Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 835 dell'11/1/2001
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(Obbligo registrazione contratti agrari di affitto)

PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Rasi n. 3-02022 (vedi l'allegato A - Interrogazioni sezione 5).
Il sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.

ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per le finanze. Signor Presidente, con l'interrogazione in esame, posto che la legge finanziaria per l'anno 1998 ha introdotto l'obbligo di registrare tutti i contratti di locazione immobiliare (anche di minimo importo), si chiede di conoscere quali provvedimenti intenda assumere l'amministrazione per porre rimedio agli inconvenienti sorti nell'ambito del settore agricolo, in particolare in quello piemontese. L'interrogazione auspica, pertanto, l'abolizione dell'imposta di registrazione per l'affitto di piccoli appezzamenti, al fine di evitare gli effetti negativi sulla gestione delle aziende agricole derivanti dal peso economico di tali adempimenti.
Al riguardo, si osserva che la tariffa concernente gli atti soggetti a registrazione in termini fissi, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 26 aprile 1986, prevede un'aliquota dello 0,5 per cento per la locazione di affitto dei fondi rustici. Con le novità introdotte dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, l'obbligo di registrazione dei contratti di locazione è stato esteso a tutti i contratti, compresi quelli di importo inferiore ad un milione e mezzo. Con tale norma il legislatore, se da un lato ha cercato di


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limitare l'ingente evasione nel settore locatizio, per altro verso ha disposto misure volte a mitigare l'impegno economico dei soggetti obbligati.
In particolare, la disposizione in argomento ha ridotto la misura minima delle imposte per la registrazione dei contratti di locazione e di affitto da lire 150 mila a lire 100 mila; inoltre, per i contratti pluriennali ha attribuito al contribuente la facoltà di assolvere l'imposta sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto, ovvero annualmente, sull'ammontare del canone relativo a ciascun anno. Calcolando l'imposta sul canone complessivo di locazione, il debito d'imposta aumenta in relazione al valore del canone di locazione. Ne consegue che gli appezzamenti di terreno di maggiori dimensioni saranno assoggettati ad un carico d'imposta più elevato, mentre per i piccoli appezzamenti la tenue misura dell'aliquota comporta la possibilità di non superare, relativamente ai contratti pluriennali di affitto di fondi rustici, la somma di lire 100 mila a titolo d'imposta di registro per l'intera durata del contratto.
È di tutta evidenza che per entrambe le tipologie di appezzamenti l'incidenza dell'imposta scontata sul carico complessivo non presenta sostanziali squilibri. Si ritiene pertanto che l'applicazione della normativa di cui si tratta non comporti gli effetti negativi evidenziati, tranne che per ipotesi del tutto marginali, caratterizzate dalla durata annuale dei contratti di affitto dei fondi rustici.

PRESIDENTE. L'onorevole Rasi ha facoltà di replicare.

GAETANO RASI. Signor Presidente, signor sottosegretario, purtroppo - e non per ragioni di schieramento - mi devo dichiarare completamente insoddisfatto per la risposta. Innanzitutto debbo sottolineare che essa interviene a ben tre anni di distanza dal momento in cui ho presentato l'interrogazione, che faceva riferimento alla legge finanziaria del 1997 e quindi all'articolo 21 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, collegata alla finanziaria, che prevede l'obbligo - come ha ricordato il sottosegretario - di registrazione dei contratti di locazione e affitto dei beni immobili, ivi compresi i terreni ad uso agricolo, indipendentemente dall'entità del canone. Tale provvedimento aveva la sua logica nell'intento di perseguire l'evasione delle imposte sui redditi fondiari, ma una legge a carattere così generale ben poco si presta a valutare le situazioni specifiche. Infatti, nel settore agricolo tale obbligo produce conseguenze che vanno ben oltre l'intendimento del legislatore e si tramuta in un pesante balzello burocratico ed economico. Il sottosegretario si è limitato a riferire l'importo di 100 mila lire, ma sappiamo che a quello vanno aggiunte altre 20 mila lire di bollo per il contratto, quindi in realtà non si è ridotto da 150 a 100 mila lire, bensì a 120. Ma lasciamo andare l'aspetto relativo all'importo: il fatto è che non si risolve il problema dell'evasione.
A mio avviso bisogna fare alcune considerazioni di fondo. La frammentazione della proprietà fondiaria piemontese, specialmente nelle aree montane, è il dato da cui bisogna partire. Molte aziende sono proprietarie di piccoli appezzamenti ed hanno perciò numerosi rapporti di affitto, spesso relativi a superfici inferiori all'ettaro. Non è raro trovare aziende agricole con centinaia di piccoli contratti di affitto. In ogni caso, la tassa di registro non può essere inferiore a 100 mila lire per contratto, sia esso scritto o verbale. Bene, i canoni di affitto spesso sono di 100-150 mila lire: sono numerosi quelli con queste caratteristiche, non sono così pochi come si pensa.
Inoltre, nel disporre una norma così generale, e direi anche generica, non si fa riferimento a tutte le conseguenze. La montagna piemontese, come quella lombarda o quella veneta, è soggetta allo spopolamento. Solo attraverso forme di questo tipo la montagna può essere ancora «lavorata» ed abitata, comportando così la presenza, nonostante i dissesti


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idrogeologici, di unità produttive di per se stesse economicamente valide, anche se con un rendimento esiguo.
Ebbene, vogliamo con queste norme così illuministiche e astratte contribuire all'abbandono della montagna, di questi terreni che sono, lo ripeto, piccoli terreni? Non vorrei soffermarmi su elementi di dettaglio, che il Ministero delle finanze avrà sicuramente valutato, ma, in realtà, se si decide di intervenire in questo settore, si farà certamente opera di giustizia fiscale e soprattutto si opererà per la salvaguardia della montagna (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

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