il dottor Ursino ma avrebbe anche genericamente rilevato una compatibilità delle mansioni affidategli col suo profilo professionale senza far cenno all'effettivo contenuto né alla congruenza, alla rilevanza ed all'adeguatezza sostanziale di tali mansioni e compiti, ed anzi avrebbe ipotizzato una possibile responsabilità disciplinare a carico del dottor Ursino in ordine ad un non meglio identificato rispetto della fissazione delle ore d'ufficio per l'entrata e l'uscita nonché in ordine alle critiche da lui formulate (nell'esercizio del mandato sindacale???), e se il dottor Ursino si sia allora determinato ad inviare al direttore generale del personale una nota (di riscontro alla relazione ispettiva) formalizzante - pur in presenza delle considerazioni di cui sopra sull'utilizzazione adeguata delle forze lavorative - il proprio recesso da ogni obiezione sul proprio incarico e la richiesta di continuare a prestare servizio nella medesima soprintendenza;
se successivamente il dottor Ursino, di fronte alle due censure irrogategli dalla dottoressa Pinto (1996 e 2000), l'abbia diffidata legalmente dal mantenerle e quindi essa abbia inizialmente revocato la prima, e se invece nel 1998 la soprintendente gli abbia poi affidato (guardandosi bene dal formalizzarlo in maniera propria) l'incarico di coordinare il servizio dei prestiti, incarico prettamente amministrativo e precedentemente svolto da impiegati di livelli inferiori (risultò anche un'altra protesta del sindacato Dirstat-Confedir);
se poi la dottoressa Pinto abbia nuovamente violato (gennaio 2000) il profilo funzionale del dottor Ursino, in quanto avrebbe formalizzato (con provvedimento inoltrato al ministero) la nomina a proprio sostituto - in assenza congiunta di se stessa e del funzionario più anziano - nei confronti di altro funzionario di livello inferiore a quello del dottor Ursino, stravolgendo così la graduazione gerarchica normativamente configurata;
se intanto il dottor Ursino, proseguendo nel lavoro di ricerca scientifica mai abbandonato (malgrado tutto ciò), abbia redatto e pubblicato il volume «Capolavori della pittura italiana», se egli ne abbia trasmesso copia all'attuale ministro per i beni e le attività culturali, se il medesimo ministro abbia risposto per iscritto esprimendo vivo apprezzamento per il lavoro, e se invece la dottoressa Lucia Urcioli segretario particolare del ministro - con nota ministeriale protocollata abbia destinato allo studioso una singolare comunicazione (inviata pure alla soprintendente
come valuti la predetta comunicazione (su cui il funzionario avrebbe chiesto chiarimenti) e se ritenga che possa apparire una forma tacita di collaborazione, a favore della dottoressa Pinto, nell'opera di isolamento personale e professionale che risulterebbe perseguita contro il dottor Ursino;
se peraltro la dottoressa Pinto abbia espressamente proibito d'esporre all'interno della rivendita di libri (il book shop) allestita nella Galleria il volume scritto dal dottor Ursino, se per protesta contro l'ingiustificato provvedimento lo studioso abbia invocato per iscritto l'intervento del direttore generale dell'ufficio centrale per i beni ambientali, artistici e storici del ministero (il quale non avrebbe risposto), e se la dirigente - quale ennesima manifestazione d'aperta avversione - abbia irrogato al funzionario (maggio 2000) una nuova censura (contestata prontamente dall'interessato - anche sul piano legale -, e successivamente oggetto di protesta da parte della Dirstat-Confedir) per asserite e non dimostrate violazioni delle disposizioni da lei impartitegli in merito alla mostra «Naturalismo astratto» nonché genericamente per l'insufficienza dell'impegno profusovi (circostanza che risulterebbe ampiamente smentita dai fatti e dai lusinghieri risultati ottenuti);
se, a seguito di quest'ultimo episodio vessatorio e della sedimentazione di quelli pregressi, siano insorti nel dottor Ursino vizi cardiaci d'importante rilevanza e crisi ipertensive di frequenza crescente nonché sindromi ansioso-depressive ricorrenti e disturbi del sonno, e se tale quadro clinico (accertato da vari referti medici) l'abbia talvolta costretto a periodi d'inattività forzata;
se dunque la vicenda in esame, negli oltre cinque anni del suo continuo verificarsi, sia spiccatamente connotata da mobbing (o, specificamente, da bullying) in quanto determinatasi come un complesso d'atti, caratterizzati da ripetitività e durata di medio-lungo periodo, posti in essere da un «capo» contro il dipendente di livello inferiore e comportanti la sistematica non attribuzione d'incarichi adeguati o l'assegnazione di compiti squalificanti, la formulazione di continue critiche alle prestazioni od alle capacità professionali del «mobbizzato» anche con atti di rilevanza esterna al luogo di lavoro, l'irrogazione di censure prive d'effettiva motivazione o con motivazione scarna e lacunosa, la compromissione dell'immagine professionale e personale sul luogo di lavoro ed altre conseguenze negative sul soggetto colpito, tra cui un progressivo e crescente logorio psicofisico tale da provocare l'insorgere di patologie mediche ed alterazioni neuro-psicologiche, con effetti talvolta irreversibilmente lesivi per l'organismo anche in ordine alla possibile durata della vita fisica;
se l'articolo 2087 del codice civile italiano preveda espressamente per il datore di lavoro l'obbligo di prevenire i danni alla salute, se tale principio sia stato ribadito nonché esteso dall'articolo 3 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive integrazioni, quando impone tra le misure di tutela «il rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro... e nella definizione dei metodi di lavoro», se l'articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, preveda esplicitamente quale danno «la lesione dell'integrità psico-fisica, suscettibile di valutazione medico-legale, della persona», e se la Corte di Cassazione civile (sezione-lavoro, sentenza n. 14443 del 6 novembre 2000) statuisca che «il demansionamento costituisce lesione della dignità del lavoratore, tutelata dall'articolo 41 della Costituzione e dall'articolo 2087 del codice civile», osservando parimenti che il demansionamento professionale dà luogo ad una pluralità di pregiudizi incidenti solo in parte sulla potenzialità economica del lavoratore, che il demansionamento - oltre a determinare violazioni normative - costituisce lesione del diritto fondamentale
se nella fattispecie concreta, in relazione a tali responsabilità del datore di lavoro, si possa veramente sostenere che il ministero per i beni e le attività culturali abbia dato prova, nei suo interventi, d'imparzialità e di tempestività nonché d'efficacia;
se pertanto le obiettive caratteristiche di tale vicenda, culminata in una specifica lesione del bene-salute (individuata dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 179/1989, all'interno delle «malattie professionali non gabellate») possano far legittimamente pensare che il comportamento della dottoressa Pinto - nell'impossibilità evidente d'allontanare dalla soprintendenza il dottor Ursino con un qualche procedimento amministrativo sostanzialmente e formalmente valido - appaia preordinato da ben cinque anni a rovinare (con qualunque effetto...) la salute psicofisica di quel funzionario allo scopo di non averlo comunque più «tra i piedi» e di non farlo più imbattere in alcuna delle competenze gestionali che gli spetterebbero istituzionalmente nella Gnam, della quale essa è dirigente;
se infine, per quanto sopra detto, vi sia spazio per inchieste eventualmente attivate dai competenti organi giurisdizionali, se possa ammettersi che un funzionario valido e coraggioso (il quale intenda scongiurare l'eventuale instaurarsi d'un sistema d'ingiustizie in spregio dei bisogni della comunità nazionale e delle regole del nostro ordinamento giuridico) continui ad esser sottoposto ad atteggiamenti persecutori che si rifletterebbero negativamente anche sulla vita personale e familiare, e se - in generale - non sia il caso di sorvegliare affinché nella vita amministrativa italiana non sia avallato l'insorgere d'un «regime organizzato di privilegi» che possa addirittura costituire garanzia inviolabile di salvaguardia in danno d'ogni esigenza di giustizia concreta.
(3-06866)
è in corso la procedura per la promulgazione del decreto del Presidente della Repubblica recante «Disposizioni in materia di ordinamento degli Uffici territoriali di Governo, ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300»;
se, intanto, alle Amministrazioni pubbliche interessate ratione materiae nonché alte confederazioni ed alle organizzazioni sindacali rappresentative nel settore il provvedimento in trattazione sia stato diramato dall'Amministrazione di competenza soltanto pochissimi giorni prima del 9 gennaio 2001 (data in cui esso è stato inserito nell'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri ed ivi approvato), e se l'importanza nonché la complessità e la delicatezza della materia che è oggetto dello schema di provvedimento contrastino in maniera assoluta con l'eccessiva speditezza del termine assegnato alle medesime Amministrazioni, quasi a voler neutralizzare ogni possibilità d'intervento dalle rispettive componenti -:
se, innanzitutto, il trasferimento delle competenze dai vari ministeri all'UTG permetta allo schema di regolamento in esame di spostare in modo evidente il baricentro della gestione di essi sul territorio nazionale,
se, in particolare, l'assorbimento dei compiti istituzionali in capo al Prefetto ed ai funzionari prefettizi, ipotizzato dallo schema di regolamento, svilisca le specifiche funzioni e professionalità rappresentate negli altri dicasteri e perciò rischi di determinare nell'attività amministrativa contrapposizioni nonché confusioni, con inevitabili ripercussioni sulla qualità e sull'efficienza dei servizi resi alla collettività;
se così, inoltre, la struttura prefettizia resti impermeabile al nuovo assetto organizzativo e si ponga come un nucleo forte nonché dominante dello Stato-apparato, e se tale scelta d'indirizzo possa determinare gravi contraccolpi e reazioni che non gioverebbero alla migliore funzionalità dell'amministrazione pubblica in quanto non consentirebbero di realizzare le necessarie sinergie;
se invece il citato decreto legislativo n. 300 del 1999 preveda la direzione funzionale del ministero di riferimento, se per contro il regolamento in esame stravolga questo principio attribuendo al prefetto ed al ministero dell'interno, rispettivamente, potere gestionale nonché di controllo e d'indirizzo, se particolarmente sia previsto che il prefetto assegni gli incarichi dirigenziali, disponga i servizi di carattere generale con personale del ministero dell'Interno, istituisca un proprio servizio ispettivo, sia responsabile delle risorse finanziarie ed eserciti il controllo interno, e se per giunta sia contemplato che il controllo strategico venga effettuato dal servizio di controllo interno del Viminale, onde tale ministero invierebbe la relazione annuale al proprio ministro e (solamente per conoscenza) al segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri nonché ai ministri le cui funzioni siano assegnate agli UTG;
se quindi lo schema di regolamento in esame urti contro i principi dell'intero disegno normativo del citato decreto legislativo n. 300 del 1999, poiché conferirebbe al Prefetto - in quanto titolare dell'Ufficio del Governo, e con immutata caratterizzazione - poteri invece nei confronti di tutte le articolazioni (specialmente di quelle assorbite), fino al punto d'annullare la dipendenza funzionale dai ministeri di settore;
se erroneamente l'Ufficio di Governo sia identificato col suo titolare (ossia il Prefetto), se venga soppressa ogni autonomia funzionale delle strutture periferiche confluite, e se non sia prevista neppure la partecipazione dei responsabili alla Conferenza permanente;
se, per di più, la dipendenza funzionale di talune articolazioni amministrative dal ministero di settore sia ridotta a mera potestà d'indirizzo generico, se conseguentemente rimangano misconosciute le specificità professionali di singoli settori lavorativi (alle quali non sarebbe dedicata alcuna attenzione organizzativo-funzionale), e se pertanto l'esercizio di funzioni d'ambito periferico sia consegnato al ministero dell'Interno con risalto preminente delle pur legittime esigenze di ordine e sicurezza pubblica, ma in danno della funzionalità delle strutture amministrative considerate (fisiologicamente, e non patologicamente) in vista degli scopi da raggiungere per un vero servizio alla collettività;
se lo spostamento istituzionale delle attribuzioni - già fonte di perplessità, anche se attuato nei limiti della previsione del citato decreto legislativo n. 300 del 1999 - risulti enfatizzato in modo straripante con lo strumento regolamentare;
se ogni rapporto tra i singoli ministeri e le loro rispettive articolazioni rimanga drasticamente soppresso, dato che il titolare dell'UTG conferirebbe anche gli incarichi di direzione (articolo 9 - terzo comma - dello schema di regolamento) e valuterebbe i dirigenti (articolo 13, secondo comma), malgrado il personale delle strutture periferiche trasferite venga mantenuto nei ruoli di provenienza (conformemente a
se il richiamo, effettuato dallo schema di regolamento agli articoli 3, 14, 16 e 17 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per i rapporti tra il prefetto e i dirigenti in ordine alle strutture confluite (articolo 12 - primo comma - dello schema in esame), di fatto risulti chimerico o - meglio - implicitamente abrogativo, dato che il citato articolo 12 s'affretta ad esplicitare che tale richiamo sarebbe effettuato «per quanto non diversamente previsto dal presente articolo»;
se peraltro i vari ministri non possano permettersi d'assegnare obiettivi al titolare dell'UTG, bensì solamente risorse, e se il medesimo titolare dell'UTG non risponda in alcun modo dei risultati dell'attività amministrativa ai rispettivi ministri;
se il regolamento intervenga pesantemente anche sulla struttura organizzativa e funzionale dei vari ministeri, fino a specificare i criteri cui si dovrebbero attenere i dirigenti di primo livello (ossia i direttori generali) di ciascun ministero nella formulazione delle istruzioni tecniche e nella distribuzione delle risorse (articolo 12 - secondo comma -);
se risulti, altresì, sufficientemente regolamentata la posizione del titolari degli UTG all'interno del sistema dalle autonomie di cui all'articolo 4 del citato decreto legislativo n. 300 del 1999, e se particolarmente risulti omesso il necessario collegamento funzionale in ordine al rapporto tra tali istituendi uffici ed il dipartimento per gli affari regionali, struttura essenziale - nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri - all'interno del riformato sistema di decentramento amministrativo;
se sia stata inoltre omessa ogni regolamentazione dell'organizzazione delle sedi regionali dell'Ufficio nazionale per il servizio civile, attualmente in fase d'ubicazione presso gli uffici dei Commissariati di Governo, per effetto di quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 1999, n. 352, attuativo dell'articolo 8 - primo comma - della legge 8 luglio 1998, n. 230 (recante nuove norme in materia d'obiezione di coscienza);
se sia stato trascurato anche il disposto normativo di cui all'articolo 37 del decreto legislativo n. 139 del 2000, che disciplina la posizione giuridica dei dirigenti appartenenti al ruolo dei Commissariati di Governo (tabella «C» della legge 23 agosto 1988, n. 400), e se in specie l'Amministrazione proponente non riconosca l'esistenza del predetto ruolo e degli uffici pertinenti, all'atto in cui istituisce la riserva dei posti di funzione di livello periferico limitando tale riserva al personale appartenente ai ruoli del ministero dell'Interno;
se dunque, in conclusione, lo schema in esame rischi - qualora sia approvato - di stravolgere palesemente uno dei principi-cardine su cui sarebbe fondato l'intero impianto del decreto legislativo n. 29 del 1993, ossia la separazione tra i compiti nonché le responsabilità di direzione politica ed i compiti nonché le responsabilità di direzione delle amministrazioni, e se perciò si debba amaramente constatare che nella storia amministrativa italiana, fin dall'anno 1861 ed ancora una volta, tale assunto sia stato e sia sempre destinato a rimanere un'illusione smentita da una prassi costante di concentrazione del potere nell'organo di direzione politica.
(3-06867)
presso gli uffici amministrativi della procura della Repubblica del tribunale di Roma si registrano difficoltà relazionali tra gli addetti -:
quali provvedimenti di propria competenza intenda adottare per porre rimedio a tale situazione.
(3-06868)