Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 829 del 19/12/2000
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(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 7462)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dichiaro subito il voto contrario dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale sulla conversione in legge del decreto-legge n. 345 del 2000: un voto che scaturisce non da una scelta di mera opposizione, ma dal fatto che sono state già manifestate le nostre perplessità motivate sulla norma relativa al riordino degli enti pubblici nazionali, in particolare sulla trasformazione degli enti lirici in fondazioni di diritto privato.
Il decreto legislativo n. 367 del 1996, attuativo della precedente delega recata dall'articolo 2, commi 57 e 59, della legge n. 549 del 1995, ha comportato la necessità dell'emanazione dell'altro decreto legislativo n. 134 del 1998, al fine di rendere immediatamente applicabile la disciplina concernente la trasformazione degli enti autonomi lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate in fondazioni di diritto privato. Quest'ultimo decreto legislativo è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo per eccesso di delega dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 503 del 13-18 novembre 2000. Le parti ricorrenti - che, ricordo a tutti, sono state le regioni Piemonte e Lombardia - avevano concentrato le proprie censure su particolari aspetti del decreto legislativo n. 134 del 1998, principalmente sull'articolo 6, che prevedeva i contenuti della deliberazione di trasformazione.
Tali disposizioni avevano ridefinito le modalità di individuazione degli enti diversi dagli enti lirici e dalle istituzioni concertistiche assimilate da trasformare in fondazioni. Il testo faceva venire meno l'intesa originariamente richiesta tra l'autorità di Governo competente e le regioni interessate. La Corte costituzionale ha ritenuto che il decreto legislativo n. 134 del 1998 disciplinasse materia estranea all'oggetto della delega ed ha concluso nel senso dell'illegittimità, pur se indipendentemente da ogni considerazione sotto il profilo costituzionale dei contenuti. Il decreto-legge che oggi siamo chiamati a convertire in legge riproduce testualmente il decreto legislativo n. 134 del 1998, fatte salve alcune differenze che comportano la mancanza di norme di natura sostanziale, nonché di coordinamento legislativo, quali l'elenco delle disposizioni abrogate di cui all'articolo 9 del decreto legislativo n. 134 del 1998, la cui assenza potrebbe determinare incertezze nella ricostruzione normativa del settore.
Se da una parte si possono comprendere le ragioni specificate nella relazione


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del Governo, che caratterizzano un intervento legislativo d'urgenza, non devono essere sottovalutati alcuni elementi. L'articolo 15, comma 2, lettera d), della legge n. 400 del 1988 pone il divieto per il Governo di ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento. Come ho già detto, il decreto legislativo n. 134 del 1998, che il nuovo decreto-legge in larga parte riproduce, è stato dichiarato illegittimo per violazione dell'articolo 76 della Costituzione, in quanto si è ritenuto che la materia degli enti lirici non rientrasse nell'oggetto della delega. Credo peraltro che non vi sia stata un'attenta valutazione rispetto al problema se si rientri o meno nell'ipotesi di disposizioni dichiarate illegittime per vizi attinenti al procedimento, che è l'unica nella quale il Governo può ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime.
Tuttavia, come accennato all'inizio del mio intervento, ho il dovere di ricordare la contrarietà di Alleanza nazionale all'iniziale decreto legislativo n. 367 del 1996, del quale il decreto legislativo n. 134 del 1998 annullato dalla Corte costituzionale, nonché quello da noi oggi esaminato, rendono attuativa l'applicazione.
Siamo stati contrari, infatti, alla trasformazione degli enti lirici in fondazioni, in perfetto accordo con il contenuto del programma elettorale predisposto dall'intero Polo delle libertà nel 1996, che prevedeva espressamente la trasformazione degli enti lirici in enti pubblici economici. Per tutto quanto dichiarato, non posso che ribadire il voto contrario di Alleanza nazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rossetto. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE ROSSETTO. Signor Presidente, ci asterremo dal voto per due motivi. Innanzitutto, non possiamo votare a favore di un provvedimento che segna uno dei più netti fallimenti del Ministero dei beni e delle attività culturali. Siamo infatti di fronte alla dimostrazione oggettiva che l'attuale Governo non è riuscito a progettare nulla di nuovo per la cultura, in generale, e lo spettacolo, in particolare. La politica culturale dello spettacolo degli ultimi tre Governi si può sintetizzare in una serie di aperture di siti archeologici munificamente sponsorizzati da aziende del parastato ed anche in una passiva gestione demandata ai burocrati del fondo unico dello spettacolo. In questo contesto si inserisce il fallimento del decreto legislativo n. 134 del 1998, bocciato dalla Corte costituzionale. Pensare di riuscire ad attrarre capitali privati su tutta la lirica italiana senza aver dato ai privati una ragione economica sufficiente è stato un errore, sottolineato sia dalla Corte sia dal mercato degli investitori privati. Si è trattato di un errore che ci legittima nel sostenere che l'attuale Governo non solo non ha fatto nulla per la cultura in Italia, ma è anche strutturalmente incapace di progettare qualcosa che possa funzionare, in particolare quando pensa che il mercato e gli imprenditori debbano e possano obbedire a logiche dirigiste alle quali sono legati gli schemi delle iniziative assunte dal Governo.
Mi riferisco agli incentivi fiscali, alle sponsorizzazioni dei beni culturali introdotti nell'ultimo collegato fiscale alla legge finanziaria, che sono solo strumenti messi a disposizione del Governo e della gestione centralista della cultura. Il provvedimento in esame è stato spacciato come liberale, ma di liberale non ha proprio nulla. Nelle intenzioni sembra copiato dalle nostre dichiarazioni - da quelle che da anni facciamo - ma non si tratta di norme liberali. Esse consentono la deducibilità dell'imponibile IRPEG delle erogazioni liberali in denaro a favore dello Stato per la realizzazione di programmi che, però, non sono realizzati dai soggetti che fanno cultura, ma dallo Stato che individuerà con un decreto i soggetti beneficiari.
Quindi, se si vuole che la cultura sopravviva, non è questa la strada da seguire. La linea che abbiamo sostenuto e


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che sosteniamo considera le erogazioni realmente liberali ed è necessario che sia in sintonia, innanzitutto, con un'ovvia spesa pubblica che non cresce e con le crescenti necessità finanziarie del comparto della cultura - in questo caso degli enti lirici - nonché con le esigenze dei privati, che sono disposti a sponsorizzare la cultura a condizione di poter scegliere ciò che sponsorizzano. Questo fallimento del Governo è un'autocertificazione del fallimento della linea che il Governo ha intrapreso per quanto riguarda la sponsorizzazione culturale e la cultura.
Pertanto, non possiamo certamente votare a favore della conversione in legge di questo decreto-legge e non possiamo nemmeno punire gli enti lirici che non ce l'hanno fatta proprio perché sono stati mortificati dalla legge stessa e non per colpa loro.
Confermiamo quindi la nostra astensione su questo provvedimento, in attesa di dare alla cultura una struttura che le consenta di vivere e di sopravvivere meglio; una struttura che questo Governo non è riuscito a dare e, quando ci ha provato, ha sbagliato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rodeghiero. Ne ha facoltà.

FLAVIO RODEGHIERO. Signor Presidente, la Lega nord Padania si asterrà nella votazione di questo provvedimento. Dal 18 novembre scorso i dodici maggiori teatri italiani, dal Regio di Torino al San Carlo di Napoli, dall'Opera di Roma al Massimo di Palermo, sono stati praticamente messi fuori legge dalla Corte costituzionale.
Due anni fa il Governo, presieduto da Romano Prodi, ha voluto imprimere una svolta privatizzatrice agli enti lirici, già iniziata nel 1996 con un provvedimento che riguardava solo la Scala di Milano.
Tuttavia, subito dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo, che stabiliva la trasformazione dei teatri da enti pubblici a fondazioni di diritto privato, le regioni Lombardia e Piemonte hanno fatto ricorso alla Consulta per annullarlo ritenendolo viziato da eccesso di delega - giustamente, sottolineiamo - in quanto il Governo aveva fatto un uso distorto del potere legislativo delegato allo scopo di escludere l'applicazione del regime di intesa con le regioni ed i comuni nell'individuazione degli enti di prioritario interesse nazionale da trasformare in fondazioni, come previsto fin dal decreto legislativo del 1996.
Tutto ciò è avvenuto in aperta violazione di uno dei principi guida previsti dalla legge delega che è alla base del decreto impugnato, la legge n. 59 del 1997, quello cioè che richiama la necessità di garantire il miglior utilizzo delle strutture impiantistiche, senza contare che l'esigenza della previa intesa con le regioni derivava proprio dalla parziale sovrapposizione della disciplina della privatizzazione degli enti lirici con la competenza di attribuzione delle regioni, menomando di fatto queste ultime.
L'educazione e la diffusione dell'arte musicale, nonché la gestione dei teatri, affidate alle fondazioni musicali, rientrano infatti nelle competenze regionali in ordine alla tutela ed alla valorizzazione del patrimonio culturale, come pure alle attività di promozione educativa e culturale proprie della collettività locale. Inoltre, la musica è una di quelle attività che, pur non producendo utili, contribuiscono a contenere e ad orientare meglio determinati costi sociali, così come tutte le attività ludiche, quelle che riguardano i teatri e quelle che hanno una ricaduta dal punto di vista sociale nell'attività e nella promozione locale.
È per questo motivo che la Lega si asterrà, nella consapevolezza dell'opportunità di un immediato intervento normativo che salvaguardi la continuità degli assetti istituzionali e dei rapporti giuridici attualmente in atto nei nostri teatri e tuttavia ben consci dell'uso distorto che il Governo ha fatto del potere legislativo delegato (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grignaffini. Ne ha facoltà.

GIOVANNA GRIGNAFFINI. Signor Presidente, i deputati del gruppo dei Democratici di sinistra voteranno a favore di questo provvedimento, poiché condividono le politiche per la cultura che i Governi del centrosinistra hanno adottato in questi cinque anni individuando il proprio punto fondamentale in un misto di politiche pubbliche, di aperture all'ingresso di capitali privati e di riforma degli assetti istituzionali.
Vi sono le politiche pubbliche, onorevole Rossetto, perché, come ricorderà, la Comunità europea con il tema dell'esenzione culturale ha fornito a tutti gli Stati membri gli strumenti per attivare politiche pubbliche di sostegno ad un'industria nazionale della cultura e dei contenuti.
È in questa chiave, in questo misto di politiche pubbliche forti, di riforme istituzionali che tengono insieme il principio di sussidiarietà e la gestione locale, ma anche politiche di indirizzo e di sostegno a livello nazionale e, da ultimo, apertura ai finanziamenti privati, che si iscrive anche questo provvedimento che, per la cronaca, è un atto dovuto che recepisce una sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo lo strumento adottato ma non le singole norme che lo compongono.
In particolare si tratta di salvaguardare quegli enti per i quali l'ingresso dei capitali privati è stato più lento, non perché il Governo sia dirigista, ma perché molto spesso le realtà locali non sono state in grado di attivare completamente e velocemente gli strumenti che il Governo offriva loro. Si tratta di garantire anche a quegli enti lirici che non sono stati in grado di attivare il processo di riforma nei tempi dovuti tutti gli effetti che il precedente decreto legislativo ha posto in essere; in pratica si tratta di riconfermare la legittimità dei consigli di amministrazione attualmente operanti, il carattere privatistico del rapporto di lavoro con gli enti in questione e soprattutto la natura e la definizione dei bilanci di fine anno che sarebbero molto diversi se dovessero ritornare alla normativa di carattere pubblicistico. Esprimiamo il nostro «sì» ad un atto dovuto ma anche ad una politica per la cultura che ha riportato il nostro paese ai suoi più alti livelli in Europa e nel mondo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e dei Popolari e democratici-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Becchetti. Ne ha facoltà.

PAOLO BECCHETTI. Signor Presidente, quando ho letto la sentenza n. 503 della Corte Costituzionale che annullava il decreto legislativo n. 134 per eccesso o, meglio, per abuso di delega, il primo impulso che ho avuto è stato quello di dire: «Che somaro questo Governo che non è capace di fare il proprio mestiere! Merita davvero una tirata d'orecchie, specie in una materia così delicata come quella degli enti lirici e sinfonici!».
Mi consentirà a questo punto una citazione della nota che ha scritto Beethoven sulla copia che egli aveva del Il mercante di Venezia. All'inizio dell'atto quarto scrive: «L'uomo che non ama i dolci suoni non ha musica in sé, ha l'animo fosco come l'erebo ed è portato agli inganni, agli agguati e ai raggiri» (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. È un doveroso omaggio, lo devo dire.

PAOLO BECCHETTI. Credo che anche lei conosca, Presidente, questa notazione di Beethoven. Forse è stato questo che mi ha addolcito l'animo perché avrei avuto la forte tentazione di stangare l'incapacità di questo Governo che si è fatto prendere davvero «con il sorcio in bocca», come si suol dire, cioè mentre compie un grave errore sotto il profilo del diritto costituzionale. Mi riferisco all'eccesso o, meglio, all'abuso di delega.


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Poi ho considerato che, sulla base di questa situazione determinatasi, il teatro Massimo di Palermo, il San Carlo di Napoli, l'accademia di Santa Cecilia, il teatro dell'Opera, il teatro Pierluigi da Palestrina di Cagliari, il Verdi di Trieste ritornerebbero allo status di enti pubblici vedendo così decadere i loro consigli di amministrazione e conseguentemente verrebbero commissariati. Altro che atto dovuto, collega Grignaffini! Se non ci fosse la responsabilità del Parlamento, di questa opposizione che in ogni occasione si sta mostrando sempre più matura, ci troveremmo in una situazione di gravissima difficoltà. Non è un atto dovuto né una riparazione, questo è un grave errore del Governo che solo con il nostro aiuto può essere sanato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Anghinoni. Ne ha facoltà.

UBER ANGHINONI. Signor Presidente, a titolo personale annuncio il mio voto contrario perché sono convinto che la cultura e l'identità dei popoli debbano indirizzare i politici nel loro compito legislativo, mentre oggi la politica vuole imporre la cultura della propria ideologia e con i finanziamenti sottratti o concessi tende a premiare solo chi opera seguendo l'indirizzo ideologico di chi eroga il contributo stesso. Se la cultura non può essere cultura, ma deve essere uno strumento ideologico di parte, al fine di inculcare un'ideologia nell'individuo (fin dalle prime capacità di acquisizione per arrivare alle ultime), in modo pilotato e indirizzato, questo provvedimento non avrà il mio consenso.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

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