Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 840 del 18/1/2001
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(Repliche)

PRESIDENTE. Passiamo alle repliche per le interpellanze e le interrogazioni.
Colleghi, dovrò essere abbastanza rigoroso con i tempi, quindi vi chiedo scusa.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Taradash. Ne ha facoltà.

MARCO TARADASH. Signor Presidente, signor ministro, il nostro Governo è


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amico di tutte le peggiori dittature, da quella cinese a quella irachena, a quella iraniana e oggi lei ci ha rappresentato la contrapposizione tra le armi sporche della NATO e la pulizia etnica di Milosevic.
Forse valeva la pena di ricordare che, quando la NATO intervenne in Bosnia, il dittatore nazicomunista che trova il sostegno di tutti i comunisti di questo Parlamento dentro e fuori il Governo e anche di qualche forza dell'opposizione di centrodestra, aveva ucciso oltre 200 mila persone, era stato autore di massacri, di stupri ed aveva deportato 2 milioni e mezzo di persone in Bosnia, cose che si sarebbero ripetute di lì a poco anche nel Kosovo. Noi stiamo discutendo di un intervento militare della NATO e della questione dell'uso di armi che sono state ritenute necessarie contro le armi dell'avversario che non erano caramelle o chewinggum e si dice che queste armi possono aver provocato dei morti. Noi dobbiamo saperlo e vogliamo saperlo, ma non si può accettare il fatto che il Governo italiano parta da un presupposto ancora da accertare, cioè che quelle armi sono all'origine dei casi di leucemia e che sulla base di questo presupposto chieda alla NATO, come se fosse un'altra cosa rispetto alla partecipazione del Governo italiano, di assumere le sue responsabilità. L'onorevole Giannattasio ha dimostrato che vi erano già tutti gli elementi per sapere, se si voleva sapere, quali siano i rischi legati alle armi e quali fossero le precauzioni da prendere. Non sono state prese ed è di questo che il Governo italiano dovrebbe rispondere (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mazzocchin, che ha due minuti di tempo. Ne ha facoltà.

GIANANTONIO MAZZOCCHIN. Signor Presidente, signor ministro, devo dire che, come non sono solito fare, devo dichiararmi soddisfatto della risposta del ministro perché mi pare che abbia correttamente impostato il problema. Per quanto mi riguarda, devo dire che semmai ho lamentato una non completa comunicazione ai cittadini della realtà, anche scientifica, del problema che stiamo trattando. Non tutti i cittadini, naturalmente, devono essere tenuti a sapere che differenza c'è tra uranio impoverito e abbondanza naturale o altro, però devono sapere che cosa succede senza esagerazioni e senza prestare il fianco a utilizzi propagandistici di fatti che vanno inquadrati correttamente e interpretati in modo scientifico.
È ovvio, però, che, se per caso si dimostrasse che nei materiali impiegati in Bosnia o in Kosovo si trovano tracce di plutonio (cosa che ritengo poco probabile, perché è facilissimo da individuare), io che sono favorevole all'ipotesi che l'uranio in sé non sia molto pericoloso, dichiarerei che si tratta di un crimine di guerra. Anche se è molto difficile da verificarsi, se per caso fosse stato così, sarei il primo a dichiararmi molto preoccupato per l'uso che si fa delle informazioni e per il ruolo che ci è stato fatto svolgere senza essere consapevoli dei problemi. Spero e credo che questo non sia mai successo, ma naturalmente sarei lieto che il Governo continuasse nella sua preziosa opera di controllo (Applausi dei deputati dei gruppi misto-FLDR, misto-Verdi-l'Ulivo e misto-Rinnovamento italiano).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, signor ministro, lei ha risposto in parte alle nostre preoccupazioni, che sono quelle del paese: si sono avvertiti, in questi giorni ed in questi mesi, confusioni, contrasti, contraddizioni nell'attività di Governo ed anche la risposta che ci consegna questa mattina evidenzia le stesse confusioni e contraddizioni. Certamente, ci riportiamo, come fa lei stesso, all'esigenza dell'accertamento di una sola verità scientifica: credo, comunque, che l'impiego dell'emulsionamento di uranio impoverito dovesse essere conosciuto da parte delle autorità militari e del Governo. Se al riguardo vi è stata un'iniziativa seria e forte, è stata quella parlamentare: l'iniziativa


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del Governo è stata successiva ed ovviamente è stata sollecitata dall'opinione pubblica di fronte a casi inquietanti.
Certo, abbiamo un'azione da condurre e portare avanti per la pace: una pace reale, vera, perché siamo contro le guerre premeditate, le violenze ma anche, non vi è dubbio, contro l'impiego di armi che possono avere effetti perniciosi. Vi sono famiglie che devono essere tranquillizzate ed ovviamente non vogliono che la vicenda sia foriera di polemiche tra le forze politiche e che possa essere quindi strumentalizzata da alcune parti politiche e rappresentare l'occasione per scagliare attacchi nei confronti dell'Alleanza atlantica. A tale alleanza rimaniamo ovviamente leali, ma questa lealtà a cui si richiamava il Governo è contraddetta da posizioni espresse dalla sua stessa maggioranza, signor ministro (Applausi dei deputati del gruppo misto-CDU)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bastianoni. Ne ha facoltà.

STEFANO BASTIANONI. Signor Presidente, signor ministro, colleghi, le notizie che in questi giorni sono apparse sulla stampa, relative a militari che, dopo operazioni in Kosovo, in Albania, in terra balcanica, sono stati vittime al loro ritorno di malattie gravi hanno creato preoccupazione nell'opinione pubblica, tra gli stessi militari, nelle loro famiglie, nel personale civile. È quindi importante che il Governo non abbia sottovalutato la situazione: d'altra parte, la stessa natura delle missioni di pace richiede una particolare consapevolezza e sensibilità.
Quando si interviene in un territorio per portare la pace e la stabilità, non possono essere adottati strumenti ed azioni che rechino ulteriore disagio alle popolazioni locali e all'ambiente: pertanto, bene ha fatto il Governo ad istituire una commissione che, su basi scientifiche incontrovertibili, possa verificare se tra le gravi patologie verificatesi vi sia un'unica causa o se si tratti di singoli episodi. Questo è un elemento di chiarezza e di trasparenza la cui esigenza condividiamo; condividiamo altresì l'azione del Governo, che è stata concertata anche con altre nazioni per adottare una linea comune in sede di Alleanza atlantica, perché ciò rafforza la nostra posizione ed aumenta la consapevolezza anche dei partner europei. È altresì fuori dubbio che il nostro paese ritenga l'Alleanza atlantica un elemento stabile nella politica estera e di difesa.
È opportuno anche per l'Italia sapere e avere, al di là dell'Adriatico, una realtà stabile e pacifica che non sia la base di immigrazioni clandestine, di azioni contro la legalità...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bastianoni.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Crema, al quale ricordo che ha tre minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CREMA. Signor Presidente, prendo atto con soddisfazione che il Governo ha fatto proprie le gravi preoccupazioni diffuse nell'opinione pubblica a proposito delle drammatiche e tragiche conseguenze subite da alcuni soldati italiani, che temiamo seriamente essere state provocate dall'uso militare dell'uranio impoverito nei territorio dell'ex Jugoslavia. Del resto, i deputati socialisti democratici avevano già avuto occasione di apprezzare le iniziative assunte dal Presidente del Consiglio Amato in sede internazionale. È chiaro che, in campo europeo, è stato innanzitutto il Governo italiano, questo Governo a sollevare con vigore l'allarme. La posizione dei deputati socialisti, sin da quando il caso è divampato, è stata netta e chiara: noi siamo per l'immediata e definitiva messa al bando della produzione e dell'utilizzo di proiettili contenenti uranio impoverito.
Secondo una recente ricostruzione fatta dal giornale francese Le Monde, il rischio di cancro rappresentato dalla tossicità degli ossidi sprigionati dall'uso dell'uranio impoverito era noto allo stato maggiore francese almeno dal 1986, ai responsabili sanitari delle forze armate degli Stati Uniti già sette anni fa e ai medici delle forze armate britanniche, che


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avevano avvertito il proprio ministero, dal 1997. Le Monde trae da tutto ciò una conclusione che facciamo nostra per intero e che voglio citare: né nel 1991, né nel 1999 gli stati maggiori hanno giudicato utile premunire le proprie truppe sapendo che gli Stati Uniti utilizzavano queste armi. Si è trattato, quindi, di un rischio noto che, non solo è stato tremendamente sottovalutato, ma non è stato neppure affrontato con alcune precauzioni, peraltro conosciute. Lontano da noi, però, l'intenzione di sollevare speculazioni di carattere politico, ma le responsabilità per lo stato di cose che si è creato sono evidenti.
Noi socialisti abbiamo sostenuto le missioni militari per garantire pace e sicurezza, dalla guerra del Golfo, sino alla Bosnia e al Kosovo e non ci pentiamo di averlo fatto con convinzione. Siamo tra le forze politiche che più hanno apprezzato la dedizione e lo spirito di sacrificio delle nostre Forze armate. Riteniamo, come ha osservato il presidente della Commissione dell'Unione europea Prodi, che questo tipo di missioni non possano conciliarsi con la diffusione di fattori di inquinamento ambientale tali da danneggiare persino coloro che vi partecipano. Le dichiarazioni del ministro della difesa Mattarella ci confortano a questo proposito e le apprezziamo. Il Governo italiano continui a fare quanto è necessario per chiarire quello che ancora deve essere chiarito e per assicurare i controlli al fine di cercare di ridurre eventuali rischi per i nostri militari (Applausi dei deputati del gruppo misto-socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Giovanardi, al quale ricordo che ha disposizione quattro minuti. Ne ha facoltà.

CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, desidero ricordare che, a Sarajevo, i macellai Serbi stavano trattando quella popolazione come nei campi di sterminio nazisti, con un genocidio sistematico di uomini, donne e bambini. A Srebenica un'intera popolazione venne sterminata nelle fosse comuni, quindi l'intervento della Nato e dell'ONU fu un intervento morale per salvare gli innocenti da un sistematico massacro. Signor ministro, di cosa stiamo parlando oggi? Ho a disposizione alcuni dati acquisiti dai quali risulta che su 60 mila volontari italiani in Bosnia e in Kosovo, purtroppo, vi sono stati cinque o sei decessi per leucemia ed altri per tumore da identificare e catalogare. Ogni anno fra i carabinieri, centomila in tutto, si registrano circa dieci casi di leucemia e, purtroppo, 76 carabinieri sono deceduti per tumori negli ultimi cinque anni in Italia, nessuno dei quali è stato mai in Bosnia o in Kosovo. Purtroppo, la media delle leucemie riscontrate nel nostro paese fra i militari e fra i non militari è in linea con la percentuale registrata fra i reduci della Bosnia e del Kosovo. Questi sono i dati.
Il picco massimo della radioattività registrata fino ad oggi in Bosnia è quattro volte inferiore a quello della provincia di Viterbo. Si dice che essa è superiore alla media, ma è inferiore alla radioattività media riscontrata in provincia di Viterbo o in alcune piazze di Roma: questi sono dati.
Chiaramente il problema non è quello dell'uranio impoverito, perché nessuno, né il ministro né coloro che hanno parlato, è in grado di dire se vi sia un rapporto di causa ed effetto fra l'uranio impoverito e queste patologie che insorgono anche in persone che non sono mai state nei Balcani e non hanno mai soggiornato in quelle località. Il problema è chiaramente politico e in ciò sta la nostra preoccupazione. Dissento dal Governo, non per quanto riguarda la serietà dell'impostazione del ministro Mattarella, che apprezzo, ma per gli errori politici che il Governo sta facendo, perché, pressato dall'estrema sinistra, dai Comunisti e da Rifondazione comunista, a cui non interessa nulla dell'uranio impoverito, ma che utilizzano (Proteste dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti)... No, non interessa nulla, perché vi è


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una commissione medica che deve dare risposte serie, scientifiche (Commenti del deputato Nardini)...

PRESIDENTE. Onorevole Nardini, si calmi.

CARLO GIOVANARDI. ... per rassicurare le famiglie e non per gettare nel panico con l'allarmismo. Ma voi non aspettate che la commissione scientifica arrivi alla sua conclusione (Commenti dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti).
Sono state fatte speculazioni e rivolti attacchi agli Stati Uniti e all'Alleanza atlantica. Sembra che i criminali di guerra siano D'Alema e Dini e non Milosevic. Ho letto queste cose ieri sui giornali. Sabino Cassese ha parlato di crimini di guerra e lo stesso ha fatto un collega. Ma chi sarebbero i criminali di guerra? I nostri governanti, questo Governo, questo Parlamento, i diessini, che hanno partecipato con la NATO a quella missione? Di cosa stiamo parlando?
L'isteria collettiva, basata sul nulla, ha preso il nostro paese, perché sfido stamattina qualunque collega a dirmi che ha una sola prova che vi sia stato un morto in più (i decessi sono sempre cose spiacevolissime per le famiglie) in Bosnia o in Kosovo collegato ad una causa precisa rispetto a quelli che muoiono per lo stesso motivo in Italia.
Su questo punto siamo arrivati alla spaccatura nella NATO sulla moratoria. Di passaggio in passaggio - torno a ripeterlo - accreditiamo addirittura l'attribuzione di un «crimine di guerra» non ai veri criminali, che sono quelli che per fortuna abbiamo battuto mentre stavano commettendo un genocidio, ma a chi ha compiuto un'operazione umanitaria.
Rivolgo un appello al Governo affinché eviti di farsi strumentalizzare dall'estrema sinistra perché i guai non saranno solo nella NATO, con la spaccatura fra europei, americani e canadesi, ma si rifletteranno anche sulle persone che hanno preso queste importanti decisioni per l'Italia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bertinotti, al quale ricordo che ha a disposizione quattro minuti di tempo. Ne ha facoltà.

FAUSTO BERTINOTTI. Signor Presidente, signori del Governo, signor ministro, fatico a contenere un moto di rabbia e di indignazione.
Mi colpisce come anche gente molto perbene possa cadere in un vortice di irresponsabilità nei confronti dell'umanità. Avete parlato di una guerra umanitaria e adesso emerge drammaticamente una lunga striscia di morti, una sindrome precisa che va dalla Somalia all'Iraq, alla Bosnia e al Kosovo e che parla dell'uranio impoverito, di una concausa che produce morte nelle popolazioni e nei militari.
Avete detto di voler fare una guerra umanitaria e avete fatto una guerra ambientale. Non Milosevic, ma l'attuale Presidente della Federazione jugoslava, Kostunica, l'uomo che avete dichiarato di aver concorso a portare al Governo della nuova Jugoslavia, ha detto che quei proiettili all'uranio hanno ucciso ed inquinato il terreno per milioni di anni e che l'uso dei proiettili all'uranio impoverito è la prova che i bombardamenti della NATO sulla Jugoslavia erano criminali. Questo lo dice il Presidente Kostunica. Siete partiti per una guerra che dichiarate umanitaria ed i suoi responsabili possono finire sul banco degli accusati per crimini di guerra.
Avete prodotto e state producendo un nascondimento dentro una regressione culturale. Cercate una sola causa di morte. Questa operazione è culturalmente scorretta e scientificamente infondata. Con questo argomento, signor ministro, sarebbero stati assolti i padroni che con l'amianto hanno seminato la morte tra i lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti). Con questo argomento non si farebbe, come invece si sta facendo, il processo a Porto Marghera contro la Montedison per la responsabilità dei morti per il PVC.
Siete caduti in un'abiezione culturale, cercate una sola causa quando è del tutto


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evidente, secondo i testi scientifici di epidemiologia, che l'eterogeneità e il carattere probabilistico sono i fattori che chiamano in causa la responsabilità di un elemento che espone al rischio. Per questo bisogna mettere al bando queste armi, così come è stato fatto per le mine antiuomo; per questo la moratoria è un passo in quella direzione, ma solo un passo.
Il terzo elemento è quello politico, della sovranità di questo paese e della vostra dignità. Non mi rifaccio a Marx ma all'etica di Kant e al suo camminare eretti. Voi avete chiesto una moratoria sebbene con argomentazioni dimostrate infondate; la NATO vi ha risposto di no e voi cosa fate? Lasciate stare la nostra adesione alla NATO, lasciate la nostra messa in discussione di un ordine mondiale, voi, che chiedete una moratoria, a quella NATO che vi dice sprezzantemente «no», a quella NATO comandata da quegli stessi Stati Uniti d'America che fanno operazioni ad Ustica di cui dovreste impressionarvi, come quelle del Cermis, cosa rispondete? Come fate a rendere credibili le vostre parole, se chiedete la moratoria e non ve la danno? O aprite un contenzioso o un conflitto oppure rivelate la vostra ipocrisia (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Leccese. Ne ha facoltà. Le ricordo che ha quattro minuti.

VITO LECCESE. Signor Presidente, signor ministro, noi Verdi apprezziamo l'atteggiamento che il Governo oggi ha assunto nella direzione della chiarezza e della gestione trasparente dell'intera vicenda, anche se per noi zone d'ombra rimangono sul corretto trasferimento delle informazioni tra il livello militare e quello politico, sul quale peraltro chiediamo di fare piena luce. La sua ricerca di chiarezza e verità, signor ministro, non ha corrispondenti dall'altra parte dell'Atlantico, dove si registra un atteggiamento di inaudita e colpevole reticenza, se è vero, come è vero e come denuncia Giuseppe Onufrio, membro del comitato tecnico-scientifico da lei istituito, che il dipartimento energia statunitense si era impegnato a consegnarci la composizione media dei proiettili entro il giugno 2000. A distanza di sette mesi non vi è traccia di queste notizie.
Signor ministro, apprezziamo l'iniziativa, da noi richiesta e oggi assunta dal Governo, di avviare un'indagine epidemiologica nelle Forze armate tra il personale volontario e civile, anche perché a nostro parere non va assolutamente esclusa la ricerca anche in altre direzioni, come l'uso senza particolari precauzioni del benzene o di altri solventi o più in generale la contaminazione da agenti tossici che si sono liberati a seguito dei bombardamenti su impianti chimici. Non possiamo però ritenerci soddisfatti - e lo diciamo con profondo rammarico - per i ritardi registrati dal nostro paese perché fin dai tempi del conflitto nel Kosovo denunciammo con forza al Governo, del quale pure facevamo parte, i rischi del ricorso all'uranio depleto per gli incalcolabili danni che tale uso avrebbe determinato nell'ambiente e alle popolazioni civili. Vi fu una sollecitazione forte della Commissione esteri, come lei ha ricordato oggi, che in una risoluzione impegnava il Governo a fare quello che oggi con quindici mesi di ritardo si sta facendo.
Alla base di quelle sollecitazioni, signor ministro, vi erano i dati che emergevano dalla comunità scientifica e dai rappresentanti del nostro Ministero dell'ambiente ma soprattutto vi era la necessità di garantire uno sviluppo sostenibile per quei territori che avevamo liberato dalla pulizia etnica e che volevamo veramente puliti da ogni forma di contaminazione sia chimica che radioattiva perché oggi il rischio incommensurabilmente più grave - lo diciamo con chiarezza - è per le popolazioni che abitano quei luoghi e, se non vi saranno seri interventi di bonifica, il rischio sanitario, se guardiamo alla vita media dei raggi isotopi, riguarderebbe migliaia di generazioni. Con la scoperta di tracce di plutonio si aggiunge la consapevolezza


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che nel rapporto tra fini e mezzi il fine di contrastare la pulizia etnica è stato ulteriormente contaminato dagli interessi dell'industria che, attraverso le armi, riesce a smaltire con un costo economico nullo ma con un elevatissimo costo ambientale ed umano le scorie della fissione nucleare.
In conclusione, signor ministro, chiediamo al nostro Governo non la moratoria ma la messa al bando di quelle armi e lo chiediamo, non già per un antiatlantismo di maniera, ma per il rispetto della Convenzione di Ginevra del 10 ottobre 1980. Quella Convenzione, che fissa il divieto di impiego di armi convenzionali che possono produrre effetti traumatici eccessivi o che hanno effetti indiscriminati, come lei ha riconosciuto, è stata ratificata dal nostro Parlamento nel dicembre 1994; quella Convenzione, che vieta l'uso di armi che possono provocare danni estesi e durevoli per l'ambiente e per l'uomo, è stata ratificata da quasi tutti i paesi NATO, Stati Uniti compresi. Il Governo deve avanzare con responsabile coraggio nelle sedi delle decisioni questa nostra proposta (Applausi dei deputati del gruppo misto-Verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Monaco, al quale ricordo che ha 6 minuti e mezzo a disposizione. Ne ha facoltà.

FRANCESCO MONACO. Signor Presidente, i fatti li conosciamo: li ha richiamati il ministro Mattarella. Conosciamo, altresì, le diffuse e motivate preoccupazioni. Se vanno contrastati la psicosi, l'allarmismo, i giudizi precipitosi, non possono essere tuttavia rimossi gli interrogativi e i problemi. È nostro preciso dovere scavare a fondo e fare opera di carità. A questo mirano le misure adottate dal Governo, specie l'istituzione della commissione medico-scientifica che deve poter lavorare con libertà, serenità e rigore e in tempi ragionevolmente stretti. Così pure si deve dare corso a tutti i controlli e alle verifiche sul personale militare e civile che ha operato in Bosnia e in Kosovo. Considerata la persistenza nel tempo degli effetti della radioattività, si devono intensificare le misure di prevenzione e di cautela per quanti - militari e civili - tuttora operano in quei territori e per quanti vi abitano.
Il caso - per parte mia, lo osservo senza esitazioni - ha posto in evidenza una singolare sensibilità del nostro paese. L'Italia non fa uso delle armi incriminate; essa per prima ha sollevato la questione e lo ha fatto da tempo: il ministro Mattarella lo ha rammentato e ve ne è traccia negli atti parlamentari. Grazie a noi, si è appreso che non solo in Kosovo, ma anche in Bosnia, si è fatto uso di quelle armi. Sempre noi abbiamo proposto alla NATO una moratoria (sulla quale tornerò); infine, l'Italia ha chiesto che la NATO adotti procedure informative più sollecite e trasparenti. A mio avviso, si tratta di meriti e non di indizi di inaffidabilità, come si è insinuato da parte di un'opposizione incline a buttare tutto in politica e ad approfittarne, in una logica da campagna elettorale che mal si concilia con la serietà e con la complessità della questione.
Del resto, avremmo dovuto limitarci a discutere la spinosa ma circoscritta questione dell'uranio impoverito, ma la disputa ha subito uno slittamento sui nostri indirizzi di politica estera e della difesa: è uno slittamento improprio ma non ci sottrarremo al confronto, anche perché non abbiamo nulla da temere e nulla da rimproverarci.
Ricapitoliamo per punti. Siamo convinti che nel mondo del dopo «guerra fredda» l'istituto dell'ingerenza umanitaria, talvolta drammaticamente, abbia una sua ragion d'essere e che, quando ne ricorrano le condizioni e tali condizioni siano riconosciute dalle autorità internazionali a ciò deputate, l'ingerenza umanitaria rappresenti un preciso dovere della comunità internazionale. Del resto, fa riflettere ed è eloquente che la Santa Sede, notoriamente severa e prudentissima sul terreno degli interventi militari, abbia messo a punto una vera e propria teoria dell'ingerenza umanitaria e proprio


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in coincidenza dell'intervento in Bosnia. Inoltre, nei casi specifici della Bosnia e del Kosovo, l'intervento era necessario ed urgente per le violenze di massa, la violazione su larga scala dei diritti umani fondamentali in corso in quelle regioni e a motivo delle nostre peculiari responsabilità verso l'area dei Balcani.
Nella NATO - sia chiaro - ci stiamo e ci vogliamo stare: essa rappresenta tuttora, per l'Italia e per l'Europa, un riferimento cardine della politica estera e di difesa, ma c'è modo e modo di stare dentro la NATO. Noi ci vogliamo stare sulle seguenti basi: innanzitutto, ripensandone non unilateralmente, ma dentro gli organi stessi della NATO, la missione entro le nuove coordinate politiche e militari. La NATO non è un'istituzione cristallizzata nel tempo: ragionare insieme sui suoi compiti e sulla sua natura non è un affronto. In secondo luogo, vogliamo stare nella NATO ragionando sul rapporto tra mezzi e fini, nelle missioni umanitarie e di pace. Questo è un punto cruciale: i mezzi a cui si fa ricorso non possono prevaricare sul fine né contraddire l'intento pacifico ed umanitario.
Un noto esperto di questioni militari, Stefano Silvestri, su un giornale certamente non di sinistra come Il Sole 24 Ore, così si esprime: «Dobbiamo adattare meglio i nostri strumenti militari alle nuove finalità che essi sono chiamati a perseguire. In passato avevamo pensato alla guerra globale, che avrebbe potuto divenire anche una guerra nucleare, con milioni e milioni di vittime e immani distruzioni. In quel contesto, la logica militare della massima efficacia prendeva il sopravvento sulla prudenza. Anzi era invero prudente» - qui Silvestri esagera un po' - «ricercare la massima efficacia delle armi convenzionali come appunto i proiettili ad uranio impoverito, proprio per allontanare il rischio della guerra nucleare. Oggi, invece, i nostri scopi sono umanitari e di pace; non ricerchiamo la vittoria, quanto la conclusione della crisi e la sua riduzione. Ciò muta fondamentalmente il nostro approccio strategico: ad esempio, ci preoccupiamo di limitare al massimo i danni e le vittime tra la popolazione civile e cerchiamo in ogni modo di salvaguardare anche i nostri militari. La forza è usata in modo molto più graduato e limitato».
Ancora - sempre procedendo per punti -, nella NATO di oggi, più che in quella di ieri, è lecito e doveroso che i partner stabiliscano rapporti più trasparenti e paritari. L'Italia ha proposto la moratoria delle armi ad uranio impoverito, lo ha fatto nelle sedi giuste e nella forma giusta, aprendo una riflessione che ha già prodotto un importante risultato. Esattamente ieri - lo rammentava Mattarella - il Parlamento europeo, a larga maggioranza, ha fatto propria la proposta di moratoria, con il consenso degli europarlamentari delle stesse forze politiche di opposizione che in Italia hanno polemizzato con quella nostra proposta. È un'elementare misura di saggezza e di prudenza, fintanto che non disporremo di certezze scientificamente vagliate.
Al fondo di questi interrogativi, lo ripeto, sta una questione di principio: è vero, la NATO non è altro da noi, la NATO siamo noi, ma proprio perché siamo partner responsabili, coprotagonisti, nella NATO abbiamo il diritto ed il dovere di starci a testa alta e, proprio perché la giudichiamo uno strumento prezioso, vogliamo metterla al riparo da sospetti e accuse che - quelli sì - la depotenzierebbero, proprio perché essa vive e si alimenta del consenso degli Stati, dei Governi e delle pubbliche opinioni.
Dunque - concludo, Presidente -, le parole che ci guidano sono tre: chiarezza, prudenza, responsabilità, come si conviene ad un paese del rango dell'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, dei Popolari e democratici-l'Ulivo e misto-Socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Armando Cossutta. Ne ha facoltà.

ARMANDO COSSUTTA. Signor Presidente, condivido la richiesta di moratoria


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avanzata dal Governo italiano, richiesta formulata ieri anche dal Parlamento europeo. In verità, è giusto richiedere l'interdizione, il bando definitivo in ogni caso per tali tipi di armamenti: la moratoria ne è una premessa.
Si sostiene che non è del tutto provato il collegamento dei decessi e delle gravi malattie con l'uso dell'uranio. Io non so se le analisi mediche riusciranno scientificamente a dimostrarlo, so che è cosa assurda sostenere che, per prendere una tale decisione, ci voglia una certezza circa la correlazione tra malattie, decessi e uso dell'uranio. Non so se ci sarà mai questa certezza sul piano scientifico, so che sin d'ora si ha la certezza che non vi può essere certezza alcuna sulla non pericolosità di quegli ordigni. D'altronde, diciamo la verità, non vi possono essere molti dubbi, dal momento che i dati sono impressionanti: migliaia di vittime, decessi e malattie spaventose dopo la guerra del Golfo; migliaia di vittime tra militari e civili nella guerra in Bosnia e poi in quella in Serbia e nel Kosovo. È la stessa NATO a dichiarare di aver usato oltre 31 mila missili e proiettili all'uranio in Kosovo ed oltre 10 mila in Bosnia. Da lì derivano le conseguenze tragiche che sono oggi sotto gli occhi di tutti.
Si sapeva già da allora? Non lo so, certo lo si temeva e proprio il comando supremo americano aveva trasmesso norme severissime per tutti i suoi militari, aveva diramato gli ordini per premunirsi dai rischi letali degli effetti delle radiazioni di tali proiettili. Di fronte a questa realtà, ogni indugio è insopportabile e diviene criminoso, tant'è che il nuovo Presidente jugoslavo, Kostunica, è giunto a parlare di crimini di guerra.
Noi chiediamo una moratoria come premessa per giungere al bando di tali armi. Chi si oppone? La NATO. Ecco il punto politico serio, onorevoli colleghi: si può accettare senza reagire il rifiuto della NATO? La NATO siamo noi, dicono i suoi sostenitori. Noi chi? Anche noi facciamo parte della NATO, ma non siamo noi a comandare o a decidere: diciamo la nostra opinione, ma essa non conta o conta poco. La moratoria, dunque, si impone, come si impone un'opera gigantesca di risanamento per curare e guarire i nostri ragazzi, per bonificare quelle terre, per tutelare quelle popolazioni. Subito la moratoria, per giungere all'interdizione: ma la NATO si oppone.

FILIPPO MANCUSO. Vi è già l'interdizione, il ministro non conosce i trattati internazionali!

ARMANDO COSSUTTA. Ecco il punto che coinvolge i rapporti dell'Europa con gli Stati Uniti, i quali sono i veri regolatori della politica e delle decisioni della NATO. Non io, ma altri hanno scritto - conservo l'editoriale pubblicato dal massimo quotidiano italiano, a firma di Sergio Romano - che «gli interventi della NATO sono iniziative congiunte, ma divengono, immediatamente dopo l'inizio delle operazioni, guerre americane. Sperare che qualche riunione della NATO convinca gli Stati Uniti ad adottare una diversa politica è inutile. Tocca all'Europa rendersi conto che l'euro, per quanto importante, non è e non sarà mai una bandiera, un esercito, una politica». Appunto.
Noi ci rivolgiamo pacatamente a voi tutti, colleghi parlamentari, e ci rivolgiamo a tutti i parlamentari d'Europa affinché si rifletta sulla situazione. La NATO, come si è visto, è inaffidabile: non dice la verità, non tiene conto della realtà dell'Europa, fa esercitare, peraltro, i suoi aerei, dal Cermis al Tirreno, violando ogni norma di sicurezza come se fosse padrona dei nostri cieli. La NATO in più - è la verità - è ormai anacronistica, dal momento che essa era sorta per fronteggiare il pericolo - semmai vi sia stato - di invasione da parte dell'Unione sovietica e oggi l'Unione sovietica non c'è più.
Permangono per l'Europa i problemi della sicurezza e per quanto differenti dal passato sono problemi reali, che devono essere affrontati e risolti, ma dall'Europa stessa e l'Unione europea è ormai in grado di farsene carico. Fino a quando ci sarà l'attuale NATO, saranno gli Stati Uniti a decidere e a comandare anche per l'Europa,


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al posto dell'Europa, sull'Europa. Invece, dobbiamo essere noi stessi europei a farlo. Spetta a noi accelerare quel processo che l'Unione europea ha già iniziato ad intraprendere, onorevoli colleghi, per la formazione di una struttura militare europea e soltanto europea, non ostile agli Stati Uniti, anzi amica del grande paese d'oltre oceano, ma autonoma da essi.
La decisione del Governo italiano di chiedere la moratoria è un atto di autonomia: anche per questo va sostenuta con realtà e con determinazione. Noi lo stiamo facendo (Applausi dei deputati dei gruppi Comunista e Popolari e democratici-l'Ulivo e del deputato Di Capua)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Manzione. Ne ha facoltà.

ROBERTO MANZIONE. Signor Presidente, mi sembra opportuno parlare anche a quanti ci ascoltano fuori da quest'aula, specificando in maniera chiara cosa stiamo discutendo.
In merito all'uranio impoverito occorre fare un minimo di chiarezza. Lo stesso risultato dirompente che prima si otteneva con i cannoncini o con i bazooka può essere ottenuto utilizzando i proiettili ad uranio impoverito. Oggi anche un'arma leggera, caricata con proiettili ad uranio impoverito, può perforare un mezzo blindato, perché l'uranio, nell'impatto con superfici rigide, sprigiona un fortissimo calore che provoca un effetto dirompente.
È chiaro che, contestualmente allo scoppio e quindi all'emissione di questo grande calore, c'è un inquinamento dell'atmosfera. Gli studi e le ricerche sugli effetti dell'uranio impoverito - definito uranio 235 - hanno in larga parte escluso la sostanziale pericolosità per l'uomo in considerazione del modesto grado di tossicità residua dell'isotopo U235.
Il problema è che, però, recentemente, secondo quanto è dato sapere, sono state rilevate anche tracce di uranio 236, che, secondo alcuni studi, sarebbe dieci volte più potente e quindi più dannoso dell'uranio 235.
Occorre poi considerare che, prima in Iraq e poi nei Balcani, ci sono stati bombardamenti contro opifici bellici nemici nei quali si sospettava potessero essere condotte ricerche su armi chimiche che, pur se distrutte, avrebbero comunque provocato effetti tossici particolarmente consistenti. Per avere un quadro del complesso ambientale, occorre altresì considerare due elementi.
Il primo concerne il fatto che alcuni testimoni oculari hanno riferito che molto spesso, anche nei Balcani, è accaduto che i mezzi cingolati o blindati, colpiti dalle forze alleate, benché praticamente distrutti o comunque inservibili, venissero prontamente recuperati, quasi non se ne volesse in qualche modo consentire l'esame. Perché? Forse per la paura che si scoprisse di quali armamenti erano dotati?
In secondo luogo, non conosciamo ancora in maniera approfondita quali effetti concreti possano produrre le scorie prodotte dall'uranio 235 o 236 (qualora venisse accertata anche l'utilizzazione di quest'ultima particella) sul fisico di soggetti magari già debilitati per le reazioni delle vaccinazioni multiple, sottoposti a campi intensi di onde elettromagnetiche in ambienti nei quali si faceva frequente utilizzo di benzolo o comunque di prodotti derivanti dal petrolio, che come sappiamo sono pericolosi.
In questo quadro di riferimento, in questo contesto specifico, aspettiamo, signor ministro, con attenzione le conclusioni alle quali perverrà la commissione tecnico-scientifica presieduta dal professor Mandelli che lei ha nominato il 28 dicembre. Contestualmente la invitiamo però a prestare la massima assistenza (cosa che sta già facendo) e il massimo supporto in tutti i casi sospetti, visto che ancora non abbiamo delle certezze in qualche modo potenzialmente riconducibili a patologie invalidanti collegate alla permanenza nei Balcani; a potenziare - cosa che ci ha già garantito o sta già facendo - i controlli medici ed epidemiologici; a promuovere o comunque a partecipare ad iniziative di ricerche internazionali


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tendenti ad accertare lo stato di inquinamento e la potenziale «effettività» dell'uranio impoverito; a rafforzare le strutture destinate a garantire una costante informazione ai familiari dei militari ancora di stanza nei Balcani (mi riferisco al telefono «grigio-verde»); ad impegnarsi, signor ministro, per fare in modo di destinare nuove risorse e nuove energie per una adeguata azione di monitoraggio e di bonifica di tutte quelle aree colpite dai bombardamenti ad uranio impoverito; ad evitare e ad escludere che comunque siano presenti nel territorio nazionale armamenti ad uranio impoverito (cosa che per le vie brevi ha ritenuto già di fare per quanto riguarda i presidi militari esistenti a Persano, in provincia di Salerno).
Per quanto riguarda invece le valutazioni di politica estera - punto sul quale tutti i colleghi si sono soffermati -, ribadita ove fosse indispensabile, ma ritengo che non lo sia per un gruppo come il nostro che appartiene alla maggioranza e che ha radici che nascono da una matrice comune, l'assoluta necessità della partecipazione e della permanenza dell'Italia nella NATO, occorre riconoscere al Governo - ed io lo faccio con piacere, signor ministro - di avere avuto il coraggio di porre per primo il problema della moratoria delle armi ad uranio impoverito.
Signor ministro, l'insuccesso dell'iniziativa in sede NATO si è trasformato poi, in sede europea, in una illuminata e coraggiosa iniziativa che ha visto l'Europarlamento schierarsi sulla posizione italiana e chiedere formalmente a tutte le forze degli Stati dell'Unione di proporre una moratoria dell'uso delle armi ad uranio impoverito, sulla scorta del principio della precauzione.
Mi sembra politicamente opportuno rilevare che rispetto a questa iniziativa, che io le riconosco, signor ministro, c'è stato un atteggiamento tiepido, se non di ostracismo, da parte del centrodestra e in particolare di Forza Italia.
Però, se fin qui le valutazioni sono positive, diverse sono quelle per ciò che attiene al comportamento dei vertici militari. A mio avviso è ridicolo il comportamento dello Stato maggiore, che alla vigilia di Natale affermò di non essere stato informato dalla NATO circa l'utilizzazione di proiettili ad uranio impoverito. Bosnia o Kosovo, non potevamo non sapere! La ricostruzione che lei ha fatto mi convince ancora di più su ciò che ho detto.
Mi avvio alla conclusione, Presidente. Molto spesso la verità viene tenuta nascosta, giacché è invalsa la credenza che la custodia di pseudosegreti o la copertura stupida possano costituire bonus per carriere prestigiose anche politiche.
Il Presidente Ciampi ha chiesto chiarezza. Noi dobbiamo essere chiari evitando ogni linea d'ombra e ciò lo dobbiamo ai nostri militari e al nostro paese, anche per impedire che il nuovo modello di difesa, che prevede il reclutamento della leva volontaria, possa fallire ancor prima di iniziare. Buon lavoro, signor ministro (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDEUR, dei Democratici di sinistra l'Ulivo e dei Popolari e democratici-l'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, l'onorevole Rizzi, al quale ricordo che ha a disposizione 8 minuti. Ne ha facoltà.

CESARE RIZZI. Signor ministro, dunque per i nostri soldati niente rischio di uranio! Nel corso del question time del 7 giugno 2000, ad una mia interrogazione lei ha risposto testualmente: «Nelle aree del Kosovo in cui operano i nostri soldati, sono al di sotto dei limiti di sicurezza previsti dalla legge italiana per il nostro territorio (...) I controlli non hanno rilevato situazioni di pericolo e di rischio ambientale».
Lei poc'anzi ha detto che nel Kosovo si sono registrati 23 casi di leucemia con otto morti: ciò basta. Signor ministro, le premetto che la Lega, a termini di regolamento, presenterà una mozione.
La crisi dell'uranio impoverito, a prescindere dalle risultanze delle inchieste che sono state avviate - o che stanno per


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esserlo -, a nostro avviso, ha dimostrato una serie di lacune nel modo in cui viene gestita nel nostro paese la politica di sicurezza nazionale. Comunque la si voglia vedere, infatti, l'intera vicenda ha portato alla luce l'approssimazione che circonda tutto il processo decisionale italiano, il pressapochismo di una classe dirigente e il difetto di professionalità di ampi settori dell'apparato militare nazionale.
Procediamo con ordine, ministro. Il ministro della difesa, in occasione dei primi interventi sollecitati dal Parlamento a fronte del manifestarsi delle gravi patologie che avevano colpito i nostri ragazzi, sia alla Camera sia al Senato, per giustificare la sorpresa sua e del Governo in relazione allo scoppiare di questa inquietante epidemia, non ha trovano niente di meglio che dire «non sapevo», come se l'ignoranza a livello delle massime responsabilità del Governo fosse un'attenuante e non, invece, come noi crediamo, una circostanza aggravante. Chi ha la responsabilità politica delle decisioni che concernono l'uso delle forze, signor ministro, a nostro avviso, non può non sapere. Quando la difesa non sa, è per definizione impotente e mette a repentaglio la sicurezza nazionale. La confessione d'ignoranza dovrebbe indurre, pertanto, al riconoscimento della propria inadeguatezza. Caro ministro, avrebbe dovuto dare le dimissioni!
Cos'è che l'Italia non conosceva? Il fatto che nella sola Bosnia i cacciabombardieri della NATO avessero impiegato in massa munizioni ad uranio impoverito è ciò che il ministro ci ha detto in Parlamento e che il generale Del Vecchio ha ribadito anche in televisione, spiegando come non avesse ricevuto istruzioni da Roma per provvedere all'adozione di tutte le misure preventive per garantire l'incolumità degli italiani schierati a Sarajevo e in alcune zone della Repubblica serba.
È ammissibile questo difetto di informazione che sarebbe stato la causa della mancata adozione delle più elementari misure cautelative? A nostro avviso, no! L'Alleanza atlantica, nel corso della campagna intrapresa nel 1994-1995, operò prevalentemente da basi situate nel territorio italiano e con l'attiva partecipazione della nostra aeronautica. Tutti conoscevano la tipologia a disposizione. Il settimanale Panorama del 23 marzo 2000 scriveva: «I soldati italiani nel Kosovo radioattivo».

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Nel Kosovo!

CESARE RIZZI. La NATO aveva avvisato il Governo italiano.
Il fatto che le munizioni impiegate dagli Stati Uniti all'inizio degli anni novanta contro bersagli di questo genere contenessero uranio impoverito è ampiamente noto alla stampa specializzata e a tutti i cultori della scienza militare. Come poteva essere ignoto ai vertici della politica militare e della difesa italiana una verità conosciuta a tutti i lettori delle più popolari riviste di difesa pubblicate in questo paese?

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Non era sconosciuta!

CESARE RIZZI. Il ministro Mattarella ce lo deve spiegare in modo convincente - anche a nome suo e dei suoi predecessori che ne hanno combinate di tutti i colori; il suo predecessore è stato definito da noi «ministro della guerra» perché è stato nominato appositamente per fare la guerra -, altrimenti, dovremo concludere che c'è qualcosa che non funziona a dovere nei rapporti che intercorrono tra i vertici militari della difesa e coloro che rispondono politicamente di fronte al Parlamento e alla nazione dell'operato delle Forze armate. Se avessimo saputo, forse saremmo andati in Bosnia, tenuto conto di quanto previsto dagli accordi di Dayton; avremmo adottato le opportune contromisure ed evitato le zone più a rischio che, invece, abbiamo preteso di avere per essere più vicini ai serbo-bosniaci che erano la parte in conflitto con la quale più o meno copertamente l'Italia aveva, in qualche modo, simpatizzato nel corso


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degli anni di guerra. Invece no, abbiamo voluto essere più vicini ai serbi; fu questa la ragione del nostro pericoloso posizionamento, anche al prezzo di esporci alle radiazioni. Vorremmo oggi chiedere in vista di quali risultati politici ciò è stato fatto, visti gli sviluppi successivi della politica bosniaca, balcanica, condotta da Dini, prima come Presidente del Consiglio, poi come ministro degli affari esteri. Tuttavia, non vogliamo sollevare vecchie polemiche: del suo ambiguo filoserbismo, infatti, l'Italia ha già degnamente celebrato le esequie nel corso della successiva guerra del Kosovo quando, diciamolo francamente, si è dovuto fare buon viso a cattiva sorte, accettando anche che venissero distrutti investimenti importanti fatti nella Federazione jugoslava da società italiane.
La vicenda resta comunque emblematica come testimonianza negativa dei limiti concettuali e politici di un modo di operare del Governo, che assume liberamente impegni militari senza avere chiari gli obiettivi politici, le forze disponibili, i rischi da correre ed il modo, se possibile, di contenerli. Ci dicono che in Kosovo è forse avvenuta la stessa cosa, se sono vere le mappe dei bombardamenti nei quali sono state impiegate munizioni all'uranio, appena pubblicate da un noto settimanale italiano, mappe che dimostrano incontrovertibilmente come sia spettata a noi e ai tedeschi la zona più contaminata, tant'è vero che gli Stati Uniti hanno spostato i loro militari di 100 chilometri (mica sono stupidi!).
Resta, però, la sgradevole sensazione che non tutto sia stato detto e che, senza il clamore suscitato dai primi morti e dal risalto che forze politiche come la Lega nord Padania hanno deciso di dare alla protesta, tutto sarebbe rimasto sotto silenzio. Per tale ragione, mentre esprimiamo la nostra solidarietà alle vittime e alle loro famiglie, chiediamo che venga fatta piena luce sulle cause di queste morti e di queste malattie ed esigiamo che si individuino i responsabili del difetto di informazione, che sembra avere accecato in questi anni tutti i pianificatori che operano all'interno della nostra difesa.
Desidero ricordare, signor ministro, che nel Kosovo sono stati scaricati - ciò il ministro della difesa lo sapeva - sin dal lontano marzo circa 31 mila proiettili all'uranio, qualcosa come 10 tonnellate. Lascio a lei immaginare cosa possano procurare queste 10 tonnellate depositate sul terreno, in Kosovo. Gli esperti spiegano che il raggio di contaminazione supera i 50 metri, ma aggiungono che in quest'area è pericoloso persino respirare: le particelle radioattive segnalate provocano tumori e leucemie (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Rizzi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Soro. Ne ha facoltà.
Onorevole Soro, ha 6 minuti e mezzo di tempo a disposizione.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, abbiamo voluto questo dibattito per un dovere di trasparenza nei confronti dei soldati impegnati all'estero nelle missioni di pace e nei confronti dell'opinione pubblica italiana ed internazionale; infatti, l'una e l'altra hanno il diritto di conoscere i termini reali della questione. Ciò è tanto più indispensabile per effetto di una progressiva dilatazione mediatica ed emotiva del problema.
Taluni, credo non numerosi, hanno preteso di utilizzare la vicenda per mettere in discussione la stessa solidarietà dell'Italia con gli altri paesi dell'Alleanza atlantica, assieme al senso delle iniziative di ingerenza umanitaria assunte negli ultimi anni. Sappiamo che esistono problemi nuovi che impegnano la nostra responsabilità: alcuni sono legati alla necessità di ridefinire le regole interne all'alleanza, altri discendono dallo squilibrio tecnologico fra le forze armate europee e degli Stati Uniti, altre ancora sono legate ad una scarsa consuetudine - diciamo così - dei militari ad assoggettarsi al controllo parlamentare. Principalmente,


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però, i problemi derivano dalla necessità di aggiornare e misurare le nostre scelte, i nostri comportamenti, il nostro stesso linguaggio alla nuova dimensione delle relazioni internazionali, nelle quali ha assunto stabile cittadinanza l'istituto dell'intervento umanitario.
La propensione del sistema politico mediatico italiano alla semplificazione delle questioni complesse non ci aiuta a risolvere problemi assolutamente difficili ed intricati, ma costituisce l'atmosfera più propizia al populismo ed alle suggestioni.
Non è questa la strada dei riformisti e non è questa la nostra strada! Noi abbiamo condiviso l'operato del Governo in questa circostanza; il rigore con cui si è affrontato il dossier uranio impoverito, senza nulla concedere a spinte demagogiche, ma contemporaneamente senza alcuna reticenza o sottovalutazione, appare per molti versi esemplare. Il Governo ha saputo resistere alla suggestione di un protagonismo velleitario, ma insieme ha voluto assumere la responsabilità propria, reclamando con forza quella di tutti i soggetti della comunità internazionale.
Noi siamo convinti che non debbano esistere limiti alle indagini che abbiano come fine la tutela della salute dei nostri soldati. Dobbiamo chiarire, su base scientifica, la tossicità chimica dell'uranio impoverito e i suoi effetti a lungo termine nell'ambiente. Vogliamo sapere perché sono morti i nostri soldati reduci dal servizio nei Balcani; perché tra la popolazione dei militari impegnati su quel fronte si è registrata una frequenza di patologia leucemica assolutamente più alta della media.
Non dovremmo però consentire ad alcuno di usare questa discussione per appannare il senso delle missioni svolte dall'Italia in questi anni. Le missioni in Bosnia e in Kosovo, quelle in Albania, a Timor Est e nel Corno d'Africa, esprimono compiutamente il nuovo ruolo e le responsabilità che l'Italia e l'Europa si trovano ad assolvere nel contesto internazionale.
Qualunque tentativo di fare polemiche delegittimatorie non muta la sostanza di una condizione che ha visto le opinioni pubbliche dei paesi liberi, le più alte autorità morali e le stesse Nazioni Unite invocare la fine dei massacri e delle sopraffazioni perpetrate in aperta violazione dei diritti dell'uomo e dei popoli. In questo senso l'interesse nazionale dell'Italia e l'interesse della comunità internazionale sono coincisi in modo significativo e, non a caso, hanno goduto in questo Parlamento di un sostegno spesso bipartisan.
Oggi non ci stupiscono, alla vigilia di una competizione elettorale che l'opposizione vorrebbe «strillata», i tentativi di spostare in direzione di una nostra divisione i riflettori che potrebbero accendersi su quanti, come i dirigenti della Lega, hanno manifestato non molto tempo fa simpatia e sostegno per Milosevic (Commenti del deputato Stucchi). A noi interessa assai di più vedere confermata la solidità di un'opinione, largamente maggioritaria nel paese e in questo Parlamento, che individua nell'Alleanza atlantica e nell'Unione europea elementi fondamentali che concorrono, nel più ampio quadro delle Nazioni Unite, alla stabilità, alla pace e alla tutela della legalità internazionale.
Ma proprio in ragione di questa nostra non recente convinzione, abbiamo il dovere di essere più rigorosi e severi con l'organizzazione di cui facciamo parte. La natura stessa delle missioni di pace esige un impegno ancora più puntuale per la tutela delle popolazioni interessate, dal punto di vista della salute, dell'integrità ambientale, in un'assunzione di responsabilità che punti ad allargare la condivisione di comuni valori di libertà e di democrazia come premessa per lo sviluppo e il benessere.
Noi vogliamo chiedere al Governo che siano disposte tutte le misure sanitarie nei confronti dei nostri militari impegnati nelle missioni, perché alla nostra gratitudine si accompagni la concreta garanzia di ogni possibile sostegno.
Signor Presidente, è un'Italia senza complessi d'inferiorità quella che si è rivolta agli alleati della NATO per recla


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mare una seria riflessione intorno alle tematiche sensibili come quelle dell'uranio impoverito, con l'obiettivo di un miglioramento dei meccanismi di reciproca consultazione nell'ambito dell'alleanza e di una coerenza ulteriore tra mezzi e fini delle iniziative avviate e gestite.
Siamo lieti di prendere atto che le proposte del Governo italiano, promosse dal ministro della difesa, abbiano trovato ampia condivisione nell'ambito del Consiglio atlantico. È questa la migliore risposta a quanti, con accenti ambigui, hanno proposto in questi giorni l'immagine di un'Italia in contrasto con i propri alleati e con i vertici dell'Alleanza che liberamente noi abbiamo scelto di fare nostra. È in atto, su questo come su altri temi, una ridefinizione delle regole nell'ambito dell'alleanza e sappiamo che l'Italia - come è già avvenuto per la questione delle mine antiuomo - è in prima fila nella riflessione sui rischi degli armamenti all'uranio impoverito. La circostanza che le Forze armate italiane non abbiano detenuto e non detengano munizioni all'uranio impoverito e che il Governo da oltre un anno abbia annunziato il proprio impegno per la messa al bando di armi di questo tipo, fa dei passi di questi giorni lo sviluppo coerente di un atteggiamento convinto. Il voto del Parlamento europeo, ieri, ha confermato la serietà della linea italiana e ciò può essere considerato, a ragione, un successo del ministro Mattarella. Anche per questo noi Popolari gli rinnoviamo stima e fiducia (Applausi dei deputati del gruppo dei Popolari e democratici-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Selva, che ha otto minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, signor ministro, i novanta deputati di Alleanza nazionale che io rappresento rivolgono un pensiero alle famiglie di quei giovani che sono morti, certamente per cause di servizio, perché comunque, quali che siano le indagini, sicuramente sono state cause di servizio quelle che li hanno portati in quelle terre. Per quanto riguarda il tema che stiamo discutendo questa mattina, ci sono tre aspetti da valutare. Il primo aspetto è di ordine scientifico: dopo tutte le cose che sono state dette, mi associo a coloro i quali sostengono che occorre avere definitivamente una certezza scientifica - lo dico anche all'onorevole Cossutta - sul rapporto eventuale di causa ed effetto tra le morti e l'inquinamento derivato dall'uranio impoverito. Questo rapporto di causa-effetto, mettiamola come vogliamo, con grande serenità, finora non è stato ancora scientificamente dimostrato. Dobbiamo rimetterci alle prove degli esperti, evitando improvvisazioni e strumentalizzazioni che non giovano all'accertamento della verità.
Onorevole Presidente, ha ragione il Presidente Ciampi: i risultati degli studi promossi dall'Italia anche fra i paesi della NATO, coordinati e integrati fra di loro, condurranno a conclusioni scientificamente più fondate, premessa necessaria per le opportune decisioni. Siamo perfettamente d'accordo con questa chiarissima definizione che il Presidente della Repubblica ha dato.
Il problema ha anche un carattere internazionale. Quando l'onorevole Cossutta, senza mezzi termini, dice che la NATO è inaffidabile, onorevole ministro, si rivolge a lei, si rivolge al Governo italiano e deve rispondere se stiamo in un organismo, che siamo la NATO, o invece se siamo in un rapporto dialettico. E la sua frase, onorevole ministro, che non c'è alcuna crisi tra l'Italia e la NATO, a me dà piuttosto l'immagine di una excusatio non petita: è un rapporto di accusa, anzi di autoaccusa, che il Governo rivolge a se stesso.
Vede, onorevole ministro, non sto qui ad indicare in quale data il Governo sia stato informato dell'utilizzazione di questi materiali, a parte il fatto che questo uso era nelle strategie militari dell'Alleanza atlantica, e degli Stati Uniti d'America in particolare. Forse, se non ci avvertono con la tempestività che dovrebbe essere doverosa da parte di chi detiene il comando principale delle Forze armate, è forse


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perché ci può essere qualche dubbio sull'affidabilità del nostro Governo attuale, il quale, naturalmente, che cosa deve fare? Deve bilanciarsi tra l'inaffidabilità attribuita all'onorevole Cossutta e addirittura - ricercando l'onorevole Rutelli anche rapporti con Rifondazione comunista - la necessità (che Bertinotti non nasconde) di uscire dall'Alleanza atlantica. È chiaro che appariamo, onorevole ministro, quantomeno molto deboli.
Quella dell'Italia suona spesso, in questi ultimi tempi, come una voce fuori dal coro, mentre ogni iniziativa va presa d'intesa con gli altri partner dei quali noi siamo perno fondamentale e forza essenziale nei paesi dell'area balcanica e dell'area mediterranea.
Posso dire, e credo che ce ne possa dare atto la Camera, che l'opposizione ha il merito - visto che non c'è mai stata strumentalizzazione su questi temi - di aver sostenuto le missioni di pace che rappresentano il nuovo modo di impiego di un esercito, anche professionale, quale quello che abbiamo deciso in questa legislatura.
È da parte della sua maggioranza, invece, signor ministro, che si sta verificando uno sfruttamento per una contrapposizione tra l'Europa, l'Italia, in modo particolare, e gli Stati Uniti. Non si deve prendere questo pretesto per indebolire e mettere in discussione l'alleanza in chiave antiamericana, cosa che mi sembra perseguita da una parte della sinistra.
Per quanto riguarda il problema di politica interna, infine, non vi è da parte nostra alcuna strumentalizzazione, ma bisogna pur dirlo: essa ha varie ramificazioni, come purtroppo si verifica con frequenza nel nostro paese, anche su temi di carattere internazionale. La vicenda, con i suoi aspetti dolorosi e le sue implicazioni emotive, ha offerto lo spunto per dare la stura ad un non sopito antiatlantismo ed antiamericanismo da parte delle forze di sinistra: è l'immagine dell'Italia a subirne le conseguenze più negative.
Noi stiamo con orgoglio, con spirito nazionale, nell'Alleanza atlantica: vi stiamo con tutti i diritti ma anche con tutti i doveri che ciò comporta. Temo che la campagna elettorale nella quale ci troviamo stia influenzando il comportamento di certe forze di maggioranza, che già hanno digerito male le scelte dell'Italia alla vigilia dell'intervento della NATO in Serbia. L'onorevole Giordano si è chiesto a cosa sia servito: è servito per mettere fine alle violenze a cui il dittatore Milosevic aveva dato vita; è servito, come abbiamo visto nelle ultime elezioni, per ristabilire il tentativo nel Kosovo delle forze radunate attorno al partito liberaldemocratico di riprendere in mano un filo di possibili sistemazioni sul piano politico e democratico; è servito - perché no? - nonostante alcune dichiarazioni, che non so quanto corrispondano al vero, attribuite a Kostunica, ad aprire la strada europea per l'inserimento della nuova Jugoslavia nel processo di unificazione europea.
Tutto questo fa dire a noi, con grande chiarezza, signor Presidente, che il punto centrale della nostra politica estera è e resta, per quanto riguarda l'aspetto militare e politico, l'Alleanza atlantica: ci rifiutiamo, quindi, di accettare che l'Italia parli linguaggi diversi a seconda delle convenienze politiche strumentali del momento, perché l'Alleanza atlantica è simbolo di libertà, di progresso, di pace per il nostro paese. Di essa siamo parte essenziale ed in questo rappresentiamo veramente la maggioranza del popolo italiano (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pisanu. Ne ha facoltà.

BEPPE PISANU. Signor Presidente, noi approviamo l'istituzione della commissione scientifica ed il compito che le è stato assegnato di indagare a tutto campo, ma poniamo subito una domanda: perché, signor ministro della difesa, per istituire questa benedetta commissione, avete aspettato che il caso esplodesse come un fulmine a ciel sereno? La questione della sindrome dei Balcani, lo stesso problema


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dell'uranio impoverito vi erano noti da molto tempo: non a caso, già quindici mesi orsono, la Commissione affari esteri della Camera vi aveva chiesto l'istituzione di una commissione d'indagine analoga a questa che avete appena costituito. Identica richiesta aveva avanzato, con due lettere agli ultimi due Presidenti del Consiglio, il sottosegretario di Stato per l'ambiente Calzolaio. Lo stesso ministro Mattioli si è dichiarato pubblicamente spina nel fianco del Governo su questo argomento, fin dai giorni del Kosovo.
Anche noi di Forza Italia vi abbiamo chiesto spiegazioni ed interventi appropriati con due successive interrogazioni del collega Becchetti, rimaste entrambe senza risposta.
Insomma, per quindici mesi non avete ascoltato nessuno, né della maggioranza né dell'opposizione né del Governo, tuttavia, quando il caso è esploso, siete caduti dalle nuvole e vi siete abbandonati a dichiarazioni ambigue, confuse, per non dire scomposte, che hanno accresciuto gli allarmi e seminato preoccupazione e angoscia tra i nostri militari, i loro familiari e la pubblica opinione. Il Presidente del Consiglio, addirittura, non ha esitato a chiedere conto alla NATO di questi 5 morti, come se noi non fossimo parte integrante della NATO e, per ciò stesso, corresponsabili di tutte le sue decisioni.
Signor ministro, anche la sua richiesta di messa al bando e poi, correggendosi, di moratoria per i proiettili all'uranio impoverito è apparsa a dir poco dilatoria e fuorviante perché, nello stesso momento in cui lei istituiva una commissione scientifica per accertare tutte le cause possibili delle diverse dieci patologie che hanno colpito i nostri militari, puntava il dito sull'uranio impoverito come se fosse quella, soltanto quella o soprattutto quella, la causa delle patologie. Oggi, lei insiste sostanzialmente su questa linea, pur sapendo che esistono forti sospetti anche sul benzene, sul plutonio e persino sui vaccini somministrati in certe condizioni, per non parlare di altri fattori di rischio propri dell'ambiente di guerra.
Peraltro, con quella richiesta, lei ha chiamato sul banco degli imputati tre grandi paesi amici: la Francia, l'Inghilterra e gli Stati Uniti, che sono i maggiori produttori e utilizzatori di uranio impoverito. Non mi sembra che ce ne siano particolarmente grati (Commenti del deputato Mussi). Voi cercate di rovesciare la frittata e di ascrivere al merito del Governo, come se fosse un suo successo, la risoluzione per la moratoria approvata ieri a maggioranza semplice dal Parlamento europeo.
La verità, tuttavia, è che la vostra condotta ambigua e contraddittoria ha fatto danni e danni gravi, danni politici in Italia e fuori dall'Italia. In Italia, come avete visto oggi stesso, essa è servita sostanzialmente ad assecondare gli assalti tradizionali all'Alleanza Atlantica, agli americani, al mondo militare in genere, non solo da parte di Rifondazione comunista, ma anche di settori rilevanti della vostra maggioranza: dall'onorevole Cossutta ai Verdi, ai pacifisti a senso unico che pullulano nei settori della sinistra parlamentare ed extraparlamentare. Ebbene, non potete nascondere tutto questo perché è anche agli atti delle istituzioni internazionali e ciò ha sconcertato paesi e ambienti a noi vicini esponendo, ancora una volta, al sospetto e al discredito la nostra politica estera e militare. Questi sì che sono rischi gravi per la credibilità internazionale del nostro paese, della quale tanto, e spesso a sproposito, vi preoccupate.
Signor ministro, sono rischi che, in gran parte, oggettivamente non potete evitare, lo riconosco, per la semplice ragione che avete una maggioranza irrimediabilmente divisa, come attesta anche il dibattito odierno, sulla politica estera e militare, cosicché, per tenerla unita, dovete ricorrere ogni volta a sotterfugi dialettici, ad acrobazie politiche e, in genere, a comportamenti che non sono degni di una seria cultura di Governo.
In questo caso, scaricando genericamente le responsabilità sull'Alleanza atlantica e sull'uranio impoverito - perché questo avete fatto -, vi siete


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preoccupati soltanto di blandire importanti settori della sinistra di Governo e di evitare un confronto lacerante all'interno della stessa maggioranza. Naturalmente, dato che c'eravate, avete anche cercato di corteggiare l'onorevole Bertinotti, oggetto delle vostre attenzioni preelettorali, in questo momento come non mai.
Ancora una volta forse siete riusciti a salvare in qualche modo la vostra maggioranza, ma avete reso un pessimo servizio al nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e misto-CCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Spini, al quale ricordo che ha a disposizione sei minuti e mezzo. Ne ha facoltà.

VALDO SPINI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, di fronte ai casi che abbiamo lamentato ci si deve muovere alla luce di tre principi: l'umanità, che significa piena trasparenza e piena disponibilità; l'efficienza, cioè la necessità di dotarsi - ma anche di chiedere agli alleati - di tutti gli strumenti conoscitivi per dare le risposte necessarie; la tempestività, per riportare certezza e chiarezza. Tutti insieme oggi pomeriggio lo faremo a partire dall'indagine conoscitiva della Commissione difesa.
Certo sono sorpreso da qualche gimcana dialettica. Ho sentito l'onorevole Pisanu prima rimproverarci di tenere in troppo carico il tema dell'uranio impoverito e poi rimproverarci di non averlo fatto abbastanza presente nei mesi precedenti.
Credo, invece, che i fatti cantino: il 16 settembre 1999 quattro deputati del nostro gruppo dei Democratici di sinistra, gli onorevoli Ruffino, Dedoni, Ruzzante e Chiavacci, hanno svolto nella nostra Commissione un'interrogazione sul decesso di un militare partecipante alla missione in Bosnia ed hanno avanzato l'ipotesi della presenza dei proiettili all'uranio impoverito anche in Bosnia. Si deve dire oggettivamente che, se si fosse proceduto in quel momento anche per la Bosnia agli accertamenti in sede NATO, opportunamente promossi il 27 novembre scorso dal ministro Mattarella, forse - lo voglio denunciare - questo tema sarebbe stato affrontato più tempestivamente e con meno, sia pur comprensibile, allarmismo. Successivamente, però, il Governo si è mosso e si è mosso bene.
Vorrei dire subito che noi Democratici di sinistra salutiamo positivamente la risoluzione approvata ieri dal Parlamento europeo, in cui si chiede agli Stati che fanno parte della NATO di proporre una moratoria dell'uso delle armi all'uranio impoverito, in accordo con il principio di precauzione. È la stessa identica posizione del Governo italiano ed ha ricevuto 394 voti a favore, solo 60 contrari e 106 astensioni. Va rilevato che, alla fine, su questo testo vi è stata una convergenza dello stesso Partito popolare europeo e, quindi, dei deputati di Forza Italia e del CDU.

BEPPE PISANU. Non è vero!

VALDO SPINI. Ma, commentando lo scorso gennaio la posizione del Governo italiano per la richiesta della moratoria dei proiettili all'uranio impoverito, proprio l'onorevole Pisanu affermava, facendo anche una qualche confusione: «la richiesta della messa al bando dei proiettili all'uranio impoverito è solo un espediente demagogico per placare i furori antiatlantici di Bertinotti, Cossutta e compagni».

BEPPE PISANU. E lo confermo.

VALDO SPINI. È da vedere ora, colleghi, se l'onorevole Pisanu rivolgerà la stessa accusa anche ai suoi deputati del Partito popolare europeo all'Assemblea di Strasburgo.

BEPPE PISANU. Che hanno votato contro il documento, tutti!

VALDO SPINI. Non è infatti in forse la nostra condizione di partner leali ed affidabili dell'Alleanza atlantica. Leali ed


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affidabili sì, ma anche adulti e paritari, perché siamo forti di ben 8 mila uomini presenti nei Balcani.
Non credo che l'Alleanza atlantica si rafforzi con un atteggiamento italiano che sia semplicemente passivo o di adesione mistica. L'Alleanza atlantica si rafforza con una partnership paritaria e con un comportamento adulto e paritario.
Del resto, se abbiamo posto il problema dell'uranio impoverito, non è perché ce lo siamo inventato noi. La stessa NATO ci ha consegnato un documento del 1o luglio 1999 in cui mette in guardia i paesi dell'Alleanza contro i rischi possibili per la presenza di metallo pesante residuale in veicoli corazzati colpiti dagli stessi e prescriveva le precauzioni del caso, quali protezione delle vie respiratorie e copertura della pelle. Diceva anche di avvertire le organizzazioni non governative e i profughi di ritorno dal Kosovo.
Questo non significa certo distogliere l'attenzione dalla ricerca di tutte le altre cause possibili di quelle malattie e di quei decessi che si sono dolorosamente lamentati tra i militari italiani che sono passati attraverso le varie operazioni nei Balcani, ma significa tener conto di un rischio che gli stessi americani hanno denunciato. Indagare a 360 gradi significa peraltro prendere carico anche delle notizie che sarebbero state date dall'UNEP, dall'agenzia per l'ambiente delle Nazioni Unite, sulla presenza anche di plutonio nei residui dell'uranio impoverito. Anche su questo punto occorre fare piena trasparenza e dare risposte esaurienti e soddisfacenti perché, se fosse provata, si aprirebbero evidentemente nuovi inquietanti interrogativi. Dichiarare però una moratoria in attesa degli accertamenti tecnico-scientifici non ha il significato di sposare a priori la tesi di una correlazione fra uranio e malattie sviluppatesi - è banale questo argomento - una ha il significato profondo di prendere in considerazione e di dimostrare sensibilità verso l'allarme che si è diffuso nell'opinione pubblica interna ed internazionale ribadendo una coerenza tra fini e missioni umanitarie per difendere i diritti dei popoli e degli uomini, e mezzi impiegati compatibili con queste stesse finalità di grande rilievo sul piano interno ed internazionale.
Non è vero che è andata male al Governo italiano. Quest'ultimo ha ottenuto l'istituzione di un comitato su questi temi; probabilmente dopo il voto del Parlamento europeo vi saranno ripensamenti in alcune altre nazioni e in sede NATO si è affermata una posizione di fatto di moratoria perché evidentemente non sarebbero possibili altre missioni, se non concordando e riuscendo ad avere un'informazione che consenta di andare a fondo su questi temi.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, con il presidente della commissione difesa francese Paul Quilès mi feci artefice, durante i bombardamenti, di una proposta per dei santuari all'interno del Kosovo per i rifugiati, gestiti dalle Nazioni Unite, proprio per evitare i bombardamenti, ma anche questa proposta, fra le tante, non fu ascoltata e si volle continuare con l'espulsione violenta dei profughi. Rispetto a tutto ciò oggi vediamo che l'affermazione della democrazia in Serbia con l'avvento del presidente Kostunica e la caduta di Milosevic è la testimonianza dei motivi profondi di un mutamento che è avvenuto e della nostra presenza nei Balcani.
Grazie al Capo dello Stato per la sua visita, grazie ai militari italiani, nessuno dei quali ha chiesto di rientrare; a noi il dovere morale di corrispondere a questo atteggiamento. Stridono le posizioni di chi, come la Lega nord, che pure è stata accolta nella Casa delle libertà come potenziale forza di governo, ha sempre preso posizioni contrarie alle missioni all'estero, comprese quelle approvate da Rifondazione comunista! Necessita invece che, in attesa dei risultati della commissione Mandelli, sui siti dei bombardamenti in Bosnia si possano avere le stesse precauzioni e le stesse bonifiche compiute in Kosovo.

FABIO CALZAVARA. Che erano fatte male!


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VALDO SPINI. L'obiettivo è l'Europa; l'assunzione di responsabilità da parte dell'Europa per il risanamento ambientale complessivo dei Balcani e per l'aiuto e l'assistenza alle popolazioni civili; l'azione dell'Europa per costruire una forza di intervento rapido europea per realizzare - ed è nell'interesse di tutti - una partnership atlantica più equilibrata e quindi più forte.
Questa è la linea su cui si muove l'Italia e su cui il Parlamento invita il Governo a procedere (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Signor ministro, non voglio certo occuparmi di temi ampi di politica estera perché questo tema è stato trattato in maniera approfondita dai capigruppo della Casa delle libertà. Voglio invece soffermarmi sulle omissioni colpevoli del Governo seguendo dialetticamente la posizione che esso ha assunto.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI PETRINI (ore 12,52)

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Non c'è soltanto il problema dell'uranio impoverito. È agli atti del Parlamento, pubblicata sull'allegato B della Camera dei deputati del 10 settembre 2000, un'interrogazione con la quale chiedevo lumi circa il fatto che il direttore del programma antimine delle Nazioni Unite a Pristina, John Flanagan, aveva chiesto l'aiuto dei tecnici della NATO per procedere all'operazione di bonifica del territorio dalle kluster bomb, cioè quelle bombe terribili che spesso dilaniano i bambini.
Il Governo non poteva non sapere - per usare un'espressione cara agli uomini del centrosinistra - che è agli atti un'altra interrogazione relativa alla trasmissione televisiva Report, andata in onda su Raitre il 16 dicembre 1999, che aveva affrontato in modo preoccupante il problema delle condizioni ambientali in cui i nostri militari operavano ed operano in Kosovo. È agli atti di questi giorni un'intervista impressionante rilasciata dal sergente degli alpini, Antonio Fiore, di stanza a Sarajevo con il suo reparto, nella quale egli afferma che in Bosnia nessuno dice nulla ai nostri militari, che sono tenuti all'oscuro di tutto quel che sta accadendo intorno a loro. Egli afferma, inoltre, di aver paura delle conseguenze che potrebbero verificarsi negli anni a venire; aggiunge che la gente ha spazzato via i proiettili all'uranio impoverito come fossero normali rifiuti e che la popolazione civile si ammala sempre più spesso di tumore. Conclude, affermando che, nonostante dicano loro di stare tranquilli, non ci riescono. Signor ministro, è questo il clima in cui i nostri soldati sono costretti ad operare.
Signor ministro, è opportuno sbriciolare - francamente l'impresa non appare titanica - la prima linea difensiva del Governo di centrosinistra che, avendo avviato indagini per accertare o escludere il nesso eziologico tra l'esposizione all'uranio impoverito e l'insorgenza di gravissime patologie, tenta di sospendere un giudizio che invece è possibile dare sin da ora, non già nel merito del problema, ma dal punto di vista dei comportamenti dell'esecutivo.
Ho personalmente presentato ben diciannove interrogazioni sull'argomento, senza ottenere alcuna risposta; poco male (aggiungo), perché la protervia del Governo su alcuni temi è ben nota. Tuttavia, gli atti di sindacato ispettivo individuano temporalmente il giorno in cui il Governo avrebbe avuto il dovere morale, politico e persino giuridico di attivare le procedure di accertamento che, invece, ha promosso con due anni di colpevole ritardo. In termini giuridici il Governo ha omesso di compiere atti dovuti, facendo sorgere una precisa responsabilità forse anche di ordine penale in capo a chi non ha compiuto un dovere che era istituzionalmente chiamato ad adempiere.


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FILIPPO MANCUSO. Che ne pensa la patria dei suoi eredi?

SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Signor ministro, se lei avesse suo figlio in armi in Kosovo, oggi vivrebbe giorni tranquilli oppure vivrebbe l'angoscia che vivono tutte le famiglie dei nostri militari? Se lei, signor ministro, ascoltasse le parole di un Governo che esprime una filosofia un po' macabra (secondo cui, tanto, i nostri soldati debbono continuare a respirare uranio impoverito fintanto che la commissione non abbia esaurito il proprio lavoro), si sentirebbe rassicurato o proverebbe rabbia ed indignazione?
Signor ministro, chiediamo soltanto che si dia serenità alle famiglie. Non è in discussione la NATO, di cui siamo alleati fedeli e circa la quale abbiamo convincimenti precisi da decenni. Non è in discussione il rapporto - che rivendichiamo come paritario - tra gli alleati, ma come si può essere tranquilli se si è padre, magari orgoglioso di un figlio che veste la divisa del nostro esercito che oggi opera in Kosovo, quando Giuseppe Onufrio (secondo un'agenzia di stampa del 21 settembre 2000) ha smentito ogni possibilità tra i casi di leucemia e l'esposizione all'uranio impoverito, ma ha voluto «rassicurare» - lo dico tra virgolette - le famiglie dei nostri militari, ricordando che l'uranio impoverito provoca il cancro ai polmoni in vent'anni?
Signor ministro, voglio sottolineare il grave ritardo con cui si è mosso il Governo alla vigilia della campagna elettorale, probabilmente per raccordare nuovi strumenti di alleanza, quando le informazioni che aveva a disposizione erano datate di almeno due anni.
Signor ministro, sotto questo profilo spero per lei (e per la sua coscienza) che la commissione stabilisca l'assenza di ogni nesso causale. In caso contrario, in tutta onestà, non vorrei francamente trovarmi nei suoi panni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gramazio. Ne ha facoltà.

DOMENICO GRAMAZIO. Grazie, signor Presidente. Signor ministro, la mia non vuole essere una polemica, perché condividiamo in pieno quanto poc'anzi è stato detto dall'onorevole Gustavo Selva, presidente del gruppo di Alleanza nazionale e condividiamo in pieno l'impegno politico delle forze della Casa delle libertà su questa vicenda. Io ho posto alla sua attenzione un caso che riguarda i nostri soldati. Chi parla è padre di un giovane in età di servizio militare e quindi ha gli stessi problemi che hanno tutti i genitori i cui figli sono impegnati in missioni di pace: non mi riferisco solo agli ottomila soldati che si trovano oggi nella ex Jugoslavia, ma a tutti quelli che fanno parte dei nostri contingenti di pace in ogni parte del mondo.
Lei sa, signor ministro, perché è attento conoscitore di questi problemi ed anche perché proprio ultimamente se ne è interessato, in relazione a questi casi, che i nostri soldati prima di partire subiscono dalle trentacinque alle quaranta vaccinazioni, in tempi strettissimi. Lei sa - perché sicuramente la sanità militare le avrà parlato di questo - che tali vaccinazioni creano una situazione di indebolimento organico. I militari degli altri paesi che partecipano ai contingenti NATO nella ex Jugoslavia non sono sottoposti allo stesso numero di vaccinazioni, quindi tale numero ci sembra eccessivo e sembrano anche troppo ravvicinati i tempi in cui vengono effettuate. Quindi, c'è una situazione di indebolimento organico dei nostri militari che partono per le missioni di pace. Allora le chiedo, signor ministro, quali iniziative intenda prendere il Governo, in particolare il Ministero da lei diretto, per garantire che i nostri militari prima della partenza siano sottoposti soltanto alle vaccinazioni strettamente necessarie, come avviene per le altre forze NATO. Riteniamo, infatti, che questo sistema possa avere effetti deleteri, se è vero, come è vero, che i diecimila uomini del contingente tedesco in Kosovo sono sottoposti a sei, sette o massimo otto vaccinazioni e che i casi di leucemia in quel contingente sono dell'ordine di uno


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ogni diecimila. Non vorremmo quindi pensare che l'indebolimento organico dei nostri militari conseguente alle vaccinazioni possa creare una situazione di pericolo quando le nostre truppe arrivano nei territori in cui sono impegnate.
Quindi, signor ministro, pensiamo ai nostri figli ed anche ad una sanità militare più adeguata ai tempi e più in linea con i sistemi seguiti dalle forze degli altri paesi della NATO.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rebuffa. Ne ha facoltà.

GIORGIO REBUFFA. Signor Presidente, innanzitutto voglio dire che condivido uno dei punti di partenza dell'esposizione del ministro Mattarella, ossia che l'unica verità su cui ci possiamo basare è quella scientifica. In questa discussione intorno all'uranio impoverito, invece, si è affermata una verità di altro tipo: purtroppo, una verità di tipo magico. Mi riferisco addirittura ad un tipo ben classificato di magia, la magia per contiguità, per cui se una cosa è vicina ad un'altra ne porta gli effetti.
Le affermazioni sull'uranio impoverito fino ad oggi non hanno alcun fondamento scientifico. Naturalmente, io condivido la decisione di istituire la commissione Mandelli, però dobbiamo sapere che per arrivare ad una valutazione scientificamente attendibile la commissione non potrà essere efficace, perché il rapporto tra la leucemia ed un agente patogeno esterno può essere comprovato soltanto da ricerche e statistiche di molti anni.
Il caso vuole che a Genova ci sia un illustrissimo studioso della leucemia, il professor Marmont, il quale, nell'intervista rilasciata ad un giornale locale, ha osservato che nella letteratura medica e nella constatazione scientifica non è possibile rinvenire nulla di tutto ciò. Quindi si è affermata una verità magica, del genere - ce n'è un intero catalogo - «se mangio gli occhi di un gufo vedrò di notte». Questa è un'affermazione magica esattamente uguale a quelle che sono state fatte circa le patologie causate dall'uranio impoverito.
La domanda politica è la seguente: perché è avvenuto questo? Non ho conoscenze a carattere militare o strategico. Le mie conoscenze hanno una fonte romanzesca. Leggo infatti i romanzi «da treno» scritti da Tom Clancy ed in essi si spiega che sono ormai 30 anni che si utilizza l'uranio impoverito nei proiettili e nelle corazze dei carri armati. Si tratta ovviamente di uno scrittore il quale tuttavia pubblica libri di tecnica militare dove vengono riportati gli stessi dati.
Perché ho parlato di un'atmosfera magica? Devo riconoscere che fin dall'inizio il ministro della difesa ha assunto un atteggiamento che, dal punto di vista del merito, ho apprezzato già leggendo l'intervista rilasciata al Corriere della Sera. Tale atteggiamento non è stato parimenti assunto dagli altri membri del Governo. Il ministro degli affari esteri, ad esempio, nel corso di una audizione che si è svolta ieri presso la Commissione affari esteri del Senato, ha rilasciato dichiarazioni che possono essere fonte di ambiguità e contribuire all'affermazione di una verità magica. Mi riferisco, ad esempio, al fatto di scaricare la responsabilità sui militari, cosa penosa, perché la responsabilità deve essere assunta da tutto l'apparato: dalla segretaria al capo di stato maggiore. Se tale responsabilità viene scaricata su altri, si dimostra viltà e si causa un danno enorme al paese e alla propria parte politica. Così ha fatto il ministro degli esteri, che è andato avanti per settimane con ambiguità.
Dovremo portare avanti per molti anni la verità magica che si è affermata; verità magiche di altro genere riguarderanno, grazie all'ambiguità, a volte all'ignoranza e alla malafede, anche altri settori.
Si è cominciato a mettere in discussione l'Alleanza atlantica e va detto molto sinceramente che tutti vorremmo che essa avesse, come diceva Solana quando ne era segretario generale, more Europe, ma dobbiamo sapere che l'Alleanza atlantica si fonda su un rapporto transatlantico. Se si attende la realizzazione di un'identità di difesa europea, si deve anche sapere che


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quest'ultima avrà tempi tali per cui, per dirla molto semplicemente, saremo tutti morti.
Esprimo la mia estrema preoccupazione per la nostra immagine, per il livello con cui questioni di estrema delicatezza vengono affrontate e, se posso dirlo, anche per il futuro, il destino e la capacità di affrontarli della comunità nazionale a cui tutti apparteniamo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dedoni. Ne ha facoltà.

ANTONINA DEDONI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, ho sottoscritto l'interpellanza presentata dal mio gruppo, che condivido, come condivido l'intervento appena svolto dall'onorevole Spini, ma ho voluto comunque mantenere la mia interrogazione per richiamare l'attenzione del ministro sul moltiplicarsi delle denunce di presunti casi di leucemia e di patologie tumorali diagnosticate soprattutto in Sardegna ai militari che, più o meno direttamente, si sarebbero trovati esposti, per ragioni di servizio, al maneggiamento di armi e munizioni in alcune basi della mia regione - Teulada, Perdasdefogu, Capo Frasca - o in aree di guerra a rischio come la Bosnia e il Kosovo, dove è stato ormai acclarato l'uso di munizioni contenenti uranio impoverito. Sarebbero infatti ben 37 i militari sardi che si sono ammalati dopo la missione nei Balcani e sono invece due i casi sospetti tra i volontari sardi che avrebbero partecipato alla missione Arcobaleno. Questi dati sono stati forniti dalla CGIL e stilati sulla base dei resoconti fatti da militari che si sarebbero rivolti a questo sportello.
Signor ministro, lei ha affermato che primo obiettivo del Governo e del Parlamento deve essere la ricerca della verità, qualunque essa sia. Sono certa che il suo impegno andrà in quella direzione. Tuttavia, a questa correttezza e disponibilità continuo ad appellarmi. Occorre che le indagini e gli screening avviati a riscontro dei casi segnalati siano effettivamente, come da lei disposto, condotti in più direzioni, non soltanto sui militari reduci dalle aree dei Balcani, non soltanto sui volontari italiani che sono stati impegnati nella missione Arcobaleno, sulla popolazione civile di quelle aree, ma anche, a seguito delle notizie preoccupanti apparse sui giornali, sui militari che, dopo aver sostenuto il periodo di addestramento in alcune basi o poligoni militari, hanno accusato patologie tumorali dubbie o poco conosciute per incidenza, non consuete su individui giovani e di sana e robusta costituzione fisica. I dati citati possono essere il risultato del concorso di più fattori che vanno perciò puntualmente riscontrati.
È poi necessario sgombrare il campo da ogni dubbio e dare una risposta chiara e definitiva anche sulla questione del presunto uso di armi e munizioni, contenenti uranio impoverito, in fase di esercitazioni militari in alcune basi dell'Alleanza, in territorio italiano e in particolare nelle basi della Sardegna. È un dovere di civiltà, signor ministro, questa scelta di trasparenza! Lo è in primo luogo verso i militari, i volontari, i loro familiari ai quali va la nostra solidarietà e vicinanza; ma lo è anche verso le popolazioni dei Balcani coinvolte in questa vicenda.
Signor ministro, la ringrazio per gli impegni assunti, per le ulteriori informazioni che ci ha fornito rispetto a questa vicenda e per quelle che lei e la commissione da lei nominata vorrà - spero in tempi brevi, come lei ha detto - quanto prima fornirci (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rivolta. Ne ha facoltà.

DARIO RIVOLTA. Signor ministro, sono rimasto molto deluso della sua relazione; anzi debbo dirle che per alcuni aspetti mi sono sentito addirittura offeso perché lei ci ha raccontato diverse cose con contraddizioni interne, rinunciando ad ammettere quella che è una grande colpevolezza del Governo che lei rappresenta, proprio con riferimento all'uranio impoverito e alla sua potenziale pericolosità.


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Il generale Giannattasio, anzi l'onorevole Giannattasio, intervenendo stamane ha citato un documento della NATO, che è stato diffuso anche alle truppe italiane e di cui il Governo evidentemente non poteva non essere a conoscenza, che porta la data del 22 novembre 1999. In tale documento vengono enunciati in maniera chiara e netta quali sono i rischi potenziali della vicinanza, della prossimità e di altre contingenze relative all'uranio impoverito.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Ed allora?

DARIO RIVOLTA. Nello stesso documento si dice anche quali non sono invece le pericolosità!

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Il documento è conosciuto dal tempo della missione nel Kosovo!

DARIO RIVOLTA. Da quel momento in poi, cioè dal novembre 1999, sono state presentate numerose interrogazioni con le quali si chiedeva al Governo di rispondere proprio in merito agli effetti che l'uranio impoverito poteva avere sui militari o sulla popolazione o sull'ambiente. Quelle interrogazioni non hanno mai avuto risposta.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Non è vero!

DARIO RIVOLTA. Le ricordo una mia interrogazione (a risposta scritta) presentata nel giugno dell'anno scorso. Il nostro regolamento prevede addirittura che il Governo debba rispondere entro sessanta giorni. La risposta arriva oggi, soltanto in occasione di un evento molto più ampio.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Non può dire che nessuna abbia avuto risposta, perché questo non sarebbe vero!

DARIO RIVOLTA. Le risposte che il Governo ha dato ad alcune interrogazioni, per quanto mi risulta - la prego di smentirmi se così non fosse - erano tranquillizzanti in merito alla non pericolosità.
Mi pongo e le pongo alcune domande. So che il regolamento non le consentirà di rispondere adesso, ma spero che, per senso di responsabilità, lei e il Governo che rappresenta possiate dare una risposta con i fatti.
In primo luogo, perché conoscendo i potenziali danni dell'uranio impoverito il Governo o non ha dato risposte o, quando le ha date, si è espresso in modo tranquillizzante sulla sua presunta non rischiosità? In secondo luogo, benché la Commissioni esteri della Camera, alcuni parlamentari con azioni individuali e qualche giornale da tempo avessero fatto più che un accenno ai rischi per le persone, per l'ambiente e per i militari che si trovavano in quella zona, perché solo adesso il caso scoppia come fenomeno mediatico? È una domanda che non riguarda voi solamente, ma sulla quale bisogna interrogarsi. Perché si continua ad enfatizzare un rischio infinitesimale, che praticamente non esiste, cioè il pericolo di radioattività dell'uranio impoverito, quando sappiamo che il pericolo vero - tutti lo sanno e il documento stesso della NATO lo affermava nel mese di dicembre - è la sua tossicità? Perché tutti i media, o la maggior parte di essi, continuano ad enfatizzare il caso dei trenta militari italiani che soffrono di dieci patologie diverse - come è stato detto anche da lei oggi - la cui eziologia probabilmente non è da ricercare nell'uranio impoverito, ma in altri elementi? Perché si continua a dire che la Commissione di ricerca dovrà cercare di fare luce sui legami tra l'uranio impoverito e queste malattie quando, invece, si sa che quasi sicuramente - io mi sento di dire sicuramente - gli effetti dell'uranio impoverito, come afferma il documento, sono visibili e possono manifestarsi solo a distanza di un certo periodo di tempo.

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Io ho detto chiaramente che la


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Commissione deve indagare in tutte le direzioni! Se lei mi ha ascoltato, saprà che ho detto questo!

DARIO RIVOLTA. Mi lasci, finire signor ministro.
Perché si continua ad enfatizzare un'eventuale moratoria da parte della NATO nell'uso delle armi che utilizzano uranio impoverito e si tace sul fatto che esse sono utilizzate anche da Stati e da eserciti che sono al di fuori della NATO? Perché non si parla di un problema di carattere internazionale e non solo di un problema unilaterale che riguarda la NATO? E, infine, perché, signor ministro, nella sua risposta alla mia interrogazione in merito alle bombe sganciate, tra virgolette, sull'Adriatico e, aggiungerei, sul lago di Garda, lei ha detto che, non trattandosi di bombe, ma di proiettili o di proietti, non si può parlare di sganciamento?

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Non dispongono di meccanismi di sganciamento!

DARIO RIVOLTA. Perché non mi ha detto esplicitamente che nessun proiettile, proietto, missile o bomba contenente uranio impoverito...

SERGIO MATTARELLA, Ministro della difesa. Gliel'ho detto! Non si possono cambiare le parole altrui!

DARIO RIVOLTA. ...è giacente sul fondo dell'Adriatico o del lago di Garda?
Signor ministro, lei è solitamente persona calma, forse ha passato troppo tempo in quest'aula e mi pare che lei soffra di intemperanza!

PRESIDENTE. Onorevole ministro, la prego, disponiamo di un resoconto stenografico che riporta quello che lei ha detto!

DARIO RIVOLTA. Signor ministro, voglio tranquillizzarla preannunciandole che di fronte a tutte queste domande - cui sarei tentato di anticipare le risposte ma, per correttezza, non lo faccio - anche il nostro gruppo, come altre forze della Casa delle libertà, presenterà una mozione sull'argomento che speriamo sarà accettata dal Governo.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni sull'impiego di armi ad uranio impoverito all'ordine del giorno.

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