(Sezione 4 - Gestione del Banco di Sardegna)
D)
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, per sapere - premesso che:
nel 1994 il Banco di Sardegna fu sottoposto ad ispezione della Banca d'Italia;
in tale ispezione la Banca d'Italia rilevò sostanzialmente una strutturale debolezza economica, un generale stato di arretratezza organizzativa del Banco di Sardegna, per cui sollecitò l'innesto nella compagine dirigenziale e amministrativa di risorse umane capaci d'apportare capitali e d'invertire il degrado in atto;
il consiglio di amministrazione del Banco di Sardegna non tenne in alcuna considerazione le critiche e gli inviti della Banca d'Italia, che perciò rivolse all'azienda di credito un fermo sollecito a definire tempestivamente le specifiche linee d'intervento per sanare le gravi disfunzioni evidenziate dalla relazione ispettiva;
l'inerzia del Banco di Sardegna fu confermata dagli esiti di una nuova ispezione effettuata nel 1998 dalla Banca d'Italia, che registrò il mancato raggiungimento degli obiettivi di risanamento indicati, in quanto permanevano, criticamente aggravate nel tempo, la scadente qualità del credito e l'eccedenza di personale;
conseguentemente la Banca d'Italia aveva chiesto all'ente di controllo di procedere all'integrazione ovvero alla dismissione dell'istituto di credito;
in seguito alla individuazione da parte della Spa di un valido partner internazionale disposto a sottoscrivere un consistente
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aumento di capitale al fine della privatizzazione del Banco, si acuirono oltre ogni limite i rapporti già tesi tra i vertici della stessa Spa e della Fondazione Banco di Sardegna, con la conseguenza che i due consigli di amministrazione furono completamente rinnovati mediante una spregiudicata operazione che comportò la scelta di amministratori tutti provenienti dall'area politica del centro-sinistra;
i nuovi amministratori della Fondazione cercarono e trovarono un partner alternativo nella Banca Popolare dell'Emilia con la quale, per quel che risulta, si impegnarono a cedere il controllo del Banco di Sardegna o attraverso la vendita in due fasi del 51 per cento del capitale ordinario o attraverso la creazione di un nocciolo duro a cui avrebbero partecipato azionisti finanziari e imprenditori locali;
l'ingresso nel capitale del Banco di Sardegna di un partner bancario di peso fu sollecitato dalla stessa Banca d'Italia, mentre il Banco di Sardegna aveva individuato nell'incorporazione della Banca di Sassari il «punto di partenza» del risanamento;
gli ulteriori accertamenti ispettivi, condotti ancora dalla Banca d'Italia a carico del Banco di Sardegna nel corso della primavera-estate del 2000, evidenziarono la persistenza di forti anomalie, che non erano circoscritte a specifici settori, ma (dato allarmante!) investivano la gestione nel suo complesso, sia per carenza di conduzione imprenditoriale sia per gracilità nella formula proprietaria, con l'aggravante di pesanti diseconomie annidate nel pletorico apparato impiegatizio, dove la produttività inferiore ai gruppi di confronto mostrava un esubero di circa 600 dipendenti;
in tale ultima ispezione la Banca d'Italia rilevò che i problemi dell'azienda di credito, cronicizzatisi, rendevano non più rinviabile l'adozione di radicali misure di riconversione, perché il Banco di Sardegna aveva disatteso sistematicamente i reiterati moniti della vigilanza e così messo in luce l'inidoneità dei suoi organi a conseguire i fini istituzionali e la conseguente necessità di ricorrere a qualificati apporti esterni;
dopo trattative condotte in assoluta segretezza, senza nemmeno informare la giunta regionale della Sardegna, la Fondazione ha deliberato la cessione del 51 per cento del capitale alla Banca Popolare dell'Emilia suscitando durissime reazioni da parte del presidente, della giunta e del consiglio regionale che hanno parlato di «inquietanti risvolti» dell'operazione a causa dell'incomprensibile condotta degli amministratori, reazioni a cui si accompagnarono duri, preoccupanti commenti da parte delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali della Sardegna;
la Banca d'Italia aveva comunque giudicato indispensabile ed indifferibile la cessione del controllo del Banco di Sardegna ad un organismo bancario di «standing adeguato», riservandosi di adottare ogni misura prevista dall'ordinamento a tutela della «sana e prudente gestione del credito», prescritta dalla legge;
non risulta infine che sia stato approvato lo statuto della Fondazione entro il termine indicato dall'articolo 28 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 -:
quali specifiche operazioni, analiticamente indicate, la Fondazione e il Banco di Sardegna abbiano effettuate per dare esecuzione alle disposizioni della Banca d'Italia;
se e quali aziende creditizie, solide, qualificate, affidabili, con i requisiti richiesti dalla Banca d'Italia, siano state individuate quali partner o acquirenti del Banco di Sardegna e perché sia stata prescelta la Banca Popolare dell'Emilia;
se e quali provvedimenti il ministero del tesoro, bilancio e programmazione economica poteva o doveva adottare nel tempo a seguito delle relazioni ispettive della Banca d'Italia;
se e quali provvedimenti il Ministro del tesoro, bilancio e programmazione economica abbia adottato in ordine agli statuti della Fondazione e del Banco di Sardegna, ed alle loro modificazioni;
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se e quali provvedimenti il Ministro del tesoro, bilancio e programmazione economica e/o la Banca d'Italia abbiano adottato a carico degli amministratori della Fondazione e del Banco di Sardegna, ed in particolare perché i loro organi di amministrazione e di controllo non siano stati sciolti d'autorità, atteso che ne sussistono i presupposti di legge, e cioè gravi e ripetute irregolarità nella gestione e gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative e statutarie;
quale sia la valutazione del Governo sulla condotta di tali amministratori, descritti dalla Banca d'Italia come responsabili dello sfascio dell'azienda di credito, incapaci di gestirla con correttezza e redditività, inidonei a risanarla, e quindi quali siano gli intendimenti del Governo in ordine alla loro permanenza in carica.
(2-02787)
«Pisanu, Selva, Pagliarini, Follini, Anedda, Aleffi, Cicu, Cuccu, Marras, Massidda, Porcu».
(19 dicembre 2000).